N. 292 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 ottobre 2009

Ordinanza del 1° ottobre 2009 emessa dal Giudice di pace di  Lecco  -
sez. distaccata di Missaglia nel  procedimento  penale  a  carico  di
Hazim Gharkai. 
 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato - Mancata previsione dell'assenza  di  un  giustificato
  motivo  come  elemento  costitutivo  del  reato  -  Disparita'   di
  trattamento rispetto all'analoga ipotesi di reato di  cui  all'art.
  14, comma 5-ter, del d.lgs.  n.  286  del  1998  -  Violazione  del
  principio di colpevolezza. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art.  10-bis,  aggiunto
  dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato - Previsione  che  il  giudice,  acquisita  la  notizia
  dell'esecuzione o del respingimento ai sensi dell'art. 10, comma 2,
  del d.lgs. n. 286 del  1998,  pronunci  sentenza  di  non  luogo  a
  procedere - Violazione del principio di parita'  di  trattamento  e
  del principio di colpevolezza. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis,  comma  5,
  aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a),  della  legge  15  luglio
  2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello  Stato
  - Configurazione quale reato  di  qualunque  ingresso  o  soggiorno
  irregolare nel territorio dello Stato italiano - Contrasto  con  la
  direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni  applicabili
  negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il  cui
  soggiorno  e'  irregolare  -  Inosservanza  dei  vincoli  derivanti
  dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art.  10-bis,  aggiunto
  dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, art. 117, in riferimento alla  direttiva  2008/115/CE
  del 16 dicembre 2008. 
(GU n.49 del 9-12-2009 )
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel processo penale a carico di Hazim Gharkai nato in Marocco  il
2  febbraio  1977  elettivamente   domiciliato   presso   lo   studio
dell'avvocato Fausto Martini  in  Garbagnate  Monastero  in  via  Ugo
Foscolo, n. 37, imputato del reato p. e p. dall'art.  10-bis,  d.lgs.
n. 286/1998 perche' faceva ingresso e si  tratteneva  nel  territorio
dello Stato senza autorizzazione. 
    In Cernusco Lombardone (Lecco) il 13 agosto 2009. 
    Emette la seguente ordinanza. 
    Premesso che: 
        in data 13 ottobre 2009,  alle  ore  10,  una  pattuglia  dei
carabinieri della stazione di Merate,  nell'effettuare  un  posto  di
controllo nel comune di  Cernusco  Lombardone  fermava  il  cittadino
extracomunitario Hazim Gharkai che risultava sprovvisto di  qualsiasi
documento di riconoscimento; 
        il medesimo veniva quindi accompagnato presso la caserma  dei
Carabinieri di Merate ove veniva sottoposto al  fotosegnalamento  con
sistema AFIS e risultava irregolarmente presente in Italia in  quanto
privo del permesso di soggiorno; 
        con decreto in pari  data  il  Prefetto  della  Provincia  di
Lecco, esaminata la segnalazione della stazione  dei  Carabinieri  di
Merate  dalla  quale  risultava  che  il  soggetto  era  entrato  nel
territorio dello  stato  italiano  nel  mese  di  dicembre  del  2007
attraverso il confine nella zona  di  Ventimiglia  e  che  non  aveva
richiesto il permesso di soggiorno, ex art. 5,  comma  2,  d.lgs.  n.
286/1998, entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso  e  che  tale
omissione non era giustificata da alcun  motivo  di  forza  maggiore,
disponeva l'espulsione dal territorio  nazionale  disponendo  che  il
medesimo fosse  accompagnato  alla  frontiera  a  mezzo  della  forza
pubblica e delegando per l'esecuzione il Questore di Lecco; 
        in pari data il Questore di  Lecco,  accertato  che  non  era
possibile   eseguire   con   immediatezza    l'espulsione    mediante
accompagnamento alla frontiera perche' era  necessario  procedere  ad
accertamenti supplementari in ordine alla sua identita' ed  acquisire
un valido documento per l'espatrio e considerato altresi' che non era
possibile  procedere   al   trattenimento   presso   un   centro   di
identificazione ed  espulsione  attesa  l'indisponibilita'  di  posti
presso tutti i C.I.E. nazionali, ordinava a Hazim Gharkai di lasciare
il territorio dello stato entro il termine  di  cinque  giorni  dalla
frontiera di Milano Malpensa; 
        l'imputato veniva quindi ritualmente tratto  a  giudizio  per
rispondere del reato di cui al capo di imputazione; 
        all'udienza del 24 settembre 2909,  aperto  il  dibattimento,
esaurita l'istruttoria  consistita  nell'acquisizione  dei  documenti
prodotti dal pubblico ministero e nell'esame  del  teste  maresciallo
Angelo Torrone,  il  legale  dell'imputato  eccepiva  il  profilo  di
incostituzionalita'  dell'art.  10-bis,   d.lgs.   n.   286/1998   in
riferimento agli  articoli  2,  3,  25,  comma  2,  27  e  111  della
Costituzione   oltre   che   al   principio   costituzionale    della
ragionevolezza; 
        il  pubblico  ministero  chiedeva  un  termine   per   potere
replicare   ed   argomentare   in    relazione    all'eccezione    di
incostituzionalita'; 
        all'udienza del 1° ottobre  2009  il  pubblico  ministero  si
associava all'eccezione di incostituzionalita' sollevata dalla difesa
dell'imputato ed alla conseguente richiesta di rimessione degli  atti
alla Corte costituzionale. 
 
                            O s s e r v a 
 
    a) A norma dell'art. 10-bis, d.lgs. n.  286/1998  risulta  punito
con l'ammenda da  € 5.000,00  a  €  10.000,00  lo  straniero  che  fa
ingresso  ovvero  si  trattiene  nello  stato  in  violazione   della
normativa regolante il soggiorno dello straniero extracomunitario. 
    Il testo  dell'articolo  non  comprende  dunque  l'inciso  «senza
giustificato motivo»; in altri termini l'assenza di  un  giustificato
motivo non risulta prevista dal legislatore come elemento costitutivo
del reato. 
    Sul  punto   va   rammentato   quanto   osservato   dalla   Corte
costituzionale al punto 7.4 della sentenza n. 22/2007: 
        «Quanto all'eccessivo rigore della  norma  censurata  (l'art.
14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998) si deve anzitutto ricordare  che
questa Corte,  conformemente  alla  sua  recente  giurisprudenza,  ha
sottolineato  il   ruolo   che,   nell'economia   applicativa   della
fattispecie criminosa, e' chiamato a svolgere il  requisito  negativo
espresso dalla formula «senza giustificato motivo»  (ord.  386/2006).
Tale formula copre tutte le ipotesi  di  impossibilita'  o  di  grave
difficolta' (mancato rilascio di documenti  da  parte  dell'autorita'
competente, assoluta indigenza che rende  impossibile  l'acquisto  di
biglietti  di  viaggio  e  altre  simili  situazioni)  che,  pur  non
integrando cause di giustificazione  in  senso  tecnico,  impediscono
allo straniero di prestare osservanza  all'ordine  di  allontanamento
nei termini prescritti». 
    Ugualmente nella sentenza n. 5/2004 la  Corte  costituzionale  ha
rilevato: 
        «Giova peraltro osservare come la formula "senza giustificato
motivo" e formule ad essa  equivalenti  od  omologhe,  "senza  giusta
causa", "senza giusto motivo" "senza  necessita'",  "arbitrariamente"
etc.  compaiano  con  particolare  frequenza  nel  corpo   di   norme
incriminatrici ubicate tanto all'interno  dei  codici  che  in  leggi
speciali. Dette clausole sono destinate in linea di massima a fungere
da "valvola di sicurezza" del meccanismo repressivo, evitando che  la
sanzione penale scatti allorche' -  anche  al  di  fuori  di  vere  e
proprie cause di giustificazione - l'osservanza del  precetto  appaia
in  concreto  "inesigibile"  in  ragione,  a  seconda  dei  casi,  di
situazioni ostative a carattere oggettivo o soggettivo». 
    La Corte ha quindi posto in rilievo l'importanza di tale elemento
al fine  di  rendere  il  delitto  di  inottemperanza  all'ordine  di
espulsione (art. 14, comma 5-ter, d.lgs.  n.  286/1998)  conforme  ai
principi di colpevolezza e di proporzionalita'  affermando  quindi  -
implicitamente - che i suddetti principi sarebbero  stati  violati  -
con conseguente incostituzionalita'  dell'articolo  sopra  richiamato
per violazione dell'art. 27 Cost. - se il legislatore avesse  imposto
l'inflizione di una pena detentiva anche a soggetti la cui permanenza
in Italia, anche se non coperta  da  una  vera  e  propria  causa  di
giustificazione, fosse risultata in concreto inesigibile  per  valide
ragioni oggettive o soggettive. 
    Stupisce quindi  che  il  legislatore  non  abbia  previsto  come
elemento costitutivo del reato l'assenza del  giustificato  motivo  o
non abbia quantomeno inserito nella norma una di quelle  clausole  di
significato analogo  menzionate  dalla  Corte  costituzionale  e  che
avrebbero permesso al giudicante di valutare in concreto dal punto di
vista soggettivo la singola  fattispecie  evitando  la  punizione  di
condotte di illecito trattenimento di fatto non rimproverabili. 
    Tale aspetto pare assumere un'importanza  ancora  maggiore  posto
che l'art. 5 cod. pen. e'  stato  dichiarato  incostituzionale  nella
parte in cui non esclude  dall'inescusabilita'  dell'ignoranza  della
legge penale l'ignoranza inevitabile. 
    Tenuto conto che il reato introdotto dall'art. 10-bis, d.lgs.  n.
286/1998 e' suscettibile di trovare  applicazione  in  una  serie  di
situazioni disparate ed e' verosimilmente applicabile a soggetti  che
possono  presentare  difficolta'  nella  comprensione  della   lingua
italiana o che comunque entrano per la prima volta  in  contatto  con
l'ordinamento giuridico italiano, appare ancor piu'  necessario  dare
al giudicante la possibilita' di valutare il profilo di  colpevolezza
dello straniero ed il grado di intensita' dello stesso. 
    Del resto anche il  Presidente  della  Repubblica  nella  lettera
inviata in data 15 luglio 2009 al  Presidente  del  Consiglio  ed  ai
Presidenti delle Camere ha rilevato: 
    suscita in me forti perplessita'  la  circostanza  che  la  nuova
ipotesi di trattenimento  indebito  non  preveda  la  esimente  della
permanenza determinata da "giustificato motivo"». 
    Nel caso specifico la difesa  dell'imputato  non  avrebbe  potuto
fornire la prova - rectius tale prova non sarebbe risultata rilevante
in quanto non valutabile dal giudicante - della circostanza che  dopo
1'8  agosto  sarebbe  stato  in  concreto  impossibile  o  quantomeno
difficoltoso lasciare il territorio dello  Stato  italiano  prima  di
divenire destinatario del provvedimento di espulsione, evitando cosi'
le sanzioni di cui all'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998. 
    b) Peraltro va osservato  pure  come  l'assenza  di  giustificato
motivo sia ancora prevista  dall'art.  14,  comma  5-ter,  d.lgs.  n.
286/1998 che non ha subito alcuna modifica per effetto della legge n.
15 luglio 2009, n. 94. Cio' determina  un'illegittima  disparita'  di
trattamento  con  conseguente  violazione   dell'articolo   3   della
Costituzione. Le due figure di  reato  infatti  risultano  del  tutto
assimilabili trattandosi in ogni  caso  di  permanenza  illegale  nel
territorio dello Stato in un caso (art. 10-bis) per violazione  delle
norme del d.lgs. n. 286/1998 e nell'altro (art. 14, comma 5-ter)  per
violazione  dell'ordine  impartito  dal  questore  di   lasciare   il
territorio entro 5 giorni. La differente natura dell'obbligo  violato
- genericamente le norme del d.lgs. n. 286/1998 o l'ordine  specifico
del questore che interviene successivamente al decreto di  espulsione
- puo' giustificare il diverso trattamento  sanzionatorio  nelle  due
differenti ipotesi posto che -  come  costantemente  affermato  dalla
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  -  al   Parlamento   va
riconosciuto un largo margine di discrezionalita' nell'esercizio  del
potere di incriminazione ma  non  puo',  ad  avviso  di  chi  scrive,
giustificare diversi criteri di valutazione della colpevolezza ovvero
della rimproverabilita' della condotta, valutazione  che  il  giudice
deve potere effettuare in ogni caso, indipendentemente dalla gravita'
delle  sanzioni  previste  e  conformemente  al  principio   espresso
dall'art. 27 della Costituzione. 
    c) Va poi  rilevato  che  l'art.  10-bis,  comma  5,  prevede  la
pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere per  il  reato  in
esame nell'ipotesi in cui l'autore sia stato respinto  o  espulso  ex
art. 10, comma 2, d.lgs. n. 286/1998. 
    Anche sotto tale profilo l'articolo richiamato  appare  pero'  in
contrasto  con  il  principio  di  parita'  di  trattamento  di   cui
all'articolo 3 della Costituzione  oltre  che  con  il  principio  di
colpevolezza di cui all'art. 27 della Costituzione. 
    Infatti a norma dell'art.14, d.lgs. n.  286/1998  quando  non  e'
possibile   eseguire   con   immediatezza    l'espulsione    mediante
accompagnamento  alla  frontiera  ovvero  il  respingimento,  perche'
occorre  procedere  al  soccorso  dello  straniero,  ad  accertamenti
supplementari in ordine alla sua  identita'  o  nazionalita',  ovvero
all'acquisizione   di    documenti    di    viaggio,    ovvero    per
l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto  idoneo,  il
questore dispone che  lo  straniero,  sia  trattenuto  per  il  tempo
strettamente  necessario  presso  il  centro  di  identificazione  ed
espulsione piu' vicino. A nonna poi  del  comma  5-bis  del  medesimo
articolo quando non  sia  stato  possibile  trattenere  lo  straniero
presso  un  centro  di  identificazione  ed  espulsione,  ovvero   la
permanenza in tale struttura non abbia consentito l'esecuzione -  con
l'accompagnamento   alla   frontiera   -   dell'espulsione   o    del
respingimento, il questore  ordina  allo  straniero  di  lasciare  il
territorio dello Stato nel termine di cinque  giorni.  Il  successivo
comma 5-ter poi prevede  che  lo  straniero  che  senza  giustificato
motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in  violazione
dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis e' punito
con la reclusione da uno a quattro anni. 
    L'esecuzione del provvedimento di espulsione quindi, se non e' di
fatto rimessa alla  discrezionalita'  dell'autorita'  amministrativa,
risulta  quantomeno  ricollegata  a  circostanze  comunque  attinenti
all'organizzazione della suddetta  autorita'  (la  disponibilita'  di
posti in un dato giorno  ad  un  determinato  orario  nei  centri  di
identificazione ed espulsione) che nulla hanno a che  vedere  con  il
comportamento dello straniero e quindi  in  alcun  modo  allo  stesso
imputabili  dal  punto  di  vista   soggettivo.   Ne   consegue   che
l'accertamento giudiziale di condotte identiche in soggetti  distinti
- l'illegale trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato
con successivo decreto di espulsione -  potra'  condurre  ad  effetti
differenti (sentenza di non luogo a procedere o sentenza di condanna)
a seconda che l'amministrazione  riesca  e  possa  nel  singolo  caso
specifico dare esecuzione al decreto di espulsione o,  al  contrario,
non avendone la possibilita'., impartisca allo straniero, in  persona
del questore, l'ordine di lasciare il territorio  (evidentemente  con
mezzi propri ed a proprie spese) nel termine di 5 giorni. 
    Tale risultato contrasta appunto sia con l'art. 3 che con  l'art.
27 della Costituzione. 
    Con l'art. 3 in quanto la norma censurata impone, al termine  del
complessivo procedimento di espulsione, l'applicazione della sanzione
penale (quella di cui all'art. 14, comma 5-ter) ad un soggetto la cui
condotta in nulla differisce da  quella  di  un  altro  soggetto  che
tuttavia, per condizioni che prescindono dalla sua volonta' e dal suo
comportamento (l'esecuzione del provvedimento di  espulsione  a  cura
dell'autorita'  amministrativa),  dovra'  essere  prosciolto  con  la
sentenza ex art. 529 cod. proc. pen. 
    La norma contrasta invece  con  l'articolo  27  Cost.  in  quanto
subordina  l'accertamento  della   responsabilita'   penale   o,   al
contrario, dei presupposti per la sentenza ex  art.  529  cod.  proc.
pen. al comportamento di un soggetto (la P.A.)  terzo  rispetto  allo
straniero. 
    E'   pur   vero   che   nell'ipotesi   di   mancata    esecuzione
dell'espulsione con  conseguente  ordine  del  questore  si  potrebbe
eccepire che il mancato  abbandono  del  territorio  da  parte  dello
straniero ovvero l'inottemperanza all'ordine del Questore costituisce
un fatto volontario  dello  straniero  che  interrompe  il  nesso  di
causalita' tra la stessa  mancata  esecuzione  dell'espulsione  e  la
sanzione finale di cui all'art. 14, comma  5-ter  ma  e'  altrettanto
vero che  la  disparita'  di  trattamento  generata  dalla  norma  va
individuata, dal punto di vista cronologico, nel  momento  stesso  in
cui lo straniero - rispetto al quale non vi e' stata la  possibilita'
di dare esecuzione all'espulsione - diventa destinatario  dell'ordine
del questore di lasciare il territorio, con mezzi propri ed a proprie
spese. 
    Se e' illegittima - per disparita' di trattamento - la  ricezione
dell'ordine  del  questore  allora  risulta  conseguente  illegittimo
l'onere imposto allo straniero di lasciare il  territorio  con  mezzi
propri   ma   disattendendo   l'ordine   lo   straniero    incorrera'
automaticamente nel reato di cui all'art. 14, comma 5-ter. 
    Nel caso specifico l'imputato ha ricevuto l'ordine  del  questore
di lasciare il territorio nel termine di 5 giorni proprio perche' non
vi erano posti nei C.I.E. e la valutazione del profilo di  disparita'
di trattamento introdotto dall'art. 10-bis  assume  quindi  rilevanza
diretta per la decisione. 
    d) La norma in esame risulta anche non conforme a quanto previsto
dalla direttiva n.  2008/115/CE  recante  norme  e  procedure  comuni
applicabili negli Stati membri al rimpatrio  di  cittadini  di  paesi
terzi il cui soggiorno e' irregolare. 
    Infatti  al  «considerando»  n.  10   la   richiamata   direttiva
stabilisce che «se non vi  e'  motivo  di  ritenere  che  cio'  possa
compromettere la finalita' della procedura di rimpatrio, si  dovrebbe
preferire il rimpatrio volontario al rimpatrio forzato e concedere un
termine per la partenza volontaria. Si dovrebbe prevedere una proroga
del periodo per  la  partenza  volontaria  allorche'  lo  si  ritenga
necessario  in  ragione  delle  circostanze   specifiche   del   caso
individuale. Al fine di promuovere il rimpatrio volontario, gli Stati
membri dovrebbero  prevedere  maggiore  assistenza  e  consulenza  al
rimpatrio  e  sfruttare  al  meglio  le  relative   possibilita'   di
finanziamento offerte dal Fondo europeo per i rimpatri». 
    E in aderenza a tale premessa l'art. 7 comma  1  della  direttiva
stabilisce quella che  deve  costituire  la  regola  per  la  normale
esecuzione del provvedimento di espulsione: 
        «La decisione di rimpatrio fissa per la  partenza  volontaria
un periodo congruo di durata compresa  fra  sette  e  trenta  giorni,
fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. 
    Le  eccezioni  a  tale  principio  sono  previste  dal  comma  4,
dell'art. 7, che prevede che «Se sussiste il rischio di fuga o se una
domanda  di  soggiorno  regolare  e'   stata   respinta   in   quanto
manifestamente infondata o fraudolenta o se l'interessato costituisce
un pericolo  per  l'ordine  pubblico,  la  pubblica  sicurezza  o  la
sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere
un periodo per la partenza volontaria o concederne  uno  inferiore  a
sette giorni» e dall'art. 2 comma 2 lettera  b)  che  stabilisce  che
«gli Stati membri possono  decidere  di  non  applicare  la  presente
direttiva ai cittadini di paesi terzi  sottoposti  a  rimpatrio  come
sanzione penale  o  come  conseguenza  di  una  sanzione  penale,  in
conformita' della legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di
estradizione». 
    Sennonche' vi  e'  da  rilevare  che  l'art.  10-bis,  d.lgs.  n.
286/1998  risulta  avere  rovesciato  il  rapporto  tra   regola   ed
eccezione. 
    Infatti non puo' non tenersi conto che l'art.13, comma 4,  d.lgs.
n.  286/1998  prevede  quale  modalita'   ordinaria   di   esecuzione
dell'espulsione l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della  forza
pubblica cosicche', avendo l'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998  elevato
a reato qualunque ingresso  o  soggiorno  irregolare  nel  territorio
dello Stato italiano, l'accompagnamento coattivo non rappresenta piu'
l'eccezione rispetto al rimpatrio volontario  previsto  dal  comma  1
dell'art. 7  della  direttiva  ma  diventa  la  regola  sull'evidente
presupposto  che  il  rimpatrio  sia  sempre  da  classificare   come
«sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale» (art.  2,
comma 2, lett. b) direttiva) oppure che  vi  sia,  in  ogni  caso  di
irregolarita' dell'ingresso o del trattenimento,  sempre  e  comunque
pericolo di fuga o  che  il  soggetto  costituisca  un  pericolo  per
l'ordine pubblico, per la  pubblica  sicurezza  o  per  la  sicurezza
nazionale (art. 7, comma 4 direttiva). 
    L'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998 appare  quindi  contrario  alla
direttiva comunitaria e quindi all'art.  117  della  Costituzione  in
base al quale la potesta' legislativa deve  essere  esercitata  dallo
Stato e dalle regioni nel rispetto della. Costituzione,  nonche'  dei
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali. 
    L'art. 20 della richiamata direttiva assegna agli Stati membri il
termine  del  24  dicembre  2010  per  adeguarsi;   potrebbe   quindi
sostenersi che, non avendo la legge n. 94/2009 dato  esecuzione  alla
direttiva, venga meno il presupposto per il giudizio  di  valutazione
della conformita' della norma suddetta rispetto alla direttiva. 
    Tuttavia vanno svolte le seguenti considerazioni. 
    L'art. 22 della direttiva stabilisce che  la  medesima  entra  in
vigore  il  ventesimo  giorno  successivo  alla  pubblicazione  nella
Gazzetta Ufficiale e quindi alla data dell'8  agosto  2009  (data  di
entrata in vigore della legge  n.  94/2009)  la  direttiva  era  gia'
entrata in vigore da diversi mesi. Cio' premesso va osservato che  il
termine del 24 dicembre 2010 e' un termine ultimo che, come tale, non
impedisce di certo agli Stati  membri  di  adeguarsi  alla  direttiva
prima della scadenza del termine. 
    Orbene, per sostenere che l'art. 10-bis, d.lgs. n.  286/1998  non
risulti  contrario  alla  direttiva  e  quindi  all'art.  117   Cost.
bisognerebbe ritenere che la norma qui censurata  sia  stata  emanata
con la volonta' di eliminare o almeno di modificare la  stessa  prima
della scadenza del termine ultimo concesso allo  Stato  italiano  per
adeguarsi alla direttiva. 
    Appare pero' alquanto forzato ritenere che la  normativa  emanata
debba considerarsi a tempo, determinato in  quanto  la  medesima  non
prevede, quanto alla sua efficacia, alcuna limitazione temporale  ne'
tale delimitazione temporale puo' desumersi indirettamente da  alcuna
disposizione o risulta dalla ratio della  norma,  pur  estensivamente
interpretata. 
    Appare  al  contrario  maggiormente  conforme   ai   criteri   di
interpretazione della legge ritenere che la legge n. 94 del 15 luglio
2009 abbia voluto dare esecuzione alla direttiva in anticipo rispetto
al termine ultimo di scadenza del 24 dicembre 2010 ed in tale  misura
risulti non rispettosa della direttiva e quindi dell'art. 117 Cost. 
    Per i motivi esposti l'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998 risulta in
contrasto con le seguenti norme costituzionali: art. 3, art. 27, art.
117. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 137 Cost., 1, legge n. 1/1948,  23,  legge  n.
87/1953; 
    Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza; 
    Ritenuto  che  il  giudizio  penale  non  possa  essere  definito
indipendentemente  dalla  decisione   in   merito   al   profilo   di
incostituzionalita' dedotto; 
    Solleva d'ufficio la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 10-bis del decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286
introdotto dall'art. 1, comma 16 della legge 15 luglio  2009,  n.  94
con riferimento agli articoli 3, 27 e 117 della Costituzione. 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e  comunicata  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Missaglia, addi' 1° ottobre 2009 
 
                     Il giudice di pace: Bagala'