N. 21 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 22 ottobre 2009
Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito) depositato in cancelleria il 14 agosto 2009 (del Tribunale di Milano). Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale nei confronti del deputato Maurizio Gasparri imputato del reato di cui all'art. 595, commi 1, 2 e 3, cod. pen. (diffamazione aggravata dall'attribuzione di un fatto determinato e dell'avere recato offesa col mezzo della stampa) nei confronti del magistrato Henry John Woodcock - Deliberazione della Camera dei deputati in data 5 agosto 2008 di insindacabilita' - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano - Denunciata mancanza di nesso fra la condotta addebitata al deputato e l'esercizio delle funzioni parlamentari. - Deliberazione Camera dei deputati 5 agosto 2008. - Costituzione, art. 68, primo comma.(GU n.35 del 2-9-2009 )
Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano letti gli atti del procedimento penale a carico del senatore Maurizio Gasparri nato a Roma il 18 luglio 1956, residente a Roma, via Santa Maria dell'Anima n. 45, non presente gia' contumace, difeso fiducia: avv. Adriano Bazzoni del foro di Milano, presente, imputato per i seguenti reati: del delitto previsto e punito dall'art. 595 commi primo, secondo e terzo c.p. perche' offendeva l'onore a la reputazione di Henry John Woodcock, magistrato in servizio presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza con funzioni di Sostituto Procuratore, rilasciando al quotidiano Il Corriere della Sera un'intervista, pubblicata sul n. 142 del 17 giugno 2006, nella quale, commentando gli esiti di un'inchiesta condotta da quell'Ufficio, testualmente dichiarava: «Mancano solo Maradona e Gatto Silvestro ... Ma si', ogni volta questo signore nelle inchieste mette un po' di tutto, nomi famosi mescolati con abilita' pur di conquistare le prime pagine. Woodcock contro il resto del mondo, una volta questi film li faceva la Titanus, tipo Toto' contro Maciste... Woodcock e' la prova vivente della necessita' di reintrodurre i test psicoattitudinali per chi vuole diventare magistrato ... con le aggravanti dell'attribuzione di un fatto determinato e dell'avere arrecato l'offesa col mezzo della stampa, in Pessano con Bornago il 17 giugno 2006 in cui e' parte offesa, costituita parte civile: Woodcock Henry John nato il 23 marzo 1967 a Taunton (Gran Bretagna) residente a Potenza, via Pretoria n. 197, difeso fiducia: avv. Bruno Larosa del foro di Napoli. Rilevato che il magistrato Henry John Woodcock ha proposto querela nei confronti del senatore Maurizio Gasparri (all'epoca dei fatti Deputato della Repubblica), ritenendo diffamatorie le affermazioni sopra meglio riportate poiche' nell'articolo sopra indicato sarebbe contenuto un vero e proprio «attacco personale che raggiunge in alcuni passaggi della intervista toni e connotazioni inauditi» condotto con «modalita' gravemente offensive della reputazione dell'onore e della professionalita' del sottoscritto magistrato»; Rilevato che - su istanza del sen. Gasparri - nella seduta del 23 luglio 2008, la giunta per le autorizzazioni ha deliberato di proporre all'Assemblea che i «fatti oggetto del procedimento rientrano nella prerogativa dell'insindacabilita»; che la Camera dei deputati, nel corso della seduta del 5 agosto 2008 in accoglimento di conforme proposta della Giunta, ha riconosciuto ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione, l'insindacabilita' delle opinioni espresse dall'allora deputato Maurizio Gasparri nell'ambito degli articoli di stampa oggetto del presente procedimento in quanto espresse nell'esercizio della funzione parlamentare; Considerato che la vicenda attiene ad un articolo contenente un'intervista rilasciata dall'allora deputato Maurizio Gasparri al quotidiano «Corriere della sera», pubblicata in data 17 giugno 2006 alla pagina 5, nell'ambito degli articoli relativi all'inchiesta condotta dal magistrato attuale parte civile nei confronti di Vittorio Emanuele di Savoia ed altri indagati; che - allo stato degli atti - non appare potersi registrare ne' la verita' oggettiva dei fatti, ne' un effettivo rigore espressivo nelle esternazioni del deputato; che in ragione di tali aspetti e dell'ulteriore contenuto degli atti di causa appare sussistere una fattispecie a soluzioni aperte meritevole di approfondimento dibattimentale e cio' anche al fine di accertare l'effettiva verita' dei fatti esposti; che nella sua relazione alla Camera, il deputato Daniele Farina ha dichiarato che Gasparri «pur riconoscendo che le frasi a lui imputate non sono connesse ad atti parlamentari specifici, ha pero' osservato che si trattava di osservazioni ironiche su un argomento di stretta attualita» e che «complessivamente alla gran parte degli intervenuti e' apparso che la dichiarazione oggi imputata al deputato Gasparri sia il frutto di un legittimo diritto di critica»; che nel corso della seduta all'esito della quale la Camera ha deliberato nel senso dell'insindacabilita', il deputato Consolo ha dichiarato espressamente di non condividere l'attuale orientamento della Corte costituzionale in merito all'applicazione dell'art. 68 Cost. sostenendo che «al di fuori del Parlamento sono insindacabili le esternazioni che costituiscano manifestazione di azione politica, prescindendo dalle modalita' di divulgazione della stessa e prescindendo dal nesso funzionale con quanto gia' espresso in Aula»; che la conclusione adottata appare in contrasto con la costante giurisprudenza costituzionale: a titolo esemplificativo puo' essere evidenziato quanto affermato nelle sentenze numeri 10 e 11 dell'11 gennaio 2000 (alle quali si sono richiamate, tra le altre, le successive sentenze n. 52 del 27 febbraio 2002; n. 207 del 20 maggio 2002; n. 294 del 19 giugno 2002). «... E' pacifico che costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione quelle manifestate nel corso dei lavori della Camera e dei suoi vari organi, in occasione dello svolgimento di una qualsiasi fra le funzioni svolte dalla Camera medesima, ovvero manifestate in atti, anche individuali, costituenti estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare in quanto membro dell'assemblea; che l'attivita' politica svolta dal parlamentare al di fuori di questo ambito non puo' dirsi di per se' esplicazione della funzione parlamentare nel senso preciso cui si riferisce l'art. 68, primo comma, della Costituzione; che nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito politico, le opinioni che il parlamentare esprima fuori dai compiti e dalle attivita' propri delle assemblee rappresentano piuttosto esercizio della liberta' di espressione comune a tutti i consociati: ad esse dunque non puo' estendersi, senza snaturarla, una immunita' che la Costituzione ha voluto, in deroga al generale principio di legalita' e di giustizi abilita' dei diritti, riservare alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni; che la linea di confine fra la tutela dell'autonomia e della liberta' delle Camere, e, a tal fine, della liberta' di espressione dei loro membri, da un lato, e la tutela dei diritti e degli interessi, costituzionalmente protetti, suscettibili di essere lesi dall'espressione di opinioni, dall'altro lato, e' fissata dalla Costituzione attraverso la delimitazione funzionale dell'ambito della prerogativa. Senza questa delimitazione, l'applicazione della prerogativa la trasformerebbe in un privilegio personale (cfr. sentenza n. 375 del 1997), finendo per conferire ai parlamentari una sorta di statuto personale di favore quanto all'ambito e ai limiti della loro liberta' di manifestazione del pensiero: con possibili distorsioni anche del principio di eguaglianza e di parita' di opportunita' fra cittadini nella dialettica politica; che discende da quanto osservato che la semplice comunanza di argomento fra la dichiarazione che si pretende lesiva e le opinioni espresse dal deputato o dal senatore in sede parlamentare non puo' bastare a fondare l'estensione alla prima dell'immunita' che copre le seconde; che tanto meno puo' bastare a tal fine la ricorrenza di un contesto genericamente politico in cui la dichiarazione si inserisca. Siffatto tipo di collegamenti non puo' valere di per se' a conferire carattere di attivita' parlamentare a manifestazioni di opinioni che siano oggettivamente ad essa estranee. Sarebbe, oltre tutto, contraddittorio da un lato negare - come e' inevitabile negare - che di per se' l'espressione di opinioni nelle piu' diverse sedi pubbliche costituisca esercizio di funzione parlamentare, e dall'altro lato ammettere che essa invece acquisti tale carattere e valore in forza di generici collegamenti contenutistici con attivita' parlamentari svolte dallo stesso membro delle Camere; che in questo senso va precisato il significato del «nesso funzionale» che deve riscontrarsi, per poter ritenere l'insindacabilita', tra la dichiarazione e l'attivita' parlamentare; non come semplice collegamento di argomento o di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare; che nel caso di riproduzione all'esterno della sede parlamentare, e' necessario, per ritenere che sussista l'insindacabilta', che si riscontri la identita' sostanziale di contenuto fra l'opinione espressa in sede parlamentare e quella manifestata nella sede esterna; che cio' che si richiede, ovviamente, non e'una puntuale coincidenza testuale, ma una sostanziale corrispondenza di contenuti; che nei casi in cui non e' riscontrabile esercizio di funzioni parlamentari, il valore della legalita' - giurisdizione non collide certo con quello dell'autonomia delle Camere e cosi si spiega che la giurisprudenza costituzionale abbia appunto stabilito che l'immunita' non vale per tutte quelle opinioni che "il parlamentare manifesta nel piu' esteso ambito della politica"; che alla luce di tale interpretazione si debbono pertanto ritenere, in linea di principio, sindacabili tutte quelle dichiarazioni, che fuoriescono dal campo applicativo del "diritto parlamentare" e che non siano immediatamente collegabili con specifiche forme di esercizio di funzioni parlamentari, anche se siano caratterizzate da un asserito "contesto politico" o ritenute, per il contenuto delle espressioni o per il destinatario o la sede in cui sono state rese, manifestazione di sindacato ispettivo; che questa forma di controllo politico rimessa al singolo parlamentare puo' infatti aver rilievo, nei giudizi in oggetto, soltanto se si esplica come funzione parlamentare, attraverso atti e procedure specificamente previsti dai regolamenti parlamentari; se dunque l'immunita' copre il membro del Parlamento per il contenuto delle proprie dichiarazioni soltanto se concorre il contesto funzionale, il problema specifico, che non appare irrilevante in questo conflitto, della riproduzione all'esterno degli organi parlamentari di dichiarazioni gia' rese nell'esercizio di funzioni parlamentari si puo' risolvere nel senso dell'insindacabilita' solo ove sia riscontrabile corrispondenza sostanziale di contenuti con l'atto parlamentare, non essendo sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche». che il conforme orientamento della Corte costituzionale e' stato recentemente ribadito con la sentenza n. 120 del 16 aprile 2004 che nel dichiarare infondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate con riferimento all'art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140, ha affermato che: «... Nonostante le evoluzioni subite, nel tempo, nella giurisprudenza di questa Corte, e' enucleabile un principio, che e' possibile oggi individuare come limite estremo della prerogativa dell'insindacabilita', e con cio' stesso delle virtualita' interpretative astrattamente ascrivibili all'art. 68: questa non puo' mai trasformarsi in un privilegio personale, quale sarebbe una immunita' dalla giurisdizione conseguente alla mera "qualita'" di parlamentare». Per tale ragione l'itinerario della giurisprudenza della Corte si e' sviluppato attorno alla nozione del cd. «nesso funzionale», che solo consente di discernere le opinioni del parlamentare riconducibili alla libera manifestazione del pensiero, garantita ad ogni cittadino nei limiti generali della liberta' di espressione, da quelle che riguardano l'esercizio della funzione parlamentare. Certamente rientrano nello sfera dell'insindacabilita' tutte le opinioni manifestate con atti tipici nell'ambito dei lavori parlamentari, mentre per quanto attiene alle attivita' non tipizzate esse si debbono tuttavia considerare «coperte» dalla garanzia di cui all'art. 68, nei casi in cui si esplicano mediante strumenti, atti e procedure, anche «innominati», ma comunque rientranti nel campo di applicazione del diritto parlamentare, che il membro del Parlamento e' in grado di porre in essere e di utilizzare proprio solo e in quanto riveste tale carica (cfr. sentenze n. 56 del 2000, n. 509 del 2002 e n. 219 del 2003). Cio' che rileva, ai fini dell'insindacabilita', e' dunque il collegamento necessario con le «funzioni» del Parlamento, cioe' l'ambito funzionale entro cui l'atto si iscrive, a prescindere dal suo contenuto comunicativo, che puo' essere il piu' vario, ma che in ogni caso deve essere tale da rappresentare esercizio in concreto delle funzioni proprie dei membri delle Camere, anche se attuato in forma «innominata» sul piano regolamentare. Sotto questo profilo non c'e' percio' una sorta di automatica equivalenza tra l'atto non previsto dai regolamenti parlamentari e l'atto estraneo alla funzione parlamentare, giacche', come gia' detto, deve essere accertato in concreto se esista un nesso che permetta di identificare l'atto in questione come «espressione di attivita' parlamentare» (cfr. sentenze n. 10 e n. 11 del 2000, n. 379 e n. 219 del 2003). E' in questa prospettiva che va effettuato lo scrutinio della disposizione denunciata. Le attivita' di «ispezione di divulgazione, di critica e di denuncia politica» che appunto il censurato art. 3, comma 1, riferisce all'ambito di applicazione dell'art. 68, primo comma, non rappresentano, di per se, un'ipotesi di indebito allargamento della garanzia dell'insindacabilita' apprestata dalla norma costituzionale, proprio perche' esse, anche se non manifestate in atti «tipizzarti», debbono comunque, secondo la previsione legislativa e in conformita' con il dettato costituzionale, risultare in connessione con l'esercizio di funzioni parlamentari. E' appunto questo «nesso» il presidio delle prerogative parlamentari e, insieme, del principio di eguaglianza e dei diritti fondamentali dei terzi lesi. Occorre, altresi', evidenziare che la legge n. 140/2003 non ha natura di legge costituzionale e, pertanto, non e' idonea a stravolgere i limiti delineati dalla Corte in relazione all'applicabilita' dell'art. 68, comma primo della Costituzione. Pertanto, si ritiene che anche il riferimento alle attivita' di «ispezione divulgazione, critica e denuncia politica», espletate fuori dal Parlamento che devono essere connesse alla «funzione di parlamentare» non possa prescindere dall'applicazione dei criteri delineati dalla Corte costituzionale sopra richiamati. La diversa interpretazione, diretta a ricomprendere nella sfera dell'insindacabilita' qualsiasi attivita' politica posta in essere da parlamentare al di fuori dal Parlamento, oltre che porsi in contrasto con lo stesso art. 68 della Costituzione, determinerebbe, di fatto, la compromissione dei diritti all'onore ed alla reputazione, anch'essi costituzionalmente tutelati; che la deliberazione adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 5 agosto 2008 appare in contrasto con i richiamati canoni interpretativi atteso che non contiene alcun elemento concreto da cui poter desumere la sussistenza di una corrispondenza sostanziale tra il contenuto dell'intervista oggetto della querela e le opinioni eventualmente gia' espresse dal senatore in specifici atti parlamentari, non essendo sufficiente una mera comunanza di tematiche e un generico riferimento alla rilevanza dei fatti pubblici; che l'interpretazione prospettata dalla decisione di cui trattasi comporta, di fatto, che l'istituto previsto dalla norma costituzionale si trasformi da «esenzione di responsabilita' legata alla funzione in privilegio personale» (cfr. sent. 11/2000, gia' citata) con la conseguenza che le opinioni e le dichiarazioni manifestate da un parlamentare sarebbero sempre e comunque sottratte alla verifica giurisdizionale; che, come affermato dalla suprema Corte «In tema di diffamazione addebitata a soggetto investito di mandato parlamentare, deve escludersi che le prerogative connesse a tale mandato, con particolare riguardo a quella dell'insindacabilita' delle opinioni stabilita dall'art. 68 Cost., possano estendersi fino a coprire le affermazioni rese nel corso di interviste giornalistiche, atteso che, anche a voler ritenere l'esercizio del mandato parlamentare non circoscritto al solo ambito materiale istituzionalmente preposto allo svolgimento delle relative funzioni, la sfera delle guarentigie non puo' comunque riguardare l'attribuzione di fatti particolari, lesivi dell'onorabilita' di terzi, al di fuori di qualsivoglia nesso pertinenziale con l'esercizio delle ordinarie attribuzioni ordinamentali» Cass., sez. 5, sentenza n. 29880 del 17 giugno 2002 Ud. (dep. 20 agosto 2002) Rv. 222340.; che deve, pertanto, ritenersi che la condotta addebitabile al senatore Gasparri, astrattamente idonea, nella sua specificita' e gravita', ad integrare un illecito, esula dall'esercizio delle funzioni parlamentari e non presenta oggettivamente alcun legame con atti parlamentari neppure nell'accezione piu' ampia e come tale dovrebbe rientrare nella cognizione riservata al sindacato giurisdizionale; che le opinioni manifestate dal senatore Gasparri non possono, per carenza del nesso funzionale, ritenersi rese nell'esercizio delle funzioni parlamentari e quindi per esse non e' invocabile l'immunita', ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione; che, nel caso di specie, appare di conseguenza necessario sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, conflitto ammissibile sia sotto il profilo soggettivo (questo giudice e' l'organo competente a decidere, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali attribuite, sulla asserita illiceita' della condotta ascritta all'indagato e quindi «a dichiarare la volonta' del potere cui appartiene, in posizione di piena indipendenza garantita dalla Costituzione»: cfr. fra le altre, ordinanze Corte cost. n. 60 del 1999; nn. 469, 407, 261, 254 del 1998), sia sotto quello oggettivo, trattandosi della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68 primo comma della Costituzione e della lesione della propria sfera di attribuzioni giurisdizionali, costituzionalmente garantita, giacche' illegittimamente menomata dalla suindicata deliberazione della Camera dei deputati. (1) Cass., sez. 5, sentenza n. 29880 del 17 giugno 2002 Ud. (dep. 20 agosto 2002) Rv. 222340.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 cost. e 37 legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone la sospensione del giudizio in corso a carico di Maurizio Gasparri e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sollevando conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato e chiede che la Corte: dichiari ammissibile il presente conflitto, adottando ogni conseguente provvedimento ai sensi degli artt. 37 e ss. legge n. 87/1953 ed ogni altra norma applicabile; dichiari che non spettava alla Camera dei deputati la valutazione della condotta addebitabile al senatore (allora deputato) Maurizio Gasparri, in quanto estranea alla previsione di cui all'art. 68, primo comma, Cost.; annulli la relativa delibera della Camera dei deputati in data 5 agosto 2008 (doc. IV-quater, n. 4). Manda alla cancelleria per quanto di competenza. Cosi' deciso in Milano, il mercoledi' 22 ottobre 2008. Il giudice: Centonze Avvertenza L'ammissibilita' del presente conflitto e' stata decisa con ordinanza n. 147 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª s.s., n. 19 del 13 maggio 2009.