N. 52 SENTENZA 10 - 18 febbraio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ricorsi delle Regioni Piemonte ed Emilia-Romagna  -  Impugnazione  di
  numerose disposizioni del decreto-legge 25  giugno  2008,  n.  112,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133  -
  Trattazione delle sole questioni riguardanti l'art. 62 -  Decisione
  sulle altre disposizioni impugnate riservata a separate pronunce. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 62. 
- Costituzione, artt. 5, 23, 70, 77, 97, 117, 118, 119 e 120. 
Bilancio   e   contabilita'   pubblica   -   Misure   per   contenere
  l'indebitamento  -  Disciplina  dei  contratti   di   finanziamento
  mediante  strumenti  finanziari  derivati  stipulati  da   Regioni,
  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano   ed   enti   locali
  territoriali - Ricorso della Regione Veneto - Rinuncia  al  ricorso
  non seguita da rituale accettazione della controparte -  Cessazione
  della materia del contendere. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 62, commi 01, 1, 2 e 3. 
- Costituzione, artt. 5, 97, 117, 118, 119 e 120. 
Bilancio   e   contabilita'   pubblica   -   Misure   per   contenere
  l'indebitamento  -  Disciplina  dei  contratti   di   finanziamento
  mediante  strumenti  finanziari  derivati  stipulati  da   Regioni,
  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano   ed   enti   locali
  territoriali  -  Ricorso  della   Regione   Calabria   -   Asserita
  insussistenza delle ragioni di straordinarieta' ed urgenza idonee a
  giustificare  il  ricorso  al  decreto-legge  -  Esclusione  -  Non
  fondatezza della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 62, commi 01, 1 e 2. 
- Costituzione, artt. 70 e 77. 
Bilancio   e   contabilita'   pubblica   -   Misure   per   contenere
  l'indebitamento  -  Disciplina  dei  contratti   di   finanziamento
  mediante  strumenti  finanziari  derivati  stipulati  da   Regioni,
  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano   ed   enti   locali
  territoriali - Qualificazione  delle  disposizioni  quali  principi
  fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica -  Ricorso
  della Regione Calabria  -  Asserita  violazione  delle  prerogative
  costituzionali della  Regione  -  Clausola  priva  di  reale  forza
  precettiva - Inammissibilita' della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto  2008,  n.  133),  art.  62,  comma  01,  nel  testo
  originario;  d.l.  25  giugno  2008,  n.   112   (convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), art.  62,  comma
  1, come sostituito dall'art. 3 della legge  22  dicembre  2008,  n.
  203. 
- Costituzione, artt. 117, 118 e 119. 
Bilancio   e   contabilita'   pubblica   -   Misure   per   contenere
  l'indebitamento  -  Disciplina  dei  contratti   di   finanziamento
  mediante  strumenti  finanziari  derivati  stipulati  da   Regioni,
  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano   ed   enti   locali
  territoriali - Ricorso della Regione Calabria - Asserita violazione
  degli artt. 23 e 97 Cost. - Censure non ridondanti in  lesione  del
  riparto di competenze tra Stato e Regioni - Inammissibilita'  delle
  questioni. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 62,  commi  1  e  2,  nel  testo
  originario;  d.l.  25  giugno  2008,  n.   112   (convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 62, commi 3
  e 6, come sostituito dall'art. 3 della legge 22 dicembre  2008,  n.
  203. 
- Costituzione, artt. 23 e 97. 
Bilancio   e   contabilita'   pubblica   -   Misure   per   contenere
  l'indebitamento  -  Disciplina  dei  contratti   di   finanziamento
  mediante  strumenti  finanziari  derivati  stipulati  da   Regioni,
  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano   ed   enti   locali
  territoriali - Ricorso della Regione Calabria - Asserita violazione
  dell'art.   118   Cost.   -   Genericita'   delle    doglianze    -
  Inammissibilita' della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 62,  commi  1  e  2,  nel  testo
  originario;  d.l.  25  giugno  2008,  n.   112   (convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 62, commi 3
  e 6, come sostituito dall'art. 3 della legge 22 dicembre  2008,  n.
  203. 
- Costituzione, art. 118. 
Bilancio   e   contabilita'   pubblica   -   Misure   per   contenere
  l'indebitamento  -   Disciplina   a   regime   dei   contratti   di
  finanziamento   mediante   strumenti    finanziari    derivati    -
  Individuazione,  con  regolamento  statale,  della  tipologia   dei
  contratti che Regioni, Province autonome di Trento e di Bolzano  ed
  enti locali territoriali possono stipulare - Ricorso della  Regione
  Calabria  -  Asserita  violazione  della   competenza   concorrente
  regionale nella materia «coordinamento della finanza pubblica», con
  esorbitanza dal potere regolamentare statale, nonche' del principio
  di  leale  collaborazione  -  Riconducibilita'  della  disposizione
  denunciata alle materie di competenza esclusiva statale «tutela del
  risparmio  e  mercati  finanziari»   e   «ordinamento   civile»   -
  Previsione, comunque, di adeguato meccanismo concertativo tra Stato
  e Regioni - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6  agosto  2008,  n.  133),  art.  62,  comma  2,  nel  testo
  originario;  d.l.  25  giugno  2008,  n.   112   (convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), art.  62,  comma
  3, come sostituito dall'art. 3 della legge  22  dicembre  2008,  n.
  203. 
- Costituzione, art. 117, terzo e sesto  comma;  d.lgs.  24  febbraio
  1998, n. 58. 
Bilancio   e   contabilita'   pubblica   -   Misure   per   contenere
  l'indebitamento  -  Disciplina   transitoria   dei   contratti   di
  finanziamento mediante strumenti finanziari derivati -  Divieto  di
  stipulare i contratti per Regioni, Province autonome di Trento e di
  Bolzano ed enti locali territoriali fino all'entrata in vigore  del
  regolamento statale - Ricorso della  Regione  Calabria  -  Asserita
  violazione della competenza  concorrente  regionale  nella  materia
  «coordinamento della finanza  pubblica»  -  Riconducibilita'  della
  disposizione  denunciata  alle  materie  di  competenza   esclusiva
  statale «tutela del risparmio e mercati finanziari» e  «ordinamento
  civile» - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6  agosto  2008,  n.  133),  art.  62,  comma  1,  nel  testo
  originario;  d.l.  25  giugno  2008,  n.   112   (convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), art.  62,  comma
  6, come sostituito dalla legge 22 dicembre 2008, n. 203, art. 3. 
- Costituzione, artt. 117, terzo e sesto comma, e 119, ultimo comma. 
(GU n.8 del 24-2-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 62, commi 01, 1,
2 e 3 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni  urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita',  la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133,  e
dell'art. 3 della legge 22 dicembre 2008, n. 203 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato -  legge
finanziaria 2009), promossi, nel complesso, con ricorsi della Regione
Veneto e della Regione Calabria,  rispettivamente  notificati  il  20
ottobre 2008 ed il 27 febbraio 2009, depositati in cancelleria il  22
e il 29 ottobre 2008 ed il 6 marzo 2009, iscritti ai numeri 70  e  86
del registro ricorsi 2008 ed al n. 19 del registro ricorsi 2009. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  2010  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi gli avvocati Salvatore Di Mattia  per  la  Regione  Veneto,
Massimo Luciani per la Regione  Calabria  e  l'avvocato  dello  Stato
Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - La Regione Veneto, con un ricorso (n. 70  del  2008),  e  la
Regione Calabria, con due ricorsi (n. 86 del 2008 e n. 19 del  2009),
hanno impugnato, tra l'altro, l'art. 62 del decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 
    Tale norma disciplina l'uso degli strumenti  finanziari  derivati
da parte delle Regioni e degli enti locali. 
    2. - In particolare, la Regione Veneto  (ric.  n.  70  del  2008)
censura i commi 01, 1, 2 e 3 del  predetto  articolo  per  violazione
degli artt. 5, 97, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, mentre  la
Regione Calabria (ric. n. 86 del 2008) censura i commi 01, 1 e 2, per
violazione degli artt. 70, 77, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione,
nonche' per violazione del principio di leale collaborazione. 
    Successivamente e' intervenuta la legge 22 dicembre 2008, n.  203
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2009)  la  quale,  con  l'art.  3  ha
sostituito  il  testo  dell'art.  62  del  d.l.  n.  112   del   2008
apportandovi alcune modifiche. 
    Avverso il suddetto art. 3 e, dunque, avverso il nuovo testo  del
citato art. 62, la Regione Calabria (ric. n. 19 del 2009) ha proposto
una seconda impugnazione, deducendo la violazione degli artt. 23, 97,
117, 118 e 119, Cost., nonche' la violazione del principio  di  leale
collaborazione. 
    3. - Il testo vigente del nuovo art. 62 prevede al  comma  3  che
«il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia
e la Commissione nazionale per le societa' e la borsa, con uno o piu'
regolamenti da emanare ai sensi  dell'articolo  17,  comma  3,  della
legge 23 agosto 1988, n. 400, d'intesa,  per  i  profili  d'interesse
regionale, con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,
le Regioni e le Province autonome di Trento e di  Bolzano,  individua
la  tipologia  dei  contratti  relativi  agli  strumenti   finanziari
derivati» previsti all'art. 1, comma 3, del  decreto  legislativo  24
febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni  in  materia  di
intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli  8  e  21  della
legge 6 febbraio 1996, n. 52) che le Regioni, le Province autonome di
Trento e di Bolzano e gli enti locali «possono concludere,  e  indica
le componenti derivate, implicite o esplicite, che  gli  stessi  enti
hanno facolta' di  prevedere  nei  contratti  di  finanziamento».  Lo
stesso comma stabilisce, inoltre,  che  «al  fine  di  assicurare  la
massima trasparenza dei contratti relativi agli strumenti  finanziari
derivati nonche' delle clausole  relative  alle  predette  componenti
derivate, il medesimo regolamento individua altresi' le informazioni,
rese in lingua italiana, che gli stessi devono contenere». 
    Il comma 6 dello stesso art. 62  dispone  che  ai  predetti  enti
territoriali «e' fatto divieto  di  stipulare»,  fino  alla  data  di
entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3, e  comunque  per
il periodo minimo di un  anno,  «contratti  relativi  agli  strumenti
finanziari  derivati».  Il  secondo  inciso  del  medesimo  comma   6
puntualizza che «resta ferma  la  possibilita'  di  ristrutturare  il
contratto derivato a seguito di modifica della passivita' alla  quale
il medesimo contratto derivato  e'  riferito,  con  la  finalita'  di
mantenere la  corrispondenza  tra  la  passivita'  rinegoziata  e  la
collegata operazione di copertura». 
    4. - La Regione Calabria  con  il  primo  ricorso,  proposto  nei
confronti del testo originario dell'art. 62, ha dedotto la violazione
dell'art.  77  Cost.,  per   palese   mancanza   dei   requisiti   di
straordinarieta' e di  urgenza;  e,  conseguentemente,  dell'art.  70
Cost., che riserva la funzione legislativa alle Camere,  «espropriate
delle loro prerogative, in  forza  dell'illegittimo  esercizio  della
decretazione d'urgenza» (si cita la sentenza n. 128 del 2008). 
    Ne', si aggiunge, la conversione in legge del decreto puo' sanare
il vizio, trattandosi di un «vizio in procedendo» che non viene  meno
all'esito della conversione. 
    Per quanto attiene alle altre censure, le stesse sono  state  poi
riproposte nei confronti dell'art. 62, come modificato dalla legge n.
203 del 2008. 
    4.1. - In particolare, con riferimento al divieto  temporaneo  di
stipulazione  dei  contratti  in  esame,  posto  dal  nuovo  comma  3
dell'art. 62, si assume che tale norma violerebbe gli artt. 97,  117,
118 e 119 della Costituzione. 
    Sul punto, viene richiamata la sentenza n. 376 del 2003 di questa
Corte, la quale ha affermato che «la disciplina  delle  condizioni  e
dei limiti di accesso degli enti territoriali al mercato dei capitali
rientra  principalmente  nell'ambito  di  quel  "coordinamento  della
finanza pubblica", che l'art. 117, terzo  comma,  della  Costituzione
attribuisce alla potesta'  legislativa  concorrente  delle  Regioni».
Viene riportato, inoltre,  il  passo  della  motivazione  in  cui  si
afferma che i poteri di coordinamento «devono essere  configurati  in
modo consono all'esistenza di sfere di autonomia,  costituzionalmente
garantite, rispetto a cui l'azione  di  coordinamento  non  puo'  mai
eccedere i limiti, al di la' dei quali si trasformerebbe in attivita'
di direzione o in indebito condizionamento dell'attivita' degli  enti
autonomi». 
    Inoltre, si rileva come il divieto di stipulazione contrasterebbe
con l'ultimo comma dell'art. 119  Cost.,  che  consente  «il  ricorso
all'indebitamento (senza limitazione alcuna,  quanto  agli  strumenti
utilizzabili) per spese di investimento», mentre la  norma  in  esame
preclude in radice l'accesso al credito anche per tale finalita'. 
    Sarebbero, poi, violati gli artt. 97 e  118  della  Costituzione.
Infatti, l'astratta e  generale  previsione  legislativa  statale  di
divieto  di  determinate  tipologie   contrattuali   impedirebbe   la
valutazione «delle peculiarita' delle singole Regioni», in  contrasto
con il «puntuale apprezzamento  delle  esigenze  dell'amministrazione
regionale, sottesa al principio del  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione». Inoltre, la norma in questione determinerebbe  «una
diretta invasione nel  dominio  dell'amministrazione  regionale,  che
l'art. 118 Cost. riserva alle Regioni stesse». 
    4.2. - Con riferimento a quanto previsto dal comma 6 dello stesso
art. 62, si ritiene che contrasti, in particolare, con il sesto comma
dell'art. 117 Cost., l'avere demandato ad un  atto  regolamentare  la
dettagliata  determinazione  delle  tipologie  di  contratti  che  la
Regione potra' stipulare. 
    In particolare, nel secondo ricorso si adduce anche la violazione
dell'art.  23  Cost.,  in  quanto  si  attribuirebbe  al  regolamento
ministeriale il potere di definire nel dettaglio i limiti di un  vero
e proprio tributo, in assenza di qualunque criterio o  principio  che
possa delimitare  la  discrezionalita'  del  Ministro.  Non  sarebbe,
pertanto, stata osservata la riserva di legge stabilita nella  citata
disposizione costituzionale. Si rileva, inoltre, che tale regolamento
ministeriale sarebbe ammesso soltanto nelle materie di competenza del
Ministro ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto  1988,
n. 400 (Disciplina dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della
Presidenza del Consiglio dei ministri). 
    Sarebbe violato, altresi', sempre  nella  prospettiva  regionale,
l'art. 117  Cost.  perche'  si  stabiliscono  principi  fondamentali,
vincolanti per le Regioni,  «con  una  fonte  diversa  dalla  legge».
Infatti, il decreto-legge «non  indica  al  regolamento  ministeriale
alcun criterio o limite, con la conseguenza che l'autonomia regionale
finisce per essere condizionata da una fonte di rango terziario». 
    Infine, sarebbe violato anche l'art.  119  Cost.,  in  quanto  si
consentirebbe al regolamento ministeriale di «dilazionare nel  tempo,
senza  limite  alcuno  (...),  la  possibilita'  per  le  Regioni  di
stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati». 
    Anche in  questo  caso,  si  afferma  testualmente,  «l'autonomia
regionale  finisce  per  essere  affidata  alle  mani  del   Ministro
dell'economia». 
    La ricorrente puntualizza che le violazioni prospettate in ordine
all'uso  e  alla  tipologia  dello  strumento  regolamentare  «ledono
direttamente le competenze della Regione, quale titolare di autonomia
finanziaria e di competenza legislativa concorrente in materia». 
    Quale ultima censura si deduce la  violazione  del  principio  di
leale collaborazione, non essendo intervenuta  alcuna  consultazione,
ne' direttamente con le Regioni ne' per il tramite  della  Conferenza
unificata. 
    5. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, con il patrocinio  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
assumendo,  in  particolare  con  l'atto  difensivo  depositato   con
riferimento al primo ricorso della Regione Calabria, che  le  censure
proposte non sarebbero fondate, in quanto le  disposizioni  contenute
nell'impugnato  art.  62  costituirebbero  principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art.  117,  terzo
comma, e 119, secondo comma, Cost. Si rileva  che  tali  disposizioni
varrebbero per i contratti futuri e mirerebbero a  tutelare  l'unita'
economica   della    Repubblica    in    un    momento    di    crisi
economico-finanziaria internazionale «in  gran  parte  causata  anche
dall'uso indiscriminato degli strumenti finanziari derivati che hanno
portato ad un notevole indebitamento degli enti pubblici». 
    Secondo l'Avvocatura  generale,  si  tratterebbe  di  una  misura
necessaria   per   raggiungere    l'obbiettivo    del    contenimento
dell'indebitamento  delle  amministrazioni  pubbliche,  comprese   le
Regioni. 
    In particolare, nell'atto di costituzione depositato in relazione
al secondo ricorso, la difesa dello Stato sottolinea  come  la  norma
impugnata  disciplini  aspetti  afferenti  anche  alla   materia   di
competenza statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettere a)  ed
e), Cost., in quanto, da un lato, il contenimento  dell'indebitamento
netto delle pubbliche  amministrazioni  e'  elemento  essenziale  del
patto  di  stabilita'  interno  all'Unione  europea;  dall'altro,  la
crescita del prodotto interno lordo riguarda il  medesimo  patto,  in
uno al  contenuto  sostanziale  delle  materie  «moneta,  tutela  del
risparmio  e   mercati   finanziari;   perequazione   delle   risorse
finanziarie». 
    Si ribadisce, inoltre, che i contratti in esame si sono «rivelati
letali  per  la  finanza  pubblica».   Il   divieto   temporaneo   di
stipulazione sarebbe stato, pertanto, una scelta necessitata. 
    Il medesimo legislatore ha  consentito  la  ristrutturazione  dei
contratti al fine di ridurre il rischio di  tassi  di  interesse  non
sopportabili. 
    Sarebbe infondata anche la censura di  violazione  dell'art.  119
Cost., «risultando evidente che la disposizione censurata  non  vieta
il ricorso all'indebitamento per spese di investimento, quale che sia
lo strumento finanziario utilizzato». 
    L'asserita violazione degli artt. 97 e 118  Cost.  riguarderebbe,
secondo la difesa dello Stato, non l'impugnato comma 6, ma il comma 2
dell'art. 62, che ha eliminato la possibilita' di emissione di titoli
con rimborso unico alla scadenza, in quanto idonei a creare costi non
previsti. 
    Con  riferimento  al  comma  3,  si  deduce   che   la   potesta'
regolamentare spetta allo Stato, venendo in rilievo  una  materia  di
competenza legislativa esclusiva. Inoltre,  tale  norma  ha  previsto
l'intesa «per i profili di interesse  regionale»  con  la  Conferenza
Stato-Regioni. 
    6. - La Regione Veneto,  con  il  ricorso  n.  70  del  2008,  ha
prospettato nei confronti del testo originario dell'art.  62  censure
analoghe a quelle formulate dalla Regione Calabria. 
    Anche la difesa  dello  Stato  ha  un  contenuto  sostanzialmente
analogo a quello articolato con riferimento ai ricorsi proposti dalla
Regione Calabria. 
    Con atto depositato il 5 ottobre 2009 presso  la  cancelleria  di
questa Corte, la Regione Veneto ha rinunciato  al  ricorso  proposto,
limitatamente alle disposizioni impugnate in questa sede. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge
6 agosto 2008, n. 133, ha formato oggetto di impugnazione, in  talune
sue disposizioni, da parte  della  Regione  Veneto  e  della  Regione
Calabria. 
    In questa sede viene in rilievo l'art. 62 del citato decreto,  il
quale detta una disciplina volta a contenere  l'uso  degli  strumenti
finanziari derivati da parte delle Regioni e degli  enti  locali,  in
modo da contenere l'indebitamento. 
    In particolare, la Regione Veneto (ric. n. 70 del 2008) censura i
commi 01, 1, 2  e  3  del  predetto  articolo  per  violazione  degli
articoli 5, 97, 117, 118, 119 e 120  della  Costituzione,  mentre  la
Regione Calabria (ric. n. 86 del 2008) censura i commi 01, 1 e 2, per
violazione degli artt. 70, 77, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione,
nonche' per violazione del principio di leale collaborazione. 
    1.1.― Successivamente e' intervenuta la legge 22  dicembre  2008,
n. 203  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato -  legge  finanziaria  2009)  la  quale,  con
l'art. 3, ha sostituito il testo dell'impugnato art. 62  apportandovi
alcune modifiche. 
    Avverso il suddetto art. 3 e, dunque, avverso il nuovo testo  del
citato art. 62, commi 1, 3 e 6, la Regione Calabria (ric. n.  19  del
2009) ha proposto una seconda impugnazione, deducendo  la  violazione
degli artt. 23, 97, 117, 118 e 119, Cost., nonche' l'inosservanza del
principio di leale collaborazione. 
    2. - I predetti  giudizi,  per  omogeneita'  di  materia,  devono
essere riuniti ai fini di un'unica decisione. 
    3. - La Regione Veneto, con atto depositato il 5 ottobre 2009, ha
rinunciato  al  ricorso  proposto  limitatamente  alle   disposizioni
impugnate in questa sede.  Alla  predetta  rinuncia  non  e'  seguita
rituale accettazione della controparte, per mancanza, secondo  quanto
riferito nel corso della udienza pubblica dall'avvocato dello  Stato,
della formalizzazione della accettazione mediante  deliberazione  del
Consiglio dei ministri. 
    La giurisprudenza di questa Corte ha piu' volte affermato che  la
dichiarazione di rinuncia non accettata, pur non  potendo  comportare
l'estinzione  del  processo,  puo'  fondare,  unitamente   ad   altri
elementi,  una  dichiarazione  di  cessazione   della   materia   del
contendere (ex plurimis, sentenza n.  320  del  2008).  Nel  caso  in
esame, avuto riguardo al complessivo comportamento processuale  delle
parti, puo', pertanto,  essere  dichiarata  cessata  la  materia  del
contendere, in relazione al ricorso proposto dalla Regione Veneto. 
    4. - L'esame in questa sede,  pertanto,  deve  avere  ad  oggetto
unicamente le questioni proposte dalla Regione Calabria. 
    4.1. - Quanto al primo ricorso (n. 86 del 2008), tenuto conto del
fatto  che  le   disposizioni   con   esso   impugnate   sono   state
sostanzialmente reiterate con la legge n. 203 del  2008,  oggetto  di
gravame con  il  secondo  ricorso  (n.  19  del  2009),  deve  essere
scrutinata, innanzitutto, la censura di violazione degli artt.  70  e
77 Cost. Con tale censura  la  ricorrente  deduce  la  illegittimita'
costituzionale del d.l. n. 112 del 2008, per la parte concernente  le
disposizioni dell'art. 62, in ragione della inesistenza dei motivi di
straordinarieta'  ed  urgenza  atti  a  giustificare  il  ricorso  al
decreto-legge. 
    La questione cosi' prospettata non e' fondata. 
    La disciplina introdotta con le disposizioni del  censurato  art.
62 e' diretta a contenere l'esposizione delle Regioni e  degli  altri
enti locali territoriali a indebitamenti  che,  per  il  rischio  che
comportano, possono esporre le rispettive finanze ad accollarsi oneri
impropri e non prevedibili all'atto della stipulazione  dei  relativi
contratti aventi ad oggetto i cosiddetti derivati finanziari. 
    Sussistono,   pertanto,   oggettivamente   quelle   ragioni    di
straordinarieta'  e  urgenza   che   giustificano   il   ricorso   al
decreto-legge, volto, da  un  lato,  alla  disciplina  a  regime  del
fenomeno e, dall'altro, al divieto immediato per gli enti  stessi  di
ricorrere ai predetti strumenti finanziari. 
    4.2. - Le ulteriori censure dedotte  con  il  primo  ricorso  nei
confronti del  decreto-legge  in  esame  sono  state  sostanzialmente
reiterate, con il secondo ricorso relativo al nuovo  testo  dell'art.
62, in termini pressoche' identici, sicche' devono  essere  esaminate
congiuntamente con quelle nei confronti del predetto nuovo testo  con
il secondo ricorso n. 19 del 2009. 
    5.   -   In   via   preliminare   deve   essere   dichiarata   la
inammissibilita'  della  censura  relativa  al  comma  01,  il  quale
stabilisce che le  norme  dell'articolo  62  «costituiscono  principi
fondamentali per il coordinamento della  finanza  pubblica  ai  sensi
degli  articoli  117,  terzo  comma,  e  119,  secondo  comma,  della
Costituzione». L'art. 62, cosi' come  modificato  dall'art.  3  della
legge n. 203 del 2008, al comma  1  prevede  che  le  norme  in  esso
contenute «costituiscono principi fondamentali per  il  coordinamento
della finanza pubblica e  hanno  il  fine  di  assicurare  la  tutela
dell'unita' economica della Repubblica ai sensi degli  articoli  117,
secondo comma, lettera e), e terzo comma, 119, secondo comma,  e  120
della Costituzione». 
    Si tratta di clausole di mera qualificazione che - in ragione del
loro contenuto, tra l'altro, non decisivo ai fini dell'individuazione
dell'effettivo ambito materiale delle norme previste dall'articolo in
questione (ex multis, sentenza n. 169 del 2007) - sono prive di reale
forza precettiva; esse, dunque, per carenza di capacita' lesiva,  non
sono  idonee  ad  arrecare  alcun  vulnus  a  prerogative   regionali
costituzionalmente garantite. 
    6. - In relazione alle altre disposizioni  impugnate,  ancora  in
via preliminare, deve richiamarsi il consolidato  orientamento  della
giurisprudenza costituzionale,  secondo  il  quale  le  Regioni  sono
legittimate a censurare, in via  di  impugnazione  principale,  leggi
dello Stato esclusivamente per questioni attinenti al  riparto  delle
rispettive competenze legislative, ammettendosi la  deducibilita'  di
altri  parametri  costituzionali  soltanto  ove  la  loro  violazione
comporti   una   compromissione    delle    attribuzioni    regionali
costituzionalmente garantite (ex multis, sentenze n. 289 e n. 216 del
2008). 
    Alla luce di questo principio, devono ritenersi inammissibili  le
censure con le quali la Regione  Calabria  lamenta,  con  entrambi  i
ricorsi, la violazione dell'art. 97 della  Costituzione,  considerata
la sua estraneita' al riparto delle  competenze  legislative  tra  lo
Stato e le Regioni e la inesistenza di profili di una loro  possibile
ridondanza su tale riparto. Allo  stesso  modo  inammissibile  e'  la
censura formulata, con il secondo ricorso, con  riferimento  all'art.
23 della Costituzione. 
    7.  -  Infine,  devono  essere  dichiarate   inammissibili,   per
genericita', le doglianze prospettate, con  entrambi  i  ricorsi,  in
riferimento  all'art.  118  della  Costituzione,  non  essendo   esse
sorrette da alcun consistente elemento argomentativo. 
    8. - Nel merito, le rimanenti censure non sono fondate. 
    Al riguardo occorre, innanzitutto, richiamare il contenuto  delle
norme impugnate, allo scopo di valutarle nel  quadro  legislativo  in
cui esse si collocano e di stabilire l'ambito materiale che viene  in
rilievo agli effetti  del  riparto  costituzionale  delle  competenze
legislative di cui all'art. 117 della Costituzione. 
    9. - L'art. 62 del d.l. n. 112 del 2008, novellato dalla legge n.
203 del 2008, reca una  duplice  disciplina  normativa:  la  prima  a
regime e la seconda transitoria. 
    La prima e' contenuta nel comma  3,  il  quale  prevede  che  «il
Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca  d'Italia  e
la Commissione nazionale per le societa' e la borsa, con uno  o  piu'
regolamenti da emanare ai sensi  dell'articolo  17,  comma  3,  della
legge 23 agosto 1988, n. 400, d'intesa,  per  i  profili  d'interesse
regionale, con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,
le Regioni e le Province autonome di Trento e di  Bolzano,  individua
la  tipologia  dei  contratti  relativi  agli  strumenti   finanziari
derivati» previsti all'art. 1, comma 3, del  decreto  legislativo  24
febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni  in  materia  di
intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli  8  e  21  della
legge 6 febbraio 1996, n. 52) che le Regioni, le Province autonome di
Trento e di Bolzano e gli enti locali «possono concludere,  e  indica
le componenti derivate, implicite o esplicite, che  gli  stessi  enti
hanno facolta' di prevedere nei contratti di finanziamento». Il comma
in esame stabilisce, inoltre, che «al fine di assicurare  la  massima
trasparenza dei contratti relativi agli strumenti finanziari derivati
nonche' delle clausole relative alle predette componenti derivate, il
medesimo regolamento individua  altresi'  le  informazioni,  rese  in
lingua italiana, che gli stessi devono contenere». 
    Con la norma transitoria, contenuta nel comma 6 dello stesso art.
62, il legislatore ha disposto che ai predetti enti «e' fatto divieto
di stipulare», fino alla data di entrata in vigore del regolamento di
cui al comma 3,  e  comunque  per  il  periodo  minimo  di  un  anno,
«contratti relativi agli strumenti finanziari derivati».  Il  secondo
inciso  dello  stesso  comma  puntualizza   che   «resta   ferma   la
possibilita' di ristrutturare il  contratto  derivato  a  seguito  di
modifica della passivita' alla quale il medesimo  contratto  derivato
e' riferito, con la finalita' di mantenere la corrispondenza  tra  la
passivita' rinegoziata e la collegata operazione di copertura». 
    10. - Orbene, come risulta dall'analisi del contenuto delle norme
censurate, esse hanno ad  oggetto  la  disciplina  dei  contratti  di
finanziamento mediante strumenti finanziari derivati stipulati  dalle
Regioni, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano e dagli  enti
locali territoriali. 
    Cio' premesso, e' necessario  procedere  all'individuazione,  per
grandezze decrescenti, degli ambiti in cui le norme si collocano. 
    10.1. - Al riguardo, deve rilevarsi come la contrattazione avente
ad oggetto i predetti strumenti si collochi nel mercato mobiliare, il
quale, come e' noto, ha conosciuto negli ultimi decenni una complessa
evoluzione normativa caratterizzata  dal  susseguirsi  di  una  serie
rilevante di interventi legislativi. 
    Sul  punto,  e'  sufficiente  sottolineare   come -   a   seguito
dell'emanazione del  decreto  legislativo  23  luglio  1996,  n.  415
(Recepimento della direttiva 93/22/CEE del 10 maggio 1993 relativa ai
servizi di investimento nel settore  dei  valori  mobiliari  e  della
direttiva  93/6/CEE  del  15  marzo  1993  relativa   all'adeguatezza
patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti  creditizi) -
sia stato  abbandonato  il  modello  pubblicistico  di  gestione  del
mercato mobiliare, essendosi optato per un modello  privatistico,  in
conformita'  ai  principi  di   liberalizzazione   dei   servizi   di
investimento in ambito comunitario e del mutuo riconoscimento. 
    Le relative regole sono state recepite dal decreto legislativo n.
58 del 1998,  il  quale,  riprendendo  sostanzialmente  il  contenuto
dell'art. 46 del citato d.lgs. n. 415  del  1996,  ha  previsto,  tra
l'altro, che  l'attivita'  di  organizzazione  e  gestione  di  detto
mercato ha carattere di impresa ed e' esercitata da una societa'  per
azioni (cosiddetta societa' di gestione), anche senza scopo di  lucro
(art.  61,  comma  1),  nel  rispetto  della  disciplina  posta   dal
«regolamento del mercato», deliberato dall'assemblea ordinaria o  dal
consiglio di sorveglianza della medesima societa' (art. 62, comma 1). 
    Lo  stesso  decreto,  successivamente  modificato,  definisce  il
«mercato regolamentato» come il «sistema multilaterale che consente o
facilita  l'incontro,  al  suo  interno,  e  in  base  a  regole  non
discrezionali, di interessi multipli di  acquisto  e  di  vendita  di
terzi relativi a  strumenti  finanziari,  ammessi  alla  negoziazione
conformemente alle regole del mercato stesso in modo da dare luogo  a
contratti (...)» (art. 1, comma 1, lettera w). 
    Sulla  base  della   predetta   evoluzione   normativa,   dunque,
l'attivita' di organizzazione e gestione  dei  mercati  non  e'  piu'
riconducibile alla  nozione  di  servizio  pubblico,  ma  costituisce
un'attivita' economica esercitata da un soggetto di diritto  privato,
che opera «anche senza scopo di lucro». 
    La  permanenza  di  rilevanti   interessi   pubblici -   connessi
soprattutto all'esigenza di tutelare il risparmio (art. 47  Cost.)  e
assicurare  la  stabilita'  del  mercati   finanziari -   giustifica,
tuttavia,  pure   a   seguito   della   suindicata   privatizzazione,
l'intervento dello  Stato  che,  nella  specie,  si  sostanzia  nella
predisposizione di un penetrante sistema di vigilanza attribuito  sia
alla  Banca  d'Italia  -  per  quanto  attiene,  in  particolare,  al
contenimento  del  rischio  e  alla  stabilita'  patrimoniale   degli
intermediari - sia alla  Commissione  per  la  societa'  e  la  borsa
(Consob), relativamente all'attivita' posta in essere dalla  societa'
di gestione (art. 73) e,  piu'  in  generale,  all'attivita'  che  si
svolge nell'ambito dei mercati regolamentati al fine  di  assicurare,
tra   l'altro,   la   trasparenza,   l'ordinato   svolgimento   delle
negoziazioni e la tutela degli investitori (art. 74). 
    10.2. - Chiarito cio', deve rilevarsi come il  mercato  mobiliare
si caratterizzi essenzialmente  per  lo  svolgimento  di  «servizi  e
attivita' di investimento»,  di  rilevanza  privatistica,  aventi  ad
oggetto, in generale, gli strumenti finanziari. Il d.lgs. n.  58  del
1998, pur non dandone una definizione di portata  generale,  fornisce
una elencazione delle principali tipologie  di  strumenti  finanziari
che appartengono alla categoria  in  esame.  In  particolare,  si  fa
riferimento: ai valori mobiliari (azioni di societa', obbligazioni  e
altri titoli di debito, ecc.); agli strumenti del mercato  monetario;
alle quote di un organismo di investimento collettivo  di  risparmio,
nonche' ad  una  serie  di  contratti  qualificati  quali  «strumenti
finanziari derivati». 
    In relazione a questi ultimi, il citato testo unico non  contiene
una  nozione  identificativa  del  relativo   prodotto   finanziario,
limitandosi  ad  effettuare  una  elencazione  dei  principali   tipi
contrattuali. 
    E' significativo, al riguardo, che l'art. 2 del  testo  unico  in
questione dispone che per strumenti finanziari derivati si intendono: 
        1) valori mobiliari; 
        2) strumenti del mercato monetario; 
        3) quote di  un  organismo  di  investimento  collettivo  del
risparmio; 
        4) contratti  di  opzione,  contratti  finanziari  a  termine
standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi
di interesse e altri contratti derivati nelle varie forme in  cui  e'
possibile la loro stipulazione; 
        5) gli strumenti derivati per il trasferimento del rischio di
credito; 
        6) i contratti finanziari differenziali. 
    Con riferimento alla suindicata articolata tipologia, a soli fini
descrittivi  e  con  un  ineliminabile  margine  di   approssimazione
dipendente dalla complessita' del fenomeno,  puo'  ritenersi  che  le
negoziazioni aventi ad oggetto gli strumenti finanziari  derivati  si
caratterizzano, sul piano strutturale, per essere connesse  ad  altre
attivita' finanziarie  (quali,  ad  esempio,  titoli,  merci,  tassi,
indici,  altri  derivati)  dal  cui  «prezzo»   dipende   il   valore
dell'operazione compiuta. Ferme  ovviamente  restando  le  diversita'
legate al tipo di operazione prescelto, tali negoziazioni sono  volte
a creare un differenziale tra il  valore  dell'entita'  negoziata  al
momento della stipulazione del relativo contratto e quello che  sara'
acquisito ad una determinata scadenza previamente individuata. 
    Sul piano funzionale, come e' noto,  le  negoziazioni  in  esame,
oltre ad avere una finalita' di copertura,  possono  espletare  anche
una funzione speculativa, incidente sulla  stessa  struttura  causale
del contratto, con conseguenti rischi di insolvenza legati a  diversi
fattori connessi soprattutto all'andamento complessivo  del  mercato,
con l'aggravamento che l'inadempimento di uno o piu'  operatori  puo'
incidere sull'inadempimento degli altri. E' frequente,  pertanto,  la
possibilita' che il contraente, sia esso privato o pubblico,  subisca
una perdita superiore al capitale investito. 
    A cio' va aggiunto che il testo unico n. 58 del 1998  riserva  lo
svolgimento dei servizi di investimento, compresi  quelli  aventi  ad
oggetto  strumenti  finanziari  derivati,  soltanto   a   determinati
«soggetti abilitati», rappresentati, in particolare, dalle  banche  e
dalle c.d. «imprese di investimento» (definite, per quelle che  hanno
sede in Italia, «societa' di intermediazione mobiliare»). 
    10.3. - Attraverso la disciplina, sopra  descritta,  del  mercato
mobiliare e dei contratti aventi ad oggetto gli strumenti  finanziari
derivati, il legislatore ha inteso tutelare il mercato stesso, la sua
stabilita', nonche' i risparmiatori che vi operano. 
    Per perseguire questo scopo e' stato previsto, come  si  e'  gia'
sottolineato,  tra  l'altro,  un  sistema  articolato  di   vigilanza
attribuito  ad  autorita'  che  operano  al  di  fuori  del  circuito
governativo. 
    Sono state, inoltre, contemplate regole imperative che  attengono
essenzialmente  alle  modalita'  di  conclusione,  alla  forma  e  ai
contenuti dei singoli contratti e che sono finalizzate  a  proteggere
la sfera giuridica dei soggetti che  accedono  a  tale  tipologia  di
finanziamento, i quali sono considerati alla  stregua  di  contraenti
deboli, che si trovano  rispetto  al  professionista  che  opera  nel
mercato in una posizione di asimmetria informativa.  In  particolare,
in relazione al primo profilo, sono state stabilite  puntuali  regole
di condotta che  si  sostanziano  nella  previsione  di  obblighi  di
informazione cui sono tenuti i  «soggetti  abilitati»;  in  relazione
alla forma, e' imposto, sempre per fini di protezione  e  a  pena  di
nullita', che puo' essere fatta valere solo dal cliente, l'obbligo di
rispettare la forma scritta (art. 23 del d.lgs. n. 58 del  1998);  in
relazione al contenuto e' prevista la nullita' di  «ogni  pattuizione
di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal
cliente e di ogni altro onere a suo  carico»  (citato  art.  23).  In
definitiva, le indicate norme imperative mirano a tutelare  la  parte
che,  in  ragione  della  sua  debolezza  contrattuale  derivante  da
oggettive deficienze informative, occupa  nel  rapporto  contrattuale
una posizione diseguale rispetto al professionista. 
    11. - Individuato il contesto normativo  complessivo  in  cui  si
colloca la disciplina, tanto a regime, quanto transitoria, oggetto di
impugnazione regionale, si puo'  passare  ad  analizzare  le  singole
censure proposte dalla ricorrente. 
    In particolare, secondo la Regione  Calabria  le  disposizioni  a
regime  contenute  nell'art.  62,  comma  3,  nella  parte   in   cui
disciplinano, con norme ritenute di  dettaglio,  le  condizioni  e  i
limiti di accesso al mercato  finanziario  degli  enti  territoriali,
violerebbero la competenza  regionale  in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica di cui al  terzo  comma  dell'art.  117  Cost.
Inoltre, il comma in questione sarebbe costituzionalmente illegittimo
per violazione del sesto comma  del  citato  art.  117,  non  essendo
consentita l'emanazione di un regolamento statale in una  materia  di
competenza legislativa concorrente. 
    12. - La questione non e' fondata. 
    Al  fine  di  individuare  l'ambito  materiale,  entro  il  quale
inquadrare  la  disciplina   contestata,   occorre   avere   riguardo
all'oggetto e alle finalita' perseguite dal  legislatore,  alla  luce
della ricostruzione  del  quadro  normativo  di  riferimento  di  cui
innanzi. 
    12.1. - Applicando tali criteri, deve, in primo luogo,  ritenersi
che viene in rilievo la competenza esclusiva dello Stato  in  materia
di «tutela del risparmio e mercati finanziari» di cui alla lettera e)
del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione. 
    La predetta  disposizione  costituzionale,  nella  parte  in  cui
assegna allo Stato la competenza in materia di mercati finanziari, si
riferisce, oltre che al mercato  bancario  e  assicurativo,  anche  a
quello mobiliare, che identifica, in realta', il mercato  finanziario
in senso stretto. 
    Tale ambito materiale ricomprende tutte quelle misure legislative
volte  ad  assicurare,  sul  piano  macroeconomico  e  per  fini   di
uniformita'   sull'intero   territorio   nazionale,   la   stabilita'
finanziaria dei mercati in cui si svolgono le contrattazioni, nonche'
la tutela del risparmio. 
    Orbene, la finalita' che con le  disposizioni  del  comma  3  del
novellato art. 62 il legislatore  statale  ha  inteso  perseguire  e'
proprio quella di  garantire  la  tutela  del  mercato  mobiliare  in
rapporto alle modalita' di accesso delle Regioni e degli enti  locali
alle suddette tipologie di contrattazione, le quali  sono,  per  loro
stessa natura, idonee ad alterare i complessivi equilibri  finanziari
del mercato di riferimento. E' innegabile, infatti,  che  i  derivati
finanziari   scontino   un   evidente   rischio   di   mercato,   non
preventivamente  calcolabile,  ed  espongano  gli  enti  pubblici  ad
accollarsi  oneri  impropri  e   non   prevedibili   all'atto   della
stipulazione  del  contratto,   utilizzando   per   l'operazione   di
investimento un contratto con  caratteristiche  fortemente  aleatorie
per le finanze dell'ente. Si tratta, pertanto, di una disciplina che,
tutelando il mercato e il risparmio, assicura  anche  la  tutela  del
patrimonio dei soggetti pubblici. 
    Sotto altro aspetto, il massiccio ingresso di soggetti,  e  cioe'
degli enti pubblici ai quali si riferisce  la  contestata  normativa,
nel mercato  finanziario,  con  l'apporto  di  capitali  di  notevole
entita' (se rapportati, in genere, a quelli dei comuni  investitori),
e' tale da comportare profonde modificazioni strutturali nel  mercato
stesso, con riferimento sia alla tipologia dei contratti che gli enti
sarebbero autorizzati a stipulare, sia alle condizioni  e  ai  limiti
che la normativa regolamentare di attuazione potrebbe porre. 
    Sono, in definitiva, proprio le peculiari caratteristiche di tali
strumenti ad avere indotto il legislatore statale  a  prevedere,  con
l'impugnato comma 3, limitatamente alle contrattazioni in  cui  siano
parte le Regioni e gli enti locali, una specifica  normativa  per  il
loro accesso al relativo mercato mobiliare, sia pure demandandone  la
disciplina attuativa, ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge  23
agosto 1988,  n.  400,  ad  un  regolamento  ministeriale,  volto  ad
individuare, in modo puntuale, sia la tipologia dei contratti, sia le
componenti derivate, implicite o esplicite, che gli enti in questione
hanno la facolta' di prevedere nei contratti di  finanziamento.  Cio'
il legislatore ha fatto, tenuto  conto  della  spiccata  aleatorieta'
delle negoziazioni aventi ad  oggetto  gli  strumenti  finanziari  in
esame, all'evidente scopo  di  evitare  che  possa  essere  messa  in
pericolo  la  disponibilita'  delle  risorse  finanziarie   pubbliche
utilizzabili dagli enti stessi per il raggiungimento di finalita'  di
carattere, appunto, pubblico e, dunque, di generale interesse per  la
collettivita'. 
    A cio' va aggiunto che la realta' ha  ampiamente  dimostrato  che
persino le operazioni di rinegoziazione  dei  contratti  derivati,  a
seguito di ristrutturazione del debito, nel prevedere fin dall'inizio
condizioni di sfavore degli enti, comportano l'assunzione  di  rischi
aggiuntivi mediante lo spostamento nel tempo degli oneri derivanti da
condizioni ancora piu' penalizzanti rispetto a quelle iniziali. 
    A ulteriore conferma della riconducibilita' del  contenuto  delle
norme in esame alla  materia  dei  mercati  finanziari,  deve  essere
richiamata la parte della disposizione impugnata la quale  stabilisce
che la normativa in questione deve essere emanata  sentite  la  Banca
d'Italia e la Consob, e cioe' i soggetti ai quali, come  si  e'  gia'
osservato,  sono  assegnati  rilevanti  funzioni  di   vigilanza   da
esercitarsi proprio nello specifico settore del mercato mobiliare. 
    12.2. - In  secondo  luogo,  deve  essere  sottolineato  come  la
disciplina  normativa  adottata  dal  legislatore   statale,   abbia,
altresi',  una  diretta  incidenza  sulla  materia   dell'ordinamento
civile, anch'essa di competenza legislativa esclusiva  statale  (art.
117, secondo comma, lettera l), Cost.). 
    Infatti, sempre avendo  riguardo  all'oggetto  e  alla  finalita'
perseguita dalle norme impugnate, deve rilevarsi come il  legislatore
abbia  inteso  disciplinare,  per  tutelare  la  parte  «debole»  del
contratto, taluni profili specificamente afferenti  allo  svolgimento
di rapporti negoziali che  rinvengono  la  loro  fonte  in  categorie
contrattuali che si collocano nell'ambito dei mercati mobiliari. 
    In particolare, si tratta di norme imperative che perseguono  una
finalita' chiaramente protettiva, come risulta dalla previsione - che
non forma oggetto di impugnazione - introdotta, nel comma 5 dell'art.
62 del d.l. n. 112 del 2008, dall'art.  3  della  legge  n.  203  del
2008 - secondo  cui  i  contratti  relativi  a  strumenti  finanziari
derivati,  che  risultino  stipulati  dagli  enti   territoriali   in
violazione  delle  disposizioni  previste  dal   citato   regolamento
ministeriale, sono nulli e tale nullita' «puo'  essere  fatta  valere
solo dall'ente». 
    L'attribuzione di una legittimazione speciale riservata  soltanto
all'ente pubblico, cui la tutela in questione si indirizza, a  fronte
della regola generale vigente per i contratti disciplinati dal codice
civile (secondo la quale, la nullita' puo'  essere  fatta  valere  da
chiunque  vi  abbia  interesse),  giustifica  la  qualificazione  del
rimedio previsto come «nullita' di  protezione»;  espressione  questa
utilizzata, in una fattispecie per molti aspetti  analoga,  dall'art.
36 del decreto legislativo 6  settembre  2005,  n.  206  (Codice  del
consumo, a norma dell'art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229).  In
altri termini, in linea con  l'esigenza  di  una  particolare  tutela
riservata  alla  parte  debole  del  rapporto   contrattuale,   trova
giustificazione una disciplina  derogatoria  del  principio  generale
della legittimazione aperta a chiunque vi abbia interesse, e, dunque,
la previsione di un  rimedio  che  rimette  alla  parte  protetta  la
valutazione se avvalersene o meno. 
    Ne'   va   sottaciuto   che   il   titolo    di    legittimazione
dell'ordinamento civile presenta, nello specifico settore  in  esame,
profili di stretta connessione con la materia dei mercati  finanziari
e tutela del risparmio, in ragione del particolare  rapporto  che  si
instaura tra contratto e mercato. 
    A tale proposito, deve rilevarsi come le  regole  applicabili  ai
singoli  contratti  aventi  ad  oggetto  gli   strumenti   finanziari
derivati,  per  gli  scopi  sin  qui  indicati,  sono  destinate   ad
influenzare direttamente anche quelle generali del mercato, oltre che
gli equilibri economici che  nella  finanza  regionale  e  locale  si
intendono  assicurare.  In  altri  termini,  e'   indubbio   che   il
legislatore,  ponendo  regole   indirizzate   al   singolo   rapporto
negoziale, ha adottato una normativa suscettibile di incidere in  via
diretta anche sulla disciplina del segmento  di  attivita'  economica
costituito dal mercato finanziario in cui  quella  contrattazione  si
inserisce.  E  cio'  particolarmente  con   riferimento   all'aspetto
finalistico delle nuove disposizioni adottate. 
    La  stretta  connessione  esistente  tra  contratto  e  mercato -
ricostruita alla luce dell'oggetto della disciplina e delle finalita'
perseguite dal legislatore - determina, pertanto,  come  si  e'  gia'
sottolineato,  un  rapporto  di   interrelazione   tra   la   materia
dell'ordinamento  civile,  per  gli   aspetti   di   regolamentazione
particolare dell'atto contrattuale, e quella del mercato finanziario,
per l'oggetto di esse e, soprattutto, per l'incidenza degli strumenti
derivati sul complessivo andamento del mercato stesso. 
    12.3. - Infine, un terzo ambito materiale che viene in rilievo e'
rappresentato dal coordinamento della  finanza  pubblica  di  cui  al
terzo comma dell'art. 117 Cost. 
    La giurisprudenza di questa Corte e' ormai costante nel  ritenere
che norme statali che fissano limiti  alla  spese  di  enti  pubblici
regionali  sono  espressione   della   finalita'   di   coordinamento
finanziario (da ultimo, sentenze numeri  237  e  139  del  2009).  Il
legislatore statale puo', dunque, legittimamente imporre alle Regioni
vincoli alla spesa  corrente  per  assicurare  l'equilibrio  unitario
della  finanza  pubblica   complessiva,   in   connessione   con   il
perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi
comunitari (sentenza n. 237 del 2009).  Questa  Corte,  inoltre,  pur
affermando che  le  misure  statali  non  devono  prevedere  in  modo
esaustivo strumenti o modalita' per  il  perseguimento  dei  suddetti
obbiettivi (sentenza n. 289 del 2008), ha chiarito che possono essere
ricondotti nell'ambito dei principio di coordinamento  della  finanza
pubblica «norme puntuali adottate dal legislatore per  realizzare  in
concreto la finalita' del  coordinamento  finanziario,  che  per  sua
natura eccede le possibilita' di intervento dei livelli  territoriali
sub-statali» (sentenza n. 237 del 2009 e gia'  sentenza  n.  417  del
2005). 
    13. - Deve, pertanto, ritenersi che la  disciplina  dei  derivati
finanziari si collochi alla confluenza di un insieme di materie, vale
a dire quelle  relative  «ai  mercati  finanziari»,  all'«ordinamento
civile» e al «coordinamento della finanza pubblica»: le prime due  di
competenza  esclusiva  dello   Stato   e   l'ultima   di   competenza
concorrente.  In  questi  casi  la   giurisprudenza   costituzionale,
mancando un meccanismo di composizione  delle  interferenze  previsto
dalla  Costituzione,   utilizza   normalmente   il   criterio   della
prevalenza, il quale presuppone l'inquadramento nell'ambito materiale
cui e' riconducibile il nucleo essenziale delle norme  censurate  (da
ultimo, sentenza n. 339 del 2009). 
    Applicando  tale  criterio  per  la  risoluzione  della  presente
controversia deve rilevarsi, alla luce di  quanto  sin  qui  esposto,
come la finalita' principale della normativa  statale  in  esame  sia
rappresentata dalla tutela del risparmio e  dei  mercati  finanziari,
nonche' dalla disciplina di  rapporti  privatistici  e  dei  connessi
rimedi  azionabili  in  caso   di   violazione   delle   disposizioni
disciplinatrici del settore. 
    In altri termini, la peculiarita' del contenuto  della  tipologia
contrattuale in  esame  impone,  in  questo  caso,  di  risolvere  il
concorso delle  plurime  competenze  legislative  riconducibili  alle
elencazioni contenute nel secondo e terzo comma dell'art.  117  Cost.
mediante l'inquadramento della normativa censurata in via  prevalente
nelle materie dei mercati finanziari e  dell'ordinamento  civile,  di
esclusiva spettanza del potere legislativo statale. 
    13.1. - Ne' ad una  diversa  conclusione  si  puo'  pervenire  in
ragione di quanto ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 376 del
2003, richiamata dalla ricorrente  a  sostegno  della  illegittimita'
costituzionale delle disposizioni impugnate. 
    Con tale sentenza si e' effettivamente affermato che rientra  nei
poteri  concorrenti  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  «la
disciplina delle condizioni  e  dei  limiti  di  accesso  degli  enti
territoriali al mercato dei capitali» e che occorre salvaguardare  le
sfere di autonomia degli enti territoriali al fine di evitare che  il
potere di coordinamento si trasformi  in  attivita'  di  direzione  o
indebito condizionamento statale dell'attivita' dei predetti enti. 
    Ma tale decisione,  peraltro,  richiama  espressamente  anche  la
materia della tutela del risparmio  e  dei  mercati  finanziari,  con
riferimento ai «poteri di coordinamento  che  possono  legittimamente
essere attribuiti ad  organi  centrali»;  materia  che  «riguarda  in
particolare la disciplina delle forme e dei modi in cui i  soggetti -
e cosi'  anche,  in  particolare,  gli  enti  territoriali -  possono
ottenere risorse finanziarie  derivanti  da  emissione  di  titoli  o
contrazione di debiti». 
    Orbene, proprio le suddette considerazioni consentono di ritenere
che nella controversia ora in esame si verta nella ipotesi in cui  il
legislatore  statale   intende,   con   la   normativa   oggetto   di
contestazione   da   parte   della   ricorrente   Regione   Calabria,
disciplinare appunto «le forme e i modi in  cui  i  soggetti»  (nella
specie, le Regioni e  gli  enti  locali)  «possono  ottenere  risorse
finanziarie». 
    In  conclusione,  pur  non  essendo  dubbio,  come  si  e'   gia'
sottolineato, che nella  legislazione  ora  oggetto  di  impugnazione
regionale si rinvengano anche elementi da ascrivere alla materia  del
«coordinamento della finanza pubblica»,  tuttavia  sono  da  ritenere
nettamente prevalenti quelli riconducibili a  competenze  legislative
esclusive dello Stato. 
    14. - Alla luce di quanto sin qui esposto, deve  essere  respinta
la  ulteriore  censura  formulata  dalla  ricorrente   per   asserita
violazione del sesto comma dell'art. 117 della Costituzione. Cio'  in
quanto, sulla base delle medesime argomentazioni sopra esposte, trova
giustificazione la previsione, contenuta nello stesso comma  3  della
norma impugnata, di un regolamento statale volto  ad  individuare  la
tipologia di contratti che gli enti territoriali possono stipulare  e
le componenti derivate che gli  enti  stessi  possono  prevedere  nei
relativi contratti di finanziamento. 
    Il  sesto  comma  dell'art.  117  della  Costituzione,   infatti,
attribuisce allo  Stato  la  potesta'  regolamentare -  senza  alcuna
limitazione connessa alla tipologia dei regolamenti (sentenza n.  200
del 2009, punto 35.2 del Considerato in diritto) - nelle materie  che
la  stessa   Costituzione   attribuisce   alla   esclusiva   potesta'
legislativa statale. 
    Sul  piano  poi  della  necessita'  di   rispettare   le   regole
cooperative nella fase di emanazione  dell'atto  regolamentare,  deve
rilevarsi come, pur non  essendo  imposta  sul  piano  costituzionale
l'osservanza delle predette regole, in  presenza  di  una  prevalente
competenza statale, il coinvolgimento  regionale,  nella  specie,  e'
stato, comunque, assicurato nel suo piu' alto livello  dal  novellato
comma 3 dell'art. 62. Tale disposizione ha previsto, infatti, che  il
regolamento de quo debba essere adottato, «per i profili di interesse
regionale», d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti  tra
lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e  di  Bolzano;
vale a dire mediante la partecipazione dello Stato  e  delle  Regioni
nel fissare i contenuti della normativa regolamentare attuativa. 
    15.― Le considerazioni innanzi svolte comportano la  declaratoria
di   non   fondatezza   anche   della   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata dalla ricorrente, in relazione all'art.  117
della  Costituzione,  nei  confronti  della  disciplina   transitoria
contenuta nel comma 6 del novellato art. 62. 
    Detto comma, come si e' prima precisato, dispone che «agli  enti»
di cui al comma 2 (vale a dire alle Regioni, alle Province autonome e
agli enti locali) e' fatto divieto di stipulare, fino  alla  data  di
entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3, e  comunque  per
il periodo minimo di un anno decorrente  dalla  data  di  entrata  in
vigore  del  presente  decreto,  contratti  relativi  agli  strumenti
finanziari derivati; ferma restando la possibilita' di  ristrutturare
il contratto derivato. 
    La suindicata  norma  di  divieto  temporaneo  per  gli  enti  in
questione trova comunque la sua giustificazione nella  necessita'  di
impedire  che,  mediante  la  stipulazione  di  contratti  fortemente
aleatori, le finanze degli enti stessi siano sottoposte a esposizioni
debitorie anche molto gravose. E, come si  e'  innanzi  rilevato,  la
stessa possibilita' di rinegoziazione dei  contratti  gia'  stipulati
non e' priva di rischi per la finanza regionale e locale. 
    Ne' la disposizione in esame e' in contrasto con  l'ultima  parte
dell'art. 119 Cost., come pure  e'  stato  dedotto  dalla  ricorrente
sotto il profilo che, mentre la citata disposizione stabilisce che e'
possibile ricorrere  all'indebitamento  («senza  limitazione  alcuna,
quanto  agli  strumenti  utilizzabili»)  solo  per  finanziare  spese
d'investimento, nella specie le  norme  impugnate  escluderebbero  in
radice tale possibilita'. 
    Al riguardo, deve essere osservato che l'ultimo  comma  dell'art.
119 Cost. pone un vincolo di equilibrio finanziario che si  sostanzia
nel consentire agli enti locali di ricorrere  all'indebitamento  solo
per finanziare le spese di investimento. 
    Questa Corte ha gia' avuto modo di chiarire  che  le  nozioni  di
«indebitamento» e di «investimento» non possono essere determinate  a
priori in modo assolutamente univoco (sentenza n. 425 del 2004). 
    Spetta, dunque, allo Stato, con determinazione non manifestamente
irragionevole, definire, in relazione ai diversi contesti che possono
venire in rilievo, il significato delle espressioni in esame. 
    Nella fattispecie ora in esame, il legislatore, con  il  divieto,
sia  pure  temporaneo,  di  stipulare  contratti  aventi  ad  oggetto
strumenti finanziari derivati, ha  evidentemente  ritenuto  che  tale
attivita', potendo avere natura  altamente  rischiosa,  dato  il  suo
carattere intrinsecamente aleatorio,  non  possa  essere  qualificata
quale  attivita'  di   investimento.   Non   si   presenta,   dunque,
manifestamente irragionevole la scelta di vietare, tra l'altro in via
transitoria, il ricorso  a  tali  tipologie  di  negoziazione  avente
carattere di oggettiva pericolosita' per l'equilibrio  della  finanza
regionale e locale. 
    16. - Per i motivi sin qui esposti, deve ritenersi  che  entrambe
le questioni di  costituzionalita'  sollevate  dalla  ricorrente  non
siano fondate. 
    17. -  Le  ragioni  poste  a  base  della  dichiarazione  di  non
fondatezza, riferite al testo dell'art. 62 del d.l. n. 112 del  2008,
come novellato dalla  legge  n.  203  del  2008,  valgono  anche  con
riguardo alle analoghe  censure  proposte  nei  confronti  del  testo
originario del predetto 62, commi 1 e 2, recante  sostanzialmente  le
stesse norme contenute nella citata legge n. 203 del 2008. 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i ricorsi, 
    Riservata ogni decisione sulle restanti questioni di legittimita'
costituzionale del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), come convertito, con  modificazioni,  dalla
legge 6 agosto  2008,  n.  133,  sollevate  dalle  Regioni  Veneto  e
Calabria con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    1) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 62, commi 01, 1, 2
e 3 del predetto d.l. n. 112 del 2008, promosse, in riferimento  agli
artt. 5, 97, 117, 118, 119 e 120 della  Costituzione,  dalla  Regione
Veneto con il ricorso n. 70 del 2008; 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 62, comma 01, del predetto d.l. n.  112  del
2008, promossa, in riferimento agli artt. 97, 117, 118  e  119  della
Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso n. 86 del 2008; 
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 62, comma 1, del predetto d.l.  n.  112  del
2008, cosi' come modificato dall'art. 3 della legge 22 dicembre 2008,
n. 203  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria  2009),  promossa,  in
riferimento agli artt. 97, 117, 118 e 119 della  Costituzione,  dalla
Regione Calabria con il ricorso n. 19 del 2009; 
    4)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 62, commi 1 e 2, del d.l. n. 112  del  2008,
nel testo anteriore alle modifiche  apportate  dal  suddetto  art.  3
della legge n. 203 del 2008, promosse, in riferimento agli artt. 97 e
118 della Costituzione, dalla Regione Calabria, con il ricorso n.  86
del 2008; 
    5)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 62, commi 3 e 6, del predetto  d.l.  n.  112
del 2008, cosi' come modificato dall'art. 3 della legge  n.  203  del
2008, promosse,  in  riferimento  agli  artt.  23,  97  e  118  della
Costituzione, dalla Regione Calabria, con il ricorso n. 19 del 2009; 
    6)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 62  del  predetto  d.l.  n.  112  del  2008,
promossa, in riferimento agli artt. 70 e 77 della Costituzione, dalla
Regione Calabria con il ricorso n. 86 del 2008; 
    7)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 62, commi 1 e 2, del d.l. n. 112  del  2008,
nel testo anteriore alle modifiche  apportate  dal  suddetto  art.  3
della legge n. 203 del 2008, promosse, in riferimento agli artt.  117
e 119 della Costituzione e  al  principio  di  leale  collaborazione,
dalla Regione Calabria, con il ricorso n. 86 del 2008; 
    8)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 62, commi 3 e 6, del predetto  d.l.  n.  112
del 2008, cosi' come modificato dall'art. 3 della legge  n.  203  del
2008,  promosse,  in  riferimento  agli  artt.  117   e   119   della
Costituzione e al principio di leale  collaborazione,  dalla  Regione
Calabria, con il ricorso n. 19 del 2009. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Quaranta 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 18 febbraio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola