N. 340 SENTENZA 16 - 30 dicembre 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ricorsi delle Regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto  e  Toscana  -
  Impugnazione di numerose disposizioni del decreto-legge  25  giugno
  2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto
  2008, n. 133 - Trattazione delle questioni riguardanti l'art. 58  -
  Decisione sulle altre disposizioni impugnate riservata  a  separate
  pronunce. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 58. 
- Costituzione, artt. 117, terzo  e  quarto  comma,  e  118,  secondo
  comma. 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle  Regioni  -  Ricognizione  e
  valorizzazione del patrimonio immobiliare  di  Regioni,  Comuni  ed
  altri enti locali - Ricorso della Regione Veneto  -  Richiesta,  da
  parte della ricorrente, di declaratoria di  inammissibilita'  della
  costituzione del Governo - Reiezione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 58. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle  Regioni  -  Ricognizione  e
  valorizzazione del patrimonio immobiliare  di  Regioni,  Comuni  ed
  altri  enti  locali  -  Deliberazione  del  Consiglio  comunale  di
  approvazione del piano di alienazione e valorizzazione del  proprio
  patrimonio - Attribuzione del carattere di variante allo  strumento
  urbanistico generale - Ricorso della Regione  Veneto  -  Denunciata
  violazione della competenza  legislativa  regionale  nella  materia
  concorrente «governo  del  territorio»  -  Mancato  svolgimento  di
  specifiche censure riferibili ai commi 1 e da 3 a  9  dell'art.  58
  del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito,  con  modificazioni,
  dalla legge n. 133 del 2008 - Inammissibilita' della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 58, commi 1 e da 3 a 9. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle  Regioni  -  Ricognizione  e
  valorizzazione del patrimonio immobiliare  di  Regioni,  Comuni  ed
  altri  enti  locali  -  Deliberazione  del  Consiglio  comunale  di
  approvazione del piano di alienazione e valorizzazione del  proprio
  patrimonio - Attribuzione del carattere di variante allo  strumento
  urbanistico generale, anche in contrasto con i  piani  territoriali
  delle Regioni e delle Province - Ricorso della Regione  Piemonte  -
  Denunciata violazione della competenza legislativa e amministrativa
  regionale nelle materie concorrenti  «governo  del  territorio»  ed
  «edilizia  e  urbanistica»  -  Mancato  svolgimento  di  specifiche
  censure riferibili al comma 1 dell'art. 58 del decreto-legge n. 112
  del 2008, convertito, con modificazioni, dalla  legge  n.  133  del
  2008 - Inammissibilita' della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 58, comma 1. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma. 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle  Regioni  -  Ricognizione  e
  valorizzazione del patrimonio immobiliare  di  Regioni,  Comuni  ed
  altri enti locali  -  Redazione,  da  parte  di  ciascun  ente,  di
  apposito elenco dei beni immobili suscettibili di valorizzazione  o
  dismissione -  Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna  -  Ritenuta
  violazione dell'autonomia organizzativa degli enti - Individuazione
  dell'organo di Governo regionale competente  a  deliberare  rimessa
  alle regole organizzative degli enti stessi - Non fondatezza  della
  questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 58, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle  Regioni  -  Ricognizione  e
  valorizzazione del patrimonio immobiliare  di  Regioni,  Comuni  ed
  altri  enti  locali  -  Deliberazione  del  Consiglio  comunale  di
  approvazione del piano di alienazione e valorizzazione del  proprio
  patrimonio - Attribuzione del carattere di variante allo  strumento
  urbanistico  generale,  anche  in  contrasto  con  le  disposizioni
  contenute nei piani territoriali delle Regioni e delle  province  -
  Ricorsi delle Regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana  -
  Esorbitanza  dai  limiti  posti  alla  legislazione  statale  nella
  materia «coordinamento della finanza pubblica», con pregiudizio, ad
  opera  di  normativa  dettagliata,  della  competenza   legislativa
  concorrente  regionale  nella  prevalente  materia   «governo   del
  territorio» - Illegittimita' costituzionale, con  esclusione  della
  proposizione iniziale della disposizione impugnata:  «L'inserimento
  degli   immobili   nel   piano   ne   determina   la    conseguente
  classificazione  come   patrimonio   disponibile   e   ne   dispone
  espressamente  la  destinazione  urbanistica»  -  Assorbimento   di
  ulteriori profili di censura. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 58, comma 2. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma (117,  quarto  comma,  e  118,
  secondo comma). 
(GU n.1 del 7-1-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   58   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,  convertito  con  modificazioni
dalla legge  6  agosto  2008,  n.  133  (Conversione  in  legge,  con
modificazioni, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n.  112,  recante
disposizioni urgenti per lo sviluppo economico,  la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione   tributaria),   promossi   dalle   Regioni    Piemonte,
Emilia-Romagna, Veneto e Toscana, con ricorsi notificati il  16-17  e
il 20 ottobre 2008, depositati in cancelleria il 22 e il  24  ottobre
2008 ed iscritti ai nn. 68, 69, 70 e 74 del registro ricorsi 2008. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  18  novembre  2009  il  giudice
relatore Alessandro Criscuolo; 
    Uditi gli avvocati Stefano Santarelli per  la  Regione  Piemonte,
Luigi Manzi per  la  Regione  Emilia-Romagna,  Luigi  Manzi  e  Mario
Bertolissi per la Regione Veneto  e  l'avvocato  dello  Stato  Sergio
Sabelli per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - La Regione Piemonte, con  ricorso  notificato  a  mezzo  del
servizio postale il 15 ottobre 2008, depositato il  22  ottobre  2008
(r.r. n. 68 del 2008), ha impugnato, tra gli altri, l'art. 58,  commi
1 e 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita',  la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008,  n.  133
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), lamentando la lesione
degli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118,  secondo  comma,  della
Costituzione. 
    1.1. -  Dopo  aver  riportato  il  contenuto  della  disposizione
censurata, la ricorrente espone che i primi due  commi  della  stessa
violano  la  competenza  legislativa  concorrente  delle  regioni  in
materia di governo del territorio, di cui all'art. 117, terzo  comma,
Cost. Infatti,  essi  consentono  ai  comuni  di  operare  scelte  di
pianificazione in materia urbanistica,  anche  in  contrasto  con  le
disposizioni contenute nei piani territoriali delle regioni  e  delle
province,  senza  alcuna  possibilita'  reale   di   valutazione   od
opposizione da parte della regione stessa. Le disposizioni  censurate
addirittura prevedono la  possibilita'  di  disporre  modifiche  agli
strumenti  urbanistici  nelle  zone   agricole   e   per   volumetrie
praticamente  illimitate,  in  contrasto  con  la  sopra   menzionata
pianificazione. Tale  possibilita'  non  sarebbe  contemperata  dalla
verifica di conformita' di cui all'ultimo periodo del comma  2  della
norma, in considerazione della genericita'  di  detta  procedura,  in
relazione all'ente od organo eventualmente competente ed  all'estrema
brevita'  del  termine  perentorio  di  trenta   giorni,   il   quale
sembrerebbe configurare  una  sorta  di  silenzio-assenso.  Pertanto,
secondo la ricorrente, con le disposizioni impugnate  il  legislatore
avrebbe definito una regolamentazione autoapplicativa che comprime la
sfera costituzionale di autonomia delle regioni e viola le regole  di
riparto di cui all'art. 117 Cost. 
    La ricorrente lamenta, altresi',  il  contrasto  con  l'art.  118
Cost., in quanto la disposizione impugnata  attribuisce  direttamente
l'esercizio  di  funzioni  amministrative  ai  comuni,  laddove  tali
funzioni dovrebbero essere conferite con legge regionale, trattandosi
di disciplina di  dettaglio  in  materia  riservata  alla  competenza
concorrente (governo del territorio) e comunque residuale (edilizia e
urbanistica) della regione. 
    1.2. - In data 4 novembre 2008 si e' costituito il Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  sostenendo  l'inammissibilita'  e   comunque
l'infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. 
    La difesa erariale  premette  che,  mentre  prima  della  riforma
costituzionale l'art. 117 Cost., nella versione originaria, assegnava
alle  regioni  una  competenza  legislativa  concorrente  in  materia
urbanistica, la successiva  identificazione  della  materia,  con  la
dizione piu' estesa di governo  del  territorio,  ha  posto  notevoli
problemi interpretativi. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri  il  ricorso  in
oggetto si fonda sul presupposto dell'avvenuto superamento  da  parte
dello Stato, con l'introduzione della  norma  impugnata,  dei  limiti
della competenza legislativa ad  esso  riservata,  circoscritta  alla
determinazione dei principi  fondamentali,  trattandosi  di  materia,
qual  e'  quella  del  governo  del  territorio,   rientrante   nella
competenza legislativa concorrente delle  regioni.  Ad  avviso  della
difesa erariale, la  disciplina  dettata  dal  legislatore  ordinario
deve, invece, ritenersi espressione del potere dello Stato di fissare
nuove  linee  ordinamentali  ed  organizzative  idonee  a   conferire
un'incidenza profonda  e  stabile  sull'assetto  del  territorio,  in
corretta applicazione dei principi fondamentali in materia. 
    2. - Con ricorso, notificato il 20 ottobre 2008 e  depositato  il
successivo 22 ottobre, la Regione  Emilia-Romagna  (r.r.  n.  69  del
2008), ha impugnato, tra gli altri, l'art. 58, commi 1 e 2, del  d.l.
n. 112 del 2008, come convertito dalla legge n.  133  del  2008,  per
asserita violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    2.1. - Nel riportare il contenuto delle  disposizioni  sospettate
di illegittimita' costituzionale, la ricorrente pone in evidenza  che
il citato art. 58 prevede, da parte di regioni  ed  enti  locali,  la
predisposizione di  un  «piano  delle  alienazioni  e  valorizzazioni
immobiliari», il quale  deve  essere  presentato  con  riguardo  agli
immobili non strumentali all'esercizio delle  funzioni  istituzionali
degli enti. Ad avviso della Regione, la disciplina di cui al suddetto
art. 58 e' di competenza  statale  per  i  soli  profili  civilistici
evidenziati dal comma 3 e seguenti. Invece, sarebbe  illegittima,  in
primo luogo, la precisazione di cui al comma 1 dell'art. 58,  secondo
il quale il piano deve essere  approvato  «dall'organo  di  Governo»,
anziche' dall'organo competente sulla base delle regole organizzative
dell'ente, ed, in particolare, in base  allo  statuto  o  alle  leggi
regionali che statuiscano in materia.  Secondo  la  ricorrente  anche
l'art. 58, comma 2, risulta illegittimo, laddove stabilisce  che  «la
deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano  delle
alienazioni e  valorizzazioni  costituisce  variante  allo  strumento
urbanistico generale». Tale  previsione  trascenderebbe,  infatti,  i
limiti delle potesta' normative statali  concorrenti  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica e di governo del territorio,  in
quanto  si  tratterebbe  di  disposizioni  di  dettaglio  e  non   di
principio. La situazione sarebbe analoga a quella decisa dalla  Corte
costituzionale con la sentenza n. 401 del 2007. 
    Ad avviso della ricorrente, e'  ugualmente  illegittima,  per  il
carattere dettagliato  e  per  violazione  dei  poteri  e  doveri  di
controllo spettanti alle regioni, la disposizione secondo  cui  «tale
variante, in quanto relativa a singoli  immobili,  non  necessita  di
verifiche  di  conformita'  agli  eventuali  atti  di  pianificazione
sovraordinata di competenza delle province e delle regioni»,  ma  che
«la verifica di conformita' e' richiesta  e  deve  essere  effettuata
entro  il  termine  perentorio  di  trenta  giorni  dalla   data   di
ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a  terreni
classificati  come  agricoli  dallo  strumento  urbanistico  generale
vigente, ovvero  nei  casi  che  comportano  variazioni  volumetriche
superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo  strumento
urbanistico vigente». Da  un  lato,  sarebbe  evidente  il  carattere
dettagliato della suddetta normativa e,  dall'altro,  trattandosi  di
vicende che involgono  singoli  immobili,  mancherebbe  un  interesse
unitario atto a giustificare un intervento statale e  la  sottrazione
alla disciplina urbanistica regionale dei casi in cui sia opportuno o
meno procedere ad una verifica di conformita'. 
    2.2. - In data 10 novembre 2008 si e'  costituito  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato
inammissibile o non fondato. 
    3. ― Con ricorso notificato il 20 ottobre 2008 e depositato il 22
ottobre 2008, la Regione Veneto (r.r. n. 70 del 2008)  ha  impugnato,
tra gli altri, l'art. 58 del d.l. n. 112 del  2008,  come  convertito
dalla legge n. 133 del 2008,  per  violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    3.1. ― Dopo aver riportato il testo della disposizione sospettata
di  illegittimita'   costituzionale,   la   ricorrente   lamenta   la
contrarieta' a Costituzione della  previsione  che  attribuisce  alla
deliberazione del consiglio comunale di  approvazione  del  piano  di
alienazione e valorizzazione del proprio patrimonio, il carattere  di
variante allo strumento urbanistico  generale,  senza  necessita'  di
verifiche  di  conformita'  agli  eventuali  atti  di  pianificazione
sovraordinata di provincia e regione (se non  nei  casi  di  varianti
relative a terreni agricoli ovvero nei casi che comportano variazioni
volumetriche superiori al 10% dei  volumi  previsti  dallo  strumento
urbanistico vigente). Le disposizioni normative impugnate possono, ad
avviso della ricorrente, essere inquadrate nella materia «governo del
territorio», ricompresa nell'elenco di cui all'art. 117, terzo comma,
Cost. Trattandosi di materia di  competenza  legislativa  concorrente
tra Stato e regioni, «spetta alle regioni  la  potesta'  legislativa,
salvo che per la determinazione dei principi fondamentali,  riservata
alla legislazione dello Stato». Secondo la ricorrente  la  previsione
specifica e autoapplicativa contenuta nella  disposizione  impugnata,
non puo' considerarsi «principio fondamentale», in quanto comporta il
risultato di porre nel nulla la pianificazione territoriale regionale
mediante il provvedimento di un ente territoriale minore.  Alla  luce
di  quanto  sopra,  la  Regione  ricorrente  chiede  dichiararsi   la
illegittimita' costituzionale dell'art. 58 del d.l. n. 112 del  2008,
come convertito dalla legge n. 133 del 2008. 
    3.2. ― In data 10 novembre 2008 si e'  costituito  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato
inammissibile o non fondato. 
    4.― Con ricorso notificato il 20 ottobre 2008 e depositato il  24
ottobre 2008, la Regione Toscana (r.r. n. 74 del 2008) ha  impugnato,
tra gli altri, l'art. 58, comma 2, del d.l. n.  112  del  2008,  come
convertito dalla legge n. 133 del 2008, per  violazione  degli  artt.
117 e 118 Cost. 
    4.1. ― Dopo aver riportato il tenore del comma 2 dell'art. 58 del
d.l. n. 112 del 2008, come convertito dalla legge n. 133 del 2008, la
ricorrente espone che detta disposizione e' lesiva  delle  competenze
regionali in materia di governo del territorio,  in  quanto  consente
che la variante, automaticamente  apportata  con  l'approvazione  del
piano  delle  alienazioni  da  parte  del  consiglio  comunale,   non
necessiti di  verifiche  di  conformita'  rispetto  agli  atti  della
pianificazione provinciale e regionale. In questo modo  viene  incisa
la legislazione regionale in materia di governo  del  territorio,  la
quale regola il procedimento di adozione ed approvazione  degli  atti
di pianificazione territoriale e stabilisce la necessaria conformita'
urbanistica dei provvedimenti stessi - piani  e  varianti  comunali -
rispetto alle previsioni contenute nelle delibere di programmazione e
pianificazione provinciali e regionali,  con  conseguente  violazione
dell'art. 117 Cost. Secondo la ricorrente, la disposizione  impugnata
viola anche l'art. 118 Cost. in quanto  non  sussistono  esigenze  di
carattere unitario tali da legittimare detta disciplina e,  comunque,
perche' non sarebbe prevista una intesa con  la  regione  interessata
dalla modifica urbanistica contenuta nel piano. Per i motivi  esposti
la   regione   ricorrente   chiede    dichiararsi    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 58, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008,  come
convertito dalla legge n. 133 del 2008. 
    4.2. ― In data 10 novembre 2008 si e'  costituito  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello  Stato.  La  difesa  dello  Stato  premette  che,  con
riguardo alla norma impugnata,  non  appare  pertinente  il  richiamo
all'art. 118 Cost.  Quanto  all'asserita  violazione  dell'art.  117,
terzo  comma,  Cost.,  la  Presidenza  del  Consiglio  dei   ministri
prospetta le medesime argomentazioni difensive dedotte in  ordine  al
ricorso n. 68 del 2008. La difesa erariale sottolinea, peraltro, come
risulti, invece, rispettata  l'autonomia  regionale  con  riferimento
alla previsione dell'art. 58, comma 7, secondo cui  gli  enti  locali
possono individuare forme alternative di valorizzazione, con  i  soli
limiti,  costituzionalmente  e   comunitariamente   doverosi,   della
salvaguardia dell'interesse pubblico  e  dell'utilizzo  di  strumenti
competitivi. Cio' premesso, il Presidente del Consiglio dei  ministri
ha  chiesto  dichiararsi  inammissibile  e,  comunque,  infondato  il
ricorso in oggetto. 
    5. - Il 26 ottobre 2009 la Regione Toscana ha depositato  memoria
illustrativa con la quale,  nel  contestare  quanto  sostenuto  dalla
difesa erariale nella comparsa di costituzione, ha precisato  che  la
competenza  legislativa  regionale  in  materia   di   «governo   del
territorio» ha un ambito oggettivo molto esteso, con  il  limite  dei
principi fondamentali della materia. 
    Al riguardo, la ricorrente ha sottolineato  che,  come  affermato
dalla Corte costituzionale, la disciplina del governo del  territorio
deve essere  considerata  piu'  ampia  dei  profili  tradizionalmente
appartenenti all'urbanistica e all'edilizia in  quanto  «comprensiva,
in linea  di  principio,  di  tutto  cio'  che  attiene  all'uso  del
territorio  e  alla  localizzazione  di  impianti  ed  attivita'»   e
riconducibile, in definitiva, all'«insieme delle norme che consentono
di identificare e graduare gli interessi in  base  ai  quali  possono
essere regolati gli usi ammissibili del territorio»  (sentenze  n.  9
del 2008, n. 196 del 2004, nn. 362, 331, 307 e 303 del 2003). 
    Secondo la ricorrente, contrariamente a  quanto  sostenuto  dalla
difesa erariale, la disposizione in esame non contiene  un  principio
fondamentale  della  materia  «governo  del  territorio»,  il  quale,
infatti, deve essere espressione  di  scelte  politiche  fondamentali
(sentenze n. 336 del 2005 e  n.  4  del  2004)  e  dunque  dettare  i
criteri,  gli  obiettivi  e  le  direttive  che  successivamente   la
legislazione regionale e' chiamata a  sviluppare.  Come  chiarito  da
questa Corte nella  sentenza  n.  200  del  2009,  appartengono  alla
categoria delle disposizioni espressive di principi  fondamentali  di
competenza statale quelle norme che, nel fissare criteri,  obiettivi,
direttive tese ad assicurare la esistenza di elementi di base  comuni
sul  territorio  nazionale,  «necessitano  per  la  loro   attuazione
dell'intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la
sua  azione  all'osservanza  dei  principi  fondamentali  stessi;  in
particolare,  lo  svolgimento  attuativo  dei  predetti  principi  e'
necessario quando si  tratta  di  disciplinare  situazioni  legate  a
valutazioni coinvolgenti le  specifiche  realta'  territoriali  delle
regioni, anche sotto il profilo socio-economico». Come rilevato dalla
Corte costituzionale nella  richiamata  sentenza,  la  relazione  tra
normativa di principio e normativa di dettaglio va intesa  nel  senso
che alla  prima  spetta  prescrivere  criteri  e  obiettivi,  essendo
riservata alla seconda l'individuazione degli strumenti  concreti  da
utilizzare per raggiungere detti obiettivi. Pertanto,  alla  luce  di
tali insegnamenti, secondo la  ricorrente,  appare  evidente  che  la
norma impugnata non esprime un principio fondamentale  nella  materia
del governo del territorio. Infatti, come evidenziato dalla  regione,
la previsione secondo la quale la delibera del consiglio comunale che
approva il piano delle alienazioni immobiliari  costituisce  variante
automatica, non necessitante delle verifiche di conformita'  rispetto
alla pianificazione territoriale, provinciale e regionale, non e'  un
principio della materia,  in  quanto  non  esprime  scelte  politiche
fondamentali (ma anzi sovverte le regole  fondamentali  dell'ordinato
assetto territoriale), e costituisce una norma  autoapplicativa,  che
non si limita a dettare criteri e obiettivi oggetto di  un  possibile
sviluppo da  parte  del  legislatore  regionale,  con  riguardo  alle
specifiche realta' territoriali. 
    Ad avviso della ricorrente, la  fondatezza  delle  censure  trova
conferma nella sentenza della Corte costituzionale n.  206  del  2001
che  ha  dichiarato  illegittima,  per  violazione  delle  competenze
regionali in materia  urbanistica,  la  disposizione  legislativa  ai
sensi della quale, ove il progetto di  insediamento  fosse  stato  in
contrasto  con  le  previsioni  di  uno  strumento  urbanistico,   la
determinazione della conferenza dei servizi avrebbe costituito, anche
nell'ipotesi di dissenso della regione, proposta  di  variante  sulla
quale si sarebbe pronunciato definitivamente il  consiglio  comunale.
Al riguardo, la ricorrente osserva che, come non e'  ammissibile  che
una proposta di variante sia approvata  con  il  dissenso  regionale,
cosi' la  stessa  non  puo'  essere  approvata  a  prescindere  dalla
verifica di conformita' con gli strumenti di pianificazione regionale
sovraordinati a quelli comunali. 
    Nello stesso senso, con sentenza n. 401 del 2007, questa Corte ha
accolto l'eccezione di illegittimita' costituzionale, per  violazione
dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  relativa  ad  una  disposizione
secondo cui «l'approvazione dei  progetti  definitivi  da  parte  del
consiglio comunale  costituisce  variante  urbanistica  a  tutti  gli
effettỉ». 
    Secondo la ricorrente, anche l'art. 58, comma 2, del d.l. n.  112
del 2008, come convertito dalla legge n.  133  del  2008,  eccede  il
potere statale di dettare i principi fondamentali della  materia  del
«governo  del  territorio»,  determinando  cosi'  una   irragionevole
compressione della potesta' regionale di  apprezzamento  dell'impatto
delle opere sul proprio territorio, tramite la garanzia del  rispetto
delle direttive contenute negli atti di pianificazione sovraordinati. 
    Ne', al riguardo, la previsione di cui all'art. 58, comma  7,  di
forme alternative di valorizzazione dei beni eliminerebbe la  lesione
delle  competenze  regionali,  in  quanto  trattasi   di   una   mera
eventualita'  che  non  impedisce  la  vanificazione  degli  atti  di
pianificazione territoriale regionale. La Regione Toscana precisa  di
avere emanato una  completa  normativa  in  materia  di  governo  del
territorio (Legge regionale 3 gennaio 2005,  n.  1  -  Norme  per  il
governo del territorio), in base alla quale il Consiglio regionale ha
approvato il piano di indirizzo territoriale  (P.I.T.:  deliberazione
del Consiglio n. 72 del  24  luglio  2007,  in  Bollettino  Ufficiale
Regione Toscana n. 42 del 17 ottobre 2007),  che  indirizza  l'azione
territoriale delle province e degli enti locali. In base  alla  norma
impugnata,  gli  indirizzi  regionali  contenuti  nel  P.I.T.   circa
l'utilizzo della fascia costiera, ad esempio, non sarebbero presi  in
considerazione, quale  parametro  di  conformita',  in  un  eventuale
provvedimento approvato dai comuni costieri di alienazione  dei  beni
immobili, con  destinazione  urbanistica  per  servizi  turistici  ed
alberghieri.  Tale  esempio  rende  evidente,  secondo  la   Regione,
l'incidenza della norma  impugnata  sulla  legislazione  approvata  e
sugli atti emanati dalla  Regione  medesima  per  la  disciplina  del
corretto uso del territorio. 
    Infine, neanche alla luce dell'art.  118  Cost.  la  disposizione
puo'  ritenersi  legittima.  Infatti,  la  Corte  costituzionale   ha
affermato che, in materie di competenza concorrente, la  chiamata  in
sussidiarieta'  da  parte  dello  Stato  di   poteri   amministrativi
legittima, ai sensi dell'art. 118 Cost., il  legislatore  statale  ad
intervenire per la disciplina dell'esercizio delle funzioni. Nel caso
di specie, invece, come  rilevato  dalla  ricorrente,  lo  Stato  non
interviene ad avocare a se' l'esercizio di funzioni amministrative e,
dunque, tale titolo legittimante non sarebbe invocabile. 
    6. - In data 28 ottobre 2009, nei  quattro  giudizi  indicati  in
epigrafe il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  depositato
memorie illustrative, in ognuna delle quali pone in  rilievo  che  la
finalita' della norma impugnata e' quella di procedere  al  riordino,
gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare  di  regioni  ed
enti  locali  e  di  redigere   un   «Piano   delle   alienazioni   e
valorizzazioni immobiliari» da allegare  al  bilancio  di  previsione
dell'ente. Il resistente sottolinea, altresi',  che  disposizioni  di
tenore  analogo  all'art.  58  sono   contenute   nell'art.   1   del
decreto-legge 25 settembre 2001,  n.  351  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di   privatizzazione   e   valorizzazione   del   patrimonio
immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni  di  investimento
immobiliare), il quale rimetteva ad appositi  «decreti  dirigenziali»
dell'Agenzia  del  demanio   l'individuazione   dei   beni   immobili
appartenenti allo Stato e agli enti pubblici  non  territoriali,  dei
beni ubicati all'estero e di quelli, non  strumentali,  attribuiti  a
societa' integralmente controllate dallo Stato, distinguendo tra beni
demaniali  e  beni  facenti  parte  del  patrimonio  indisponibile  e
disponibile. Tale ricognizione del patrimonio  immobiliare  era,  tra
l'altro, finalizzata alla  redazione  del  conto  patrimoniale  dello
Stato. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri rileva che anche  questi
decreti, come gli elenchi approvati dagli organi esecutivi di regioni
ed enti locali (secondo quanto disposto dal comma  3  dell'art.  58),
hanno effetti dichiarativi della proprieta' e, in caso di assenza  di
precedenti trascrizioni nei pubblici registri immobiliari,  producono
gli stessi effetti relativi alla trascrizione. 
    Il resistente, riassunte le censure proposte dalle ricorrenti nei
singoli ricorsi, dopo aver segnalato che  il  richiamo  all'art.  118
Cost. non appare pertinente, sostiene che la disciplina censurata  e'
espressione  del  potere  dello  Stato   di   fissare   nuove   linee
ordinamentali  e  organizzative  idonee  a   conferire   un'incidenza
profonda  e  stabile  sull'assetto  del   territorio,   in   perfetta
applicazione dei principi fondamentali della materia. 
    In particolare, in questo disegno ordinamentale rientra l'intento
del legislatore statale rivolto a favorire l'incremento delle entrate
locali mediante la valorizzazione di beni immobili,  non  strumentali
all'esercizio   delle   funzioni   istituzionali,   con   l'ulteriore
previsione della eliminazione dei tempi procedurali per  le  varianti
urbanistiche che  la  normativa  impugnata  ricollega,  come  effetto
automatico, al piano delle alienazioni e valorizzazioni. Peraltro, il
perseguimento di tale intento  e'  affidato  all'autonoma  iniziativa
dell'ente locale, chiamato ad individuare, con delibera  del  proprio
organo  di  governo,   l'apposito   elenco   dei   singoli   immobili
suscettibili di valorizzazione, ovvero  di  dismissione,  finalizzato
alla  redazione  del  piano  delle   alienazioni   e   valorizzazioni
immobiliari. Ad avviso del resistente, anche il comma 2 dell'art.  58
si sottrae alle prospettate censure di illegittimita' costituzionale,
risultando rispettata l'autonomia regionale laddove, al comma 7 della
stessa norma, e' precisato che gli enti  locali  possono  individuare
forme   alternative   di   valorizzazione,   con   i   soli   limiti,
costituzionalmente e comunitariamente  doverosi,  della  salvaguardia
dell'interesse pubblico e l'utilizzo di strumenti competitivi. 
    7. - Il 30 ottobre 2009 la Regione Emilia-Romagna  ha  depositato
memoria illustrativa  nella  quale,  ad  integrazione  delle  censure
contenute nel ricorso, richiama, in relazione al  comma  1  dell'art.
58, la sentenza della Corte costituzionale n. 387 del  2007,  con  la
quale e' stata  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  di  una
norma  statale  che  individuava  l'organo  regionale  competente  ad
adottare un determinato atto (il rinvio e' fatto anche alla  sentenza
n. 407 del 1989) e, in relazione al comma 2 dell'art. 58, le sentenze
n.  237  del  2009  e  n.  371  del  2008  che   confermerebbero   le
argomentazioni svolte nel ricorso circa il rapporto tra  legislazione
statale di principio e legislazione regionale. Con riferimento a tali
ultime pronunce, la  Regione  osserva  che,  mentre  nella  prima  si
ribadisce che il «rapporto tra normativa di principio e normativa  di
dettaglio  deve  essere  inteso  nel  senso  che  l'una  e'  volta  a
prescrivere criteri ed obiettivi e all'altra spetta  l'individuazione
degli  strumenti  concreti  da  utilizzare  per  raggiungere   quegli
obiettivi», nella seconda  si  annullano  diverse  norme  statali  in
quanto autoapplicative ed a carattere  procedimentale.  Anche  per  i
suddetti motivi, la Regione Emilia-Romagna insiste per l'accoglimento
del ricorso. 
    8. - Il 4 novembre 2009 la Regione Veneto ha  depositato  memoria
illustrativa,  nella  quale  eccepisce  la   inammissibilita'   degli
argomenti difensivi addotti dal Presidente del Consiglio dei ministri
nella  sua  memoria  del  28  ottobre  2009,  che  assume  depositata
tardivamente solo in vista dell'udienza pubblica, non  essendo  stata
mossa  alcuna  contestazione  alle  prospettazioni  della  ricorrente
nell'atto di costituzione datato  7  novembre  2008.  Pertanto,  essa
chiede che la costituzione del Presidente del Consiglio dei  ministri
venga dichiarata inammissibile. Comunque nel merito, con  riferimento
alla previsione normativa  che  attribuisce  alla  deliberazione  del
Consiglio  comunale  di  approvazione  del  piano  di  alienazioni  e
valorizzazioni del proprio patrimonio il carattere di  variante  allo
strumento urbanistico generale senza necessita' di  conformita'  agli
eventuali atti di pianificazione sovraordinata di province e regioni,
la ricorrente contesta la  tesi  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, secondo cui  essa  costituirebbe  «espressione  del  potere
dello Stato di fissare nuove  linee  ordinamentali  ed  organizzative
idonee a conferire un'incidenza profonda e stabile  sull'assetto  del
territorio», ponendosi come principio fondamentale della materia  del
governo  del  territorio.  Invero,  secondo  la  Regione  Veneto,  la
disposizione     impugnata     ha     un'efficacia     immediatamente
autoapplicativa, con l'effetto di porre nel nulla  la  pianificazione
provinciale e regionale del territorio, in contrasto con  i  principi
della materia. La ricorrente ritiene che la previsione  normativa  in
esame costituisca un intervento del legislatore statale in materia di
edilizia   o   urbanistica   denotante   un'insofferenza   verso   la
pianificazione territoriale, nonche' una mancata considerazione degli
strumenti pianificatori. Alla luce di tali argomentazioni, la Regione
Veneto insiste per l'accoglimento del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. -  Le  Regioni  Piemonte  ed  Emilia-Romagna  hanno  promosso,
questioni di legittimita' costituzionale di numerose disposizioni del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
come convertito dalla legge 6 agosto 2008,  n.  133  (Conversione  in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,
recante  disposizioni  urgenti  per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica e la perequazione tributaria), tra cui l'art. 58, commi 1  e
2, in relazione agli articoli 117,  terzo  e  quarto  comma,  e  118,
secondo comma, della Costituzione. La Regione Veneto ha promosso, tra
l'altro, questione di legittimita' costituzionale del  medesimo  art.
58, in relazione all'art. 117, terzo comma, Cost., mentre la  Regione
Toscana ha impugnato, insieme con  altre  norme,  il  comma  2  della
stessa disposizione, in relazione agli artt. 117 e 118 Cost. 
    2. - Riservata a separate  pronunzie  la  decisione  sulle  altre
questioni proposte, i quattro giudizi  ora  indicati  possono  essere
riuniti e decisi con unica sentenza, per la  sostanziale  coincidenza
dell'oggetto della questione proposta e dei parametri evocati. 
    3. - La Regione Veneto, con la memoria depositata il  4  novembre
2009, deduce, in via preliminare,  «l'inammissibilita'  della  difesa
del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   stante   l'assoluta
tardivita'  della  presentazione  della   stessa.   Solo   in   vista
dell'udienza del prossimo 18 novembre,  infatti,  l'Avvocatura  dello
Stato ha depositato un atto difensivo sul  punto,  non  avendo  mosso
alcuna eccezione alle prospettazioni  della  ricorrente  nel  proprio
atto di costituzione datato 7 novembre 2008, ritualmente  depositato.
La Regione Veneto chiede, dunque, che la costituzione del  Presidente
del Consiglio dei ministri sia dichiarata inammissibile». 
    L'eccezione non puo' essere condivisa. 
    Invero, il Presidente del Consiglio dei ministri si e'  costituto
ritualmente con atto del 7 novembre 2008, depositato il  10  novembre
successivo. E' esatto  che  in  quella  memoria  (come  nell'atto  di
costituzione nel giudizio promosso dalla Regione Emilia-Romagna)  non
sono contenute specifiche argomentazioni difensive concernenti l'art.
58 del d.l. n. 112 del 2008, in relazione al quale la posizione della
difesa erariale resta  circoscritta  alla  richiesta  di  «dichiarare
inammissibili  e  comunque  infondate  le  sollevate   questioni   di
legittimita' costituzionale». Ma  il  carattere  molto  sintetico  di
questo  assunto  difensivo  non  incide   sull'ammissibilita'   della
costituzione del resistente, che non e' diretta a far valere  proprie
pretese  impugnatorie,  richiedenti  una  motivazione  specifica,  ma
soltanto a contrastare la questione sollevata dalla ricorrente. 
    4. - La Regione Veneto, pur impugnando nell'intestazione e  nelle
conclusioni del ricorso l'intero art. 58 (che si compone di 9 commi),
in realta' non svolge argomentazioni specifiche riferibili ai commi 1
e da 3 a 9, come risulta con evidenza dal tenore delle censure. 
    Per  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  nel   giudizio
costituzionale  in  via  principale  l'esigenza   di   una   adeguata
motivazione  dell'impugnazione  si  pone  in  termini   ancora   piu'
pregnanti  di  quelli  relativi  alle  questioni  sollevate  in   via
incidentale.   Ne   deriva   che   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 58, commi 1 e da 3 a 9, del d.l. n. 112  del
2008, come convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del  2008,
sollevata da detta Regione con riferimento all'art. 117, terzo comma,
Cost., deve essere dichiarata inammissibile (ex plurimis: sentenze n.
200 del 2009, nn. 428 e 326 del 2008 e n. 387 del 2007). 
    5. - Analogo rilievo vale per il ricorso della  Regione  Piemonte
che, pur dichiarando d'impugnare i primi due commi  del  citato  art.
58, in quanto «violano la competenza  legislativa  concorrente  delle
regioni in materia di governo del territorio di cui  al  terzo  comma
dell'art. 117 Cost.», non espone alcuna motivazione a sostegno  della
censura relativa al comma 1 della norma  denunziata  che,  avendo  un
contenuto  del  tutto  diverso  dal  comma   2,   avrebbe   richiesto
l'allegazione di motivi specifici. E' evidente, infatti, che non puo'
essere  considerata  una  scelta   di   pianificazione   in   materia
urbanistica la semplice formazione di  un  elenco  dei  singoli  beni
immobili «sulla base e  nei  limiti  della  documentazione  esistente
presso i propri archivi  ed  uffici»,  mentre  generico  e  meramente
assertivo appare il richiamo all'art. 118 Cost. 
    Pertanto,  anche  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 58, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008, come convertito  con
modificazioni dalla legge n. 133 del 2008,  sollevata  dalla  Regione
Piemonte in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., deve essere
dichiarata inammissibile. 
    6. - La Regione Emilia-Romagna ha sollevato,  tra  le  altre,  in
riferimento  all'art.  117,  terzo   comma,   Cost.,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 58, commi 1 e 2,  del  d.l.  n.
112 del 2008, come convertito con modificazioni dalla  legge  n.  133
del 2008. 
    Dopo  avere  trascritto  il  testo  delle  norme  censurate,   la
ricorrente «ritiene che la disciplina cosi' dettata sia di competenza
statale per i soli profili civilistici  evidenziati  dal  comma  3  e
seguenti», mentre non altrettanto puo' dirsi per i primi due commi. 
    In particolare, ad avviso della  Regione,  e'  costituzionalmente
illegittima, in primo luogo, la precisazione contenuta  nel  comma  1
della citata norma,  secondo  cui  il  piano  deve  essere  approvato
«dall'organo di Governo», anziche'  dall'organo  competente  in  base
alle regole organizzative dell'ente e,  segnatamente,  in  base  allo
statuto o alle leggi regionali che dispongano o vengano a disporre in
materia. A sostegno di tale assunto nella memoria  illustrativa  sono
richiamate le sentenze di questa Corte n. 387 del 2007 e n.  487  del
1989. 
    6.1. - La questione non e' fondata. 
    L'art. 58, comma 1, della disciplina censurata, dispone che  «Per
procedere al  riordino,  gestione  e  valorizzazione  del  patrimonio
immobiliare di  regioni,  province,  comuni  ed  altri  enti  locali,
ciascun ente con delibera dell'organo di Governo individua  redigendo
apposito  elenco,  sulla  base  e  nei  limiti  della  documentazione
esistente presso i propri archivi ed uffici, i singoli beni  immobili
ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio
delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di  valorizzazione
ovvero di dismissione. Viene cosi' redatto il piano delle alienazioni
e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione». 
    Come rivela il tenore testuale dell'articolo, si  tratta  di  una
norma che affida agli enti locali la formazione degli elenchi in essa
previsti, sulla base di valutazioni demandate agli enti medesimi, con
lo   scopo   di   favorire   su   tutto   il   territorio   nazionale
l'individuazione di immobili suscettibili di  «valorizzazione  ovvero
di dismissione», nella prospettiva di permettere  il  reperimento  di
ulteriori risorse economiche e quindi di ottenere l'incremento  delle
entrate locali. L'indicazione, sulla quale si concentrano le  censure
della ricorrente,  secondo  cui  la  relativa  delibera  e'  adottata
dall'organo  di  Governo,  non  e'  idonea  a  vincolare  l'autonomia
organizzativa  degli  enti,  perche'  si  tratta  di   un'espressione
generica e  dunque  priva  dei  caratteri  propri  di  una  norma  di
dettaglio. Basta considerare che, ai sensi dell'art. 36  del  decreto
legislativo  18  agosto  2000,  n.  267  (Testo  unico  delle   leggi
sull'ordinamento degli enti  locali),  nella  nozione  di  organi  di
governo di comuni e province rientrano il consiglio, la giunta  e  il
sindaco o il  presidente,  mentre  l'art.  121,  primo  comma,  Cost.
stabilisce che «Sono organi della regione: il consiglio regionale, la
giunta e il suo presidente». Pertanto, ai sensi della norma in esame,
l'individuazione dell'organo competente a  deliberare  puo'  avvenire
soltanto sulla base delle regole  organizzative  degli  enti  stessi,
alle quali, in definitiva, si deve ritenere che  la  norma  censurata
faccia rinvio con detta espressione. 
    Il richiamo alle sentenze di questa Corte n. 387 del  2007  e  n.
407 del 1989 non e' d'altro canto pertinente. 
    A parte la considerazione che in quelle pronunzie la declaratoria
d'illegittimita'  costituzionale  delle  norme  statali,   le   quali
individuavano l'organo regionale competente ad  adottare  determinati
atti, avvenne con riguardo a parametri diversi da quello invocato  in
questa sede (artt. 117, quarto comma, e 123 Cost.),  e'  decisivo  il
rilievo che in entrambi i casi esaminati  dalle  citate  sentenze  le
norme censurate  indicavano  in  modo  specifico  l'organo  regionale
competente (rispettivamente, la giunta regionale e l'assemblea), onde
la violazione  dell'autonomia  organizzativa  interna  delle  regioni
realmente sussisteva. 
    Conclusivamente, si deve dichiarare non fondata la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 58, comma 1, del  d.l.  n.  112
del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133  del  2008,
sollevata dalla Regione Emilia-Romagna con riferimento all'art.  117,
terzo comma, Cost. 
    7. - La Regione Piemonte censura i primi due commi dell'art.  58,
ma  in  realta',  come  in  precedenza  riferito,  formula  doglianze
riferibili soltanto  al  comma  2.  Infatti,  essa  sostiene  che  la
normativa  de  qua  consente  ai  comuni  «di   operare   scelte   di
pianificazione in materia  urbanistica  anche  in  contrasto  con  le
disposizioni contenute in Piani territoriali regionali e provinciali,
senza alcuna possibilita' reale di valutazione o opposizione da parte
della Regione. E' addirittura prevista la  possibilita'  di  disporre
modifiche agli  strumenti  urbanistici  nelle  zone  agricole  e  per
volumetrie praticamente illimitate in contrasto con la  summenzionata
pianificazione. Possibilita' per nulla contemperata dalla verifica di
conformita'  di  cui  all'ultimo  periodo  del  secondo   comma,   in
considerazione della estrema genericita' di detta procedura, anche in
relazione all'ente od organo eventualmente competente, ed all'estrema
brevita'  del  termine  perentorio  di  30  giorni,  che  sembrerebbe
adombrare una sorta di silenzio-assenso». 
    Ad  avviso  della  ricorrente,  «il  legislatore  definisce   una
regolamentazione autoapplicativa che comprime la sfera costituzionale
di autonomia delle regioni e  viola  le  regole  di  riparto  di  cui
all'art. 117 Cost.». 
    La disciplina de qua sarebbe anche in contrasto  con  l'art.  118
Cost., in quanto la norma  impugnata  attribuirebbe  direttamente  le
funzioni amministrative ai comuni, mentre  tali  funzioni  dovrebbero
essere assegnate con legge regionale, trattandosi  di  disciplina  di
dettaglio, in materia riservata alla competenza concorrente  (governo
del territorio) e comunque residuale (edilizia e  urbanistica)  della
regione. 
    7.1. - La Regione Emilia-Romagna  censura  l'art.  58,  comma  2,
della normativa in esame, nella  parte  in  cui  stabilisce  che  «la
deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano  delle
alienazioni e  valorizzazioni  costituisce  variante  allo  strumento
urbanistico generale». Ad  avviso  della  ricorrente,  infatti,  tale
previsione  trascende  i  limiti  delle  potesta'  normative  statali
concorrenti in materia di coordinamento della finanza pubblica  e  di
governo del territorio, trattandosi con evidenza di  disposizioni  di
dettaglio e non di principio (sul punto e' richiamata la sentenza  n.
401 del 2007), onde e' violato l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Del pari illegittima, per il suo carattere dettagliato in materia
urbanistica e  per  violazione  dei  poteri  e  doveri  di  controllo
spettanti alle  regioni,  sarebbe  la  restante  parte  della  norma,
secondo cui la variante non necessita di  verifiche  di  conformita',
invece necessarie e da effettuare entro un termine perentorio qualora
si tratti di varianti relative a terreni classificati come  agricoli,
ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche  superiori  al
10% dei volumi previsti dallo strumento urbanistico vigente. 
    Da un lato, emergerebbe il carattere  dettagliato  della  regola,
dall'altro, trattandosi di vicende che  involgono  singoli  immobili,
non sarebbe ravvisabile un interesse unitario idoneo  a  giustificare
un intervento statale e la sottrazione  alla  disciplina  urbanistica
regionale nei casi in cui sia  opportuno  o  meno  procedere  ad  una
verifica di conformita'. 
    7.2. - La Regione Veneto «lamenta la contrarieta' a  Costituzione
della previsione che attribuisce  alla  deliberazione  del  consiglio
comunale di approvazione del piano di  alienazione  e  valorizzazione
del proprio  patrimonio  il  carattere  di  variante  allo  strumento
urbanistico generale, senza necessita' di  verifiche  di  conformita'
agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata  di  provincia  e
regione (se non nei casi di  varianti  relative  a  terreni  agricoli
ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche  superiori  al
10% dei volumi previsti dallo strumento urbanistico vigente)». 
    Ad  avviso  della   ricorrente,   la   normativa   impugnata   e'
inquadrabile nella materia «governo  del  territorio»,  compresa  tra
quelle  previste  dall'art.  117,  terzo   comma,   Cost.   Pertanto,
trattandosi di materia  di  competenza  legislativa  concorrente  tra
Stato e regioni, «spetta alle regioni la potesta' legislativa,  salvo
che per la determinazione dei principi fondamentali,  riservata  alla
legislazione dello Stato». 
    La  previsione  specifica  ed  autoapplicativa  contenuta   nella
disposizione   impugnata   non   potrebbe   considerarsi    principio
fondamentale  e,  quindi,  non  sarebbe  rispettosa  del  riparto  di
competenze previsto  in  Costituzione,  in  quanto  comporterebbe  il
risultato  di  porre  nel  nulla   la   pianificazione   territoriale
regionale, mediante il provvedimento di un ente territoriale  minore.
Pertanto, sussisterebbe il denunziato contrasto con l'art. 117, terzo
comma, Cost. 
    7.3. - Infine, la Regione Toscana censura  l'art.  58,  comma  2,
della  normativa  in  esame,  in  quanto  «lesiva  delle   competenze
regionali in materia di governo del territorio, perche' consente  che
la variante, automaticamente apportata con l'approvazione  del  piano
delle alienazioni da parte del consiglio comunale  non  necessita  di
verifiche di conformita'  rispetto  agli  atti  della  pianificazione
provinciale e regionale». 
    Ad  avviso  della  ricorrente,  «in  tal  modo  viene  incisa  la
legislazione regionale in materia di governo del territorio, la quale
disciplina il procedimento di adozione ed approvazione degli atti  di
pianificazione territoriale», stabilendo  la  necessaria  conformita'
urbanistica degli atti - piani e varianti - comunali,  rispetto  alle
previsioni degli atti regionali indicati, con conseguente  violazione
dell'art. 117 Cost. 
    Ne' sussistono esigenze di carattere unitario, idonee  a  rendere
legittima, ai sensi dell'art. 118, primo comma, Cost., la norma  che,
comunque, sarebbe contraria a Costituzione per la mancata  previsione
di un'intesa con la regione interessata  dalla  modifica  urbanistica
prevista nel piano. 
    8. - La questione sollevata  dalle  quattro  ricorrenti,  le  cui
argomentazioni  -  essendo  strettamente  connesse  (sia   pure   con
diversita'  di  sfumature)  -  possono  formare  oggetto   di   esame
congiunto, e' fondata, nei sensi di seguito indicati. 
    La norma censurata stabilisce che «L'inserimento  degli  immobili
nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio
disponibile e ne dispone espressamente la  destinazione  urbanistica;
la deliberazione del consiglio comunale  di  approvazione  del  piano
delle  alienazioni  e  valorizzazioni   costituisce   variante   allo
strumento urbanistico generale. Tale variante, in quanto  relativa  a
singoli immobili, non necessita  di  verifiche  di  conformita'  agli
eventuali atti di pianificazione sovraordinata  di  competenza  delle
province e delle regioni. La  verifica  di  conformita'  e'  comunque
richiesta e deve essere effettuata entro  un  termine  perentorio  di
trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi  di
varianti  relative  a  terreni  classificati  come   agricoli   dallo
strumento  urbanistico  generale  vigente,  ovvero   nei   casi   che
comportano variazioni volumetriche superiori  al  10  per  cento  dei
volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente». 
    Ancorche'  nella  ratio  dell'art.  58  siano  ravvisabili  anche
profili attinenti al coordinamento della finanza pubblica, in  quanto
finalizzato  alle  alienazioni  e   valorizzazioni   del   patrimonio
immobiliare degli enti, non c'e' dubbio che, con riferimento al comma
2 qui censurato, assuma carattere prevalente la materia  del  governo
del territorio, anch'essa rientrante nella competenza  ripartita  tra
lo Stato e le regioni, avuto riguardo all'effetto  di  variante  allo
strumento urbanistico generale, attribuito alla delibera che  approva
il piano di alienazione e valorizzazione. 
    Ai sensi dell'art. 117, terzo comma, ultimo  periodo,  Cost.,  in
tali materie lo Stato ha soltanto il potere  di  fissare  i  principi
fondamentali,  spettando  alle  regioni  il  potere  di  emanare   la
normativa di dettaglio. La relazione tra  normativa  di  principio  e
normativa di dettaglio va intesa nel  senso  che  alla  prima  spetta
prescrivere criteri ed  obiettivi,  essendo  riservata  alla  seconda
l'individuazione  degli  strumenti   concreti   da   utilizzare   per
raggiungere detti obiettivi (ex plurimis: sentenze nn. 237 e 200  del
2009). 
    Orbene la norma in esame, stabilendo l'effetto di variante  sopra
indicato ed escludendo che la variante stessa debba essere sottoposta
a  verifiche  di  conformita',  con  l'eccezione  dei  casi  previsti
nell'ultima  parte  della  disposizione  (la  quale  pure   contempla
percentuali  volumetriche  e  termini   specifici),   introduce   una
disciplina che non e' finalizzata a prescrivere criteri ed obiettivi,
ma si risolve in una  normativa  dettagliata  che  non  lascia  spazi
d'intervento al legislatore regionale, ponendosi cosi'  in  contrasto
con il menzionato  parametro  costituzionale  (sentenza  n.  401  del
2007). 
    Alla stregua di  queste  considerazioni  deve  essere  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 58, comma 2,  del  d.l.  25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  n.
133 del 2008, per contrasto  con  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
restando assorbito ogni altro profilo. 
    Da tale declaratoria, tuttavia,  resta  esclusa  la  proposizione
iniziale del comma 2, secondo cui «L'inserimento degli  immobili  nel
piano ne determina la  conseguente  classificazione  come  patrimonio
disponibile e ne dispone espressamente la destinazione  urbanistica».
Infatti, in primo luogo, la suddetta disposizione non risulta oggetto
di specifiche censure. In secondo luogo,  mentre  la  classificazione
degli immobili come  patrimonio  disponibile  e'  un  effetto  legale
conseguente all'accertamento che si tratta di  beni  non  strumentali
all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'ente, la destinazione
urbanistica va ovviamente determinata nel rispetto delle disposizioni
e delle procedure stabilite dalle norme vigenti. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riservata a separate pronunzie la decisione sulle altre questioni
sollevate con i ricorsi in epigrafe; 
    Riuniti i giudizi, 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 58,  comma  2,
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,
esclusa la proposizione iniziale: «L'inserimento degli  immobili  nel
piano ne determina la  conseguente  classificazione  come  patrimonio
disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica»; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 58, commi 1 e da 3 a 9, del decreto-legge n.
112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  133  del
2008, sollevata dalla Regione Veneto, in  riferimento  all'art.  117,
terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 58, comma 1, del decreto-legge  n.  112  del
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  133  del  2008,
sollevata dalla Regione Piemonte,  in  riferimento  agli  artt.  117,
terzo e quarto comma, e 118, secondo comma, della  Costituzione,  con
il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 58, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito,
con modificazioni, dalla legge  n.  133  del  2008,  sollevata  dalla
Regione Emilia-Romagna, in riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,
della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2009. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Criscuolo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 30 dicembre 2009. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola