N. 95 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2009
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 ottobre 2009 (della Regione Marche). Regioni - Variazioni territoriali - Distacco dalla Regione Marche dei Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello e loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini - Parere contrario dell'Assemblea legislativa della Regione Marche - Lamentata omessa valutazione del merito del parere e omessa esplicitazione dei motivi per i quali il parere medesimo e' stato disatteso in sede di procedimento legislativo, nonche' difetto della formula di promulgazione da parte del Presidente della Repubblica - Ricorso della Regione Marche - Denunciata invalidita' della legge dal punto di vista formale, lesione della posizione istituzionale della Regione Marche, violazione del principio di leale collaborazione. - Legge 3 agosto 2009, n. 117. - Costituzione, art. 132, comma secondo.(GU n.48 del 2-12-2009 )
Ricorso della Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazioni della Giunta regionale n. 1345 del 7 settembre 2009 e n. 1518 del 28 settembre 2009 (docc. 1 e 2), rappresentato e difeso dall'avv. prof. Stefano Grassi ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, piazza Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del notaio Sabatini di Ancona, n. rep. 49474 del 15 settembre 2009 (doc. 3 ); Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117 (Distacco dei Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabili, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla Regione Marche e loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini, ai sensi dell'art. 132, secondo comma, della Costituzione), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 14 agosto 2009, n. 188, per violazione dell'art. 132, secondo comma, della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione cosi' come elaborato nella giurisprudenza della Corte costituzionale. P r e m e s s e 1. - La legge 3 agosto 2009, n. 117, ha disposto il distacco dalla Regione Marche dei Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabili, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello e la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini, in attuazione di quanto disposto dall'art. 132, secondo comma, Cost. La formula di promulgazione utilizzata e' quella prevista per le comuni leggi ordinarie, secondo la quale «La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; il Presidente della Repubblica promulga». La legge non utilizza la formula espressamente prevista dall'art. 46, comma 3, della legge n. 352 del 1970 per le leggi atipiche di cui all'art. 132, secondo comma, Cost., secondo la quale «La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica, a seguito del risultato favorevole al referendum indetto in data ..., hanno approvato; il Presidente della Repubblica promulga». Il testo della legge impugnata e' costituito da soli tre articoli: l'art. 1, che dispone il distacco-aggregazione dei sette comuni in questione, limitandosi a precisare che cio' avviene «in considerazione della loro particolare collocazione territoriale e dei peculiari legami storici, economici e culturali con i comuni limitrofi della medesima provincia [di Rimini]»; l'art. 2, che prevede una specifica disciplina sostanziale e procedimentale, con fissazione di termini perentori assai brevi, per gli adempimenti amministrativi necessari all'attuazione in concreto del distacco-aggregazione; l'art. 3, che stabilisce la data di entrata in vigore della legge nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, in considerazione - come espressamente dichiarato dalla relatrice Dal Lago nella sua relazione all'Assemblea della Camera dei deputati - «dell'urgenza, che sussisteva al momento in cui e' stato definito il testo base, di consentire l'entrata in vigore del provvedimento in tempo utile per le prossime elezioni amministrative, che comunque sara' tempo utile per le prossime elezioni regionali del 2010». La legge, come accennato e come esplicitamente emerge dalla sua stessa intitolazione, costituisce attuazione della previsione costituzionale contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., secondo la quale «si puo', con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della provincia o delle province interessate e del comune o dei comuni interessati espressa tramite referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che province e comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una regione ed aggregati ad un'altra». Si tratta in assoluto della prima legge di questo genere in tutta la storia repubblicana. 2. - Il procedimento di formazione della legge impugnata, in attuazione di quanto dispongono gli artt. 41 e ss. della legge n. 352 del 1970, ha avuto inizio con la richiesta di referendum formulata dai sette comuni interessati con distinte delibere adottate tra il marzo e l'aprile 2006 e dichiarata legittima con ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum del 27 giugno 2006. Il referendum e' stato indetto con decreto del Presidente della Repubblica del 25 settembre successivo e si e' svolto nei giorni 17 e 18 dicembre 2006. Come risulta dal comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2006, al referendum ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto al voto e il risultato e' stato favorevole al distacco territoriale dei sette comuni dalla Regione Marche e alla loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna. Successivamente alla proclamazione dei risultati del referendum, il Governo, con nota del Ministro per gli affari regionali del marzo 2007 (doc. 4), ha provveduto ad investire i Presidenti delle Giunte regionali delle Marche e dell'Emilia-Romagna del compito di richiedere ai rispettivi Consigli regionali il parere previsto dall'art. 132, secondo comma, Cost., allegando alla nota lo schema di disegno di legge predisposto dal Ministro dell'interno e poi formalmente presentato il 17 aprile 2007 - ai sensi dell'art. 45, comma 4, della legge n. 352 del 1970 - alla Camera dei deputati (XV Legislatura - A.C. 2527), con l'esplicita segnalazione, nella relazione di accompagnamento, che i Consigli regionali non si erano ancora espressi (doc. 5). Il disegno di legge, assegnato alla I Commissione permanente della Camera, non e' mai stato esaminato prima della fine della Legislatura ed e' decaduto con la scadenza della stessa il 28 aprile 2008. 3. - Nel frattempo, le due regioni interessate hanno avviato le loro procedure interne per la formulazione del parere. L'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna, dopo una prima risoluzione approvata il 3 aprile 2007 (doc. 6), nella quale si esprimeva parere positivo rispetto alla richiesta dei sette comuni, con deliberazione del 14 novembre 2007 pubblicata nel B.U.R., parte II, n. 175 del 5 dicembre 2007 (doc. 7), conformemente alla proposta della Giunta regionale di cui alla delibera adottata l'8 ottobre 2007, n. 1475 (doc. 8), ha espresso parere favorevole al distacco-aggregazione, pur precisando espressamente «con la considerazione della delicatezza e complessita' della situazione generale che richiede un'equilibrata valutazione della richiesta di aggregazione oggetto del parere, alla luce del contesto generale e dell'iniziativa di revisione costituzionale in corso di approvazione in Parlamento». L'Assemblea legislativa delle Marche, dal canto suo, ricevuta la proposta di deliberazione del parere in senso non favorevole adottata dalla Giunta regionale con delibera del 25 febbraio 2008, n. 230 (doc. 9), dopo accurata istruttoria svolta dalla I Commissione consiliare permanente, acquisito il parere favorevole alla proposta della Giunta da parte del Consiglio delle autonomie locali espresso in data 7 marzo 2008 (doc. 10), con deliberazione n. 84 del 17 marzo 2008 pubblicata nel B.U.R. n. 33 del 3 aprile 2008 (doc. 11), ha espresso parere non favorevole al distacco-aggregazione dei sette comuni, precisando di prendere «atto della particolarissima situazione territoriale dei comuni dell'Alta Valmarecchia cosi' come meglio dettagliata in narrativa ma nella considerazione che la Regione deve comunque tenere conto degli interessi dell'intera collettivita' regionale coinvolta nella proposta di modifica territoriale». In particolare, a sostegno della posizione contraria della Regione Marche, l'Assemblea legislativa ha sviluppato un'ampia e variegata serie di considerazioni poste nelle premesse del citato parere, tra le quali spiccano senz'altro, per la peculiare attinenza alla situazione economica, sociale, culturale, territoriale e politico-istituzionale della Regione Marche, almeno le seguenti: quella secondo la quale «il parere dei Consigli regionali interessati assume una particolare rilevanza alla luce della sentenza della Corte costituzionale 28 ottobre 2004, n. 334, con la quale la Corte nel pronunciarsi sulla legittimita' dell'art. 42, secondo comma, della legge n. 352/1970 ha sottolineato come la fase di audizione dei Consigli delle regioni coinvolti consenta l'emersione e la valutazione degli interessi locali contrapposti, con cio' risultando contemperati sia il diritto di autodeterminazione del singolo comune, sia la tutela dell'espressione della volonta', anche di segno contrario alla variazione territoriale, della collettivita' regionale, coinvolta nella proposta di modifica territoriale»; quella secondo la quale - pur prendendosi atto delle ragioni poste a fondamento dell'istanza di modifica territoriale, ossia delle ragioni «di integrazione economica e sociale, di localizzazione delle reti di trasporto pubblico locale e comunicazione e di senso di appartenenza materiale al contesto territoriale che governa la vita quotidiana della popolazione» - sono «maggiormente opportune, efficaci ed economiche azioni programmatorie sul territorio interessato ed interventi concordati fra i vari enti locali della Valle del Marecchia e le regioni interessate, piuttosto che distacchi territoriali di alcuni comuni da una regione all'altra»; quella secondo la quale «proprio per favorire l'aggregazione economica e sociale dei territori della Bassa (Emilia-Romagna) ed Alta (Marche) Valmarecchia, e' stato sottoscritto in data l° marzo 2007 uno specifico protocollo d'intesa tra i Presidenti delle due regioni e delle due province interessate, allo scopo di avviare a soluzione i problemi sollevati dalle popolazioni e dalle amministrazioni locali interessate» (doc. 12); quella secondo la quale «tra i comuni interessati al distacco territoriale e gli altri enti locali marchigiani e la Regione Marche si sono consolidati nel tempo positivi rapporti di collaborazione interistituzionale che e' opportuno mantenere»; quella che pone in evidenza «comunque l'esigenza primaria di mantenimento dell'attuale assetto territoriale, sociale e culturale, nonche' dell'immagine unitaria della Regione, della quale i comuni interessati rappresentano una parte significativa, pur prendendo atto della particolarissima situazione territoriale dei comuni dell'Alta Valmarecchia». 4. - Il 29 aprile 2008, data di avvio della XVI Legislatura, sono state presentate alla Camera dei deputati due proposte di legge di iniziativa parlamentare (n. 63 e n. 177 - docc. 13 e 14), volte a riattivare il procedimento legislativo interrottosi con la decadenza, per fine Legislatura, del precedente e gia' richiamato disegno di legge presentato dal Ministro dell'interno. Quasi contestualmente, il 21 maggio 2008, e' stato presentato al Senato un analogo disegno di legge di iniziativa parlamentare (n. 628 - doc. 15), finalizzato al medesimo scopo e integralmente riproduttivo del d.d.l. n. 1351 gia' presentato al Senato nella Legislatura precedente. In via preliminare. giova porre in rilievo che nessuna delle relazioni di accompagnamento ai suddetti progetti di legge si e' preoccupata di fare anche il minimo accenno al parere sfavorevole gia' deliberato dall'Assemblea legislativa della Regione Marche. La I Commissione permanente della Camera dei deputati ha deciso di avviare l'esame delle citate proposte di legge nella seduta del 19 novembre 2008 e, in considerazione della pendenza dell'analogo disegno di legge presso l'altro ramo del Parlamento, ha attivato la procedura di intesa tra i Presidenti di Camera e Senato prevista dagli artt. 78 del regolamento della Camera e 51, comma 3, del regolamento del Senato. Intervenuta tale intesa, l'esame in sede referente delle due proposte di legge presso la I Commissione permanente della Camera dei deputati ha avuto sostanzialmente inizio nella seduta del 13 gennaio 2009 e si e' concluso nella seduta del 29 aprile 2009. Il dato piu' rilevante ai fini del presente giudizio e che emerge in termini evidenti dai resoconti del lavori della Commissione e' che il parere contrario dell'Assemblea legislativa della Regione Marche - nel quale, lo si ricorda, si trovava espressa la posizione istituzionale della regione in relazione alla vicenda del distacco dei sette comuni della Valmarecchia - non solo non e' stato fatto oggetto di esplicito esame e della dovuta ponderazione in relazione ai suoi specifici contenuti ma, nei pochissimi casi in cui e' stato formalmente richiamato, e' stato addirittura «liquidato» come dato del tutto trascurabile e non meritevole di alcun approfondimento, risultando assai piu' rilevante e decisiva la posizione favorevole espressa dagli enti (Regione Emilia-Romagna e Provincia di Rimini) destinatari dell'aggregazione. La Commissione, in buona sostanza, si e' limitata ad una mera «presa d'atto» della avvenuta formale acquisizione agli atti del procedimento del parere regionale prescritto dall'art. 132, secondo comma, Cost. Al riguardo, si possono richiamare alcuni dati assai significativi. Nella seduta del 13 gennaio 2009, la presidente Santelli, nell'introdurre l'esame delle proposte di legge, si limita a dare atto dell'intervenuta espressione dei pareri delle due regioni interessate, senza nemmeno fare cenno alla contrarieta' del parere della Regione Marche. Tale «cenno» e' fatto poi, subito dopo, dalla relatrice Dal Lago, la quale, pero', omette del tutto di riferire sulle ragioni sostanziali poste a sostegno della posizione della Regione Marche, dando invece specifico rilievo al solo parere favorevole della regione di aggregazione. Su questa medesima linea di orientamento si esprime esplicitamente l'on. Bernini Bovicelli nel corso della seduta del 27 gennaio 2009, rilevando che «la' dove si registra un'opposizione al distacco- aggregazione, questa viene da organi amministrativi territoriali, i quali non rappresentano effettivamente la volonta' della popolazione di riferimento. Si e' di fatto, cioe', creata una discrasia tra la volonta' della popolazione manifestata con i referendum e la volonta' dei rappresentanti politici di quella popolazione», aggiungendo poi che «nell'ambito dell'esame delle proposte di legge per la revisione dell'art. 132 della Costituzione, si dovrebbe riflettere sull'opportunita' di chiarire che per popolazione interessata o prevalentemente interessata si deve intendere quella destinataria dell'aggregazione, e non quella di provenienza del distacco». Nei soli due passaggi dell'intero esame da parte della Commissione in cui vengono in qualche modo evocate, almeno in parte, le ragioni sostanziali del parere contrario della Regione Marche, queste vengono assunte in modo palesemente incompleto, «reinterpretate» in termini soggettivi e «liquidate» in maniera del tutto sbrigativa. Cosi' l'on. Stracquadanio, nella seduta del 13 gennaio 2009, rileva che «le motivazioni del parere contrario della Regione Marche vanno cercate nel timore che, a causa della diminuzione di popolazione, la Provincia di Pesaro e Urbino abbia a rimetterci nei trasferimenti erariali»; analogamente, l'on Pini, nella seduta dell'11 febbraio 2009, osserva che «il parere della Regione Marche e' negativo, ma le premesse sono tutte in positivo; quindi, il parere negativo viene dato per motivi prettamente politici - cosi' e' scritto - ossia di opportunita' politica, non per ragioni di rispetto del principio di autodeterminazione». Infine, risulta assai rilevante il parere reso dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali nella seduta del 25 febbraio 2009. Il parere e' favorevole, ma nella sua premessa la Commissione introduce una importante precisazione: «Considerato che il Consiglio regionale delle Marche ha espresso parere contrario al distacco mentre la Regione Emilia-Romagna ha reso parere favorevole, ravvisandosi pertanto l'opportunita' di una valutazione del merito di tali pronunciamenti nel corso dell'esame del provvedimento». Di una qualche attuazione di tale raccomandazione nei lavori della I Commissione permanente non v'e' traccia; la relatrice Dal Lago, nella seduta conclusiva del 29 aprile 2009, si limita a «ricordare» «che il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e' favorevole». 5. - Il testo unificato approvato dalla Commissione e' dunque passato all'esame dell'Assemblea della Camera dei deputati, che lo ha discusso e approvato nelle sedute del 4 e 6 maggio 2009. Neppure in questa sede, pero', la posizione costituzionale della Regione Marche e' stata ritenuta meritevole di alcuna considerazione specifica, dal momento che il parere dell'Assemblea legislativa contrario al distacco dei sette comuni della Valmarecchia ha ricevuto il medesimo trattamento di pressoche' totale «indifferenza» gia' riservato ad esso nei lavori della I Commissione. Anche in questo caso non mancano dati assai significativi. Innanzitutto, va rilevato che nel c.d. «fascicolo d'Assemblea», contrassegnato dal n. 63-177-A (doc. 16) e posto a disposizione di tutti i deputati, risultano inclusi i pareri delle due Commissioni competenti in sede consultiva e, ovviamente, il testo unificato del progetto di legge approvato dalla Commissione in sede referente, mentre sono assenti i due fondamentali atti costituzionalmente necessari ai sensi dell'art. 132, secondo comma, Cost., ossia i pareri delle Assemblee legislative delle regioni interessate dalla procedura di distacco-aggregazione. In secondo luogo, si segnalano gli interventi di deputati che dimostrano una considerazione meramente «cartolare» dei pareri delle regioni, quasi che la norma costituzionale imponesse la semplice formale «acquisizione» di tali documenti agli atti del procedimento a prescindere da qualunque loro contenuto. Nella seduta del 4 maggio 2009 la relatrice Dal Lago, nella sua relazione orale, si limita a far presente che «quanto ai pareri delle due regioni interessate il Consiglio regionale delle Marche ha reso il proprio parere in senso contrario al distacco con la deliberazione n. 84 del 17 marzo 2008, mentre la Regione Emilia-Romagna si e' espressa in senso favorevole alla aggregazione con la determinazione dell'assemblea legislativa del 14 novembre 2007». La stessa relatrice, in riferimento al parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali (la quale, come si e' gia' posto in rilievo, aveva espressamente ravvisato l'opportunita' di una valutazione del merito dei due pareri regionali nel corso dell'esame del provvedimento), si limita a dichiarare che il suddetto parere «era semplicemente e completamente favorevole». Anche l'on. Zaccaria, che pure si sofferma a lungo sul problema della necessita' di motivazione per le leggi attuative dell'art. 132, secondo comma, Cost., richiama laconicamente le «corrette considerazioni illustrate dalla relatrice (i referendum che si sono svolti e i pareri che sono stati espressi)». Ancora, sotto altro profilo, vengono in rilievo gli interventi di deputati che mostrano di considerare unicamente il parere favorevole della Regione Emilia-Romagna, omettendo qualunque riferimento alla posizione contraria espressa dalla Regione Marche. Sempre nella seduta del 4 maggio 2009, l'on. Marchioni afferma che «l'altro elemento che, infatti, dimostra cio' che sto affermando e' il parere positivo della regione e della provincia che accoglieranno i 7 comuni. E' l'unico caso in cui, a fronte di una richiesta dei comuni di passaggio da una regione ad un'altra, vi e' un parere positivo da parte della provincia e della regione che devono accoglierli, proprio perche' si riconosce questo senso profondo di identita' che non lede, in alcun modo, anche coloro che dovranno ridefinire le proprie politiche territoriali per accogliere i sette comuni». L'on. Pizzolante, ancor piu' significativamente, ripercorrendo l'intero iter procedimentale, dimentica del tutto la Regione Marche e afferma: «Ci sono stati il pronunciamento dei consigli comunali, il consenso plebiscitario dei cittadini attraverso il referendum, i pareri unanimi della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Rimini, favorevoli ad accogliere questa comunita' facendosi carico di tutte le conseguenti problematiche amministrative e politiche». Ancora, 1' on. Stucchi parla di «unanimita' dei consensi», mentre l'on. Gozi «ricorda» «il parere favorevole della Regione Emilia-Romagna e dell'ANCI». Va osservato, infine, analogamente a quanto si e' gia' fatto osservare per i lavori della Commissione, che anche in Assemblea i pur scarsissimi richiami alla posizione contraria della Regione Marche risultano quali reinterpretazioni soggettive - parziali e quasi «casuali» - delle ragioni poste a sostegno del parere negativo e giammai potrebbero essere configurate come manifestazioni istituzionalmente corrette della doverosa presa in considerazione, all'interno del procedimento di formazione della legge nazionale, del punto di vista espresso dalla regione e imposto dall'art. 132, secondo comma, Cost. In tal senso si colloca l'affermazione dell'on. Gozi secondo la quale «la Regione Marche ha espresso il proprio parere di competenza, mettendo cosi' in condizione l'attuale Parlamento di decidere, e pure esprimendo un parere non favorevole la stessa Regione Marche ha dato atto della particolarissima situazione territoriale dell'alta Valmarecchia». Ma ancor piu' significativa e' la considerazione, del tutto parziale e strumentale, del parere dell'Assemblea legislativa delle Marche che viene evidenziata nell'intervento dell'on. Vassallo nella seduta del 6 maggio 2009, laddove quest'ultimo afferma: «Oggi su questa richiesta abbiamo l'opportunita' di decidere per un "si" o per un "no", ma e' importante ricordare che nelle stesse motivazioni dei due Consigli regionali, quelli delle Marche e dell'Emilia-Romagna, viene riconosciuta in maniera molto puntuale e chiara l'esistenza di ragioni che giustificano la richiesta. Si dice, in particolare, non nel parere del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, ma in quello delle Marche, che l'area della Valmarecchia fa riferimento istituzionale-amministrativo alla Regione Marche, ma gravita prevalentemente per i suoi rapporti di carattere economico, per la gestione dei bacini e delle reti dei principali servizi, a cominciare da quello sanitario e scolastico, e per le sue comunicazioni infrastrutturali, con il contiguo territorio cesenate-riminese. Si fa, poi, riferimento al fatto che questi comuni hanno flussi migratori interni molto intensi con la parte riminese con la quale richiedono di essere riaccorpati, hanno reti di trasporto pubblico che li collegano e anche un senso di appartenenza che li accomuna. Esistono, dunque, tutte le motivazioni per giustificare, in questo caso specifico, e nell'autonomia che e' attribuita alla legge statale, la scelta di consentire alla domanda molto forte e sentita che ci e' stata posta dalle popolazioni attraverso il referendum». In termini del tutto analoghi, si pone da ultimo il breve cenno dell'on. Mantini, il quale, sempre nella seduta del 6 maggio 2009, si limita a richiamare il fatto che «vi sono stati dei pareri - in alcuni casi, soprattutto quelli della Regione Marche, perplessi e anche negativi, preoccupati per il depotenziamento della Provincia di Pesaro, che e' gia' piuttosto debole dal punto di vista del numero di abitanti, quindi pareri con luci ed ombre - ma si ricorda che questo procedimento, previsto dall'art. 132 della Costituzione, affida ai referendum una funzione consultiva e alla legge la valutazione per intero di queste scelte». 6. - Il 7 maggio 2009 il testo legislativo approvato dalla Camera dei deputati e' stato trasmesso alla Presidenza del Senato della Repubblica e il giorno stesso annunciato nella seduta dell'Assemblea. Il disegno di legge, contrassegnato come A.S. 1552 (doc. 17), in data 12 maggio 2009 e' stato assegnato, in sede referente, alla I Commissione permanente, la quale ne ha iniziato l'esame nella seduta del successivo 26 maggio. Anche in questo caso, nello stampato ufficiale del Senato della Repubblica contenente il disegno di legge non si trova traccia dei pareri dei Consigli regionali espressi ai sensi dell'art. 132, secondo comma. Cost. Nel corso dei lavori della Commissione, della posizione espressa sulla proposta di distacco-aggregazione da parte dell'Assemblea legislativa della Regione Marche viene dato conto, peraltro in termini assai superficiali, solo dal relatore Ceccanti, il quale si limita a rilevare che «la Regione Marche ha espresso un parere non favorevole al distacco, in quanto deve comunque tenere conto degli interessi dell'intera comunita' regionale coinvolta nella proposta di modifica territoriale; tuttavia, ha preso atto della particolarissima situazione territoriale e dei legami che i comuni dell'Alta Valmarecchia hanno con la restante parte della Valle collocata nel territorio della Regione Emilia-Romagna». Significativa della vera e propria «indifferenza» istituzionale nei confronti della Regione Marche e' anche l'intervento del sottosegretario Davico, in rappresentanza del Governo, il quale «ricorda che sono all'esame del Parlamento diverse proposte di distacco e di nuova aggregazione in un quadro variegato di situazioni, esplicitate in un prospetto che consegna alla Commissione. Sottolinea che la proposta di cui si tratta non presenta profili problematici e non coinvolge questioni di ordine costituzionale, come sarebbe nel caso di passaggio di comuni da una regione a statuto ordinario a una regione ad autonomia speciale. Si tratta di riconoscere giuridicamente una situazione di fatto che sotto il profilo economico e culturale gia' attualmente caratterizza i comuni richiedenti come appartenenti alla Romagna». Anche nel corso dell'iter procedimentale presso il Senato e' stato reso, in data 16 giugno 2009 (doc. 18) il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, che si e' espressa in termini identici al parere del 25 febbraio, con la gia' menzionata raccomandazione circa «l'opportunita' di una valutazione del merito» dei pareri regionali, particolarmente di quello contrario al distacco espresso dalla Regione Marche, «nel corso dell'esame del provvedimento». Del menzionato parere e della relativa raccomandazione di opportunita' nei lavori della I Commissione permanente del Senato non si trova pero' alcuna traccia. Nella seduta dell'8 luglio la Commissione ha convenuto di richiedere l'assegnazione in sede deliberante, al fine di accelerare l' iter legislativo. Il disegno di legge e' stato dunque definitivamente approvato in Commissione nella seduta del 29 luglio 2009 e accompagnato, altresi', dall'approvazione di un ordine del giorno (doc. 19), che - secondo quanto affermato dal relatore Ceccanti - «tiene conto anche dei pareri espressi in senso favorevole dalla Regione Emilia-Romagna e in senso contrario dalla Regione Marche, anche se non sulla base di osservazioni particolarmente ostative». Il testo dell'ordine del giorno cosi' recita: «Il Senato della Repubblica premesso che l'approvazione del disegno di legge riguardante il distacco di alcuni Comuni dalla Regione Marche e la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini, costituisce la prima applicazione del principio costituzionale sancito dall'articolo 132, comma secondo; il disegno di legge n. 1552 stabilisce che entro un anno dall'entrata in vigore della legge ogni procedura, atto ed affare amministrativo dello Stato e degli enti locali sia attribuito alle competenze dei rispettivi organi e uffici nell'ambito della Provincia di Rimini o della Regione Emilia-Romagna e che entro centottanta giorni vengano rideterminate le tabelle delle relative circoscrizioni dei collegi elettorali; impegna il Governo a procedere alla immediata nomina del Commissario e a dare senza indugio le opportune istruzioni affinche' i due termini (rispettivamente un anno - per l'Amministrazione periferica dello Stato e per gli enti locali - e centottanta giorni - per i collegi elettorali) vengano assolutamente rispettati; a dare costanti e opportune informazioni ai cittadini affinche' il passaggio delle competenze determini il minor disagio possibile; a monitorare attraverso i prefetti delle province interessate la progressiva compiuta applicazione della legge». In sede di approvazione definitiva del testo legislativo, va menzionata anche l'apodittica affermazione dell'altro relatore Saltamartini, il quale osserva conclusivamente che «questa proposta di distacco e' stata sottoposta a referendum presso le popolazioni interessate e tiene conto dei pareri espressi dalle Regioni Emilia-Romagna e Marche; quest'ultima, come ha ricordato il collega Ceccanti, ha espresso parere contrario». Da ultimo, merita di essere segnalato, per l'assenza di qualsivoglia riferimento ai pareri dei Consigli regionali prescritti dall'art. 132, secondo comma, Cost., il messaggio con il quale il Presidente del Senato ha attestato l'approvazione del disegno di legge con la seguente formula: «Attesto che la 1ª Commissione permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica amministrazione), il 29 luglio 2009, ha approvato il seguente disegno di legge, gia' approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Pizzolante, Marchioni e Stracquadanio: Pini, Paolini e Raisi» (doc. 20). 7. - La Regione Marche, con le due deliberazioni della Giunta indicate in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti a questa Corte la legge 3 agosto 2009, n. 117, perche' costituzionalmente illegittima e lesiva della posizione istituzionale che la Costituzione riconosce e garantisce alla stessa regione ricorrente, per le seguenti ragioni di D i r i t t o 8. - Con il presente atto la Regione Marche impugna la legge n. 117 del 2009, per violazione: a) dell'art. 132, secondo comma, Cost., in quanto il parere espresso dall'Assemblea legislativa della Regione Marche il 17 marzo 2008, pure documentalmente acquisito alla procedura parlamentare, non e' stato effettivamente oggetto di una considerazione sostanziale nell'ambito della valutazione che ha avuto luogo in tale sede, risultante da atti ufficiali e conoscibili, come invece richiede la norma costituzionale piu' sopra menzionata; b) del principio di leale collaborazione, il quale, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, deve informare le relazioni tra tutti i soggetti istituzionali, poiche' la acquisizione meramente formale ed esteriore del parere del Consiglio regionale, senza che quest'ultimo venga messo nelle condizioni di conoscere le ragioni che hanno spinto le Camere a discostarsi dal punto di vista dal medesimo espresso, determina la conseguenza secondo la quale il parere del Consiglio regionale non viene considerato in alcun modo, in spregio al rispetto reciproco che deve informare le relazioni tra i soggetti istituzionali cui spettano poteri riconosciuti dalla Costituzione. 9. - Prima di entrare nel merito delle specifiche censure mosse all'atto normativo qui in discussione, questa difesa ritiene di dover fornire alcune precisazioni preliminari. I rilievi di legittimita' costituzionale mossi alla legge n. 117 del 2009, infatti, sono rilievi di carattere procedimentale. Quella che si richiede e' infatti una declaratoria di invalidita' della legge dal punto di vista formale. E' dunque opportuno soffermarsi brevemente sul regime di rilevabilita' dei vizi formali, cosi' come messo a punto dalla peraltro ben nota giurisprudenza di questa Corte costituzionale sul tema. Al riguardo, deve essere richiamata innanzi tutto la sent. n. 3 del 1957, nella quale si afferma che «non e' a dubitare, che le violazioni delle norme strumentali per il processo formativo della legge nelle sue varie specie (artt. 70, 76, 77 Costituzione), al pari delle norme di carattere sostanziale contenute nella Costituzione, siano suscettibili di sindacato costituzionale». Questo assunto cosi' chiaro e perentorio non sara' mai piu' smentito dalla giurisprudenza successiva (si veda, ad es., la nota sent. n. 9 del 1959, nonche', tra le altre, la sent. n. 391 del 1995 e la sent. n. 226 del 1999, spec. par. 3 del Considerato in diritto, ove si afferma che la fase del procedimento legislativo «e' soggetta al controllo di costituzionalita' attraverso la verifica dell'esistenza dei vizi tipici delle leggi, compresi quelli procedimentali»), la quale ammette peraltro - ai fini del giudizio sui vizi procedimentali delle leggi - la natura parametrica dei regolamenti parlamentari, almeno nei casi in cui essi siano a contenuto «costituzionalmente vincolato» (cosi' A. Manzella, Art. 64, in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Bologna-Roma, Zanichelli - il Foro italiano, 1986, 36), o che, comunque, rappresentino la «traduzione operativa» di norme costituzionali sul procedimento legislativo. Il quadro sinteticamente richiamato appare sufficiente per il caso di specie. La Regione Marche, infatti, lamenta l'esistenza di un vizio formale nella approvazione della legge n. 117 del 2009 derivante dalla esclusiva violazione di una norma di rango costituzionale, ossia l'art. 132, secondo comma, Cost., piu' sopra indicato, nonche' dal principio costituzionale di leale collaborazione cosi' come elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte. 10. - Illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117, per violazione dell'art. 132, secondo comma, Cost. 10.1 - Ai sensi dell'art. 132, secondo comma, Cost., «si puo', con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della provincia o delle province interessate e del comune o dei comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i consigli regionali, consentire che province e comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una regione ed aggregati ad un'altra». Tale disposizione costituzionale, come riconosciuto dalla dottrina, configura l'ipotesi di una legge atipica, rinforzata per procedimento (cfr., ad es., L. Ferraro, Art. 131 - Art. 132, in Commentario della Costituzione a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, vol. III, Milano, Wolter-Kluwer Italia Giuridica - UTET giuridica, 2006). Tra gli aggravamenti procedurali, qui interessa specificamente la prescrizione di acquisire il parere dei Consigli regionali interessati dal fenomeno di distacco-aggregazione. Si tratta, come e' del tutto evidente, di una norma eccezionale nel contesto costituzionale italiano, nel quale non sono ordinariamente previsti strumenti collaborativi stabili tra le assemblee rappresentative dei diversi enti che, ai sensi dell'art. 114 Cost., compongono la Repubblica. La ragione della eccezionalita' della prescrizione e' agevolmente individuabile nella circostanza secondo la quale la Costituzione costituisce la procedura in questione «quale crocevia tra le istanze delle popolazioni locali e quelle istituzionali» (L. Ferraro, Art. 131 - Art.132, cit.), al fine di far interloquire, in vista della decisione da adottare, quelle frazioni del corpo elettorale direttamente interessate dalla operazione di distacco-aggregazione, le assemblee rappresentative delle collettivita' regionali «di partenza» e «di destinazione», nonche' le istituzioni della rappresentanza politica nazionale. Prendendo le mosse da tale premessa, e' del tutto evidente che le finalita' della norma costituzionale qui presa in considerazione verrebbero del tutto frustrate ove si ritenesse che i vincoli procedimentali ivi prescritti possano ritenersi rispettati - e le relative finalita' possano essere soddisfatte - dalla acquisizione meramente formale e documentale dei pareri dei consigli regionali interessati senza che: a) questi vengano effettivamente e sostanzialmente presi in considerazione nell'ambito della procedura decisionale presso le Camere; b) vengano resi conoscibili all'esterno, ed in particolare al consiglio regionale che ha espresso il parere, le ragioni per le quali ciascuna Camera abbia ritenuto di discostarsi dai contenuti di quest' ultimo. E' dunque evidente che la disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 132 Cost. deve essere interpretata nel senso di ritenere necessario quanto appena indicato sub a e sub b. 10.2 - La giurisprudenza costituzionale che e' intervenuta sull'art. 132, secondo comma, Cost., non fa che corroborare le conclusioni appena raggiunte. Al riguardo, rileva soprattutto la sent. n. 334 del 2004, nella quale questa Corte, nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), «nella parte in cui prescrive che la richiesta di referendum per il distacco di una provincia o di un comune da una regione e l'aggregazione ad altra regione deve essere corredata - oltre che delle deliberazioni, identiche nell'oggetto, rispettivamente dei consigli provinciali e dei consigli comunali delle province e dei comuni di cui si propone il distacco - anche delle deliberazioni, identiche nell'oggetto, "di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della regione dalla quale e' proposto il distacco delle province o dei comuni predetti" e "di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione della regione alla quale si propone che le province o i comuni siano aggregati"», ha riconosciuto ai pronunciamenti delle Assemblee legislative delle regioni interessate dal distacco-aggregazione l'imprescindibile valore sistemico consistente nel portare all'interno del procedimento il punto di vista delle altre popolazioni non direttamente coinvolte da tale operazione. Le fasi successive alla «mera presentazione della richiesta di referendum» - ed in particolare, per quel che qui interessa, la deliberazione dei Consigli regionali e la deliberazione legislativa delle Camere - infatti, secondo la menzionata decisione di questa Corte, sono volte a fornire «congrua tutela» alle «valutazioni di tali altre popolazioni». In particolare, nella sent. n. 334 del 2004 si legge che «proprio» la fase «dell'audizione dei consigli delle regioni coinvolte (...) consente l'emersione e la valutazione degli interessi locali contrapposti (o anche non integralmente concordanti con quelli espressi attraverso la soluzione della rigida alternativa propria dell'istituto referendario)». La conclusione e' netta, e di sicuro rilievo per la questione di legittimita' costituzionale che in questa sede la Corte si trova ad affrontare: «L'acquisizione e l'esame dei pareri dei consigli regionali» non possono che avere «sicura incidenza ai fini dell'eventuale approvazione della legge di modifica territoriale» (cfr. par. 2.1 del Considerato in diritto). Ora, posto che il parere dei Consigli regionali richiesto dall'art. 132, secondo comma, Cost. e' meramente obbligatorio e non certo vincolante (ne', del resto questa difesa intende sostenere diversamente), la sua «sicura incidenza» sulla «eventuale approvazione della legge di modifica territoriale» non puo' che consistere nella necessita': a) che esso sia sostanzialmente ed espressamente preso in considerazione; b) che di tale considerazione sia dato adeguato riscontro negli atti formali che caratterizzano il procedimento legislativo o che eventualmente lo accompagnino. 10.3. - E' significativo che l'art.132, secondo comma richieda un pronunciamento non tanto della Giunta regionale, ossia dell'istituzione che rappresenta la regione-ente, bensi' del Consiglio: dell'istituzione, cioe', che si pone quale istanza di raccordo tra la regione-ente e la regione-comunita', e nella quale e' garantita quella rappresentanza ulteriore rispetto alla maggioranza politica che sola e' in grado di assicurare l'emersione del pluralismo. Il parere reso, ai sensi dell'art. 132 Cost., dai Consigli regionali e' dunque chiamato non ad essere mera espressione della maggioranza politica, ma ad essere adottato con il concorso partecipativo delle differenti anime e dei differenti punti di vista che popolano il pluralismo regionale. Di talche' l'Assemblea rappresentativa non e' chiamata semplicemente ad esprimersi in relazione ad una scelta «netta», imperniata sull'alternativa «favorevole-non favorevole», ma a proporre e ad argomentare punti di vista articolati che possano, insieme a tutti gli altri elementi, costituire la base per le deliberazioni che le Camere riterranno di dover adottare. Di questo spirito si e' resa perfetta interprete l'Assemblea legislativa della Regione Marche, sottoponendo alle Camere un parere articolato nel quale, accanto agli argomenti sfavorevoli al distacco-aggregazione, in conclusione ritenuti prevalenti, si rilevavano anche elementi che militavano in senso inverso. Ora, e' del tutto evidente che la finalita' della norma costituzionale - volta, come si e' mostrato, a veicolare il piu' possibile tutte le anime del pluralismo regionale, tramite il parere del relativo Consiglio, nell'ambito della procedura parlamentare di approvazione della legge di variazione territoriale - verrebbe del tutto frustrata ove il parere regionale non venisse effettivamente considerato tra gli elementi in grado di spingere le Assemblee rappresentative nazionali ad adottare le loro determinazioni al riguardo. Cio' e' invece quanto accaduto nella presente vicenda. 10.4. - Si puo' essere anche sottolineare come all'interno delle Camere, nel corso dell'iter di approvazione della legge n. 117 del 2009, sia maturato un punto di vista non dissimile da quello appena esposto. La Commissione parlamentare per le questioni regionale, pur dando parere favorevole, aveva precisato che, in ragione della circostanza secondo la quale «il Consiglio regionale delle Marche ha espresso parere contrario al distacco», si ravvisa «l'opportunita' di una valutazione del merito di tali pronunciamenti nel corso dell'esame del provvedimento». Il che non e' avvenuto nel seguito del procedimento. 10.5. - La legge n. 117 del 2009 ed il procedimento che ha condotto alla sua approvazione non rispettano affatto le prescrizioni della norma contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., cosi' come appena ricostruita. Da nessun atto formale, infatti, risultano in alcun modo conoscibili i motivi che hanno indotto le due Camere a discostarsi dal parere espresso dall'Assemblea legislativa della Regione Marche: ne' dalla formula di promulgazione, del tutto identica a quella delle ordinarie leggi approvate in base agli artt. 70 e segg. della Costituzione; ne' dal messaggio del Presidente del ramo del Parlamento che ha deliberato per ultimo; ne' dal testo approvato dalle Camere; ne' da un atto separato, ma adottato contestualmente alla approvazione della legge; ne', infine, dalle relazioni delle Commissioni in sede referente. Dai lavori parlamentari, inoltre, emerge con tutta chiarezza che il «silenzio», sul piano formale, appena rilevato e' un perfetto «specchio» di quanto accaduto, sul piano sostanziale, nelle aule delle due Camere. Invero, come osservato nelle premesse, il parere contrario dell'Assemblea legislativa della Regione Marche non solo non e' stato fatto oggetto di esplicito esame e della dovuta ponderazione in relazione ai suoi specifici contenuti ma, nei pochissimi casi in cui e' stato formalmente richiamato, e' stato addirittura «liquidato» come dato del tutto trascurabile e non meritevole di alcun approfondimento, ovvero sono state tenute esclusivamente in conto quelle parti in cui il Consiglio regionale aveva rilevato l'esistenza di alcune ragioni di fondo a sostegno dell'operazione di distacco-aggregazione. 10.6. - Come e' noto, il nostro ordinamento non prevede un generale obbligo di motivazione delle leggi e la giurisprudenza di questa Corte ha in piu' di una occasione ribadito tale affermazione, evidenziando pero' come l'inesistenza di quest'obbligo possa soffrire alcune eccezioni, in relazione ad alcuni specifici aspetti. Qui rileva, in particolare, la sentenza n. 14 del 1964, la quale afferma che «di norma, non e' necessario che l'atto legislativo sia motivato, recando la legge in se', nel sistema che costituisce, nel contenuto e nel carattere dei suoi comandi, la giustificazione e le ragioni della propria apparizione nel mondo del diritto» (punto 3 del Considerato in diritto). Tale assenza di un obbligo di motivare le leggi e' dunque chiaramente ricostruita come una situazione che caratterizza non la totalita', ma la normalita' dei casi. Dunque, non esclude che - a causa di norme costituzionali speciali - questo obbligo sussista in singoli e specifici casi. La violazione di tale obbligo, del resto, e' stata talvolta sanzionata con una declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge dalla stessa Corte (si veda, al riguardo, la sent. n. 54 del 1962, nella quale il vizio invalidante viene individuato nella mancanza, nell'atto normativo oggetto del giudizio, di ogni «indicazione (...) di dati attraverso i quali si manifestino in qualche modo i fini di utilita' sociale e i criteri ai quali all'uopo la legge stessa si sarebbe ispirata»). L'art. 132, secondo comma, Cost. rappresenta evidentemente l'esempio di una norma costituzionale che disciplina un procedimento atipico, il quale - tra le peculiarita' che puo' vantare rispetto al procedimento tipico - prevede la necessita' di sentire i Consigli regionali e dunque, di render conto dei motivi per i quali, eventualmente, si sia ritenuto di non uniformarsi al punto di vista da questi ultimi espresso. Sul punto pare importante una precisazione. Cio' che e' necessario perche' sia rispettato l'art. 132, secondo comma, Cost., non e' genericamente, la indicazione dei motivi per i quali si procede alla operazione di distacco-aggregazione bensi', specificamente, la indicazione delle ragioni per le quali le Camere non abbiano ritenuto di poter condividere i punti di vista espressi dai Consigli regionali e, dunque, si siano (eventualmente) determinate in senso contrario rispetto ai pareri acquisiti. Posto che la normativa speciale - rispetto a quella che regola il comune e ordinario procedimento legislativo - e' caratterizzata dalla acquisizione dei menzionati pareri, e' solo ed esclusivamente in ragione di questi che si giustifica l'esistenza dell'onere di motivazione. Quest'ultimo e' soddisfatto sol che sia presente la esposizione delle ragioni che hanno spinto a decisioni contrastanti con il parere dei Consigli, senza che sia necessaria una piu' generale indicazione dei «motivi» della legge; e d'altra parte, pur presenti questi ultimi, tale onere non puo' ritenersi soddisfatto ove invece manchi la prima. Cio', peraltro, e' precisamente quanto si e' verificato nella vicenda de qua. L'art. 1 della legge impugnata, infatti, che dispone il distacco-aggregazione dei sette comuni in questione, afferma che cio' avviene «in considerazione della loro particolare collocazione territoriale e dei peculiari legami storici, economici e culturali con i comuni limitrofi della medesima provincia [di Rimini]». Si tratta di una precisazione da un lato non necessaria e dall'altro non in grado di soddisfare quanto richiesto dalla norma costituzionale che in questa sede si invoca a parametro. Le parole piu' sopra riportate, infatti, indicano i generali motivi che stanno alla base della deliberazione legislativa, senza pero' confrontarsi - e rendere ragione di tale confronto - con gli argomenti proposti nel parere regionale. 10.7. - Se non e' previsto un generalizzato obbligo di motivazione delle leggi, non esistono nemmeno specifiche prescrizioni che disciplinino le modalita' in cui tale motivazione deve essere resa nei casi in cui essa e' necessaria. Di qui l'insussistenza della necessita' di ottemperare a formalita' specifiche per adempiere all'obbligo di motivazione. Ma e' sufficiente e necessario che le ragioni per le quali le Camere abbiano ritenuto di adottare una decisione difforme dal parere consiliare siano espresse ed esteriorizzate in qualche atto formale caratterizzato da un regime di pubblicita'. L'obbligo di motivazione, nei rari casi in cui deve ritenersi sussistente nel nostro ordinamento, puo' dunque essere assolto in una pluralita' di modi. Ma la vicenda che da' origine al presente giudizio si caratterizza per la totale assenza di atti formali dai quali sia possibile non solo comprendere le ragioni che hanno indotto le Camere ad adottare una determinazione che si discostava dai contenuti espressi nel parere reso dall'Assemblea legislativa della Regione Marche. Manca qualsiasi elemento o indicazione nell'atto legislativo, da cui piu' semplicemente si possa evincere che il parere regionale sia stato effettivamente e sostanzialmente preso in considerazione nell'ambito dei lavori parlamentari che hanno condotto alla approvazione della legge n. 117 del 2009. Come accennato in narrativa, infatti, manca ogni riferimento ai pareri dei Consigli regionali obbligatori ai sensi dell'art. 132, secondo comma, Cost., sia nella formula di promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. E' stata utilizzata quella prevista per le comuni leggi ordinarie («La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; il Presidente della Repubblica promulga»), anziche' quella espressamente contemplata dall'art. 46, comma 3, della legge n. 352 del 1970 per le leggi atipiche di cui all'art. 132, secondo comma, Cost., («La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica, a seguito del risultato favorevole al referendum indetto in data ..., hanno approvato; il Presidente della Repubblica promulga»). Nessun richiamo al parere del Consiglio della Regione Marche nel messaggio per il cui tramite il Presidente del Senato ha attestato l'approvazione definitiva del disegno di legge. In esso, infatti, si legge: «Attesto che la 1ª Commissione permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica amministrazione), il 29 luglio 2009, ha approvato il seguente disegno di legge, gia' approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Pizzolante, Marchioni e Stracquadanio; Pini, Paolini e Raisi». Difetta ogni anche pur sintetico riferimento non solo ai motivi che hanno indotto le Camere a respingere i rilievi critici nei confronti dell'operazione di distacco-aggregazione sollevati dall'Assemblea legislativa della Regione Marche ma anche alla semplice circostanza secondo la quale tale parere (congiuntamente a quello del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, invece favorevole) sia stato effettivamente preso in considerazione nell'ambito dei lavori parlamentari. I citati motivi, inoltre, non sono desumibili neanche dal testo della legge esitata dalle Camere, come pure - seguendo il modello fatto proprio dalla gia' menzionata sentenza di questa Corte n. 54 del 1962 - sarebbe stato lecito attendersi. E' vero che nell'art. 1 della legge impugnata si legge che i sette comuni interessati vengono fatti oggetto dell'operazione di distacco-aggregazione «in considerazione della loro particolare collocazione territoriale e dei peculiari legami storici, economici e culturali con i comuni limitrofi della medesima provincia [di Rimini]». Cio' non deve pero' trarre in inganno. Quel che l'art. 132, secondo comma, Cost., richiede, in virtu' della sua particolarita' procedimentale, non e' una generica indicazione dei motivi che hanno sostenuto l'approvazione della legge di variazione territoriale. Piuttosto, la necessarieta' del parere dei Consigli regionali comporta che le Camere, dopo aver dedicato una espressa considerazione a tale parere, rendano conoscibili le specifiche ragioni in forza delle quali esse si siano eventualmente determinate in senso difforme rispetto ai punti di vista espressi dalle regioni interessate. Sarebbe dunque stato necessario fare riferimento non gia', del tutto genericamente, alle vicende storico-culturali che caratterizzano i territori in questione, ma - piu' specificamente - alla ritenuta impraticabilita' o insufficienza delle soluzioni alternative che l'Assemblea legislativa della Regione Marche aveva indicato come preferibili ed aveva affermato - oltretutto - di aver gia' provveduto a mettere in atto per venire incontro alle esigenze dei comuni interessati. Il menzionato passo della legge oggetto del presente giudizio non e' dunque in grado di renderla immune dai vizi di illegittimita' costituzionale che qui vengono denunciati. Ancora, neanche le relazioni delle Commissioni in sede referente, del resto, valgono a colmare questa lacuna. Come gia' accennato nelle premesse, nel corso della seduta di Assemblea del 4 maggio 2009, la relatrice Dal Lago, nella sua relazione orale, si limita a far presente che «quanto ai pareri delle due regioni interessate il Consiglio regionale delle Marche ha reso il proprio parere in senso contrario al distacco con la deliberazione n. 84 del 17 marzo 2008, mentre la Regione Emilia-Romagna si e' espressa in senso favorevole alla aggregazione con la determinazione dell'Assemblea legislativa del 14 novembre 2007». Si prende atto, dunque, dell'esistenza di un parere contrario esitato da parte di uno dei Consigli regionali interessati, ma non ci si preoccupa minimamente di affrontare nel merito i pur importanti rilievi sostanziali che - come evidenziato nella parte «in fatto» del presente ricorso - esso aveva mosso nei confronti dell'operazione di distacco-aggregazione. Ancora, in nessuna delle relazioni di accompagnamento ai progetti di legge che hanno dato avvio alla procedura parlamentare di approvazione della legge n. 117 del 2009 e' contenuto il minimo accenno al parere sfavorevole gia' deliberato dal Consiglio della Regione Marche. Infine, ci si sarebbe potuti aspettare la presenza di tale motivazione in un atto non legislativo, approvato da ciascuna Camera, o anche da una sola di esse, congiuntamente o successivamente alla approvazione del progetto di legge. Cosi' non e' stato, nonostante - in particolare al Senato - non sia mancata l'occasione. Come si e' gia' avuto modo di mettere in evidenza in narrativa, infatti, in occasione della approvazione definitiva da parte della Commissione senatoriale competente, quest'ultima ha anche approvato un ordine del giorno (doc. 18), che - secondo quanto affermato dal relatore Ceccanti - sarebbe risultato volto a tenere «conto anche dei pareri espressi in senso favorevole dalla Regione Emilia-Romagna e in senso contrario dalla Regione Marche, anche se non sulla base di osservazioni particolarmente ostative». Ebbene, leggendo il testo dell'ordine del giorno, non e' in alcun modo possibile individuare alcun passaggio in cui si sarebbe «tenuto conto» del parere della Consiglio regionale delle Marche. Cio' non solo - ovviamente - nella parte dispositiva dell'atto approvato dalla Commissione, ma anche nelle premesse, le quali cosi' recitano: «Il Senato della Repubblica, premesso che l'approvazione del disegno di legge riguardante il distacco di alcuni comuni dalla Regione Marche e la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini, costituisce la prima applicazione del principio costituzionale sancito dall'art. 132, secondo comma; il disegno di legge n. 1552 stabilisce che entro un anno dall'entrata in vigore della legge ogni procedura, atto ed affare amministrativo dello Stato e degli enti locali sia attribuito alle competenze dei rispettivi organi e uffici nell'ambito della Provincia di Rimini o della Regione Emilia-Romagna e che entro centottanta giorni vengano rideterminate le tabelle delle relative circoscrizioni dei collegi elettorali; impegna il Governo (...)». Anche in questo caso, come si vede, in nessun modo viene preso in considerazione il parere reso dall'Assemblea legislativa della Regione Marche, nonostante le contrarie dichiarazioni del relatore. 10.8. - Come gia' accennato nelle pagine che precedono, la Regione Marche e' convinta che - quand'anche si dovesse ritenere che la norma contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., non implichi la necessita' di esternare, mediante un atto formale caratterizzato da un regime di pubblicita', le ragioni per le quali le Camere si sono determinate in senso difforme dai pareri resi dai Consigli regionali ai sensi della sopra citata disposizione costituzionale - la medesima norma, comunque, imponga almeno che le motivazioni che sostengono i pareri negativi eventualmente resi dalle Assemblee rappresentative delle regioni debbano effettivamente essere presi in considerazione nell'ambito dei lavori parlamentari. E' agevole mostrare come neanche questa sia pur «minima» condizione si sia verificata. 10.9. - Sono facilmente rilevabili alcuni dati che depongono inequivocabilmente in direzione opposta. Innanzi tutto, nessuno degli atti formali disponibili - e gia' in precedenza richiamati - menziona l'avvenuta considerazione dei punti di vista espressi dall'Assemblea legislativa della Regione Marche. Cio' vale per l'atto di promulgazione esitato dal Presidente della Repubblica, per il messaggio del Presidente del Senato con cui e' stata attestata l'approvazione della proposta di legge, nonche' per le relazioni delle Commissioni in sede referente e per quelle di accompagnamento ai progetti di legge da cui le Camere hanno preso le mosse. D'altra parte, al di la' delle attestazioni formali contenute nel messaggio del Presidente del Senato, non si riesce in alcun modo a reperire la prova dell'avvenuta «presa in considerazione» delle ragioni sottoposte all'attenzione del Parlamento da parte del Consiglio regionale delle Marche. Anzi, la lettura della documentazione concernente i lavori parlamentari fornisce indicazioni di segno assolutamente contrario. Si puo' rilevare, innanzi tutto, come dal resoconto dei lavori della Commissione competente della Camera dei deputati in sede referente, come evidenziato piu' diffusamente nella parte narrativa del presente atto, il parere contrario del Consiglio regionale delle Marche e' stato semplicemente «menzionato» in alcuni passaggi del procedimento ma anche questi richiami sono stati soltanto formali: il parere e' stato «liquidato» come dato del tutto trascurabile e non meritevole di alcun approfondimento. Ne' in senso contrario possono essere invocate le dichiarazioni dell'on. Stracquadanio e dell'on Pini (rispettivamente nelle sedute del 13 gennaio e del giorno 11 febbraio 2008), i quali hanno ritenuto di poter individuare le «vere» ragioni del parere negativo esitato dall'Assemblea legislativa marchigiana «nel timore che, a causa della diminuzione di popolazione, la Provincia di Pesaro e Urbino abbia a rimetterci nei trasferimenti erariali» (Stracquadanio) e in non meglio precisati «motivi prettamente politici» (Pini). E' infatti evidente che, cosi' facendo, i due deputati non hanno contribuito in alcun modo a far si' che l'onere di considerare «sostanzialmente» le ragioni proposte dal Consiglio della Regione Marche fosse assolto. Non sono state compiute valutazioni sul merito di dette ragioni, ma sono state citate le presunte «vere» ragioni del parere negativo, al di la' e senza alcuna considerazione di quelle che risultavano dal testo di quest'ultimo. Considerazioni non dissimili valgono anche per quel che concerne il successivo esame in Assemblea. Neppure in questa sede, infatti, il punto di vista espresso dall'Assemblea legislativa della Regione Marche e' stato ritenuto meritevole di alcuna considerazione specifica. Il primo rilievo che puo' essere svolto in questa sede al riguardo - e rinviando ancora una volta alla narrativa per quel che concerne una descrizione piu' dettagliata degli accadimenti rilevanti - e' che sovente nel dibattito l'unico parere regionale richiamato e' quello - favorevole - della Regione Emilia-Romagna. In questo senso, si vedano, ad esempio, gli interventi dei deputati Marchioni, Pizzolante e Gozi citati nelle premesse del presente ricorso. In altre circostanze il parere dell'Assemblea delle Marche viene solo menzionato, evocato, senza pero' essere preso in considerazione nella sua parte motiva. Cosi' accade, ad esempio, nella relazione dell'on. Dal Lago e nell'intervento dell'on. Zaccaria (anche questi richiamati nelle premesse). Ancora, talvolta il senso del parere regionale viene del tutto travisato (si veda l'intervento dell'on. Stucchi, il quale discorre di «unanimita' di consensi»), o comunque fatto oggetto di una considerazione del tutto parziale. Cio' accade, ad esempio, in quegli interventi che fanno leva sul riconoscimento, contenuto nel parere del Consiglio della Regione Marche, dell'esistenza di ragioni non peregrine alla base dell'operazione di distacco-aggregazione, senza pero' neanche menzionare quella parte del parere in cui invece sono illustrate le ragioni - ritenute dal Consiglio regionale di maggior peso rispetto a quelle di segno opposto - contrarie alla suddetta operazione. Al riguardo, si puo' ancora una volta rinviare alle premesse del presente ricorso, ove viene integralmente riportato il brano dell'intervento dell'on. Vassallo rilevante in questa sede. 10.10. - L'esame dei lavori del Senato conduce ad analoghe conclusioni. Nel corso dei lavori in Commissione nella sede referente, solo il relatore sen. Ceccanti richiama il parere negativo dell'Assemblea marchigiana. Anche in questo caso, pero', in termini solo formali e senza dar conto in alcun modo delle ragioni che hanno sostenuto tale parere, come mostra la citazione testuale piu' sopra riportata. Evidente la sottovalutazione del parere non favorevole della regione anche nelle parole del sottosegretario Davico, in rappresentanza del Governo, il quale afferma che «la proposta di cui si tratta non presenta profili problematici». Ovviamente, anche in questo caso manca ogni riferimento al parere della Regione Marche. Quanto ai lavori della Commissione in sede deliberante, gli unici riferimenti al parere regionale sono reperibili in un intervento del sen. Ceccanti e in quanto affermato dal sen. Saltamartini in occasione della approvazione definitiva. Il primo afferma che l'ordine del giorno (doc. 18) approvato congiuntamente al progetto di legge «tiene conto anche dei pareri espressi in senso favorevole dalla Regione Emilia-Romagna e in senso contrario dalla Regione Marche, anche se non sulla base di osservazioni particolarmente ostative». Si e' gia' mostrato piu' sopra come tali parole non corrispondono a quanto risulta dal parere del Consiglio regionale. Il secondo, invece, si limita alla apodittica e non argomentata affermazione secondo la quale «questa proposta di distacco e' stata sottoposta a referendum presso le popolazioni interessate e tiene conto dei pareri espressi dalle Regioni Emilia-Romagna e Marche; quest'ultima, come ha ricordato il collega Ceccanti, ha espresso parere contrario». E' evidente che queste parole forzano la ricostruzione del modo in cui si e' svolto il procedimento. 10.11. - In sintesi, riguardo alla mancata «presa in considerazione», da parte delle Assemblee parlamentari, del punto di vista espresso dal Consiglio della regione ricorrente, e' possibile osservare quanto segue. Le ragioni reperibili nel parere negativo dell'Assemblea regionale erano le seguenti: a) quella secondo la quale - pur prendendosi atto delle ragioni poste a fondamento dell'istanza di modifica territoriale, ossia delle ragioni «di integrazione economica e sociale, di localizzazione delle reti di trasporto pubblico locale e comunicazione e di senso di appartenenza materiale al contesto territoriale che governa la vita quotidiana della popolazione» - sono «maggiormente opportune, efficaci ed economiche azioni programmatorie sul territorio interessato ed interventi concordati fra i vari enti locali della Valle del Marecchia e le regioni interessate, piuttosto che distacchi territoriali di alcuni comuni da una regione all'altra»; b) quella secondo la quale «proprio per favorire l'aggregazione economica e sociale dei territori della Bassa (Emilia-Romagna) ed Alta (Marche) Valmarecchia, e' stato sottoscritto in data 1° marzo 2007 uno specifico protocollo d'intesa tra i Presidenti delle due regioni e delle due province interessate, allo scopo di avviare a soluzione i problemi sollevati dalle popolazioni e dalle amministrazioni locali interessate» (doc. 12); c) quella secondo la quale «tra i comuni interessati al distacco territoriale e gli altri enti locali marchigiani e la Regione Marche si sono consolidati nel tempo positivi rapporti di collaborazione interistituzionale che e' opportuno mantenere»; d) quella che pone in evidenza «comunque l'esigenza primaria di mantenimento dell'attuale assetto territoriale, sociale e culturale nonche' dell' immagine unitaria della regione, della quale i comuni interessati rappresentano una parte significativa, pur prendendo atto della particolarissima situazione territoriale dei comuni dell'Alta Valmarecchia». Il Consiglio regionale delle Marche, dunque, aveva riconosciuto l'esistenza di ragioni plausibili per il distacco-aggregazione (sub a), ritenendo pero' preferibili, in quanto piu' efficaci ed anche piu' economiche, azioni di diverso tipo (sub a) ed evidenziando altresi' di avere gia' intrapreso specifiche iniziative in tal senso d'intesa con la Regione Emilia-Romagna (sub b). Inoltre, il parere citato propone all'attenzione delle Camere due ulteriori ragioni contrarie al distacco-aggregazione: l'esistenza di «positivi rapporti di collaborazione interistituzionale che e' opportuno mantenere» (sub d) e l' «esigenza primaria» di garantire l' «immagine unitaria della Regione» (sub d). Ebbene, dal resoconto svolto nelle premesse del presente atto e richiamato sommariamente piu' sopra, emerge chiaramente che nessuna di queste ragioni e' stata oggetto della benche' minima considerazione nello svolgimento dell'intero iter legislativo. Il che non puo' che deporre decisamente per l'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale proposta nel presente giudizio. 10.12. - Infine, nel senso appena indicato, risulta dirimente, a giudizio della ricorrente, la seguente considerazione. Anche ove si volesse ritenere che la mera «conoscenza» (o, addirittura, «presunzione di conoscenza») del parere da parte dei componenti delle Assemblee parlamentari sia sufficiente a dimostrare che questi ultimi abbiano effettivamente - sia pure nel loro «foro interno» - tenuto conto delle ragioni del Consiglio regionale delle Marche, e' agevole mostrare che tale ipotesi non puo' comunque essersi verificata. Non puo' non essere determinante, al riguardo, la circostanza, gia' segnalata nella parte «in fatto» del presente ricorso, secondo la quale nel c.d. «fascicolo d'Assemblea», contrassegnato dal n. 63-177-A (doc. 16) e posto a disposizione di tutti i membri della Camera dei deputati ai fini dell'esame e dell'approvazione del testo legislativo, risultano inclusi i pareri delle due Commissioni competenti in sede consultiva e, ovviamente, il testo unificato del progetto di legge approvato dalla Commissione in sede referente, mentre risultano assenti i due fondamentali atti costituzionalmente necessari ai sensi dell'art. 132, secondo comma, Cost., ossia i pareri delle regioni interessate dalla procedura di distacco-aggregazione. D'altra parte, anche presso il Senato della Repubblica, lo stampato n. 1552 (doc. 17) - recante il testo del disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati - non contiene neppure la menzione dei pareri espressi dalle Assemblee legislative delle due regioni. Non stupisce, insomma, che - come mostrato piu' sopra - gli argomenti proposti dal parere dell'Assemblea legislativa della Regione Marche non siano stati oggetto di considerazione nel dibattito parlamentare. Come risulta chiaramente dalla documentazione ora richiamata, i deputati (e i senatori della I Commissione permanente) non sono stati neanche messi in condizione di conoscere il parere mediante una lettura diretta. Non potevano certo, dunque, formarsi alcuna specifica opinione al riguardo. 11. - Illegittimita' costituzionale delle legge 3 agosto 2009, n. 117, per violazione del principio di leale collaborazione. 11.1. - La legge n. 117 del 2009, in questa sede impugnata, e' costituzionalmente illegittima anche per violazione del principio di leale collaborazione cosi' come elaborato nella giurisprudenza costituzionale. Al riguardo, la ricorrente ritiene opportuno avvertire di essere consapevole che - secondo il costante insegnamento di questa Corte - non sono previste forma di necessaria interlocuzione, da parte delle Camere, con gli enti degli ordinamenti regionali in occasione dello svolgimento della funzione legislativa (si vedano, ex multis, sent. n. 272 del 2005 e sent. n. 196 del 2004). La ricorrente e' pero' altrettanto consapevole dell'affermazione - anch'essa ben radicata nella giurisprudenza di questa Corte - della «pervasivita'» del principio di leale collaborazione, il quale impone che le relazioni tra i soggetti istituzionali (intercorrano esse nell'ambito di un livello di Governo, o tra i diversi livelli di Governo che insieme compongono la Repubblica) siano sempre improntate al reciproco rispetto e considerazione (cfr., ad es. sent. n. 149 del 2007, e sent. n. 470 del 1988, nella quale si evidenzia che il principio di leale cooperazione «deve necessariamente caratterizzare i rapporti tra organi statali e regionali»). Tale principio, se certo non e' in grado, in generale, di fondare un obbligo di interlocuzione nell'ambito dell'esercizio normale della funzione legislativa, secondo quanto appena ricordato, e' pero' assolutamente determinante per definire gli obblighi che gravano in capo alle Camere nell'ambito della speciale procedura disciplinata dall'art. 132, secondo comma, Cost. Come ha in piu' di una occasione riconosciuto questa stessa Corte, infatti, il principio di leale collaborazione «per la sua elasticita' consente di avere riguardo alla peculiarita' delle singole situazioni» (sent. n. 26 del 2008; sent. n. 50 del 2005). Da cio' si ricava che - se ordinariamente le Camere non possono ritenersi gravate di alcun obbligo di facere nei confronti di organi regionali - dinanzi alla «peculiarita'» della «statuizione» contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., consistente (per quel che qui interessa) nella necessaria partecipazione, sia pure nella forma di un parere meramente obbligatorio e non certo vincolante, dei Consigli regionali interessati, non si puo' fare a meno di ritenere che il «rispetto» e la «considerazione» di chi ha reso il parere comportino necessariamente che tale atto sia espressamente esaminato e che il soggetto istituzionale che lo ha reso sia messo nelle condizioni di conoscere le ragioni in virtu' delle quali le Camere si siano eventualmente determinate in senso difforme. Da questo punto di vista, non puo' non essere richiamato ad esempio l'art. 138 del regolamento del Senato, nel quale si prevedono specifiche modalita' di relazione interistituzionale allorche' debbano essere esaminati «voti» delle regioni. La disposizione cosi' stabilisce: «1. I voti presentati dalle regioni vengono comunicati all'Assemblea e trasmessi alla Commissione competente per materia. L'esame in Commissione puo' concludersi con una relazione al Senato o con una risoluzione che inviti il Governo a provvedere. 2. I voti, se hanno attinenza a disegni di legge gia' assegnati a Commissioni, sono inviati alle Commissioni stesse e discussi congiuntamente ai disegni di legge». Da quanto si e' dettagliatamente esposto nelle premesse del presente ricorso, dell'applicazione di questa disciplina nel corso dell'iter legislativo presso il Senato non e' rinvenibile alcun riscontro, cosicche' quelle pur minime garanzie di «considerazione» esplicita della posizione istituzionale delle regioni ivi contemplate sono risultate del tutto frustrate. Del resto, sotto un piu' limitato profilo, rappresenta affermazione ricorrente nella giurisprudenza costituzionale - tanto da costituirne ormai una acquisizione largamente consolidata - che il minimum che deve caratterizzare, in virtu' del principio di leale collaborazione, le relazioni tra i soggetti che, a vario titolo, intervengono in un medesimo ciclo funzionale, consiste nell'assolvimento di semplici - ma, come dimostra il caso di specie, non per questo meno importanti - oneri di mutua informazione. Sul punto, si veda, ad es., la sent. n. 359 del 1985, ove si evidenzia che la «piu' elementare e generale espressione» del principio di leale collaborazione «sta nell'imposizione del dovere di mutua informazione» (al riguardo, si vedano inoltre, tra le tante, anche la sent. n. 93 del 1997, la sent. n. 618 del 1988 e la sent. n. 153 del 1986). Se, dunque, da questo punto di vista, il principio di leale collaborazione esige, in generale, che i soggetti istituzionali la cui attivita' entri in contatto nell'ambito di un medesimo ciclo funzionale siano tenuti, quantomeno, ad uno scambio di informazioni, cio' comporta, nel caso qui in discussione, che le Camere (o almeno quella che ha approvato per ultima il progetto di legge) avrebbero dovuto portare direttamente a conoscenza della Regione Marche, con un proprio atto formale a questa destinato, le risultanze dell'esplicita considerazione del parere espresso dall'Assemblea legislativa della regione e le ragioni per le quali avevano ritenuto di determinarsi in senso contrario rispetto ai contenuti dell'atto regionale. La ricorrente, tuttavia, nel prospettare la presente censura di legittimita' costituzionale, ritiene che - viste le assolute peculiarita' che caratterizzano il procedimento di cui all'art. 132, secondo comma, Cost., il quale «straordinariamente» impone alle Camere di interloquire con altri enti in vista dell'esercizio della propria funzione legislativa - l'obbligo di leale collaborazione nella vicenda in questione potesse essere soddisfatto non gia' necessariamente nel modo appena accennato, ma anche semplicemente dall'esistenza della possibilita', per il Consiglio regionale, di «informarsi» circa l'avvenuta espressa considerazione del proprio parere da parte delle due Camere e di venire a conoscenza dei motivi posti a sostegno della decisione parlamentare di segno contrario, per mezzo di atti formali dotati di una adeguata pubblicita'. E tale possibilita', per quanto si e' ampiamente documentato, e' venuta del tutto a mancare nel procedimento legislativo che ha condotto all'approvazione della legge impugnata. Per tutte le ragioni appena esposte, non puo' che concludersi che il richiamato principio di «reciproco rispetto e considerazione» tra gli organi istituzionali - e dunque il principio di leale collaborazione - debba ritenersi senz'altro violato ove, in presenza di una norma costituzionale speciale, quale quella da ultimo citata, che impone l'espressione del parere dei Consigli regionali interessati, non si consenta a questi ultimi di rendersi consapevoli - mediante atti formali - dell'avvenuta considerazione di tale atto da parte dei due rami del Parlamento e dei motivi che abbiano sostenuto l'adozione della legge di variazione territoriale nonostante la contrastante posizione espressa dalla regione.
P. Q. M. Si chiede che questa ecc.ma Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117. Firenze-Roma, addi' 12 ottobre 2009 Avv. prof. Stefano Grassi