N. 66 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 settembre 2009

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 29 settembre 2009 (della Regione Emilia-Romagna). 
 
Sicurezza  pubblica  -  Volontariato  -  Comuni,  Province  e  Citta'
  metropolitane - Possibilita'  per  i  sindaci,  previa  intesa  col
  prefetto, di avvalersi della  collaborazione  di  associazioni  tra
  cittadini non armati al fine di segnalare  alle  Forze  di  polizia
  dello Stato o  locali,  eventi  che  possano  arrecare  danno  alla
  sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale -  Iscrizione
  delle associazioni in un apposito  elenco  tenuto  dal  prefetto  -
  Determinazione con decreto  del  Ministro  dell'interno  di  ambiti
  operativi, modalita' e  requisiti  -  Lamentata  esorbitanza  dalla
  materia della sicurezza  pubblica  ed  incidenza  sulla  disciplina
  regionale in materia di polizia comunale e provinciale e in materia
  di  politiche  sociali,  esorbitanza  dai  limiti  della   potesta'
  regolamentare spettante allo Stato, e,  in  subordine,  carenza  di
  coinvolgimento delle Regioni - Ricorso della Regione Emilia-Romagna
  - Denunciata violazione  dei  limiti  alla  competenza  statale  in
  materia  di  sicurezza  pubblica,   violazione   della   competenza
  regionale residuale in materia di polizia amministrativa  locale  e
  in  materia  di  politiche  sociali,  violazione  dei  limiti  alla
  potesta' regolamentare statale, violazione del principio  di  leale
  collaborazione. 
- Legge 15 luglio 2009, n. 94, art. 3, commi 40, 41, 42 e 43. 
- Costituzione, artt. 117, commi secondo, lett. h), quarto e sesto, e
  118; legge della Regione Emilia-Romagna 4  dicembre  2003,  n.  24,
  modificata dalla legge regionale 28 settembre 2007, n. 21. 
(GU n.43 del 28-10-2009 )
    Ricorso della Regione Emilia-Romagna, in persona  del  Presidente
della Giunta regionale pro  tempore,  autorizzato  con  deliberazione
della  Giunta  regionale  14  settembre  2009,  n.  1350  (doc.   1),
rappresentata e difesa, come da procura a margine del presente  atto,
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di  Padova  e  dall'avv.  Rosaria
Russo Valentini, con domicilio  eletto  presso  lo  studio  dell'avv.
Russo Valentini in corso Vittorio Emanuele II n. 284, 00186 Roma; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   per   la
dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della
legge 15 luglio 2009, n. 94, Disposizioni  in  materia  di  sicurezza
pubblica, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 24 luglio 2009, n. 170,
suppl. ord., in relazione ai seguenti commi: 
        comma 40,  nella  parte  in  cui  comprende  nelle  attivita'
soggette a disciplina esclusivamente statale  materie  di  competenza
regionale, quali la sicurezza urbana in senso ampio e  le  situazioni
di disagio sociale; 
        comma 41, nella parte  in  cui  esso  prevede  che  anche  le
associazioni aventi ad oggetto attivita' correlate con  la  sicurezza
urbana e le situazioni di  disagio  sociale,  ma  non  relative  alla
tutela  dell'ordine  pubblico  e  della  sicurezza,  siano   soggette
all'iscrizione nell'elenco tenuto dai prefetti; 
        comma 42, in quanto esso impone ai sindaci di  utilizzare  in
via prioritaria le associazioni costituite tra gli  appartenenti,  in
congedo, alle Forze dell'ordine, alle Forze armate e agli altri Corpi
dello Stato anche  in  relazione  a  compiti  diversi  da  quelli  di
segnalare  circostanze  rilevanti  ai  fini  dell'ordine  pubblico  e
sicurezza, e vieta  l'iscrizione  negli  elenchi  delle  associazioni
diverse da quello ora citate ove esse siano destinatarie, a qualsiasi
titolo, di risorse economiche a carico della finanza pubblica,  anche
in relazione alle funzioni  di  volontariato  relative  alla  polizia
amministrativa; 
        comma 43 nella parte in cui affida al  Ministro  dell'interno
il compito di adottare un decreto mediante il quale sono  determinati
gli ambiti operativi delle disposizioni di cui  ai  commi  40  e  41,
nonche' i requisiti per l'iscrizione nell'elenco, e sono disciplinate
le modalita' di tenuta dei relativi elenchi,  anche  in  relazione  a
materie di competenza regionale comprese nell'ambito della  sicurezza
urbana e delle situazioni di disagio sociale; 
        in subordine, gli stessi commi 40, 41 e 43: quanto  al  comma
40, nella parte in cui non prevede che all'intesa  in  esso  prevista
partecipi anche la  regione  direttamente  o  attraverso  i  soggetti
locali individuati con legge regionale; quanto  al  comma  41,  nella
parte in cui non prevede alcun ruolo della regione nella procedura di
iscrizione e nel monitoraggio della permanenza dei requisiti in  capo
alle associazioni ed ai loro membri, nonostante che tali associazioni
operino nelle materie di competenza regionale; quanto al comma 43, in
quanto prevede una disciplina unitaria  di  ambiti  appartenenti  sia
alla competenza statale sia alla competenza regionale senza istituire
alcun meccanismo di coordinamento, ed in particolare senza  prevedere
l'intesa con la Conferenza Stato-regioni o Conferenza unificata,  per
violazione: 
          dell'art. 117, secondo comma, Cost.; 
          dell'art. 117, quarto comma, Cost; 
          dell'art. 117, sesto comma, Cost.; 
          dell'art. 118 Cost.; 
          del principio di leale collaborazione, nei  modi  e  per  i
profili di seguito illustrati. 
                              F a t t o 
    La Regione Emilia-Romagna e' dotata di potesta' legislativa piena
in materia di polizia amministrativa  locale:  materia  che,  essendo
espressamente  eccettuata  dalla  competenza  esclusiva  statale   in
materia di ordine pubblico e sicurezza dall'art. 117, secondo  comma,
lett. h), della Costituzione e non essendo  ripresa  tra  le  materie
concorrenti  di  cui  al terzo  comma,   risulta   contemporaneamente
«nominata» ed affidata alla competenza  piena  delle  regioni,  salvi
ovviamente i vincoli che possano derivare dalle altre materie statali
di cui all'art. 117, secondo comma. 
    Come altre regioni, la Regione Emilia-Romagna - accanto a  quanto
possa  risultare  dalle  discipline  dei  diversi  settori  -  si  e'
recentemente dotata di una ampia legge  organica  di  disciplina  del
servizio di polizia locale con la legge regionale 4 dicembre 2003, n.
24, come modificata dalla legge regionale 28 settembre 2007,  n.  21,
recante Disciplina della polizia amministrativa locale  e  promozione
di un sistema integrato di sicurezza. 
    Tale  legge,  composta  di  cinque  Capi  e  ventitre'  articoli,
disciplina la  materia  nei  suoi  diversi  aspetti,  e  tra  l'altro
prevede, all'art. 8, la Utilizzazione del volontariato,  che  avviene
(come prevede il comma 1, nel quadro «dei principi e delle  finalita'
fissate dagli articoli 1 e 2 della legge  11  agosto  1991,  n.  266,
Legge-quadro sul volontariato». 
    Sempre il comma 1 dispone che  l'utilizzazione  del  volontariato
«e' volta a realizzare una presenza attiva sul territorio, aggiuntiva
e non sostitutiva rispetto a quella  ordinariamente  garantita  dalla
polizia  locale,  con  il  fine  di  promuovere   l'educazione   alla
convivenza e il rispetto della legalita', la mediazione dei conflitti
e il dialogo tra le persone, l'integrazione e l'inclusione sociale». 
    Si  tratta  dunque  di   ambiti   e   finalita'   che   rientrano
compiutamente nella competenza legislativa regionale, senza  invadere
la materia statale dell'ordine pubblico e sicurezza. 
    Il  comma  2  dispone  che  «i   volontari,   individuati   dalle
amministrazioni locali anche sulla base  di  indicazioni  provenienti
dalle associazioni  di  volontariato,  potranno  essere  impiegati  a
condizione che essi: 
        a)  operino  sulla  base  delle  indicazioni  ed  in  maniera
subordinata al comandante o  al  responsabile  della  polizia  locale
stessa o ad altro operatore di detta polizia da esso individuato; 
        b) non abbiano subito condanna a pena detentiva  per  delitto
non colposo o non siano stati sottoposti a misure  di  prevenzione  e
non siano stati espulsi dalle forze armate o dalle forze  di  polizia
nazionali,  ovvero  destituiti  o  licenziati  per  giusta  causa   o
giustificato motivo soggettivo da pubblici uffici; 
        c) abbiano frequentato,  con  profitto,  specifico  corso  di
formazione professionale disciplinato dalla Giunta regionale; 
        d) siano adeguatamente assicurati». 
    Non si tratta dunque -  nella  legge  regionale  -  di  attivita'
svolte autonomamente da associazioni  di  cittadini,  ma  di  singoli
volontari   che   vengono    in    una    certa    misura    inseriti
nell'organizzazione della polizia locale. E' invece previsto  (ed  e'
il comma 3)  che  le  associazioni  di  volontariato  possano  invece
stipulare convenzioni con i comuni e le province «con sole  finalita'
di supporto organizzativo ai soci che svolgano le attivita' di cui al
presente comma», e cio' «a  condizione  che  dette  associazioni  non
prevedano nell'accesso e nei propri fini forme di discriminazione  di
sesso, razza, lingua,  religione,  opinioni  politiche  e  condizioni
personali o sociali». 
    Il comma 4 individua uno strumento  di  coordinamento  a  livello
regionale  rivolto  ad   «assicurare   l'adeguata   uniformita'   sul
territorio regionale» in un  potere  di  emanare  direttive  relative
all'utilizzo di volontari, approvate dalla Giunta regionale «d'intesa
con la Conferenza Regione-Autonomie locali». 
    Tali direttive sono state emanate con la deliberazione n. 275 del
2005, assunta a seguito della prescritta intesa con gli  enti  locali
della regione (doc. 2). 
    Tra gli elementi che possono essere considerati salienti si  puo'
segnalare l'indirizzo secondo il quale «lo spirito della presenza del
volontario deve pertanto essere improntato  ad  una  figura  amica  e
rassicurante che, mediante una attenta  capacita'  di  ascolto  della
comunita' presso la quale e' chiamato ad operare,  contribuisce  allo
sviluppo:  delle  azioni   di   prevenzione;   delle   attivita'   di
informazione rivolte ai cittadini; delle attivita'  di  educazione  e
sicurezza stradale; di una maggiore presenza e visibilita' del comune
nello spazio pubblico urbano; del collegamento fra  i  cittadini,  le
polizie locali e gli altri servizi locali;  del  senso  civico  della
cittadinanza; di un maggior rispetto delle regole che le comunita' si
danno per assicurare a tutti una civile e serena convivenza». 
    Va rilevato che e' espressamente escluso che i volontari  abbiano
poteri di accertamento, anche  limitatamente  all'accertamento  della
identita' delle persone. La collaborazione dei volontari si limitera'
dunque  ad  una  «qualificata   attivita'   di   segnalazione   delle
problematicita'  riscontrate  finalizzata  al   miglioramento   delle
funzioni di prevenzione e controllo  svolta  dalla  polizia  locale»,
fermo restando che e' riservata alla polizia  locale  di  riferimento
«ogni decisione sull'eventuale utilizzo delle segnalazioni per i fini
propri di istituto». 
    La direttiva pone  di  seguito  i  criteri  perche'  ogni  comune
istituisca e mantenga aggiornato un registro nominativo dei volontari
da cui sia desumibile in ogni momento il rispetto,  per  ciascuno  di
essi, delle condizioni di cui all'art. 8, comma 2, lettera b),  c)  e
d) della legge n. 24/2003,  e  nel  quale  siano  altresi'  riportate
ulteriori specifiche competenze attribuite al singolo volontario  tra
quelle  aventi  possibile  rilevanza   per   l'organizzazione   delle
attivita' di cui alla presente  direttiva  (quali:  pronto  soccorso,
protezione civile, altre forme di volontariato in  campo  ambientale,
ittico, venatorio e di tutela degli animali), ed affronta poi i  temi
della copertura  assicurativa,  della  formazione,  della  dipendenza
organizzativa,  dei  segni  distintivi,  delle  convenzioni  e  delle
attivita' di volontariato nell'ambito delle province,  da  coordinare
con quelle attivate dai comuni. 
    In un ambito  almeno  in  parte  corrispondente  a  quello  della
disciplina regionale ora sinteticamente illustrata interviene ora  la
legge 15 luglio 2009, n.  94,  recante  Disposizioni  in  materia  di
sicurezza pubblica. 
    Si tratta dei commi da 40 a 43 dell'art. 3, i quali sono  rivolti
a  disciplinare,  come  testualmente  dice  il  primo  di  essi,   la
«collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al  fine  di
segnalare alle Forze di polizia  dello  Stato  o  locali  eventi  che
possano arrecare danno alla sicurezza  urbana  ovvero  situazioni  di
disagio sociale». Di tale collaborazione possono avvalersi,  dice  lo
stesso comma, «i sindaci, previa intesa con il prefetto». 
    Il seguente comma 41 prescrive che le associazioni che desiderano
svolgere tale attivita' di collaborazione siano «iscritte in apposito
elenco tenuto a cura del prefetto, previa  verifica  da  parte  dello
stesso, sentito il comitato provinciale per l'ordine e  la  sicurezza
pubblica, dei requisiti necessari previsti  dal  decreto  di  cui  al
comma 43», e che il prefetto provveda  altresi'  «al  loro  periodico
monitoraggio, informando dei risultati il comitato». 
    Il  comma  42  da  un  lato  stabilisce   una   priorita'   nella
collaborazione in  favore  delle  associazioni  «costituite  tra  gli
appartenenti, in congedo, alle Forze dell'ordine, alle Forze armate e
agli  altri  Corpi  dello  Stato»,  dall'altra  stabilisce   che   le
associazioni  diverse  da  quelle  appena  ricordate  possono  essere
iscritte negli elenchi «solo se  non  siano  destinatarie,  a  nessun
titolo, di risorse economiche a carico della finanza pubblica». 
    Il comma  43,  infine,  opera  un  largo  rinvio  ad  un  decreto
ministeriale per il completamento della sommaria disciplina posta dai
commi precedenti. Precisamente,  e'  previsto  che  con  decreto  del
Ministro dell'interno, da adottare entro sessanta giorni  dalla  data
di entrata in vigore della presente  legge,  siano  determinati  «gli
ambiti operativi delle disposizioni di  cui  ai  commi  40  e  41,  i
requisiti  per  l'iscrizione  nell'elenco  e  sono  disciplinate   le
modalita' di tenuta dei relativi elenchi». 
    Tale decreto e' stato emanato in data 8 agosto 2009, e la Regione
Emilia-Romagna  ha  deliberato  l'impugnazione  anche  di  esso   per
conflitto  di  attribuzione,  in  quanto  i  vizi   di   legittimita'
costituzionale che essa ritiene  di  individuare  nelle  disposizioni
della legge n.  94  del  2009,  oggetto  del  presente  giudizio,  si
riverberino anche su tale decreto, oltre che in quanto  tale  decreto
possa ritenersi violare in modo autonomo le competenze costituzionali
della regione. 
    In effetti, le impugnate disposizioni della legge n. 94 del  2009
risultano ad avviso della Regione  Emilia-Romagna  costituzionalmente
illegittime per i seguenti motivi di 
                            D i r i t t o 
I) Premessa sulla identificazione rispettiva  delle  materie  «ordine
pubblico e sicurezza» e «polizia amministrativa locale». 
    La distinzione tra la polizia amministrativa locale e la  polizia
di sicurezza e' ormai risalente: cosi', nella sent. n. 77 del 1987 la
Corte ha dichiarato, fra l'altro,  la  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 19, quarto comma, d.P.R. n. 616/1977 nella parte in cui non
limitava i poteri del prefetto,  ivi  previsti,  esclusivamente  alle
esigenze di pubblica sicurezza,  precisando  che  «quest'ultima  deve
intendersi come funzione inerente alla prevenzione  dei  reati  o  al
mantenimento dell'ordine pubblico». La Corte costituzionale, oltre  a
far coincidere il concetto di ordine pubblico e  quello  di  pubblica
sicurezza,  contrapponeva  la  polizia  di  sicurezza  alla   polizia
amministrativa, precisando che questa «riguarda  ...  l'attivita'  di
prevenzione e repressione diretta ad evitare  danni  o  pregiudizi  a
persone o  cose  nello  svolgimento  di  attivita'  rientranti  nelle
materie affidate alla  competenza  regionale  (sentenza  n.  218  del
1988)» (v. la sent. n. 290/2001). 
    Tale impostazione fu «codificata», nel vigore del vecchio  Titolo
V, dall'art. 159, d.lgs. n. 112/1998, che - nel comma 1 - riconosceva
alla  polizia  locale  carattere  di  attivita'  «strumentale»   alle
competenze regionali e locali e - nel comma 2 - collegava la  materia
della polizia di sicurezza in modo  esclusivo  alla  prevenzione  dei
reati. 
    Tale reciproca delimitazione degli  ambiti  e'  stata  confermata
dalla Corte costituzionale dopo la riforma del Titolo V, nella  prima
sentenza che si e' pronunciata sull'art. 117, comma 2, lett.  h):  la
sent. n. 407/2002 afferma  la  necessita'  di  interpretare  in  modo
restrittivo l'espressione «sicurezza» di cui all'art. 117,  comma  2,
lett. h): 
        «il contesto specifico della lettera  h)  del  secondo  comma
dell'art. 117 - che  riproduce  pressoche'  integralmente  l'art.  1,
comma 3 lettera l), della legge n. 59 del 1997 - induce,  in  ragione
della connessione testuale con ''ordine pubblico'' e  dell'esclusione
esplicita della ''polizia amministrativa locale'', nonche' in base ai
lavori preparatori, ad un'interpretazione restrittiva  della  nozione
di ''sicurezza pubblica''». 
    Precisava ancora la Corte che la sicurezza pubblica, «secondo  un
tradizionale  indirizzo  di  questa  Corte,  e'  da  configurare,  in
contrapposizione ai compiti di  polizia  amministrativa  regionale  e
locale, come  settore  riservato  allo  Stato  relativo  alle  misure
inerenti alla prevenzione dei reati  o  al  mantenimento  dell'ordine
pubblico (sentenza n. 290 del 2001)» (punto 3.1 del Diritto; v. anche
la sent. n. 428/2004, punto 3 del Diritto, e la sent. n. 95/2005). 
    Dunque, la materia polizia amministrativa affidata alla  potesta'
legislativa piena delle regioni comprende anche gli aspetti  relativi
alla sicurezza, purche'  non  si  tratti  di  «misure  inerenti  alla
prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine pubblico». 
    In piena continuita'  con  tale  linea  giurisprudenziale  e'  da
ultimo intervenuta  la  sentenza  n.  196  del  2009,  relativa  (tra
l'altro) all'estensione ed alla natura dei  poteri  esercitabili  dai
Sindaci, ai sensi dei commi 1 e 4 dell'art. 54 del d.lgs. n. 267  del
2000, come innovati dall'art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008,  n.
92, convertito in legge, con modificazioni,  dalla  legge  24  luglio
2008, n. 125. 
    Tale sentenza ha respinto il ricorso della Provincia autonoma  di
Bolzano (il quale peraltro - giova rilevarlo sin d'ora  -  riguardava
un'autonomia  speciale,  e  si  svolgeva  sulla  base  di   parametri
costituzionali diversi da quelli qui  invocati)  proprio  sulla  base
della conferma di una netta separazione tra le  funzioni  statali  in
materia di ordine pubblico e sicurezza, da una parte, e  le  funzioni
regionali di polizia amministrativa  «nelle  materie  di  competenza»
dall'altra.  Di  qui  la  conclusione  secondo  la  quale  «i  poteri
esercitabili dai sindaci, ai sensi dei commi 1 e 4 dell'art.  54  del
d.lgs. n. 267 del 2000» - cioe' i poteri di ordinanza - «non  possono
che  essere  quelli  finalizzati  alla  attivita'  di  prevenzione  e
repressione dei reati e non i poteri concernenti  lo  svolgimento  di
funzioni di polizia amministrativa nelle materie di competenza  delle
regioni e delle province autonome». 
    Giova peraltro osservare che, pur nel permanere  senza  mutamenti
di tale fondamentale distinzione, la riforma del Titolo V della parte
seconda  della  Costituzione  del  2001  ha  ugualmente  operato   un
ampliamento qualitativamente  e  quantitativamente  importante  della
competenza legislativa regionale in materia di polizia amministrativa
locale. 
    Da una parte, infatti, la competenza in  materia  e'  passata  da
concorrente a residuale (e, al tempo stesso,  espressamente  indicata
come regionale dall'art. 117,  secondo  comma).  Dall'altra,  la  sua
stessa natura di materia  strumentale  al  compiuto  esercizio  delle
funzioni in altre  materie  fa  si'  che  la  competenza  legislativa
regionale si espanda nella stessa misura in cui essa diviene generale
e residuale, rimanendone eccettuate  le  sole  materie  espressamente
riservate allo Stato. Venuto meno con la  riforma  del  Titolo  V  il
limite positivo delle materie  (cioe'  la  limitazione  alle  materie
espressamente attribuite), la  competenza  regionale  in  materia  di
polizia  amministrativa  puo'  essa  stessa  essere  delimitata  solo
mediante la riserva espressa di un ambito materiale allo Stato. 
    Ne risulta, venendo  ora  allo  specifico  oggetto  del  presente
giudizio, che vi e' competenza legislativa regionale  (e  non  vi  e'
affatto una specifica competenza legislativa  statale)  in  relazione
alle «situazioni di disagio sociale», e che vi e' altresi' competenza
regionale (e correlativa assenza di competenza statale) in materia di
«sicurezza urbana» in relazione a quanto di tale materia non concerne
la tutela dell'ordine pubblico e la prevenzione dei reati. 
    Ma di cio' conviene ora dire in relazione alle  specifiche  norme
impugnate. 
II) In primo luogo. Illegittimita' costituzionale dei commi  40,  41,
42 e 43 per violazione dell'articolo 117,  commi  secondo,  quarto  e
sesto della Costituzione. 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art.  3,  comma  40,  nella
parte  in  cui  comprende  nelle  attivita'  soggette  a   disciplina
esclusivamente statale materie  di  competenza  regionale,  quali  la
sicurezza urbana in senso ampio e le situazioni di disagio sociale. 
    Come esposto in narrativa, il comma 40 dell'art. 3 della legge n.
94  del  2009  prevede  che  i  sindaci   possano   avvalersi   della
«collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al  fine  di
segnalare alle Forze di polizia  dello  Stato  o  locali  eventi  che
possano arrecare danno alla sicurezza  urbana  ovvero  situazioni  di
disagio sociale», e che tale decisione debba essere  assunta  «previa
intesa con il prefetto». 
    Ugualmente si e' illustrato che i commi seguenti  dispongono  che
le associazioni che collaborano debbano essere iscritte in un  elenco
tenuto e gestito dal prefetto, e che i requisiti  delle  associazioni
ed  il  loro  ambito  di  operativita'  sia  definito  dal   Ministro
dell'interno. Nessun ruolo e' previsto, invece, per le regioni. 
    Sembra evidente che tale disposizione suppone o presuppone che la
materia di riferimento di tali interventi sia,  nel  riparto  di  cui
all'art. 117 della Costituzione, di esclusiva competenza  statale,  e
precisamente che si tratti della materia di  cui  al  secondo  comma,
lettera h): la materia denominata «ordine pubblico e sicurezza». 
    Ora,  ad  avviso  della  regione  le  disposizioni  in  questione
sarebbero costituzionalmente illegittime anche se tale fosse, e fosse
esclusivamente, la materia di riferimento. La Costituzione stabilisce
infatti all'art. 118, terzo comma, che la  legge  statale  disciplini
proprio in relazione a tale materia «forme di coordinamento fra Stato
e regioni». 
    Si noti che  a  tale  disposizione  non  puo'  essere  attribuito
carattere semplicemente «facoltizzante», perche' cio' equivarrebbe  a
dire che la disposizione non ha alcun significato:  essendo  evidente
che  il  legislatore  statale  puo'  sempre  disciplinare  forme   di
coordinamento tra lo Stato e le regioni. La disposizione in questione
significa dunque che la Costituzione stessa  giudica  tali  forme  di
coordinamento  indispensabili,  ed  in  questo  modo  esse  divengono
costituzionalmente necessarie. 
    E sembra altresi' evidente che per  nessuna  area  della  materia
«ordine pubblico e sicurezza» il coordinamento e'  necessario  quanto
rispetto alla confinante materia della polizia amministrativa locale:
tanto confinante che la  Costituzione  ha  avvertito  il  bisogno  di
menzionarle nella stessa lett. h) del secondo  comma,  per  ricordare
che essa rimaneva assegnata alle regioni. 
    Ma il fatto e' che in realta' ad essere del tutto erronea  e'  la
premessa stessa delle disposizioni statali qui impugnate: che, cioe',
si tratti di materia che si  esaurisce  nella  tutela  dell'ordine  e
sicurezza pubblica. 
    Cio' risulta evidente sol che si considerino analiticamente i due
ambiti ai quali la legislazione statale fa riferimento.  In  effetti,
fa impressione notare che il comma 40  neppure  menziona  la  materia
statale  dell'ordine  pubblico  e  sicurezza,  ma   direttamente   si
riferisce agli «eventi che  possano  arrecare  danno  alla  sicurezza
urbana  ovvero  situazioni  di  disagio  sociale».  Il  concetto   di
«sicurezza urbana» e il concetto di  «disagio  sociale»  sono  dunque
quelli che definiscono l'ambito  di  attivita'  della  collaborazione
volontaria alle funzioni di polizia locale. 
    Quanto alla nozione di «sicurezza  urbana»,  va  in  primo  luogo
osservato  che  non  ne  esiste  -  per  quanto  qui  risulta  -  una
definizione nelle leggi statali. 
    La legge di questa regione n. 23 del 2003 utilizza la nozione  di
«sicurezza delle citta» (art. 1, comma 1), ed include  nella  nozione
(art. 2, comma 1) «le azioni volte al conseguimento di una ordinata e
civile convivenza nelle citta' e nel territorio regionale, anche  con
riferimento alla riduzione dei fenomeni di illegalita'  e  incivilta'
diffusa». 
    Al livello statale una definizione di sicurezza urbana e'  invece
fornita dal decreto ministeriale 5 agosto 2008, secondo il quale  con
tale espressione si intende «un bene pubblico da tutelare  attraverso
attivita' poste a difesa, nell'ambito  delle  comunita'  locali,  del
rispetto delle norme che regolano la vita civile, per  migliorare  le
condizioni di vivibilita' nei centri urbani, la convivenza  civile  e
la coesione sociale». Come si vede, la nozione non e'  molto  diversa
da quella della legge regionale, e nella  lettera  non  ne  restringe
certo l'operativita' alla sola prevenzione e repressione dei reati. 
    Neppure la nozione di «situazioni di disagio sociale»  trova  una
definizione legislativa o altra definizione al livello statale. Nella
legge di questa regione n. 23 del 2003 si pone tra  gli  scopi  degli
interventi la «prevenzione, contrasto e  riduzione  delle  cause  del
disagio e dell'emarginazione  sociale,  con  particolare  riferimento
alla legge regionale 12 marzo 2003, n. 2  (Norme  per  la  promozione
della  cittadinanza  sociale  e  per  la  realizzazione  del  sistema
integrato di interventi e servizi sociali)» (art. 2, comma 3). 
    Quello che risulta certo,  in  ogni  modo,  e'  che  il  generico
riferimento alle «situazioni di disagio sociale» allontana ancor piu'
le attivita' di collaborazione volontaria alla vigilanza  di  polizia
locale dallo stretto ambito dell'ordine pubblico e sicurezza. 
    In questi termini, sembra evidente che la disposizione di cui  al
comma 40, nella  parte  in  cui  prevede  l'intesa  del  prefetto  in
relazione alle decisioni comunali di avvalersi di tale collaborazione
con riferimento alle materie della sicurezza  urbana  e  del  disagio
sociale, anziche' alla  materia  dell'ordine  pubblico  e  sicurezza,
viola la competenza regionale in materia  di  polizia  amministrativa
locale. 
    Si tratta, inoltre, di competenza che la legge regionale ha  gia'
disciplinato con la legge n. 24 del 2003, il cui contenuto  e'  stato
illustrato in narrativa. 
    Dalle  considerazioni  sopra  esposte  discende  l'illegittimita'
costituzionale della disposizione. 
    2) Illegittimita' costituzionale del comma 41, nella parte in cui
esso prevede che anche le associazioni aventi  ad  oggetto  attivita'
correlate con la sicurezza urbana e le situazioni di disagio sociale,
ma non relative alla tutela dell'ordine pubblico e  della  sicurezza,
siano soggette all'iscrizione nell'elenco tenuto dai prefetti. 
    Il seguente comma 41 prescrive che le associazioni che desiderano
svolgere tale attivita' di collaborazione siano «iscritte in apposito
elenco tenuto a cura del prefetto, previa  verifica  da  parte  dello
stesso, sentito il comitato provinciale per l'ordine e  la  sicurezza
pubblica, dei requisiti necessari previsti  dal  decreto  di  cui  al
comma 43», e che il prefetto provveda  altresi'  «al  loro  periodico
monitoraggio, informando dei risultati il comitato». 
    L'illegittimita' costituzionale del comma  40  si  riverbera  sul
comma 41, dal momento  che  esso  prescrive  che  le  associazioni  -
evidentemente quelle di cui al comma 40 - siano iscritte in un elenco
tenuto e gestito dalle prefetture.  Non  altera  certo  il  carattere
esclusivamente  statale  della  gestione  la  circostanza   che   sia
richiesto il parere  del  comitato  provinciale  per  l'ordine  e  la
sicurezza pubblica, trattandosi di organo  anch'esso  statale,  senza
alcuna partecipazione regionale (art. 20 legge 121 del 1981). 
    Ora, se si trattasse di associazioni che  propongono  la  propria
collaborazione nel solo ambito dell'ordine pubblico e sicurezza (art.
117, secondo comma, lett. h), Cost.), vi sarebbe solo da lamentare la
mancata attuazione delle «forme di coordinamento» previste  dall'art.
118, terzo comma, Cost. 
    Trattandosi invece di associazione  chiamate  ad  operare  -  ben
oltre se non addirittura al di fuori dell'ambito dell'ordine pubblico
e sicurezza - nel campo della sicurezza urbana e delle situazioni  di
disagio sociale, netta risulta  l'invasione  dell'ambito  in  cui  la
Costituzione prevede la competenza regionale. 
    3) Illegittimita' costituzionale  del  comma  42,  in  quanto  si
intenda che esso impone ai sindaci di utilizzare in  via  prioritaria
le associazioni costituite tra gli  appartenenti,  in  congedo,  alle
Forze dell'ordine, alle Forze armate e agli altri Corpi  dello  Stato
anche in relazione  ad  attivita'  diverse  da  quella  di  segnalare
circostanze rilevanti  ai  fini  dell'ordine  pubblico  e  sicurezza,
nonche'  in  quanto,  vietando  l'iscrizione  negli   elenchi   delle
associazioni  diverse  da  quello   ora   citate   ove   esse   siano
destinatarie, a qualsiasi titolo,  di  risorse  economiche  a  carico
della finanza pubblica, comprime  irrazionalmente  l'esercizio  della
potesta' legislativa regionale in materia di polizia amministrativa. 
    Il  comma  42  da  un  lato  stabilisce   una   priorita'   nella
collaborazione in  favore  delle  associazioni  «costituite  tra  gli
appartenenti, in congedo, alle Forze dell'ordine, alle Forze armate e
agli  altri  Corpi  dello  Stato»,  dall'altro  stabilisce   che   le
associazioni  diverse  da  quelle  appena  ricordate  possono  essere
iscritte negli elenchi «solo se  non  siano  destinatarie,  a  nessun
titolo, di risorse economiche a carico della finanza pubblica». 
    Le due disposizioni  sarebbero  entrambe  legittime  se  esse  si
riferissero  alle  sole  attivita'  di  associazioni  che  desiderano
collaborare con le forze dell'ordine e  con  i  servizi  comunali  di
polizia locale nel solo ambito della tutela  dell'ordine  pubblico  e
della sicurezza, ma risultano invece anch'esse illegittime in  quanto
intendano disciplinare l'attivita' di associazioni che si  propongono
fini diversi, ed in particolare - ad esempio -  il  fine  di  fornire
supporto all'attivita' di coloro che volontariamente collaborano  con
i servizi comunali di polizia locale nel quadro  di  quanto  previsto
dalla legge regionale n. 24 del 2003. 
    Rispetto a tali attivita', infatti, non vi e' - quanto alla prima
delle due disposizioni - ragione alcuna della preferenza espressa per
determinate associazioni rispetto ad altre, e soprattutto non  vi  e'
titolo di competenza legislativa statale. 
    Ugualmente dicasi per la seconda disposizione, la quale vieta che
siano iscritte nell'elenco le associazioni che fruiscano  di  risorse
economiche di qualunque tipo a carico della finanza pubblica. Benche'
la legge regionale sopra  citata  non  preveda  tali  contributi,  si
tratta di determinazioni che,  nell'ambito  dei  servizi  di  polizia
amministrativa locale, spettano al  legislatore  regionale  e  non  a
quello statale. 
    Di   qui   l'illegittimita'   costituzionale   di   entrambe   le
disposizioni,  in  quanto  disciplinano   attivita'   di   competenza
regionale. 
    4) Illegittimita' costituzionale del comma 43 nella parte in  cui
affida al Ministro dell'interno il compito  di  adottare  un  decreto
mediante  il  quale  sono  determinati  gli  ambiti  operativi  delle
disposizioni di cui ai  commi  40  e  41,  nonche'  i  requisiti  per
1'iscrizione nell'elenco, e sono disciplinate le modalita' di  tenuta
dei relativi elenchi, anche in  relazione  a  materie  di  competenza
regionale  comprese  nell'ambito  della  sicurezza  urbana  e   delle
situazioni di disagio sociale. 
    Il comma 43 opera un largo rinvio ad un decreto ministeriale  per
il  completamento  della  sommaria   disciplina   posta   dai   commi
precedenti. Precisamente, e' previsto che «con decreto  del  Ministro
dell'interno»  siano  «determinati   gli   ambiti   operativi   delle
disposizioni di cui ai commi 40 e 41, i  requisiti  per  l'iscrizione
nell'elenco»  e  siano  «disciplinate  le  modalita'  di  tenuta  dei
relativi elenchi». 
    L'estensione  della  disciplina  dal  solo   ambito   dell'ordine
pubblico e sicurezza al generale ambito della  «sicurezza  urbana»  e
delle «situazioni di disagio sociale» operata dal comma 40  riverbera
necessariamente la propria illegittimita' sul  comma  43,  in  quanto
questo - riferendosi alle attivita' di cui ai commi  40  e  41  -  e'
chiamato a disciplinare materie riservate alla  potesta'  legislativa
regionale, con violazione dell'art. 117, quarto comma, nonche'  -  in
particolare - dell'art. 117,  sesto  comma,  della  Costituzione.  E'
evidente infatti che, cosi' facendo, da un lato si sottrae la materia
alla competenza legislativa regionale (con lesione del quarto comma),
dall'altro si chiama ad intervenire una normativa secondaria statale,
in violazione dell'ambito di competenza  regolamentare  statale,  che
l'art. 117, sesto comma, limita alle materie di potesta'  legislativa
esclusiva. 
    Cio' vale in relazione a tutti gli oggetti che il comma 43 affida
alla disciplina ministeriale. E' evidentemente vero per  gli  «ambiti
operativi», i quali  per  vincolo  di  legge  devono  necessariamente
comprendere ed ulteriormente specificare i settori  della  «sicurezza
urbana» in generale e delle «situazioni di disagio sociale». Ma  cio'
vale ugualmente per la determinazione dei «requisiti per l'iscrizione
nell'elenco» e per «le modalita' di tenuta dei relativi elenchi», dal
momento che i vincoli cosi' posti sono destinati a valere  anche  per
le associazioni che operano non  nel  campo  dell'ordine  pubblico  e
sicurezza,  ma  nel  solo  campo  della  sicurezza  urbana  e   delle
situazioni di disagio sociale, come individuati in particolare  dalla
legge regionale n. 24 del 2003, piu' volte ricordata. 
III) In subordine. Illegittimita' costituzionale degli  stessi  commi
40, 41 e 43 per violazione del principio di  leale  collaborazione  e
del dovere di prevedere forme di coordinamento tra Stato e regioni. 
    Le ragioni di illegittimita' costituzionale allegate con i  punti
precedenti sono,  ad  avviso  della  ricorrente  regione,  pienamente
fondate e coerenti con la distinzione delle competenze tra lo Stato e
le regioni tracciata dalla Costituzione e sin  qui  confermata  dalla
giurisprudenza costituzionale in materia. 
    Ove tuttavia dovesse ritenersi che, in ragione di una  necessaria
unitarieta' dei servizi di polizia locale nel territorio  di  ciascun
comune, non vi possa essere in un  caso  come  questo  che  un  unico
intervento, che necessariamente debba comprendere - oltre  all'ordine
pubblico e sicurezza -  anche  la  sicurezza  urbana  in  generale  e
persino le situazioni  di  disagio  sociale  in  genere;  o  -  detto
altrimenti -  qualora  si  dovesse  ritenere  che  le  due  sfere  di
competenza non possano esercitarsi  separatamente  -  quella  statale
debitamente contenuta nei limiti costituzionali e quella regionale  e
locale (e non  collegata  agli  organi  del  Ministero  dell'interno)
anch'essa nei propri ambiti di competenza -  allora  sembra  evidente
che a tale eventualmente  necessaria  unita'  degli  interventi  deve
anche corrispondere un ragionevole ed adeguato coordinamento  tra  le
rispettive sfere di competenza. 
    Ne  risulterebbe   dunque,   in   siffatta   ipotesi,   legittima
l'unitarieta',  ma  illegittimo  il   difetto   dei   meccanismi   di
coordinamento e di leale collaborazione. 
    Ne risulterebbe, in particolare, l'illegittimita'  costituzionale
del comma 40, nella parte in cui non prevede che all'intesa  in  esso
prevista partecipi la regione direttamente o  attraverso  i  soggetti
locali - ad esempio le Province - individuati con legge regionale. 
    Ne  risulterebbe  altresi'  l'illegittimita'  costituzionale  del
comma 41, in quanto non  prevede  alcun  ruolo  della  regione  nella
procedura di iscrizione  e  nel  monitoraggio  della  permanenza  dei
requisiti in capo alle associazioni ed ai loro membri, nonostante che
tali associazioni operino  nelle  materie  di  competenza  regionale.
Potrebbe anzi ritenersi,  data  l'ampiezza  delle  materie  regionali
comprese  nella  polizia  amministrativa  locale,  che  gli   elenchi
dovessero  essere  tenuti  dalle  regioni,  restando  le   prefetture
competenti per gli aspetti relativi all'ordine pubblico e sicurezza. 
    Ancor   piu'    evidente    ne    deriverebbe    l'illegittimita'
costituzionale del comma 43, in  quanto  prevede  che  la  disciplina
unitaria degli «ambiti operativi delle disposizioni di cui  ai  commi
40 e 41», dei «requisiti per l'iscrizione nell'elenco» nonche'  delle
«modalita'  di  tenuta  dei  relativi  elenchi»   sia   dettata   con
unilaterale atto del Ministro  dell'interno,  anziche'  dal  Ministro
d'intesa con la Conferenza  Stato-regioni  o  preferibilmente -  data
l'evidente presenza degli interessi provinciali e comunali -  con  la
Conferenza unificata. 
    La necessita' costituzionale di tale  intesa  risulta  del  tutto
evidente (nell'ipotesi unitaria qui considerata)  in  relazione  alla
definizione degli «ambiti operativi»: dal momento che  non  pochi  di
tali ambiti operativi sono di competenza propria  delle  regioni.  Ma
essa non e' meno necessaria anche per i requisiti e per le  modalita'
di tenuta degli elenchi, dal momento che gli uni e le altre integrano
la disciplina dell'attivita' di volontari e associazioni  nell'ambito
del servizio di vigilanza di polizia locale. 
    Si noti che la l'esigenza di leale collaborazione e dei  relativi
meccanismi istituzionali - gia' evidente a fronte della  compressione
che altrimenti subirebbe  la  competenza  regionale  in  forza  delle
esigenze di unitarieta' dell'intervento (una  situazione  diversa  ma
analoga a quella rilevata da codesta Corte costituzionale con la  ben
nota sentenza n. 303 del 2003) - corrisponde  nello  specifico  caso,
come  sopra  illustrato,  al  dovere  di  istituire   meccanismi   di
collegamento con  le  regioni  nel  settore  dell'ordine  pubblico  e
sicurezza, posto in capo allo Stato dall'art. 118, terzo comma, della
Costituzione. 
                              P. Q. M. 
    La Regione Emilia-Romagna, come  sopra  rappresentata  e  difesa,
chiede voglia  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  accogliere  il
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 3,
commi 40, 41, 42 e 43 della legge 15 luglio 2009, n. 94, Disposizioni
in materia di sicurezza pubblica,  nei  termini  e  sotto  i  profili
esposti nel presente ricorso. 
        Padova-Roma, addi' 21 settembre 2009 
    Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Rosaria Russo Valentini