N. 267 ORDINANZA 8 - 23 ottobre 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Circolazione  stradale  -  Violazioni  al  codice  della   strada   -
  Superamento dei limiti massimi di velocita' di oltre 40 e non  piu'
  di 60 Km/h - Sanzioni amministrative accessorie - Sospensione della
  patente ed inibizione alla guida del veicolo dalle ore 22 alle  ore
  7 del mattino - Mancata previsione di un trattamento  sanzionatorio
  differenziato a favore di chi utilizza il veicolo come strumento di
  lavoro  -  Denunciata  irragionevolezza  nonche'   violazione   del
  principio di  solidarieta'  sociale,  del  divieto  di  trattamenti
  contrari  al  senso  di  umanita'  e  della  tutela  del  lavoro  -
  Formulazione di petitum indeterminato in assenza di  una  soluzione
  costituzionalmente obbligata  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione. 
- Codice della strada (d.lgs. 30 aprile  1992,  n.  285),  art.  142,
  comma 6 (recte: comma 9), come sostituito  dall'art.  3,  comma  1,
  lettera c), del decreto-legge 3 agosto  2007,  n.  117,  nel  testo
  risultante dalla legge di conversione 2 ottobre 2007, n. 160. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 27, 35 e 38. 
(GU n.43 del 28-10-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
                              Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 142,  comma  9,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285  (Nuovo  codice  della
strada), come sostituito  dall'art.  3,  comma  1,  lettera  c),  del
decreto-legge  3  agosto   2007,   n.   117   (Disposizioni   urgenti
modificative del codice della strada per incrementare  i  livelli  di
sicurezza nella circolazione), nel testo  risultante  dalla  relativa
legge di conversione 2 ottobre 2007, n. 160, promosso dal Giudice  di
pace di Trieste nel procedimento vertente tra S. F. e il Prefetto  di
Trieste con ordinanza del 3 dicembre 2008, iscritta  al  n.  109  del
registro ordinanze 2009, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 16, 1ª serie speciale, dell'anno 2009; 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 7  ottobre  2009  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Ritenuto che il Giudice  di  pace  di  Trieste,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe, ha sollevato - in riferimento agli articoli  2,
3, 27, 35  e  38  della  Costituzione  -  questione  di  legittimita'
costituzionale «dell'art. 142, comma 6» (recte: comma 9), del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),  come
sostituito dall'art. 3, comma 1,  lettera  c),  del  decreto-legge  3
agosto 2007, n. 117 (Disposizioni  urgenti  modificative  del  codice
della  strada  per  incrementare  i  livelli   di   sicurezza   nella
circolazione),  nel  testo  risultante  dalla   relativa   legge   di
conversione 2 ottobre 2007, n. 160; 
        che   il   remittente    precisa    di    essere    investito
dell'opposizione proposta avverso un provvedimento del Prefetto della
Provincia di Trieste, con il quale - a carico del  conducente  di  un
veicolo, responsabile dell'infrazione stradale prevista dal  comma  9
del gia' citato art. 142 - e' stata disposta, ai sensi  del  comma  6
del medesimo articolo, non soltanto la sospensione della patente  per
un mese, ma anche  il  divieto  di  utilizzazione  del  veicolo  «per
ulteriori tre mesi successivi nella fascia oraria  che  va  dalle  22
alle 7 del mattino»; 
        che il giudice a quo - nel dedurre che il soggetto  opponente
e' un lavoratore subordinato, addetto  anche  a  turni  notturni,  il
quale, pertanto, utilizza  la  propria  vettura  anche  nella  fascia
oraria suddetta per recarsi presso il luogo di lavoro - dubita  della
legittimita' costituzionale del comma 9 dell'art. 142; 
        che viene ipotizzato, in primo luogo, il contrasto con l'art.
27  Cost.,  e  cio'  sul  presupposto  che   neppure   «le   sanzioni
depenalizzate» possano «consistere in trattamenti contrari  al  senso
di umanita»; 
        che, in secondo luogo, si assumono violati anche gli artt.  2
e 3 Cost., in base al rilievo che, sebbene nell'ordinamento giuridico
italiano «sussista il primato della  legge»,  siffatto  primato  deve
essere pur sempre connesso «alle esigenze  di  solidarieta'  sociale,
come il permettere di lavorare ed esistere dignitosamente», cio'  che
imporrebbe  al  legislatore  di  addivenire  «ad   un'equilibrata   e
flessibile disciplina, bilanciando  diritti  e  doveri  in  punto  di
sospensione della patente»; 
        che detta evenienza non  ricorrerebbe  nel  caso  di  specie,
giacche' la norma censurata  non  terrebbe  «conto  dei  diritti  del
lavoratore, sospendendo una patente  che  serve  a  quest'ultimo  per
esercitare il suo lavoro», donde la violazione anche degli artt. 35 e
38 della Carta fondamentale; 
        che in forza di tali rilievi il remittente ha concluso per la
declaratoria di illegittimita' della norma censurata, nella parte  in
cui non tiene «conto  dei  diritti  del  lavoratore»,  prevedendo  la
sospensione della patente di guida «senza parametrare e modulare tale
sanzione accessoria amministrativa in modo attento» a tali diritti; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  una  declaratoria  di   inammissibilita'   o,   in
subordine, di non fondatezza; 
        che  in  ordine  al  primo  profilo   viene   richiamata   la
giurisprudenza di questa Corte (ordinanze nn. 164 e 303 del 2006; nn.
453 e  423  del  2005)  che  reputa  inammissibile  la  questione  di
legittimita' costituzionale in caso di «genericita' della motivazione
in ordine alla  contrarieta'  della  norma  denunciata  ai  parametri
evocati»; 
        che l'esito della  declaratoria  di  inammissibilita'  viene,
inoltre, prospettato anche  in  relazione  alla  circostanza  che  la
dedotta «difficolta'  di  svolgimento  della  prestazione  lavorativa
nelle  ore  notturne»  sarebbe  stata  «meramente  allegata  ma   non
suffragata da alcun elemento di riscontro»; 
        che detta  evenienza  -  secondo  la  difesa  statale  -  non
sarebbe, poi, in nessun  caso  «idonea  a  sostanziare  la  postulata
lesione del diritto al lavoro», giacche' il contenuto di quest'ultimo
puo' essere «modellato dal  legislatore  per  tenere  ragionevolmente
conto di altre esigenze costituzionalmente rilevanti» (e'  richiamata
la sentenza n. 427 del 2000), esigenze tra le quali  deve  certamente
annoverarsi la prevenzione di condotte potenzialmente pericolose  per
la sicurezza e l'incolumita' pubblica; 
        che su tali basi, e non senza rilevare  come  non  conferente
sarebbe il richiamo compiuto dal remittente all'art.  27  Cost.,  non
essendo  dato  comprendere  in  quale  misura  l'inibizione   all'uso
temporaneo  dell'automobile  nelle  ore  di  minore  traffico   possa
risolversi in un trattamento  contrario  al  senso  di  umanita',  la
difesa statale ha chiesto dichiararsi la questione non fondata. 
    Considerato che il Giudice di pace di Trieste ha sollevato  -  in
riferimento agli articoli 2, 3, 27, 35  e  38  della  Costituzione  -
questione di legittimita' costituzionale  «dell'art.  142,  comma  6»
(recte: comma 9), del decreto legislativo  30  aprile  1992,  n.  285
(Nuovo codice della strada), come sostituito dall'art.  3,  comma  1,
lettera c), del decreto-legge 3 agosto  2007,  n.  117  (Disposizioni
urgenti modificative del  codice  della  strada  per  incrementare  i
livelli di sicurezza nella circolazione), nel testo risultante  dalla
relativa legge di conversione 2 ottobre 2007, n. 160; 
        che la norma censurata sanziona, sul piano amministrativo, la
condotta del conducente che superi di oltre 40 km/h, ma di non  oltre
60 km/h, i limiti massimi di velocita', prevedendo, a suo carico,  la
sanzione accessoria della sospensione della patente di guida e quella
della inibizione alla guida del veicolo, nella fascia oraria  che  va
dalle ore 22 alle ore 7 del mattino; 
        che, secondo il giudice a quo, il legislatore avrebbe fissato
tale sanzione senza aver «tenuto conto dei diritti del lavoratore» e,
dunque,  «senza  parametrare  e  modulare  tale  sanzione  accessoria
amministrativa in modo attento» a tali diritti,  di  talche'  la  sua
applicazione si risolverebbe addirittura in un «trattamento contrario
al senso di umanita»; 
        che il remittente -  nel  rivendicare  la  necessita'  di  un
trattamento differenziato, nell'applicazione della norma censurata (o
meglio della sanzione accessoria da essa prevista),  a  beneficio  di
quei soggetti che utilizzano il proprio  veicolo  come  strumento  di
lavoro - formula, di fatto, la richiesta di un  intervento  additivo,
cio' che e'  reso  evidente  dalla  circostanza  che  egli  sollecita
l'introduzione  di  «un'equilibrata  e  flessibile  disciplina»,   da
realizzare «bilanciando diritti e doveri» del lavoratore; 
        che, tuttavia, la questione cosi' sollevata e' manifestamente
inammissibile poiche'  il  remittente,  «omettendo  di  formulare  un
petitum specifico, lascia indeterminato il  contenuto  del  richiesto
intervento  additivo  e,   comunque,   non   indica   una   soluzione
costituzionalmente obbligata» (cosi', da ultimo, l'ordinanza  n.  135
del 2009), essendosi «limitato a denunciare una  presunta  situazione
di  contrasto  tra  detta  disciplina   e   gli   evocati   parametri
costituzionali [...]  senza  precisare  quale  intervento  di  questa
Corte, tra i molti astrattamente concepibili, potrebbe assicurare  la
compatibilita'  di  tale  disciplina  con  le  norme   costituzionali
asseritamente violate» (cfr., ex multis, ordinanza n. 417 del 2008). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale «dell'art. 142, comma  6»  (recte:  comma
9), del decreto legislativo 30 aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice
della strada), come sostituito dall'art. 3, comma 1, lettera c),  del
decreto-legge  3  agosto   2007,   n.   117   (Disposizioni   urgenti
modificative del codice della strada per incrementare  i  livelli  di
sicurezza nella circolazione), nel testo  risultante  dalla  relativa
legge  di  conversione  2  ottobre  2007,  n.  160,  sollevata  -  in
riferimento agli articoli 2, 3, 27, 35 e 38 della Costituzione -  dal
Giudice di pace di Trieste con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                       Il redattore: Quaranta 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 23 ottobre 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola