N. 321 SENTENZA 30 novembre - 4 dicembre 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Giurisdizioni  speciali  -  Giurisdizione  tributaria  -  Ricorso  in
  appello - Notifica non a mezzo di ufficiale giudiziario -  Deposito
  di copia del ricorso presso la  segreteria  del  giudice  di  primo
  grado a pena di inammissibilita' dell'appello - Ritenuta violazione
  degli artt. 2 e 24 Cost. - Difetto di motivazione  in  ordine  alla
  «non  manifesta   infondatezza»   della   questione   -   Manifesta
  inammissibilita'. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, secondo periodo,
  introdotto dal comma 7 dell'art. 3-bis del d.l. 30 settembre  2005,
  n. 203, convertito, con modificazioni,  dal  comma  1  dell'art.  1
  della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, artt. 2 e 24. 
Giurisdizioni  speciali  -  Giurisdizione  tributaria  -  Ricorso  in
  appello - Notifica non a mezzo di ufficiale giudiziario -  Deposito
  di copia del ricorso presso la  segreteria  del  giudice  di  primo
  grado a pena di inammissibilita' dell'appello - Ritenuta violazione
  del principio di uguaglianza tra chi  notifichi  tramite  ufficiale
  giudiziario (senza onere  di  deposito  presso  la  segreteria  del
  giudice di primo grado) e chi si avvalga del servizio postale  (con
  onere  di  deposito  a  pena  di  inammissibilita')  -  Difetto  di
  «rilevanza»  della  questione  -   Manifesta   inammissibilita'   -
  Assorbimento delle questioni di merito. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, secondo periodo,
  introdotto dal comma 7 dell'art. 3-bis del d.l. 30 settembre  2005,
  n. 203, convertito, con modificazioni,  dal  comma  1  dell'art.  1
  della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, art. 3. 
Giurisdizioni  speciali  -  Giurisdizione  tributaria  -  Ricorso  in
  appello - Notifica non a mezzo di ufficiale giudiziario -  Deposito
  di copia del ricorso presso la  segreteria  del  giudice  di  primo
  grado  a  pena  di   inammissibilita'   dell'appello   -   Eccepita
  inammissibilita' per omessa ricerca di interpretazione  conforme  a
  Costituzione - Reiezione. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, secondo periodo,
  introdotto dal comma 7 dell'art. 3-bis del d.l. 30 settembre  2005,
  n. 203, convertito, con modificazioni,  dal  comma  1  dell'art.  1
  della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, art. 3. 
Giurisdizioni  speciali  -  Giurisdizione  tributaria  -  Ricorso  in
  appello - Notifica non a mezzo di ufficiale giudiziario -  Deposito
  di copia del ricorso presso la  segreteria  del  giudice  di  primo
  grado  a  pena  di   inammissibilita'   dell'appello   -   Ritenuta
  irragionevolezza della disposizione denunciata per duplicazione  di
  un adempimento gia' assicurato da altra disposizione che obbliga il
  giudice di appello di richiedere, dopo la costituzione in  giudizio
  dell'appellante, la  trasmissione  del  fascicolo  processuale  con
  copia della sentenza impugnata - Erroneo presupposto interpretativo
  - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, secondo periodo,
  introdotto dal comma 7 dell'art. 3-bis del d.l. 30 settembre  2005,
  n. 203, convertito, con modificazioni,  dal  comma  1  dell'art.  1
  della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, art. 3. 
Giurisdizioni  speciali  -  Giurisdizione  tributaria  -  Ricorso  in
  appello - Notifica non a mezzo di ufficiale giudiziario -  Deposito
  di copia del ricorso presso la  segreteria  del  giudice  di  primo
  grado  a  pena  di   inammissibilita'   dell'appello   -   Ritenuta
  irragionevolezza per  eccessiva  gravita'  della  sanzione,  stante
  l'estraneita' dell'atto alla struttura del giudizio  di  gravame  -
  Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, secondo periodo,
  introdotto dal comma 7 dell'art. 3-bis del d.l. 30 settembre  2005,
  n. 203, convertito, con modificazioni,  dal  comma  1  dell'art.  1
  della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, art. 3. 
Giurisdizioni  speciali  -  Giurisdizione  tributaria  -  Ricorso  in
  appello - Notifica non a mezzo di ufficiale giudiziario -  Deposito
  di copia del ricorso presso la  segreteria  del  giudice  di  primo
  grado  a  pena  di   inammissibilita'   dell'appello   -   Ritenuta
  irragionevolezza  della  disposizione  denunciata  che  fa  gravare
  sull'agente postale, soggetto terzo rispetto alle parti  in  causa,
  l'obbligo  del  deposito  della  copia   dell'appello   -   Erroneo
  presupposto interpretativo - Onere del deposito posto  direttamente
  a carico dell'appellante - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, secondo periodo,
  introdotto dal comma 7 dell'art. 3-bis del d.l. 30 settembre  2005,
  n. 203, convertito, con modificazioni,  dal  comma  1  dell'art.  1
  della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, art. 3. 
Giurisdizioni  speciali  -  Giurisdizione  tributaria  -  Ricorso  in
  appello - Notifica non a mezzo di ufficiale giudiziario -  Deposito
  di copia del ricorso presso la  segreteria  del  giudice  di  primo
  grado  a  pena  di   inammissibilita'   dell'appello   -   Ritenuta
  irragionevolezza   della   disposizione   denunciata   per   omessa
  indicazione di un termine perentorio per il deposito - Esclusione -
  Ricavabilita' di detto termine in via interpretativa, dal complesso
  delle norme in materia di  impugnazione  davanti  alle  Commissioni
  tributarie - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, secondo periodo,
  introdotto dal comma 7 dell'art. 3-bis del d.l. 30 settembre  2005,
  n. 203, convertito, con modificazioni,  dal  comma  1  dell'art.  1
  della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.49 del 9-12-2009 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA; Alfio FINOCCHIARO; Alfonso QUARANTA; Franco
  GALLO; Luigi MAZZELLA; Gaetano  SILVESTRI;  Sabino  CASSESE;  Maria
  Rita SAULLE; Giuseppe TESAURO;  Paolo  Maria  NAPOLITANO;  Giuseppe
  FRIGO; Alessandro CRISCUOLO; Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  53,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre  1991,  n.
413),  periodo  introdotto  dal   comma   7   dell'art.   3-bis   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell'art.  1
della  legge  2  dicembre  2005,  n.  248,  promosso  con   ordinanza
depositata il 9 febbraio 2009 dalla Commissione tributaria  regionale
della Puglia, nel giudizio vertente  tra  l'Associazione  Green  Park
Club e l'Agenzia delle entrate, ufficio di Bari, iscritta al  n.  148
del registro ordinanze 2009 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 4 novembre  2009  il  giudice
relatore Franco Gallo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. -   Nel   corso   di   un    giudizio    d'appello    promosso
dall'Associazione  Green  Park  Club  con  atto  notificato  mediante
consegna diretta all'Agenzia delle entrate, ufficio di Bari, in  data
6 luglio 2007, la Commissione tributaria regionale della Puglia,  con
ordinanza depositata il 9 febbraio 2009, ha sollevato, in riferimento
agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione,  questioni  di  legittimita'
dell'art. 53, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre  1992,  n.
546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega
al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30  dicembre  1991,  n.
413), come modificato dall'art. 3-bis, comma 7, del decreto-legge  30
settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto  all'evasione  fiscale  e
disposizioni  urgenti   in   materia   tributaria   e   finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  2
dicembre 2005, n. 248, nella parte in  cui  stabilisce  che  «Ove  il
ricorso  non  sia  notificato  a  mezzo  di  ufficiale   giudiziario,
l'appellante  deve,  a  pena  d'inammissibilita',  depositare   copia
dell'appello  presso  l'ufficio  di  segreteria   della   commissione
tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata». 
    2. - Il giudice rimettente premette, in punto di fatto,  che:  a)
la predetta Associazione aveva  impugnato  davanti  alla  Commissione
tributaria provinciale di Bari, con distinti ricorsi,  alcuni  avvisi
di irrogazione di sanzioni emessi  nei  suoi  confronti  dall'Agenzia
delle entrate per l'asserita violazione della  normativa  dell'IRPEF,
con riferimento agli anni dal 1992 al 1994;  b)  l'adita  Commissione
tributaria provinciale, con sentenza n. 176/08/2006, aveva riunito  i
ricorsi  e  li  aveva  dichiarati  inammissibili   per   la   mancata
indicazione di motivi specifici; c)  l'Associazione  aveva  appellato
detta sentenza, ma, pur avendo notificato l'atto di gravame  mediante
consegna diretta,  non  aveva  adempiuto  il  prescritto  obbligo  di
depositare nella segreteria della Commissione tributaria  provinciale
una  copia  dell'appello  proposto;  c)  la  Commissione   tributaria
regionale della Puglia, investita  dell'appello,  aveva  rinviato  la
trattazione della controversia in attesa della decisione della  Corte
costituzionale su identiche  questioni  sollevate  dalla  Commissione
tributaria   regionale   della   Sicilia,   sezione    staccata    di
Caltanissetta, con ordinanza r.o. n. 793 del 2007; d) in relazione  a
dette questioni, la Corte costituzionale, con ordinanza  n.  199  del
2008, aveva restituito gli atti al rimettente giudice  tributario  di
Caltanissetta per una nuova valutazione della  rilevanza,  alla  luce
della sopravvenuta sentenza della stessa Corte n.  130  del  2008  in
tema di giurisdizione tributaria ed in considerazione del  fatto  che
la controversia trattata nel giudizio  principale  non  aveva  natura
tributaria. 
    3. -  Il  giudice  rimettente  premette  altresi',  in  punto  di
diritto, che: a) poiche' le suddette questioni  di  costituzionalita'
sollevate dalla Commissione tributaria regionale  della  Sicilia  non
sono  state  decise  dalla  Corte   costituzionale,   e'   necessario
sottoporle nuovamente all'esame di tale  Corte,  con  riferimento  al
caso  di  specie;  b)  in  particolare,  la  decisione   sul   merito
dell'appello proposto  dalla  Associazione  postula  una  valutazione
preliminare in ordine all'ammissibilita' di detto appello; c)  a  tal
fine, deve essere applicata la disposizione censurata,  la  quale,  a
pena di inammissibilita', impone all'appellante, qualora  il  ricorso
non sia notificato a mezzo di ufficiale  giudiziario,  di  depositare
copia dell'appello presso l'ufficio di segreteria  della  commissione
tributaria  che  ha  pronunciato  la  sentenza  impugnata;  d)   tale
disposizione, entrata in vigore in data 3 dicembre 2005,  costituisce
una «norma di natura  processuale  la  cui  efficacia  nel  tempo  e'
regolata dal principio tempus regit actum con la conseguenza  che  la
stessa e' immediatamente efficace per tutti gli  appelli  proposti  a
partire dalla  data  indicata»  e,  quindi,  anche  per  il  giudizio
principale, nel quale l'appello  e'  stato  notificato  per  consegna
diretta il 6 luglio 2007. 
    4. - Poste tali premesse, il giudice a quo  identifica  la  ratio
della disposizione censurata  nel  soddisfacimento  dell'esigenza  di
informare la segreteria del giudice di prime cure  dell'esistenza  di
una «circostanza ostativa al passaggio in giudicato della sentenza di
primo grado»; e  cio'  «al  pari  di  quanto  previsto  nel  caso  di
notificazione a mezzo  ufficiale  giudiziario»  dall'art.  123  delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura civile,  in  forza
del quale l'ufficiale giudiziario deve dare immediato avviso  scritto
della notificazione dell'impugnazione al cancelliere del giudice  che
ha emesso la sentenza impugnata. Con  specifico  riferimento  a  tale
ratio, il medesimo giudice passa, poi, ad esporre le sue censure alla
normativa denunciata. 
    4.1. - In primo luogo, secondo la Commissione rimettente, «merita
censura [...] la previsione di  un  radicale  ed  insanabile  effetto
preclusivo  dell'impugnazione  collegato   ad   un'attivita'   avente
funzione di  notizia»,  perche'  tale  attivita'  e'  «estranea  alla
struttura del giudizio di gravame  nonche'  superflua  rispetto  alla
ratio ispiratrice» della disposizione medesima.  Infatti,  ad  avviso
del giudice a quo, l'art. 53, terzo comma, del d.lgs. n. 546 del 1992
- nel prevedere che «Subito dopo il deposito del ricorso in  appello,
la segreteria della  commissione  tributaria  regionale  chiede  alla
segreteria  della  commissione  provinciale   la   trasmissione   del
fascicolo del processo» - gia' soddisfa detta esigenza di  notizia  e
quindi rende priva di giustificazione la sanzione di inammissibilita'
prevista dalla disposizione censurata, nel caso di  mancato  deposito
di  copia  dell'appello  presso  la  segreteria   della   commissione
tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata. 
    4.2.  -  In  secondo  luogo,  sempre  per  il  giudice   a   quo,
«l'inammissibilita' e' sanzione processuale concettualmente correlata
ad un effetto  decadenziale  collegato  al  mancato  rispetto  di  un
termine essenziale mentre, la norma de qua non indica  alcun  termine
perentorio entro il quale  deve  essere  curato  l'adempimento»,  con
conseguente ulteriore motivo di irragionevolezza  della  disposizione
denunciata. 
    4.3. - In terzo luogo, lo stesso giudice a quo afferma  che,  nel
caso di notificazione effettuata con il mezzo  della  posta,  l'onere
del deposito della copia  dell'appello  presso  la  segreteria  della
commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata e'  a
carico  dell'agente  postale.  Da  tale   affermazione   il   giudice
rimettente fa derivare altri  due  profili  di  censura  della  norma
denunciata.  Questa,  da  un  lato,  sarebbe  irragionevole,  perche'
prevede un  effetto  decadenziale  che  incombe  sull'appellante  «in
dipendenza di un'attivita'  posta  in  essere  da  un  terzo»  (cioe'
dall'agente postale);  dall'altro  comporterebbe  una  ingiustificata
disparita' di trattamento tra coloro che notificano l'appello tramite
ufficiale giudiziario (i quali non hanno l'onere di depositare  copia
dell'appello nella segreteria del giudice di primo  grado)  e  coloro
che si avvalgono del servizio postale (i quali - secondo  la  lettura
della disposizione impugnata data dal rimettente - incorrono, invece,
nella sanzione dell'inammissibilita' dell'appello, nel  caso  in  cui
l'agente postale non abbia adempiuto l'onere di tale deposito). 
    5. - Quanto alla rilevanza, la Commissione  tributaria  regionale
afferma che, per effetto della disposizione censurata,  l'appello  di
cui  al  giudizio  principale  -  non  notificato  per   il   tramite
dell'ufficiale giudiziario e non seguito  dal  deposito  di  una  sua
copia nella segreteria del giudice di primo grado -  dovrebbe  essere
dichiarato inammissibile, lasciando l'appellante «privo di tutela». 
    6. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio di legittimita' costituzionale  ed  ha  chiesto  dichiararsi
inammissibili o comunque infondate le sollevate questioni. 
    6.1. -  Secondo  la  difesa  erariale,  le  questioni  poste  con
riferimento agli artt. 2 e 24 Cost. sono inammissibili per difetto di
motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni
medesime, «in quanto non viene in  alcun  modo  precisato  per  quale
motivo la norma si porrebbe in contrasto» con le evocate disposizioni
costituzionali. Sempre secondo l'Avvocatura, la  questione  posta  in
riferimento al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e'
inammissibile per la mancata  previa  ricerca  di  un'interpretazione
conforme a Costituzione della disposizione censurata; interpretazione
che sarebbe possibile, perche' il censurato secondo  comma  dell'art.
53 del d.lgs. n. 546 del 1992,  non  prevedendo  un  termine  per  il
deposito  di  copia  dell'appello,  potrebbe   essere   inteso   come
introduttivo di una causa di mera  improcedibilita',  nel  senso  che
l'appellante avrebbe la facolta' di effettuare il deposito  richiesto
da detta disposizione fino al momento in cui la causa venga  chiamata
in decisione. 
    6.2. - Nel merito, la difesa erariale afferma  che  la  questione
posta in riferimento all'art. 24  Cost.  e'  comunque  manifestamente
infondata, perche'  «non  si  comprende  come  la  previsione  di  un
adempimento di semplice esecuzione (quale  il  deposito  di  un  atto
presso la segreteria del giudice di primo grado) possa costituire  un
ostacolo all'esercizio del diritto di azione e difesa». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Commissione tributaria regionale della Puglia dubita,  in
riferimento  agli  artt.  2,  3  e  24  della   Costituzione,   della
legittimita' del secondo periodo del comma 2 dell'art. 53 del decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413)  −  periodo  introdotto  dal
comma 7 dell'art. 3-bis del decreto-legge 30 settembre 2005,  n.  203
(Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni  urgenti  in
materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dal
comma 1 dell'art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248 −, il  quale,
nel disciplinare la proposizione  dell'appello  innanzi  agli  organi
della giurisdizione tributaria, prevede che «Ove il ricorso  non  sia
notificato a mezzo di ufficiale  giudiziario,  l'appellante  deve,  a
pena  di  inammissibilita',  depositare  copia  dell'appello   presso
l'ufficio  di  segreteria  della  commissione   tributaria   che   ha
pronunciato la sentenza impugnata». 
    2.   -   La   difesa   erariale   ha   eccepito   la    manifesta
inammissibilita', per difetto  di  motivazione  in  ordine  alla  non
manifesta infondatezza, delle questioni poste  con  riferimento  agli
artt. 2 e 24 Cost. 
    L'eccezione e' fondata. 
    L'ordinanza di rimessione, infatti, non indica le  ragioni  della
ritenuta  violazione  di  tali  parametri.  In  particolare,   quanto
all'art. 2  Cost.,  manca  nell'ordinanza  qualsiasi  argomentazione;
quanto all'art. 24 Cost., il rimettente  si  limita  al  generico  ed
immotivato rilievo che la disposizione censurata lascia  l'appellante
«privo di tutela». 
    3. - Il  rimettente  denuncia  la  violazione  del  principio  di
uguaglianza di  cui  all'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo  che  la
disposizione denunciata creerebbe una  ingiustificata  disparita'  di
trattamento tra coloro che  notificano  l'appello  tramite  ufficiale
giudiziario  (i  quali  non  hanno  l'onere   di   depositare   copia
dell'appello nella segreteria del giudice di primo  grado)  e  coloro
che  si  avvalgono  del  servizio  postale   (i   quali   -   secondo
l'interpretazione dello stesso rimettente - incorrono, invece,  nella
sanzione dell'inammissibilita' dell'appello, nel caso in cui l'agente
postale non abbia adempiuto l'onere di tale deposito). 
    La questione e'  manifestamente  inammissibile,  per  difetto  di
rilevanza. 
    Al riguardo, va osservato in punto di fatto che, nella  specie  -
secondo quanto riferito dal rimettente -, l'appellante ha  notificato
l'appello mediante  consegna  diretta  all'appellato.  Tuttavia,  nel
prospettare l'indicata ingiustificata disparita' di  trattamento,  il
giudice  a  quo  pone  a  raffronto  il  caso   della   notificazione
dell'appello mediante ufficiale giudiziario, non con  il  caso  della
notificazione mediante consegna diretta,  che  costituisce  l'oggetto
del giudizio principale, ma con  quello,  del  tutto  diverso,  della
notificazione  mediante  il  servizio  postale.  Ne'  il   rimettente
fornisce alcuna motivazione sulle ragioni per le quali la  denunciata
disparita' di trattamento avrebbe rilevanza nel giudizio a quo. 
    L'accertamento dell'inammissibilita' della questione assorbe ogni
altra considerazione di merito. 
    4. - Con riferimento all'art. 3 Cost.,  sotto  il  profilo  della
violazione del principio di  ragionevolezza,  il  rimettente  solleva
quattro distinte questioni. 
    4.1. - Con la prima,  il  giudice  a  quo  deduce  che  la  norma
denunciata  e'  irragionevole,  perche'  lo  scopo  di  informare  la
segreteria del giudice di primo grado  dell'intervenuto  appello  (e,
quindi, del mancato passaggio in giudicato della sentenza pronunciata
da tale giudice) e' gia' soddisfatto  dall'obbligo,  posto  a  carico
della segreteria del giudice di appello dal comma 3 dell'art. 53  del
d.lgs. n. 546 del 1992, di richiedere alla segreteria del giudice  di
primo grado, subito dopo il  deposito  del  ricorso  in  appello,  la
trasmissione del fascicolo processuale con la copia  autentica  della
sentenza impugnata. 
    4.2. - Con la seconda questione, il giudice  rimettente  denuncia
l'irragionevolezza della norma censurata, perche' questa  collega  un
radicale ed insanabile effetto  preclusivo  dell'impugnazione  (cioe'
l'inammissibilita' dell'appello) ad un'attivita' avente «funzione  di
notizia [...] estranea alla struttura del giudizio di gravame». 
    4.3.  -  Con  la  terza  questione,  la  rimettente   Commissione
tributaria  regionale  deduce  che  la  disposizione  denunciata   e'
irragionevole, perche', nel caso di notificazione a mezzo  posta,  fa
gravare sull'agente postale (secondo l'interpretazione che la  stessa
Commissione da' alla disposizione) l'obbligo di depositare  la  copia
dell'appello  presso  l'ufficio  di  segreteria   della   Commissione
tributaria  provinciale  e,  pertanto,   prevede   l'inammissibilita'
dell'appello quale conseguenza dell'inadempimento di tale obbligo  da
parte   dell'agente   postale,   cioe'   di   un   soggetto   diverso
dall'appellante. 
    4.4. - Con  la  quarta  questione  viene  dedotto  che  la  norma
denunciata    e'    irragionevole,    perche',     pur     prevedendo
l'inammissibilita' dell'impugnazione per il  mancato  deposito  della
copia dell'appello  nella  segreteria  della  Commissione  tributaria
provinciale, non indica, pero', alcun termine  perentorio  per  detto
deposito. 
    5.   -   La   difesa   erariale   ha   preliminarmente   eccepito
l'inammissibilita'  di  tutte  e  quattro  le   suddette   questioni,
affermando  che  il  giudice   a   quo   ha   omesso   di   ricercare
un'interpretazione  conforme  a   Costituzione   della   disposizione
impugnata, la quale, invece - sempre secondo la stessa difesa -  puo'
essere interpretata nel senso che il  mancato  deposito  della  copia
dell'appello  presso  la  segreteria  del  giudice  di  primo   grado
costituisce una mera causa di improcedibilita', potendo  l'appellante
effettuare il deposito stesso fino al momento in cui la  causa  viene
«chiamata in decisione». 
    L'eccezione non puo' essere accolta. 
    Al riguardo, va innanzitutto rilevato che  essa,  nonostante  sia
stata espressamente sollevata per tutte e quattro  le  questioni,  si
riferisce in realta' esclusivamente  all'ultima  di  queste,  con  la
quale viene denunciata la mancata fissazione di  un  termine  per  il
deposito della  copia  dell'atto  di  appello  nella  segreteria  del
giudice di primo grado. Rispetto alle altre  questioni,  infatti,  e'
del tutto irrilevante individuare il termine preciso oltre  il  quale
scatta   la   sanzione   di   «inammissibilita'»    di    «definitiva
improcedibilita'» dell'appello. 
    Con  riferimento,  poi,  all'unica  questione   alla   quale   e'
pertinente,  appare  evidente  che   l'eccezione   attiene   non   al
preliminare profilo dell'ammissibilita', ma a quello, successivo, del
merito della questione stessa.  L'interpretazione  prospettata  dalla
difesa erariale si risolve,  infatti,  nell'individuazione,  mediante
argomentazioni sistematiche, del termine entro il quale  deve  essere
compiuto il deposito («fino al momento in cui la causa viene chiamata
in decisione») e, quindi, attiene al merito della censura, cioe' alla
fondatezza della questione. 
    6. - Nel merito, nessuna delle questioni poste in riferimento  al
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.  e'  fondata.  Al
riguardo, e' opportuno esaminare distintamente tali questioni. 
    6.1. - Quanto alla prima, il rimettente afferma - in conformita',
del resto, alle osservazioni contenute nella  circolare  dell'Agenzia
delle entrate n. 10/E del 13 marzo 2006 - che la norma denunciata  ha
lo scopo di informare  la  segreteria  del  giudice  di  primo  grado
dell'intervenuto   appello   e,   quindi,   di   impedire   l'erronea
attestazione del passaggio in giudicato di  detta  sentenza.  Per  il
giudice a quo, in particolare, la ratio della  norma  e'  identica  a
quella sottesa all'art. 123  delle  disposizioni  di  attuazione  del
codice di procedura civile, secondo cui: a) «l'ufficiale  giudiziario
che ha notificato un atto di impugnazione deve darne immediato avviso
scritto al cancelliere del giudice che  ha  pronunciato  la  sentenza
impugnata» (primo comma); b) «il cancelliere  deve  fare  annotazione
dell'impugnazione sull'originale  della  sentenza»  (secondo  comma).
Tuttavia, ad avviso  del  giudice  rimettente,  tale  ratio  e'  gia'
soddisfatta dal comma 3 dell'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992,  che
fa obbligo alla segreteria del giudice di appello di richiedere  alla
segreteria del giudice di primo grado, «subito dopo il  deposito  del
ricorso in appello», la trasmissione del fascicolo processuale con la
copia  autentica  della  sentenza  impugnata.  Di  qui   la   dedotta
irragionevolezza della norma denunciata. 
    La questione non e' fondata. 
    Il rimettente individua correttamente la ratio della disposizione
censurata,  ma  erra  nel  ritenere  che  tale  ratio  possa   essere
soddisfatta dall'evocato comma 3 dell'art. 53 del d.lgs. n.  546  del
1992.  La  richiesta  di  trasmissione  del  fascicolo  prevista   da
quest'ultimo comma, infatti,  viene  avanzata  dalla  segreteria  del
giudice  di  appello  solo  «dopo»  la   costituzione   in   giudizio
dell'appellante e, pertanto - contrariamente  a  quanto  dedotto  dal
rimettente - non consente alla segreteria del giudice di primo  grado
di avere tempestiva notizia della proposizione dell'appello.  E  cio'
risulta ancora piu' evidente  se  si  tiene  conto  anche  del  tempo
necessario  a  che  la  richiesta  pervenga  alla  segreteria   della
Commissione tributaria provinciale. Detta richiesta non e',  percio',
idonea  ad  evitare  il  rischio  di  una  erronea  attestazione  del
passaggio in giudicato della sentenza  di  primo  grado,  limitandosi
essa a  consentire  al  giudice  di  secondo  grado  di  ottenere  la
disponibilita' del fascicolo in tempo utile per la trattazione  della
causa in appello. 
    La  tempestiva  conoscenza  dell'impugnazione,  da  parte   della
segreteria del giudice di primo grado, e' invece assicurata:  a)  nel
caso  di  appello  notificato  a  mezzo  di  ufficiale   giudiziario,
dall'«immediato     avviso     scritto»      della      notificazione
dell'impugnazione, che lo stesso ufficiale giudiziario deve dare alla
cancelleria del giudice che  ha  pronunciato  la  sentenza  impugnata
(art. 123 disp.  att.  cod.  proc.  civ.);  b)  nel  caso -  che  qui
interessa -  di  appello  non  notificato  a   mezzo   di   ufficiale
giudiziario, dal deposito della copia notificata dell'appello, presso
la segreteria della  Commissione  tributaria  provinciale,  entro  il
termine previsto per  la  costituzione  in  giudizio  dell'appellante
(artt. 53, comma 2, e 22, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 546  del  1992);
termine che e' sicuramente anteriore alla richiesta  di  trasmissione
del fascicolo (art. 53, comma 3, del d.lgs. n.  546  del  1992).  E',
dunque, erroneo sostenere che la suddetta ratio sia soddisfatta dalla
sola richiesta di trasmissione del fascicolo di primo grado,  perche'
questa   non   puo'   sostituire   ne'   l'avviso   scritto   inviato
dall'ufficiale   giudiziario   ne'   il   deposito   previsto   dalla
disposizione censurata. 
    6.2. - Quanto alla seconda questione, il giudice  a  quo  afferma
che la norma denunciata e' irragionevole, perche'  prevede  la  grave
sanzione dell'inammissibilita'  dell'appello  quale  conseguenza  del
mancato compimento, da parte dell'appellante,  di  un  atto  estraneo
«alla struttura del giudizio di gravame», quale sarebbe  il  deposito
di copia dell'atto di impugnazione nel caso di appello proposto senza
il tramite di ufficiale giudiziario. 
    Anche tale questione non e' fondata. 
    Come si e' visto al punto precedente, nel caso in  cui  l'appello
sia  notificato  mediante  ufficiale  giudiziario,  quest'ultimo   e'
obbligato, ai sensi dell'art. 123  disp.  att.  cod.  proc.  civ.,  a
fornire  «immediato  avviso  scritto»  di  tale  notificazione   alla
segreteria del giudice che ha pronunciato la sentenza  impugnata.  In
tale ipotesi, l'ufficiale giudiziario e' tenuto  a  detto  avviso  in
forza  dei  suoi  doveri   di   ufficio   e   della   responsabilita'
disciplinare, civile o penale che sorgerebbe a suo carico in caso  di
inadempimento. Nell'ipotesi, invece, in cui la parte abbia scelto  di
proporre appello senza avvalersi dell'ufficiale giudiziario,  l'unico
deterrente per indurre l'appellante a  fornire  tempestivamente  alla
segreteria del giudice di primo grado la  documentata  notizia  della
proposizione dell'appello stesso e' rappresentato dalla  sanzione  di
inammissibilita' prevista dalla norma denunciata. Al fine di ottenere
un ordinato e spedito svolgimento del processo, appare, percio',  non
irragionevole che il legislatore - con la  norma  censurata  −  abbia
posto a carico dell'appellante l'onere di depositare copia  dell'atto
di impugnazione a pena di inammissibilita'. In particolare, con  tale
previsione, il legislatore ha perseguito il duplice obiettivo, da  un
lato, di non gravare la segreteria del giudice di appello di  compiti
informativi necessariamente  intempestivi  (perche'  successivi  alla
costituzione  in  giudizio  dell'appellante)  ed   organizzativamente
onerosi  e,  dall'altro,  di  assicurare  la   tempestivita'   e   la
completezza   della   comunicazione   dell'interposta   impugnazione,
imponendo allo stesso appellante, che abbia  proposto  appello  senza
avvalersi   dell'ufficiale   giudiziario,    di    effettuare    tale
comunicazione. 
    6.3. - Quanto alla terza questione, il rimettente afferma che  la
norma denunciata,  nel  caso  di  notificazione  a  mezzo  posta,  fa
irragionevolmente gravare sull'agente  postale,  cioe'  su  un  terzo
rispetto alle parti di causa,  l'obbligo  del  deposito  della  copia
dell'appello  presso  la  segreteria  della  Commissione   tributaria
provinciale    e,    pertanto,    rende    arbitro     tale     terzo
dell'inammissibilita' dell'appello. 
    La questione non e' fondata. 
    Al riguardo, e' qui  sufficiente  osservare  che  il  presupposto
interpretativo  da  cui  muove  il  rimettente  e'  errato.  Infatti,
nell'ipotesi di notificazione dell'appello  a  mezzo  posta,  nessuna
disposizione pone a  carico  dell'agente  postale  ne'  l'obbligo  di
depositare presso la segreteria del giudice di primo grado  la  copia
dell'appello  notificato,  ne'  l'obbligo  di  effettuare  un  avviso
analogo a quello previsto per l'ufficiale giudiziario  dall'art.  123
disp. att. cod. proc. civ. Al contrario, la norma denunciata  pone  a
carico  del  solo  appellante  l'onere   di   depositare   la   copia
dell'appello notificato a mezzo posta. 
    6.4. - Quanto alla quarta questione, nell'ordinanza di rimessione
viene  dedotta  l'irragionevolezza  di  una  disposizione  che,   pur
prevedendo  l'inammissibilita'  dell'impugnazione  per   il   mancato
deposito della copia dell'appello nella  segreteria  del  giudice  di
primo grado, non indica, pero', alcun termine  perentorio  per  detto
deposito. 
    Anche tale ultima questione non e' fondata. 
    Alla  luce  della  sopra  ricordata   esigenza -   sottesa   alla
disposizione denunciata - di fornire alla segreteria del  giudice  di
primo grado una tempestiva e documentata notizia  della  proposizione
dell'appello, un termine  perentorio  per  il  deposito  della  copia
dell'appello   nella   segreteria   della   Commissione    tributaria
provinciale e' sicuramente ricavabile,  in  via  interpretativa,  dal
complesso  delle  norme  in  materia  di  impugnazione  davanti  alle
Commissioni tributarie. Tale termine - come si e' visto ai punti 6.1.
e 6.2. - non puo' che  identificarsi  con  quello  stabilito  per  la
costituzione in giudizio dell'appellante;  costituzione  che  avviene
mediante il deposito del ricorso  in  appello  presso  la  segreteria
della Commissione tributaria  regionale  entro  trenta  giorni  dalla
proposizione dell'appello (artt. 53, comma 2, e 22, commi 1 e 3,  del
d.lgs. n. 546 del 1992). 
 
                         Per questi  motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 2,  secondo  periodo,
del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.  546  (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art. 30  della  legge  30  dicembre  1991,  n.  413)  −  periodo
introdotto dal comma 7 dell'art. 3-bis del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti  in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,   con
modificazioni, dal comma 1 dell'art. 1 della legge 2  dicembre  2005,
n. 248 −, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, sotto il profilo
della  violazione  del  principio  di   uguaglianza,   e   24   della
Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale della Puglia con
l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    Dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
del citato secondo periodo del  comma  2  dell'art.  53  del  decreto
legislativo n. 546 del 1992, periodo introdotto dal comma 7 dell'art.
3-bis  del  decreto-legge  n.   203   del   2005,   convertito,   con
modificazioni, dal comma 1 dell'art. 1 della legge n. 248  del  2005,
sollevate, in riferimento all'art. 3 Cost., sotto  il  profilo  della
violazione  del  principio  di  ragionevolezza,   dalla   Commissione
tributaria  regionale  della  Puglia  con  l'ordinanza  indicata   in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 30 novembre 2009. 
 
                        Il Presidente: Siervo 
 
 
                         Il redattore: Gallo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 4 dicembre 2009. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola