N. 6 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 9 settembre 2009

Ricorso per conflitto  tra  enti  depositato  in  cancelleria  il  16
settembre 2009 (della Regione Toscana). 
 
Istruzione   -   Istruzione   pubblica   -   Revisione   dell'assetto
  ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia
  e del primo ciclo di istruzione, ai sensi dell'art.  64,  comma  4,
  del d.l. n. 112/2008 convertito, con  modificazioni,  in  legge  n.
  133/2008 - Previsione dell'istituzione di nuove scuole e  di  nuove
  sezioni  in  collaborazione  con  gli  enti  territoriali  con   la
  coordinata partecipazione  delle  scuole  statali  e  delle  scuole
  paritarie al sistema scolastico nel suo  complesso  -  Ricorso  per
  conflitto tra enti proposto  dalla  Regione  Toscana  -  Denunciata
  violazione della  sfera  di  competenza  concorrente  regionale  in
  materia di disciplina dell'attivita' di dimensionamento della  rete
  scolastica sul territorio - Denunciata  lesione  del  principio  di
  leale  collaborazione,  per  la  mancata  previsione  di  forme  di
  concertazione  idonee  con  le  Regioni  -  Richiesta  alla   Corte
  costituzionale di dichiarare che la norma impugnata e' lesiva delle
  attribuzioni regionali e conseguentemente di annullare la stessa. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89,  art.
  2, comma 4. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118. 
Istruzione   -   Istruzione   pubblica   -   Revisione   dell'assetto
  ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia
  e del primo ciclo di istruzione, ai sensi dell'art.  64,  comma  4,
  del d.l. n. 112/2008 convertito, con  modificazioni,  in  legge  n.
  133/2008 - Previsione che le sezioni della scuola di  infanzia  con
  un numero di iscritti inferiori a quello previsto in via ordinaria,
  situate in comuni montani, in  piccole  isole,  in  piccoli  comuni
  appartenenti a comunita' prive di strutture educative per la  prima
  infanzia, possono accogliere piccoli  gruppi  di  bambini  di  eta'
  compresa tra i due e i tre anni, la cui consistenza e'  determinata
  nell'annuale    decreto    interministeriale    sulla    formazione
  dell'organico  -  Previsione  che  l'inserimento  di  tali  bambini
  avviene  sulla  base  di   progetti   attivati   d'intesa   ed   in
  collaborazione tra istituzioni scolastiche ed i comuni interessati,
  con divieto di sdoppiamento di sezioni - Ricorso per conflitto  tra
  enti proposto  dalla  Regione  Toscana  -  Denunciata  lesione  del
  principio di leale collaborazione, per  la  mancata  previsione  di
  forme di concertazione idonee con le Regioni - Richiesta alla Corte
  costituzionale di dichiarare che la norma impugnata e' lesiva delle
  attribuzioni regionali e conseguentemente di annullare la stessa. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89,  art.
  2, comma 6. 
- Costituzione, artt. 117 e 118. 
Istruzione   -   Istruzione   pubblica   -   Revisione   dell'assetto
  ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia
  e del primo ciclo di istruzione, ai sensi dell'art.  64,  comma  4,
  del d.l. n. 112/2008 convertito, con  modificazioni,  in  legge  n.
  133/2008 - Previsione che  l'istituzione  ed  il  funzionamento  di
  scuole statali del I ciclo devono rispondere a criteri di  qualita'
  ed  efficienza  del  servizio,  nel  quadro  della   qualificazione
  dell'offerta formativa e nell'ambito di proficue collaborazioni tra
  l'amministrazione scolastica e i comuni interessati -  Ricorso  per
  conflitto tra enti proposto  dalla  Regione  Toscana  -  Denunciata
  violazione della  sfera  di  competenza  concorrente  regionale  in
  materia di disciplina dell'attivita' di dimensionamento della  rete
  scolastica sul territorio - Denunciata  lesione  del  principio  di
  leale  collaborazione,  per  la  mancata  previsione  di  forme  di
  concertazione  idonee  con  le  Regioni  -  Richiesta  alla   Corte
  costituzionale di dichiarare che la norma impugnata e' lesiva delle
  attribuzioni regionali e conseguentemente di annullare la stessa. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89,  art.
  3, comma 1. 
- Costituzione, artt. 117 e 118. 
(GU n.43 del 28-10-2009 )
    Ricorso  per  la  Regione  Toscana,  in  persona  del  Presidente
pro-tempore, autorizzato con delibera della Giunta regionale  n.  779
del 7 settembre 2009, rappresentata e  difesa,  come  da  mandato  in
calce  al  presente  atto,  dall'avv.  Lucia   Bora   dell'Avvocatura
regionale, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. G.
Pasquale Mosca del Foro di Roma, in Roma, Corso d'Italia n. 102; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore,  per
conflitto di attribuzione del decreto del Presidente della Repubblica
20 marzo 2009, n. 89, recante «Revisione dell'assetto  ordinamentale,
organizzativo e didattico della  scuola  dell'infanzia  e  del  primo
ciclo di istruzione ai sensi dell'art. 64, comma 4, del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla  legge  6
agosto 2008, n. 133», pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  -  serie
generale - n. 162 del 15 luglio  2009,  con  particolare  riferimento
agli articoli: 
        art. 2, comma 4, relativo alla scuola  d'infanzia,  il  quale
prevede che «L'istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni avviene
in  collaborazione  con  gli  enti   territoriali,   assicurando   la
coordinata  partecipazione  delle  scuole  statali  e  delle   scuole
paritarie al sistema scolastico nel suo complesso»; 
        art. 2, comma 6, relativo alla scuola  d'infanzia,  il  quale
prevede che «Le sezioni della scuola  d'infanzia  con  un  numero  di
iscritti inferiore a quello previsto in  via  ordinaria,  situate  in
comuni montani, in piccole isole e in piccoli comuni, appartenenti  a
comunita' prive di strutture educative per la prima infanzia, possono
accogliere piccoli gruppi di bambini di eta' compresa trai  due  e  i
tre anni, la cui  consistenza  e'  determinata  nell'annuale  decreto
interministeriale sulla formazione  dell'organico.  L'inserimento  di
tali bambini avviene sulla base di progetti attivati  d'intesa  e  in
collaborazione tra istituzioni scolastiche e i comuni interessati,  e
non puo' dar luogo a sdoppiamenti di sezioni»; 
        art. 3, comma 1, relativo al primo ciclo  di  istruzione,  il
quale prevede  che  «L'istituzione  ed  il  funzionamento  di  scuole
statali del primo ciclo devono rispondere a criteri  di  qualita'  ed
efficienza del servizio, nel quadro della qualificazione dell'offerta
formativa   e   nell'ambito   di    proficue    collaborazioni    tra
l'amministrazione scolastica e i comuni interessati  anche  tra  loro
consorziati»,  per  contrasto  con  gli  articoli  117  e  118  della
Costituzione e del principio di leale collaborazione, per  i  profili
di seguito indicati. 
    Con il d.P.R. n. 89 del 20 marzo 2009 e'  stata  data  attuazione
all'art.  64,  comma  4,  d.l.  112/2008,  convertito  con  legge  n.
133/2008, con riguardo all'ordinamento,  all'organizzazione  ed  alla
didattica della scuola d'infanzia e del primo ciclo di istruzione. 
    Preme sin d'ora evidenziare che la  Regione  Toscana  aveva  gia'
proposto questione di costituzionalita' di fronte  a  codesta  ecc.ma
Corte costituzionale avverso il suddetto art. 64, comma 4. 
    Con la sentenza n. 200 del 2 luglio 2009 la Corte  costituzionale
- per quanto qui rileva - ha  dichiarato  l'illegittimita'  dell'art.
64, comma 4, lett. f-bis e lett.  f-ter.  In  particolare,  il  comma
f-bis prevedeva che con decreti  attuativi  dell'art.  64,  lo  Stato
sarebbe intervenuto in merito a criteri, tempi  e  modalita'  per  la
determinazione e  l'articolazione  dell'azione  di  ridimensionamento
della  rete  scolastica,  prevedendo,   nell'ambito   delle   risorse
disponibili  a  legislazione  vigente,   l'attivazione   di   servizi
qualificati per la migliore fruizione dell'offerta formativa;  mentre
il comma f-ter prevedeva la possibilita', per lo Stato, le regioni  e
gli enti locali di predisporre misure specifiche per la riduzione del
disagio degli utenti, nei casi di chiusura o accorpamento di istituti
scolastici aventi sedi nei piccoli comuni. 
    La Corte ha riconosciuto che  queste  disposizioni  intervenivano
del  tutto  illegittimamente  su  ambiti  di   specifica   competenza
regionale, in particolare in ordine alla programmazione scolastica ed
alle iniziative finalizzate alla riduzione del disagio per gli utenti
delle zone svantaggiate. 
    Parimenti, le norme del decreto n. 89/2009 in esame, non sembrano
raccordarsi con il nuovo quadro  costituzionale  e,  in  particolare,
sembrano dare attuazione proprio  a  quelle  disposizioni  dichiarate
incostituzionali dalla Corte costituzionale con la su citata sentenza
n. 200/09. Le competenze regionali in materia di istruzione risultano
in  tal  modo  compresse  (anche  rispetto  al  quadro  normativo  di
riferimento antecedente la riforma  del  Titolo  V);  tutto  cio'  in
violazione degli articoli 117 e 118 Cost. ed in generale dei principi
costituzionali   di   sussidiarieta',   adeguatezza   e   di    leale
collaborazione. 
    Le norme impugnate del d.P.R. n.  89/2009  sono  pertanto  lesive
delle attribuzioni regionali per i seguenti motivi di 
                            D i r i t t o 
1) Violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e violazione del  principio
di leale collaborazione. 
    Con l'art. 2, comma 4, e l'art. 3, comma 1, d.P.R. n. 89/2009, lo
Stato prevede - in  attuazione  dell'  art.  64,  comma  4,  d.l.  n.
112/2008 - una  specifica  disciplina  relativa  alla  programmazione
scolastica. 
    In particolare, l'art. 2, comma 4, prevede che  l'istituzione  di
nuove scuole d'infanzia avvenga genericamente in «collaborazione  con
gli enti territoriali», mentre, l'art.  3,  comma  1,  relativo  alle
scuole del primo ciclo, prevede che l'istituzione ed il funzionamento
di dette scuole venga svolto «nell'ambito di proficue  collaborazioni
tra l'amministrazione scolastica ed i comuni interessati». 
    E' evidente che dette norme intervengono direttamente su  profili
organizzativi della  rete  scolastica,  che  -  come  ribadito  nella
recentissima  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.   200/2009 -
spettano senz'altro alle Regioni ai sensi dell'art. 117, terzo comma,
Cost. 
    Dette disposizioni non possono infatti  essere  inquadrate  nelle
norme generali sull'istruzione, ma riguardano direttamente  l'assetto
del   sistema   scolastico   e   dunque   la   materia    concorrente
dell'istruzione. 
    In merito la giurisprudenza costituzionale ha chiarito  che  «nel
quadro costituzionale definito dalla riforma del titolo V la  materia
istruzione (salva l'autonomia delle  istituzioni  scolastiche  e  con
esclusione dell'istruzione e formazione professionale) forma  oggetto
di potesta' concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.),  mentre  allo
Stato e' riservata soltanto  la  potesta'  legislativa  esclusiva  in
materia di norme generali sull'istruzione (art.  117,  secondo  comma
lett. n)»... «Nel complesso intrecciarsi in  una  stessa  materia  di
norme   generali,   principi   fondamentali,   leggi   regionali    e
determinazioni  autonome  delle  istituzioni  scolastiche,  si   puo'
assumere per certo che il prescritto ambito di legislazione regionale
sta proprio nella programmazione della rete  scolastica.  E'  infatti
implausibile che il legislatore costituzionale abbia voluto spogliare
le regioni di una funzione che era gia' ad esse conferita nella forma
della competenza delegata dell'art. 138 del  decreto  legislativo  n.
112 del 1998... Una volta  attribuita  l'istruzione  alla  competenza
concorrente , il riparto imposto dall'art. 117 postula che,  in  tema
di  programmazione  scolastica  e  di  gestione  amministrativa   del
relativo servizio, compito dello Stato sia  solo  quello  di  fissare
principi». 
    Tali principi e la competenza regionale concorrente in materia di
istruzione  sono  stati  confermati  nelle  ulteriori   sentenze   n.
423/2004; n. 34/2005;  n.  50/2008;  significativamente,  poi,  nella
pronuncia n. 279/2005, la Corte costituzionale  ha  chiarito  che  le
norme generali in materia di istruzione di  cui  alla  lett.  n)  del
secondo comma dell'art. 117 Cost. «sono quelle sorrette, in relazione
al  loro  contenuto,  da  esigenze  unitarie  e  quindi   applicabili
indistintamente al di la' dell'ambito propriamente  regionale»;  esse
si distinguono dai principi fondamentali in  materia  di  istruzione,
rilevanti ai sensi dell'art. 117, terzo comma Cost., in quanto questi
ultimi «pur sorretti da  esigenze  unitarie  non  esauriscono  in  se
stessi la loro operativita', ma informano altre norme,  piu'  o  meno
numerose». 
    Ancora la recente sentenza n. 200/2009 ha sul punto chiarito  che
costituiscono norme  generali  sull'istruzione  «quelle  disposizioni
statali che definiscono la struttura portante del  sistema  nazionale
di  istruzione  e  che  richiedono  di  essere  applicate   in   modo
necessariamente  unitario  ed  uniforme  in   tutto   il   territorio
nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa  omogenea,  la
sostanziale parita' di trattamento tra gli utenti che  fruiscono  del
servizio   dell'istruzione    (interesse    primario    di    rilievo
costituzionale), nonche' la liberta' di istituire scuole e la parita'
tra le scuole statali e non statali»;  invece  sono  espressione  dei
principi fondamentali della materia «quelle norme  che,  nel  fissare
criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la
esistenza di elementi di base  comuni  sul  territorio  nazionale  in
ordine alle modalita' di fruizione del servizio  dell'istruzione,  da
un lato, non sono riconducibili a  quella  struttura  essenziale  del
sistema   d'istruzione   che   caratterizza   le    norme    generali
sull'istruzione, dall'altro, necessitano, per la loro  attuazione  (e
non  gia'  per  la  loro  semplice  esecuzione)  dell'intervento  del
legislatore regionale». 
    Per contro, le norme in esame non esprimono esigenze di carattere
unitario alla stregua dei valori da tutelare,  che  sole  legittimano
l'intervento statale, non riguardano norme  generali  sull'istruzione
ne' principi  generali  della  materia;  dette  norme,  infatti,  non
contengono «le indicazioni delle finalita» della scuola, non  pongono
«condizioni  minime  di  uniformita'  in  materia  scolastica»,   ne'
esprimono   quegli   essenziali   interventi   volti   a    garantire
l'uguaglianza  sostanziale  nell'accesso  e  nella  fruizione   della
cultura, tali  da  doversi  applicare  indistintamente  su  tutto  il
territorio nazionale (come, ad esempio, la tipologia e la durata  dei
corsi di istruzione, le modalita' di passaggio tra i  diversi  ordini
di scuola, la valutazione degli apprendimenti, il riconoscimento  dei
titoli di studio, i  criteri  di  selezione  e  di  reclutamento  del
personale). 
    Con le disposizioni censurate,  le  regioni  vengono,  di  fatto,
private  del  ruolo  primario  nell'istituzione  di  nuove  scuole  -
d'infanzia e del primo ciclo - che rappresenta  senz'altro  l'aspetto
piu' rilevante nell'ambito della programmazione e dell'organizzazione
della rete scolastica. 
    Va a questo punto evidenziato che le regioni erano gia'  titolari
di dette competenze a seguito del decreto legislativo n. 112 del 1998
e, in particolare, con riferimento alle funzioni  di  «programmazione
dell'offerta  formativa  integrata  tra   istruzione   e   formazione
professionale» (art. 138, comma 1, lett. a), di «programmazione della
rete scolastica» (art. 138, comma 1, lett. b),  di  «contributi  alle
scuole non statali» (art. 138, comma 1,  lett.  c)  e  di  formazione
professionale (art. 143). 
    Del  resto,  esaminando  il  contenuto  sostanziale   di   queste
funzioni, puo' agevolmente rilevarsi che, fermo restando il  rispetto
degli standard minimi, la rete scolastica e il dimensionamento  degli
istituti sono piu' efficacemente organizzati se tengono  conto  delle
diverse realta' territoriali,  realta'  che  meglio  sono  conosciute
dalle amministrazioni regionali. 
    Alle regioni, pertanto, erano gia' state affidate  le  competenze
sull'organizzazione scolastica e sul dimensionamento degli  istituti,
mentre con le norme in esame si prevede un ruolo del tutto  marginale
e, per le scuole del primo ciclo addirittura  non  si  prevede  alcun
ruolo, in ordine alla organizzazione della rete scolastica. 
    Il  regolamento,  per  i  profili  qui  in  rilievo,  rappresenta
pertanto un inammissibile passo indietro  rispetto  alle  prerogative
riconosciute alle regioni, cio'  che  rende  evidente  la  violazione
delle attribuzioni regionali di cui all'art. 117 Cost. in materia  di
istruzione. Infatti, le norme  del  d.P.R.  n.  89/2009  che  qui  si
contestano disciplinano aspetti organizzativi, con  riferimento  alla
determinazione  ed  articolazione  dell'azione  di  ridimensionamento
della rete scolastica, senza  prevedere  un  adeguato  coinvolgimento
delle Regioni. 
    Neppure possono ritenersi giustificate le disposizioni  in  esame
con il richiamo all'art. 117, secondo comma, lett. m), perche' questa
puo' essere invocata quando si fissano livelli delle prestazioni. Nel
caso  in  esame,  invece,  la  disposizione  non  fissa  affatto  gli
standards minimi, ma, come rilevato, alloca in  capo  allo  Stato  le
funzioni finalizzate alla organizzazione. 
    E' sostanzialmente diverso determinare i livelli essenziali,  nel
rispetto dei quali le  regioni  ben  potranno  determinare  standards
qualitatitivi  dei  servizi  superiori  rispetto  ai  minimi,   dalla
minuziosa regolamentazione  dell'esercizio  della  concreta  potesta'
amministrativa. 
    Posto che,  per  quanto  rilevato,  l'assetto  organizzativo  del
sistema scolastico non puo' essere ricondotto  alle  «norme  generali
sull'istruzione», il medesimo non  puo'  neanche  essere  oggetto  di
regolamento statale poiche', ai  sensi  dell'art.  117,  sesto  comma
della Costituzione, il potere regolamentare dello Stato  esiste  solo
nelle materie di sua potesta' legislativa esclusiva. 
    In conclusione,  le  norme  impugnate  sono  da  ricondursi  alla
previsione  dell'art.  64,   comma   4,   lett.   f-bis,   dichiarato
incostituzionale con la  sentenza  n.  200/09.  In  particolare,  con
riguardo a tale norma la Corte ha affermato principi riferibili anche
alle disposizioni del regolamento censurate in questa sede; la  Corte
costituzionale ha infatti chiarito che «Quanto, infatti, alla lettera
f-bis), e' pure vero che essa prevede che, con atto regolamentare, si
dovra' provvedere alla "definizione di criteri, tempi e modalita' per
la determinazione e l'articolazione dell'azione di  ridimensionamento
della  rete  scolastica";  tuttavia,  agli  effetti  del  riparto  di
competenza legislativa tra lo Stato e le regioni, cio' che rileva  e'
il  riferimento  al  dimensionamento  della  rete  delle  istituzioni
scolastiche, vale a dire ad un ambito che deve ritenersi di spettanza
regionale. 
    Sul punto, infatti, questa Corte ha avuto modo di  rilevare  che,
da un lato, l'art. 138, comma 1, lettere a) e b), del d.lgs.  n.  112
del 1998 aveva gia' delegato alle regioni, nei limiti sopra  esposti,
funzioni amministrative in materia, tra  l'altro,  di  programmazione
dell'offerta  formativa  integrata  tra   istruzione   e   formazione
professionale,  nonche'  di  programmazione  della  rete  scolastica;
dall'altro, l'art. 3 del d.P.R. 18 giugno 1998  n.  233  (Regolamento
recante norme  per  il  dimensionamento  ottimale  delle  istituzioni
scolastiche e per la determinazione  degli  organici  funzionali  dei
singoli istituti, a norma dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997,  n.
59) aveva disposto che "i piani di dimensionamento delle  istituzioni
scolastiche  (...)  sono  definiti  in  conferenze   provinciali   di
organizzazione della rete scolastica, nel rispetto degli indirizzi di
programmazione e dei criteri generali,  riferiti  anche  agli  ambiti
territoriali, preventivamente adottati dalle Regioni" (sentenza n. 34
del 2005). 
    Avendo riguardo alle riportate disposizioni legislative, la Corte
ha cosi' ritenuto, con la citata sentenza, che "proprio alla luce del
fatto che gia' la normativa antecedente alla  riforma  del  Titolo  V
prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle
istituzioni scolastiche,  e  quindi  postulava  la  competenza  sulla
programmazione scolastica di cui all'art. 138 del d.lgs. n.  112  del
1998, e' da escludersi che il  legislatore  costituzionale  del  2001
abbia voluto spogliare le regioni di una funzione  che  era  gia'  ad
esse conferita" sia pure soltanto sul piano meramente amministrativo. 
    In altri termini, la definizione  del  riparto  delle  competenze
amministrative attuato con il citato decreto legislativo fornisce  un
tendenziale   criterio   utilizzabile   per   la   individuazione   e
interpretazione degli ambiti materiali che la riforma del titolo V ha
attribuito alla potesta' legislativa concorrente  o  residuale  delle
regioni. 
    Ed in effetti, se si ha riguardo all'obiettivo  perseguito  dalla
disposizione in esame, si deve constatare che la  preordinazione  dei
criteri volti alla attuazione di tale dimensionamento ha una  diretta
ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate  alle  varie
realta' territoriali ed alle connesse  esigenze  socio-economiche  di
ciascun territorio, che ben possono e  devono  essere  apprezzate  in
sede regionale, con la precisazione che non possono venire in rilievo
aspetti  che  ridondino  sulla  qualita'  dell'offerta  formativa  e,
dunque, sulla didattica. 
    E non e' senza significato che il  comma  4-quater  dello  stesso
art.  64,  introdotto  dall'art.   3,   comma   1,   del   successivo
decreto-legge n. 154 del 2008, come convertito nella legge n. 189 del
2008, abbia previsto  -  in  sostanziale  discontinuita'  con  quanto
contenuto nella disposizione censurata - che le regioni  e  gli  enti
locali, "nell'ambito delle rispettive competenze (...) assicurano  il
dimensionamento delle istituzioni scolastiche". 
    La disposizione in questione, pertanto, lungi  dal  poter  essere
qualificata come "norma generale  sull'istruzione"  nel  senso  prima
precisato, invade spazi riservati  alla  potesta'  legislativa  delle
regioni  relativi  alla  competenza  alle  stesse   spettanti   nella
disciplina dell'attivita' di dimen sionamento della  rete  scolastica
sul territorio. 
    La sussistenza di un ambito materiale di  competenza  concorrente
comporta che non e' consentita, ai sensi del  sesto  comma  dell'art.
117 della Costituzione che attua il principio  di  separazione  delle
competenze, l'emanazione di atti regolamentari». 
    Alla   luce   dell'orientamento   su   espresso    dalla    Corte
costituzionale  le  norme  in  esame  nella  parte  in  cui   -   con
disposizioni  di  carattere  regolamentare  -   si   riferiscono   al
procedimento relativo all'istituzione di nuove scuole e/o sezioni  ed
al  funzionamento  delle   stesse,   si   appalesano   lesive   delle
attribuzioni  regionali,  in  quanto  intervengono  in   materia   di
dimensionamento e di organizzazione della rete  scolastica,  cio'  in
contrasto con l'art. 117 Cost. sotto due profili: il primo perche' lo
Stato disciplina funzioni regionali (in violazione, quindi, dell'art.
117, terzo comma  Cost.),  il  secondo  perche'  tale  disciplina  e'
dettata con regolamento (in violazione  dell'art.  117,  sesto  comma
Cost). 
    In ipotesi, le norme sono ulteriormente lesive delle attribuzioni
regionali poiche', disciplinando ambiti di competenza  regionale,  il
regolamento avrebbe dovuto contenere, con riferimento all'istituzione
di  nuove  scuole,  la  previsione   dell'intesa   con   le   regioni
interessate, mentre - si ripete - nell'un caso (art. 2, comma 4),  si
richiamano  genericamente  forme  di  collaborazione  con  gli   enti
territoriali per l'istituzione delle scuole d'infanzia e,  nell'altro
(art. 3, comma 1), addirittura, non  si  prevede  alcun  ruolo  delle
regioni nella istituzione e nel funzionamento delle scuole del  primo
ciclo. Le norme in questione  sono  quindi  lesive  delle  competenze
delle  regioni  anche  per  violazione  dell'art.  118  Cost.  e  del
principio della leale collaborazione. 
    Infatti dette previsioni non si giustificano  neppure  alla  luce
del principio di sussidiarieta' (in senso ascendente),  in  quanto  -
come insegnato dalla Corte  costituzionale  nella  nota  sentenza  n.
303/2003 - avrebbero dovuto essere comunque previste  adeguate  forme
di  concertazione,  al  fine  di  tutelare   le   istanze   regionali
costituzionalmente garantite, in un ambito  che  involge  profili  di
competenza concorrente delle regioni. 
2) Ulteriore violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e violazione  del
principio di leale collaborazione. 
    Come gia' rilevato, l'art. 2 comma sesto prevede che «Le  sezioni
della scuola d'infanzia con un numero di iscritti inferiore a  quello
previsto in via ordinaria, situate  in  comuni  montani,  in  piccole
isole  e  in  piccoli  comuni,  appartenenti  a  comunita'  prive  di
strutture educative per la prima infanzia, possono accogliere piccoli
gruppi di bambini di eta' compresa tra i due e i  tre  anni,  la  cui
consistenza e'  determinata  nell'annuale  decreto  interministeriale
sulla formazione dell'organico. L'inserimento di tali bambini avviene
sulla base di progetti attivati  d'intesa  e  in  collaborazione  tra
istituzioni scolastiche e i comuni interessati, e non puo' dar  luogo
a sdoppiamenti di sezioni». Evidentemente detta norma  ha  l'espressa
finalita' di prevenire e/o ridurre il disagio per quell'utenza che si
trova in zone piu' svantaggiate del territorio e riguarda,  pertanto,
un profilo di competenza concorrente  regionale  ai  sensi  dell'art.
117, terzo comma, che non puo' formare oggetto di norma regolamentare
statale. 
    A  tal  fine   si   richiama   quanto   affermato   dalla   Corte
costituzionale, con la gia' citata sentenza n.  200/2009,  in  merito
all'art. 64, comma  4,  lett.  f-ter,  d.l.  n.  112/2008,  ossia  la
«lettera f-ter) del comma in esame, la quale demanda  al  regolamento
governativo di prevedere, nel caso  di  chiusura  o  di  accorpamento
degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli Comuni,  specifiche
misure  finalizzate  alla  riduzione  del  disagio   degli   utenti»;
chiarisce la Corte che «La disposizione  contenuta  in  tale  lettera
opera  una  estensione  allo  Stato  di  una  facolta'  di  esclusiva
pertinenza delle regioni, mediante l'attribuzione allo stesso  di  un
compito che non gli  compete,  in  quanto  quello  della  chiusura  o
dell'accorpamento  degli  istituti  scolastici  nei  piccoli   comuni
costituisce un ambito di sicura competenza regionale proprio  perche'
strettamente legato alle singole realta' locali, il cui apprezzamento
e' demandato agli organi regionali. 
    La disposizione in esame, per il suo  contenuto  precettivo,  non
puo', pertanto, trovare svolgimento  in  sede  regolamentare,  atteso
che, per le ragioni gia' indicate, al regolamento governativo non  e'
consentito intervenire in ossequio  al  principio  della  separazione
delle competenze, in ambiti materiali la cui disciplina spetta  anche
alle fonti regionali. 
    E', pero', bene puntualizzare, che non sussistono dubbi in ordine
alla facolta' spettante alle regioni e agli enti locali di  prevedere
misure volte a ridurre, nei  casi  in  questione,  il  disagio  degli
utenti del servizio scolastico, proprio per l'impatto che tali aventi
hanno sulle comunita' insediate nel territorio e  con  riguardo  alle
necessita' dell'utenza delle singole realta' locali. 
    La   norma   impugnata   deve,    dunque,    essere    dichiarata
costituzionalmente illegittima per violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost., fermo restando che l'obiettivo di consentire l'adozione
delle predette misure puo' essere raggiunto sulla  base  di  autonome
determinazioni assunte in sede locale». 
    Anche sotto  tale  profilo,  inoltre,  si  evidenzia  la  mancata
previsione  di  forme  di  concertazione  idonee  con   le   regioni,
nonostante che con la disposizione in esame si intervenga in  materia
di competenza regionale (cfr. in tal senso Corte cost.,  sentenze  n.
303 del 2003; n. 6/2004, n. 62, n. 242, n. 285 e  n.  383  del  2005,
gia' citate). 
    Tutto cio' in violazione degli  artt.  117  e  118  Cost.  e  del
principio di leale collaborazione. 
                              P. Q. M. 
    Si chiede che la Corte costituzionale dichiari che il  d.P.R.  n.
89/2009 - artt. 2, commi 4 e 6 e art. 3, comma 1  - e'  lesivo  delle
attribuzioni regionali per contrasto con gli articoli 117, 118 Cost.,
e per l'effetto lo annulli. 
    Si deposita la delibera della giunta regionale di  autorizzazione
a stare in giudizio n. 779 del 7 settembre 2009. 
        Firenze-Roma, addi' 9 settembre 2009 
                           Avv. Lucia Bora