N. 69 SENTENZA 22 - 26 febbraio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Telecomunicazioni - Regione Veneto - Regolamentazione  dell'attivita'
  dei centri di telefonia in sede fissa (phone  center)-  Obbligo  di
  conseguire l'autorizzazione comunale anche per i titolari di centri
  di telefonia in sede fissa gia'  attivi alla  data  di  entrata  in
  vigore della legge -  Eccezione  inammissibilita'  per  difetto  di
  rilevanza della questione - Reiezione. 
- Legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32, art. 12. 
- Costituzione, artt. 3, 41, 97 e 117. 
Telecomunicazioni - Regione Veneto - Regolamentazione  dell'attivita'
  dei centri di telefonia in sede fissa (phone center) -  Obbligo  di
  conseguire l'autorizzazione comunale anche per i titolari di centri
  di telefonia in sede fissa gia'  attivi alla  data  di  entrata  in
  vigore  della  legge  -  Eccezione  inammissibilita'  per   carente
  descrizione della fattispecie - Reiezione. 
- Legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32, art. 12. 
- Costituzione, artt. 3, 41, 97 e 117. 
Telecomunicazioni - Regione Veneto - Regolamentazione  dell'attivita'
  dei centri di telefonia in sede fissa (phone center) -  Obbligo  di
  conseguire l'autorizzazione comunale anche per i titolari di centri
  di telefonia in sede fissa gia'  attivi alla  data  di  entrata  in
  vigore della legge -  Eccezione  inammissibilita'  per  irrilevanza
  sopravvenuta della questione - Reiezione. 
- Legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32, art. 12. 
- Costituzione, artt. 3, 41, 97 e 117. 
Telecomunicazioni - Regione Veneto - Regolamentazione  dell'attivita'
  dei centri di telefonia in sede fissa (phone center) -  Obbligo  di
  conseguire l'autorizzazione comunale anche per i titolari di centri
  di telefonia in sede fissa gia'  attivi alla  data  di  entrata  in
  vigore della legge -  Eccezione  inammissibilita'  per  difetto  di
  rilevanza  per  insussistente  lesione  grave  e  attuale   per   i
  ricorrenti nel giudizio principale - Reiezione. 
- Legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32, art. 12. 
- Costituzione, artt. 3, 41, 97 e 117. 
Telecomunicazioni - Regione Veneto - Regolamentazione  dell'attivita'
  dei centri di telefonia in sede fissa (phone center) -  Obbligo  di
  conseguire l'autorizzazione comunale anche per i titolari di centri
  di telefonia in sede fissa gia'  attivi alla  data  di  entrata  in
  vigore  della  legge  -  Eccezione  inammissibilita'  per   carente
  descrizione della fattispecie concreta - Reiezione. 
- Legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32, art. 12. 
- Costituzione, artt. 3, 41, 97 e 117. 
Telecomunicazioni - Regione Veneto - Regolamentazione  dell'attivita'
  dei centri di telefonia in sede fissa (phone center) -  Obbligo  di
  conseguire l'autorizzazione comunale anche per i titolari di centri
  di telefonia in sede fissa gia'  attivi alla  data  di  entrata  in
  vigore  della  legge  -  Introduzione,  ad  opera  del  legislatore
  regionale,   di   un   vero   e   proprio   autonomo   procedimento
  autorizzatorio  per  lo  svolgimento  dell'attivita'  dei  predetti
  centri - Contrasto con le scelte operate dal legislatore statale in
  tema di liberalizzazione dei servizi di comunicazione elettronica e
  di semplificazione  procedimentale  -  Violazione  dei  criteri  di
  riparto delle competenze di cui all'art. 117 della  Costituzione  -
  Illegittimita'  costituzionale  -   Assorbimento   delle   restanti
  censure. 
- Legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32, art. 12. 
- Costituzione, art. 117 (artt. 3, 41 e 97). 
Telecomunicazioni - Regione Veneto - Regolamentazione  dell'attivita'
  dei  centri  di  telefonia  in  sede   fissa   (phone   center)   -
  Dichiarazione di illegittimita' costituzionale  delle  disposizioni
  che subordinano ad autorizzazione l'insediamento e la gestione  dei
  predetti centri  -  Sussistenza  di  un  inscindibile  rapporto  di
  strumentalita' delle restanti disposizioni  della  legge  regionale
  con  le  norme   dichiarate   incostituzionali   -   Illegittimita'
  costituzionale in via consequenziale. 
- Legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32. 
- Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27. 
(GU n.9 del 3-3-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE. 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  12   e
dell'articolo 12, comma 4, in combinato disposto con l'art. 2,  comma
2, lettera e), della legge della Regione Veneto 30 novembre 2007,  n.
32 (Regolamentazione dell'attivita' dei centri di telefonia  in  sede
fissa -  phone  center),  promossi   dal   Tribunale   amministrativo
regionale per il Veneto  con  due  ordinanze  del  23  febbraio  2009
iscritte ai nn. 106 e 132 del registro ordinanze  2009  e  pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 15 e  19,  prima  serie
speciale, dell'anno 2009; 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Veneto; 
    Udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 2010 e nella Camera di
consiglio del 10 febbraio 2010 il Giudice relatore Ugo De Siervo; 
    Uditi gli avvocati Ezio Zanon  e  Andrea  Manzi  per  la  Regione
Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ordinanza iscritta al r.o. n. 106 del 2009, il Tribunale
amministrativo regionale del Veneto ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 41, 97 e 117 della Costituzione, questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 12, nonche' del combinato  disposto  di  cui
agli articoli 12, comma 4, e 2, comma  2,  lettera  e),  della  legge
della Regione  Veneto  30  novembre  2007,  n.  32  (Regolamentazione
dell'attivita' dei centri di telefonia in sede fissa - phone center). 
    1.1. - Premette il rimettente che, ai sensi  del  censurato  art.
12, recante la disciplina transitoria,  «i  titolari  dei  centri  di
telefonia in sede fissa che gia' esercitano attivita' di cessione  al
pubblico di servizi telefonici alla data di entrata in  vigore  della
presente legge sono tenuti a: a) richiedere l'autorizzazione  di  cui
all'articolo 4 al comune competente  per  territorio  entro  sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge; b) porsi
in regola con le prescrizioni previste dall'articolo  4,  comma  3  e
dall'articolo 9 entro un anno dalla data di entrata in  vigore  della
presente legge, salvo proroga concessa dal comune, fino ad un massimo
di dodici mesi,  in  caso  di  comprovata  necessita'  e  su  istanza
motivata» (comma 1). 
    Ai sensi del successivo comma 2, il Comune dispone  «la  chiusura
immediata dei centri di telefonia in sede fissa di  cui  al  comma  1
quando il titolare  o  il  gestore  o  gli  altri  soggetti  indicati
dall'articolo 3, comma 3, non risultano  in  possesso  dei  requisiti
previsti dall'articolo 3, comma 1». 
    Il comma 3, poi, prescrive al competente Comune di effettuare  la
ricognizione dei centri di telefonia in sede fissa di cui al comma  1
e di disporne la chiusura «in caso di decorrenza del termine  di  cui
al comma 1, lettera b), senza che  il  titolare  abbia  provveduto  a
porsi in regola con le prescrizioni previste dall'articolo 4, comma 3
e dall'articolo 9». 
    Infine, il comma 4 stabilisce che «nei  centri  di  telefonia  in
sede fissa di cui al comma 1 cessa, dalla data di entrata  in  vigore
della presente  legge,  ogni  attivita'  diversa  da  quella  di  cui
all'articolo 2, comma 2, lettere b) ed e)», cioe' ogni attivita'  non
accessoria a quella di telefonia. 
    Precisa al riguardo  il  rimettente  che  l'art.  4  della  legge
regionale in oggetto prevede e disciplina  l'autorizzazione  comunale
allo svolgimento dell'attivita' qui considerata, mentre il successivo
art. 9 contempla i requisiti igienico-sanitari dei locali. 
    Inoltre, l'art. 2, comma 2, lettera e), qualifica come «attivita'
commerciale accessoria» «ogni attivita' riferita a servizi e prodotti
strettamente  connessi  alla  cessione  al  pubblico  di  servizi  di
telefonia». 
    2. - Riferisce  il  Tribunale  di  essere  chiamato  a  giudicare
dell'impugnazione, da parte della titolare di un centro di  telefonia
in sede fissa (phone center), del provvedimento del Comune di  Padova
del 25 luglio  2008,  di  rigetto  della  domanda  di  autorizzazione
presentata dalla stessa ricorrente.  Con  l'impugnato  provvedimento,
l'amministrazione  comunale  ha  disposto  la  contestuale   chiusura
dell'attivita', «in quanto  all'interno  dei  locali  destinati  alla
attivita' di telefonia viene esercitata l'attivita' di  trasferimento
internazionale di denaro (transfer money) - agenzia finanziaria,  non
considerata  attivita'  commerciale  accessoria  alla  attivita'   di
telefonia e pertanto in contrasto con quanto  previsto  dall'art.  2,
comma 3, e 12, comma 4 della legge regionale n. 32/2007». 
    Riferisce il TAR rimettente di aver accolto  l'istanza  cautelare
presentata dalla ricorrente sospendendo il provvedimento impugnato. 
    Espone il giudice a quo che la ricorrente esercita l'attivita' di
telefonia in sede fissa in seguito alla  presentazione,  in  data  27
marzo 2006, della dichiarazione  di  inizio  attivita'  al  Ministero
delle comunicazioni, nonche' sulla base della licenza della  Questura
di Padova, come da domanda presentata in data 31 marzo 2006. 
    La ricorrente ha dichiarato di  avere  presentato  al  Comune  di
Padova, in data  15  febbraio  2008,  la  domanda  di  autorizzazione
prescritta dall'art. 12 in oggetto. Nella domanda  la  ricorrente  ha
precisato che «il money transfer e' stato chiuso». 
    L'adito Comune, con  nota  del  16  aprile  2008,  ha  comunicato
l'avvio del procedimento di diniego  e  di  chiusura  dell'attivita',
all'esito di  un  sopralluogo  nel  corso  del  quale  sarebbe  stato
accertato il perdurante svolgimento, congiuntamente  al  servizio  di
telefonia, dell'attivita' di trasferimento internazionale di denaro. 
    3.  -  In  punto  di  rilevanza,  sostiene  il   rimettente   che
l'accoglimento   della    presente    questione    di    legittimita'
costituzionale «sarebbe in grado di per se'  di  soddisfare  in  modo
pieno l'interesse perseguito dalla ricorrente giacche',  per  effetto
della dichiarata incostituzionalita' del  citato  art.  12,  verrebbe
meno  la  necessita'  di  uno  specifico  e  autonomo   provvedimento
autorizzatorio comunale per consentire l'esercizio della attivita' di
phone center». 
    Il TAR e', infine, dell'avviso che l'accoglimento  della  domanda
cautelare  non  tolga  rilevanza  alla  questione   di   legittimita'
costituzionale, dato che la sospensiva  e'  stata  accordata  in  via
temporanea fino alla ripresa del giudizio  cautelare  successivamente
alla pronuncia della Corte costituzionale (al riguardo sono citate le
sentenze n. 183 del 1997, n. 30 del 1995, n. 451 del 1993  e  n.  444
del 1990). 
    4. - In punto di non manifesta infondatezza,  per  il  rimettente
l'attivita'  svolta  dai  centri  di  telefonia  in  sede  fissa   e'
qualificabile, alla luce di quanto dispone il decreto legislativo  1°
agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni  elettroniche),  come
fornitura al pubblico di servizi di comunicazione  elettronica:  cio'
alla luce della sentenza n. 350 del 2008, con la quale  questa  Corte
ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6 (Norme per l'insediamento  e  la
gestione di centri di telefonia in sede fissa), e della  sentenza  n.
25 del 2009, con la quale questa Corte ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Veneto n. 32 del
2007. 
    Inoltre, l'attivita' di trasferimento di denaro all'estero (money
transfer)  non  puo'  essere  fatta   rientrare   nell'ambito   della
«attivita' commerciale accessoria (...) riferita a servizi e prodotti
strettamente  connessi  alla  cessione  al  pubblico  di  servizi  di
telefonia». Il servizio di trasferimento  internazionale  di  denaro,
infatti,   appare   analogo   al   servizio   offerto   dal   sistema
interbancario. Esso, inoltre, non implica necessariamente  l'utilizzo
dei servizi telefonici o telematici del centro di telefonia  in  sede
fissa. 
    4.1. - Tutto cio' premesso, il rimettente censura  la  disciplina
transitoria di cui all'art. 12 della legge regionale n. 32  del  2007
per contrasto con l'art. 117  Cost.,  «in  relazione  al  sistema  di
riparto delle competenze legislative Stato-Regione», nella  parte  in
cui prescrive l'obbligo dell'autorizzazione  comunale,  nel  rispetto
dei requisiti di cui agli articoli 3, 4 e 9, anche per i titolari  di
centri di telefonia in sede fissa gia' attivi alla data di entrata in
vigore della stessa legge regionale. 
    A questo proposito, il giudice a quo richiama la sentenza n.  350
del 2008, con la quale questa Corte ha statuito che confligge con  le
scelte operate dal legislatore statale in  tema  di  liberalizzazione
dei  servizi  di  comunicazione  elettronica  e  di   semplificazione
procedimentale l'introduzione, ad opera del legislatore regionale, di
un  vero  e  proprio  autonomo  procedimento  autorizzatorio  per  lo
svolgimento dell'attivita' dei centri di telefonia. 
    Quanto al caso di specie, al giudice a quo appare evidente che le
statuizioni rese da questa Corte con la sentenza n. 350 del 2008  «si
riflettono sulla disciplina - transitoria, ma non solo  -  introdotta
dalla Regione Veneto con l'art. 12 della legge n. 32  del  2007».  La
previsione dell'obbligo di munirsi di autorizzazione comunale  appare
confliggere con l'art. 117 della Costituzione per le medesime ragioni
che hanno indotto questa  Corte  a  dichiarare  l'incostituzionalita'
della disciplina legislativa posta dalla Regione Lombardia. 
    4.2. - Il rimettente censura, altresi', il combinato disposto  di
cui agli artt. 12, comma 4, e 2, comma 2,  lettera  e),  della  legge
regionale qui scrutinata, in forza del quale e' vietato, a  decorrere
dalla data di entrata in vigore  della  stessa  legge  regionale,  lo
svolgimento di attivita'  commerciali  non  accessorie  a  quella  di
telefonia, tra le  quali  rientrerebbe  quella  di  trasferimento  di
denaro all'estero. 
    La denunciata disciplina produrrebbe una discriminazione idonea a
tradursi   in   una   restrizione   ingiustificata    al    principio
costituzionale di libera iniziativa economica, in contrasto,  quindi,
con gli artt. 3 e 41 Cost. Per  il  giudice  a  quo,  il  legislatore
veneto avrebbe introdotto un elemento di rigidita' del sistema che si
tradurrebbe in una «limitazione quantitativa  dell'offerta  economica
di servizi, in danno dei gestori di phone  center  nei  riguardi  dei
quali, diversamente da quanto avviene per altri operatori  economici,
e'  ingiustificatamente  preclusa   la   possibilita'   di   cumulare
l'esercizio  dell'attivita'  di  cessione  al  pubblico  di   servizi
telefonici con lo svolgimento di un'altra attivita'  economica  -  il
trasferimento all'estero di denaro, appunto - pienamente  compatibile
e liberamente esercitatile dai titolari di attivita' non  disomogenee
(come rivendite di tabacchi, ricevitorie e internet point)». 
    Al   riguardo,   il   rimettente   richiama    la    segnalazione
dell'Autorita' garante della concorrenza e  del  mercato  24  gennaio
2008,  n.  AS  443  con  la  quale  si  rileva  che  «il  divieto  di
svolgimento, nei centri di telefonia fissa, di servizi diversi  dalla
cessione  al  pubblico  di  servizi   telefonici   e   dell'attivita'
commerciale   accessoria   (...)   rappresenta   una   ingiustificata
limitazione quantitativa e qualitativa della  offerta,  in  contrasto
con le esigenze di salvaguardia della concorrenza  e,  peraltro,  con
l'art. 3, lettera c), del decreto-legge n. 223 del 2006 che,  in  una
prospettiva di liberalizzazione degli  accessi  al  mercato,  esclude
l'applicazione   di   limitazioni    quantitative    all'assortimento
merceologico offerto  negli  esercizi  commerciali,  fatta  salva  la
distinzione tra settore alimentare e non alimentare». 
    Per l'autorita' rimettente, il combinato disposto degli artt. 12,
comma 4, e 2, comma 2, lettera e), della legge regionale  n.  32  del
2007 violerebbe altresi' gli articoli 3 e 97 Cost.,  sotto  l'aspetto
della  irragionevolezza,  connessa   al   carattere   sostanzialmente
retroattivo  del  divieto  di  cumulo  tra   le   diverse   attivita'
economiche. 
    Rievocata la giurisprudenza costituzionale  sulla  retroattivita'
delle leggi, il giudice a quo rileva che le aspettative dei  titolari
e dei gestori dei centri di telefonia in sede fissa  gia'  attivi  di
poter svolgere - e continuare a svolgere - anche altre  attivita',  e
non solo le attivita'  accessorie  alla  telefonia,  appaiono  essere
state irragionevolmente frustrate. 
    5. - La Regione Veneto,  intervenuta  nel  presente  giudizio  di
legittimita' costituzionale con atto depositato  il  4  maggio  2009,
ritiene  le  prospettate   questioni   inammissibili   e,   comunque,
infondate. 
    5.1. - Irrilevante si rivelerebbe, secondo la  difesa  regionale,
la censura dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 12, atteso  che  la  chiusura
del centro di telefonia in sede fissa risulta essere  stata  disposta
per  la  violazione  del   divieto   di   esercitare   attivita'   di
trasferimento internazionale di denaro. 
    Al riguardo, proprio in relazione ai suddetti  commi  1,  2  e  3
risulterebbe carente la descrizione della fattispecie concreta. 
    5.2. -  Nel  merito,  per  la  Regione  interveniente  l'asserita
violazione   del   riparto   delle   attribuzioni   legislative   non
sussisterebbe, avendo la  legge  regionale  in  parola  disciplinato,
nell'esercizio di una potesta'  legislativa  residuale,  gli  aspetti
commerciali dei centri di telefonia in sede fissa. 
    La prescritta autorizzazione, in aggiunta alla  dichiarazione  di
inizio   attivita'   prevista   dal   Codice   delle    comunicazioni
elettroniche, mira - secondo la difesa regionale - a verificare che i
locali nei quali si svolge l'attivita' di telefonia  siano  idonei  e
rispettino le norme in  materia  edilizia,  igienico-sanitaria  e  di
sicurezza. 
    Quanto, poi, al divieto di esercitare, all'interno dei centri  di
telefonia in sede fissa, attivita' diverse da quelle accessorie, esso
riposa sulla volonta'  di  precludere  lo  svolgimento  di  attivita'
commerciali diverse da quelle per le quali il gestore  ha  conseguito
la prescritta autorizzazione. Per l'esplicazione di tali attivita'  i
gestori devono uniformarsi alla specifica  disciplina  di  settore  e
devono conseguire l'apposito titolo abilitativo. 
    Peraltro - precisa  la  difesa  regionale  -  lo  svolgimento  di
attivita' non consentite non e' punito con la chiusura del centro  di
telefonia, essendo al contrario comminata  una  sanzione  pecuniaria.
Nel caso di specie,  dunque,  il  Comune  di  Padova,  disponendo  la
cessazione dell'attivita', avrebbe interpretato in maniera  scorretta
la disciplina legislativa in oggetto. 
    Infondata  sarebbe,  infine,  la  censura  basata  sulla  pretesa
violazione dell'art. 41 della Costituzione. Nel  bilanciamento  degli
interessi   contemplati   da   questa   previsione    costituzionale,
risulterebbero preminenti la sicurezza, la  liberta'  e  la  dignita'
umana «il cui rispetto puo' essere garantito unicamente  mediante  la
verifica del rispetto dei requisiti necessari per  svolgere  ciascuna
attivita' economica». 
    6. - Con ordinanza iscritta al r.o. n. 132 del 2009, il Tribunale
amministrativo regionale del Veneto ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 41, 97 e 117 della Costituzione, questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 12, nonche' del combinato  disposto  di  cui
agli articoli 12, comma 4, e 2, comma  2,  lettera  e),  della  legge
della Regione Veneto n. 32 del 2007. 
    6.1. - Espone il  giudice  a  quo  di  essere  stato  chiamato  a
sindacare la  legittimita'  di  atti  amministrativi  del  Comune  di
Conegliano e della Regione Veneto, impugnati da  alcuni  titolari  di
centri di telefonia in sede fissa. 
    Riferisce il rimettente che i ricorrenti nel giudizio  principale
sono titolari, da alcuni anni, di centri di telefonia in sede  fissa.
Essi svolgono, altresi', attivita'  di  trasferimento  all'estero  di
denaro  (money  transfer),  quali  sub-mandatari  di  una  importante
societa' di servizi finanziari. 
    I  ricorrenti,  con  il  ricorso  introduttivo,   hanno   chiesto
l'annullamento dell'ordinanza del Sindaco di Conegliano 25  settembre
2007, n. 270, recante i «requisiti igienici,  di  pubblica  sicurezza
degli orari per l'attivazione di centri di telefonia  in  sede  fissa
(phone center)», nella parte in cui detta  prescrizioni  generali  in
materia, estese altresi'  alle  attivita'  gia'  insediate,  pena  la
sospensione dell'attivita' «per il periodo necessario al  realizzo  o
al ripristino  delle  condizioni  previste  dai  punti  citati».  E',
altresi', impugnata la delibera  della  Giunta  regionale  27  luglio
2006, n. 2346, recante  le  «linee  guida  regionali  in  materia  di
requisiti igienici per l'attivazione di centri di telefonia  in  sede
fissa (phone center)». I ricorrenti chiedono, infine, la condanna del
Comune di Conegliano al risarcimento del danno. 
    Con ricorso per  motivi  aggiunti,  i  ricorrenti  hanno  chiesto
l'annullamento della successiva ordinanza del Sindaco  di  Conegliano
13 dicembre 2007, n. 357, con la quale - revocata l'ordinanza n.  270
- e'  stato  ingiunto  agli  esercenti  le  attivita'  di  centri  di
telefonia  in  sede  fissa  presenti  sul  territorio   comunale   di
uniformarsi alle sopravvenute disposizioni della legge  regionale  n.
32 del 2007. 
    7. - In punto di rilevanza, ritiene il rimettente che l'ordinanza
n. 357 del 2007, nel disporre che i gestori di centri di telefonia in
sede fissa  si  adeguino  alle  disposizioni  contenute  nella  legge
regionale n. 32 del 2007, e nello stabilire che nei  suddetti  centri
di telefonia non sono ammesse attivita'  commerciali  non  accessorie
rispetto alla cessione al pubblico di servizi telefonici tra cui,  in
particolare, il servizio di trasferimento di  denaro  internazionale,
appare idonea a produrre effetti gravemente  lesivi  degli  interessi
vantati dai ricorrenti. 
    Piu' precisamente, l'immediata lesivita' dell'atto  impugnato  e'
ascrivibile, innanzitutto, alla parte in cui esso prescrive l'obbligo
di adeguamento a quanto previsto dagli articoli 4  e  9  della  legge
regionale in parola. L'effetto pregiudizievole  e',  poi,  imputabile
alla parte in cui, sia pure  implicitamente,  vieta  di  svolgere  il
servizio di trasferimento internazionale di denaro «poiche'  tutti  i
ricorrenti dichiarano di  ricavare,  dal  servizio  stesso,  introiti
significativi». Per il giudice a quo, la circostanza  che  il  Comune
non abbia, finora, obbligato i gestori alla dismissione del  servizio
di, trasferimento internazionale di denaro e che gli stessi non siano
stati, fino a questo momento, sanzionati dal medesimo Comune  per  la
violazione  del  divieto   anzidetto,   «non   elide   il   carattere
immediatamente   e    direttamente    lesivo    della    prescrizione
dell'ordinanza secondo la quale nei centri di telefonia un sede fissa
non e' ammessa l'attivita' di trasferimento internazionale di denaro,
a fronte di un divieto ex lege che  decorre  dal  19  dicembre  2007,
atteso che risulta evidente come i ricorrenti continuino  a  svolgere
il  servizio  di  trasferimento  di  denaro   all'estero   a   titolo
assolutamente precario». 
    Similmente - prosegue il rimettente - il fatto che  l'adeguamento
ai requisiti debba avvenire, ai sensi dell'art. 12, comma 1,  lettera
b), della legge regionale in questione,  entro  un  anno  dalla  data
della entrata in vigore della legge medesima, salvo proroga  concessa
dal Comune, non toglie all'ordinanza il suo  carattere  precettivo  e
vincolante per i destinatari dell'atto, e, quindi, la sua idoneita' a
pregiudicare  gli  interessati,   tenuto   conto   della   dichiarata
impossibilita' di rispettare  i  requisiti  richiesti,  giacche'  «le
dimensioni dei locali a disposizione dei ricorrenti sono tali da  non
potersi pretendere la benche' minima modifica rispetto alle dotazioni
esistenti». 
    In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente  espone  le
medesime argomentazioni sviluppate nell'ordinanza iscritta al r.o. n.
106 del 2009. 
    8. - La Regione Veneto, costituitasi  nel  presente  giudizio  di
legittimita' costituzionale con atto depositato il  1°  giugno  2009,
ritiene  le  prospettate   questioni   inammissibili   e,   comunque,
infondate. 
    8.1.  -  La  difesa  regionale,  in  via   preliminare,   ritiene
irrilevante la questione di costituzionalita'  relativa  all'art.  12
della legge regionale n. 32 del 2007 nella parte in cui prescrive  il
conseguimento di un'apposita autorizzazione  e  nella  parte  in  cui
impone la conformazione ai nuovi requisiti. 
    Il Comune di Conegliano non  avrebbe  disposto  la  chiusura  dei
centri  di  telefonia  non  in  regola,  e  non  avrebbe  imposto  la
dismissione del servizio di trasferimento internazionale  di  denaro.
Come riconosciuto nella stessa ordinanza di rimessione, i  ricorrenti
nel giudizio principale continuano a svolgere  regolarmente  la  loro
attivita', ivi compresa quella  di  trasferimento  di  denaro,  senza
alcun pregiudizio economico. 
    La  censura  sarebbe,  poi,  inammissibile  anche   per   carente
descrizione della fattispecie concreta. 
    8.2. -  Nel  merito,  la  difesa  regionale  espone  le  medesime
argomentazioni sviluppate nell'atto di  intervento  nel  giudizio  di
costituzionalita' instaurato con l'ordinanza iscritta al r.o. n.  106
del 2009. 
    9. - In data 20 gennaio 2010, la  Regione  Veneto  ha  depositato
fuori termine una memoria nel giudizio di legittimita' costituzionale
instaurato con l'ordinanza di cui al r.o. n. 132  del  2009,  fissato
per l'udienza pubblica del 9 febbraio 2010. 
    10. - Nella medesima data, la difesa regionale ha depositato  una
memoria di  identico  contenuto  nel  giudizio  di  costituzionalita'
instaurato con l'ordinanza di cui al r.o. 106 del 2009,  fissato  per
la camera di consiglio del 10 febbraio 2010. 
    In tale atto, la interveniente, oltre a ribadire le eccezioni  di
inammissibilita' gia' formulate, rileva come  medio  tempore  sarebbe
intervenuta la cessazione  dell'attivita'  imprenditoriale  da  parte
della ricorrente e la cancellazione dal registro delle imprese  della
stessa  a  far  data  dal  12  maggio   2009.   Cio'   determinerebbe
l'irrilevanza sopravvenuta delle questioni in oggetto. 
    10.1. - Nel merito la Regione, rilevato che le motivazioni  poste
dal rimettente a base delle censure di costituzionalita' sono mutuate
dalla sentenza  n.  350  del  2008,  critica  in  modo  analitico  le
argomentazioni addotte nella citata pronuncia. 
    Per la difesa regionale, i centri di telefonia in sede  di  fissa
non costituirebbero modalita' di esplicazione del diritto di  accesso
ai mezzi di  comunicazione  elettronica.  Sicche',  il  Codice  delle
comunicazioni, di attuazione della normativa comunitaria, non sarebbe
ad essi applicabile. 
    In  particolare,  la  direttiva  7  marzo  2002,  n.   2002/21/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che  istituisce  un
quadro normativo comune per le reti ed  i  servizi  di  comunicazione
elettronica - Direttiva quadro) individuerebbe i servizi  consistenti
esclusivamente o prevalentemente nella  trasmissione  di  segnali  su
reti di comunicazioni elettroniche, e non  ai  servizi  per  accedere
alla reti di comunicazione. 
    Nel Codice delle comunicazioni, l'accesso al terminale telefonico
fornito dai centri di telefonia in sede fissa non rientrerebbe  nella
definizione di «servizio di comunicazione elettronica» data dall'art.
1 dello stesso Codice. 
    Tuttavia, «eccezionalmente», l'art. 25  del  Codice  richiede  al
gestore di un servizio di telefonia pubblica a  pagamento  lo  stesso
tipo  di  autorizzazione  prevista  per  l'«operatore»,   cioe'   per
l'impresa autorizzata a fornire una rete o lo strumento  di  supporto
ad essa. Ma questo sarebbe l'unico elemento che accomunerebbe le  due
figure. 
    Inoltre,  la  Regione  contesta  che  dal  citato   art.   25   e
dall'allegato  9  al  Codice  risultino  elementi  per  ritenere  che
nell'autorizzazione unica  ivi  prevista  siano  assorbite  anche  le
autorizzazioni necessarie per l'impiego dei locali in cui  e'  svolta
l'attivita'. 
    Piu'  in  generale,  il  suddetto   Codice   non   abbraccerebbe,
nell'ambito delle competenze legislative statali, ogni aspetto  delle
attivita' collegate alla disciplina  delle  reti  e  dei  servizi  di
comunicazione elettronica e rientrante nelle  funzioni  istituzionali
delle Regioni e degli enti  locali.  Lo  stesso  art.  5  del  Codice
farebbe salve le competenze legislative e regolamentari delle Regioni
e Province autonome. 
    In  definitiva,  per   la   interveniente   sarebbe   del   tutto
inappropriata l'affermazione, contenuta nella  sentenza  n.  350  del
2008, secondo cui la disciplina del  Codice  delle  comunicazioni  si
estenderebbe ai trasferimento  internazionale  di  denaro,  con  cio'
venendo meno il presupposto normativo sul quale riposa la  competenza
legislativa esclusiva dello Stato. 
    10.2. - Quanto alle ragioni sottese alla disciplina sottoposta al
vaglio di questa Corte, la  difesa  regionale  osserva  come  con  la
denominazione di centri di telefonia in sede fissa  si  identifichino
attivita'  commerciali  ove,  accanto  all'attivita'   di   telefonia
pubblica, sono svolte ulteriori e molteplici attivita'. Con la citata
locuzione s'intenderebbe, percio', fare  riferimento  ad  una  «sorta
atipica di pubblico esercizio coinvolgente vari tipi  di  attivita'»,
tra i quali quella di «connessione telefonica internazionale da posto
fisso». 
    L'adozione della legge regionale n. 32  del  2007  sarebbe  stata
determinata dalla volonta' di imporre l'adeguamento dei  locali  agli
standard previsti per le attivita' commerciali.  E'  stata,  percio',
introdotta  la  necessita'  di   un'autorizzazione   subordinata   al
ricorrere di specifici presupposti, analogamente a quanto avviene per
ogni altra tipologia di attivita' di commercio, al fine di «governare
in sede amministrativa locale le forme di  vita  sociale  occasionate
dalla presenza di  un  servizio  di  interesse  collettivo  (...)  in
assenza di principi generali o criteri  provenienti  dal  legislatore
nazionale». 
    Quanto al  divieto  di  esercitare,  all'interno  dei  centri  di
telefonia in  sede  fissa,  attivita'  non  accessoria  a  quella  di
telefonia,  il  legislatore  regionale  avrebbe  inteso  «evitare  lo
svolgimento di attivita' diverse da quella per il quale il gestore e'
stato autorizzato». Cio' in quanto  l'autorizzazione  all'apertura  e
all'esercizio   di   centri   in   questione    non    comprenderebbe
l'autorizzazione  all'esercizio  di  altre   attivita'.   Altrettanto
varrebbe per l'attivita' di trasferimento  internazionale  di  denaro
per lo svolgimento della quale dovrebbe  essere  conseguita  apposita
autorizzazione. 
    Insussistente  sarebbe,  altresi',  l'asserito  contrasto   delle
disposizioni censurate con  l'art  41  Cost.  dal  momento  che,  nel
bilanciamento di interessi imposto da tale previsione, risulterebbero
prevalenti la sicurezza, la liberta' e dignita' umana il cui rispetto
potrebbe essere garantito solo mediante il  controllo  dei  requisiti
previsti per lo svolgimento di ciascuna attivita' economica. 
    Neppure vi sarebbe, inoltre, l'asserita violazione dell'art.  117
Cost. giacche' il legislatore veneto avrebbe inteso disciplinare solo
gli aspetti commerciali dei centri di telefonia in sede fissa. 
    In definitiva, la Regione Veneto rivendica non  solo  la  propria
competenza nella suddetta materia, ma anche «il  ruolo  istituzionale
dell'ente Regione di concorrere,  quale  soggetto  costituzionale,  a
perseguire  nelle  proprie  materie  gli  obiettivi  fondamentali  di
convivenza civile come  delineati  nei  principi  fondamentali  della
nostra Costituzione». I problemi sottesi all'introduzione della legge
censurata non potrebbero essere risolti in base ad una logica di mero
riparto delle competenze, assegnandone la esclusiva  disciplina  allo
Stato. In tal modo si allontanerebbe la responsabilita'  del  governo
del territorio dai problemi  locali  con  conseguente  «accentuazione
delle risposte in chiave di interventi di ordine e sicurezza pubblica
anziche'  di  preventiva  organizzazione  dei   rapporti   civili   e
amministrativi»  attraverso  l'esercizio  dei  compiti  istituzionali
degli enti locali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale  del  Veneto,  con  le
ordinanze iscritte al r.o. nn. 106 e 132 del 2009, adottate nel corso
di  altrettanti  giudizi,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 12, nonche' del combinato  disposto  di  cui
agli articoli 12, comma 4, e 2, comma  2,  lettera  e),  della  legge
della Regione  Veneto  30  novembre  2007,  n.  32  (Regolamentazione
dell'attivita' dei centri di telefonia in sede fissa - phone center),
in riferimento agli artt. 3, 41, 97 e 117 della Costituzione. 
    2. - I giudizi a quibus sono stati instaurati  su  iniziativa  di
alcuni gestori di centri di telefonia in sede fissa, gia' attivi alla
data di entrata in vigore della legge regionale n.  32  del  2007,  i
quali hanno impugnato atti  amministrativi  fondati  sulla  censurata
disciplina  e  destinati  ad  incidere,  in  senso  ostativo,   sullo
svolgimento delle rispettive attivita'. 
    3. - Il rimettente censura, innanzitutto, l'art. 12  della  legge
regionale in oggetto, nella  parte  in  cui  prescrive  l'obbligo  di
conseguire l'autorizzazione comunale, nel rispetto dei  requisiti  di
cui agli articoli 3, 4 e 9 della stessa legge, anche per  i  titolari
di centri di telefonia in sede fissa che gia' esercitano attivita' di
cessione al pubblico di servizi telefonici alla data  di  entrata  in
vigore  della  stessa  legge  regionale.  La  censurata  disposizione
violerebbe l'art. 117 Cost., in relazione al riparto delle competenze
di Stato e Regioni, essendo incompatibile con le scelte  operate  dal
legislatore statale  in  tema  di  liberalizzazione  dei  servizi  di
comunicazione  elettronica  e   di   semplificazione   procedimentale
l'introduzione, ad opera del legislatore  regionale,  di  un  vero  e
proprio  autonomo  procedimento  autorizzatorio  per  lo  svolgimento
dell'attivita' di telefonia in sede fissa (come  statuito  da  questa
Corte nella sentenza n. 350 del 2008). 
    Il rimettente censura, altresi', il  combinato  disposto  di  cui
agli artt. 12, comma 4,  e  2,  comma  2,  lettera  e),  della  legge
regionale in parola, in forza del quale e' vietato, a decorrere dalla
data  di  entrata  in  vigore  della  stessa  legge   regionale,   lo
svolgimento di attivita'  commerciali  non  accessorie  a  quella  di
telefonia, tra le quali quella di trasferimento di denaro  all'estero
(c.d. money transfer). Il censurato combinato disposto violerebbe gli
artt. 3 e 41 Cost., avendo introdotto una  discriminazione  idonea  a
tradursi   in   una   restrizione   ingiustificata    al    principio
costituzionale di libera iniziativa economica, nonche' gli artt. 3  e
97 Cost., trattandosi  di  disciplina  irragionevolmente  retroattiva
idonea a frustrare le aspettative dei  titolari  e  dei  gestori  dei
centri di telefonia in sede fissa gia' attivi, di poter  svolgere,  e
continuare a svolgere, anche altre attivita' e non solo le  attivita'
accessorie alla telefonia. 
    4. - Le ordinanze di rimessione  sollevano  questioni  identiche,
onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti  con  unica
decisione. 
    5. - In via  preliminare,  sono  da  rigettare  le  eccezioni  di
inammissibilita' prospettate dalla difesa  regionale  in  entrambi  i
giudizi. 
    5.1. - Nel giudizio instaurato con l'ordinanza iscritta  al  r.o.
n.  106   del   2009,   la   Regione   ha   eccepito,   innanzitutto,
l'inammissibilita'  per  difetto  di  rilevanza  della  questione  di
costituzionalita' relativa ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 12, atteso che
la chiusura del centro di telefonia  in  sede  fissa  risulta  essere
stata disposta per la violazione del divieto di esercitare  attivita'
di   trasferimento   internazionale   di   denaro,   mentre   nessuna
contestazione sarebbe stata mossa in ordine al mancato rispetto delle
prescrizioni di cui agli altri commi dell'art. 12. 
    I  primi  tre  commi   del   censurato   art.   12   contemplano,
rispettivamente, l'obbligo di richiedere la prescritta autorizzazione
comunale e l'obbligo di conformarsi alle prescrizioni previste  dagli
artt. 4 e 9; la chiusura immediata dei centri di  telefonia  in  sede
fissa privi dei requisiti di cui  all'art.  3;  la  ricognizione  dei
centri di telefonia  in  sede  fissa  con  conseguente  chiusura  dei
medesimi in caso di mancato adeguamento alle suddette prescrizioni. 
    Dalla narrazione dei fatti sviluppata nell'ordinanza  di  rinvio,
si evince chiaramente che il rimettente e' stato chiamato a giudicare
dell'impugnazione, da parte della titolare di un centro di  telefonia
in sede fissa, del provvedimento con cui il Comune  ha  rigettato  la
domanda di autorizzazione presentata dalla ricorrente. Con lo  stesso
provvedimento, l'amministrazione comunale ha disposto la  contestuale
chiusura dell'attivita', «in quanto all'interno dei locali  destinati
alla  attivita'  di  telefonia  viene   esercitata   l'attivita'   di
transfer-money  -  agenzia  finanziaria,  non  considerata  attivita'
commerciale accessoria alla attivita'  di  telefonia  e  pertanto  in
contrasto con quanto previsto dall'art. 2, comma 3, e  12,  comma  4,
della l.r. n. 32/2007». 
    La circostanza, messa in evidenza  dalla  Regione  interveniente,
che il Comune di Padova abbia disposto  la  chiusura  del  centro  di
telefonia in sede fissa anziche' irrogare la sanzione pecuniaria  ivi
prevista, cosi' interpretando scorrettamente la disciplina in parola,
non incide sulla rilevanza della questione,  trattandosi  di  profilo
rimesso all'apprezzamento esclusivo del giudice a quo. 
    5.2. - Nel medesimo giudizio instaurato con l'ordinanza  r.o.  n.
106  del  2009,   la   difesa   regionale   ha,   inoltre,   eccepito
l'inammissibilita' della questione per carente la  descrizione  della
fattispecie concreta in relazione alle previsioni di cui ai primi tre
commi del censurato art. 12. 
    Anche questa eccezione e' priva di fondamento. 
    Dall'ordinanza di rimessione emerge chiaramente che la ricorrente
esercita l'attivita' di telefonia  in  sede  fissa  in  seguito  alla
presentazione della dichiarazione di inizio  attivita'  al  Ministero
delle comunicazioni, nonche' sulla base della licenza del Questore di
Padova; che la stessa ricorrente ha presentato al Comune di Padova la
domanda di autorizzazione prescritta dall'art.  12  in  esame  e  che
l'adito Comune ha comunicato l'avvio del procedimento di diniego e di
chiusura dell'attivita' in relazione  all'esito  di  un  sopralluogo,
eseguito dalla Polizia municipale, nel corso del quale sarebbe  stato
accertato lo svolgimento, congiuntamente al  servizio  di  telefonia,
dell'attivita'  di  trasferimento  internazionale  di  denaro;   che,
infine, l'istanza di autorizzazione e' stata rigettata. 
    Poiche', dunque,  il  rimettente  ha  operato  una  esauriente  e
circostanziata descrizione  della  fattispecie  concreta  l'eccezione
deve essere rigettata. 
    5.3. - Altrettanto non fondata e' l'eccezione di inammissibilita'
per irrilevanza sopravvenuta della questione formulata dalla  Regione
Veneto nella  memoria  presentata  in  prossimita'  della  camera  di
consiglio. 
    Tale eccezione e' motivata dalla circostanza che, medio  tempore,
sarebbero intervenute la cessazione dell'attivita' imprenditoriale da
parte della ricorrente e la cancellazione dal registro delle  imprese
della stessa. 
    Secondo   l'orientamento   consolidato    della    giurisprudenza
costituzionale il requisito della rilevanza riguarda solo il  momento
genetico in cui il dubbio di costituzionalita' viene sollevato, e non
anche il lasso temporale successivo alla proposizione  dell'incidente
di costituzionalita'. Di conseguenza, i fatti sopravvenuti  non  sono
in grado di influire sul giudizio costituzionale (cfr., tra le molte,
le sentenze n. 442 del 2008 e n. 288 del 2007, nonche' l'ordinanza n.
110 del 2000). 
    5.4. - Nel giudizio instaurato con l'ordinanza r.o.  n.  132  del
2009, la difesa regionale ha eccepito l'inammissibilita' per  difetto
di rilevanza della questione di costituzionalita'  relativa  all'art.
12, nella parte in cui prescrive ai centri di telefonia in sede fissa
gia' esistenti il conseguimento di un'apposita autorizzazione e nella
parte in cui impone ai medesimi la conformazione ai nuovi  requisiti:
il Comune di Conegliano non avrebbe disposto la chiusura  dei  centri
di telefonia non in regola, e non avrebbe imposto la dismissione  del
servizio di trasferimento internazionale di denaro.  Di  conseguenza,
non vi sarebbe alcuna lesione grave ed attuale per i  ricorrenti  nel
giudizio principale. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Il giudice a quo svolge un ampio ragionamento in relazione a tale
profilo preliminare, allegando motivazioni non implausibili sul punto
circa la concreta ed attuale incidenza  degli  atti  impugnati  sulle
situazioni giuridiche soggettive vantate dai privati ricorrenti. Cio'
e' sufficiente a  ritenere  infondata  l'eccezione  dal  momento  che
spetta al rimettente valutare «la sussistenza dei requisiti  e  delle
condizioni dell'azione giurisdizionale a patto  che  gli  stessi  non
siano ictu oculi carenti» (sentenza  n.  303  del  2007.  Si  vedano,
inoltre, tra le piu' recenti, le sentenze n. 94 e n. 75 del 2009;  n.
370, n. 223 e n. 39 del 2008; nonche' l'ordinanza n. 170 del 2009). 
    5.5. - Non e', infine, fondata  l'eccezione  di  inammissibilita'
prospettata  per  carente  descrizione  della  fattispecie  concreta,
atteso che il giudice a quo ha analiticamente  riferito  i  fatti  di
causa. 
    6. - Nel merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 12 della legge regionale n. 32 del 2007 e' fondata. 
    6.1. - L'impugnata disposizione pone a carico  dei  titolari  dei
centri di telefonia in sede fissa, i quali gia' esercitano  attivita'
di cessione al pubblico di servizi telefonici alla data di entrata in
vigore  della  legge  regionale  in  oggetto,  l'obbligo  di  munirsi
dell'autorizzazione di cui all'art.  4  della  stessa  legge.  Questo
obbligo   e'   corredato   dall'accessoria   prescrizione    relativa
all'adeguamento ai requisiti di cui agli artt. 4, comma 3, e 9  della
medesima legge regionale. 
    Inoltre il quarto comma del medesimo art. 12 inibisce  ai  centri
di telefonia gia' attivi «dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, ogni attivita' diversa» da quella inerente ai servizi
telefonici o riferita «a servizi  e  prodotti  strettamente  connessi
alla cessione al pubblico di servizi di telefonia». Nei casi  oggetto
dei processi a quibus  rileva,  in  particolare,  lo  svolgimento  di
attivita' di intermediazione finanziaria, peraltro  soggetta  ad  una
stringente serie di  apposite  autorizzazioni  e  controlli,  secondo
quanto prevede la legislazione statale in materia. 
    In caso di  svolgimento  dell'attivita'  relativa  ai  centri  di
telefonia in sede fissa  «senza  la  prescritta  autorizzazione»,  il
successivo art. 11, comma 2, della legge n. 32 del  2007  dispone  la
chiusura del centro di telefonia,  oltre  a  comminare  una  sanzione
amministrativa pecuniaria. 
    La previsione da parte del legislatore veneto  di  una  specifica
autorizzazione, ulteriore rispetto alla denuncia di inizio  attivita'
di cui all'art.  25  del  Codice  delle  comunicazioni  elettroniche,
accomuna la  disciplina  in  oggetto  alla  normativa  dettata  dalla
Regione Lombardia con  la  legge  3  marzo  2006,  n.  6  (Norme  per
l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in  sede  fissa),
dichiarata incostituzionale da questa Corte con la  sentenza  n.  350
del 2008. 
    In  tale  pronuncia,  alla  luce  del   principio   di   liberta'
nell'attivita'  di  fornitura  dei  servizi  qui  considerati  e  del
principio della massima semplificazione dei procedimenti,  consacrati
a livello comunitario e ribaditi nella legislazione nazionale con  il
Codice delle comunicazioni elettroniche, questa  Corte  ha  giudicato
costituzionalmente illegittimi gli artt. 1, 4, 9,  comma  1,  lettera
c), e 12 della legge della Regione Lombardia n. 6 del 2006 «in quanto
la introduzione, ad opera del legislatore regionale,  di  un  vero  e
proprio  autonomo  procedimento  autorizzatorio  per  lo  svolgimento
dell'attivita' dei centri di telefonia» risulta in contrasto «con  le
scelte operate dal legislatore statale in  tema  di  liberalizzazione
dei  servizi  di  comunicazione  elettronica  e  di   semplificazione
procedimentale». 
    In quella occasione si era - tra l'altro - notato che l'eventuale
esistenza  di  ulteriori  esigenze  relative  a  queste  attivita'  e
definite dallo Stato, dalle Regioni o dagli enti  locali  sulla  base
delle loro rispettive competenze «possono solo integrare la procedura
autorizzativa   prevista   dall'art.   25   del   Codice   [...]    o
temporaneamente ad  essa  sommarsi  in  casi  di  emergenza»  (ci  si
riferiva alla speciale normativa, di cui all'art. 7 del decreto-legge
27 luglio 2005, n. 144, che  tuttora  -  ai  sensi  del  primo  comma
dell'art. 3 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 144 -  prevede  la
necessita' di una apposita licenza del Questore per il gestore di  un
centro telefonico). 
    La  disposizione  qui  scrutinata  sostanzialmente   ricalca   la
disciplina   dettata   dal   legislatore   lombardo   e    dichiarata
costituzionalmente illegittima con la evocata pronuncia. 
    In  entrambe  le   leggi   regionali,   infatti,   l'obbligo   di
autorizzazione grava anche sui titolari di  centri  di  telefonia  in
sede fissa gia' attivi. Tra le due discipline vi e',  inoltre,  piena
corrispondenza quanto ai profili soggettivi, ai requisiti  formali  e
sostanziali, alla validita' temporale dell'autorizzazione. 
    La motivazione, gia' addotta da questa Corte a  fondamento  della
declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale   della   omologa
disposizione legislativa lombarda, vale anche  nell'odierno  giudizio
di legittimita' costituzionale. 
    Deve pertanto essere dichiarata l'illegittimita'  costituzionale,
per violazione  dei  criteri  di  riparto  delle  competenze  di  cui
all'art. 117 della Costituzione, dell'art. 12 della  legge  regionale
n. 32 del 2007. 
    7. - Con la sentenza n. 350 del 2008,  questa  Corte  non  si  e'
limitata a  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  delle  sole
previsioni relative all'autorizzazione comunale. 
    Ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo  1953,  n.  87  (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),
questa   Corte   ha   dichiarato   l'illegittimita'    costituzionale
dell'intera  legge  regionale  n.  6  del  2006:  «invero,  l'assetto
normativo concepito dal legislatore lombardo s'irradia dalle suddette
disposizioni che  configurano  l'autorizzazione  ivi  prevista  quale
nucleo essenziale del  prescelto  regime  amministrativo.  Tutti  gli
altri articoli della legge regionale censurata risultano  avvinti  da
un inscindibile rapporto  strumentale  alle  disposizioni  dichiarate
incostituzionali». 
    Anche la disciplina adottata dal legislatore veneto  in  tema  di
centri di telefonia  in  sede  fissa  si  sviluppa  a  partire  dalla
previsione  dell'autorizzazione  comunale  quale  nucleo   essenziale
dell'intero impianto normativo. 
    La  fissazione   di   requisiti   morali   e   igienico-sanitari,
l'introduzione di un registro dei centri di telefonia in sede  fissa,
la  disciplina  degli  orari  e  delle  modalita'  di  esercizio,  le
prescrizioni   urbanistiche   (gia'   dichiarate   costituzionalmente
illegittime da questa Corte con la  sentenza  n.  25  del  2009),  la
configurazione di misure interdittive, i meccanismi di vigilanza,  la
previsione di sanzioni e, da ultimo, la definizione  di  un  apposito
regime  transitorio,  sono  tutti  elementi  rinvenibili  (con   solo
marginali differenze) in entrambe le leggi regionali in  parola,  che
operano  in  via  accessoria  e  strumentale   rispetto   al   fulcro
dell'intera disciplina, vale a dire il regime autorizzatorio  cui  e'
subordinato lo svolgimento dell'attivita' di telefonia in sede fissa. 
    Per questo motivo, le ragioni che a suo  tempo  indussero  questa
Corte a caducare l'intero testo della legge della  Regione  Lombardia
n. 6 del 2006, debbono essere  confermate  e  ribadite  nel  presente
giudizio,   con   conseguente    declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale delle restanti disposizioni vigenti della legge  della
Regione Veneto n. 32 del 2007, ai sensi dell'art. 27 della  legge  n.
87 del 1953. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi: 
        a) dichiara la  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  12
della  legge  della  Regione  Veneto  30   novembre   2007,   n.   32
(Regolamentazione dell'attivita' dei  centri  di  telefonia  in  sede
fissa - phone center); 
        b) dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,
n. 87, l'illegittimita' costituzionale  delle  restanti  disposizioni
della legge della Regione Veneto n. 32 del 2007. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: De Siervo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 26 febbraio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola