N. 15 SENTENZA 13 - 21 gennaio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ricorsi delle Regioni  Emilia-Romagna  e  Veneto  -  Impugnazione  di
  numerose disposizioni del decreto-legge 25  giugno  2008,  n.  112,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133  -
  Trattazione delle sole questioni riguardanti gli artt. 38, comma 3,
  e 43, comma  1  -  Decisione  sulle  altre  disposizioni  impugnate
  riservata a separate pronunce. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), artt. 38, comma 3, e 43, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, terzo e quarto comma. 
Impresa e imprenditore - Semplificazione e riordino della  disciplina
  dello sportello unico per le attivita' produttive  con  regolamento
  adottato su proposta dei ministri competenti, sentita la Conferenza
  unificata - Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna  -  Intervenuta
  marginale modifica della disposizione  denunciata,  e  comunque  in
  modo  non  satisfattivo   delle   istanze   regionali   -   Mancata
  applicazione  medio  tempore  della  norma  denunciata  nella   sua
  versione originaria - Riferimento della questione  al  testo  della
  disposizione attualmente in vigore. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6  agosto  2008,  n.  133),  art.  38,  comma  3,  modificato
  dall'art. 40 della legge 18 giugno 2009, n. 69,  nonche'  dall'art.
  11-ter  del  d.l.  1°  luglio  2009,   n.   78,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 112. 
- Costituzione, art. 117, terzo e quarto comma. 
Impresa e imprenditore - Semplificazione e riordino della  disciplina
  dello sportello unico per le attivita' produttive  con  regolamento
  adottato su proposta dei ministri competenti, sentita la Conferenza
  unificata  -  Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna  -   Ritenuta
  violazione del principio di leale collaborazione  per  interferenza
  sulle competenze legislative  regionali  residuali  attinenti  alle
  «attivita'  produttive»   -   Riconducibilita'   della   disciplina
  denunciata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato  nella
  materia «coordinamento informativo statistico  ed  informatico  dei
  dati della amministrazione statale, regionale e locale» -  Adeguata
  tutela delle istanze regionali attraverso l'acquisizione del parere
  della Conferenza unificata - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 38, comma 3. 
Impresa  e  imprenditore  -  Semplificazione   degli   strumenti   di
  attrazione degli investimenti e di sviluppo di  impresa  -  Ricorsi
  delle Regioni Emilia-Romagna e Veneto - Ritenuta  violazione  della
  competenza  regionale  concorrente  o  residuale  -  Evocazione  di
  parametri costituzionali in rapporto di alternativita' irrisolta  -
  Omessa   indicazione   dell'ambito    di    competenza    regionale
  asseritamente invaso dalla  normativa  statale  -  Inammissibilita'
  della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 43, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, terzo e quarto comma. 
Impresa  e  imprenditore  -  Semplificazione   degli   strumenti   di
  attrazione degli investimenti e di sviluppo di impresa  -  Prevista
  adozione di decreto ministeriale  per  la  fissazione  di  criteri,
  modalita'  e  condizioni  per  la   concessione   di   agevolazioni
  finanziarie nelle aree svantaggiate del Mezzogiorno, previo  parere
  della Conferenza unificata - Ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna e
  Veneto - Ritenuta violazione del principio di leale  collaborazione
  per mancata previsione della previa  intesa  con  la  Conferenza  -
  Riconducibilita' della misura tra gli interventi speciali  volti  a
  rimuovere squilibri economici e sociali (art.  119,  quinto  comma,
  Cost.) - Adeguata tutela delle istanze regionali -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.l 25 giugno 2008, n. 112 (convertito,  con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 43, comma 1. 
(GU n.4 del 27-1-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 38, comma 3, e
43, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge
6 agosto 2008, n. 133, promossi dalle Regioni Emilia-Romagna e Veneto
con due ricorsi entrambi notificati il 20 ottobre 2008, depositati in
cancelleria il 22 ottobre 2008 e rispettivamente iscritti  ai  numeri
69 e 70 del registro ricorsi 2008; 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  17  novembre  2009  il  giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    Uditi gli avvocati Luigi Manzi per le  Regioni  Emilia-Romagna  e
Veneto, Mario Bertolissi per la sola Regione Veneto  e  gli  avvocati
dello Stato Maria Letizia Guida e Guido Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
1. -  Con  ricorso  notificato  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri in data  20  ottobre  2008,  la  Regione  Emilia-Romagna  ha
promosso  questione  di  legittimita'  costituzionale   di   numerose
disposizioni contenute nel  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge
6 agosto 2008, n. 133. 
    Fra le disposizioni oggetto di censura si trovano gli  artt.  38,
comma 3, e 43, comma 1, del d.l. n. 112  del  2008,  come  modificati
dalla legge di conversione n. 133 del 2008, della cui legittimita' la
Regione ricorrente  dubita  in  riferimento  al  principio  di  leale
collaborazione. 
    1.1. - Con riguardo alla prima delle due  disposizioni  censurate
la ricorrente Regione, dopo aver sinteticamente esposto il  contenuto
dei primi  due  commi,  osserva  che  il  comma  3  prevede  che  con
regolamento di delegificazione, adottato su proposta del Ministro per
lo sviluppo economico e di quello per la  semplificazione  normativa,
sentita la Conferenza unificata  Stato-regioni  e  Stato-citta',  «si
procede alla semplificazione e al  riordino  della  disciplina  dello
sportello unico per le attivita' produttive di cui al regolamento  di
cui al decreto del Presidente della Repubblica» 20 ottobre  1998,  n.
447. 
    Siffatta previsione, secondo la ricorrente  Regione -  nonostante
la indicazione contenuta nel comma 2 dell'art. 38, in base alla quale
essa sarebbe volta ad assicurare l'efficienza del mercato, la  libera
concorrenza ed i livelli essenziali delle prestazioni  concernenti  i
diritti civili e sociali - inciderebbe,  invece,  sulle  materie,  di
competenza  regionale,  attinenti  alla  disciplina  delle  attivita'
produttive, risultando in tal modo illegittima in  quanto  violativa,
atteso il coinvolgimento della  Conferenza  unificata  solo  ai  fini
della  acquisizione  del  parere  e  non  della  previa  intesa,  del
principio della leale collaborazione. 
    La illegittimita' costituzionale sarebbe  riscontrabile,  d'altra
parte, aggiunge la ricorrente, anche se si intendesse  ricondurre  la
disposizione censurata a materie  di  competenza  esclusiva  statale;
infatti, essendo innegabile la interferenza  della  medesima  con  le
richiamate competenze regionali, secondo i principi  stabiliti  dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 31 del 2005, sarebbe in  ogni
caso,  necessaria  la  acquisizione  dell'intesa  con  la  Conferenza
unificata e non l'acquisizione del solo parere. 
    1.2. - Riguardo all'art. 43, comma 1, del d.l. n. 112  del  2008,
come modificato, in sede di conversione, dalla legge n. 133 del 2008,
la Regione ricorrente osserva che esso, nel prevedere la adozione  di
un  decreto  ministeriale  a  contenuto  non  regolamentare  volto  a
stabilire criteri, condizioni  e  modalita'  per  la  concessione  di
agevolazioni finanziarie a sostegno degli investimenti privati e  per
la realizzazione  di  interventi  ad  essi  funzionali,  riguarda  le
imprese in generale, venendo in tal  modo  ad  incidere  su  materie,
attinenti alle attivita' produttive, di competenza regionale «piena».
Pertanto, sarebbe illegittimo prevedere che, in contrasto con la nota
giurisprudenza costituzionale sulla «chiamata in sussidiarieta'»,  il
ricordato decreto ministeriale sia adottato  «sentita  la  Conferenza
Stato-regioni» e non d'intesa con questa. 
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e  difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo, per cio' che concerne le doglianze ora in  esame,
per la infondatezza del ricorso. 
    2.1.  -  In  particolare,  con  riferimento   alla   impugnazione
dell'art. 38, comma 3, la  difesa  erariale  rileva  che  l'obiettivo
della disposizione e' l'elaborazione di un procedimento  trasparente,
unitario ed efficace volto a rimuovere gli ostacoli regolamentari  ed
amministrativi posti dai singoli enti territoriali e  finalizzato  ad
assicurare regole paritarie di accesso al mercato. 
    Si tratta, pertanto,  di  norma  a  garanzia  della  trasparenza,
concorrenzialita' e liberta' del mercato  rientrante,  quindi,  nella
materia  tutela  della  concorrenza,  attribuita  alla   legislazione
statale esclusiva dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  della
Costituzione. 
    Aggiunge la parte resistente che  il  riordino  della  disciplina
dello  sportello  unico  costituisce  adempimento   di   un   obbligo
comunitario; infatti  la  direttiva  n.  2006/123/CE  (Direttiva  del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai  servizi  del  mercato
interno), all'art. 6, paragrafo 1, impone agli Stati  dell'Unione  la
predisposizione delle misure necessarie per consentire ai  prestatori
di  servizi  di  avvalersi,  per  l'espletamento   di   procedure   e
formalita', di «sportelli unici». 
    2.2. - Riguardo alle doglianze relative all'art. 43, comma 1,  la
resistente  contesta  la  pertinenza  al  caso   del   precedente   -
richiamato, invece, dalla ricorrente - costituito dalla  sentenza  n.
63 del 2008 di questa Corte. Infatti in  quella  occasione  la  Corte
dichiaro' la illegittimita' costituzionale di diversa disposizione la
quale non prevedeva alcuna forma di raccordo fra l'organismo  statale
e la realta' regionale; ma con la sentenza in questione,  afferma  la
Avvocatura, non si affermo' che  l'unico  livello  di  coinvolgimento
rispettoso del principio di leale collaborazione fosse l'intesa. 
    La disposizione censurata, la quale,  in  quanto  finalizzata  al
sostegno di imprese in difficolta' ubicate nelle  zone  svantaggiate,
giustifica la «attrazione in sussidiarieta'»  in  deroga  al  normale
riparto delle competenze, appare rispettare, data la previsione della
acquisizione del parere della Conferenza  Stato-regioni,  il  dettato
della citata decisione della Corte. 
    3. - Con ricorso notificato alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri in data 20 ottobre 2008, anche la Regione Veneto ha promosso
questione di legittimita'  costituzionale  di  numerose  disposizioni
contenute nel decreto-legge n. 112 del 2008. 
    3.1. - Fra le disposizioni oggetto di censura si trova l'art. 43,
comma 1, del citato d.l. n. 112 del 2008, come modificato dalla legge
di conversione n. 133 del 2008, della  cui  legittimita'  la  Regione
ricorrente dubita in relazione all'art. 117, terzo  e  quarto  comma,
della  Costituzione  e   in   relazione   al   principio   di   leale
collaborazione. 
    La  ricorrente  Regione,  in  particolare,  osserva  che  con  la
disposizione censurata il legislatore ha previsto che, con decreto  -
di  carattere  non  regolamentare  -  del  Ministro  dello   sviluppo
economico,  emanato  sentita  la  Conferenza   Stato-regioni,   siano
stabiliti i criteri per la concessione di agevolazioni finanziarie  a
sostegno di investimenti privati, destinati a favorire l'attrazione e
la realizzazione di progetti di sviluppo di impresa. 
    Si tratta, pertanto, di aiuti finanziari ad imprese  che  possono
operare  in  svariati  settori,  molti  dei  quali  (come  industria,
commercio,  turismo,  servizi,   pesca,   allevamento,   agricoltura)
afferenti a materie rientranti nella  competenza  legislativa  -  ora
residuale, ora  concorrente  -  regionale.  L'intervento  legislativo
statale, se destinato ad incidere su materie di esclusiva  competenza
regionale si porrebbe in contrasto  con  l'art.  117,  quarto  comma,
della Costituzione;  se,  invece,  riferito  a  materie  di  potesta'
concorrente,  non  limitandosi  a  porre   «principi   fondamentali»,
violerebbe l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Aggiunge la ricorrente che, essendo rimessa la determinazione  di
criteri, condizioni e modalita' dei predetti interventi ad un decreto
ministeriale, non regolamentare, la violazione  dell'art.  117  della
Costituzione sarebbe ancora piu' grave. 
    Infine,  anche  se  si  ritenesse  che  l'intervento  legislativo
statale,  poiche'  finalizzato  al  «rafforzamento  della   struttura
produttiva del Paese», possa giustificare una deroga  al  riparto  di
competenze fissato dall'art. 117 della Costituzione,  nondimeno  esso
sarebbe viziato da illegittimita' costituzionale, non  essendo  state
previste adeguate forme di raccordo e  di  leale  collaborazione  fra
Stato e regioni. 
    Infatti, la semplice previsione  della  acquisizione  del  parere
della Conferenza Stato-regioni, in luogo della piu' intensa forma  di
raccordo  costituita  dalla  intesa,  non  sarebbe  mezzo  idoneo   a
giustificare la deroga al normale riparto di competenze fra  Stato  e
regioni e la attrazione in sussidiarieta' in favore del primo. 
    Cio', tanto piu' ove  si  consideri  che,  non  essendo  prevista
l'intesa con la Conferenza permanente,  lo  Stato  potra'  in  futuro
modificare le regole  fissate  con  decreto  ministeriale,  senza  un
ulteriore coinvolgimento della Conferenza stessa. 
    4. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e  difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo, per cio' che concerne le doglianze ora in  esame,
per la infondatezza del ricorso. 
    4.1.  -  In  particolare,  la  difesa  erariale  osserva  che  il
censurato intervento normativo e' volto all'«incremento del  prodotto
interno  lordo  in  quanto  destinat[o]  a  rafforzare  la  struttura
produttiva del Paese»: esso, quindi, - sempre secondo  l'Avvocatura--
pertiene alla competenza legislativa dello Stato. 
    Con la disposizione  censurata  si  e',  peraltro,  provveduto  a
realizzare il coinvolgimento delle regioni in quanto e' previsto  per
un verso che il decreto ministeriale col quale sono fissati  criteri,
condizioni e modalita' di concessione delle agevolazioni sia adottato
sentita la Conferenza Stato-regioni e, per altro verso, che  la  fase
della programmazione e realizzazione delle opere infrastrutturali sia
eseguita con la cooperazione di regioni ed enti locali interessati. 
    Rileva, infine, la Avvocatura  che  la  regione  ricorrente,  nel
richiedere il coinvolgimento  della  Conferenza  Stato-regioni  nelle
forme della intesa non tiene nel dovuto conto la circostanza  che  le
agevolazioni  finanziarie  rientrano  nella  competenza   legislativa
statale e vengono realizzate attingendo a risorse dello Stato. 
    5. - In prossimita' della data fissata per l'udienza pubblica sia
l'Emilia-Romagna che il Veneto hanno depositato memorie  illustrative
contenenti ulteriori argomentazioni difensive. 
    5.1. - La prima, con riferimento all'art. 38 del d.l. n. 112  del
2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, rileva che il  comma  2
e' stato oggetto di modificazioni per effetto sia dell'art. 40, comma
1, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia
di processo civile), sia dell'art. 11-ter del decreto-legge 1° luglio
2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga  dei  termini),
convertito, con modificazioni, dalla legge 3  agosto  2009,  n.  102.
Esse concernono il comma 2,  non  impugnato  -  nel  quale  e'  stato
inserito l'espresso riferimento sia alle materie di cui alle  lettere
e) ed r) dell'art. 117,  secondo  comma,  Cost.  sia  alla  direttiva
comunitaria 2006/123/CE -,  ed  il  comma  3,  il  quale,  nel  testo
attualmente vigente, prevede che il  regolamento  di  delegificazione
ivi previsto, sia adottato col concerto anche  del  Ministro  per  la
pubblica amministrazione e l'innovazione. 
    Si tratta di modifiche che, ad avviso della regione, comunque non
incidono significativamente sui termini della questione. 
    Cio' detto, la Regione contesta  che  la  norma  impugnata  possa
essere  ascritta  alla  materia  della  tutela   della   concorrenza,
attenendo  ad  aspetti  organizzativi  dello  «sportello  unico»   ed
automatizzandone le modalita' di accesso, ma lasciando inalterata  la
sottostante disciplina sostanziale. A tale proposito, osserva come lo
schema di decreto di delegificazione predisposto in sede governativa,
si limita ad abrogare il solo d.P.R. n. 447 del 1998,  che  detta  la
attuale disciplina  dello  «sportello  unico».  Da  quanto  sopra  la
ricorrente deduce, non risultando possibile individuare  una  materia
prevalente, la interferenza della  norma  censurata  con  quelle,  di
competenza regionale, relative alle attivita' produttive. 
    Da cio', ribadisce  la  Regione,  deriverebbe  la  illegittimita'
costituzionale della disposizione nella parte in cui essa non prevede
la previa intesa con la Conferenza Stato-regioni. 
    Ne' ad una diversa conclusione si giungerebbe ove si valorizzasse
l'aspetto  legato   alla   affermata   attuazione   della   direttiva
comunitaria 2006/123/CE, posto che la medesima direttiva, all'art. 6,
paragrafo 2, prevede che la istituzione  degli  sportelli  unici  non
pregiudica la ripartizione delle funzioni propria dei  singoli  Stati
dell'Unione. 
    5.2. - Riguardo all'art. 43, comma 1, la Regione ritiene che  non
sia corretto  far  derivare,  come  invece  ha  fatto  la  Avvocatura
erariale, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 63 del 2008 la
non necessita' della intesa al fine  di  rendere  legittima  la,  pur
riconosciuta,  chiamata  in  sussidiarieta'  operata   dallo   Stato.
Quest'ultima, come si  ricava  dalla  giurisprudenza  della  Corte  a
partire dalla sentenza n. 303 del 2003, e', viceversa, legittimamente
esercitata solo attraverso lo strumento dell'intesa.  Dalla  sentenza
inizialmente citata, semmai, prosegue la ricorrente, si ricava che le
attivita'   di   impresa,   nella    loro    varieta',    afferiscono
complessivamente, alle  materia  agricoltura,  commercio,  industria,
pesca,  turismo  ed  altre,  tutte   essenzialmente   di   competenza
regionale. 
    Stante, pertanto, il coinvolgimento delle  competenze  regionali,
l'attuazione della disposizione legislativa impugnata  deve  avvenire
tramite il preventivo esperimento  della  intesa  con  la  Conferenza
Stato-regioni. 
    5.3.  -  La  Regione  Veneto,  a  sua   volta,   contestando   la
ascrivibilita' della disciplina dettata dall'art. 43 del d.l. n.  112
del 2008 alle tematiche connesse  al  rafforzamento  della  struttura
produttiva del Paese, rileva come essa, invece,  incide  su  svariati
settori materiali di  competenza  legislativa,  sia  concorrente  che
esclusiva, regionale. Irrilevante e',  poi,  la  circostanza  che  le
risorse  impiegate  per  il  finanziamento  alle  imprese  siano   di
provenienza statale; e', infatti, nota la giurisprudenza della  Corte
in  tema  di  fondi  a   destinazione   vincolata   da   cui   deriva
l'illegittimita' delle disposizioni  che  li  istituiscono  ove  essi
siano relativi ad ambiti di competenza regionale. 
    La ricorrente non ritiene,  quindi,  riconducibile  la  normativa
censurata alla materia della tutela della concorrenza, trattandosi di
disposizioni dal  contenuto  piuttosto  indeterminato,  destinate  ad
essere precisate solo tramite l'emanando decreto del  Ministro  dello
sviluppo economico, come tali non idonee ad incidere  sull'equilibrio
economico generale. 
    Quanto,  infine,  alla  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione, essa sarebbe rinvenibile sia in relazione  alla  fase
di adozione del citato  decreto  ministeriale,  incidendo  questo  in
ambiti materiali di competenza regionale - posto che la  acquisizione
del mero parere  della  Conferenza  unificata  lascerebbe  aperta  la
possibilita' per lo Stato di provvedere,  successivamente,  anche  in
contrasto  col  parere  stesso  -  sia  in  relazione  alla  fase  di
programmazione e realizzazione delle infrastrutture, in  quanto,  ove
non venga raggiunto l'accordo in sede di conferenza di servizi  entro
il termine di cui all'art. 14-ter della legge 7 agosto 1990,  n.  241
(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e  di  diritto
di  accesso  ai  documenti  amministrativi),  il  Ministero  potrebbe
provvedere autonomamente approvando i progetti per cui e' previsto il
finanziamento. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con distinti ricorsi la Regione Emilia-Romagna e la  Regione
Veneto   hanno   sollevato   diverse   questioni   di    legittimita'
costituzionale di numerose disposizioni contenute  nel  decreto-legge
25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita', la  stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 
    2. - Riservata a separate pronunce la decisione sull'impugnazione
delle altre disposizioni contenute nel d.l. n. 112 del 2008,  vengono
in esame in questa sede le questioni di legittimita'  costituzionale,
sollevate dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento  al  principio
di leale collaborazione, degli artt. 38, comma 3, e 43, comma 1,  del
citato decreto-legge, come modificato dalla legge di  conversione  n.
133 del 2008, e dell'art. 43, comma 1, del ricordato decreto-legge n.
112 del 2008, come risultante a seguito della conversione  in  legge,
sollevate dalla Regione Veneto, in riferimento all'art. 117, terzo  e
quarto  comma,  della  Costituzione   e   al   principio   di   leale
collaborazione. 
    2.1. - Attesa la connessione esistente fra i due ricorsi  ora  in
esame, i relativi giudizi vanno  riuniti  cosi'  che  possano  essere
decisi con un'unica sentenza. 
    3. - L'art. 38, comma 3, del decreto-legge n.  112  e'  impugnato
dalla Regione Emilia-Romagna in quanto, a  suo  avviso,  esso,  nella
parte in cui prevede che, con regolamento di delegificazione adottato
su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro  per
la semplificazione normativa, sentita la Conferenza unificata di  cui
all'art.  8  del  decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281  e
successive  modificazioni  (di  seguito:  Conferenza  unificata),  si
procede alla semplificazione ed al riordino  della  disciplina  dello
sportello unico per le attivita' produttive  di  cui  al  regolamento
previsto dal d.P.R. 20 ottobre  1998,  n.  447  (Regolamento  recante
norme di semplificazione dei procedimenti di  autorizzazione  per  la
realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la  riconversione
di  impianti  produttivi,  per  l'esecuzione  di  opere  interne   ai
fabbricati, nonche' per la determinazione delle aree  destinate  agli
insediamenti produttivi, a norma dell'articolo  20,  comma  8,  della
legge 15 marzo  1997,  n.  59),  violerebbe  il  principio  di  leale
collaborazione   poiche',   incidendo   direttamente,   o   comunque,
interferendo sulle materie di competenza  regionale  piena  attinenti
alle  attivita'  produttive   (industria,   commercio,   agricoltura,
artigianato, turismo etc.), considera sufficiente la espressione  del
solo parere da parte  della  Conferenza  unificata  e  non  anche  il
raggiungimento della previa intesa con questa. 
    3.1. - L'art. 43, comma 1, a sua volta, e'  impugnato  sia  dalla
Regione Emilia-Romagna che dalla Regione Veneto. 
    3.2. - In particolare,  la  prima  Regione  si  duole  che  detta
disposizione - nello stabilire che, «per favorire l'attrazione  degli
investimenti e la realizzazione di progetti di  sviluppo  di  impresa
rilevanti per il rafforzamento della struttura produttiva del  Paese,
con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno, con decreto di
natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico,  sono
stabiliti i criteri, le condizioni e le modalita' per la  concessione
di agevolazioni finanziarie a sostegno degli investimenti  privati  e
per  la  realizzazione  di  interventi  ad   essi   complementari   e
funzionali» - preveda che il citato decreto, emanato di concerto  con
il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  il  Ministro   delle
politiche agricole, alimentari e forestali e con  il  Ministro  della
semplificazione normativa, sia adottato - in asserito  contrasto  col
principio  di  leale  collaborazione  -   «sentita»   la   Conferenza
permanente per i rapporti fra lo Stato, le  regioni  e  le  Provincie
autonome  di  Trento   e   di   Bolzano   (di   seguito:   Conferenza
Stato-regioni)  e  non  sia  acquisita  l'intesa  con  questa.   Cio'
nonostante che, avendo la disposizione medesima ad oggetto le materie
di competenza regionale piena  concernenti  le  attivita'  produttive
(industria,  commercio,  agricoltura,  artigianato,  turismo   etc.),
sarebbe stata necessaria la  piu'  intensa  forma  di  coinvolgimento
regionale nella adozione del ricordato decreto. 
    3.3. - La seconda Regione lamenta  che  il  ricordato  intervento
legislativo, «se destinato a trovare attuazione in ambiti di potesta'
legislativa regionale esclusiva, configura una lesione all'art.  117,
quarto comma, della Costituzione, se attuato in materia  di  potesta'
concorrente», posto che non si limita  a  dettare  una  normativa  di
principio, viola l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Aggiunge la ricorrente che, seppure si ritenesse che l'intervento
legislativo sia conforme al riparto di competenza  fissato  dall'art.
117 Cost., esso, comunque, non sarebbe rispettoso  del  principio  di
leale  collaborazione,  essendo  invece  necessario,   al   fine   di
legittimare l'operata attrazione in sussidiarieta', che  il  raccordo
fra lo Stato e le regioni si realizzi nella forma  dell'intesa,  cio'
anche per  evitare  che,  in  futuro,  lo  Stato  possa  intervenire,
modificando la  regolamentazione,  senza  coinvolgere  la  Conferenza
Stato-regioni. 
    4. - La  questione  di  legittimita'  costituzionale  riguardante
l'art. 38, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008 non e' fondata. 
    4.1. - Deve, preliminarmente,  darsi  atto  che,  successivamente
alla proposizione del ricorso della Regione Emilia-Romagna, l'art. 38
del decreto-legge n. 112, gia', peraltro, oggetto di modificazioni in
sede di conversione in legge, e' stato ulteriormente modificato.  Una
prima volta a seguito della entrata in vigore della legge  18  giugno
2009,  n.  69   (Disposizioni   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile),  che,  all'art.  40,  ha  previsto,  oltre  alla   integrale
sostituzione del comma 2 del ricordato art. 38 del  decreto-legge  n.
112 del 2008, anche l'inserimento di talune interpolazioni  al  testo
del comma 3 della medesima norma. Una seconda volta per effetto della
legge 3 agosto 2009, n. 102, con la  quale  e'  stato  convertito  in
legge, con modificazioni, il decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78
(Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini), il  cui  testo
contiene l'art. 11-ter - inserito, appunto, in sede di conversione in
legge  -  il  quale  ha  previsto  la  soppressione  di   una   delle
interpolazioni introdotte nel comma 3 dell'art. 38 del  decreto-legge
n. 112 col ricordato art. 40 della legge n. 69 del 2009. 
    Poiche' le sopravvenute modificazioni,  dato  il  loro  carattere
sostanzialmente  marginale,  come  riconosciuto  dalla  stessa  parte
ricorrente, non modificano in modo significativo il quadro normativo,
e certamente non in modo satisfattivo  delle  istanze  della  Regione
ricorrente, e tenuto, altresi', conto del fatto che  la  disposizione
censurata  non  ha  avuto  alcuna  applicazione  nella  sua  versione
originaria, la questione come  proposta  si  intende  trasferita  sul
testo attualmente vigente dell'art. 38, comma 3, del decreto-legge n.
112 del 2008. 
    4.2. -  Cio'  premesso,  questa  Corte  osserva  che  la  materia
nell'ambito della quale e' stata emanata  la  disposizione  censurata
deve essere rinvenuta, non nel coacervo, peraltro  indeterminato,  di
materie afferenti a industria, commercio,  agricoltura,  artigianato,
turismo etc., complessivamente compendiato  dalla  Regione  sotto  la
generica denominazione  di  «attivita'  produttive»,  ma  in  quella,
affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera  r),  della  Costituzione,  del
«coordinamento informativo statistico ed informatico dei  dati  della
amministrazione statale, regionale e locale». 
    Gia' in passato questa Corte ha avuto modo  di  chiarire  che  la
disciplina dello sportello  unico  per  le  attivita'  produttive  e'
fondata «sulla concentrazione  in  una  sola  struttura  [...]  della
responsabilita' dell'unico procedimento  attraverso  cui  i  soggetti
interessati possono ottenere l'insieme dei provvedimenti  abilitativi
necessari per la  realizzazione  di  nuovi  insediamenti  produttivi,
nonche'  sulla  concentrazione  nello   ''sportello   unico''   [...]
dell'accesso a tutte le informazioni da parte dei  medesimi  soggetti
interessati:  cio'  al  fine  di  evitare  che  la  pluralita'  delle
competenze e degli interessi  pubblici  oggetto  di  cura  in  questo
ambito si traduca per  i  cittadini  in  tempi  troppo  lunghi  e  in
difficolta' di rapporti con le amministrazioni» (sentenza n. 376  del
2002). 
    Si tratta di un'esigenza che e' stata  avvertita  anche  in  sede
comunitaria, di talche'  l'art.  6  della  direttiva  2006/123/CE  ha
previsto al paragrafo 1 che «Gli Stati membri provvedono affinche'  i
prestatori possano espletare le procedure e le  formalita'  seguenti,
mediante i punti di contatto denominati sportelli unici: 
        a) tutte le procedure e le formalita'  necessarie  per  poter
svolgere  le  loro  attivita'   di   servizi,   in   particolare   le
dichiarazioni,   notifiche   o   istanze   necessarie   ad   ottenere
l'autorizzazione delle autorita' competenti, ivi comprese le  domande
di inserimento in registri, ruoli, banche dati, o  di  iscrizione  ad
organismi o ordini ovvero associazioni professionali; 
        b) le  domande  di  autorizzazione  necessarie  all'esercizio
delle loro attivita' di servizi». 
    Se e' vero che il paragrafo 2 dello stesso articolo  prevede  che
«L'istituzione degli sportelli unici non pregiudica  la  ripartizione
di funzioni e competenze tra le  autorita'  all'interno  dei  sistemi
nazionali», tuttavia  non  sarebbe  certo  funzionale  alle  previste
esigenze «di semplificare ulteriormente la procedura  amministrativa»
(punto 48 del «considerando») un sistema che unificasse gli sportelli
con riferimento alle attivita' che vengono ad essere  svolte  ma  che
prevedesse una diversita' di procedure a seconda della Regione in cui
quelle attivita' sono effettuate. Ed infatti nel  suddetto  punto  48
del «considerando»  della  direttiva  e'  precisato  che  «Quando  la
competenza spetta a diverse autorita' a livello regionale  o  locale»
possono essere esercitate  funzioni  di  coordinamento.  Si  evocano,
quindi, proprio quelle  attivita'  di  coordinamento  che  il  nostro
ordinamento costituzionale attribuisce, come  competenza  legislativa
esclusiva, allo Stato con la lettera r) del secondo  comma  dell'art.
117 Cost. E' altresi' previsto, sempre nel citato «considerando», che
«Gli sportelli unici sono destinati a svolgere un ruolo importante di
assistenza al prestatore sia come autorita' direttamente competente a
rilasciare i documenti necessari  per  accedere  ad  un'attivita'  di
servizio sia come intermediario tra  il  prestatore  e  le  autorita'
direttamente competenti». 
    Palese e', quindi, la funzione di coordinamento perseguita  dalla
normativa che disciplina compiti  e  funzionamento  dello  «sportello
unico per le imprese», attraverso la istituzione di  un  procedimento
amministrativo uniforme volto a consentire ai  soggetti  in  possesso
dei requisiti di legge la intrapresa della attivita' economica.  Cio'
non solo al  fine  di  garantire,  attraverso  la  uniformita'  e  la
ragionevole snellezza del procedimento, la  maggiore  trasparenza  ed
accessibilita' del mercato, si' da assicurare le migliori  condizioni
di concorrenza, ma anche al fine di dare contenuto al precetto di cui
all'art. 41 della Costituzione, il quale assegna, fra  l'altro,  alla
legge dello Stato il compito di  determinare  i  controlli  opportuni
affinche' la iniziativa economica, anche privata,  sia  coordinata  a
fini sociali. 
    4.3. - La attribuzione allo Stato dell'ambito materiale in cui e'
stata adottata la norma censurata rende chiara la infondatezza  della
censura avente ad  oggetto  la  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione,  posto  che,  stante  l'imputazione   dell'intervento
normativo alla competenza  esclusiva  dello  Stato,  le  esigenze  di
raccordo che quest'ultimo ha ravvisato con le istanze regionali  sono
adeguatamente tutelate gia' attraverso la necessaria acquisizione del
parere della Conferenza unificata. 
    5. - Anche la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
43, comma 1, del decreto-legge  n.  112  del  2008,  convertito,  con
modificazioni, con legge n. 133 del 2008 non e'  fondata  per  quanto
concerne   la   asserita   violazione   del   principio   di    leale
collaborazione, mentre e'  inammissibile  per  cio'  che  attiene  la
violazione, lamentata dalla sola Regione Veneto, del terzo  e  quarto
comma dell'art. 117 della Costituzione. 
    5.1. - Con riferimento specifico a quest'ultima  censura,  rileva
questa Corte che non solo la Regione  Veneto  solleva  il  dubbio  di
costituzionalita'  evocando,  in  un   rapporto   di   alternativita'
irrisolta,  i  citati   due   commi   della   suddetta   disposizione
costituzionale, senza chiarire se, nella sua prospettazione, la norma
censurata  sia  riferibile  ad   ambiti   di   competenza   regionale
concorrente oppure residuale,  ma  anche  omette  di  indicare  quale
sarebbe,  a  suo  avviso,  l'ambito  di  competenza  regionale  (vuoi
residuale, vuoi concorrente) invaso dalla normativa statale. Siffatta
vaghezza argomentativa, rendendo incerti i  termini  della  doglianza
regionale, cagiona la inammissibilita', sotto il  descritto  profilo,
della questione. 
    5.2. - Riguardo, invece, alla violazione del principio  di  leale
collaborazione - consistente, secondo l'avviso di ambedue le  Regioni
ricorrenti, nel fatto che la norma impugnata preveda che la  adozione
del decreto ministeriale col quale sono fissati criteri, modalita'  e
condizioni per la concessione di agevolazioni finanziarie a  sostegno
degli  investimenti  aventi  lo  scopo  di  rafforzare  la  struttura
produttiva  del  Paese,  con  particolare   riferimento   alle   aree
svantaggiate del  Mezzogiorno  d'Italia,  sia  preceduta  dalla  sola
acquisizione del parere della Conferenza Stato-regioni  e  non  dalla
previa intesa - questa Corte osserva che la doglianza  regionale  non
e' giustificata, posto che,  anche  in  questo  caso,  la  competenza
legislativa,  nell'esercizio  della  quale  e'   stata   emanata   la
disposizione censurata, risulta essere esclusivamente statale. 
    Siffatta disposizione e', infatti, riconducibile all'utilizzo  di
«strumenti che, in definitiva, esprimono  un  carattere  unitario  e,
interpretati  gli  uni  per  mezzo  degli  altri,   risultano   tutti
finalizzati ad equilibrare il volume di risorse finanziarie  inserite
nel circuito economico» (sentenza  n.  14  del  2004).  Va,  infatti,
osservato che la particolare destinazione  dei  benefici  di  cui  al
decreto ministeriale in discorso alle  aree  del  Mezzogiorno,  rende
palese la finalita' dell'intervento come volto «a ridurre  squilibri,
a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o  ad
instaurare assetti concorrenziali» (sentenza n.  175  del  2005),  di
talche' esso puo', a giusta ragione,  essere  inquadrato  nell'ambito
delle azioni positive volte a rimuovere  gli  squilibri  economici  e
sociali, di cui all'art. 119, quinto comma, della Costituzione. 
    Siffatto inquadramento esclude che  possa  ritenersi  violato  il
principio della leale collaborazione la' dove la disposizione statale
prevede che il coinvolgimento delle istanze regionali che essa stessa
ravvisa - istanze peraltro richiamate  anche  in  sede  di  materiale
redazione del decreto ministeriale in questione, dato che si  afferma
che questo deve stabilire le modalita' di cooperazione con le Regioni
e gli altri enti locali interessati nella gestione  degli  interventi
finanziari considerati  dalla  norma  -  si  realizzi  a  livello  di
acquisizione di parere e non di intesa. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi e riservata a separate  pronunce  la  decisione
sulle questioni sollevate relativamente  ad  altre  disposizioni  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dai
ricorsi in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 38, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito,
con  modificazioni,  dalla  legge  n.  133  del  2008,  e  successive
modificazioni, sollevata,  con  riferimento  al  principio  di  leale
collaborazione,  dalla  Regione  Emilia-Romagna  con  il  ricorso  in
epigrafe (ric. n. 69 del 2008); 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 43, comma 1, del decreto-legge  n.  112  del
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  133  del  2008,
sollevata, con riferimento all'art. 117, terzo e quarto comma,  della
Costituzione, dalla Regione Veneto con il ricorso in  epigrafe  (ric.
n. 70 del 2008); 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 43, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito,
con modificazioni, dalla  legge  n.  133  del  2008,  sollevata,  con
riferimento al  principio  di  leale  collaborazione,  dalla  Regione
Emilia-Romagna e dalla Regione Veneto con i ricorsi in epigrafe (ric.
n. 69 del 2008 e n. 70 del 2008). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                      Il redattore: Napolitano 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 21 gennaio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola