N. 95 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2009

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 22 ottobre 2009 (della Regione Marche). 
 
Regioni - Variazioni territoriali - Distacco dalla Regione Marche dei
  Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria,  Pennabilli,  San  Leo,
  Sant'Agata Feltria e Talamello e  loro  aggregazione  alla  Regione
  Emilia-Romagna, nell'ambito della  Provincia  di  Rimini  -  Parere
  contrario  dell'Assemblea  legislativa  della  Regione   Marche   -
  Lamentata  omessa  valutazione  del  merito  del  parere  e  omessa
  esplicitazione dei motivi per i quali il parere medesimo  e'  stato
  disatteso in sede  di  procedimento  legislativo,  nonche'  difetto
  della formula  di  promulgazione  da  parte  del  Presidente  della
  Repubblica - Ricorso della Regione Marche - Denunciata  invalidita'
  della legge dal punto di vista  formale,  lesione  della  posizione
  istituzionale della Regione Marche,  violazione  del  principio  di
  leale collaborazione. 
- Legge 3 agosto 2009, n. 117. 
- Costituzione, art. 132, comma secondo. 
(GU n.48 del 2-12-2009 )
    Ricorso della Regione  Marche,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con  deliberazioni
della Giunta regionale n. 1345 del 7 settembre 2009 e n. 1518 del  28
settembre 2009 (docc. 1 e 2), rappresentato e difeso dall'avv.  prof.
Stefano Grassi ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio  di
quest'ultimo in  Roma,  piazza  Barberini  n.  12,  come  da  procura
speciale per atto del notaio Sabatini di Ancona, n. rep. 49474 del 15
settembre 2009 (doc. 3 ); 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  pro  tempore,  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117 (Distacco dei Comuni
di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabili, San  Leo,  Sant'Agata
Feltria e Talamello dalla Regione Marche  e  loro  aggregazione  alla
Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della  Provincia  di  Rimini,  ai
sensi dell'art. 132, secondo comma, della  Costituzione),  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale 14  agosto  2009,  n.  188,  per  violazione
dell'art.  132,  secondo  comma,  della  Costituzione,  nonche'   del
principio  di  leale  collaborazione  cosi'  come   elaborato   nella
giurisprudenza della Corte costituzionale. 
 
                           P r e m e s s e 
 
    1. - La legge 3 agosto 2009, n.  117,  ha  disposto  il  distacco
dalla Regione Marche dei Comuni di Casteldelci, Maiolo,  Novafeltria,
Pennabili,  San  Leo,  Sant'Agata  Feltria  e  Talamello  e  la  loro
aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia
di Rimini, in attuazione di quanto disposto  dall'art.  132,  secondo
comma, Cost. 
    La formula di promulgazione utilizzata e' quella prevista per  le
comuni leggi ordinarie, secondo la quale «La Camera dei  deputati  ed
il Senato della  Repubblica  hanno  approvato;  il  Presidente  della
Repubblica promulga». La legge non utilizza la formula  espressamente
prevista dall'art. 46, comma 3, della legge n. 352 del  1970  per  le
leggi atipiche di cui all'art. 132, secondo comma, Cost., secondo  la
quale «La Camera dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica,  a
seguito del risultato favorevole al referendum indetto in  data  ...,
hanno approvato; il Presidente della Repubblica promulga». 
    Il  testo  della  legge  impugnata  e'  costituito  da  soli  tre
articoli: l'art. 1, che dispone il  distacco-aggregazione  dei  sette
comuni in questione, limitandosi a precisare  che  cio'  avviene  «in
considerazione della loro particolare collocazione territoriale e dei
peculiari  legami  storici,  economici  e  culturali  con  i   comuni
limitrofi della  medesima  provincia  [di  Rimini]»;  l'art.  2,  che
prevede una specifica disciplina sostanziale  e  procedimentale,  con
fissazione di termini perentori  assai  brevi,  per  gli  adempimenti
amministrativi   necessari    all'attuazione    in    concreto    del
distacco-aggregazione; l'art. 3, che stabilisce la data di entrata in
vigore  della  legge  nel  giorno  successivo  a  quello  della   sua
pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale,  in  considerazione  -  come
espressamente dichiarato dalla relatrice Dal Lago nella sua relazione
all'Assemblea  della  Camera  dei  deputati  -   «dell'urgenza,   che
sussisteva al momento in cui e' stato  definito  il  testo  base,  di
consentire l'entrata in vigore del provvedimento in tempo  utile  per
le prossime elezioni amministrative, che comunque sara'  tempo  utile
per le prossime elezioni regionali del 2010». 
    La legge, come accennato e come esplicitamente emerge  dalla  sua
stessa  intitolazione,  costituisce   attuazione   della   previsione
costituzionale contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., secondo
la  quale  «si  puo',  con  l'approvazione  della  maggioranza  delle
popolazioni della provincia o delle province interessate e del comune
o dei comuni interessati espressa  tramite  referendum  e  con  legge
della  Repubblica,  sentiti  i  Consigli  regionali,  consentire  che
province e comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati  da  una
regione ed aggregati ad un'altra». 
    Si tratta in assoluto della prima legge di questo genere in tutta
la storia repubblicana. 
    2. - Il procedimento di  formazione  della  legge  impugnata,  in
attuazione di quanto dispongono gli artt. 41 e ss. della legge n. 352
del 1970, ha avuto inizio con la richiesta  di  referendum  formulata
dai sette comuni interessati con distinte delibere  adottate  tra  il
marzo  e  l'aprile  2006  e  dichiarata   legittima   con   ordinanza
dell'Ufficio centrale per il referendum del 27 giugno 2006. 
    Il referendum e' stato indetto con decreto del  Presidente  della
Repubblica del 25 settembre successivo e si e' svolto nei giorni 17 e
18 dicembre 2006. 
    Come risulta dal comunicato della Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28  dicembre
2006, al  referendum  ha  partecipato  la  maggioranza  degli  aventi
diritto al voto e  il  risultato  e'  stato  favorevole  al  distacco
territoriale dei sette  comuni  dalla  Regione  Marche  e  alla  loro
aggregazione alla Regione Emilia-Romagna. 
    Successivamente alla proclamazione dei risultati del  referendum,
il Governo, con nota del Ministro per gli affari regionali del  marzo
2007 (doc. 4), ha provveduto ad investire i Presidenti  delle  Giunte
regionali  delle  Marche  e  dell'Emilia-Romagna   del   compito   di
richiedere  ai  rispettivi  Consigli  regionali  il  parere  previsto
dall'art. 132, secondo comma, Cost., allegando alla nota lo schema di
disegno  di  legge  predisposto  dal  Ministro  dell'interno  e   poi
formalmente presentato il 17 aprile 2007 -  ai  sensi  dell'art.  45,
comma 4, della legge n. 352 del 1970 - alla Camera dei  deputati  (XV
Legislatura  -  A.C.  2527),  con  l'esplicita  segnalazione,   nella
relazione di accompagnamento, che i Consigli regionali non  si  erano
ancora espressi (doc. 5). 
    Il disegno di legge,  assegnato  alla  I  Commissione  permanente
della Camera, non e' mai  stato  esaminato  prima  della  fine  della
Legislatura ed e' decaduto con la scadenza della stessa il 28  aprile
2008. 
    3. - Nel frattempo, le due regioni interessate hanno  avviato  le
loro procedure interne per la formulazione del parere. 
    L'Assemblea  legislativa  dell'Emilia-Romagna,  dopo  una   prima
risoluzione approvata il 3 aprile  2007  (doc.  6),  nella  quale  si
esprimeva parere positivo rispetto alla richiesta dei  sette  comuni,
con deliberazione del 14 novembre 2007 pubblicata nel  B.U.R.,  parte
II, n. 175 del 5 dicembre 2007 (doc. 7), conformemente alla  proposta
della Giunta regionale di cui  alla  delibera  adottata  l'8  ottobre
2007,  n.  1475  (doc.  8),  ha   espresso   parere   favorevole   al
distacco-aggregazione,   pur   precisando   espressamente   «con   la
considerazione della  delicatezza  e  complessita'  della  situazione
generale che richiede un'equilibrata valutazione della  richiesta  di
aggregazione oggetto del parere, alla luce del  contesto  generale  e
dell'iniziativa di revisione costituzionale in corso di  approvazione
in Parlamento». 
    L'Assemblea legislativa delle Marche, dal canto suo, ricevuta  la
proposta di deliberazione del parere in senso non favorevole adottata
dalla Giunta regionale con delibera del  25  febbraio  2008,  n.  230
(doc. 9),  dopo  accurata  istruttoria  svolta  dalla  I  Commissione
consiliare permanente, acquisito il parere favorevole  alla  proposta
della Giunta da parte del Consiglio delle autonomie  locali  espresso
in data 7 marzo 2008 (doc. 10), con deliberazione n. 84 del 17  marzo
2008 pubblicata nel B.U.R. n. 33 del 3  aprile  2008  (doc.  11),  ha
espresso parere non favorevole  al  distacco-aggregazione  dei  sette
comuni,  precisando  di   prendere   «atto   della   particolarissima
situazione territoriale dei comuni dell'Alta Valmarecchia cosi'  come
meglio dettagliata  in  narrativa  ma  nella  considerazione  che  la
Regione  deve  comunque  tenere  conto  degli  interessi  dell'intera
collettivita'  regionale  coinvolta  nella   proposta   di   modifica
territoriale». 
    In  particolare,  a  sostegno  della  posizione  contraria  della
Regione Marche, l'Assemblea  legislativa  ha  sviluppato  un'ampia  e
variegata serie di considerazioni poste  nelle  premesse  del  citato
parere, tra le quali spiccano senz'altro, per la peculiare  attinenza
alla  situazione  economica,  sociale,  culturale,   territoriale   e
politico-istituzionale della Regione Marche, almeno le seguenti: 
        quella secondo la quale «il  parere  dei  Consigli  regionali
interessati assume una particolare rilevanza alla luce della sentenza
della Corte costituzionale 28 ottobre 2004, n. 334, con la  quale  la
Corte nel  pronunciarsi  sulla  legittimita'  dell'art.  42,  secondo
comma, della legge n.  352/1970  ha  sottolineato  come  la  fase  di
audizione dei Consigli delle regioni coinvolti consenta l'emersione e
la  valutazione  degli  interessi  locali  contrapposti,   con   cio'
risultando contemperati sia  il  diritto  di  autodeterminazione  del
singolo comune, sia la tutela dell'espressione della volonta',  anche
di segno contrario alla variazione territoriale, della  collettivita'
regionale, coinvolta nella proposta di modifica territoriale»; 
        quella secondo la quale - pur prendendosi atto delle  ragioni
poste a fondamento dell'istanza di modifica territoriale, ossia delle
ragioni «di integrazione economica e sociale, di localizzazione delle
reti di trasporto pubblico locale  e  comunicazione  e  di  senso  di
appartenenza materiale al contesto territoriale che governa  la  vita
quotidiana  della  popolazione»  -  sono   «maggiormente   opportune,
efficaci  ed  economiche   azioni   programmatorie   sul   territorio
interessato ed interventi concordati fra i  vari  enti  locali  della
Valle del Marecchia e le regioni interessate, piuttosto che distacchi
territoriali di alcuni comuni da una regione all'altra»; 
        quella secondo la quale «proprio per favorire  l'aggregazione
economica e sociale dei territori  della  Bassa  (Emilia-Romagna)  ed
Alta (Marche) Valmarecchia, e' stato sottoscritto in  data  l°  marzo
2007 uno specifico protocollo d'intesa tra  i  Presidenti  delle  due
regioni e delle due province interessate, allo  scopo  di  avviare  a
soluzione  i   problemi   sollevati   dalle   popolazioni   e   dalle
amministrazioni locali interessate» (doc. 12); 
        quella secondo la quale «tra i comuni interessati al distacco
territoriale e gli altri enti locali marchigiani e la Regione  Marche
si sono consolidati nel tempo  positivi  rapporti  di  collaborazione
interistituzionale che e' opportuno mantenere»; 
        quella che pone in evidenza «comunque l'esigenza primaria  di
mantenimento dell'attuale assetto territoriale, sociale e  culturale,
nonche' dell'immagine unitaria della Regione, della  quale  i  comuni
interessati rappresentano una parte significativa, pur prendendo atto
della particolarissima situazione territoriale dei  comuni  dell'Alta
Valmarecchia». 
    4. - Il 29 aprile 2008, data di avvio della XVI Legislatura, sono
state presentate alla Camera dei deputati due proposte  di  legge  di
iniziativa parlamentare (n. 63 e n. 177 - docc. 13  e  14),  volte  a
riattivare il procedimento legislativo interrottosi con la decadenza,
per fine Legislatura, del precedente e  gia'  richiamato  disegno  di
legge presentato dal Ministro dell'interno. Quasi contestualmente, il
21 maggio 2008, e' stato presentato al Senato un analogo  disegno  di
legge di iniziativa parlamentare (n. 628 - doc. 15),  finalizzato  al
medesimo scopo e integralmente riproduttivo del d.d.l. n.  1351  gia'
presentato al Senato nella Legislatura precedente. 
    In via preliminare. giova porre  in  rilievo  che  nessuna  delle
relazioni di accompagnamento ai suddetti  progetti  di  legge  si  e'
preoccupata di fare anche il minimo  accenno  al  parere  sfavorevole
gia' deliberato dall'Assemblea legislativa della Regione Marche. 
    La I Commissione permanente della Camera dei deputati  ha  deciso
di avviare l'esame delle citate proposte di legge nella seduta del 19
novembre  2008  e, in  considerazione  della  pendenza   dell'analogo
disegno di legge presso l'altro ramo del Parlamento, ha  attivato  la
procedura di intesa tra i Presidenti  di  Camera  e  Senato  prevista
dagli artt. 78 del regolamento  della  Camera  e  51,  comma  3,  del
regolamento del Senato. 
    Intervenuta tale intesa, l'esame  in  sede  referente  delle  due
proposte di legge presso la I Commissione permanente della Camera dei
deputati ha avuto sostanzialmente inizio nella seduta del 13  gennaio
2009 e si e' concluso nella seduta del 29 aprile 2009. 
    Il dato piu' rilevante ai fini del presente giudizio e che emerge
in termini evidenti dai resoconti del lavori della Commissione e' che
il parere contrario dell'Assemblea legislativa della Regione Marche -
nel  quale,  lo  si  ricorda,  si  trovava  espressa   la   posizione
istituzionale della regione in relazione alla  vicenda  del  distacco
dei sette comuni della Valmarecchia - non solo  non  e'  stato  fatto
oggetto di esplicito esame e della dovuta ponderazione  in  relazione
ai suoi specifici contenuti ma, nei pochissimi casi in cui  e'  stato
formalmente richiamato, e' stato addirittura  «liquidato»  come  dato
del tutto trascurabile e non  meritevole  di  alcun  approfondimento,
risultando assai piu' rilevante e decisiva  la  posizione  favorevole
espressa dagli enti (Regione Emilia-Romagna e  Provincia  di  Rimini)
destinatari dell'aggregazione. 
    La Commissione, in buona sostanza, si e'  limitata  ad  una  mera
«presa d'atto» della avvenuta  formale  acquisizione  agli  atti  del
procedimento del parere regionale prescritto dall'art.  132,  secondo
comma, Cost. 
    Al  riguardo,   si   possono   richiamare   alcuni   dati   assai
significativi. 
    Nella  seduta  del  13  gennaio  2009,  la  presidente  Santelli,
nell'introdurre l'esame delle proposte di legge,  si  limita  a  dare
atto  dell'intervenuta  espressione  dei  pareri  delle  due  regioni
interessate, senza nemmeno fare cenno alla  contrarieta'  del  parere
della Regione Marche. Tale «cenno» e' fatto poi, subito  dopo,  dalla
relatrice Dal Lago, la quale, pero', omette  del  tutto  di  riferire
sulle ragioni sostanziali poste  a  sostegno  della  posizione  della
Regione  Marche,  dando  invece  specifico  rilievo  al  solo  parere
favorevole della regione di aggregazione. 
    Su   questa   medesima   linea   di   orientamento   si   esprime
esplicitamente l'on. Bernini Bovicelli nel corso della seduta del  27
gennaio 2009, rilevando che «la' dove si registra  un'opposizione  al
distacco-  aggregazione,  questa  viene  da   organi   amministrativi
territoriali, i quali non rappresentano  effettivamente  la  volonta'
della popolazione di riferimento. Si e' di fatto, cioe',  creata  una
discrasia  tra  la  volonta'  della  popolazione  manifestata  con  i
referendum e  la  volonta'  dei  rappresentanti  politici  di  quella
popolazione»,  aggiungendo  poi  che  «nell'ambito  dell'esame  delle
proposte di legge per la revisione dell'art. 132 della  Costituzione,
si  dovrebbe  riflettere  sull'opportunita'  di  chiarire   che   per
popolazione  interessata  o  prevalentemente  interessata   si   deve
intendere quella destinataria  dell'aggregazione,  e  non  quella  di
provenienza del distacco». 
    Nei  soli  due  passaggi  dell'intero  esame   da   parte   della
Commissione in cui vengono in qualche modo evocate, almeno in  parte,
le ragioni sostanziali del parere  contrario  della  Regione  Marche,
queste   vengono   assunte   in    modo    palesemente    incompleto,
«reinterpretate» in termini soggettivi e «liquidate» in  maniera  del
tutto sbrigativa. Cosi' l'on.  Stracquadanio,  nella  seduta  del  13
gennaio 2009, rileva che «le motivazioni del parere  contrario  della
Regione  Marche  vanno  cercate  nel  timore  che,  a   causa   della
diminuzione di popolazione, la Provincia di Pesaro e Urbino  abbia  a
rimetterci nei  trasferimenti  erariali»;  analogamente,  l'on  Pini,
nella seduta dell'11 febbraio 2009,  osserva  che  «il  parere  della
Regione Marche e' negativo, ma le premesse sono  tutte  in  positivo;
quindi, il parere negativo viene dato per motivi prettamente politici
- cosi' e' scritto - ossia di opportunita' politica, non per  ragioni
di rispetto del principio di autodeterminazione». 
    Infine, risulta assai rilevante il parere reso dalla  Commissione
parlamentare per le questioni regionali nella seduta del 25  febbraio
2009. Il parere e' favorevole, ma nella sua premessa  la  Commissione
introduce una importante precisazione: «Considerato che il  Consiglio
regionale delle Marche  ha  espresso  parere  contrario  al  distacco
mentre  la  Regione  Emilia-Romagna  ha   reso   parere   favorevole,
ravvisandosi pertanto l'opportunita' di una valutazione del merito di
tali pronunciamenti nel corso dell'esame del provvedimento».  Di  una
qualche  attuazione  di  tale  raccomandazione  nei  lavori  della  I
Commissione permanente non v'e' traccia; la relatrice Dal Lago, nella
seduta conclusiva del 29 aprile 2009, si limita a «ricordare» «che il
parere della Commissione parlamentare per le questioni  regionali  e'
favorevole». 
    5. - Il testo unificato approvato  dalla  Commissione  e'  dunque
passato all'esame dell'Assemblea della Camera dei deputati, che lo ha
discusso e approvato nelle sedute del 4 e 6 maggio 2009.  Neppure  in
questa sede, pero', la posizione costituzionale della Regione  Marche
e' stata ritenuta meritevole di alcuna considerazione specifica,  dal
momento  che  il  parere  dell'Assemblea  legislativa  contrario   al
distacco dei sette comuni della Valmarecchia ha ricevuto il  medesimo
trattamento di pressoche' totale  «indifferenza»  gia'  riservato  ad
esso nei lavori della I Commissione. 
    Anche in questo caso non mancano dati assai significativi. 
    Innanzitutto, va rilevato che nel c.d.  «fascicolo  d'Assemblea»,
contrassegnato dal n. 63-177-A (doc. 16) e posto  a  disposizione  di
tutti i deputati, risultano inclusi i pareri  delle  due  Commissioni
competenti in sede consultiva e, ovviamente, il testo  unificato  del
progetto di legge approvato  dalla  Commissione  in  sede  referente,
mentre  sono  assenti  i  due  fondamentali  atti  costituzionalmente
necessari ai sensi dell'art.  132,  secondo  comma,  Cost.,  ossia  i
pareri delle Assemblee legislative delle  regioni  interessate  dalla
procedura di distacco-aggregazione. 
    In secondo luogo, si segnalano gli  interventi  di  deputati  che
dimostrano una considerazione meramente «cartolare» dei pareri  delle
regioni, quasi che la  norma  costituzionale  imponesse  la  semplice
formale «acquisizione» di tali documenti agli atti del procedimento a
prescindere da qualunque loro contenuto. Nella seduta  del  4  maggio
2009 la relatrice Dal Lago, nella sua relazione orale,  si  limita  a
far presente che «quanto ai pareri delle due regioni  interessate  il
Consiglio regionale delle Marche ha reso il proprio parere  in  senso
contrario al distacco con la deliberazione n. 84 del 17  marzo  2008,
mentre la Regione Emilia-Romagna si e' espressa in  senso  favorevole
alla aggregazione con la  determinazione  dell'assemblea  legislativa
del 14 novembre 2007». La stessa relatrice, in riferimento al  parere
della Commissione parlamentare per le questioni regionali (la  quale,
come si e' gia'  posto  in  rilievo,  aveva  espressamente  ravvisato
l'opportunita' di una valutazione del merito dei due pareri regionali
nel corso dell'esame del provvedimento), si limita a  dichiarare  che
il suddetto parere «era semplicemente e completamente favorevole». 
    Anche l'on. Zaccaria, che pure si sofferma a lungo  sul  problema
della necessita' di motivazione per le leggi attuative dell'art. 132,
secondo   comma,   Cost.,   richiama   laconicamente   le   «corrette
considerazioni illustrate dalla relatrice (i referendum che  si  sono
svolti e i pareri che sono stati espressi)». 
    Ancora, sotto altro profilo, vengono in rilievo gli interventi di
deputati che mostrano di considerare unicamente il parere  favorevole
della Regione Emilia-Romagna, omettendo  qualunque  riferimento  alla
posizione contraria  espressa  dalla  Regione  Marche.  Sempre  nella
seduta del 4  maggio  2009,  l'on.  Marchioni  afferma  che  «l'altro
elemento che, infatti, dimostra cio' che sto affermando e' il  parere
positivo della regione  e  della  provincia  che  accoglieranno  i  7
comuni. E' l'unico caso in cui, a fronte di una richiesta dei  comuni
di passaggio da una regione ad un'altra, vi e' un parere positivo  da
parte della provincia e della regione che devono accoglierli, proprio
perche' si riconosce questo senso profondo di identita' che non lede,
in alcun modo,  anche  coloro  che  dovranno  ridefinire  le  proprie
politiche  territoriali  per  accogliere  i  sette   comuni».   L'on.
Pizzolante, ancor  piu'  significativamente,  ripercorrendo  l'intero
iter procedimentale, dimentica del tutto la Regione Marche e afferma:
«Ci sono stati il pronunciamento dei consigli comunali,  il  consenso
plebiscitario  dei  cittadini  attraverso  il  referendum,  i  pareri
unanimi della Regione Emilia-Romagna e  della  Provincia  di  Rimini,
favorevoli ad accogliere questa comunita' facendosi carico  di  tutte
le conseguenti problematiche amministrative e politiche». Ancora,  1'
on. Stucchi parla di «unanimita' dei  consensi»,  mentre  l'on.  Gozi
«ricorda»  «il  parere  favorevole  della  Regione  Emilia-Romagna  e
dell'ANCI». 
    Va osservato, infine, analogamente a  quanto  si  e'  gia'  fatto
osservare per i lavori della Commissione, che anche  in  Assemblea  i
pur scarsissimi  richiami  alla  posizione  contraria  della  Regione
Marche risultano quali  reinterpretazioni  soggettive  -  parziali  e
quasi «casuali» - delle ragioni poste a sostegno del parere  negativo
e  giammai  potrebbero   essere   configurate   come   manifestazioni
istituzionalmente corrette della doverosa  presa  in  considerazione,
all'interno del procedimento di formazione della legge nazionale, del
punto di vista  espresso  dalla  regione  e  imposto  dall'art.  132,
secondo comma, Cost. 
    In tal senso si colloca l'affermazione dell'on. Gozi  secondo  la
quale «la Regione Marche ha espresso il proprio parere di competenza,
mettendo cosi' in condizione l'attuale Parlamento di decidere, e pure
esprimendo un parere non favorevole la stessa Regione Marche ha  dato
atto  della  particolarissima   situazione   territoriale   dell'alta
Valmarecchia». Ma ancor piu' significativa e' la considerazione,  del
tutto parziale e strumentale, del parere  dell'Assemblea  legislativa
delle Marche che viene evidenziata nell'intervento dell'on.  Vassallo
nella seduta del 6 maggio 2009, laddove quest'ultimo  afferma:  «Oggi
su questa richiesta abbiamo l'opportunita' di decidere per un "si"  o
per un "no", ma e' importante ricordare che nelle stesse  motivazioni
dei   due    Consigli    regionali,    quelli    delle    Marche    e
dell'Emilia-Romagna, viene riconosciuta in maniera molto  puntuale  e
chiara l'esistenza di ragioni che giustificano la richiesta. Si dice,
in   particolare,   non   nel   parere   del   Consiglio    regionale
dell'Emilia-Romagna, ma in quello  delle  Marche,  che  l'area  della
Valmarecchia fa riferimento istituzionale-amministrativo alla Regione
Marche, ma gravita prevalentemente per i suoi rapporti  di  carattere
economico, per la gestione dei bacini e  delle  reti  dei  principali
servizi, a cominciare da quello sanitario e scolastico, e per le  sue
comunicazioni   infrastrutturali,   con   il   contiguo    territorio
cesenate-riminese. Si fa, poi, riferimento al fatto che questi comuni
hanno flussi migratori interni molto intensi con  la  parte  riminese
con  la  quale  richiedono  di  essere  riaccorpati,  hanno  reti  di
trasporto pubblico che li collegano e anche un senso di  appartenenza
che  li  accomuna.  Esistono,  dunque,  tutte  le   motivazioni   per
giustificare, in questo  caso  specifico,  e  nell'autonomia  che  e'
attribuita alla legge statale, la scelta di consentire  alla  domanda
molto forte e  sentita  che  ci  e'  stata  posta  dalle  popolazioni
attraverso il referendum». 
    In termini del tutto analoghi, si pone da ultimo il  breve  cenno
dell'on. Mantini, il quale, sempre nella seduta del 6 maggio 2009, si
limita a richiamare il fatto che «vi  sono  stati  dei  pareri  -  in
alcuni casi, soprattutto quelli della  Regione  Marche,  perplessi  e
anche negativi, preoccupati per il depotenziamento della Provincia di
Pesaro, che e' gia' piuttosto debole dal punto di vista del numero di
abitanti, quindi pareri con luci ed ombre - ma si ricorda che  questo
procedimento, previsto dall'art. 132 della  Costituzione,  affida  ai
referendum una funzione consultiva e alla legge  la  valutazione  per
intero di queste scelte». 
    6. - Il 7 maggio 2009 il testo legislativo approvato dalla Camera
dei deputati e' stato trasmesso  alla  Presidenza  del  Senato  della
Repubblica e il giorno stesso annunciato nella seduta dell'Assemblea. 
    Il disegno di legge, contrassegnato come A.S. 1552 (doc. 17),  in
data 12 maggio 2009 e' stato assegnato, in  sede  referente,  alla  I
Commissione permanente, la quale ne ha iniziato l'esame nella  seduta
del successivo 26 maggio. 
    Anche in questo caso, nello stampato ufficiale del  Senato  della
Repubblica contenente il disegno di legge non si  trova  traccia  dei
pareri dei  Consigli  regionali  espressi  ai  sensi  dell'art.  132,
secondo comma. Cost. 
    Nel corso dei lavori della Commissione, della posizione  espressa
sulla  proposta  di  distacco-aggregazione  da  parte  dell'Assemblea
legislativa della  Regione  Marche  viene  dato  conto,  peraltro  in
termini assai superficiali, solo dal relatore Ceccanti, il  quale  si
limita a rilevare che «la Regione Marche ha espresso  un  parere  non
favorevole al distacco, in quanto deve comunque  tenere  conto  degli
interessi dell'intera comunita' regionale coinvolta nella proposta di
modifica territoriale; tuttavia, ha preso atto della particolarissima
situazione  territoriale  e  dei  legami  che  i   comuni   dell'Alta
Valmarecchia hanno con la restante parte della  Valle  collocata  nel
territorio della Regione Emilia-Romagna». 
    Significativa della vera e propria  «indifferenza»  istituzionale
nei  confronti  della  Regione  Marche  e'  anche  l'intervento   del
sottosegretario Davico,  in  rappresentanza  del  Governo,  il  quale
«ricorda che  sono  all'esame  del  Parlamento  diverse  proposte  di
distacco  e  di  nuova  aggregazione  in  un  quadro   variegato   di
situazioni,  esplicitate  in   un   prospetto   che   consegna   alla
Commissione. Sottolinea che la proposta di cui si tratta non presenta
profili  problematici   e   non   coinvolge   questioni   di   ordine
costituzionale, come sarebbe nel caso di passaggio di comuni  da  una
regione a statuto ordinario a una regione ad autonomia  speciale.  Si
tratta di riconoscere giuridicamente  una  situazione  di  fatto  che
sotto il profilo economico e culturale gia' attualmente  caratterizza
i comuni richiedenti come appartenenti alla Romagna». 
    Anche nel corso dell'iter  procedimentale  presso  il  Senato  e'
stato reso, in  data  16  giugno  2009  (doc.  18)  il  parere  della
Commissione parlamentare  per  le  questioni  regionali,  che  si  e'
espressa in termini identici al parere del 25 febbraio, con  la  gia'
menzionata raccomandazione circa «l'opportunita' di  una  valutazione
del merito» dei pareri regionali, particolarmente di quello contrario
al distacco espresso dalla Regione Marche, «nel corso dell'esame  del
provvedimento».   Del   menzionato   parere    e    della    relativa
raccomandazione  di  opportunita'  nei  lavori  della  I  Commissione
permanente del Senato non si trova pero' alcuna traccia. 
    Nella  seduta  dell'8  luglio  la  Commissione  ha  convenuto  di
richiedere l'assegnazione in sede deliberante, al fine di  accelerare
l'  iter  legislativo.  Il  disegno  di   legge   e'   stato   dunque
definitivamente approvato in Commissione nella seduta del  29  luglio
2009 e accompagnato, altresi', dall'approvazione  di  un  ordine  del
giorno (doc.  19),  che  -  secondo  quanto  affermato  dal  relatore
Ceccanti - «tiene conto anche dei pareri espressi in senso favorevole
dalla Regione Emilia-Romagna  e  in  senso  contrario  dalla  Regione
Marche, anche se  non  sulla  base  di  osservazioni  particolarmente
ostative». 
    Il testo dell'ordine del giorno cosi' recita:  «Il  Senato  della
Repubblica  premesso  che  l'approvazione  del   disegno   di   legge
riguardante il distacco di alcuni Comuni dalla Regione  Marche  e  la
loro aggregazione  alla  Regione  Emilia-Romagna,  nell'ambito  della
Provincia di Rimini, costituisce la prima applicazione del  principio
costituzionale sancito dall'articolo 132, comma secondo;  il  disegno
di legge n. 1552 stabilisce che entro un anno dall'entrata in  vigore
della legge ogni procedura, atto ed affare amministrativo dello Stato
e degli enti locali sia attribuito  alle  competenze  dei  rispettivi
organi e uffici nell'ambito della Provincia di Rimini o della Regione
Emilia-Romagna e che entro centottanta giorni  vengano  rideterminate
le tabelle delle  relative  circoscrizioni  dei  collegi  elettorali;
impegna il Governo a procedere alla immediata nomina del  Commissario
e a dare senza  indugio  le  opportune  istruzioni  affinche'  i  due
termini (rispettivamente un anno - per  l'Amministrazione  periferica
dello Stato e per gli enti locali - e  centottanta  giorni  -  per  i
collegi elettorali) vengano assolutamente rispettati; a dare costanti
e opportune informazioni ai cittadini affinche'  il  passaggio  delle
competenze  determini  il  minor  disagio  possibile;  a   monitorare
attraverso i  prefetti  delle  province  interessate  la  progressiva
compiuta applicazione della legge». 
    In sede di approvazione  definitiva  del  testo  legislativo,  va
menzionata  anche  l'apodittica  affermazione   dell'altro   relatore
Saltamartini, il quale osserva conclusivamente che  «questa  proposta
di distacco e' stata sottoposta a referendum  presso  le  popolazioni
interessate  e  tiene  conto  dei  pareri  espressi   dalle   Regioni
Emilia-Romagna e Marche; quest'ultima, come ha ricordato  il  collega
Ceccanti, ha espresso parere contrario». 
    Da  ultimo,  merita  di  essere  segnalato,  per   l'assenza   di
qualsivoglia riferimento ai pareri dei Consigli regionali  prescritti
dall'art. 132, secondo comma, Cost., il messaggio  con  il  quale  il
Presidente del Senato ha  attestato  l'approvazione  del  disegno  di
legge  con  la  seguente  formula:  «Attesto  che  la 1ª  Commissione
permanente  (Affari  costituzionali,  affari  della  Presidenza   del
Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello  Stato  e  della
Pubblica  amministrazione),  il  29  luglio  2009,  ha  approvato  il
seguente disegno di legge, gia' approvato dalla Camera  dei  deputati
in  un  testo  risultante  dall'unificazione  dei  disegni  di  legge
d'iniziativa dei  deputati  Pizzolante,  Marchioni  e  Stracquadanio:
Pini, Paolini e Raisi» (doc. 20). 
    7. - La Regione Marche, con le  due  deliberazioni  della  Giunta
indicate in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti  a
questa  Corte   la   legge   3   agosto   2009,   n.   117,   perche'
costituzionalmente illegittima e lesiva della posizione istituzionale
che la  Costituzione  riconosce  e  garantisce  alla  stessa  regione
ricorrente, per le seguenti ragioni di 
 
                            D i r i t t o 
 
    8. - Con il presente atto la Regione Marche impugna la  legge  n.
117 del 2009, per violazione: 
        a) dell'art. 132, secondo comma, Cost., in quanto  il  parere
espresso dall'Assemblea legislativa della Regione Marche il 17  marzo
2008, pure documentalmente acquisito alla procedura parlamentare, non
e' stato effettivamente oggetto  di  una  considerazione  sostanziale
nell'ambito della valutazione  che  ha  avuto  luogo  in  tale  sede,
risultante da atti ufficiali e conoscibili, come invece  richiede  la
norma costituzionale piu' sopra menzionata; 
        b) del principio di leale collaborazione, il  quale,  secondo
il costante insegnamento della giurisprudenza di questa  Corte,  deve
informare le relazioni tra tutti i soggetti istituzionali, poiche' la
acquisizione meramente formale ed esteriore del parere del  Consiglio
regionale, senza che quest'ultimo venga  messo  nelle  condizioni  di
conoscere le ragioni che hanno spinto le  Camere  a  discostarsi  dal
punto di  vista  dal  medesimo  espresso,  determina  la  conseguenza
secondo  la  quale  il  parere  del  Consiglio  regionale  non  viene
considerato in alcun modo, in spregio al rispetto reciproco che  deve
informare le relazioni tra  i  soggetti  istituzionali  cui  spettano
poteri riconosciuti dalla Costituzione. 
    9. - Prima di entrare nel merito delle specifiche  censure  mosse
all'atto normativo qui in discussione, questa difesa ritiene di dover
fornire alcune precisazioni preliminari. 
    I rilievi di legittimita' costituzionale mossi alla legge n.  117
del 2009, infatti, sono rilievi di carattere  procedimentale.  Quella
che si richiede e' infatti  una  declaratoria  di  invalidita'  della
legge dal punto di vista formale.  E'  dunque  opportuno  soffermarsi
brevemente sul regime di rilevabilita' dei vizi formali,  cosi'  come
messo a punto dalla peraltro ben nota giurisprudenza di questa  Corte
costituzionale sul tema. 
    Al riguardo, deve essere richiamata innanzi tutto la sent.  n.  3
del 1957, nella quale si afferma che  «non  e'  a  dubitare,  che  le
violazioni delle norme strumentali per il  processo  formativo  della
legge nelle sue varie specie (artt. 70, 76, 77 Costituzione), al pari
delle norme di carattere sostanziale  contenute  nella  Costituzione,
siano suscettibili di sindacato costituzionale». Questo assunto cosi'
chiaro e perentorio non sara' mai piu' smentito dalla  giurisprudenza
successiva (si veda, ad es., la nota sent. n. 9  del  1959,  nonche',
tra le altre, la sent. n. 391 del 1995 e la sent. n.  226  del  1999,
spec. par. 3 del Considerato in diritto, ove si afferma che  la  fase
del  procedimento  legislativo   «e'   soggetta   al   controllo   di
costituzionalita' attraverso  la  verifica  dell'esistenza  dei  vizi
tipici  delle  leggi,  compresi  quelli  procedimentali»),  la  quale
ammette peraltro - ai fini del giudizio sui vizi procedimentali delle
leggi - la natura parametrica dei  regolamenti  parlamentari,  almeno
nei casi in cui essi siano a contenuto «costituzionalmente vincolato»
(cosi' A. Manzella, Art. 64, in Commentario della Costituzione a cura
di G. Branca, Bologna-Roma, Zanichelli - il Foro italiano, 1986, 36),
o che, comunque, rappresentino la  «traduzione  operativa»  di  norme
costituzionali sul procedimento legislativo. 
    Il quadro sinteticamente richiamato  appare  sufficiente  per  il
caso di specie. 
    La Regione Marche,  infatti,  lamenta  l'esistenza  di  un  vizio
formale nella approvazione della legge  n.  117  del  2009  derivante
dalla esclusiva violazione di  una  norma  di  rango  costituzionale,
ossia l'art. 132, secondo comma, Cost., piu' sopra indicato,  nonche'
dal principio  costituzionale  di  leale  collaborazione  cosi'  come
elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte. 
    10. - Illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n.
117, per violazione dell'art. 132, secondo comma, Cost. 
    10.1 - Ai sensi dell'art. 132, secondo comma,  Cost.,  «si  puo',
con  l'approvazione  della  maggioranza   delle   popolazioni   della
provincia o delle province interessate e  del  comune  o  dei  comuni
interessati  espressa  mediante  referendum   e   con   legge   della
Repubblica, sentiti i consigli regionali, consentire che  province  e
comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una  regione  ed
aggregati ad un'altra». 
    Tale  disposizione  costituzionale,   come   riconosciuto   dalla
dottrina, configura l'ipotesi di una legge  atipica,  rinforzata  per
procedimento (cfr., ad es., L. Ferraro,  Art.  131  -  Art.  132,  in
Commentario della Costituzione a cura di R. Bifulco, A.  Celotto,  M.
Olivetti, vol. III, Milano, Wolter-Kluwer  Italia  Giuridica  -  UTET
giuridica, 2006). Tra gli  aggravamenti  procedurali,  qui  interessa
specificamente la prescrizione di acquisire il  parere  dei  Consigli
regionali interessati dal fenomeno di distacco-aggregazione. 
    Si tratta, come e' del tutto evidente, di una  norma  eccezionale
nel  contesto   costituzionale   italiano,   nel   quale   non   sono
ordinariamente  previsti  strumenti  collaborativi  stabili  tra   le
assemblee rappresentative dei diversi enti che,  ai  sensi  dell'art.
114 Cost., compongono la Repubblica. 
    La ragione della eccezionalita' della prescrizione e' agevolmente
individuabile nella circostanza  secondo  la  quale  la  Costituzione
costituisce la procedura in questione «quale crocevia tra le  istanze
delle popolazioni locali e quelle istituzionali»  (L.  Ferraro,  Art.
131 - Art.132, cit.), al fine di far  interloquire,  in  vista  della
decisione  da  adottare,  quelle  frazioni   del   corpo   elettorale
direttamente interessate dalla operazione  di  distacco-aggregazione,
le  assemblee  rappresentative  delle  collettivita'  regionali   «di
partenza»  e  «di  destinazione»,  nonche'   le   istituzioni   della
rappresentanza politica nazionale. 
    Prendendo le mosse da tale premessa, e' del tutto evidente che le
finalita' della norma  costituzionale  qui  presa  in  considerazione
verrebbero del  tutto  frustrate  ove  si  ritenesse  che  i  vincoli
procedimentali ivi prescritti possano ritenersi  rispettati  -  e  le
relative finalita' possano essere soddisfatte  -  dalla  acquisizione
meramente formale e documentale dei  pareri  dei  consigli  regionali
interessati  senza  che:   a)   questi   vengano   effettivamente   e
sostanzialmente presi in considerazione nell'ambito  della  procedura
decisionale  presso  le   Camere;   b)   vengano   resi   conoscibili
all'esterno, ed in particolare al consiglio regionale che ha espresso
il parere, le ragioni per le quali ciascuna Camera abbia ritenuto  di
discostarsi dai contenuti di quest' ultimo. 
    E' dunque evidente che  la  disposizione  contenuta  nel  secondo
comma dell'art. 132 Cost.  deve  essere  interpretata  nel  senso  di
ritenere necessario quanto appena indicato sub a e sub b. 
    10.2  -  La  giurisprudenza  costituzionale  che  e'  intervenuta
sull'art. 132, secondo  comma,  Cost.,  non  fa  che  corroborare  le
conclusioni appena raggiunte. 
    Al riguardo, rileva soprattutto la sent. n. 334 del  2004,  nella
quale questa Corte, nel  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 42, secondo comma, della  legge  25  maggio  1970,  n.  352
(Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla  iniziativa
legislativa del  popolo),  «nella  parte  in  cui  prescrive  che  la
richiesta di referendum per il distacco di  una  provincia  o  di  un
comune da una regione e l'aggregazione ad altra regione  deve  essere
corredata - oltre che delle  deliberazioni,  identiche  nell'oggetto,
rispettivamente dei consigli  provinciali  e  dei  consigli  comunali
delle province e dei comuni di cui si propone  il  distacco  -  anche
delle  deliberazioni,  identiche  nell'oggetto,  "di  tanti  consigli
provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno  un
terzo  della  restante  popolazione  della  regione  dalla  quale  e'
proposto il distacco delle province o  dei  comuni  predetti"  e  "di
tanti  consigli  provinciali  o  di  tanti  consigli   comunali   che
rappresentino almeno un terzo della popolazione  della  regione  alla
quale si propone che le province o i  comuni  siano  aggregati"»,  ha
riconosciuto ai  pronunciamenti  delle  Assemblee  legislative  delle
regioni  interessate  dal   distacco-aggregazione   l'imprescindibile
valore sistemico consistente nel portare all'interno del procedimento
il punto di vista delle altre popolazioni non direttamente  coinvolte
da tale operazione. 
    Le fasi successive alla «mera presentazione  della  richiesta  di
referendum» - ed in particolare,  per  quel  che  qui  interessa,  la
deliberazione dei Consigli regionali e la  deliberazione  legislativa
delle Camere - infatti, secondo la  menzionata  decisione  di  questa
Corte, sono volte a fornire «congrua  tutela»  alle  «valutazioni  di
tali altre popolazioni». 
    In particolare,  nella  sent.  n.  334  del  2004  si  legge  che
«proprio»  la  fase  «dell'audizione  dei  consigli   delle   regioni
coinvolte (...) consente l'emersione e la valutazione degli interessi
locali contrapposti (o anche non integralmente concordanti con quelli
espressi attraverso la soluzione  della  rigida  alternativa  propria
dell'istituto referendario)». 
    La conclusione e' netta, e di sicuro rilievo per la questione  di
legittimita' costituzionale che in questa sede la Corte si  trova  ad
affrontare:  «L'acquisizione  e  l'esame  dei  pareri  dei   consigli
regionali»  non  possono  che  avere  «sicura   incidenza   ai   fini
dell'eventuale approvazione della  legge  di  modifica  territoriale»
(cfr. par. 2.1 del Considerato in diritto). 
    Ora,  posto  che  il  parere  dei  Consigli  regionali  richiesto
dall'art. 132, secondo comma, Cost. e' meramente obbligatorio  e  non
certo vincolante (ne', del  resto  questa  difesa  intende  sostenere
diversamente),   la   sua   «sicura   incidenza»   sulla   «eventuale
approvazione della legge  di  modifica  territoriale»  non  puo'  che
consistere nella necessita':  a)  che  esso  sia  sostanzialmente  ed
espressamente preso in considerazione; b) che di tale  considerazione
sia dato adeguato riscontro negli atti formali che caratterizzano  il
procedimento legislativo o che eventualmente lo accompagnino. 
    10.3. - E' significativo che l'art.132, secondo comma richieda un
pronunciamento   non   tanto   della    Giunta    regionale,    ossia
dell'istituzione  che  rappresenta  la   regione-ente,   bensi'   del
Consiglio: dell'istituzione, cioe', che  si  pone  quale  istanza  di
raccordo tra la regione-ente e la regione-comunita', e nella quale e'
garantita quella rappresentanza ulteriore rispetto  alla  maggioranza
politica  che  sola  e'  in  grado  di  assicurare  l'emersione   del
pluralismo. Il  parere  reso,  ai  sensi  dell'art.  132  Cost.,  dai
Consigli regionali e' dunque chiamato non ad essere mera  espressione
della maggioranza politica, ma ad essere  adottato  con  il  concorso
partecipativo delle differenti anime e dei differenti punti di  vista
che  popolano  il  pluralismo  regionale.  Di   talche'   l'Assemblea
rappresentativa  non  e'  chiamata  semplicemente  ad  esprimersi  in
relazione  ad  una  scelta   «netta»,   imperniata   sull'alternativa
«favorevole-non favorevole», ma a proporre e ad argomentare punti  di
vista articolati che possano, insieme a  tutti  gli  altri  elementi,
costituire la base per le deliberazioni che le Camere  riterranno  di
dover adottare. 
    Di questo spirito si  e'  resa  perfetta  interprete  l'Assemblea
legislativa della Regione Marche, sottoponendo alle Camere un  parere
articolato  nel  quale,  accanto  agli   argomenti   sfavorevoli   al
distacco-aggregazione,  in  conclusione   ritenuti   prevalenti,   si
rilevavano anche elementi che militavano in senso inverso. 
    Ora,  e'  del  tutto  evidente  che  la  finalita'  della   norma
costituzionale - volta, come si e'  mostrato,  a  veicolare  il  piu'
possibile tutte le anime del pluralismo regionale, tramite il  parere
del relativo Consiglio, nell'ambito della procedura  parlamentare  di
approvazione della legge di variazione territoriale  -  verrebbe  del
tutto frustrata ove il parere regionale  non  venisse  effettivamente
considerato tra gli  elementi  in  grado  di  spingere  le  Assemblee
rappresentative nazionali  ad  adottare  le  loro  determinazioni  al
riguardo. 
    Cio' e' invece quanto accaduto nella presente vicenda. 
    10.4. - Si puo' essere anche sottolineare come all'interno  delle
Camere, nel corso dell'iter di approvazione della legge  n.  117  del
2009, sia maturato un punto di vista non dissimile da  quello  appena
esposto. 
    La Commissione parlamentare per le questioni regionale, pur dando
parere favorevole, aveva precisato che, in ragione della  circostanza
secondo la quale «il Consiglio regionale  delle  Marche  ha  espresso
parere contrario al distacco»,  si  ravvisa  «l'opportunita'  di  una
valutazione del merito di tali pronunciamenti  nel  corso  dell'esame
del  provvedimento».  Il  che  non  e'  avvenuto  nel   seguito   del
procedimento. 
    10.5. - La legge n. 117  del  2009  ed  il  procedimento  che  ha
condotto alla sua approvazione non rispettano affatto le prescrizioni
della norma contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., cosi' come
appena ricostruita. 
    Da  nessun  atto  formale,  infatti,  risultano  in  alcun   modo
conoscibili i motivi che hanno indotto le due  Camere  a  discostarsi
dal parere espresso dall'Assemblea legislativa della Regione  Marche:
ne' dalla formula di promulgazione, del tutto identica a quella delle
ordinarie leggi approvate  in  base  agli  artt.  70  e  segg.  della
Costituzione;  ne'  dal  messaggio  del  Presidente  del   ramo   del
Parlamento che ha deliberato per  ultimo;  ne'  dal  testo  approvato
dalle Camere; ne' da un atto separato,  ma  adottato  contestualmente
alla approvazione della legge; ne',  infine,  dalle  relazioni  delle
Commissioni in sede referente. 
    Dai lavori parlamentari, inoltre, emerge con tutta chiarezza  che
il «silenzio», sul piano formale,  appena  rilevato  e'  un  perfetto
«specchio» di quanto accaduto,  sul  piano  sostanziale,  nelle  aule
delle due Camere. 
    Invero,  come  osservato  nelle  premesse,  il  parere  contrario
dell'Assemblea legislativa della Regione Marche non solo non e' stato
fatto oggetto di esplicito  esame  e  della  dovuta  ponderazione  in
relazione ai suoi specifici contenuti ma, nei pochissimi casi in  cui
e' stato formalmente richiamato,  e'  stato  addirittura  «liquidato»
come  dato  del  tutto  trascurabile  e  non  meritevole   di   alcun
approfondimento, ovvero sono state  tenute  esclusivamente  in  conto
quelle parti in cui il Consiglio regionale aveva rilevato l'esistenza
di  alcune  ragioni  di   fondo   a   sostegno   dell'operazione   di
distacco-aggregazione. 
    10.6. - Come e'  noto,  il  nostro  ordinamento  non  prevede  un
generale obbligo di motivazione delle leggi e  la  giurisprudenza  di
questa Corte ha in piu' di una occasione ribadito tale  affermazione,
evidenziando pero' come l'inesistenza di quest'obbligo possa soffrire
alcune eccezioni, in relazione ad alcuni specifici aspetti. 
    Qui rileva, in particolare, la sentenza n. 14 del 1964, la  quale
afferma che «di norma, non e' necessario che l'atto  legislativo  sia
motivato, recando la legge in se', nel sistema che  costituisce,  nel
contenuto e nel carattere dei suoi comandi, la giustificazione  e  le
ragioni della propria apparizione nel mondo del diritto» (punto 3 del
Considerato in diritto). 
    Tale assenza di  un  obbligo  di  motivare  le  leggi  e'  dunque
chiaramente ricostruita come una situazione che caratterizza  non  la
totalita', ma la normalita' dei casi. Dunque, non  esclude  che  -  a
causa di norme costituzionali speciali - questo obbligo  sussista  in
singoli e specifici casi. 
    La violazione di tale  obbligo,  del  resto,  e'  stata  talvolta
sanzionata con  una  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale
della legge dalla stessa Corte (si veda, al riguardo, la sent. n.  54
del 1962, nella quale il vizio invalidante  viene  individuato  nella
mancanza,  nell'atto  normativo  oggetto  del   giudizio,   di   ogni
«indicazione (...) di dati  attraverso  i  quali  si  manifestino  in
qualche modo i fini di utilita' sociale e i criteri ai quali all'uopo
la legge stessa si sarebbe ispirata»). 
    L'art.  132,  secondo  comma,  Cost.  rappresenta   evidentemente
l'esempio di una norma costituzionale che disciplina un  procedimento
atipico, il quale - tra le peculiarita' che puo' vantare rispetto  al
procedimento tipico - prevede la necessita'  di  sentire  i  Consigli
regionali  e  dunque,  di  render  conto  dei  motivi  per  i  quali,
eventualmente, si sia ritenuto di non uniformarsi al punto  di  vista
da questi ultimi espresso. 
    Sul punto pare importante una precisazione. 
    Cio' che e' necessario perche' sia rispettato l'art. 132, secondo
comma, Cost., non e' genericamente, la indicazione dei motivi  per  i
quali si procede alla  operazione  di  distacco-aggregazione  bensi',
specificamente, la indicazione delle ragioni per le quali  le  Camere
non abbiano ritenuto di poter condividere i punti di  vista  espressi
dai  Consigli  regionali  e,   dunque,   si   siano   (eventualmente)
determinate in senso contrario rispetto ai pareri acquisiti. 
    Posto che la normativa speciale - rispetto a quella che regola il
comune e ordinario procedimento legislativo - e' caratterizzata dalla
acquisizione dei menzionati pareri,  e'  solo  ed  esclusivamente  in
ragione  di  questi  che  si  giustifica  l'esistenza  dell'onere  di
motivazione. Quest'ultimo e' soddisfatto  sol  che  sia  presente  la
esposizione delle ragioni che hanno spinto a  decisioni  contrastanti
con il parere  dei  Consigli,  senza  che  sia  necessaria  una  piu'
generale indicazione dei «motivi» della legge; e d'altra  parte,  pur
presenti questi ultimi, tale onere non puo' ritenersi soddisfatto ove
invece manchi la prima. 
    Cio', peraltro, e' precisamente quanto  si  e'  verificato  nella
vicenda de qua. 
    L'art.  1  della  legge  impugnata,  infatti,  che   dispone   il
distacco-aggregazione dei sette comuni in questione, afferma che cio'
avviene  «in  considerazione  della  loro  particolare   collocazione
territoriale e dei peculiari legami storici,  economici  e  culturali
con i comuni limitrofi della  medesima  provincia  [di  Rimini]».  Si
tratta di una precisazione da un lato non necessaria e dall'altro non
in grado di soddisfare quanto richiesto  dalla  norma  costituzionale
che in questa sede si  invoca  a  parametro.  Le  parole  piu'  sopra
riportate, infatti, indicano i generali motivi che stanno  alla  base
della deliberazione legislativa, senza pero' confrontarsi - e rendere
ragione di tale confronto - con gli  argomenti  proposti  nel  parere
regionale. 
    10.7.  -  Se  non  e'  previsto  un  generalizzato   obbligo   di
motivazione delle leggi, non esistono nemmeno specifiche prescrizioni
che disciplinino le modalita' in cui  tale  motivazione  deve  essere
resa nei casi in cui essa e' necessaria. 
    Di  qui  l'insussistenza  della  necessita'  di   ottemperare   a
formalita' specifiche per adempiere all'obbligo di motivazione. Ma e'
sufficiente e necessario che  le  ragioni  per  le  quali  le  Camere
abbiano ritenuto  di  adottare  una  decisione  difforme  dal  parere
consiliare siano espresse ed esteriorizzate in qualche  atto  formale
caratterizzato da un regime di pubblicita'. 
    L'obbligo di motivazione, nei rari casi  in  cui  deve  ritenersi
sussistente nel nostro ordinamento, puo' dunque essere assolto in una
pluralita' di modi.  Ma  la  vicenda  che  da'  origine  al  presente
giudizio si caratterizza per la totale assenza di  atti  formali  dai
quali sia possibile non solo comprendere le ragioni che hanno indotto
le Camere ad  adottare  una  determinazione  che  si  discostava  dai
contenuti espressi nel parere reso dall'Assemblea  legislativa  della
Regione Marche. Manca  qualsiasi  elemento  o  indicazione  nell'atto
legislativo, da cui piu'  semplicemente  si  possa  evincere  che  il
parere regionale sia stato effettivamente e sostanzialmente preso  in
considerazione nell'ambito dei lavori parlamentari che hanno condotto
alla approvazione della legge n. 117 del 2009. 
    Come accennato in narrativa, infatti, manca ogni  riferimento  ai
pareri dei Consigli regionali obbligatori  ai  sensi  dell'art.  132,
secondo comma, Cost., sia nella formula di promulgazione da parte del
Presidente della Repubblica. E' stata utilizzata quella prevista  per
le comuni leggi ordinarie («La Camera dei deputati ed il Senato della
Repubblica  hanno   approvato;   il   Presidente   della   Repubblica
promulga»), anziche' quella espressamente contemplata  dall'art.  46,
comma 3, della legge n. 352 del 1970 per le  leggi  atipiche  di  cui
all'art. 132, secondo comma, Cost., («La Camera dei  deputati  ed  il
Senato della  Repubblica,  a  seguito  del  risultato  favorevole  al
referendum indetto in data ..., hanno approvato; il Presidente  della
Repubblica promulga»). 
    Nessun richiamo al parere del Consiglio della Regione Marche  nel
messaggio per il cui tramite il Presidente del  Senato  ha  attestato
l'approvazione definitiva del disegno di legge. 
    In esso,  infatti,  si  legge:  «Attesto  che  la 1ª  Commissione
permanente  (Affari  costituzionali,  affari  della  Presidenza   del
Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello  Stato  e  della
Pubblica  amministrazione),  il  29  luglio  2009,  ha  approvato  il
seguente disegno di legge, gia' approvato dalla Camera  dei  deputati
in  un  testo  risultante  dall'unificazione  dei  disegni  di  legge
d'iniziativa dei  deputati  Pizzolante,  Marchioni  e  Stracquadanio;
Pini, Paolini e Raisi». 
    Difetta ogni anche pur sintetico riferimento non solo  ai  motivi
che hanno indotto le  Camere  a  respingere  i  rilievi  critici  nei
confronti   dell'operazione   di   distacco-aggregazione    sollevati
dall'Assemblea  legislativa  della  Regione  Marche  ma  anche   alla
semplice circostanza secondo la quale tale parere  (congiuntamente  a
quello   del   Consiglio   regionale   dell'Emilia-Romagna,    invece
favorevole)  sia  stato  effettivamente   preso   in   considerazione
nell'ambito dei lavori parlamentari. 
    I citati motivi, inoltre, non sono desumibili neanche  dal  testo
della legge esitata dalle Camere, come pure  -  seguendo  il  modello
fatto proprio dalla gia' menzionata sentenza di questa  Corte  n.  54
del 1962 - sarebbe stato lecito attendersi. 
    E' vero che nell'art. 1 della legge  impugnata  si  legge  che  i
sette comuni interessati vengono  fatti  oggetto  dell'operazione  di
distacco-aggregazione  «in  considerazione  della  loro   particolare
collocazione territoriale e dei peculiari legami storici, economici e
culturali  con  i  comuni  limitrofi  della  medesima  provincia  [di
Rimini]». 
    Cio' non deve pero' trarre in inganno. 
    Quel che l'art. 132, secondo comma, Cost.,  richiede,  in  virtu'
della  sua  particolarita'  procedimentale,  non  e'   una   generica
indicazione dei motivi che hanno sostenuto l'approvazione della legge
di variazione territoriale. Piuttosto, la  necessarieta'  del  parere
dei Consigli regionali comporta che le Camere, dopo aver dedicato una
espressa  considerazione  a  tale  parere,  rendano  conoscibili   le
specifiche ragioni in forza delle quali esse si  siano  eventualmente
determinate in senso difforme rispetto ai  punti  di  vista  espressi
dalle regioni interessate. 
    Sarebbe dunque stato necessario fare riferimento  non  gia',  del
tutto   genericamente,    alle    vicende    storico-culturali    che
caratterizzano i territori in questione, ma - piu'  specificamente  -
alla  ritenuta  impraticabilita'  o  insufficienza  delle   soluzioni
alternative che l'Assemblea legislativa della  Regione  Marche  aveva
indicato come preferibili ed aveva affermato - oltretutto -  di  aver
gia' provveduto a mettere in atto per venire incontro  alle  esigenze
dei comuni interessati. 
    Il menzionato passo della legge oggetto del presente giudizio non
e' dunque in grado di renderla  immune  dai  vizi  di  illegittimita'
costituzionale che qui vengono denunciati. 
    Ancora, neanche le relazioni delle Commissioni in sede referente,
del resto, valgono a colmare questa lacuna. Come gia' accennato nelle
premesse, nel corso della seduta di Assemblea del 4 maggio  2009,  la
relatrice Dal Lago, nella  sua  relazione  orale,  si  limita  a  far
presente che «quanto ai  pareri  delle  due  regioni  interessate  il
Consiglio regionale delle Marche ha reso il proprio parere  in  senso
contrario al distacco con la deliberazione n. 84 del 17  marzo  2008,
mentre la Regione Emilia-Romagna si e' espressa in  senso  favorevole
alla aggregazione con la  determinazione  dell'Assemblea  legislativa
del 14 novembre 2007». Si prende atto, dunque, dell'esistenza  di  un
parere contrario esitato da  parte  di  uno  dei  Consigli  regionali
interessati, ma non ci si preoccupa  minimamente  di  affrontare  nel
merito i pur importanti rilievi sostanziali che  -  come  evidenziato
nella parte «in fatto» del presente ricorso - esso  aveva  mosso  nei
confronti dell'operazione di distacco-aggregazione. 
    Ancora, in nessuna delle relazioni di accompagnamento ai progetti
di  legge  che  hanno  dato  avvio  alla  procedura  parlamentare  di
approvazione della legge n. 117  del  2009  e'  contenuto  il  minimo
accenno al parere sfavorevole gia'  deliberato  dal  Consiglio  della
Regione Marche. 
    Infine, ci si  sarebbe  potuti  aspettare  la  presenza  di  tale
motivazione in un atto non legislativo, approvato da ciascuna Camera,
o anche da una sola di esse, congiuntamente  o  successivamente  alla
approvazione del progetto di legge. Cosi' non e' stato, nonostante  -
in particolare al Senato - non sia mancata l'occasione. 
    Come si e' gia' avuto modo di mettere in evidenza  in  narrativa,
infatti, in occasione della approvazione definitiva  da  parte  della
Commissione senatoriale competente, quest'ultima ha  anche  approvato
un ordine del giorno (doc. 18), che - secondo  quanto  affermato  dal
relatore Ceccanti - sarebbe risultato volto a tenere «conto anche dei
pareri espressi in senso favorevole dalla Regione Emilia-Romagna e in
senso contrario dalla Regione Marche, anche  se  non  sulla  base  di
osservazioni particolarmente ostative». 
    Ebbene, leggendo il testo dell'ordine del giorno, non e' in alcun
modo possibile individuare alcun passaggio in cui si sarebbe  «tenuto
conto» del parere della Consiglio regionale delle  Marche.  Cio'  non
solo - ovviamente - nella parte dispositiva dell'atto approvato dalla
Commissione, ma anche nelle premesse, le quali  cosi'  recitano:  «Il
Senato della Repubblica, premesso che l'approvazione del  disegno  di
legge riguardante il distacco di alcuni comuni dalla Regione Marche e
la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna,  nell'ambito  della
Provincia di Rimini, costituisce la prima applicazione del  principio
costituzionale sancito dall'art. 132, secondo comma;  il  disegno  di
legge n. 1552 stabilisce che entro un  anno  dall'entrata  in  vigore
della legge ogni procedura, atto ed affare amministrativo dello Stato
e degli enti locali sia attribuito  alle  competenze  dei  rispettivi
organi e uffici nell'ambito della Provincia di Rimini o della Regione
Emilia-Romagna e che entro centottanta giorni  vengano  rideterminate
le tabelle delle  relative  circoscrizioni  dei  collegi  elettorali;
impegna il Governo (...)». Anche in questo caso,  come  si  vede,  in
nessun  modo  viene  preso   in   considerazione   il   parere   reso
dall'Assemblea  legislativa  della  Regione  Marche,  nonostante   le
contrarie dichiarazioni del relatore. 
    10.8. - Come  gia'  accennato  nelle  pagine  che  precedono,  la
Regione Marche e' convinta che - quand'anche si dovesse ritenere  che
la norma contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., non  implichi
la necessita' di esternare, mediante un atto  formale  caratterizzato
da un regime di pubblicita', le ragioni per le  quali  le  Camere  si
sono determinate in senso  difforme  dai  pareri  resi  dai  Consigli
regionali ai sensi della sopra citata disposizione  costituzionale  -
la medesima norma, comunque, imponga almeno che  le  motivazioni  che
sostengono i  pareri  negativi  eventualmente  resi  dalle  Assemblee
rappresentative delle regioni debbano effettivamente essere presi  in
considerazione nell'ambito dei lavori parlamentari. 
    E'  agevole  mostrare  come  neanche  questa  sia  pur   «minima»
condizione si sia verificata. 
    10.9. - Sono facilmente  rilevabili  alcuni  dati  che  depongono
inequivocabilmente in direzione opposta. 
    Innanzi tutto, nessuno degli atti formali disponibili - e gia' in
precedenza richiamati - menziona l'avvenuta considerazione dei  punti
di vista espressi dall'Assemblea legislativa  della  Regione  Marche.
Cio' vale per l'atto di promulgazione esitato  dal  Presidente  della
Repubblica, per il messaggio del Presidente del  Senato  con  cui  e'
stata attestata l'approvazione della proposta di legge,  nonche'  per
le relazioni delle Commissioni in sede  referente  e  per  quelle  di
accompagnamento ai progetti di legge da cui le Camere hanno preso  le
mosse. 
    D'altra parte, al di la' delle attestazioni formali contenute nel
messaggio del Presidente del Senato, non si riesce in  alcun  modo  a
reperire la  prova  dell'avvenuta  «presa  in  considerazione»  delle
ragioni  sottoposte  all'attenzione  del  Parlamento  da  parte   del
Consiglio  regionale   delle   Marche.   Anzi,   la   lettura   della
documentazione concernente i lavori parlamentari fornisce indicazioni
di segno assolutamente contrario. 
    Si puo' rilevare, innanzi tutto, come dal  resoconto  dei  lavori
della Commissione  competente  della  Camera  dei  deputati  in  sede
referente, come evidenziato piu' diffusamente nella  parte  narrativa
del presente atto, il parere contrario del Consiglio regionale  delle
Marche e' stato semplicemente «menzionato»  in  alcuni  passaggi  del
procedimento ma anche questi richiami sono stati soltanto formali: il
parere e' stato «liquidato» come dato del tutto  trascurabile  e  non
meritevole di alcun approfondimento. 
    Ne' in senso contrario possono essere invocate  le  dichiarazioni
dell'on. Stracquadanio e dell'on Pini (rispettivamente  nelle  sedute
del 13 gennaio e del giorno 11 febbraio 2008), i quali hanno ritenuto
di poter individuare le «vere» ragioni del  parere  negativo  esitato
dall'Assemblea legislativa marchigiana «nel timore che, a causa della
diminuzione di popolazione, la Provincia di Pesaro e Urbino  abbia  a
rimetterci nei  trasferimenti  erariali»  (Stracquadanio)  e  in  non
meglio precisati «motivi prettamente politici» (Pini). 
    E' infatti evidente che, cosi' facendo, i due deputati non  hanno
contribuito in alcun modo  a  far  si'  che  l'onere  di  considerare
«sostanzialmente» le ragioni proposte  dal  Consiglio  della  Regione
Marche fosse assolto. Non sono state compiute valutazioni sul  merito
di dette ragioni, ma sono state citate le presunte «vere» ragioni del
parere negativo, al di la' e senza alcuna  considerazione  di  quelle
che risultavano dal testo di quest'ultimo. 
    Considerazioni non dissimili valgono anche per quel che  concerne
il successivo esame in Assemblea. Neppure in questa sede, infatti, il
punto di vista  espresso  dall'Assemblea  legislativa  della  Regione
Marche  e'  stato  ritenuto  meritevole  di   alcuna   considerazione
specifica. Il primo rilievo che puo' essere svolto in questa sede  al
riguardo - e rinviando ancora una volta alla narrativa per  quel  che
concerne una descrizione piu' dettagliata degli accadimenti rilevanti
- e' che sovente nel dibattito l'unico parere regionale richiamato e'
quello - favorevole - della Regione Emilia-Romagna. In questo  senso,
si  vedano,  ad  esempio,  gli  interventi  dei  deputati  Marchioni,
Pizzolante e Gozi citati nelle premesse del presente ricorso. 
    In altre circostanze il parere dell'Assemblea delle Marche  viene
solo menzionato, evocato, senza pero' essere preso in  considerazione
nella sua parte motiva. Cosi' accade,  ad  esempio,  nella  relazione
dell'on. Dal Lago e nell'intervento dell'on. Zaccaria  (anche  questi
richiamati nelle premesse). 
    Ancora, talvolta il senso del parere regionale  viene  del  tutto
travisato (si veda l'intervento dell'on. Stucchi, il  quale  discorre
di «unanimita'  di  consensi»),  o  comunque  fatto  oggetto  di  una
considerazione del tutto parziale. Cio' accade, ad esempio, in quegli
interventi che fanno leva sul riconoscimento,  contenuto  nel  parere
del Consiglio della Regione Marche,  dell'esistenza  di  ragioni  non
peregrine alla base dell'operazione di  distacco-aggregazione,  senza
pero' neanche menzionare quella parte del parere in cui  invece  sono
illustrate le ragioni - ritenute dal Consiglio regionale  di  maggior
peso rispetto a quelle di segno opposto  -  contrarie  alla  suddetta
operazione. Al riguardo, si  puo'  ancora  una  volta  rinviare  alle
premesse del presente ricorso, ove viene integralmente  riportato  il
brano dell'intervento dell'on. Vassallo rilevante in questa sede. 
    10.10. - L'esame  dei  lavori  del  Senato  conduce  ad  analoghe
conclusioni. 
    Nel corso dei lavori in Commissione nella sede referente, solo il
relatore sen. Ceccanti richiama  il  parere  negativo  dell'Assemblea
marchigiana. Anche in questo caso, pero', in termini solo  formali  e
senza dar conto in alcun modo delle ragioni che hanno sostenuto  tale
parere, come mostra  la  citazione  testuale  piu'  sopra  riportata.
Evidente la sottovalutazione del parere non favorevole della  regione
anche nelle parole del sottosegretario Davico, in rappresentanza  del
Governo, il quale afferma che «la  proposta  di  cui  si  tratta  non
presenta profili problematici».  Ovviamente,  anche  in  questo  caso
manca ogni riferimento al parere della Regione Marche. 
    Quanto ai lavori della Commissione in sede deliberante, gli unici
riferimenti al parere regionale sono reperibili in un intervento  del
sen.  Ceccanti  e  in  quanto  affermato  dal  sen.  Saltamartini  in
occasione della approvazione definitiva. 
    Il primo afferma che l'ordine  del  giorno  (doc.  18)  approvato
congiuntamente al progetto di legge «tiene  conto  anche  dei  pareri
espressi in senso favorevole dalla Regione Emilia-Romagna e in  senso
contrario  dalla  Regione  Marche,  anche  se  non  sulla   base   di
osservazioni particolarmente ostative».  Si  e'  gia'  mostrato  piu'
sopra come tali parole non corrispondono a quanto risulta dal  parere
del Consiglio regionale. 
    Il secondo, invece, si limita alla apodittica e  non  argomentata
affermazione secondo la quale «questa proposta di distacco  e'  stata
sottoposta a referendum presso le  popolazioni  interessate  e  tiene
conto dei pareri espressi  dalle  Regioni  Emilia-Romagna  e  Marche;
quest'ultima, come ha ricordato  il  collega  Ceccanti,  ha  espresso
parere  contrario».  E'  evidente  che  queste  parole   forzano   la
ricostruzione del modo in cui si e' svolto il procedimento. 
    10.11.  -  In  sintesi,   riguardo   alla   mancata   «presa   in
considerazione», da parte delle Assemblee parlamentari, del punto  di
vista espresso dal Consiglio della regione ricorrente,  e'  possibile
osservare quanto segue. 
    Le  ragioni  reperibili  nel   parere   negativo   dell'Assemblea
regionale erano le seguenti: 
        a) quella secondo la  quale  -  pur  prendendosi  atto  delle
ragioni poste a fondamento  dell'istanza  di  modifica  territoriale,
ossia  delle  ragioni  «di  integrazione  economica  e  sociale,   di
localizzazione  delle   reti   di   trasporto   pubblico   locale   e
comunicazione e  di  senso  di  appartenenza  materiale  al  contesto
territoriale che governa la vita quotidiana della popolazione» - sono
«maggiormente opportune, efficaci ed economiche azioni programmatorie
sul territorio interessato ed interventi concordati fra i  vari  enti
locali della Valle del Marecchia e le regioni interessate,  piuttosto
che  distacchi  territoriali  di  alcuni  comuni   da   una   regione
all'altra»; 
        b)  quella   secondo   la   quale   «proprio   per   favorire
l'aggregazione  economica  e  sociale  dei  territori   della   Bassa
(Emilia-Romagna) ed Alta (Marche) Valmarecchia, e' stato sottoscritto
in data 1°  marzo  2007  uno  specifico  protocollo  d'intesa  tra  i
Presidenti delle due regioni e delle due province  interessate,  allo
scopo di avviare a soluzione i problemi sollevati dalle popolazioni e
dalle amministrazioni locali interessate» (doc. 12); 
        c) quella secondo la  quale  «tra  i  comuni  interessati  al
distacco territoriale e  gli  altri  enti  locali  marchigiani  e  la
Regione Marche si sono consolidati nel  tempo  positivi  rapporti  di
collaborazione interistituzionale che e' opportuno mantenere»; 
        d) quella che pone in evidenza «comunque l'esigenza  primaria
di  mantenimento  dell'attuale  assetto   territoriale,   sociale   e
culturale nonche' dell' immagine unitaria della regione, della  quale
i comuni  interessati  rappresentano  una  parte  significativa,  pur
prendendo atto della  particolarissima  situazione  territoriale  dei
comuni dell'Alta Valmarecchia». 
    Il Consiglio regionale delle Marche, dunque,  aveva  riconosciuto
l'esistenza di ragioni plausibili per il  distacco-aggregazione  (sub
a), ritenendo pero' preferibili, in quanto  piu'  efficaci  ed  anche
piu' economiche, azioni di  diverso  tipo  (sub  a)  ed  evidenziando
altresi' di avere gia' intrapreso specifiche iniziative in tal  senso
d'intesa con la Regione Emilia-Romagna (sub b).  Inoltre,  il  parere
citato propone all'attenzione  delle  Camere  due  ulteriori  ragioni
contrarie al distacco-aggregazione: l'esistenza di «positivi rapporti
di collaborazione interistituzionale che e' opportuno mantenere» (sub
d) e l' «esigenza primaria» di garantire l' «immagine unitaria  della
Regione» (sub d). 
    Ebbene, dal resoconto svolto nelle premesse del presente  atto  e
richiamato sommariamente piu' sopra, emerge chiaramente  che  nessuna
di  queste  ragioni   e'   stata   oggetto   della   benche'   minima
considerazione nello svolgimento dell'intero iter legislativo. Il che
non puo' che deporre decisamente per l'accoglimento  della  questione
di legittimita' costituzionale proposta nel presente giudizio. 
    10.12. - Infine, nel senso appena indicato, risulta dirimente,  a
giudizio della ricorrente, la seguente considerazione. 
    Anche ove si  volesse  ritenere  che  la  mera  «conoscenza»  (o,
addirittura, «presunzione di conoscenza») del  parere  da  parte  dei
componenti delle Assemblee parlamentari sia sufficiente a  dimostrare
che questi ultimi abbiano effettivamente - sia pure  nel  loro  «foro
interno» - tenuto conto delle ragioni del Consiglio  regionale  delle
Marche, e' agevole  mostrare  che  tale  ipotesi  non  puo'  comunque
essersi verificata. 
    Non puo' non essere determinante, al  riguardo,  la  circostanza,
gia' segnalata nella parte «in fatto» del presente  ricorso,  secondo
la quale nel c.d.  «fascicolo  d'Assemblea»,  contrassegnato  dal  n.
63-177-A (doc. 16) e posto a disposizione di  tutti  i  membri  della
Camera dei deputati ai fini dell'esame e dell'approvazione del  testo
legislativo,  risultano  inclusi  i  pareri  delle  due   Commissioni
competenti in sede consultiva e, ovviamente, il testo  unificato  del
progetto di legge approvato  dalla  Commissione  in  sede  referente,
mentre risultano assenti i due fondamentali  atti  costituzionalmente
necessari ai sensi dell'art.  132,  secondo  comma,  Cost.,  ossia  i
pareri    delle    regioni    interessate    dalla    procedura    di
distacco-aggregazione. 
    D'altra parte,  anche  presso  il  Senato  della  Repubblica,  lo
stampato n. 1552 (doc. 17) - recante il testo del  disegno  di  legge
approvato dalla  Camera  dei  deputati  -  non  contiene  neppure  la
menzione dei pareri espressi dalle Assemblee  legislative  delle  due
regioni. 
    Non stupisce, insomma, che -  come  mostrato  piu'  sopra  -  gli
argomenti  proposti  dal  parere  dell'Assemblea  legislativa   della
Regione  Marche  non  siano  stati  oggetto  di  considerazione   nel
dibattito parlamentare. Come risulta chiaramente dalla documentazione
ora  richiamata,  i  deputati  (e  i  senatori  della  I  Commissione
permanente) non sono stati neanche messi in condizione  di  conoscere
il parere mediante una lettura diretta. Non potevano  certo,  dunque,
formarsi alcuna specifica opinione al riguardo. 
    11. - Illegittimita' costituzionale delle legge 3 agosto 2009, n.
117, per violazione del principio di leale collaborazione. 
    11.1. - La legge n. 117 del 2009, in questa  sede  impugnata,  e'
costituzionalmente illegittima anche per violazione del principio  di
leale  collaborazione  cosi'  come  elaborato  nella   giurisprudenza
costituzionale. 
    Al riguardo, la ricorrente ritiene opportuno avvertire di  essere
consapevole che - secondo il costante insegnamento di questa Corte  -
non sono previste forma di necessaria interlocuzione, da parte  delle
Camere, con gli enti degli ordinamenti regionali in  occasione  dello
svolgimento della funzione legislativa (si vedano, ex  multis,  sent.
n. 272 del 2005 e sent. n. 196 del 2004). 
    La ricorrente e' pero' altrettanto consapevole  dell'affermazione
- anch'essa ben radicata nella giurisprudenza di questa Corte - della
«pervasivita'» del principio di leale collaborazione, il quale impone
che le relazioni tra  i  soggetti  istituzionali  (intercorrano  esse
nell'ambito di un livello di Governo, o  tra  i  diversi  livelli  di
Governo che insieme compongono la Repubblica) siano sempre improntate
al reciproco rispetto e considerazione (cfr., ad es. sent. n. 149 del
2007, e sent. n. 470 del  1988,  nella  quale  si  evidenzia  che  il
principio di leale cooperazione «deve necessariamente  caratterizzare
i rapporti tra organi statali e regionali»). 
    Tale principio, se certo non e' in grado, in generale, di fondare
un obbligo di interlocuzione nell'ambito dell'esercizio normale della
funzione legislativa,  secondo  quanto  appena  ricordato,  e'  pero'
assolutamente determinante per definire gli obblighi che  gravano  in
capo alle Camere nell'ambito della  speciale  procedura  disciplinata
dall'art. 132, secondo comma, Cost. 
    Come ha in piu'  di  una  occasione  riconosciuto  questa  stessa
Corte, infatti, il principio di  leale  collaborazione  «per  la  sua
elasticita'  consente  di  avere  riguardo  alla  peculiarita'  delle
singole situazioni» (sent. n. 26 del 2008; sent. n. 50 del 2005).  Da
cio' si  ricava  che  -  se  ordinariamente  le  Camere  non  possono
ritenersi gravate di alcun obbligo di facere nei confronti di  organi
regionali - dinanzi alla «peculiarita'» della «statuizione» contenuta
nell'art. 132, secondo comma, Cost., consistente (per  quel  che  qui
interessa) nella necessaria partecipazione, sia pure nella  forma  di
un parere meramente obbligatorio e non certo vincolante, dei Consigli
regionali interessati, non si puo' fare a meno  di  ritenere  che  il
«rispetto» e la «considerazione» di chi ha reso il parere  comportino
necessariamente che tale atto sia espressamente esaminato  e  che  il
soggetto istituzionale che lo ha reso sia messo nelle  condizioni  di
conoscere le ragioni  in  virtu'  delle  quali  le  Camere  si  siano
eventualmente determinate in senso difforme. 
    Da questo punto di vista,  non  puo'  non  essere  richiamato  ad
esempio l'art. 138 del regolamento del Senato, nel quale si prevedono
specifiche  modalita'  di  relazione   interistituzionale   allorche'
debbano essere esaminati «voti» delle regioni. La disposizione  cosi'
stabilisce: «1. I voti presentati dalle  regioni  vengono  comunicati
all'Assemblea e trasmessi alla Commissione  competente  per  materia.
L'esame in Commissione puo' concludersi con una relazione al Senato o
con una risoluzione che inviti il Governo a provvedere. 2. I voti, se
hanno attinenza a disegni di legge gia' assegnati a Commissioni, sono
inviati alle Commissioni stesse e discussi congiuntamente ai  disegni
di legge». 
    Da quanto si  e'  dettagliatamente  esposto  nelle  premesse  del
presente ricorso, dell'applicazione di questa  disciplina  nel  corso
dell'iter legislativo presso  il  Senato  non  e'  rinvenibile  alcun
riscontro, cosicche' quelle pur minime garanzie  di  «considerazione»
esplicita della posizione istituzionale delle regioni ivi contemplate
sono risultate del tutto frustrate. 
    Del  resto,  sotto  un   piu'   limitato   profilo,   rappresenta
affermazione ricorrente nella giurisprudenza costituzionale  -  tanto
da costituirne ormai una acquisizione largamente consolidata - che il
minimum che deve caratterizzare, in virtu'  del  principio  di  leale
collaborazione, le relazioni tra i  soggetti  che,  a  vario  titolo,
intervengono   in   un   medesimo    ciclo    funzionale,    consiste
nell'assolvimento di semplici - ma, come dimostra il caso di  specie,
non per questo meno importanti - oneri di mutua informazione. 
    Sul punto, si veda, ad es., la sent. n.  359  del  1985,  ove  si
evidenzia  che  la  «piu'  elementare  e  generale  espressione»  del
principio di leale collaborazione «sta nell'imposizione del dovere di
mutua informazione» (al riguardo, si vedano inoltre,  tra  le  tante,
anche la sent. n. 93 del 1997, la sent. n. 618 del 1988 e la sent. n.
153 del 1986). 
    Se, dunque, da questo punto  di  vista,  il  principio  di  leale
collaborazione esige, in generale, che i  soggetti  istituzionali  la
cui attivita' entri in contatto  nell'ambito  di  un  medesimo  ciclo
funzionale siano tenuti, quantomeno, ad uno scambio di  informazioni,
cio' comporta, nel caso qui in discussione, che le Camere  (o  almeno
quella che ha approvato per ultima il progetto  di  legge)  avrebbero
dovuto portare direttamente a conoscenza della Regione Marche, con un
proprio atto formale a questa destinato, le risultanze dell'esplicita
considerazione del parere espresso dall'Assemblea  legislativa  della
regione e le ragioni per le quali avevano ritenuto di determinarsi in
senso contrario rispetto ai contenuti dell'atto regionale. 
    La ricorrente, tuttavia, nel prospettare la presente  censura  di
legittimita'  costituzionale,  ritiene  che  -  viste   le   assolute
peculiarita' che caratterizzano il procedimento di cui all'art.  132,
secondo comma,  Cost.,  il  quale  «straordinariamente»  impone  alle
Camere di interloquire con altri enti in vista  dell'esercizio  della
propria funzione legislativa  -  l'obbligo  di  leale  collaborazione
nella vicenda  in  questione  potesse  essere  soddisfatto  non  gia'
necessariamente nel modo appena  accennato,  ma  anche  semplicemente
dall'esistenza  della  possibilita',  per  il  Consiglio   regionale,
di «informarsi» circa l'avvenuta espressa considerazione del  proprio
parere da parte delle due Camere e di venire a conoscenza dei  motivi
posti a sostegno della decisione parlamentare di segno contrario, per
mezzo di atti formali dotati di  una  adeguata  pubblicita'.  E  tale
possibilita', per quanto si e' ampiamente documentato, e' venuta  del
tutto  a  mancare  nel  procedimento  legislativo  che  ha   condotto
all'approvazione della legge impugnata. 
    Per tutte le ragioni appena esposte, non puo' che concludersi che
il richiamato principio di «reciproco rispetto e considerazione»  tra
gli  organi  istituzionali  -  e  dunque  il   principio   di   leale
collaborazione - debba ritenersi senz'altro violato ove, in  presenza
di una norma costituzionale speciale, quale quella da ultimo  citata,
che  impone  l'espressione  del   parere   dei   Consigli   regionali
interessati, non si consenta a questi ultimi di rendersi  consapevoli
- mediante atti formali - dell'avvenuta considerazione di  tale  atto
da parte dei due  rami  del  Parlamento  e  dei  motivi  che  abbiano
sostenuto  l'adozione  della   legge   di   variazione   territoriale
nonostante la contrastante posizione espressa dalla regione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si  chiede  che  questa  ecc.ma  Corte  costituzionale   dichiari
l'illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117. 
        Firenze-Roma, addi' 12 ottobre 2009 
 
                      Avv. prof. Stefano Grassi