N. 264 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 luglio 2009

Ordinanza del 10 luglio 2009 emessa dal G.i.p. del Tribunale di Lecce
nel procedimento penale a carico di Franco Pierluigi ed altro. 
 
Processo penale - Giudizio abbreviato -  Contestazioni  suppletive  -
  Possibilita' per il pubblico ministero, nei casi  di  cui  all'art.
  12,  comma  1,  lett.  b),  cod.  proc.  pen.,   di   procedere   a
  contestazioni  suppletive  anche   in   assenza   di   integrazioni
  probatorie disposte dal giudice e sulla base di fatti e circostanze
  gia' in atti e noti all'imputato - Mancata previsione -  Violazione
  dei principi  di  uguaglianza,  del  diritto  di  difesa,  di  buon
  andamento dell'amministrazione della giustizia, del giusto processo
  e dell'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale. 
- Codice di procedura penale, artt. 441 e 441-bis. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 97, 111 e 112. 
(GU n.42 del 21-10-2009 )
                            IL TRIBUNALE 
    Vista la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero in
sede del 20 febbraio 2009, nel procedimento a carico  di  Strummiello
Giuseppe +30 per il delitto di cui all'art. 74, d.P.R. n. 309/1990 ed
altro (n. 3519/07 R.G.N.R.); 
    Vista la richiesta di giudizio abbreviato del 20 marzo 2009; 
    Vista la contestazione di cui al capo  O1)  in  base  alla  quale
Stefano Luigi, Franco Pierluigi ed altri erano chiamati a  rispondere
tra l'altro del delitto di cui agli «artt. 81, 110 c.p. - 73,  d.P.R.
n. 309/1990 come modificato dalla legge  n.  49/2006  per  avere,  in
concorso tra loro, con reciproca consapevolezza delle azioni poste in
essere   da   ciascuno,   anche   in   attuazione    del    programma
dell'associazione di cui al capo A), costituito una cassa  comune  in
cui  confluivano  i  proventi  in  denaro  ricavati  dalla   illecita
attivita' di spaccio, ivi compresa la  somma  di  250.000,00  euro  e
quella di 50.000,00 euro ricevute da De  Giuseppe  Davide,  da  parte
dello Strummiello e per avere in particolare lo Strummiello, in  data
5 maggio 2007 rifornito di sostanza stupefacente Mariano Graziano, De
Giuseppe Davide, Costa  Fabio  e  Stasi  Vito,  stupefacente  che  il
Mariano destinava a sua volta a Trazza Antonietta Sara, Greco Etilvio
Giovanni, Guercio Salvatore  Luciano,  Vadrucci  Paolo  e  cedeva  al
tossicodipendente  Chiarillo  Francesco,  mentre   il   De   Giuseppe
destinava  in  parte  a  Franco  Pieluigi  e  Stefano  Luigi  per  la
successiva commercializzazione al minuto. In Giurdignano, Palmariggi,
Minervino di Lecce, Uggiano la Chiesa, Corigliano d'Otranto  e  Lecce
il 4, 5 e 6 maggio 2007»; 
    Vista la contestazione suppletiva eseguita dal pubblico ministero
all'udienza  del  19  giugno  2009,  nel   corso   della   quale   il
rappresentante della pubblica accusa riteneva di dover  contestare  a
Stefano Luigi e Franco Roberto il delitto cosi' come indicato al capo
O1), ma in relazione all'episodio di illecita detenzione di  sostanza
stupefacente da parte di Franco Pierluigi e Stefano Luigi in  data  7
maggio 2007; 
    Vista dunque la contestazione relativa ad  un  reato  legato  dal
vincolo della continuazione ai delitti gia' oggetto  della  richiesta
di rinvio a giudizio; 
    Rilevato che l'ipotesi di reato contestato rientra fra quelli  di
cui all'art. 12, comma 1, lett. b) c.p.p.; 
    Rilevato che i  difensori  hanno  eccepito  l'irritualita'  della
contestazione in sede di giudizio abbreviato, ostandovi il  combinato
disposto degli articoli 441, comma 1 c.p.p. e 441-bis che ammette  la
modifica dell'imputazione soltanto ove sia  disposta  un'integrazione
probatoria su richiesta di parte o d'ufficio; 
    Rilevato che, allo stato, la normativa vigente  non  consente  in
sede di giudizio abbreviato una contestazione suppletiva  in  assenza
di integrazione probatoria, ma che esiste una manifesta  incongruenza
nel sistema normativo che assume diretta rilevanza  nel  procedimento
in  corso  perche',  qualora  fosse  rimossa  la  suddetta   ritenuta
incostituzionalita',  cio'  renderebbe   possibile   pronunciare   la
sentenza anche per il capo di imputazione oggetto della contestazione
del pubblico ministero; 
    Rilevato che in relazione alla contestazione sollevata  dal  p.m.
e' stato disposto lo stralcio per impedire la scadenza dei termini di
custodia cautelare per gli altri imputati, ma che il processo, ove la
questione dovesse  essere  decisa  tempestivamente,  potrebbe  ancora
essere riunito al fascicolo principale, osserva quanto segue. 
    Prima di  esaminare  la  questione  relativa  alle  contestazioni
suppletive nell'ambito del giudizio abbreviato occorre premettere che
le sezioni unite della Corte di cassazione (Cass., sezioni  unite  11
marzo 1999, Barbagallo) hanno riconosciuto che la tendenziale parita'
delle parti,  cui  si  ispira  la  logica  del  sistema  accusatorio,
richiederebbe che l'imputato possa, fin dall'inizio del dibattimento,
conoscere e contrastare gli elementi a suo carico; ciononostante  non
si potrebbe ritenere, come ineluttabile  conseguenza,  l'irritualita'
della contestazione suppletiva fondata  su  elementi  raccolti  nella
fase delle  indagini  preliminari.  La  giurisprudenza,  percio',  ha
ritenuto che la contestazione  di  un  reato  concorrente  o  di  una
circostanza aggravante sono eventualita' «fisiologiche» di un sistema
processuale che si ispira alla centralita' del dibattimento e che  la
interpretazione letterale  della  locuzione  «nel  corso»  utilizzata
dagli articoli 423 e  517  c.p.p.  (e  richiamata  dall'art.  441-bis
c.p.p.) darebbe luogo ad un formalismo esasperato  ed  ingiustificato
in assenza di violazioni del diritto di difesa  dell'imputato,  messo
comunque nelle  condizioni  di  conoscere  gli  atti  raccolti  dalla
accusa. 
    Premesso cio', appare comprensibile come, in materia di  giudizio
abbreviato,  interpretando  l'art.  441-bis,  la  giurisprudenza   di
legittimita' abbia ritenuto che, nell'ipotesi  in  cui  sia  disposta
integrazione probatoria, siano possibili contestazioni suppletive non
solo derivanti dalle nuove emergenze, ma relative  anche  a  fatti  e
circostanze dedotte  gia'  in  atti;  d'altra  parte  l'art.  441-bis
richiama integralmente l'art. 423, comma 1 c.p.p. La stessa Corte  ha
ritenuto, tuttavia, che la  rinuncia  al  giudizio  abbreviato  e  la
regressione del procedimento al rito ordinario sia limitata alle sole
ipotesi di  contestazioni  suppletive  derivanti  dalle  nuove  prove
assunte a seguito di integrazione probatoria. 
    Nel primo caso preso in esame dalla suprema  Corte,  il  pubblico
ministero aveva chiesto in sede di  giudizio  abbreviato  l'audizione
della parte offesa, che il giudice aveva ritenuto di ammettere, anche
se la richiesta di giudizio abbreviato non  era  stata  sottoposta  a
condizioni. La suddetta audizione non si  era  poi  potuta  svolgere,
essendo la parte offesa nel  frattempo  deceduta.  Ciononostante,  la
Corte  di  legittimita'  ha  ritenuto  possibili   le   contestazioni
suppletive ma inammissibile la regressione al procedimento  ordinario
perche' prevista nelle sole ipotesi di contestazioni scaturite  dalle
integrazioni probatorie (Cass., Sez.  II  n.  23466  del  2005,  ric.
Scozzari). 
    In  altri  termini,  la  Corte,  pur   ritenendo   possibile   la
regressione del procedimento solo  in  alcune  ipotesi,  ha  ritenuto
possibili contestazioni suppletive anche  in  quei  casi  in  cui  le
stesse fossero fondate su atti  del  procedimento  preesistenti  all'
integrazione probatoria. 
    Scrive  in  altra  recentissima  sentenza  la  suprema  Corte  di
legittimita', smentendo contrari orientamenti medio tempore espressi:
«L'art.  441-bis  c.p.p.,  che  prevede  che,  in  sede  di  giudizio
abbreviato,  l'imputato,  a  fronte  delle   contestazioni   previste
dall'art. 423 c.p.p. ... possa chiedere che il processo prosegua  con
il rito ordinario, non si  applica  se  le  nuove  contestazioni  non
derivano da nuove emergenze, ma riguardano fatti e  circostanze  gia'
in atti, e, quindi, noti all'imputato  quando  ebbe  ad  avanzare  la
richiesta di giudizio abbreviato» (Cass., Sez. V, sent. 7047 del 2009
ric. Reinhard Angelica). 
    La ratio della richiamata disposizione si coglie agevolmente  ove
si consideri che la  scelta  del  rito  abbreviato  non  puo'  essere
vincolante  ove  emergano  fatti  che  non   erano   conosciuti   ne'
conoscibili dall'imputato al momento della scelta del  rito.  Analoga
esigenza non si manifesta ove le contestazioni si  fondino  su  prove
gia' in atti. 
    Appare  dunque  pacifico  in  giurisprudenza  che   il   pubblico
ministero puo'  procedere,  in  sede  di  giudizio  abbreviato,  alle
contestazioni di cui all'art. 423 c.p.p. se esista la disposizione da
parte del giudice, anche solo formale, di un'integrazione probatoria,
anche se la stessa non venga effettivamente espletata e perfino se la
nuova contestazione derivi  da  atti  gia'  esistenti  nel  fascicolo
processuale. 
    Dopo la riforma del rito, disposta  con  la  legge  n.  144/2000,
dunque, il giudizio abbreviato non e' piu' concepito dal  legislatore
come un giudizio cristallizzato «allo stato degli  atti»:  l'imputato
che scelga il percorso del  rito  abbreviato  sa  che,  in  qualunque
momento, potrebbe  essere  disposta  un'integrazione  probatoria  che
autorizzerebbe  il  pubblico  ministero  ad   operare   contestazioni
suppletive. Il sistema, in ogni caso, non  prescinde  dalle  garanzie
difensive perche' se l'imputato dovesse  riscontrare  l'esistenza  di
prove nuove, potrebbe sempre ripensare alla propria scelta e chiedere
di ritornare al giudizio ordinario. 
    Il nuovo rito abbreviato cosi' come disciplinato dal  legislatore
ha eliminato anche  il  veto  del  pubblico  ministero  basato  sulla
incompletezza  degli   atti   perche',   come   aveva   rilevato   la
giurisprudenza   costituzionale,   ne    derivava    «l'inaccettabile
paradosso»  per  cui  il  pubblico  ministero  poteva  legittimamente
precludere l'instaurazione del giudizio abbreviato  allegando  lacune
probatorie da lui stesso determinate (Corte cost. 9  marzo  1992,  n.
92). 
    La scelta  del  rito  abbreviato  e'  divenuta  un  vero  diritto
dell'imputato, non e' necessario che sia definibile allo stato  degli
atti, ma  la  rinuncia  alle  garanzie  del  dibattimento  (oralita',
immediatezza, contraddittorio, composizione collegiale  del  giudice)
consente di ottenere una riduzione di pena. 
    Cosi', il rito abbreviato, dopo l'entrata  in  vigore  del  nuovo
art. 441, comma 5 c.p.p., e' diventato, come emerge  da  una  lettura
complessiva degli articoli del codice che lo  disciplinano,  un  rito
per cosi' dire «fluido», nel  quale,  purche'  l'imputato  sia  messo
nelle condizioni di  conoscere  le  prove  a  suo  carico,  si  punta
all'accertamento della verita' a trecentosessanta gradi. 
    In questo sistema, con le garanzie cosi' come congegnate,  stride
il divieto imposto dall'art. 441, comma 1  c.p.p.,  di  applicare  le
norme di cui all'art. 423 c.p.p. fuori dalle ipotesi di cui  all'art.
441-bis c.p.p.: se nell'ipotesi di integrazione  probatoria,  perfino
priva di seguito, esiste  spazio  per  una  contestazione  suppletiva
anche basata sul contenuto di fatti e circostanze esistenti  gia'  in
atti, purche' conosciuti dall'imputato, non si vede perche' le stesse
contestazioni suppletive non possano essere effettuate  dal  pubblico
ministero anche in assenza di una integrazione probatoria formalmente
disposta dal giudice, qualora si prospetti  una  rivalutazione  degli
elementi gia' in atti al momento della presentazione della  richiesta
di rinvio a giudizio prima e di giudizio abbreviato poi. 
    D'altra parte il primo comma  dell'art.  441  c.p.p.  rappresenta
l'ultimo elemento di «rigidita» del rito abbreviato residuato dopo la
riforma, forse  per  mera  dimenticanza  da  parte  del  legislatore,
palesemente non in sintonia con tutte le modifiche  inserite  tra  il
1999 ed il 2000. 
    Il principio del giusto processo (art. 111 Cost.) che implica  la
lealta'  processuale  delle  parti,  all'interno   di   un   giudizio
abbreviato che ha cambiato radicalmente i connotati,  non  giustifica
una  preclusione  al  p.m.,  che  non  abbia  formulato   ritualmente
l'imputazione,  di  integrarla  sulla  base  di  atti  contenuti  nel
fascicolo processuale e noti all'imputato. 
    Esiste una palese violazione del principio di  uguaglianza  e  di
obbligo del pubblico ministero di esercitare l'azione penale (artt. 3
e 112 Cost.)  laddove  in  due  situazioni  identiche  (contestazione
suppletiva effettuata dal p.m. sulla base di atti e circostanze  gia'
in atti) si consenta o meno la contestazione a seconda che sia  stata
o meno disposta un'integrazione probatoria, ed anche se la stessa non
sia stata effettivamente espletata. In entrambi i casi, a seguito  di
una  omissione  del  p.m.,   sorge   la   necessita'   di   integrare
l'imputazione.  Non  e'  comunque   precluso   al   p.m.   di   agire
separatamente per i fatti non  contestati  il  cui  accertamento  sia
comunque contenuto gia'  in  atti,  ma  al  p.m.  in  due  situazioni
identiche vengono messi a disposizione strumenti e poteri differenti. 
    La preclusione di una contestazione di un reato  concorrente,  in
assenza di una integrazione probatoria,  inibendo  l'esame  congiunto
delle  regiudicande,  di  fatto,  si  riflette  negativamente   sulla
coerenza      dell'accertamento,      attentando       all'efficienza
dell'accertamento  processuale  (e,   dunque,   al   buon   andamento
dell'amministrazione della giustizia: art. 97 Cost.).  Si  sottolinea
inoltre  che  la  separazione  dei  processi  e  delle  regiudicande,
soprattutto nel rapporto tra delitto associativo e reati fine  o  tra
singoli reati fine, come nel caso  che  ci  occupa,  comportando  una
reiterazione degli esperimenti probatori  nei  diversi  processi,  e'
potenzialmente   foriera   di   esiti   cognitivi    divergenti    e,
conseguentemente, di decisioni contraddittorie. 
    Infine,  potrebbe  essere   piu'   vantaggioso   per   l'imputato
difendersi contestualmente per due fatti legati tra loro dal  vincolo
della continuazione, sicche' esiste anche una violazione dell'art. 24
Cost., ovvero del  diritto  di  difesa  dell'imputato  al  quale,  in
assenza di integrazione probatoria, il p.m. non possa  contestare  il
reato semplicemente dimenticato, ma non improcedibile in futuro. 
    Tutto cio' premesso,  ritenuto  che  va  sollevata  d'ufficio  la
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 441 e 441-bis
c.p.p. per contrasto con gli articoli 3, 24,  97,  111  e  112  Cost.
nella parte in cui non prevedono che,  nel  giudizio  abbreviato,  le
contestazioni suppletive del p.m. nei casi di cui all'art. 12,  comma
1,  lett.  b)  possano  essere  effettuate  anche   in   assenza   di
integrazioni probatorie disposte dal giudice e sulla base di fatti  e
circostanze gia' in atti e noti all'imputato. 
    Ritenuto che per le ragioni innanzi esposte tale questione non e'
manifestamente infondata ed e' rilevante nel procedimento di  cui  in
premessa in quanto  dalla  definizione  della  questione  dipende  la
possibilita' di  decidere  sulla  contestazione  sollevata  dal  p.m.
all'udienza del 19 giugno 2009 in seguito alla quale fu  disposto  lo
stralcio al solo fine di impedire che potessero scadere i termini  di
custodia cautelare per tutti gli altri  imputati  e  per  gli  stessi
fatti. 
    Letti gli artt. 3, 24, 97, 111 e 112 Cost. 
                              P. Q. M. 
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale  degli  artt.
441 e 441-bis c.p.p. per contrasto con gli artt. 3, 24, 97, 111 e 112
Cost. nella parte in cui non prevedono che, nel giudizio  abbreviato,
le contestazioni suppletive del p.m. nei casi  di  cui  all'art.  12,
comma 1, lett. b) possano  essere  effettuate  anche  in  assenza  di
integrazioni probatorie disposte dal giudice e sulla base di fatti  e
circostanze gia' in atti e noti all'imputato; 
    Sospende il procedimento a  carico  di  Stefano  Luigi  e  Franco
Pierluigi e dispone la immediata trasmissione degli atti  alla  Corte
costituzionale; 
    Manda alla cancelleria per la notifica di  copia  della  presente
ordinanza agli imputati, ai loro difensori, al pubblico ministero  in
sede, al Presidente del Consiglio dei  ministri,  al  presidente  del
Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. 
    Cosi' deciso in Lecce, nella Camera di  consiglio  del  3  luglio
2009. 
          Il giudice per le indagini preliminari: Casciaro