N. 234 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 maggio 2009

Ordinanza del 6 maggio 2009 emessa dal Giudice di pace  di  Roma  nel
procedimento di convalida relativo a Said Mohamed. 
 
Straniero - Espulsione amministrativa - Udienza di  convalida  presso
  il giudice di pace -  Previsione  che  le  questure  forniscano  al
  giudice di pace nei limiti delle risorse  disponibili  il  supporto
  occorrente e la disponibilita' di un locale idoneo - Violazione del
  principio di liberta' personale - Incidenza sul diritto di difesa -
  Lesione dei  principi  di  imparzialita'  e  buon  andamento  della
  pubblica amministrazione  -  Violazione  dei  principi  del  giusto
  processo. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 13,  comma  5-ter,
  come  sostituito  dall'art.  1,  comma  1,  del  decreto-legge   14
  settembre 2004, n. 241, convertito in legge 12  novembre  2004,  n.
  271. 
- Costituzione, artt. 13, 24, 97 e 111. 
(GU n.39 del 30-9-2009 )
                         IL GIUDICE DI PACE 
    Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  ai  sensi  dell'art.  23,
legge 11 marzo 1953, n. 87, nell'ambito del procedimento in Camera di
consiglio (ai sensi degli artt.737 e  seguenti  del  c.p.c.  e  degli
artt.13 e 14 del d.lgs. n. 286/1998 e successive modificazioni  )  di
convalida del provvedimento del Questore di  Roma  di  trattenimento,
emesso ai sensi dell'art.14 del d.lgs. n. 286/1998, presso il  Centro
di  identificazione  ed  espulsione  di  Roma  Ponte  Galeria,  dello
straniero Mohamed Said, nato  in  Egitto  il  23  febbraio  1988,  di
nazionalita' egiziana. 
    Il giorno 8 luglio  2008  lo  straniero  Mohamed  Said  e'  stato
espulso dal Territorio nazionale con provvedimento  del  Prefetto  di
Roma dell'8 luglio 2008, immediatamente esecutivo, ai sensi dell'art.
14, commi 5-ter, 5-quater, 5-quinquies del d.lgs. n. 286/1998,  cosi'
come modificato dalla legge n.189/2002 e successive modifiche (d.lgs.
n. 241/2004 convertito dal d.lgs. n. 271/2004  )  e  notificato  allo
straniero lo stesso giorno 8 luglio 2008. Il giorno 30 aprile 2009 il
sig.  Mohamed  Said  e'  stato  trattenuto  presso   il   Centro   di
identificazione ed espulsione di Ponte Galeria in Roma, in seguito  a
provvedimento del Questore di Roma del 30 aprile 2009, di  esecuzione
del predetto provvedimento di espulsione del Prefetto di Roma  dell'8
luglio 2008, ed e' stata depositata  nella  cancelleria  dell'ufficio
del Giudice di pace di Roma il giorno  2  maggio  2009  la  richiesta
della Questura di Roma di convalida  del  predetto  provvedimento  di
trattenimento, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs.  n.  286/1998,  cosi'
come modificato dall'art. 13, comma 5 della legge 30 luglio 2002,  n.
189. 
    Nel corso dell'udienza di  convalida,  celebratasi  il  giorno  4
maggio 2009 in un locale del Centro di identificazione ed  espulsione
di Ponte Galeria in Roma, il giudice di pace, sentite le  parti,  con
ordinanza emessa all'esito  dell'udienza  di  convalida,  ritiene  di
ufficio che debba  essere  sollevata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 5-ter del d.lgs. n. 286/1998,  per
violazione degli artt. 13, 24, 97, 111 della Costituzione, in  quanto
rilevante e non manifestamente infondata. 
    Va premesso che l'avvocato di ufficio  dell'espulso  ha  eccepito
l'illegittimita' costituzionale del d.lgs. n. 286/1998  relativamente
allo svolgimento  dell'udienza  di  convalida  presso  il  Centro  di
identificazione ed espulsione in quanto  «ne  derivano  ritardi  alla
stessa convalida del trattenimento,  che  limita  la  liberta'  dello
straniero, ed in quanto il trattenimento in quella  sede  costituisce
di fatto una ingiustificata restrizione della liberta' personale, non
supportata da un provvedimento giudiziario, in  quanto  lo  straniero
occorre che venga condotto presso il  luogo  dove  il  giudice  tiene
udienza e non presso il luogo dove e' stato trattenuto». 
1) Rilevanza della questione proposta. 
    Quanto alla rilevanza  si  osserva  che  le  situazioni  concrete
relative alle convalide dei provvedimenti  incidenti  sulla  liberta'
personale emanati dal Questore, che possono essere  effettuate  negli
stessi locali della Questura, come  quelli  presenti  nei  centri  di
identificazione ed espulsione, dove il giudice di pace  deve  recarsi
ed essere assistito  da  appartenenti  alla  Polizia  di  Stato,  con
vigilanza esterna ed interna anche  dell'esercito  italiano,  destano
serie perplessita' sulla previsione normativa  predetta  della  quale
appare non manifestamente infondata l'illegittimita'  costituzionale,
in quanto va preservata l'indipendenza del giudice, evitando anche il
solo  pericolo  di  possibili  condizionamenti  psicologici  di  tipo
ambientale, che non sono coerenti con le norme costituzionali di  cui
agli artt. 13, 24, 97, 111 della Costituzione. 
      
    In concreto  si  sono  verificati  episodi  di  disappunti  orali
espressi da rappresentanti della Questura nei confronti  dei  giudici
di pace, che non hanno convalidato i  trattenimenti  degli  stranieri
presso i centri di identificazione ed espulsione, per cui gli  stessi
giudici di pace, laddove non  era  presente  neppure  un  cancelliere
dell'ufficio del giudice di pace, (come accade  purtroppo  in  alcuni
uffici di giudici di pace da  diversi  anni),  si  trovavano  in  una
situazione di imbarazzo, di isolamento e di mancanza di assistenza da
parte del personale del proprio  ufficio  giudiziario,  raggiungibile
soltanto  telefonicamente  mediante  telefoni  mobili  degli   stessi
giudici di pace. 
    Il giudice di pace  della  convalida,  infatti,  deve  verificare
l'osservanza dei termini, la sussistenza e legittimita'  del  decreto
di espulsione, la sussistenza e  legittimita'  del  provvedimento  di
accompagnamento alla frontiera e relativa tempestiva convalida ed, in
ultimo, il rispetto dei termini e la legittimita'  del  provvedimento
di trattenimento, con la verifica di eventuali  situazioni  personali
di stranieri trattenuti in possesso dei requisiti di cui all'art.  19
del d.lgs. n. 286/1998 (divieti di espulsione e di respingimento), in
base ai  quali  in  nessun  caso  puo'  disporsi  l'espulsione  o  il
respingimento verso una  Stato  in  cui  lo  straniero  possa  essere
oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua,  di
cittadinanza, di religione,  di  opinioni  politiche,  di  condizioni
personali o  sociali,  ovvero  possa  rischiare  di  essere  rinviato
verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione ed
inoltre deve verificare che lo straniero non sia minore  di  diciotto
anni, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi,
che lo straniero non sia in possesso della carta di soggiorno  e  che
non sia convivente con parenti entro il quarto grado o con il coniuge
di nazionalita' italiana, e che la straniera  non  sia  in  stato  di
gravidanza o nei sei mesi successivi  alla  nascita  del  figlio  cui
provvedono (esteso quest'ultimo requisito anche al marito  convivente
della donna in stato di gravidanza o nei  sei  mesi  successivi  alla
nascita del figlio in base alla sentenza della  Corte  costituzionale
n. 376 del 7 luglio 2000)  ed  ove  la  pronuncia  giudiziale  giunga
tardivamente, ovvero il giudice non convalidi  il  trattenimento,  il
provvedimento del questore perde ogni effetto, ed avendo i decreti di
convalida e di proroga di trattenimento  pieno  contenuto  decisorio,
con  natura  sostanziale  di  sentenza,  implicano   una   necessaria
concentrazione del giudice, che deve imparzialmente  decidere,  senza
alcun condizionamento psicologico  delle  parti,  che,  nel  caso  di
svolgimento dell'udienza nei locali dei centri di identificazione  ed
espulsione,  non  puo'  non  esservi,  anche  in  considerazione   di
eventuali  tumulti,  che  sono  accaduti  in  concreto   piu'   volte
all'interno dei  centri  di  identificazione  ed  espulsione,  e  che
potrebbero  ancora   accadere,   causati   dagli   stessi   internati
trattenuti, con destabilizzazione della situazione,  nella  quale  il
giudice deve decidere sulle relative convalide dei  trattenimenti,  e
che, recentemente, talvolta sono state rinviate di ufficio al  giorno
successivo, negli stessi locali  dei  centri  di  identificazione  ed
espulsione, proprio in seguito a temporanee  situazioni  di  pericolo
pubblico derivanti da sommosse interne avvenute nei centri stessi  di
identificazione ed espulsione. 
      
2) Non manifesta infondatezza della questione. 
    Con riferimento alla non manifesta infondatezza questo giudice la
ritiene sussistente in base alle considerazioni che seguono. 
    Come  gia'  si  e'  espresso   il   Consiglio   Superiore   della
Magistratura nel  parere  del  21  ottobre  2004,  con  il  quale  ha
evidenziato che «viva preoccupazione suscita la norma di cui al comma
5-ter dell'art. 13 T.U. introdotta dal decreto-legge in  esame:  tale
norma  attribuisce  impropriamente  ad  organi   dell'amministrazione
dell'interno e non  al  Ministero  della  giustizia  (art.110  Cost.)
compiti di organizzazione  dei  servizi  della  giustizia  ed  appare
idonea    a    condizionare    l'esercizio    della    giurisdizione,
pregiudicandone altresi' l'immagine di  imparzialita'.  Peraltro,  di
fronte ai diritti fondamentali di liberta' posti in gioco,  non  puo'
non assumere preminenza l'esigenza di assicurare  tutte  le  garanzie
ordinamentali e processuali a soggetti che, per  la  loro  intrinseca
condizione personale, costituiscono  a  tutti  gli  effetti  soggetti
deboli. E in questa ottica  non  puo'  non  mettersi  in  rilievo  la
necessita' che al giudice di pace, chiamato  ad  occuparsi  di  detti
procedimenti  siano  assicurati  lo  status  e  la   professionalita'
adeguati ed un'organizzazione dell'ufficio  in  grado  di  assicurare
certezza  ed  omogeneita'  degli   indirizzi   giurisprudenziali   ed
efficienza e celerita' nella risposta giudiziaria. 
      
    Il d.l. 14 settembre 2004, n. 241, oltre a riscrivere l'art.  13,
comma 5-bis (inserendo altresi' un nuovo comma 5-ter)  e  l'art.  14,
comma 4 T.U., ha trasferito al giudice  di  pace  la  competenza  sui
ricorsi avverso i provvedimenti di espulsione amministrativa e  sulle
convalide  dell'accompagnamento  coattivo  alla   frontiera   e   del
trattenimento nei centri  di  permanenza  temporanea  ed  assistenza,
modificando conseguentemente l'art. 11 della legge 21 novembre  1991,
n. 374 e succ. mod. in tema di indennita'  spettanti  al  giudice  di
pace. 
    Tale disposizione (art.  13,  comma  5-ter  d.lgs.  n.  286/1998)
dovrebbe essere emendata  riportando  all'interno  degli  uffici  del
giudice di pace, o di locali ad esso riferibili, lo svolgimento delle
udienze  relative  alle   convalide   dei   giudici   di   pace   dei
trattenimenti,  degli  stranieri  espulsi,   presso   i   centri   di
identificazione ed espulsione, configurandosi in caso  contrario  una
evidente lesione del diritto di  difesa  di  cui  all'art.  24  della
Costituzione (il cui esercizio e' riconosciuto anche  allo  straniero
irregolarmente soggiornante in Italia - cfr. Corte costituzionale  n.
198/2000) e del dovere di imparzialita' e di parita'  davanti  ad  un
giudice terzo (art 111 della Costituzione). 
      
    D'altra parte la previsione normativa di cui all'art.  13,  comma
5-ter del d.lgs. n. 286/1998 non puo' non porre in dubbio il  giudice
sulla non manifesta  infondata  illegittimita'  costituzionale  della
stessa,  che  appare  disattendere   la   norma   dell'art.97   della
Costituzione, in base alla quale i pubblici uffici  sono  organizzati
secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati  il  buon
andamento  e  l'imparzialita'  dell'amministrazione,  in  quanto  non
garantisce in concreto, nei locali dei centri di  identificazione  ed
espulsione predetti entrambi gli aspetti ordinamentali. 
    L'interpretazione, d'altra parte, della norma di  cui  all'art.13
della  Costituzione,  secondo  la  quale  la  liberta'  personale  e'
inviolabile  e  non  e'  ammessa  alcuna  forma  di  detenzione,  ne'
qualsiasi restrizione della  liberta'  personale,  se  non  per  atto
motivato dell'autorita' giudiziaria e nei soli casi e  modi  previsti
dalla legge, non puo' sottovalutare la condizione  psicologica  dello
stesso giudice di pace, per il quale, come riconosciuto dallo  stesso
Consiglio Superiore della Magistratura nel  predetto  parere  del  21
ottobre 2004, la  scelta  legislativa  di  attribuire  la  competenza
predetta non e' distonica rispetto ai principi affermati dalla  Corte
costituzionale, creando in capo ad uno dei giudici che esercitano  la
funzione giurisdizionale nell'ambito dell'ordinamento (il giudice  di
pace)  una  competenza  specifica  in  materia   di   convalida   dei
provvedimenti di accompagnamento e di trattenimento,  i  quali,  come
gia' rilevato, sono strettamente collegati tra loro quanto  a  natura
ed a funzione prevenzionale. 
    In particolare, sotto il profilo dell'individuazione  dell'organo
giurisdizionale  competente  nel  giudice  di  pace,  da  coloro  che
sostengono  questa  prima  impostazione  si  rileva  che   la   legge
21novembre 1991, n. 374, istitutiva del giudice di pace, non  esclude
che  a  tale  magistrato  possa  essere  affidata  la  competenza  su
provvedimenti che abbiano ricadute sulla liberta' personale. La Corte
costituzionale,  d'altra  parte,  con  la  sentenza  n.  223/2004  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'ad. 13, comma  5-bis,
del T.U. n. 286/1998 (introdotto  dall'art.  2  del  decreto-legge  4
aprile 2002, n. 51, convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  7
giugno 2002, n. 106),  nella  parte  in  cui  non  prevedeva  che  il
giudizio di convalida del provvedimento di  accompagnamento  coattivo
alla frontiera dello straniero irregolarmente soggiornante in  Italia
doveva  svolgersi  in  contraddittorio  prima   dell'esecuzione   del
provvedimento stesso e con le garanzie della difesa. Il decreto legge
interviene sulle norme degli artt.13 e 14 del d.lgs. 25 luglio  1998,
n.   286,   che   disciplinano   rispettivamente    la    «espulsione
amministrativa» e la «esecuzione dell'espulsione» dello straniero, le
quali,  prima  dell'intervento   della   Corte   costituzionale,   si
articolavano in provvedimenti (decreto di  espulsione  del  prefetto,
art.  13  comma  3,  accompagnamento  alla  frontiera  disposto   dal
questore, art. 13 comma 5, provvedimento di trattenimento  in  centro
di permanenza  temporaneo,  art.  14,  comma  1)  assunti  a  seguito
dell'espletamento  di  appositi  procedimenti  amministrativi.   Puo'
dunque affermarsi che il regime giuridico  dell'accompagnamento  alla
frontiera,  pur  permanendone  la  fonte  amministrativa,   e'   oggi
ricondotto   nell'ambito   della   giurisdizione,   interessando   il
provvedimento il bene della liberta' personale  dell'individuo,  come
tale  sottoposto  alle   garanzie   previste   dall'art.   13   della
Costituzione. L'accompagnamento, infatti, secondo l'impostazione gia'
accolta  dalla  Corte  costituzionale  10   aprile   2001,   n.   105
(pronunziata a proposito della legittimita' della norma  che  prevede
il trattenimento presso i  centri  di  permanenza,  ed  espressamente
richiamata dalla sentenza n. 222/2004), «presenta quel  carattere  di
immediata coercizione  che  qualifica,  per  costante  giurisprudenza
costituzionale, le restrizioni della liberta' personale e che vale  a
differenziarle  dalle  misure  incidenti  solo  sulla   liberta'   di
circolazione» e che  non  [puo]  «essere  assunto  dall'autorita'  di
polizia come pienamente  legittimo  e  ancora  eseguibile  quando  il
giudice ne abbia  accertato  l'illegittimita'  ponendo  proprio  tale
accertamento a fondamento del diniego di  convalida».  Gli  argomenti
che precedono, confermando la rilevanza ai fini  del  decidere  della
questione proposta e la  non  manifesta  infondatezza  della  stessa,
inducono  questo  giudice   a   rimettere   gli   atti   alla   Corte
costituzionale per le valutazioni di competenza. 
                             P.  Q.  M. 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritiene  che  ai  fini  del  presente  procedimento  non   appare
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 13, comma 5-ter., d.lgs. n. 286/1998  come  sostituito  dal
d.l. 14 settembre 2004, n. 241  convertito  con  modificazioni  nella
legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in  cui  prevede  che  al
fine di assicurare la tempestivita' del procedimento di convalida dei
provvedimenti di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 13 e all'art. 14, comma
1, le questure forniscono  al  giudice  di  pace,  nei  limiti  delle
risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilita' di un
locale idoneo per contrasto con gli articoli 13, 24,  97,  111  della
Costituzione secondo quanto esposto nella motivazione; 
    Ritiene che la stessa sia rilevante ai fini del decidere; 
    Sospende  il  procedimento  in  corso  per   la   convalida   del
trattenimento nei confronti di Mohamed Said nato il 23 febbraio  1988
in Egitto di nazionalita' egiziana (R.G. 1618/09); 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina altresi'  che,  a  cura  della  cancelleria,  la  presente
ordinanza  sia  notificata  alle  parti  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
      
    Ordina che la stessa venga comunicata ai Presidenti della  Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
        Roma, addi' 4 maggio 2009 
                     Il giudice di pace: Loveri