N. 1 SENTENZA 11 - 14 gennaio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Acque minerali e termali - Norme della Regione Campania -  Disciplina
  della ricerca ed utilizzazione  delle  acque  minerali  e  termali,
  delle risorse geotermiche e delle acque di  sorgente  -  Esclusione
  della valutazione d'impatto ambientale  o  valutazione  d'incidenza
  per rinnovi di concessioni  in  attivita'  da  almeno  cinque  anni
  dall'entrata  in  vigore  della   legge   -   Prevista   sanatoria,
  subordinata al pagamento di una sanzione pecuniaria  amministrativa
  di importo unico, per perforazioni non autorizzate finalizzate alla
  captazione di acque gia' oggetto di concessione in  data  anteriore
  al  31  dicembre  2005  -  Ricorso  del  Governo   -   Sopravvenuta
  abrogazione della disciplina impugnata, medio tempore  inattuata  -
  Cessazione della materia del contendere. 
- Legge della Regione Campania 29 luglio 2008, n. 8, artt. 33,  comma
  10, e 45. 
- Costituzione, artt. 3, 117, commi primo e secondo, lett. s); d.lgs.
  3 aprile 2006, n. 152, artt. 95 e 96, comma 6. 
Acque minerali e termali - Norme della Regione Campania -  Disciplina
  della ricerca ed utilizzazione  delle  acque  minerali  e  termali,
  delle risorse geotermiche e delle acque di sorgente - Fissazione di
  proroga cinquantennale per le concessioni  perpetue  in  base  alle
  leggi vigenti anteriormente all'entrata in vigore del regio decreto
  n. 1443 del  1927  -  Ricorso  del  Governo  -  Sopravvenuta  norma
  regionale sostitutiva di quella contestata, medio termine attuata -
  Carattere  non  satisfattivo  della   disciplina   sopravvenuta   -
  Impossibilita'  di  dichiarare  la  cessazione  della  materia  del
  contendere. 
- Legge della Regione Campania 29 luglio 2008, n. 8, art.  44,  comma
  8. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s);  d.lgs.  3  aprile
  2006, n. 152, art. 96, comma 8. 
Acque minerali e termali - Norme della Regione Campania -  Disciplina
  della ricerca ed utilizzazione  delle  acque  minerali  e  termali,
  delle risorse geotermiche e delle acque di sorgente - Fissazione di
  proroga cinquantennale per le concessioni  perpetue  in  base  alle
  leggi vigenti anteriormente all'entrata in vigore del regio decreto
  n. 1443 del  1927  -  Contrasto  con  la  normativa  nazionale  che
  stabilisce il principio della temporaneita' delle derivazioni e  il
  loro limite massimo di durata in  trenta  anni  quale  standard  di
  tutela ambientale da  applicarsi  in  modo  uniforme  su  tutto  il
  territorio nazionale - Violazione della competenza esclusiva  dello
  Stato  in  materia  di  «tutela  dell'ambiente»  -   Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 29 luglio 2008, n. 8, art.  44,  comma
  8. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s);  d.lgs.  3  aprile
  2006, n. 152, art. 96, comma 8. 
(GU n.3 del 20-1-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 33, comma 10,
44, comma 8, e 45 della legge della Regione Campania 29 luglio  2008,
n. 8 (Disciplina della ricerca ed utilizzazione delle acque  minerali
e termali, delle risorse geotermiche  e  delle  acque  di  sorgente),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 9-13 ottobre 2008,  depositato  in  cancelleria  il  15
ottobre 2008 e iscritto al n. 63 del registro ricorsi 2008. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  3  novembre  2009  il  Giudice
relatore Paolo Maddalena; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Vincenzo Cocozza per  la  Regione
Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 9-13 ottobre 2008 e depositato  il
successivo 15 ottobre, il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
proposto questione di legittimita' costituzionale, in via principale,
degli artt. 33, comma 10, 44, comma 8, e 45 della legge della Regione
Campania  29  luglio  2008,  n.  8  (Disciplina  della   ricerca   ed
utilizzazione  delle  acque  minerali  e   termali,   delle   risorse
geotermiche e delle acque di  sorgente),  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione n. 32 dell'11 agosto 2008. 
    1.1. - Il ricorrente - rammentato  che  il  denunciato  comma  10
dell'art. 33 stabilisce che  «Non  sono  assoggettate  a  valutazione
d'impatto  ambientale  o  valutazione  d'incidenza  i  rinnovi  delle
concessioni in attivita' da almeno cinque anni dall'entrata in vigore
della presente legge» - deduce il contrasto  della  disposizione  con
l'art. 117, primo  e  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  giacche'
«adottata  in  un  ambito  di  competenza  esclusiva  dello  Stato  e
contrastante con i  vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario
come  recepiti  nel  nostro  ordinamento»  in   forza   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). 
    In  particolare,  si  assume  nel  ricorso   che   le   anzidette
concessioni  riguardano  lo  sfruttamento  dei  giacimenti  di  acque
minerali naturali o di  acque  termali  riconosciuti  coltivabili  ed
idoneamente captati (art. 4 della legge regionale  n.  8  del  2008),
rispetto alla cui gestione la Regione Campania si  e'  impegnata,  in
forza dell'art. 1,  comma  3,  della  medesima  legge  regionale,  ad
assicurare «il costante raccordo con  gli  indirizzi  generali  della
programmazione  nazionale  e  della  pianificazione  di   bacino   in
attuazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152». 
    La difesa erariale  osserva,  altresi',  che  il  rilascio  delle
concessioni di acque minerali naturali e delle acque di  sorgente  e'
condizionato dall'esigenza  «di  approvvigionamento  e  distribuzione
delle acque potabili e delle previsioni di cui  al  Piano  di  tutela
delle acque che, all'esito di un complesso procedimento  istruttorio,
viene predisposto  dalle  Autorita'  di  bacino  ed  approvato  dalle
regioni»  e  che  il  predetto  Piano  e'  soggetto  a  revisioni  ed
aggiornamenti ogni sei anni. 
    Sarebbe,  pertanto,  evidente  la  necessita'  di  un   «costante
monitoraggio» del complessivo sistema di sfruttamento delle acque, in
ragione della «nota insufficienza della materia prima in questione» e
cio' al fine di «impedire che forme di utilizzo incontrollato possano
determinare ricadute negative sul piu' vasto bacino». 
    Ne consegue, secondo il ricorrente, che  il  censurato  comma  10
dell'art. 33 della legge regionale n. 8  del  2008,  consentendo  «la
sottrazione alla procedura di  valutazione  d'impatto  ambientale  di
intere categorie di progetti di opere nuove connesse ai rinnovi delle
concessioni in corso da almeno cinque  anni  dall'entrata  in  vigore
della legge predetta», determinerebbe una  «evidente  elusione  delle
norme di derivazione comunitaria contenute nel d.lgs.  n.  l52/2006»,
ponendosi anche in contrasto con l'indirizzo  interpretativo  seguito
dalla Corte di giustizia delle comunita' europee con  la  sentenza  7
gennaio 2004 (C-201/02, Delena Wells). 
    Peraltro, la disposizione impugnata impedirebbe la verifica della
«permanenza  della  compatibilita'  [...]  con  i   mutamenti   delle
condizioni territoriali  ed  ambientali  eventualmente  sopravvenuti»
anche in ipotesi di rinnovo della concessione «correlata ad  opere  a
suo tempo gia' sottoposte alla  procedura  di  valutazione  d'impatto
ambientale». 
    Inoltre, la medesima norma censurata si porrebbe in contrasto con
i principi della disciplina di cui all'art. 95 del d.lgs. n. 152  del
2006,  «che  sottopone  a   regolazione   dell'Autorita'   concedente
finalizzata a garantire il minore deflusso vitale nei corpi idrici di
tutte le concessioni di derivazione di acque pubbliche». 
    In definitiva, ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, il
denunciato comma 10 dell'art. 33  «interviene  in  una  materia  come
quella  dell'ambiente  e  dell'ecosistema  devoluta  alla  competenza
esclusiva dello Stato [...] con l'effetto di svuotare di contenuti il
controllo dell'Autorita' pubblica sullo sfruttamento di  una  risorsa
limitata come e' l'acqua  esponendo  a  pericolo  di  pregiudizio  le
matrici ambientali». 
    1.2. - Il ricorrente denuncia, altresi', il comma 8 dell'art.  44
della legge regionale n. 8  del  2008,  il  quale  correla  alla  sua
entrata in vigore la proroga per cinquanta  anni  delle  «concessioni
perpetue date senza limiti di tempo». Con cio' la norma violerebbe il
principio posto dall'art. 96, comma 8, del d.lgs.  n.  152  del  2006
che, nel sostituire il primo comma dell'art. 21 del r.d. 11  dicembre
1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque  e
impianti  elettrici),  ha  stabilito:  «Tutte   le   concessioni   di
derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo
quanto disposto dal secondo comma, non puo' eccedere  i  trenta  anni
ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione
di quelle di grande derivazione  idroelettrica  per  le  quali  resta
ferma la disciplina di cui all'articolo  12,  commi  6,  7  e  8  del
decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79». 
    Ad avviso della difesa erariale, il principio della temporaneita'
delle derivazioni rivestirebbe «importanza cruciale per consentire il
riespandersi dell'interesse generale ad un uso solidale delle risorse
idriche superando i diritti acquisiti dai singoli nel corso di epoche
nelle quali i problemi degli approvvigionamenti di acqua non  avevano
assunto le proporzioni dell'era moderna». Sicche', la disposizione di
legge statale innanzi richiamata costituirebbe «l'espressione di  uno
standard di tutela ambientale  che  deve  essere  applicato  in  modo
uniforme  su  tutto  il  territorio   nazionale»,   con   conseguente
contrarieta' della norma regionale denunciata all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., «che affida alla competenza esclusiva dello
Stato la legislazione volta alla tutela dell'ambiente». 
    1.3. - Viene censurato inoltre l'art. 45 della piu' volte  citata
legge regionale, il quale prevedrebbe, in relazione alle perforazioni
non autorizzate, la possibilita' «della sanatoria a favore di  coloro
i quali abbiano effettuato senza  la  preventiva  autorizzazione  una
nuova captazione  di  acque  gia'  oggetto  di  concessione  in  data
anteriore  al  31  dicembre  2005,  mediante  la   presentazione   di
un'apposita istanza ed il pagamento di  una  sanzione  amministrativa
pecuniaria». 
    Un siffatta disciplina - sostiene  il  ricorrente -  sarebbe  del
tutto difforme da quella contenuta nell'art. 96, comma 6, del  d.lgs.
n. 152 del 2006, che limitava la possibilita' di  sanatoria  «per  le
derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in  tutto  o  in  parte
abusivamente in atto a patto che la relativa domanda fosse presentata
entro il 30 giugno 2006». Dal canto suo, la  disposizione  denunciata
consentirebbe, invece, «una  generale  riapertura  dei  termini  fino
all'11 agosto 2009 per consentire la sanatoria degli abusi perpetrati
fino a tale data, con l'unico limite della connessione della condotta
violativa delle leggi  di  tutela  delle  acque  al  possesso  di  un
provvedimento concessorio rilasciato in data anteriore al 31 dicembre
2005». 
    Secondo   l'Avvocatura   erariale,   la   norma   denunciata   si
presterebbe,  del  tutto  irragionevolmente,  a  determinare  effetti
altamente pregiudizievoli per gli standards ambientali,  incentivando
«fenomeni abusivi in una prospettiva temporale che va  perfino  oltre
il momento della pubblicazione della legge regionale». 
    Inoltre, la previsione, da parte del censurato art.  45,  di  una
sanzione  pecuniaria  amministrativa  ad  «importo  unico»,  al   cui
pagamento e' subordinato il rilascio della concessione in  sanatoria,
fissata in difformita' dai parametri di cui al r.d. n. 1775 del 1933,
come richiamato dal citato art.  96 -  che  prevede  una  graduazione
della  sanzione  in  relazione  alla   gravita'   del   comportamento
illecito - comporterebbe una ingiustificata disparita' di trattamento
«tra soggetti responsabili dei medesimi comportamenti a  seconda  del
luogo del territorio nazionale in  cui  i  medesimi  siano  posti  in
essere». 
    Alla luce delle evidenziate argomentazioni, il ricorrente deduce,
pertanto, il contrasto del denunciato art. 45 della  legge  regionale
campana n. 8 del 2008 con gli artt. 3 e 117, secondo  comma,  lettera
s), Cost., giacche' il richiamato art. 96 del d.lgs. n. 152 del  2006
«costituisce standard  di  tutela  ambientale  frutto  dell'esercizio
della competenza legislativa esclusiva dello Stato». 
    2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Campania,  la  quale
ha  chiesto  che  il   ricorso   venga   dichiarato   «improcedibile,
inammissibile e comunque infondato». 
    La   difesa   regionale   rammenta,   preliminarmente,   che   la
giurisprudenza costituzionale ha spesso ribadito  che  la  competenza
esclusiva statale in materia di  tutela  ambientale  e'  «connessa  e
intrecciata  inestricabilmente  con  altri  interessi  e   competenze
regionali concorrenti», sicche', in forza di  tale  «trasversalita'»,
sarebbero possibili «interventi specifici del  legislatore  regionale
che si attengano alle proprie competenze» (sentenze n. 214 del  2005,
n. 259 del 2004 e n. 407 del 2002). 
    Soggiunge, poi, la Regione Campania che la  materia  delle  acque
minerali e termali, non essendo contemplata negli elenchi del secondo
e terzo comma dell'art. 117 Cost., dovrebbe reputarsi  di  competenza
residuale delle Regioni.  Di  conseguenza,  l'intervento  legislativo
regionale  denunciato  dovrebbe  ritenersi  conforme  al  riparto  di
competenze fra Stato e Regione nella materia anzidetta; se, poi, esso
fosse da ascrivere all'ambito materiale del «governo del territorio»,
non  si  riscontrerebbe  alcun  profilo  di  censura  da  parte   del
ricorrente. 
    2.1. - In  riferimento  alla  specifica  denuncia  del  comma  10
dell'art. 33  della  legge  regionale  n.  8  del  2008,  la  Regione
resistente  sostiene  che  la  disposizione  impugnata   sarebbe   da
considerare come attinente alla materia del «governo del territorio»,
cosi' da dover rispettare soltanto «gli eventuali standard minimi  di
salvaguardia che lo Stato ha inteso porre in essere con la disciplina
procedurale relativa alla valutazione di impatto ambientale e  quella
di incidenza». Cio' posto - argomenta ancora la  difesa  regionale  -
non si ravviserebbe alcuna disposizione di legge statale che «imponga
siffatte valutazioni ad ogni rinnovo di concessioni», precedendo esse
la realizzazione di un progetto e non essendo necessario che  vengano
reiterate ove manchi una modifica sostanziale «allo sfruttamento  del
bene ambientale». 
    Non  sarebbe,  poi,  pertinente  la  giurisprudenza   comunitaria
richiamata dal ricorrente, la quale riguarderebbe «una  "ripresa"  di
una  precedente  autorizzazione   sulla   base,   pero',   di   nuove
condizioni»; in tal senso, si presterebbe ad una lettura  ancor  piu'
restrittiva  la  normativa  regionale,  la  quale  consente  di   non
ricorrere alla procedura di valutazione di impatto  ambientale  e  di
incidenza «solo nelle ipotesi specificamente indicate». 
    Peraltro, soggiunge la Regione,  la  «esigenza  di  una  verifica
permanente della compatibilita'  dell'opera  con  i  mutamenti  delle
condizioni territoriali» e' comunque garantita tramite l'art. 28  del
d.lgs. n. 152 del 2006,  la  cui  disciplina  permette  «un  continuo
monitoraggio delle  concessioni  e  cio'  anche  senza  attendere  il
rinnovo delle stesse». 
    2.2. - Quanto poi alla denuncia del comma 8  dell'art.  44  della
predetta legge regionale campana, sarebbe conforme  al  principio  di
«valore» della temporaneita' delle concessioni, posto  dall'art.  96,
comma 8, del d.lgs. n. 152 del  2006,  la  previsione  censurata  del
«limite  temporale  a  concessioni  rilasciate   senza   termine   di
scadenza». Ne consegue, ad avviso della resistente,  che  il  diverso
termine indicato nella disposizione  censurata  esprime  «una  scelta
discrezionale che non e' suscettibile di valutazione  in  termini  di
legittimita', una volta che e'  stato  soddisfatto  l'interesse  alla
tutela ambientale». 
    2.3. - Infine, in riferimento alla denuncia  dell'art.  45  della
legge regionale n. 8  del  2008,  la  difesa  regionale  assume  che,
trattandosi  di  ipotesi  di  condono  «incidenti  sul  governo   del
territorio», la Regione avrebbe  legittimamente  operato  nell'ambito
della propria competenza concorrente, nel rispetto dei principi della
legislazione statale. 
    La Regione Campania contesta, altresi', la  lettura  della  norma
fatta dal ricorrente, non riguardando essa  «la  sanatoria  di  abusi
futuri, anche di quelli che saranno  realizzati  sino  all'11  agosto
2009», giacche' tale  termine  concernerebbe  «esclusivamente  l'arco
temporale entro il quale poter presentare  la  domanda  di  condono»,
mentre la «data limite degli abusi condonabili» sarebbe quella del 31
dicembre 2005. 
    Sicche' la norma denunciata sarebbe legittima  espressione  della
competenza regionale «a decidere sulla possibilita', sulle condizioni
e sulle modalita' per l'ammissibilita' a  sanatoria  delle  attivita'
abusive nel territorio regionale»; anche la fissazione  della  misura
della sanzione amministrativa correlata alla  sanatoria  rientrerebbe
fra le attribuzioni delle Regioni. 
    3. -  Con  successiva  memoria  illustrativa  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  insistito  per  una   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale dei denunciati artt. 33, comma 10,  44,
comma 8, e 45 della legge della Regione Campania n. 8 del 2008. 
    4.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Campania   ha
depositato  memoria  illustrativa  con  la  quale  chiede   che   sia
dichiarata cessata la materia  del  contendere  in  riferimento  alla
denuncia degli artt. 33, comma 10, e 45 della legge  regionale  n.  8
del 2008, nonche'  sia  dichiarato  «improcedibile,  inammissibile  e
comunque infondato il ricorso  [...]  con  riferimento  all'art.  44,
comma 8 della stessa legge». 
    Quanto alla cessazione della materia del contendere,  la  Regione
evidenzia che le disposizioni di cui agli anzidetti artt.  33,  comma
10, e 45 sono state abrogate dall'art. 1, comma 1,  [rispettivamente,
lettere e) ed n)] della legge della Regione Campania 22 luglio  2009,
n. 8 (Modifica alla legge regionale 29 luglio 2008, n. 8 - Disciplina
della ricerca ed utilizzazione delle acque minerali e termali,  delle
risorse  geotermiche  e  delle  acque  di  sorgente).   Inoltre,   la
resistente sostiene che, in relazione  alla  denuncia  dell'art.  44,
comma 8, essendo stata tale disposizione sostituita dalla lettera  l)
del comma 1 dell'art. 1 della citata legge regionale n. 8  del  2009,
norma non impugnata dal Governo, il ricorso, in parte  qua,  dovrebbe
essere dichiarato improcedibile. 
    In ogni caso, ad  avviso  della  Regione,  la  questione  sarebbe
infondata  sulla  scorta  delle  argomentazioni  gia'  illustrate  in
precedenza. 
    5.  -  Nel  corso  della  discussione  in  udienza  pubblica,  il
difensore della Regione Campania  ha  depositato  la  nota  regionale
prot. 2009/0889092 del 16 ottobre 2009, con la quale si  attesta  che
la disciplina di cui agli artt.  33,  comma  10,  e  45  della  legge
regionale n. 8 del 2008 non ha trovato applicazione; a tal  riguardo,
l'Avvocato generale dello Stato ha concordato con la difesa regionale
in  ordine  alla  cessazione  della  materia  del  contendere   sulle
questioni riguardanti le disposizioni anzidette. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  proposto
questione di legittimita' costituzionale, in  via  principale,  degli
artt. 33, comma 10, 44, comma 8, e  45,  della  legge  della  Regione
Campania  29  luglio  2008,  n.  8  (Disciplina  della   ricerca   ed
utilizzazione  delle  acque  minerali  e   termali,   delle   risorse
geotermiche e delle acque di  sorgente),  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione n. 32 dell'11 agosto 2008. 
    L'art.  33,  comma   10,   denunciato   stabilisce:   «Non   sono
assoggettate a valutazione di impatto  ambientale  o  valutazione  di
incidenza i rinnovi delle concessioni in attivita' da  almeno  cinque
anni dall'entrata in vigore della presente legge». 
    E' prospettata la  violazione  dell'art.  117,  primo  e  secondo
comma, lettera s), Cost., giacche': 
        a) «la sottrazione alla procedura  di  valutazione  d'impatto
ambientale di intere categorie di progetti di opere nuove connesse ai
rinnovi delle concessioni in corso da almeno cinque anni dall'entrata
in  vigore  della  legge  predetta»,  determinerebbe  una   «evidente
elusione delle norme di derivazione comunitaria contenute nel  d.lgs.
n.  l52/2006»,  ponendosi  anche   in   contrasto   con   l'indirizzo
interpretativo seguito  dalla  Corte  di  giustizia  delle  comunita'
europee con la sentenza 7 gennaio 2004 (C-201/02, Delena Wells); 
        b)  impedirebbe   la   verifica   della   «permanenza   della
compatibilita' [...] con i mutamenti delle condizioni territoriali ed
ambientali eventualmente sopravvenuti» anche in  ipotesi  di  rinnovo
della concessione «correlata ad opere a  suo  tempo  gia'  sottoposte
alla procedura di valutazione d'impatto ambientale»; 
        c) contrasterebbe con i  principi  della  disciplina  di  cui
all'art. 95 del d.lgs. n. 152 del 2006, «che sottopone a  regolazione
dell'Autorita' concedente finalizzata a garantire il minore  deflusso
vitale nei corpi idrici di tutte le  concessioni  di  derivazione  di
acque pubbliche». 
    L'art. 44, comma 8, censurato prevede: «Le  concessioni  perpetue
date senza limite di tempo, in base alle leggi vigenti  anteriormente
all'entrata in vigore del regio decreto n. 1443/1927, sono  prorogate
per cinquanta anni dall'entrata in vigore della presente legge, e  le
relative subconcessioni per venti anni, salvo che rispettivamente  il
concessionario o il subconcessionario non siano incorsi in motivi  di
decadenza. Alla scadenza suddetta e' applicata la presente legge». 
    Si deduce il contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., giacche' verrebbe leso il principio posto dall'art. 96,  comma
8, del d.lgs. n. 152 del 2006 che,  nel  sostituire  il  primo  comma
dell'art. 21 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775  (Testo  unico  delle
disposizioni  di  legge  sulle  acque  e  impianti   elettrici),   ha
stabilito: «Tutte le concessioni di derivazione sono  temporanee.  La
durata delle concessioni, fatto salvo  quanto  disposto  dal  secondo
comma, non puo' eccedere i trenta anni  ovvero  i  quaranta  per  uso
irriguo e per la piscicoltura,  ad  eccezione  di  quelle  di  grande
derivazione idroelettrica per le quali resta ferma la  disciplina  di
cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16  marzo
1999, n. 79». 
    L'art. 45 denunciato  recita:  «Entro  un  anno  dall'entrata  in
vigore della presente legge i concessionari che hanno effettuato  una
nuova captazione  di  acque  gia'  oggetto  di  concessione  in  data
anteriore al 31 dicembre 2005, senza  la  preventiva  autorizzazione,
presentano apposita istanza di sanatoria con  le  modalita'  previste
nel regolamento di attuazione. Essi sono altresi' tenuti al pagamento
della sanzione di euro 15.000,00 previa acquisizione dei pareri delle
amministrazioni interessate». 
    Viene addotta la violazione degli artt. 3 e 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., giacche' tale disposizione: 
        a) porrebbe  una  disciplina  difforme  da  quella  contenuta
nell'art. 96, comma 6, del d.lgs. n. 152 del 2006,  che  limitava  la
possibilita' di sanatoria «per  le  derivazioni  o  utilizzazioni  di
acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto a  patto  che
la relativa domanda fosse presentata entro il 30 giugno 2006»; 
        b) comporterebbe una ingiustificata disparita' di trattamento
«tra soggetti responsabili dei medesimi comportamenti a  seconda  del
luogo del territorio nazionale in  cui  i  medesimi  siano  posti  in
essere»,  contemplando  una  sanzione  pecuniaria  amministrativa  ad
«importo unico», al cui pagamento e' subordinato  il  rilascio  della
concessione in sanatoria, fissata in difformita' dai parametri di cui
al r.d. n. 1775 del 1933, come richiamato dal  citato  art.  96,  che
«costituisce standard  di  tutela  ambientale  frutto  dell'esercizio
della competenza legislativa esclusiva dello Stato». 
    2. - In  via  preliminare,  deve  rilevarsi  che  il  legislatore
regionale, successivamente alla proposizione al ricorso  statale,  e'
intervenuto sulle disposizioni impugnate con la legge  della  Regione
Campania 22 luglio 2009, n.  8  (Modifica  alla  legge  regionale  29
luglio 2008, n. 8 - Disciplina della ricerca ed  utilizzazione  delle
acque minerali e termali, delle risorse geotermiche e delle acque  di
sorgente). 
    In particolare, con l'art. 1, comma 1, lettera e),  della  citata
legge regionale n. 8 del 2009 e' stato abrogato il comma 10 dell'art.
33 della legge regionale n. 8 del 2008. Inoltre, con l'art. 1,  comma
1, lettera l), della stessa legge regionale n. 8 del  2009  e'  stato
sostituito  il  comma  8  dell'art.  44  ed  il  nuovo  testo   della
disposizione e' il seguente:  «Le  concessioni  perpetue  date  senza
limite di tempo, in essere alla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, hanno durata di cinquanta anni dalla data di  entrata
in vigore della presente legge e  le  relative  subconcessioni  hanno
durata di venti anni, salvo che rispettivamente il  concessionario  o
il subconcessionario non incorrano in motivi di  decadenza».  Infine,
tramite l'art. 1, comma 1, lettera n), della medesima legge regionale
n. 8 del 2009 e' stato abrogato l'art. 45 della legge regionale n.  8
del 2008. 
    Il difensore della Regione Campania, in sede  di  discussione  in
udienza pubblica, ha depositato una nota  proveniente  dalla  Regione
con la quale si attesta che la disciplina di cui agli artt. 33, comma
10, e 45  della  legge  regionale  n.  8  del  2008  non  ha  trovato
applicazione; la circostanza non e' stata contestata  dall'Avvocatura
generale dello Stato ed, anzi, le parti hanno  concordato  in  ordine
alla  cessazione  della  materia  del  contendere   sulle   questioni
investenti le norme predette. 
    Ne consegue che, alla luce  dell'abrogazione  delle  disposizioni
anzidette, sopravvenuta al  ricorso  statale,  e  del  fatto  che  la
normativa gia' oggetto di impugnazione non ha avuto,  nel  frattempo,
concreta attuazione (tra le altre, sentenze n. 234 del 2009,  n.  164
del 2009 e n. 438 del 2008), sulle questioni relative ai citati artt.
33, comma 10, e 45 della legge regionale n. 8 del  2008  deve  essere
dichiarata la cessazione della materia del contendere. 
    Analoga declaratoria di cessazione della materia  del  contendere
non puo' essere adottata quanto alla denuncia dell'art. 44, comma  8;
disposizione, quest'ultima, che, oltre ad aver  trovato  applicazione
(come risulta dalla stessa nota  regionale  innanzi  richiamata),  e'
stata non gia' abrogata, ma sostituita con una nuova norma, la  quale
non rende soddisfazione alle ragioni fatte  valere  con  il  ricorso,
posto che fissa la durata delle concessioni che all'atto  di  entrata
in vigore della legge regionale n. 8 del  2008  erano  «perpetue»  in
cinquanta anni (e cioe' individuando  lo  stesso  periodo  di  durata
della proroga stabilita dalla norma sostituita) e non gia' in  trenta
anni, secondo quanto previsto dalla normativa  statale  invocata  dal
Governo (art. 96, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006). 
    3. - Nel merito, la questione di costituzionalita' dell'art.  44,
comma 8, della legge  della  Regione  Campania  n.  8  del  2008,  e'
fondata. 
    3.1. - Deve essere, innanzitutto, posto in evidenza che  il  bene
della vita «acque minerali e termali» va considerato da due  distinti
punti di vista: quello dell'uso o fruizione e quello della sua tutela
(tra le altre, sulla distinzione tra tutela e fruizione, sentenza  n.
105 del 2008). 
    L'ordinamento italiano, per lungo tempo, si e' occupato  soltanto
del primo aspetto, come dimostra, del resto,  il  testo  unico  delle
leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con  r.d.  n.
1775 del 1933, il quale si occupa di concessioni di piccole e  grandi
derivazioni, ma non di tutela dell'acqua. Ed e'  in  questo  contesto
che  si  poneva  la  disposizione  dell'art.  117  Cost.,  nel  testo
anteriore alla modifica  costituzionale  del  Titolo  V  della  parte
seconda, la' dove si leggeva che le «Acque minerali e  termali»  sono
di competenza concorrente delle Regioni. 
    L'emersione  del  problema  ambientale   ha,   poi,   spinto   il
legislatore ordinario a provvedere anche alla tutela delle acque,  ed
il vigente d.lgs. n. 152 del 2006, all'art. 144,  comma  1,  sancisce
che  «Tutte  le  acque  superficiali  e  sotterranee,  ancorche'  non
estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato», mentre
l'ultimo  comma  dello  stesso  articolo  stabilisce  che  «Le  acque
termali, minerali e per uso geotermico  sono  disciplinate  da  norme
specifiche,   nel   rispetto    del    riparto    delle    competenze
costituzionalmente determinato». 
    Il riparto delle competenze, e' agevole dedurlo, dipende  proprio
dalla sopra ricordata distinzione tra  uso  delle  acque  minerali  e
termali, di competenza regionale residuale, e tutela ambientale delle
stesse acque, che e' di competenza esclusiva statale,  ai  sensi  del
vigente art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione. 
    Di detta tutela ambientale da' inconfutabile conferma  l'art.  97
del decreto legislativo n.  152  del  2006,  secondo  il  quale:  «Le
concessioni di utilizzazione delle acque minerali  naturali  e  delle
acque di sorgente sono rilasciate  tenuto  conto  delle  esigenze  di
approvvigionamento e  distribuzione  delle  acque  potabili  e  delle
previsioni del Piano  di  tutela  di  cui  all'art.  121».  In  altri
termini, le concessioni di  acque  minerali  e  termali,  e  cioe'  i
provvedimenti amministrativi che riguardano  la  loro  utilizzazione,
devono osservare i limiti di tutela ambientale  posti  dal  Piano  di
tutela delle acque, in modo che non sia  pregiudicato  il  patrimonio
idrico, secondo quanto dispone il comma 3 del  citato  art.  144  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, e  sia  assicurato  l'equilibrio
del bilancio  idrico,  come  prevedono  l'art.  145  ed  il  comma  6
dell'art. 96 dello stesso decreto legislativo. 
    Si tratta di un evidente concorso di competenze sullo stesso bene
(le acque minerali e termali), competenze che riguardano, per  quanto
attiene alle Regioni, l'utilizzazione del bene e, per quanto  attiene
allo Stato, la tutela o conservazione del  bene  stesso  (da  ultimo:
sentenza n. 225 del 2009 e sentenza n. 105 del 2008, citata). 
    In questa ottica si colloca, peraltro, la  sentenza  n.  168  del
2008 di questa Corte,  la  quale,  pur  avendo  individuato  come  di
competenza residuale delle  Regioni  la  materia  «acque  minerali  e
termali»,  ha  posto  concretamente  l'attenzione  sulla   disciplina
statale denunciata come invasiva di detta  competenza  regionale  [il
comma  1284  dell'art.  1  della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007),  sull'istituzione,  presso  la
Presidenza del Consiglio dei ministri, di un  fondo  di  solidarieta'
«finalizzato a promuovere il finanziamento esclusivo di  progetti  ed
interventi, in ambito nazionale e internazionale, atti a garantire il
maggior accesso possibile alle risorse idriche secondo  il  principio
della garanzia dell'accesso all'acqua a livello universale»].  Si  e'
ritenuta, cosi', interessata non gia' la  anzidetta  materia,  bensi'
«un plesso  di  altre  materie  attribuite  dalla  Costituzione  alla
potesta' legislativa statale e regionale» e, tra queste, anche quella
«della «tutela dell'ambiente», di competenza esclusiva statale  (art.
117, secondo comma, lettera s, Cost.), in quanto, avendo il  fine  di
finanziare  progetti  diretti  a  favorire  l'accesso  alle   risorse
idriche, incide sulle interazioni e  gli  equilibri  fra  le  diverse
componenti della «biosfera» e,  quindi,  dell'ambiente,  inteso  come
«sistema» [...] nel suo aspetto dinamico» (sentenza n. 378 del  2007;
ordinanza n. 144 del 2007). 
    3.2. - In  questo  quadro  va  scrutinata,  dunque,  la  denuncia
dell'art. 44, comma 8, della legge della Regione Campania  n.  8  del
2008 riguardante la fissazione della proroga  cinquantennale  per  le
concessioni  perpetue  in  base  alle  leggi  vigenti   anteriormente
all'entrata in vigore del regio  decreto  29  luglio  1927,  n.  1443
(Norme di carattere legislativo per  disciplinare  la  ricerca  e  la
coltivazione delle miniere nel Regno). 
    La norma e' rubricata come  «transitoria»,  nel  senso  che  alla
scadenza dei cinquanta anni trova applicazione il comma 4 dell'art. 4
della stessa legge regionale n. 8 del 2008, e cioe' la previsione  di
durata delle concessioni per  un  periodo  compreso  tra  quindici  e
trenta anni. 
    E' da sottolineare, in proposito, che la norma interposta di  cui
all'art. 96, comma 8,  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  intervenendo
sull'art. 21 del r.d. n. 1775  del  1933,  ha  stabilito:  «Tutte  le
concessioni  di  derivazione  sono  temporanee.   La   durata   delle
concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non  puo'
eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso  irriguo  e  per  la
piscicoltura,  ad  eccezione  di   quelle   di   grande   derivazione
idroelettrica  per  le  quali  resta  ferma  la  disciplina  di   cui
all'articolo 12, commi 6, 7 e 8  del  decreto  legislativo  16  marzo
1999, n. 79». 
    Alla luce della disciplina innanzi ricordata e  dell'orientamento
espresso da  questa  Corte  in  ordine  alla  materia  della  «tutela
dell'ambiente»,  deve   reputarsi   che   anche   il   principio   di
temporaneita' delle concessioni di derivazione e  la  fissazione  del
loro limite  massimo  ordinario  di  durata  in  trenta  anni  (salvo
specifiche ed  espresse  eccezioni),  senza  alcuna  proroga  per  le
concessioni perpetue in atto, rappresentino livelli  adeguati  e  non
riducibili di tutela ambientale individuati dal legislatore statale e
che fungono da limite alla legislazione regionale (sentenze n. 61 del
2009 e n. 225 del 2009). 
    Del resto, a siffatto livello  di  tutela  il  legislatore  della
Regione Campania si e' adeguato con la previsione della durata  delle
concessioni «a regime», stabilita entro il limite  dei  trenta  anni,
come sancito dal citato art. 4, comma 4, della legge regionale  n.  8
del 2008. 
    3.3. - A conforto della riconosciuta rilevanza  ambientale  della
fissazione del termine di durata di tutte  le  concessioni,  comprese
quelle concernenti le acque minerali e termali, e  quindi  della  sua
sottoposizione ai  limiti  di  tutela  ambientale  fissati  ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., soccorre l'ulteriore
considerazione secondo la quale una dilatazione eccessiva del termine
di durata gia' trentennale - nella  specie,  la  Regione  prevede  un
termine cinquantennale  di  proroga  delle  concessioni  a  carattere
perpetuo - urterebbe contro la necessita', in sede di  rinnovo  della
concessione, di procedere alla valutazione sia di impatto  ambientale
(VIA), sia di incidenza [che riguarda quei piani o progetti  che  non
sono direttamente connessi o  necessari  per  la  gestione  dei  siti
costituenti «zone speciali di conservazione», ma  che  possono  avere
incidenze significative su detti siti,  come  previsto  dall'art.  6,
comma 3, della  Direttiva  92/43/CEE  e  dall'art.  5  del  d.P.R.  8
settembre  1997,  n.  357  (Regolamento  recante   attuazione   della
direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione   degli   habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche)]. Difatti, e' la stessa  legge  regionale  impugnata,  in
aderenza alle  prescrizioni  di  origine  comunitaria  e  statale,  a
stabilire che ambedue dette valutazioni debbano precedere il rilascio
dei titoli legittimanti la ricerca  e  la  coltivazione  delle  acque
minerali naturali, delle acque termali, delle  acque  di  sorgente  e
delle piccole utilizzazioni locali,  qualora  riguardino  i  progetti
richiamati dall'Allegato IV, punto 7, lettera d), del d.lgs.  n.  152
del 2006 (art. 33, comma 8, della legge regionale  n.  8  del  2008);
ovvero che le valutazioni medesime debbano intervenire per i progetti
non gia' assoggettati a VIA  in  riferimento  a  siti  di  importanza
comunitaria,  zone  di  protezione  speciale,  nonche'  in  siti   di
interesse regionale (art. 33, comma  9,  legge  regionale  n.  8  del
2008). 
    In definitiva, la  previsione  di  legge  statale  che  fissa  il
termine di durata  delle  concessioni  di  derivazione  di  acque  si
giustifica quale livello adeguato e  non  riducibile  in  materia  di
tutela dell'ambiente anche in ragione della incidenza che  esso  puo'
avere  ai  fini  della  VIA,  la  cui  riconduzione  alla  competenza
esclusiva dello Stato, di cui  alla  lettera  s)  del  secondo  comma
dell'art. 117 Cost., questa  Corte  ha  ancora  di  recente  ribadito
(sentenza n. 225 del 2009). 
    3.4. - Alla luce delle considerazioni che precedono, va,  dunque,
dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  44,  comma  8,
della legge della Regione Campania n. 8 del 2008. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 44,  comma  8,
della legge della Regione Campania 29 luglio 2008, n.  8  (Disciplina
della ricerca ed utilizzazione delle acque minerali e termali,  delle
risorse geotermiche e delle acque di sorgente); 
    Dichiara  cessata  la  materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 33, comma 10,  e
45 della predetta legge della Regione Campania n. 8 del 2008. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Maddalena 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 14 gennaio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola