N. 241 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 aprile 2009

Ordinanza  del  15  aprile  2009  emessa  dal  Giudice  delegato  del
Tribunale di Trani sul ricorso proposto  da  Factorit  S.p.A.  contro
Cancelliere del Tribunale di Trani. 
 
Fallimento e procedure concorsuali  -  Oneri  fiscali  -  Ricorso  al
  presidente del tribunale avverso  il  rifiuto  del  cancelliere  di
  rilasciare, in difetto della preventiva  registrazione,  copia  del
  verbale di conciliazione che ha definito il giudizio di opposizione
  allo stato passivo fallimentare  promosso  dall'istante  -  Dedotta
  illegittimita' dell'avviso di liquidazione dell'imposta di registro
  dovuta, in relazione al suddetto verbale, dal  ricorrente,  che  ha
  adito il giudice tributario - Divieto per i  cancellieri  e  per  i
  segretari degli organi  giurisdizionali  di  rilasciare  originali,
  copie ed estratti degli atti soggetti a  registrazione  in  termine
  fisso, da loro formati o autenticati, se non dopo la  registrazione
  e il relativo pagamento dell'imposta - Omessa previsione che  possa
  essere rilasciata copia dell'atto conclusivo (sentenza o verbale di
  conciliazione)  della  causa  di  opposizione  allo  stato  passivo
  fallimentare, ai fini della variazione di quest'ultimo,  prima  del
  pagamento   dell'imposta   di   registro   -   Irragionevolezza   -
  Ingiustificata   disparita'   di   trattamento    dei    creditori,
  irrazionalmente  discriminati,  nella  realizzazione   di   diritti
  giudizialmente accertati, a seconda che il  debitore  da  aggredire
  esecutivamente sia fallito ovvero in bonis - Lesione della garanzia
  costituzionale della tutela giurisdizionale  dei  diritti,  siccome
  condizionata al pagamento di un tributo oggetto di contestazione  -
  Riferimento alla sentenza della Corte  costituzionale  n.  522  del
  2002. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 26  aprile  1986,  n.  131,
  art. 66. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.40 del 7-10-2009 )
                            IL TRIBUNALE 
    Esaminati gli atti del procedimento camerale, ai sensi  dell'art.
745 c.p.c., n. 124/09 RG proposto da Factorit S.p.A.  gia'  Italiease
Factorit S.p.A., in persona del legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentata e difesa dagli avv. Carlo  Alberto  Giovanardi,  Andrea
Fattori e Guido Favia, avverso  il  rifiuto  di  rilascio  di  copia,
opposto  dal  cancelliere  di  questo  tribunale,  del   verbale   di
conciliazione, della causa di opposizione allo stato passivo iscritto
al n. 1638/04 R.G., sottoscritto  da  Factorit  e  dal  curatore  del
fallimento della Ge.Ne.Si. S.p.A., in data 22 febbraio 2008,  solleva
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  66  d.P.R.  26
aprile 1986, n. 131 nella parte in cui non consente  il  rilascio  di
copia dell'atto conclusivo  (sentenza  o  verbale  di  conciliazione)
della  causa  di  opposizione  allo  stato  passivo  ai  fini   della
variazione di  quest'ultimo,  prima  del  pagamento  dell'imposta  di
registro, violazione degli artt. 3 e 24 della  Costituzione,  per  le
seguenti ragioni. 
                              F a t t o 
    La Factorit S.p.A., gia' Italease Factorit S.p.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore, propose domanda di  ammissione  al
passivo del fallimento Ge.Ne.Si. S.p.A., dichiarato con sentenza  del
25  giugno  2003  di  questo  tribunale,  per   un   credito   di   €
10.472.950,81. Escluso il credito dal passivo, per  ritenuto  difetto
di adeguata prova, fu introdotto giudizio  di  opposizione  ai  sensi
dell'art. 98 l.f., incardinato al n. 1638/04 di questo tribunale.  Il
giudizio e' stato definito tra le parti con conciliazione giudiziale,
intervenuta in data  22  febbraio  2008,  previa  autorizzazione  del
tribunale  fallimentare,  con  la  quale  e'  stato   definitivamente
accertato fra le  parti  il  credito  per  il  minore  importo  di  €
8.397.878,76. Con avviso di liquidazione e contestuale irrogazione di
sanzione, l'Agenzia delle entrate di Trani ha liquidato l'imposta  di
registro, relativa al verbale della detta conciliazione nella  misura
di € 83.994,72, calcolata in  misura  proporzionale  anziche'  fissa;
come ritenuto dalla societa' opponente, la quale ha pertanto proposto
ricorso alla Commissione tributaria provinciale  di  Bari,  invocando
l'errata applicazione dell'art. 40, d.P.R. n. 131/1986.  In  pendenza
del detto giudizio tributario e nelle more quindi della registrazione
dell'atto e del pagamento dell'imposta, la Factorit S.p.A. ha chiesto
alla cancelleria di questo tribunale il rilascio di copia autenticata
del verbale di conciliazione al fine di procedere al  deposito  della
stessa presso l'Ufficio fallimentare ai fini della  variazione  dello
stato passivo. Il cancelliere ha opposto rifiuto  al  rilascio  della
detta  copia  in   difetto   della   preventiva   registrazione,   in
applicazione  dell'art.  66,  d.P.R.   n.   131/1986   e   successive
modificazioni. 
    Avverso il detto rifiuto  la  Factorit  ha  proposto  ricorso  al
Presidente del tribunale, ai sensi dell'art. 745 c.p.c., ribadendo ed
insistendo nella richiesta di rilascio di copia, in  subordine  anche
con  la  formula  esecutiva,  prospettando  il   rischio   di   grave
pregiudizio derivante dall'impedimento alla partecipazione ai riparti
in sede fallimentare. 
    Il cancelliere con nota del 13 marzo 2009 ha ribadito, con  ampia
motivazione, le ragioni del rifiuto al rilascio della copia  de  qua,
evidenziando in sintesi il divieto imposto dall'art.  66,  d.P.R.  n.
131/1986 e l'inapplicabilita' alla  fattispecie  delle  deroghe  pure
previste dalla citata norma. 
             Non manifesta infondatezza della questione 
    L'art. 66, d.P.R. n. 131/1986, al primo comma, prevede il divieto
per  cancellieri  e  segretari  degli   organi   giurisdizionali   di
rilasciare  originali,  copie  ed  estratti  degli  atti  soggetti  a
registrazione in termine fisso, da loro formati o autenticati, se non
dopo la loro registrazione (con relativo pagamento dell'imposta).  Lo
stesso art.  66,  al  secondo  comma,  prevede  talune  eccezioni  al
rilascio  di  copia  di  atti,  nelle  more  della  registrazione,  e
segnatamente: atti indispensabili per la prosecuzione  del  giudizio,
ovvero richiesti  d'ufficio;  se  trattasi  di  atti  destinati  alla
trascrizione  o  all'iscrizione  nei  registri   immobiliari   ovvero
occorrenti per l'approvazione o l'omologazione; per quegli  atti  che
il pubblico  ufficiale  e'  tenuto  per  legge  a  depositare  presso
pubblici uffici. 
    A tali deroghe, gia' espressamente enunciate dal legislatore,  si
e' aggiunta  anche  quella  introdotta  dalla  sentenza  della  Corte
costituzionale 6 dicembre 2002, n. 522, riguardante  la  possibilita'
del rilascio dell'originale o della copia della sentenza o  di  altro
provvedimento  giurisdizionale  che  debba  essere   utilizzato   per
procedere all'esecuzione forzata. 
    Con la richiamata sentenza,  la  Corte  costituzionale,  partendo
dalla considerazione che l'art. 63, d.P.R. n.  634/1972,  il  di  cui
contenuto e' stato confermato dall'art. 65, d.P.R.  n.  131/1996,  ha
soppresso il  divieto  di  utilizzazione  in  giudizio  di  atti  non
registrati, prevedendo al suo  posto  l'obbligo  del  cancelliere  di
inviarli all'ufficio del registro, ha gia' avuto modo di sottolineare
che «nel  bilanciamento  tra  l'interesse  fiscale  alla  riscossione
dell'imposta e quello all'attuazione della tutela giurisdizionale, il
primo e' ritenuto sufficientemente garantito dall'obbligo imposto  al
cancelliere  di  informare   l'ufficio   finanziario   dell'esistenza
dell'atto non registrato, ponendolo cosi' in grado di procedere  alla
riscossione».    E'    stata    anche    evidenziata     l'originaria
contraddittorieta', emendata con la pronuncia n. 522 cit.,  dell'art.
66 in oggetto, nella parte in cui, da un lato, non poneva l'interesse
fiscale come ostacolo al conseguimento di  pronuncia  giurisdizionale
di accertamento del  diritto  (cfr.  lett.  a)  del  secondo  comma),
consentendo di coltivare  il  giudizio  nei  gradi  successivi  senza
richiedere  necessariamente  la  preventiva  registrazione  dell'atto
oggetto di rilascio di copia, e, dall'altro lato,  impediva  tuttavia
l'attuazione  effettiva  della  tutela  giurisdizionale,   attraverso
l'esecuzione forzata, condizionando il rilascio del titolo  esecutivo
al pagamento dell'imposta di registro. 
    Orbene, le ragioni  espresse  dalla  Corte  delle  leggi  con  la
richiamata pronuncia  sono  invocabile  anche  nella  fattispecie  in
esame. 
    E' noto  infatti  che  il  giudizio  di  opposizione  allo  stato
passivo, ex art. 98 l.f.,  ante  riforma,  si  conclude  -  in  senso
positivo per il creditore opponente - con una sentenza  che,  qualora
passata in cosa  giudicata,  accerta  definitivamente  il  credito  e
costituisce «titolo» per  la  c.d.  variazione  dello  stato  passivo
fallimentare, adempimento (consistente nell'annotazione  del  credito
giudizialmente accertato sullo stato passivo del fallimento)  rimesso
alla cancelleria ad impulso tuttavia di  parte  (cfr.  in  tal  senso
anche la nota del Ministero di grazia e giustizia n. 6594/6592 del 19
maggio 1995). Non dissimile dal caso esaminato e'  la  definizione  -
avvenuta nel caso di specie - del giudizio  de  quo  con  verbale  di
conciliazione giudiziale che  ha  accertato  definitivamente  tra  le
parti (creditore opponente e curatela  fallimentare)  il  credito  da
ammettere al passivo. 
    E' evidente che l'adempimento costituito dalla  variazione  dello
stato passivo rappresenta il momento di raccordo tra il  giudizio  di
opposizione ex art. 98 l.f., ormai  conclusosi,  ed  il  procedimento
concorsuale in corso, raccordo che consente al creditore di  ottenere
effettiva tutela del diritto  di  credito  accertato,  attraverso  la
partecipazione ai  riparti  predisposti  dagli  organi  fallimentari.
Sicche', pur in assenza di una pronuncia di  condanna  nei  confronti
della  curatela  fallimentare  (ovviamente  impensabile),  non   puo'
negarsi  che  l'effettiva  attuazione  giurisdizionale  del   diritto
vantato dal creditore concorsuale si  concretizza  con  l'inserimento
del credito nello stato passivo. Anzi, tale iter  procedimentale,  in
pendenza di fallimento, rappresenta l'unica forma di tutela del credi
conconcorsuale, non potendo il medesimo far valere il suo diritto  al
di fuori del concorso dei creditori, ai sensi degli  artt.  51  e  52
l.f. 
    E' evidente pertanto che condizionare, come sembra evincersi  dal
tenore della norma in esame, il rilascio della copia del  verbale  di
conciliazione  all'effettivo  pagamento  dell'imposta  di   registro,
significa impedire l'attuazione  del  diritto  di  credito  accertato
giurisdizionalmente, tanto piu'  laddove  come  nella  fattispecie  -
penda contenzioso proprio in ordine alla legittimita'  della  pretesa
tributaria sul quantum debeatur e il tributo  richiesto  abbia  anche
consistenza notevole. 
    Verrebbe  cosi'  violato  il  dettato  Costituzionale   sia   con
riferimento all'art. 24 Cost., che, com'e' noto, assicura a tutti  la
possibilita' - ovviamente non solo teorica ed astratta - di agire  in
giudizio per la tutela dei  propri  diritti,  sia  all'art. 3  Cost.,
perche' situazioni analoghe, se non tra  loro  quasi  sovrapponibili,
subirebbero un  differente  quanto  ingiustificato  ed  irragionevole
trattamento da parte del legislatore, a seconda che  il  debitore  da
aggredire esecutivamente sia fallito ovvero in bonis: invero,  stante
il tenore dell'art. 66, d.P.R. per effetto  della  pronuncia  n.  522
cit. della Corte costituzionale, solo nel secondo caso  il  creditore
potrebbe, in pendenza di  registrazione,  ottenere  subito  la  copia
dell'atto indispensabile alla  realizzazione  del  diritto  accertato
giudizialmente, promuovendo l'esecuzione forzata. 
              Rilevanza della questione di legittimita' 
    E' evidente anche la rilevanza  della  prospettata  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    In  primo  luogo,  e'  appena  il  caso  di  ribadire  la  natura
giurisdizionale del procedimento camerale ex art.  745  c.p.c.,  gia'
piu' volte ritenuta dalla Corte  costituzionale  (cfr.  sentenze  nn.
522/2002, 414/1989), che consente al giudice di  sollevare  questioni
di legittimita' costituzionale. 
    Inoltre, nella fattispecie, il giudice  delegato  dal  Presidente
del  tribunale  e'  stato  investito   del   procedimento   camerale,
disciplinato   dall'art.   746   c.p.c.,   il   di   cui   esito   e'
pregiudizialmente condizionato dal superamento della  questione  come
sopra posta,  non  potendosi,  neanche  in  via  di  interpretazione,
ricondurre la soluzione del problema all'applicazione di taluna delle
deroghe previste dall'art. 66, secondo comma, cit. 
    La variazione dello stato passivo, invero, non puo'  considerarsi
«prosecuzione del giudizio», in quanto quest'ultimo  si  e'  concluso
con  la  declaratoria  di  estinzione   conseguente   all'intervenuta
conciliazione giudiziale. Il procedimento cosi' esaurito,  di  natura
contenziosa e di cognizione, e'  estraneo  ed  autonomo  rispetto  al
procedimento fallimentare, sebbene da questo tragga origine  e  nello
stesso, come gia' sopra evidenziato, sia destinato a produrre  i  sui
effetti. 
    Non si verte neanche nell'ambito dell'esecuzione forzata, su  cui
la Corte ha avuto modo di pronunciarsi con la richiamata sentenza  n.
522. A parte l'evidenziata assenza di una pronuncia di  condanna  nei
confronti di chicchessia, che possa giustificare il rilascio di copia
del titolo in forma esecutiva,  sarebbe  singolare  un'esecuzione  da
intraprendersi  in  danno  della  cancelleria,  terza   ripsetto   al
procedimento concluso, per il mero adempimento della variazione dello
stato passivo, tanto piu' in assenza  di  inerzia  o  di  rifiuto  di
«adempimento spontaneo». 
    Eloquente e' invece l'analogia tra l'ipotesi in  esame  e  quella
contemplata dall'art. 66, secondo comma, lett.  c)  che  consente  il
rilascio di copia  di  atti  non  ancora  registrati  destinati  alla
trascrizione o iscrizione nei registri immobiliari. Anche in tal caso
l'adempimento,  pur  gravante  sulla  cancelleria  in   presenza   di
provvedimento giurisdizionale, richiede  comunque  un  impulso  della
parte interessata. Ma tale norma, in quanto  di  natura  eccezionale,
costituente deroga al principio generale enunciato  dal  primo  comma
dell'art. 66 cit., non e' ovviamente  suscettibile  di  estensione  a
fattispecie non espressamente contemplate. 
    Completamente diverse dall'ipotesi in esame sono poi le ulteriori
deroghe contemplate dal secondo comma dell'art. 66 cit. 
    Alla luce delle considerazioni che precedono, non si  ravvisa  la
possibilita' di procedere oltre  nel  giudizio  in  corso,  senza  la
preventiva decisione della Corte  costituzionale  sulla pregiudiziale
questione di illegittimita' dell'art. 66 cit., prospettata nei  sensi
come sopra esposti, non essendo allo stato  possibile  l'accoglimento
del reclamo della Factorit in deroga al  divieto  posto  dalla  norma
censurata. 
                               P. Q. M. 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Solleva questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  66,
d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nella parte in  cui  non  consente  il
rilascio  di  copia  dell'atto  conclusivo  (sentenza  o  verbale  di
conciliazione)  della  causa  di  opposizione  allo   stato   passivo
fallimentare, ai fini della variazione  di  quest'ultimo,  prima  del
pagamento dell'imposta di registro, in violazione degli artt. 3 e  24
della Costituzione; 
    Sospende il processo in corso; 
    Rimette  gli  atti  innanzi  alla  Corte  costituzionale  perche'
statuisca in merito alla  questione  di  illegittimita'  costituzione
come sopra sollevata; 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  trasmissione  della   presente
ordinanza,  unitamente   al   fascicolo   processuale,   alla   Corte
costituzionale e per la notifica della detta ordinanza alle parti  in
causa, al Presidente del Consiglio  dei  ministri  ed  ai  Presidenti
delle due Camere del Parlamento. 
        Trani, addi' 11 aprile 2009 
                         Il giudice: Grillo