N. 268 ORDINANZA 8 - 23 ottobre 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Circolazione stradale - Violazioni al codice della strada  -  Obbligo
  di fermarsi in caso di incidente con danno alla persona -  Sanzioni
  amministrative accessorie - Sospensione della patente di  guida  da
  uno a tre anni - Mancata previsione di un trattamento sanzionatorio
  differenziato a favore di chi utilizza il veicolo come strumento di
  lavoro  -  Denunciata  irragionevolezza  nonche'   violazione   del
  principio di  solidarieta'  sociale,  del  divieto  di  trattamenti
  contrari  al  senso  di  umanita'  e  della  tutela  del  lavoro  -
  Formulazione di petitum indeterminato in assenza di  una  soluzione
  costituzionalmente obbligata  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione. 
- Codice della strada (d.lgs. 30 aprile  1992,  n.  285),  art.  189,
  comma 6. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 27, 35 e 38. 
(GU n.43 del 28-10-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO, Alfonso
  QUARANTA, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
                              Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 189,  comma  6,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285  (Nuovo  codice  della
strada), promosso dal Giudice di pace  di  Trieste  nel  procedimento
vertente tra M.D. e il  Prefetto  di  Trieste  con  ordinanza  del  3
dicembre 2008, iscritta  al  n.  110  del  registro  ordinanze  2009,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2009; 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Udito nella Camera di consiglio del 7  ottobre  2009  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Ritenuto che il Giudice  di  pace  di  Trieste,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe, ha sollevato - in riferimento agli articoli  2,
3, 27, 35  e  38  della  Costituzione  -  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 189, comma 6,  del  decreto  legislativo  30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada); 
        che   il   remittente   premette    di    essere    investito
dell'opposizione proposta dal conducente di un veicolo a  carico  del
quale - contestato il reato previsto dal comma 6 del citato art. 189,
ed in attesa della definizione del procedimento penale instaurato nei
suoi confronti - e' stata disposta,  dall'autorita'  prefettizia,  la
sospensione cautelativa, per dodici mesi, della patente di guida,  ai
sensi dell'art. 223, comma 3, del codice della strada; 
        che il giudice a quo - non senza rammentare di  aver  accolto
la richiesta di sospensione cautelativa dell'efficacia dell'impugnato
provvedimento - deduce che, definito medio  tempore  il  procedimento
penale  con  l'irrogazione  anche  della  sanzione  accessoria  della
sospensione della patente (sempre nella misura di  dodici  mesi),  il
provvedimento prefettizio oggetto del giudizio principale «riprendeva
vigore» ai sensi della norma censurata; 
        che il giudice a quo - nel dedurre che il soggetto  opponente
si avvale  della  patente  per  ragioni  di  lavoro  -  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 189, comma 6; 
        che viene ipotizzato, in primo luogo, il contrasto con l'art.
27  Cost.,  e  cio'  sul  presupposto  che   neppure   «le   sanzioni
depenalizzate» possano «consistere in trattamenti contrari  al  senso
di umanita»; 
        che, in secondo luogo, si assumono violati anche gli artt.  2
e 3 Cost., in base al rilievo che, sebbene nell'ordinamento giuridico
italiano «sussista il primato della  legge»,  siffatto  primato  deve
essere pur sempre connesso «alle esigenze  di  solidarieta'  sociale,
come il permettere di lavorare ed esistere dignitosamente», cio'  che
imporrebbe  al  legislatore  di  addivenire  «ad   un'equilibrata   e
flessibile disciplina, bilanciando  diritti  e  doveri  in  punto  di
sospensione della patente»; 
        che detta evenienza non  ricorrerebbe  nel  caso  di  specie,
giacche' la norma censurata  non  terrebbe  «conto  dei  diritti  del
lavoratore, sospendendo una patente  che  serve  a  quest'ultimo  per
esercitare il suo lavoro», donde la violazione anche degli artt. 35 e
38 della Carta fondamentale; 
        che in forza di tali rilievi il remittente ha concluso per la
declaratoria di illegittimita' della norma censurata, nella parte  in
cui non ha «tenuto conto dei diritti del lavoratore»,  prevedendo  la
sospensione della patente di guida «senza parametrare e modulare tale
sanzione accessoria amministrativa in modo attento» a tali diritti; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  una  declaratoria  di   inammissibilita'   o,   in
subordine, di non fondatezza; 
        che  la  necessita'  di   una   declaratoria   di   manifesta
inammissibilita' viene argomentata, in primo  luogo,  richiamando  la
giurisprudenza di questa Corte (ordinanze nn. 164 e 303 del 2006; nn.
453 e 423  del  2005),  che  reputa  inammissibile  la  questione  di
legittimita' costituzionale in caso di «genericita' della motivazione
in ordine alla  contrarieta'  della  norma  denunciata  ai  parametri
evocati»; 
        che, inoltre, il medesimo esito processuale si  imporrebbe  -
secondo la difesa statale - anche sotto un  differente  profilo,  nel
senso che la sospensione provvisoria della patente di guida, disposta
dal Prefetto ai sensi dell'art. 223 del codice della  strada,  «lungi
dall'aver ripreso vigore,  secondo  quanto  opinato  dal  remittente,
appare,  di  contro,  assorbita  nell'omologa   sanzione   accessoria
comminata dal giudice penale», in via definitiva, a  conclusione  del
procedimento relativo alla fattispecie di reato di cui all'art.  189,
comma 6, del codice della strada; 
        che, pertanto, la questione relativa  a  tale  norma  avrebbe
dovuto essere sollevata nel procedimento penale,  essendo  questa  la
sede della sua applicazione; 
        che, in ogni caso, il dubbio  di  costituzionalita'  avanzato
dal  remittente  sarebbe,  nel  merito,  non  fondato,  non   essendo
ipotizzabile «la postulata lesione del diritto al  lavoro»,  giacche'
il contenuto di quest'ultimo puo' essere «modellato  dal  legislatore
per tenere ragionevolmente conto di altre esigenze costituzionalmente
rilevanti» (e' richiamata la sentenza n. 427 del 2000), esigenze  tra
le quali deve  certamente  annoverarsi  la  prevenzione  di  condotte
potenzialmente pericolose per la sicurezza e l'incolumita' pubblica; 
        che su tali basi, e non senza rilevare  come  non  conferente
sarebbe il richiamo compiuto dal remittente all'art.  27  Cost.,  non
essendo  dato  comprendere  in  quale  misura  l'inibizione   all'uso
temporaneo  dell'automobile  nelle  ore  di  minore  traffico   possa
risolversi in un trattamento  contrario  al  senso  di  umanita',  la
difesa statale ha chiesto dichiararsi la questione non fondata. 
    Considerato che il Giudice di pace di  Trieste,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe, ha sollevato - in riferimento agli articoli  2,
3, 27, 35  e  38  della  Costituzione  -  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 189, comma 6,  del  decreto  legislativo  30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada); 
        che, in base  alla  norma  censurata,  la  sospensione  della
patente si applica,  quale  sanzione  amministrativa  accessoria,  al
contegno penalmente rilevante tenuto dall'utente della strada che, in
caso di incidente con  danno  alle  persone,  non  abbia  ottemperato
all'obbligo di fermarsi; 
        che, secondo il giudice a quo, il legislatore avrebbe, pero',
fissato tale sanzione  senza  aver  «tenuto  conto  dei  diritti  del
lavoratore» e, dunque, «senza parametrare e  modulare  tale  sanzione
accessoria amministrativa in modo attento» a tali diritti, di talche'
la sua applicazione si risolverebbe addirittura  in  un  «trattamento
contrario al senso di umanita»; 
        che il remittente -  nel  rivendicare  la  necessita'  di  un
trattamento differenziato, nell'applicazione della norma censurata (o
meglio della sanzione accessoria da essa prevista),  a  beneficio  di
quei soggetti che utilizzano il proprio  veicolo  come  strumento  di
lavoro - formula, di fatto, la richiesta di un  intervento  additivo,
cio' che e'  reso  evidente  dalla  circostanza  che  egli  sollecita
l'introduzione  di  «un'equilibrata  e  flessibile  disciplina»,   da
realizzare «bilanciando diritti e doveri» del lavoratore; 
        che, tuttavia, la questione cosi' sollevata e' manifestamente
inammissibile; 
        che  rileva,  in  tale  prospettiva,  la  genericita'   della
richiesta di intervento avanzata dal Giudice di pace di Trieste; 
        che, nella specie, il remittente, «omettendo di formulare  un
petitum specifico, lascia indeterminato il  contenuto  del  richiesto
intervento  additivo  e,   comunque,   non   indica   una   soluzione
costituzionalmente obbligata» (cosi', da ultimo, l'ordinanza  n.  135
del 2009), essendosi «limitato a denunciare una  presunta  situazione
di  contrasto  tra  detta  disciplina   e   gli   evocati   parametri
costituzionali [...]  senza  precisare  quale  intervento  di  questa
Corte, tra i molti astrattamente concepibili, potrebbe assicurare  la
compatibilita'  di  tale  disciplina  con  le  norme   costituzionali
asseritamente violate» (cfr., ex multis, ordinanza n. 417 del 2008). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale  dell'art.  189,  comma  6,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della  strada),
sollevata - in riferimento agli articoli 2, 3,  27,  35  e  38  della
Costituzione -  dal  Giudice  di  pace  di  Trieste  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                       Il redattore: Quaranta 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 23 ottobre 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola