N. 29 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 ottobre 2009

Ordinanza . 
 
Elezioni - Elezioni  dei  membri  del  Parlamento  europeo  spettanti
  all'Italia - Sistema elettorale  -  Attribuzione  alla  lista,  sia
  singola sia formata da liste collegate, nelle varie circoscrizioni,
  di tanti seggi quante volte il rispettivo quoziente  elettorale  di
  lista risulti contenuto  nella  cifra  elettorale  circoscrizionale
  della lista - Previsione  che  i  seggi  che  rimangono  ancora  da
  attribuire siano assegnati, rispettivamente,  nelle  circoscrizioni
  per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori  resti  e,  in
  caso di parita' di resti, a quelle circoscrizioni nelle quali si e'
  ottenuta la maggiore cifra elettorale circoscrizionale  -  Rispetto
  del  numero  dei  seggi  preventivamente  attribuito  alle  singole
  circoscrizioni in relazione alla popolazione  residente  -  Mancata
  previsione  -  Contrasto  con  il   principio   di   rappresentanza
  territoriale dei popoli, sancito dal diritto comunitario  (CEDU)  -
  Violazione del principio  di  sovranita'  popolare  -  Lesione  del
  principio di  uguaglianza  per  irragionevolezza  e  ingiustificata
  disparita' di trattamento tra elettori - Violazione  del  principio
  di uguaglianza del voto - Lesione del diritto  di  associazione  in
  partiti dei cittadini e del diritto di elettorato passivo. 
- Legge 24 gennaio 1979, n. 18, art. 21, comma 1,  n.  2,  sostituito
  dall'art. 1, comma 1, della legge 20 febbraio 2009, n. 10. 
- Costituzione, artt. 1, 3, 11, 48, 49, 51 e 97. 
(GU n.7 del 17-2-2010 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 6587 del 2009, proposto da: 
        Nicola Vendola, in proprio e nella sua qualita' di  candidato
di «Sinistra e  Liberta'  -  Federazione  dei  Verdi»  alle  Elezioni
europee del 6 e 7 giugno 2009; 
        Grazia Carla Francescato, in  proprio  e  nella  qualita'  di
portavoce e legale rappresentante della Federazione dei Verdi; 
        Oreste Pastorelli, in proprio  e  nella  qualita'  di  legale
rappresentante dell'Associazione «Sinistra e Liberta'  -  Federazione
dei Verdi»; 
        Marco  Fredda,  in  proprio  e  nella  qualita'   di   legale
rappresentante dell'Associazione «Sinistra e Liberta'  -  Federazione
dei Verdi»; 
        Marco  Lion,  in  proprio  e   nella   qualita'   di   legale
rappresentante dell'Associazione «Sinistra e Liberta'  -  Federazione
dei Verdi», 
    tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Felice Besostri e  Luca
Di Raimondo, con domicilio eletto presso lo  studio  del  secondo  in
Roma, via della Consulta n. 50, 
    Contro Ufficio elettorale nazionale presso la  suprema  Corte  di
cassazione,  Ufficio  elettorale  Centrale   presso   la   Corte   di
cassazione, Ufficio elettorale circoscrizionale della  circoscrizione
I - Italia  Nord  Occidentale,  Ufficio  elettorale  circoscrizionale
della circoscrizione II - Italia Nord Orientale,  Ufficio  elettorale
circoscrizionale della circoscrizione III - Italia Centrale,  Ufficio
elettorale  circoscrizionale  della  circoscrizione   IV   -   Italia
Meridionale, Ufficio elettorale circoscrizionale della circoscrizione
V - Italia Insulare, non costituitisi in giudizio, nei  confronti  di
Giommaria Uggias, costituitosi in giudizio,  rappresentato  e  difeso
dagli avv.ti Silvio Pinna  e  Giorgio  Carta,  con  domicilio  eletto
presso lo studio del secondo in Roma, viale Bruno Buozzi n. 87; 
    Claudio Morganti, non costituitosi in giudizio; 
    Oreste Rossi, non costituitosi in giudizio 
    e con l'intervento di ad opponendum: 
    Sonia Viale, rappresentata e difesa  dagli  avv.ti  Luigi  Manzi,
Pietro Piciocchi e Giampaolo Parodi, con domicilio eletto  presso  lo
studio del primo in Roma, via F. Confalonieri, 5; 
    Lega  Nord  per  L'Indipendenza  della  Padana,  in  persona  del
Segretario legale  rappresentante  p.  t.  Umberto  Bossi,  anche  in
proprio nella qualita' di cittadino elettore, rappresentati e  difesi
dagli avv.ti Luigi Manzi e Chiara  Troubetzkoy  Hahn,  con  domicilio
eletto presso lo studio del primo in Roma, via F. Confalonieri, 5, 
    per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, del verbale
delle operazioni dell'Ufficio elettorale nazionale presso la  suprema
Corte di cassazione per l'elezione dei membri del Parlamento  Europeo
spettanti all'Italia in data 9 luglio 2009, pubblicato nella  GURI  -
Serie Generale n. 158, in data 10  luglio  2009,  con  cui  e'  stato
adottato l'atto di proclamazione degli eletti al  Parlamento  Europeo
in esito alle elezioni svoltesi in data 6  e  7  giugno  2009,  nella
parte in cui non e' stato assegnato un seggio alla lista «Sinistra  e
Liberta' - Federazione dei Verdi»; nonche'  di  ogni  ulteriore  atto
presupposto, connesso e/o consequenziale,  ivi  compresi  il  verbale
dell'Ufficio Elettorale Nazionale del 26  giugno  2009  e  i  verbali
delle operazioni degli Uffici Elettorali delle Circoscrizioni I,  II,
III, IV e V. 
    Visto il ricorso con i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Giommaria Uggias; 
    Visto l'intervento ad opponendum di Sonia Viale; 
    Visto  l'intervento   ad   opponendum   della   Lega   Nord   per
l'Indipendenza della Padania e di Umberto Bossi; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  22  ottobre  2009  il
dott. Francesco Arzillo  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Visto l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge cost. 9
febbraio 1948, n. 1 e succ. mod., nonche' l'art. 23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87 e succ. mod.; 
 
                              F a t t o 
 
    1.  -  Con  il  ricorso  indicato  in   epigrafe,   gli   istanti
rappresentano che in data 1°  aprile  2009,  con  decreto  pubblicato
nella G.U. del 3 aprile  2009,  il  Presidente  della  Repubblica  ha
convocato i comizi per l'elezione dei membri del  Parlamento  Europeo
da svolgersi nei giorni 6 e 7 giugno  2009.  In  precedenza,  con  la
legge 20 febbraio  2009,  n.  10  era  stato  modificato  il  sistema
elettorale vigente per l'elezione dei membri del  Parlamento  europeo
spettanti all'Italia, prevedendosi la ripartizione dei seggi  tra  le
liste che  hanno  superato  lo  sbarramento  del  4  per  cento,  con
l'introduzione nell'art. 21, primo  comma,  della  legge  24  gennaio
1979, n. 18, dopo  il  n.  1,  del  successivo  n.  1-bis  e  con  la
sostituzione del n. 2) dello stesso primo comma. 
    Concluse le votazioni, l'Ufficio elettorale nazionale,  istituito
presso la Corte di cassazione, ha redatto il verbale delle operazioni
individuando le liste  che  hanno  conseguito  una  cifra  elettorale
nazionale pari almeno al 4 per cento dei voti validi  espressi.  Dopo
aver  rilevato  che  il  totale  delle  cifre  elettorali   nazionali
conseguite da tutte le liste e' stato  pari  a  n.  30.623.840  voti,
l'Ufficio ha  attestato  il  4  per  cento  di  tale  cifra,  pari  a
1.224.953,60 corrispondente  a  1.224.954,  con  approssimazione  per
eccesso all'unita'. 
    L'Ufficio elettorale nazionale ha individuato poi, ai  sensi  del
predetto  art.  21,  primo  comma,  n.  1-bis,  le  liste  che  hanno
conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti  validi
espressi, e poi ha proceduto al riparto dei  seggi  tra  le  medesime
liste, applicando la disposizione di cui  al  successivo  n.  2)  del
predetto comma: 
        ha diviso il totale delle cifre  elettorali  nazionali  delle
liste ammesse alla ripartizione dei seggi, pari a 26.572.238, per  il
numero dei seggi da attribuire, pari a  72,  ottenendo  il  quoziente
elettorale  nazionale,  pari  a  369.058   (tralasciando   la   parte
frazionaria); 
        ha diviso poi la cifra elettorale di ciascuna lista per  tale
quoziente, attribuendo ad ogni lista  tanti  seggi  quante  volte  il
quoziente  elettorale  nazionale  risultava  contenuto  nella   cifra
elettorale nazionale di ciascuna lista; 
        i restanti seggi (nella specie due) sono stati assegnati alle
liste per le quali le ultime  divisioni  hanno  dato  maggiori  resti
(Italia dei valori-Lista Di Pietro, che aveva ottenuto  un  resto  di
263.494 e alla Lega Nord, che aveva ottenuto un resto di 173.717). 
    In seguito, l'Ufficio  elettorale  nazionale  ha  provveduto,  ai
sensi del predetto art. 21, primo  comma,  n.  3  alla  distribuzione
nelle singole  circoscrizioni  dei  seggi  attribuiti  alle  predette
liste. A tal fine, l'Ufficio ha anzitutto diviso la cifra  elettorale
nazionale di ciascuna lista per il numero di  seggi  attribuiti  alla
lista stessa, ottenendo cosi' il quoziente elettorale  di  lista.  Ha
poi attribuito a ciascuna lista tanti seggi quante volte il quoziente
elettorale di lista e' risultato  contenuto  nella  cifra  elettorale
circoscrizionale della lista ed ha assegnato i seggi non assegnati ad
ogni lista con  il  metodo  dei  quozienti  interi,  a  favore  delle
circoscrizioni nelle quali la lista ha conseguito il  maggior  numero
di resti. E cosi' l'Ufficio elettorale ha assegnato  il  nono  seggio
spettante alla Lega Nord nella  Circoscrizione  III-Italia  Centrale,
con un resto di 186.988 e ha assegnato il  settimo  seggio  spettante
all'Italia dei Valori-Lista Di Pietro, nella Circoscrizione  V-Italia
Insulare, con un resto di 186.326. 
    Con comunicato del  9  luglio  2009,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale -Serie Generale  n.  158  del  10  luglio  2009,  l'Ufficio
Centrale Nazionale presso la Corte di cassazione ha infine proclamato
gli eletti al Parlamento Europeo. A seguito delle rinunce  e  opzioni
ammesse, nella Circoscrizione III-Italia Centrale per la  Lista  Lega
Nord e' stato proclamato eletto  l'On.  Claudio  Morganti  (con  2710
preferenze), nella Circoscrizione V - Italia Insulare  per  la  Lista
Italia dei Valori-Lista Di Pietro e' stato  proclamato  eletto  l'On.
Giommaria Uggias (con 17.476 preferenze). 
    Ne e' derivato che alla lista «Sinistra e Liberta-Federazione dei
Verdi»,  odierna  ricorrente,  nonche'   alla   lista   «Rifondazione
comunista - Sinistra Europea - Comunisti  italiani»  non  sono  stati
assegnati seggi, pur avendo le stesse  avuto  candidati  maggiormente
votati rispetto a coloro che hanno beneficiato dell'assegnazione  dei
due seggi  residuati  dopo  l'assegnazione  dei  seggi  «a  quoziente
pieno». 
    Pertanto, i ricorrenti hanno impugnato gli atti, meglio  indicati
in  epigrafe,  con   il   ricorso   proposto   a   questo   Tribunale
Amministrativo Regionale, deducendo le seguenti censure: 
        1) violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 22  della
legge n. 18 del 1979, cosi' come modificati dalla legge  20  febbraio
2009, n. 10; eccesso di  potere  per  disparita'  di  trattamento  ed
ingiustizia   manifesta:   in   particolare,   non   sarebbe    stata
correttamente applicata la norma  di  cui  all'ultimo  periodo  della
norma recata dall'art. 21, primo comma, n. 2) della citata  legge  n.
18 del 1979 e succ. mod., il quale prevede che «si considerano  resti
anche le  cifre  elettorali  nazionali  delle  liste  che  non  hanno
raggiunto il quoziente  elettorale  nazionale».  Questa  disposizione
imporrebbe di considerare, nell'assegnazione dei seggi che  rimangono
ancora da attribuire dopo  che  si  e'  divisa  la  cifra  elettorale
nazionale di ciascuna lista per il  quoziente  elettorale  nazionale,
non solo le liste  per  le  quali  le  ultime  divisioni  hanno  dato
maggiori resti, ma anche le cifre elettorali  nazionali  delle  liste
che non hanno  partecipato  all'attribuzione  dei  seggi  non  avendo
raggiunto il quoziente elettorale nazionale: ossia  delle  liste  che
non hanno conseguito sul piano nazionale il  4  per  cento  dei  voti
validi e non hanno dunque partecipato all'assegnazione  dei  seggi  a
coefficiente c.d. pieno. 
    Secondo i ricorrenti l'intenzione del legislatore sarebbe  quella
di prevedere un meccanismo tale da consentire a quelle liste che  non
hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4 per cento un  «diritto
di tribuna», consentendo alle stesse di partecipare  all'assegnazione
dei seggi attribuiti con il meccanismo dei resti. 
    Cio' si evincerebbe in primo  luogo  dal  fatto  che  la  recente
introduzione di tale norma e' contenuta  nel  medesimo  provvedimento
legislativo che ha indicato nel 4% la soglia  per  la  partecipazione
alla ripartizione dei seggi a coefficiente pieno, con la  conseguenza
che  essa  non  puo'  essere  considerata  in  altro  modo  che  come
disposizione di salvaguardia per le liste che  non  abbiano  ottenuto
tale percentuale di voti a livello nazionale. Cio' in coerenza con le
deroghe alla soglia di accesso previste p.es. per le liste che  siano
espressione di minoranze linguistiche o per le liste  coalizzate  che
non abbiano raggiunto la soglia del 2%, come previsto  dall'art.  83,
comma 1, n. 6 del d.P.R. n. 361/1957. 
    D'altra parte, secondo i ricorrenti, la  diversa  interpretazione
adottata dall'Amministrazione, volta a consentire la ripartizione dei
seggi restanti alle sole liste che abbiano raggiunto  la  soglia  del
4%, e' irrealizzabile, in quanto non si e' mai avverata l'ipotesi  in
cui una lista abbia ottenuto un numero di voti sufficiente a superare
detta soglia, ma tale  da  non  consentirne  la  partecipazione  alla
ripartizione dei seggi a coefficiente pieno. 
    Inoltre, il comunicato del Ministero dell'Interno del  24.2.2009,
nell'annunciare l'entrata in vigore del quoziente  elettorale  del  4
per cento, ha segnalato  che  in  virtu'  di  tale  sbarramento  sono
individuate «le liste che  abbiano  conseguito  sul  piano  nazionale
almeno il 4 per cento dei voti validi  espressi»,  ma  pure  che  «si
considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che
non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale». 
    Inoltre, secondo i ricorrenti, la circostanza  per  la  quale  la
norma ammetterebbe al riparto dei seggi residui da attribuire  con  i
resti anche le liste che non hanno raggiunto il 4 per cento dei  voti
validi risulterebbe confermata, «a contrario», dai lavori preparatori
della legge 20 febbraio 2009, n. 10, e in particolare dalla relazione
accompagnatoria all'A.S. n. 1360-A (disegno di legge di  approvazione
delle modifiche alla legge n. 18 del 1979). Secondo detta  relazione,
in assenza dell'ultimo periodo, vi sarebbe  il  rischio  di  ritenere
escluse dall'assegnazione dei  resti  anche  le  liste  che  avessero
superato lo sbarramento, ma che non avessero raggiunto  il  quoziente
elettorale nazionale, che in quel caso sarebbe  superiore  al  4  per
cento: caso, questo, che potrebbe  verificarsi  nell'ipotesi  che  il
numero dei seggi spettanti all'Italia -  non  fissato  per  legge  e,
determinato sulla base di un rinvio alle competenti fonti  europee  -
scendesse al di sotto delle venticinque unita'. 
    Ma in realta', secondo i ricorrenti, il legislatore,  al  momento
dell'approvazione della norma, non puo' non  aver  tenuto  conto  del
numero dei seggi spettanti  all'Italia;  e  anche  del  fatto  che  a
regime, sulla base del Trattato di Lisbona, detto numero sara' pari a
73. 
    Quindi la lettura data dai relatori della  legge  appare  slegata
sia dalla realta' sia dalla lettera della norma. Secondo i ricorrenti
la corretta interpretazione  della  stessa  risulta  dal  significato
proprio delle parole e  dall'intenzione  del  legislatore:  ove  esso
avesse voluto escludere le suddette liste dall'assegnazione dei seggi
restanti con il meccanismo dei maggiori resti, lo avrebbe potuto fare
esplicitamente, non inserendo tale ultimo periodo nella  disposizione
in questione. 
    L'interpretazione accolta dai ricorrenti intende rispondere anche
a principi di ragionevolezza ed equita', nonche'  al  criterio  della
«non ridondanza»,  che  impone  di  evitare  -  fino  ai  limiti  del
possibile -  di  intendere  come  inutili  le  parole  impiegate  dal
legislatore. 
    2)  Violazione  degli  articoli  3,  48,  49,  51  e   97   della
Costituzione: l'introduzione di una soglia di sbarramento del  4  per
cento va  interpretata  nella  logica  del  legislatore  europeo.  In
particolare, la Decisione del Consiglio del 20 settembre 1976 e succ.
mod. n. 76/787/CECA/CEE/EURATOM, prevede all'art. 2  che  «gli  Stati
membri possono costituire circoscrizioni elettorali per  le  elezioni
al Parlamento europeo  o  prevedere  altre  suddivisioni  elettorali,
senza pregiudicare complessivamente il  carattere  proporzionale  del
voto», mentre il successivo  art.  7  stabilisce  che  la  disciplina
nazionale non  deve  «pregiudicare  il  carattere  proporzionale  del
voto». In questo contesto, la previsione derogatoria dell'art.  2-bis
(Art. 1 della decisione 2002/CE/EURATOM) prevede la possibilita', per
gli Stati membri, di prevedere la fissazione di una soglia minima, da
stabilirsi in misura non superiore al 5% dei  suffragi  espressi;  ma
essa ha carattere  eccezionale  ed  e'  di  stretta  interpretazione,
dovendosi favorire la lettura secondo cui i seggi da assegnare con  i
resti vadano attribuiti alle  liste  che  non  abbiano  raggiunto  la
soglia  del  4%,  nell'ipotesi  che  la  loro  cifra  elettorale  sia
superiore ai resti delle  liste  che  hanno  ottenuto  dei  quozienti
elettorali nazionali interi. 
    Del resto, ad avviso dei ricorrenti, l'opposta interpretazione  -
se sondata - porrebbe un problema  di  costituzionalita'  per  omessa
previsione del diritto di tribuna per le formazioni minori. 
    Infatti: 
        a) la tutela  delle  minoranze  linguistiche,  nonche'  della
lista coalizzata che abbia la maggiore cifra elettorale nazionale  ma
non raggiunga la soglia del 2% di  cui  all'art.  83  del  d.P.R.  n.
361/1957, e' volta a  dare  effettivita'  a  specifiche  disposizioni
costituzionali; 
        b) per  non  incorrere  in  un'ingiustificata  disparita'  di
trattamento, occorre dare  pari  tutela  anche  alle  situazioni  che
ridonderebbero in violazione degli art. 49 e 51 Cost.; 
        c) le limitazioni alla partecipazione  dei  partiti  politici
non devono essere arbitrarie e irragionevoli; 
        d) tra l'altro, l'interpretazione  censurata  dai  ricorrenti
puo' condurre anche all'elezione di un rappresentante della lista che
abbia superato la soglia, in una circoscrizione diversa da quella  di
spettanza, con conseguente violazione del  principio  di  eguaglianza
del voto e nel concorso alle cariche elettive. 
    I ricorrenti concludono con la richiesta di annullamento in parte
qua dei provvedimenti impugnati e di proclamazione del candidato  On.
Nicola Vendola, candidato  nella  lista  "Sinistra  e  Liberta'",  in
sostituzione del candidato  On.  Claudio  Morganti,  candidato  nella
lista «Lega Nord» ovvero dell'On. Giommaria Uggias,  candidato  nella
lista «Italia dei Valori - Lista Di Pietro». 
    2.  - Le Amministrazioni  intimate  non  si  sono  costituite  in
giudizio. 
    3. - Si e' costituito in giudizio il controinteressato  Giommaria
Uggias, per resistere al ricorso,  controdeducendo  alle  censure  di
parte ricorrente. 
    In primo luogo, il medesimo ha  eccepito  l'inammissibilita'  del
ricorso per carenza di legittimazione dei ricorrenti, atteso  che  la
lista «Sinistra e liberta'  -  Federazione  dei  Verdi»  non  avrebbe
diritto ad  alcun  seggio,  in  quanto  avrebbe  ottenuto  una  cifra
elettorale nazionale inferiore al quoziente elettorale nazionale  che
era  pari  a  369.058,  non  sussistendo  cosi'  i  presupposti   per
l'applicazione  della  disposizione  invocata.  Lamenta  inoltre   il
controinteressato, nel merito, che la lista non ha  conseguito  il  4
per cento dei voti validi e, pertanto,  sarebbe  stata  correttamente
esclusa dal riparto dei seggi, dato che il relativo  procedimento  di
ripartizione e' unitario e non prevede alcuna  deroga  alla  generale
operativita'  della  soglia  di   sbarramento:   la   parte   avversa
sembrerebbe savrapporre la nozione di quoziente elettorale  nazionale
con la nozione di soglia di sbarramento,  mentre  si  tratterebbe  di
concetti giuridicamente e matematicamente  distinti.  Il  legislatore
elettorale del 2009 non avrebbe inteso riconoscere alcun  diritto  di
tribuna: pur introducendo la  soglia  dello  sbarramento  del  4  per
cento, esso avrebbe mantenuto invariata la norma in  questione  nella
sua formulazione originaria e nella sua funzione di chiusura, secondo
la quale costituiscono «resto» anche i voti delle liste che non hanno
raggiunto  almeno  una  volta  il  quoziente  elettorale   nazionale:
disposizione, questa, di chiara intepretazione testuale  («in  claris
non fit interpretatio»). 
    4. - Hanno  proposto  intervento  «ad  opponendum»  l'avv.  Sonia
Viale, quale elettrice candidata nella Lista Lega Nord alle  predette
elezioni europee, nonche' l'Associazione  politica  denominata  «Lega
Nord per l'Indipendenza della Padania»,  unitamente  all'On.  Umberto
Bossi. Gli intervenienti evidenziano che la situazione in  cui  versa
la lista ricorrente sarebbe completamente diversa da  quella  evocata
dalla norma citata, la quale si riferisce alle liste  che  non  hanno
raggiunto il quoziente elettorale nazionale, sul presupposto che -  a
seguito dell'introduzione dello sbarramento del 4 per  cento  -  esse
abbiano  superato  tale  soglia,  integrando  cosi'   la   condizione
principale  per  l'ammissione  al  riparto  dei   seggi.   La   lista
ricorrente, invece, da un lato ha superato  il  quoziente  elettorale
nazionale (pari a 369.058), dall'altro ha tuttavia ottenuto un numero
di voti inferiore al 4 per cento di quelli validi. Le  argomentazioni
del ricorso introduttivo si reggerebbero su un presupposto  errato  e
su una confusione del concetto  di  quoziente  elettorale  nazionale,
richiamato dalla norma, con quello della clausola di sbarramento  del
4 per cento. Inoltre, precisano gli intervenienti che la disposizione
evocata non sarebbe stata inserita  dal  legislatore  elettorale  del
2009  contestualmente  alla  clausola  di  sbarramento,  ma   risulta
presente fin dall'inizio nella legge n. 18 del 1979. Essa, in seguito
all'introduzione della soglia di sbarramento, presenta una diversa  e
piu'   ridotta   portata.   Infine,   in   merito   ai   profili   di
incostituzionalita'   sollevati,   l'interveniente   evidenzia    che
l'introduzione della clausola di sbarramento non rappresenterebbe una
scelta irragionevole, essendo volta a rafforzare la stabilita'  delle
maggioranze parlamentari e del potere  esecutivo  evitando  eccessive
frammentazioni proprio  nell'ambito  delle  elezioni  del  Parlamento
europeo.  Ne'  i  correttivi  introdotti   nel   sistema   elettorale
inciderebbero  sulla   parita'   di   condizione   di   cittadini   e
sull'uguaglianza del voto, che non si estende al  risultato  concreto
della manifestazione di volonta' dell'elettore, rimessa ai meccanismi
del sistema elettorale determinati dal legislatore. 
    5. - Con la memoria conclusionale i ricorrenti hanno ribadito  le
proprie posizioni insistendo sull'illegittimita' degli atti impugnati
e sulla richiesta di annullamento degli stessi. 
    6. - All'udienza  pubblica  del  22   ottobre   2009,   dopo   la
discussione, la causa e' stata introitata per la decisione. 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. - Il Collegio deve preliminarmente esaminare,  ai  fini  della
decisione,  il  quadro  normativo  che  regola  la  materia,  ponendo
l'attenzione   sulla   prospettata    questione    di    legittimita'
costituzionale avanzata dai ricorrenti, in relazione all'art.21 della
legge n. 18 del 1979, con riferimento agli artt. 3, 48, 49, 51  e  97
della Costituzione. 
    1.1. - Al riguardo, deve  essere  necessariamente  illustrata  la
disciplina  comunitaria.  In  particolare,  occorre   richiamare   la
Decisione del  Consiglio  76/787/CECA/CEE/EURATOM  del  20  settembre
1976, la quale all'art. 189 stabilisce che  "Il  Parlamento  europeo,
composto da rappresentanti  dei  popoli  degli  Stati  riuniti  nella
Comunita', esercita i poteri che gli  sono  attribuiti  dal  presente
Trattato», e all'art. 190 prevede che «I rappresentanti al Parlamento
europeo, dei popoli degli Stati riuniti nella Comunita' sono eletti a
suffragio universale diretto. Il numero dei rappresentanti eletti  in
ogni  Stato  membro  e'  fissato  come  segue:  (.).Il   numero   dei
rappresentanti  eletti  in  ciascuno  Stato  membro  deve   garantire
un'adeguata rappresentanza  dei  popoli  degli  Stati  riuniti  nella
Comunita'». 
    La materia elettorale europea e'  stata  disciplinata  a  livello
nazionale con la legge n. 18 del 1979, la quale  dispone  all'art.  1
che «i membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono eletti
a suffragio universale con voto diretto, libero e segreto  attribuito
a liste di candidati concorrenti. L'assegnazione  dei  seggi  tra  le
liste concorrenti e' effettuata  in  ragione  proporzionale,  con  le
modalita' previste dai successivi articoli 21 e  22»,  e  all'art.  2
prevede che «Le circoscrizioni elettorali ed i loro  capoluoghi  sono
stabiliti nella tabella A (...). Il  complesso  delle  circoscrizioni
elettorali forma il  collegio  unico  nazionale.  L'assegnazione  del
numero dei seggi alle singole circoscrizioni, di cui alla tabella  A,
e'  effettuata,  sulla  base  dei  risultati  dell'ultimo  censimento
generale   della   popolazione,   riportati   dalla   piu'    recente
pubblicazione ufficiale dell'Istituto  centrale  di  statistica,  con
decreto del Presidente della Repubblica,  su  proposta  del  Ministro
dell'interno,  da   emanarsi   contemporaneamente   al   decreto   di
convocazione  dei  comizi.  La  ripartizione  dei  seggi  di  cui  al
precedente comma si effettua dividendo il numero degli abitanti della
Repubblica  per  il  numero  dei  membri   spettante   all'Italia   e
distribuendo  i  seggi  in  proporzione  alla  popolazione  di   ogni
circoscrizione, sulla base dei  quozienti  interi  e  dei  piu'  alti
resti». 
    Il successivo art. 21 della medesima legge prevede il computo dei
voti e il riparto dei seggi secondo il seguente schema,  secondo  cui
l'Ufficio elettorale nazionale, compiuto lo scrutinio: 
        a) riceve gli estratti dei verbali  degli  uffici  elettorali
circoscrizionali costituiti presso le corrispondenti circoscrizioni; 
        b) sulla base di tali atti, procede a  determinare  la  cifra
nazionale di ciascuna lista, ottenuta dalla  somma  dei  voti  validi
conseguiti da ciascuna lista su tutto il territorio nazionale; 
        c) individua  le  liste  che  abbiano  conseguito  sul  piano
nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi; 
        d) procede al riparto dei seggi  tra  le  liste  che  abbiano
superato la soglia del 4 per cento  in  base  alla  cifra  elettorale
nazionale di ciascuna lista; a tal fine si  divide  il  totale  delle
cifre elettorali nazionali delle liste ammesse alla ripartizione  dei
seggi per il numero dei  seggi  da  attribuire,  ottenendo  cosi'  il
quoziente  elettorale  nazionale;  il   quoziente   nazionale   cosi'
ottenuto, di cui si tralascia l'eventuale parte frazionaria,  indica,
in buona sostanza, il numero  dei  voti  necessari  per  ottenere  un
seggio; 
        f) infine, per conoscere il numero dei seggi da  assegnare  a
ciascuna lista, provvede a dividere la cifra elettorale nazionale  di
ciascuna lista (cioe' la suddetta somma dei  voti  ottenuti  da  ogni
lista) per tale quoziente elettorale nazionale; 
        g) attribuisce, quindi, ad  ogni  lista  tanti  seggi  quante
volte il quoziente elettorale nazionale risulti contenuto nella cifra
elettorale di ciascuna lista  (assegnazione  dei  seggi  a  quoziente
intero); 
        h)  i  seggi  che  rimangono  ancora   da   attribuire   sono
rispettivamente assegnati alle liste per le quali le ultime divisioni
hanno dato maggiori resti e, in caso di parita' di  resti,  a  quelle
liste che hanno avuto  la  maggiore  cifra  elettorale  nazionale;  a
parita' di cifra elettorale nazionale si procede  per  sorteggio;  si
considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che
non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale. 
    Dopo aver determinato, a livello nazionale, il numero  dei  seggi
spettanti a ciascuna lista, si procede alla distribuzione  successiva
nelle singole circoscrizioni. A tal fine: 
        si divide la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per
il totale dei seggi ad essa gia' attribuiti,  determinando  cosi'  il
quoziente elettorale di lista; 
        si dividono i voti  ottenuti  da  ogni  lista  nella  singola
circoscrizione (cifra elettorale circoscrizionale) per  il  quoziente
elettorale di lista. In tal modo si assegnano  i  seggi  a  quoziente
intero; i seggi che eventualmente rimangono ancora da attribuire sono
assegnati alle circoscrizioni per le quali le divisioni hanno dato  i
maggiori resti e, nel caso di parita' di questi ultimi, si prende  in
considerazione la circoscrizione con il piu' alto numero di voti;  si
ricorre al sorteggio nell'ipotesi di ulteriore parita'; 
        se in una circoscrizione ad una lista spettano piu' seggi  di
quanti siano i suoi componenti, risultano eletti  tutti  i  candidati
della lista e si procede ad un nuovo riparto dei seggi per  tutte  le
altre circoscrizioni  sulla  base  del  secondo  quoziente  di  lista
ottenuto dividendo i voti di lista nelle circoscrizioni per il numero
dei seggi che sono rimasti da assegnare. 
    Il predetto art. 21 ha subito delle modificazioni e  integrazioni
per effetto della legge 20 febbraio 2009, n. 10, che ha  aggiunto  il
numero 1-bis al primo comma, stabilendo una soglia di sbarramento non
superiore al 4 per cento dei  suffragi  espressi  per  le  liste  che
partecipano al voto (alla luce di quanto consentito  dalla  Decisione
2002/772/CE, EURATOM del 25 giugno 2002). 
    L'applicazione di siffatto meccanismo  derogatorio  va  unito  al
criterio  della  proporzionalita'  che  contraddistingue  il  sistema
elettorale  del  Parlamento  europeo,  o  meglio  al  criterio  della
«proporzionalita' degressiva», in base al quale il  rapporto  tra  la
popolazione e il numero  di  seggi  di  ciascuno  Stato  membro  deve
variare in funzione della rispettiva popolazione, in modo che ciascun
deputato di uno Stato membro piu' popolato rappresenti piu' cittadini
rispetto al rappresentante eletto in uno Stato membro meno popolato e
viceversa  (principio  ribadito  da  ultimo  anche  nell'art.  9  del
Trattato di Lisbona). 
    Nella  specie,  i  ricorrenti  non  censurano   la   scelta   del
legislatore riguardo all'introduzione, nel  sistema  di  attribuzione
dei seggi, della soglia di sbarramento: sistema consentito, come gia'
visto, dalla stessa Decisione n. 772/2002. Piuttosto, essi  censurano
il fatto che i voti raccolti dalle liste che non superano  il  4  per
cento non concorrano all'assegnazione dei seggi con il meccanismo dei
resti. 
    Nel verbale  delle  operazioni  del  26  giugno  2009,  l'Ufficio
elettorale nazionale ha  replicato  alle  osservazioni  avanzate  dai
candidati esclusi che hanno contestato l'antinomia  tra  l'art.  2  e
l'art. 21 della legge n. 18 del 1979 sul meccanismo del  riparto  dei
seggi,  precisando  che  l'assegnazione  dei  seggi  alle  liste   e'
un'operazione la quale presuppone che vi siano dei voti da  ripartire
in seggi, e che pertanto  avviene  dopo  aver  individuato  la  cifra
elettorale nazionale superiore al 4 per cento con successivo  travaso
a livello circoscrizionale sulla base dei voti conseguiti. 
    I  ricorrenti  contestano  il  mancato  rispetto  del   carattere
proporzionale del voto e la necessita' di rendere operativo  l'ultimo
periodo del n. 2 del primo comma dell'art. 21 in esame, il quale, pur
essendo stato  confermato  anche  a  seguito  della  novella  di  cui
all'art. l della legge n. 10 del 2009,  non  sarebbe  stato  tuttavia
applicato dall'Ufficio elettorale. 
    Secondo   i    ricorrenti,    pertanto,    sarebbe    illegittima
l'applicazione della norma fatta dall'Ufficio elettorale, secondo cui
«i resti prodotti dai quozienti di lista  possono  essere  utilizzati
coerentemente per confrontare le ''performances'' della stessa  lista
nelle diverse circoscrizioni, ma  risultano  inutilizzabili,  per  la
loro disomogeneita', per il confronto dei risultati conseguiti  nelle
diverse liste nella stessa  circoscrizione».  Al  contrario,  secondo
parte ricorrente, il rispetto del carattere  proporzionale  del  voto
porterebbe a ritenere che nell'assegnazione dei seggi, da  attribuire
dopo che si e' divisa la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista
per il quoziente elettorale  nazionale,  andrebbero  considerate  non
solo le liste per le  quali  le  ultime  divisioni  abbiano  ottenuto
maggiori resti, ma anche le cifre elettorali  nazionali  delle  liste
che non abbiano partecipato all'attribuzione dei  seggi,  non  avendo
raggiunto il quoziente elettorale  nazionale  a  motivo  del  mancato
conseguimento sul piano nazionale di almeno il 4 per cento  dei  voti
validi. 
    Il risultato elettorale derivato, al contrario, dall'applicazione
dell'art. 21 della citata legge n. 18 del 1979 ad opera  dell'Ufficio
elettorale ha fatto si che i ricorrenti abbiano ottenuto un numero di
voti superiore, in termini di resti, rispetto a quelli ottenuti dalla
Lega Nord e dalla IDV, senza che agli  stessi  sia  stato  attribuito
alcun seggio. 
    Conseguenza di cio' e' che i voti delle liste escluse per effetto
dello sbarramento, espressi  da  cittadini  elettori  della  UE,  non
appaiono aver avuto alcun peso  nella  competizione  elettorale,  con
pregiudizio   del   principio    di    rappresentanza    parlamentare
(territoriale e politica).  Tale  effetto  distorsivo,  a  detta  dei
ricorrenti, non puo' essere considerato  una  necessaria  conseguenza
del criterio della proporzionalita' decrescente, bensi' della  scelta
legislativa  adottata  da  ultimo  con  la  modifica  dell'art.   21.
L'introduzione della soglia di sbarramento, seppur  consentita  dalla
decisione del Consiglio del 1976, e non  contestata  dai  ricorrenti,
andrebbe tuttavia interpretata, relativamente alle sue  modalita'  di
attuazione - e soprattutto  qualora  vi  sia  la  combinazione  della
suddivisione  in  circoscrizioni  -  nel  senso  di  non  svilire  il
principio di proporzionalita'  e  di  consentire  che  il  Parlamento
europeo, risultante a  seguito  delle  elezioni  svolte  negli  Stati
membri, sia composto «di rappresentanti dei cittadini dell'Unione». 
    2.  -   Nel  merito,  assume  rilievo,  in  via  preliminare,  la
verifica della possibilita' di attribuire al primo comma, n.  2,  del
citato art. 21  il  significato  invocato  dai  ricorrenti,  ai  fini
dell'eventuale accoglimento del ricorso. 
    2.1. - In particolare, secondo i ricorrenti, come  si  e'  detto,
l'Ufficio elettorale nazionale, nel  procedere  all'assegnazione  dei
seggi, avrebbe applicato in maniera erronea e illegittima il disposto
dell'art. 21, primo comma, n. 2) della legge n.  18  del  1979,  come
modificata dalla legge 20 febbraio  2009,  n.  10,  secondo  cui  «si
considerano resti e anche le cifre elettorali nazionali  delle  liste
che non  hanno  raggiunto  il  quoziente  elettorale  nazionale».  La
corretta applicazione di questa disposizione avrebbe  dovuto  portare
all'attribuzione di un  seggio  a  ciascuna  delle  liste  denominate
«Partito della Rifondazione  Comunista-Sinistra  Europea-Partito  dei
Comunisti Italiani» (nella Circoscrizione II  -  Italia  Centrale)  e
«Sinistra e Liberta-Federazione dei Verdi» (nella Circoscrizione  IV-
Italia Meridionale). Cio' in quanto dell'assegnazione dei  seggi  che
rimangono ancora da attribuire,  dopo  che  si  e'  divisa  la  cifra
elettorale nazionale di ciascuna lista per  il  quoziente  elettorale
nazionale, beneficiano non solo le  liste  per  le  quali  le  ultime
divisioni hanno dato maggiori resti, ma anche le liste che non  hanno
partecipato  all'attribuzione  dei  seggi  non  avendo  raggiunto  il
quoziente elettorale nazionale (4 per cento dei voti validi). 
    Secondo i ricorrenti, quindi, il legislatore avrebbe previsto  un
vero e proprio «diritto di tribuna»,  consentendo  anche  alle  liste
escluse dalla soglia di sbarramento di  partecipare  all'assegnazione
dei seggi attribuiti con il meccanismo dei resti. 
    Questa  interpretazione  risulterebbe  confermata  da  molteplici
elementi. In primo luogo, in caso contrario il legislatore si sarebbe
dovuto limitare a non inserire il periodo in esame, che non  potrebbe
avere  altro  significato.  In  particolare,  secondo  i   ricorrenti
andrebbe considerato come del tutto non plausibile  il  tentativo  di
spiegazione «postuma» della norma fornito dai relatori al disegno  di
legge A.S. n. 1360 - A, secondo i quali si sarebbe  trattato  di  una
sorta di norma di chiusura volta a  garantire  il  funzionamento  del
sistema  di  riparto  anche  nel  caso  di  liste  prive  del  quorum
necessario ad ottenere un seggio «pieno» pur avendo  superato  il  4%
dei voti. 
    Infatti - argomentano i ricorrenti - si tratterebbe di un'ipotesi
oggi del tutto teorica, avendo oggi l'Italia ben  72  seggi  fra  cui
ripartire i voti ottenuti dalle molto meno numerose liste in lizza, e
comunque irrealistica anche per il futuro,  in  quanto,  in  base  al
principio comunitario della «rappresentanza degressiva», il numero di
seggi attribuiti all'Italia non potra' in ogni  caso  ragionevolmente
scendere sotto il numero di circa 40, in  relazione  all'esigenza  di
mantenere un corretto rapporto fra tutti  gli  Stati,  anche  i  piu'
piccoli, cui occorrera' comunque attribuire almeno tre seggi (oggi ne
sono  previsti  sei)   per   garantire   il   rispetto   del   metodo
proporzionale. 
    In secondo luogo, la clausola in esame risponderebbe in  realta',
all'esigenza costituzionale di introdurre un correttivo  alla  soglia
di sbarramento, la  quale  altrimenti  vanificherebbe  del  tutto  la
volonta' di  circa  3  milioni  400  mila  elettori  italiani  (cifra
ottenuta sommando tutte le liste sotto al 4%):  cioe'  di  un  numero
rilevantissimo, pari al doppio del totale degli  elettori  di  Malta,
Lussemburgo, Cipro, Estonia e Slovenia, che invece  eleggono  ben  30
europarlamentari. 
    In  terzo  luogo,  secondo  la  prospettazione  dei   ricorrenti,
l'interpretazione in esame  sarebbe  doverosa,  essendo  l'unica  che
consentirebbe di evitare l'illegittimita' costituzionale  dell'intera
forma, con particolare riguardo alla violazione degli art. 3, 48, 49,
51 e 97 della Costituzione. 
    2.2. - In realta', a giudizio del Collegio,  occorre  evitare  di
confondere il concetto di «cifra elettorale  nazionale»  (presupposto
previsto, nel minimo del 4%, per l'ammissione al riparto  dei  seggi)
con  quello  di   «quoziente   elettorale   nazionale»   (frutto   di
un'elaborazione matematica per l'assegnazione in concreto dei seggi). 
    Ne  consegue  che  il  riferimento   della   norma   al   mancato
raggiungimento del quoziente elettorale  nazionale  non  puo'  essere
esteso al mancato raggiungimento del quorum elettorale nazionale  del
4% da parte di una lista: non sembra infatti possibile  assimilare  i
risultati delle liste che in ipotesi non hanno raggiunto un quoziente
elettorale nazionale intero nel meccanismo di ripartizione dei seggi,
da un lato, a quelli delle liste che non  hanno  affatto  partecipato
all'attribuzione dei seggi, in quanto non hanno raggiunto  il  quorum
minimo del 4% dei voti validi espressi, dall'altro. 
    Infatti, secondo l'inequivocabile lettera della legge, si ricorre
ai maggiori resti per l'attribuzione eventuale dei seggi che  non  si
siano potuti assegnare con i quozienti interi, ma  senza  con  questo
poter derogare alla esplicita previsione normativa dello  sbarramento
del 4%: nel senso che partecipano all'assegnazione con i  resti  solo
quei partiti o gruppi che, pur avendo superato  il  4%,  non  abbiano
eventualmente  raggiunto  un  quoziente  elettorale  intero,   ovvero
abbiano i maggiori resti tra i voti  riportati  dai  partiti  ammessi
all'assegnazione dei seggi per aver superato il 4%. 
    La lettura testuale della norma  e'  confermata  dalla  oggettiva
«ratio legis», atteso che la clausola  invocata  dai  ricorrenti  era
gia'   presente   nel   testo   della    legge    elettorale    prima
dell'introduzione della soglia del 4%, ed  e'  ora  stata  mantenuta,
nella complessiva riformulazione dell'articolo interamente novellato,
presumibilmente per le stesse ragioni che a suo tempo portarono  alla
sua introduzione come norma di chiusura  del  sistema  (coerentemente
con il carattere generale e astratto della legge, rivolta in  ipotesi
anche alle possibili - pur se improbabili -  evenienze  del  futuro);
mentre nessun indizio sembra consentire di attribuirle  una  nuova  e
ulteriore  funzione  di  correttivo  degli   effetti   del   previsto
sbarramento, a fronte del chiaro tenore testuale  della  disposizione
che - nel testo ora sostituito - limita  la  ripartizione  dei  seggi
alle liste che abbiano superato la soglia del 4%. 
    2.3. - Conclusivamente, a  giudizio  del  Collegio,  il  disposto
dell'art. 21, primo comma, n. 2) della legge n.  18  del  1979,  come
modificato dalla legge 20 febbraio  2009,  n.  10,  secondo  cui  «si
considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che
non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale»,  in  base  al
suo tenore letterale, alla sua collocazione  sistematica  nell'ambito
dell'art. 21, e alla oggettiva  ratio  della  legge,  non  si  presta
all'applicazione evolutiva auspicata dai ricorrenti, volta a porre un
correttivo  alla  soglia  del  4%  in  conformita'  alla   disciplina
costituzionale  richiamata   dai   medesimi:   di   conseguenza,   la
prospettazione  contenuta  al  riguardo  nel  ricorso   deve   essere
disattesa in applicazione del citato art. 21, che diventa cosi' norma
rilevante ai fini della decisione del giudizio a quo. 
    3.  -  Diviene  allora  necessario  esaminare  le  questioni   di
legittimita'  costituzionale  sollevate  in   via   subordinata   dai
ricorrenti. 
    4. - Un primo possibile profilo di incostituzionalita' riguarda -
in primo luogo e in ordine logico - la previsione dell'art. 21  della
legge n. 18 del  1979  che,  nel  testo  sostituito  dalla  legge  20
febbraio 2009, a 10, al n. 1-bis  del  primo  comma,  stabilisce  una
rigida  soglia  di  sbarramento  pari  al  4%  dei  voti  validi  per
l'ammissione delle liste alla ripartizione dei seggi  e  al  rimborso
delle spese elettorali, impedendo l'accoglimento  della  domanda  dei
ricorrenti. 
    4.1.   -  Il  richiamato  profilo  di  possibile   illegittimita'
costituzionale riguarda - in primo luogo e in via diretta  -  non  la
compatibilita' della  norma  in  esame  con  il  diritto  dell'Unione
europea, bensi' la possibile violazione, da parte della stessa, della
nostra Carta costituzionale, con riguardo  al  procedimento  relativo
allo svolgimento delle operazioni elettorali, la  cui  disciplina  e'
rimessa al diritto  nazionale  alla  stregua  del  noto  criterio  di
sussidiarieta'. 
    4.2. - Il   Collegio   deve   necessariamente    richiamare    le
disposizioni costituzionali e comunitarie rilevanti in questa sede. 
    4.3. - Viene dunque in  primo  luogo  in  rilievo  l'articolo  11
Cost., che secondo la  piu'  autorevole  dottrina  e  la  consolidata
giurisprudenza  della  Consulta   costituisce   la   base   giuridica
dell'adesione dell'Italia all'Unione  europea,  e  secondo  il  quale
«L'Italia (...) consente, in condizioni  di  parita'  con  gli  altri
Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie  ad  un  ordinamento
che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». Lo stesso tenore
letterale della norma richiama alla mente l'art. 1 Cost., secondo cui
«La sovranita' appartiene al popolo, che la esercita  nelle  forme  e
nei limiti della Costituzione», risultandone confermata la necessita'
- comunque rinvenibile dal complessivo sistema giuridico - che  anche
l'esercizio delle procedure nazionali  relative  all'attribuzione  di
profili di sovranita'  all'Unione  europea,  quali  l'elezione  degli
europarlamentari, avvenga in  conformita'  al  principio  democratico
cosi' come disciplinato dalla nostra Costituzione, in modo analogo  a
quanto accade per l'esercizio della  sovranita'  popolare  in  ambito
nazionale mediante le elezioni politiche, partecipando quindi  i  due
momenti (elezioni nazionali e al Parlamento  europeo)  alla  medesima
esigenza di rispetto dei  principi  costituzionali  che  disciplinano
l'esercizio della sovranita' popolare ai sensi dell'art. 1 Cost. 
    4.4. - Peraltro, la  Costituzione  italiana  non  prevede  alcuna
disposizione in materia di sistema  elettorale  strettamente  inteso,
limitandosi a sancire, all'art. 48, che  «Il  voto  e'  personale  ed
eguale, libero e  segreto»  e  a  prescrivere,  all'articolo  56,  il
suffragio universale  e  diretto  per  l'elezione  della  Camera  dei
deputati. 
    Da cio' discende che  «la  determinazione  delle  formule  e  dei
sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con  un
massimo  di  evidenza  la  politicita'  della   scelta   legislativa,
censurabile in sede di  giudizio  di  costituzionalita'  solo  quando
risulti manifestamente irragionevole» (Corte cost., ord. n.  260  del
2002). 
    La Corte costituzionale ha, altresi', precisato che i  correttivi
che possono essere introdotti nell'ambito di  un  sistema  elettorale
"non  incidono  sulla  parita'  di   condizione   dei   cittadini   e
sull'eguaglianza del voto, che non si estende al  risultato  concreto
della manifestazione di volonta' dell'elettore, rimessa ai meccanismi
del sistema elettorale  determinati  dal  legislatore»  (Corte  cost.
sent.  n.  356  del  1998).  In  altri  termini,  «il  principio   di
eguaglianza non si estende al risultato concreto della manifestazione
di volonta' dell'elettore. Risultato che dipende, invece, dal sistema
che il legislatore ordinario, non avendo la Costituzione disposto  al
riguardo, ha adottato per le elezioni politiche ed amministrative, in
relazione  alle   mutevoli   esigenze   che   si   ricollegano   alle
consultazioni elettorali» (Corte cost. sent. n. 43 del 1961). 
    4.5. - Nel caso specifico, inoltre, la  decisione  del  Consiglio
dell'Unione europea del 25 giugno 2002 e  del  23  settembre  2002  -
recante modifiche alla  decisione  del  Consiglio  76/787/CECA,  CEE,
EURATOM (Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nel Parlamento
europeo a suffragio universale e diretto) - ha consentito agli  Stati
membri  di  prevedere  la  fissazione  di  una  soglia   minima   per
l'attribuzione dei seggi, precisando solo che  la  stessa  non  possa
essere fissata a  livello  nazionale  oltre  il  limite  del  5%  dei
suffragi  espressi;  e  molti  Paesi  comunitari   risultano   averla
introdotta. 
    4.6. - Ne consegue che, a giudizio del Collegio, la disciplina di
legge nazionale che ha introdotto una clausola di sbarramento del  4%
- inferiore, quindi, al limite  massimo  consentito  dal  legislatore
comunitario - non puo' solo per questo ritenersi in contrasto con  il
citato  articolo  48  cost.   e   con   le   ulteriori   disposizioni
costituzionali sopra richiamate. 
    Ne discende, sotto tale profilo, la manifesta infondatezza  della
relativa questione di legittimita' costituzionale. 
    5. - Gli ulteriori profili di costituzionalita' della  questione,
su cui si incentra principalmente la prospettazione  dei  ricorrenti,
attengono in buona sostanza al meccanismo che esclude il cd. «diritto
di tribuna», non consentendo anche alle liste escluse dalla soglia di
sbarramento di partecipare all'assegnazione dei seggi attribuiti  con
il meccanismo dei resti. 
    5.1. - Il  Collegio  osserva   al   riguardo   che   proprio   la
giurisprudenza costituzionale richiamata in  precedenza  ha  chiarito
che la determinazione dei sistemi elettorali e' comunque  censurabile
in   sede   di   giudizio   di   costituzionalita'   quando   risulti
«manifestamente irragionevole». La valutazione del Collegio in ordine
alla sollevata questione di legittimita' costituzionale deve, quindi,
estendersi  a  tutti  i  possibili  profili  direttamente   connessi,
concernenti la dedotta manifesta irragionevolezza e ingiustizia della
previsione  normativa  di  cui  al  citato  art.  21  rispetto   alla
dichiarata  finalita'  di  garantire  una  maggiore  razionalita'  ed
efficacia del sistema rafforzando  la  stabilita'  delle  maggioranze
parlamentari e del  potere  esecutivo  e  favorendo  le  aggregazioni
politiche nella sede comunitaria. 
    Il Collegio ritiene che il rispetto del principio  costituzionale
democratico che disciplina l'esercizio della sovranita'  popolare  ai
sensi dell'art. 1 cost. debba essere valutato (cosi' per le  elezioni
nazionali  come  per  quelle  al  Parlamento  europeo)  al  fine   di
verificare la ragionevolezza della  norma  di  legge,  con  esclusivo
riguardo alle specifiche disposizioni costituzionali di riferimento. 
    5.2. - Appare allora necessario partire  dalla  ricognizione  dei
diversi modi di esercizio della  sovranita'  popolare:  innanzitutto,
«tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti
per concorrere con  metodo  democratico  a  determinare  la  politica
nazionale» (art. 49 Cost.);  essi  possono,  inoltre,  partecipare  a
sindacati  (art.  39),  associazioni  e  comitati  (art.  2  e   18),
impegnarsi direttamente nel sociale (alla stregua  del  principio  di
sussidiarieta'  di  cui  all'art.  118),  ed  hanno  il  diritto   di
manifestare il proprio pensiero, informare ed essere informati  (art.
21). Diverso e' il caso, in cui, tramite il voto  (uguale,  libero  e
segreto  ai  sensi  dell'art.  48)  ciascun  componente   del   corpo
elettorale (organo del Popolo) puo'  partecipare  agli  strumenti  di
democrazia  diretta  e  rappresentativa,  poiche'  in  questo   caso,
evidentemente, la disciplina di  legge  ordinaria  (quale  quella  in
esame) deve essere coerente e non contraddittoria rispetto  al  ruolo
attribuito     dall'ordinamento     costituzionale      all'assemblea
rappresentativa che viene in tal modo eletta. 
    5.3. - Per quanto concerne l'ambito  nazionale,  la  Costituzione
delinea uno Stato di diritto caratterizzato da una forma  di  governo
parlamentare, ovvero in cui le Camere sono  elette  direttamente  dal
Popolo e lo rappresentano, e quindi adottano le leggi e accordano  la
fiducia all'Esecutivo, operando secondo le previste maggioranze (art.
64). La duplice conseguenza di questo sistema e'  costituita,  da  un
lato, dalle prerogative d'indipendenza garantite ad «ogni membro  del
Parlamento», poiche' ciascun parlamentare «rappresenta la Nazione  ed
esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato» (art.  67  Cost.);
dall'altro, dalla latitudine dei compiti conferiti, nel rispetto  del
principio della separazione dei Poteri, al Parlamento  e  a  ciascuno
dei parlamentari, mediante il  potere  d'iniziativa  legislativa,  di
proposizione di mozioni, d'inchiesta (art. 82 Cost.  e  di  sindacato
ispettivo   (mozioni,   interrogazioni,   interpellanze...).   Questi
elementi sfuggono al principio maggioritario e valorizzano invece  la
funzione autonomamente  e  personalmente  svolta  da  parte  di  ogni
rappresentante democraticamente eletto alle Camere. 
    5.4. - Per il Parlamento europeo, fermo restando quanto osservato
circa la necessaria conformita' delle norme nazionali  di  disciplina
delle elezioni europee al principio  democratico  disciplinato  dalla
nostra Costituzione, valgono analoghe considerazioni, atteso che:  ai
sensi dell'art. 9 A del Trattato europeo tale organo esercita,  oltre
alle  funzioni  legislativa  e   di   bilancio   (congiuntamente   al
Consiglio), anche le funzioni di controllo politico e consultive alle
condizioni stabilite dai Trattati; 
        le sopra richiamate Decisioni del Consiglio del  1976  e  del
2002 hanno imposto l'adozione di un sistema elettorale proporzionale,
consentendo  la  ripartizione  nazionale  in  circoscrizioni  purche'
«senza pregiudicare complessivamente il carattere  proporzionale  del
voto». 
    5.5. - Da  quanto  finora  osservato  discende,  a  giudizio  del
Collegio, la possibile illegittimita' costituzionale di ogni norma di
legge elettorale che pregiudichi  la  garanzia  di  indipendenza  dei
parlamentari nella rappresentanza  della  Nazione  senza  vincoli  di
mandato e che, quindi, offuschi nei loro confronti  il  principio  di
responsabilita' diretta e personale di  ogni  soggetto  investito  di
pubbliche funzioni.  Principio  che  costituisce  invece  il  cardine
fondante di ogni moderna democrazia liberale, sia  al  momento  della
presentazione  delle  candidature,  sia  (come  nel  caso  in  esame)
interrompendo il «filo» democratico  che,  secondo  la  Costituzione,
lega i seguenti momenti: 
        la  possibilita'  per  ciascun  cittadino  di  concorrere   a
determinare la politica nazionale associandosi in un partito politico
(art. 49 Cost.); 
        il diritto di ciascun  componente  del  corpo  elettorale  di
concorrere direttamente (mediante il proprio voto  uguale,  libero  e
segreto ai sensi dell'art. 48) all'elezione dei Parlamentari; 
        il potere di ciascun Parlamentare, in  tal  modo  eletto,  di
rappresentare la Nazione ed esercitare le sue funzioni senza  vincolo
di mandato (ai sensi dell'art. 67 Cost.); 
        il conseguente esercizio, da parte di  ciascun  parlamentare,
dei propri poteri d'iniziativa legislativa, d'indirizzo politico e di
sindacato ispettivo previsti dalla Costituzione, i quali sfuggono  al
principio  maggioritario  e  postulano,   viceversa,   una   adeguata
«rappresentanza politica» dell'intera «Nazione» (e non  solo  di  una
piu'   o   meno   ampia    cerchia,    politica,    territoriale    o
economico-professionale, di elettori). 
    Resta con cio' preclusa, secondo  la  ricostruzione  del  vigente
ordinamento  costituzionale  operata  dal  Collegio,   la   legittima
introduzione di clausole maggioritarie o di sbarramento, come  quella
in esame, le quali non si limitino a conformare i  risultati  pratici
della  competizione  elettorale   secondo   i   previsti   meccanismi
elettorali (cosi' come espressamente consentito dalla  giurisprudenza
costituzionale), ma che, al contrario, pongano piu' radicalmente  nel
nulla la volonta' popolare  di  una  piu'  o  meno  ampia  platea  di
elettori, che viene in  tal  modo  privata,  di  fatto,  del  proprio
diritto di concorrere alla politica nazionale (in questo caso  svolta
in ambito comunitario mediante gli europarlamentari italiani); e cio'
in modo non ragionevole e non  proporzionato  rispetto  al  superiore
interesse a un piu' efficace funzionamento del sistema democratico. 
    5.6. - Sotto il profilo da ultimo considerato, appare quindi  non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale,
per manifesta irragionevolezza  e  ingiustizia,  dell'art.  21  della
legge n. 18 del 1979, come sostituito dalla legge 20  febbraio  2009,
n. 10, in quanto la novella legislativa del 2009, pur  mantenendo  la
suddivisione del territorio nazionale in piu'  collegi  territoriali,
richiede il raggiungimento da parte di ciascuna lista  di  un  rigido
quorum minimo  complessivo  nazionale,  per  poi  ripartire  i  seggi
nuovamente su  base  territoriale,  pero'  in  relazione  alla  cifra
elettorale nazionale dei soli partiti che hanno superato la soglia di
sbarramento. Questi ultimi cosi' si vedono  attribuire,  in  sede  di
computo  dei  resti  eccedenti  il  quorum  elettorale  intero,   con
riferimento    a    ciascun    collegio    territoriale,    ulteriori
europarlamentari  (nella  fattispecie,  due)  sulla  base  di   cifre
elettorali irragionevolmente ben piu' modeste  (nel  caso  specifico,
circa 263 mila voti complessivi per Italia dei Valori e 173 mila  per
Lega Nord) rispetto a quelle riportate  dalle  liste  che  non  hanno
raggiunto la soglia di sbarramento del 4% e che vengono escluse  rida
norma  in  esame  anche  dal  predetto  riparto  dei   resti   (nella
fattispecie circa 960 mila voti per Sinistra e Liberta').  Si  creano
in tal modo evidenti alterazioni dell'iniziale ripartizione dei seggi
fra i previsti collegi territoriali e, per quanto interessa in questa
sede, si lascia irragionevolmente priva di ogni rappresentanza  e  di
ogni altro effetto la volonta' politica espressa  da  molti  elettori
(circa 3 milioni e 400 mila, sommando tutte le liste  sotto  al  4%),
premiando, in sede di riparto dei resti, quorum molto piu' bassi,  in
modo  non  congruo  e,  comunque,  non  proporzionato  rispetto  alle
finalita' di razionalizzazione del sistema  politico  perseguite  con
l'introduzione di una soglia di sbarramento. 
    6. - Conclusivamente, il citato art. 21 della legge n. 18/  1979,
nel testo  vigente,  stabilisce  una  rigida  soglia  di  sbarramento
nazionale,  estesa  alla  ripartizione  (prevista  invece   su   base
territoriale) dei resti eccedenti i  quorum  elettorali  «interi»,  e
cosi' nega la sussistenza  del  c.d.  «diritto  di  tribuna»  di  una
consistente  parte  dell'elettorato,  ai  fini  dell'esercizio  degli
indicati poteri di iniziativa,  indirizzo  e  controllo  sull'operato
dell'Esecutivo, in rappresentanza della Nazione, da parte dei singoli
parlamentari in tal modo eletti. Occorre, altresi',  evidenziare  che
un ulteriore possibile profilo di  irragionevolezza  della  norma  in
esame e' costituito dal denegato  accesso  al  rimborso  delle  spese
effettuate dai partiti che hanno partecipato con proprie  liste  alla
competizione elettorale, ma che non hanno  raggiunto  il  quorum,  in
quanto  cio'  appare  suscettibile  di  determinare   una   possibile
disparita' di trattamento fra i diversi attori politici operanti alla
stregua del citato art. 49 della Costituzione. 
    Relativamente agli effetti descritti, lo stesso art. 21 palesa, a
giudizio del  Collegio,  un  possibile  profilo  di  irragionevolezza
manifesta, in quanto le illustrate ulteriori conseguenze della  norma
potrebbero ritenersi non giustificate dalle dichiarate  finalita'  di
rafforzamento della stabilita' delle maggioranze parlamentari  e  del
potere esecutivo in favore di piu' ampie aggregazioni politiche nella
sede comunitaria, atteso che tali esigenze  vengono  gia'  assicurate
dalla generale  esclusione  delle  liste  minori  dal  meccanismo  di
ripartizione dei seggi fra le liste che hanno superato lo sbarramento
del 4%,  palesando  una  possibile  e  non  manifestamente  infondata
questione di costituzionalita' della norma di legge in esame sotto il
profilo  di  eccesso  o  sviamento  di  potere  del  legislatore   in
violazione degli art. 1, 3, 48, 49, 51 e 97 della Costituzione. 
    7. - Inoltre, per le medesime considerazioni sopra  svolte,  deve
essere altresi' valutata la possibile violazione dell'art.  11  cost.
sotto il diverso profilo della compatibilita' del citato art. 21  con
l'art. 8 A del Trattato, secondo cui «il funzionamento dell'Unione si
fonda  sulla  democrazia  rappresentativa»  (paragrafo  1)  e   «ogni
cittadino  ha  diritto   di   partecipare   alla   vita   democratica
dell'Unione» (paragrafo 3):  disposizioni  recepite  dall'ordinamento
italiano  ai  sensi  dello  stesso  art.  11  cost.  e  ulteriormente
specificate dalla decisione del Consiglio dell'Unione europea del  25
giugno 2002 e del 23 settembre 2002 recante modifiche alla  decisione
del Consiglio 76/787/CECA, CEE,  EURATOM,  che  impone  il  «rispetto
complessivo del carattere proporzionale del voto». Si puo', pertanto,
seriamente  dubitare  che,  una  norma  di  legge  nazionale  che  ha
consentito di nominare  due  europarlamentari  sulla  base  di  resti
elettorali complessivamente  di  poco  superiori  a  400  mila  voti,
lasciando senza alcuna rappresentanza politica i circa due milioni di
elettori delle due principali liste rimaste sotto alla soglia del 4%,
possa corrispondere al predetto criterio. 
    8. - Infine, deve essere altresi'  valutata  oltre  la  possibile
violazione  dell'art.  11  cost.  sotto  il  diverso  profilo   della
compatibilita' del citato art. 21 anche con quei principi che trovano
conferma nel cd. «acquis communautaire» di cui sono  espressione  gli
artt. 10, 11, 39 e 40 della CEDU - i  quali  non  possono  non  porsi
anche a fondamento della necessita' di rappresentanza degli  elettori
comunitari nel Parlamento europeo. Tali articoli  della  Convenzione,
sanciscono, infatti, il diritto di ciascun individuo  di  manifestare
le proprie convinzioni e di godere dell'elettorato attivo  e  passivo
per il Parlamento europeo: diritto  strettamente  connesso  a  quelli
tutelati dagli articoli che nella Carta costituzionale  affermano  la
regola  democratica  secondo  il  principio  di  eguaglianza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione. 
    9. - In conclusione, la questione di costituzionalita'  dell'art.
21, primo comma, n. 2, della legge n.  18/1979,  nel  testo  vigente,
viene dal Collegio ritenuta rilevante e non manifestamente infondata,
in quanto la predetta norma, nel prevedere  la  soglia  nazionale  di
sbarramento  nell'ambito  di  un  sistema   che   gia'   disciplinava
l'attribuzione dei seggi su base  circoscrizionale,  senza  stabilire
alcun correttivo, anche in sede di  ripartizione  dei  «resti»,  osta
all'accoglimento da parte  di  questo  Tribunale  della  domanda  dei
ricorrenti di  partecipare  con  i  propri  voti  (superiori  a  tali
«resti») a detta ripartizione (c.d. diritto di  tribuna)  e  comporta
un'irragionevolezza   e   non   proporzionalita'   della   previsione
legislativa rispetto alle perseguite finalita' di maggiore  efficacia
del sistema politico democratico, nonche' la violazione del  circuito
democratico che, secondo gli articoli 1, 3, 48, 49,  51  e  97  della
Costituzione, deve assicurare la partecipazione attiva dei  cittadini
alla vita politica  nazionale  nonche'  a  quella  delle  Istituzioni
comunitarie, alla stregua del richiamo  operato  dall'art.  11  della
Costituzione. 
    10. - Per le ragioni fin qui esposte, a giudizio del Collegio, la
delineata questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  21,
primo comma, n. 2, della legge 24 gennaio 1979, n. 18 e succ. mod.  e
integr. con riferimento agli art. 1, 3, 11,  48,49,  51  e  97  della
Costituzione  e'  rilevante  ai  fini   del   decidere   e   non   e'
manifestamente infondata. 
    Pertanto, essa va sottoposta al vaglio della Corte costituzionale
nei termini che precedono. 
    Deve  conseguentemente  disporsi  la  sospensione  del   presente
giudizio  con  l'immediata  trasmissione  degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Deve ordinarsi, altresi',  che  a  cura  della  Segreteria  della
sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri   nonche'   comunicata   ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Rimane riservata alla decisione definitiva  ogni  statuizione  in
rito, in merito e in ordine alle spese. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Non  definitivamente  pronunciando  sul   ricorso   indicato   in
epigrafe: 
        a) dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21 della legge  24
gennaio 1979, n. 18 per  la  parte  e  per  i  profili  precisati  in
motivazione, con riferimento agli articoli 1, 3, 11, 48, 49, 51 e  97
della Costituzione; 
        b) dispone la sospensione del presente giudizio; 
        c) ordina l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale; 
    d) ordina che a cura della Segreteria della sezione  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della camera
dei deputati e del Senato della Repubblica; 
        e)  riserva  alla   decisione   definitiva   ogni   ulteriore
statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese di giudizio. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera di  consiglio  del  giorno  22
ottobre 2009. 
 
                       Il Presidente: Pugliese 
 
 
                                                 L'estensore: Arzillo