N. 62 ORDINANZA 22 - 24 febbraio 2010

Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato. 
 
Parlamento - Immunita' parlamentari  -  Procedimento  civile  per  il
  risarcimento del danno promosso da un magistrato nei  confronti  di
  un deputato in relazione ad alcuni articoli da questi pubblicati  -
  Deliberazione di insindacabilita' delle opinioni  del  parlamentare
  adottata dalla Camera dei  deputati  -  Ricorso  per  conflitto  di
  attribuzione promosso dalla Corte di cassazione -  Sussistenza  dei
  requisiti soggettivo ed oggettivo per l'instaurazione del conflitto
  -  Ammissibilita'  del  ricorso  -  Comunicazione  e  notificazione
  conseguenti. 
- Delibera  della  Camera  dei  deputati  22  febbraio   2000   (Doc.
  IV-quater, n. 111). 
- Costituzione, art. 68, primo comma; legge 11  marzo  1953,  n.  87,
  art. 37. 
(GU n.9 del 3-3-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA , Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del  22
febbraio  2000  (doc.  IV  -   quater,   n.   111),   relativa   alla
insindacabilita',  ai  sensi  dell'art.  68,   primo   comma,   della
Costituzione, delle opinioni espresse dall'on.  Costantino  Belluscio
nei confronti  del  dott.  Salvatore  Senese,  promosso  dalla  Corte
suprema di cassazione - Sezione prima civile, con ricorso  depositato
in cancelleria il 3 giugno 2009 ed iscritto al  n.  10  del  registro
conflitti tra poteri dello Stato 2009, fase di ammissibilita'; 
    Udito nella Camera di consiglio del 13 gennaio  2010  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Ritenuto che la Corte suprema di cassazione, con ordinanza del 17
marzo 2009, depositata il 3 giugno 2009,  ha  promosso  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti  della  Camera  dei
deputati in riferimento alla delibera adottata il  22  febbraio  2000
(doc. IV - quater, n. 111), con la quale e' stato  dichiarato  che  i
fatti  per  i  quali  l'onorevole  Costantino   Belluscio,   deputato
all'epoca dei fatti medesimi, e' stato convenuto in giudizio da parte
del dott. Salvatore Senese, concernono opinioni espresse da un membro
del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi  dell'art.
68, primo comma, della Costituzione; 
        che la Corte  ricorrente  premette  che  il  dott.  Salvatore
Senese, magistrato  all'epoca  dei  fatti  componente  del  Consiglio
superiore della magistratura, aveva a suo tempo proposto querela  nei
confronti dell'allora deputato Costantino Belluscio,  per  aver  egli
pubblicato, tra l'agosto  ed  il  novembre  1982,  tre  articoli  sul
periodico Ordine Pubblico, rispettivamente dal titolo «Prima compagni
e poi giudici», «Polizia ? No, grazie» e «Ma quale  giustizia...»,  e
successivamente sui quotidiani L'Umanita' e Ragionamenti, nei  quali,
riportando in modo alterato le affermazioni contenute in uno  scritto
dello stesso Senese pubblicato  sul  volume  «Crisi  istituzionale  e
rinnovamento  della  giustizia»,  aveva   lasciato   trasparire   una
posizione del medesimo querelante  di  favore  e  sostegno  a  gruppi
eversivi e terroristici, con grave  lesione  della  sua  immagine  di
magistrato; 
        che, in particolare, il Belluscio aveva riportato  una  frase
del Senese «Il (nostro) disprezzo per le istituzioni e' ormai entrato
in molte coscienze democratiche», inserendovi l'aggettivo nostro  non
esistente nel testo originale, in tal modo attribuendo al  querelante
un atteggiamento di disprezzo verso  le  istituzioni;  aveva  inoltre
trasformato la sua attenzione verso le lotte sociali  «non  eversive,
non violente e nemmeno illegali,»  nella  esaltazione  di  «forme  di
violenza che si erano espresse in scioperi selvaggi,  in  occupazione
di case, nella spesa proletaria, nell'autoriduzione di tariffe, cioe'
in pratica i primi fuochi di guerriglia»; aveva, ancora,  commentato,
in uno degli articoli, «Che cosa significa tutto  cio',  se  non  una
copertura,  ammantata  da  motivazioni  sociologiche,  del   fenomeno
terroristico? Le Brigate Rosse hanno forse una filosofia diversa alla
base delle loro gesta?»,  omettendo  di  riportare  la  netta  e  non
rituale condanna del terrorismo e  della  violenza  politica  che  il
Senese aveva, invece, ribadito nel suo scritto; 
        che, negata nel 1987 l'autorizzazione a procedere - all'epoca
prevista - da parte della Camera dei deputati, il procedimento, prima
sospeso, veniva ripreso una volta esaurito  il  mandato  parlamentare
del Belluscio e veniva definito con sentenza della Corte  suprema  di
cassazione del  3  giugno  1993,  la  quale  dichiarava  estinto  per
intervenuta prescrizione il reato di diffamazione; 
        che il Senese proponeva, quindi, domanda di risarcimento  del
danno in sede civile e il Tribunale  di  Roma,  con  sentenza  del  4
aprile 2000, respingeva la domanda stessa; proposto appello, la Corte
di appello di Roma, con sentenza del 29 settembre 2003,  in  parziale
riforma  della  decisione  impugnata,  respingeva   la   domanda   di
risarcimento, ma  in  forza  di  una  diversa  motivazione,  giacche'
assumeva a base di essa la circostanza che la  Camera  dei  deputati,
con delibera del 22 febbraio 2000 - prodotta dal  Belluscio  -  aveva
dichiarato  la   insindacabilita'   delle   opinioni   espresse   dal
parlamentare negli scritti oggetto di causa; 
        che  la  Corte  territoriale  aveva  peraltro  disatteso   la
richiesta dell'appellante di  sollevare  conflitto  di  attribuzione,
reputando condivisibili i motivi indicati nella delibera e  priva  di
rilievo la circostanza  che  nella  interrogazione  parlamentare  del
Belluscio, menzionata nella delibera stessa, non fosse  riportato  il
nome del Senese o di altri esponenti della corrente associativa della
magistratura  cui  il  medesimo  apparteneva   e   sulla   quale   il
parlamentare aveva espresso una opinione fortemente critica; 
        che, avverso la sentenza di appello, il Senese aveva proposto
ricorso  per  cassazione,  contestando  la  sussistenza   del   nesso
funzionale tra attivita'  parlamentare  e  contenuto  degli  articoli
contestati, e denunciando, quindi, violazione degli artt.  68,  primo
comma,  24,  111,  sesto  comma,  e  134  Cost.,  nonche'  violazione
dell'art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti  dell'uomo
e omessa motivazione; 
        che, investita su tali punti, la Corte suprema di cassazione,
reputa, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di  appello,  di
dover  sollevare  conflitto  di  attribuzione  in  riferimento   alla
delibera di insindacabilita' adottata dalla Camera dei deputati il 22
febbraio 2000, nella quale  e'  stata  approvata  la  proposta  della
Giunta per le autorizzazioni a procedere del  9  febbraio  2000,  non
ritenendo  configurabile,  nella  specie,  il  nesso  funzionale  tra
attivita'  illecita  extra  moenia  e  funzioni   parlamentari,   che
costituisce, secondo la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  «l'unico
saldo criterio desumibile dal primo comma dell'art. 68 Cost.»; 
        che tale requisito, sottolinea infatti la  Corte  ricorrente,
presuppone, da un lato, che l'atto  esterno  debba  seguire  di  poco
tempo il  compimento  degli  atti  parlamentari,  cosi'  da  svolgere
rispetto ad essi  funzione  divulgativa;  dall'altro,  la  necessaria
corrispondenza di contenuto tra le opinioni espresse dal parlamentare
nell'esercizio delle sue funzioni e  le  dichiarazioni  esterne,  non
essendo sufficiente ne' una  comunanza  di  argomenti,  ne'  il  mero
contesto politico cui possono riferirsi le esternazioni; 
        che, per cio' che attiene al nesso temporale, lo  stesso  non
ricorrerebbe nella specie, in quanto gli articoli diffamatori  furono
pubblicati  tra  l'agosto  ed  il  novembre  1982,  mentre  gli  atti
parlamentari di riferimento risalgono al 30 giugno  ed  al  6  luglio
1982,  cosi'  come  neppure  sarebbe  ravvisabile   una   sostanziale
connessione fra articoli e attivita' parlamentare,  dal  momento  che
nella interrogazione del Belluscio non vi sarebbe  alcun  riferimento
alla persona del Senese, che all'epoca era componente  del  Consiglio
superiore della magistratura; 
        che pure il piu' ampio riferimento alle  idee  e  convinzioni
politiche  di  magistrati,  contenute  nella  replica   al   Ministro
dell'interno,  sono  rivolte  ai  magistrati  padovani  autori  delle
iniziative contro gli agenti del N.O.C.S.,  cosi'  come  il  richiamo
alla adesione ideologica alla corrente  di  Magistratura  democratica
non sarebbe automaticamente ricollegabile alla  persona  del  Senese,
anche se di quel gruppo era autorevole esponente; 
        che, pertanto, gli scritti  coperti  dalla  insindacabilita',
non sarebbero ne' riproduttivi, ne' divulgativi, ne' ripetitivi delle
opinioni espresse dal Belluscio  in  sede  parlamentare,  secondo  la
rassegna di  atti  operata  dalla  legge  30  giugno  2003,  n.  140,
inapplicabile ratione temporis, ma utilizzabile sul piano  esegetico,
ne'  sono  ad  essi  riconducibili  «le  manifestazioni  di  protesta
dinnanzi al carcere di Peschiera e  l'inchiesta  giornalistica  delle
quali e' pure menzione nella delibera della  Giunta  approvata  dalla
Camera dei deputati»; 
        che, d'altra parte - soggiunge, ancora, la Corte ricorrente -
il richiamo contenuto nella delibera allo scontro  politico  ed  alle
sue conseguenze, mutuato dall'atto con il quale nel 1987  l'Assemblea
aveva rifiutato la autorizzazione a  procedere,  puo'  consentire  di
estendere l'area della garanzia costituzionale, al punto  da  fungere
da «generica liberatoria» per ogni atto  del  parlamentare,  «purche'
connesso allo scontro meramente politico»,  generando,  quindi,  «una
erronea valutazione dei presupposti  richiesti  per  il  giudizio  di
insindacabilita'»; 
        che,  pertanto,   la   ricorrente   chiede   che   la   Corte
costituzionale voglia dichiarare che non  spettava  alla  Camera  dei
deputati  affermare  la  insindacabilita'  delle  opinioni   espresse
dall'allora deputato Costantino Belluscio negli  articoli  pubblicati
tra  l'agosto  e  il  novembre  1982,  posti  a  base  della  domanda
risarcitoria per cui e' processo. 
    Considerato che, in questa fase del giudizio, a  norma  dell'art.
37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  questa
Corte e' chiamata a  deliberare,  senza  contraddittorio,  in  ordine
all'esistenza  o  meno  della  «materia  di  un  conflitto   la   cui
risoluzione spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni
ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilita'; 
        che,  nella  fattispecie,  sussistono  tanto   il   requisito
soggettivo quanto quello oggettivo del conflitto; 
        che,  infatti,  quanto  al   requisito   soggettivo,   devono
ritenersi legittimati ad essere parte del presente conflitto  sia  la
Corte suprema di cassazione,  in  quanto  organo  giurisdizionale  in
posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente  a
dichiarare definitivamente, per il procedimento di cui e'  investita,
la volonta' del potere cui appartiene; sia la Camera dei deputati, in
quanto organo competente  a  dichiarare  definitivamente  la  propria
volonta' in ordine  all'applicabilita'  dell'art.  68,  primo  comma,
della Costituzione; 
        che, quanto al profilo oggettivo,  sussiste  la  materia  del
conflitto, dal momento che la Corte  ricorrente  lamenta  la  lesione
della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, da
parte della impugnata deliberazione della Camera dei deputati; 
        che, pertanto, esiste la materia  di  un  conflitto,  la  cui
risoluzione spetta alla competenza di questa Corte. 
 
                          Per questi motivi 
 
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11  marzo
1953, n. 87,  il  conflitto  di  attribuzione  proposto  dalla  Corte
suprema di cassazione, nei confronti della Camera dei  deputati,  con
l'atto introduttivo indicato in epigrafe; 
    Dispone: 
        a) che la Cancelleria della Corte dia immediata comunicazione
della presente ordinanza alla Corte suprema di cassazione; 
        b) che, a cura della ricorrente,  l'atto  introduttivo  e  la
presente ordinanza siano notificati  alla  Camera  dei  deputati,  in
persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla
comunicazione  di  cui  al  punto  a),  per  essere   successivamente
depositati,  con  la  prova   dell'avvenuta   notifica,   presso   la
Cancelleria di  questa  Corte  entro  il  termine  di  trenta  giorni
previsto dall'art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                        Il redattore: Grossi 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
        Depositata in cancelleria il 24 febbraio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola