N. 77 ORDINANZA 22 - 26 febbraio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sanzioni  amministrative  -  Procedimento  per  l'applicazione  delle
  sanzioni  previste  per  l'emissione  di  assegni   bancari   senza
  autorizzazione o privi di provvista  -  Attribuzione  al  Prefetto,
  anziche' ad altra  autorita',  della  valutazione  delle  deduzioni
  presentate  dall'interessato  successivamente  alla   contestazione
  della condotta illecita  -  Asserita  violazione  dei  principi  di
  uguaglianza e di ragionevolezza, nonche' del  diritto  alla  tutela
  giurisdizionale contro gli atti amministrativi  -  Formulazione  di
  petitum oscuro e, comunque,  esulante  dai  poteri  della  Corte  -
  Carente motivazione circa il contrasto tra la  norma  denunciata  e
  uno degli evocati  parametri  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione. 
- Legge 15 dicembre 1990, n. 386, art. 8-bis, introdotto dall'art. 33
  del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507. 
- Costituzione, artt. 3 e 113. 
Sanzioni  amministrative  -  Procedimento  per  l'applicazione  delle
  sanzioni  previste  per  l'emissione  di  assegni   bancari   senza
  autorizzazione o privi di provvista  -  Attribuzione  al  Prefetto,
  anziche' ad altra  autorita',  della  valutazione  delle  deduzioni
  presentate  dall'interessato  successivamente  alla   contestazione
  della condotta illecita - Asserita violazione del diritto di difesa
  - Erroneita' del parametro evocato - Manifesta  infondatezza  della
  questione. 
- Legge 15 dicembre 1990, n. 386, art. 8-bis, introdotto dall'art. 33
  del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507. 
- Costituzione, art. 24. 
(GU n.9 del 3-3-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,
  Giuseppe  TESAURO,  Paolo   Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  8-bis  della
legge 15 dicembre 1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria  degli
assegni bancari), introdotto dall'art. 33 del decreto legislativo  30
dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati  minori  e  riforma
del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1  della  legge  25
giugno 1999, n. 205), promosso dal  Giudice  di  pace  di  Borgo  San
Dalmazzo nel procedimento vertente tra M. P. e il Prefetto  di  Cuneo
con ordinanza del 9 luglio 2009, iscritta  al  n.  249  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 41, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Ritenuto che, con ordinanza depositata in data 9 luglio 2009,  il
Giudice di pace di Borgo  San  Dalmazzo  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3,  24  e  113
della Costituzione, dell'art. 8-bis della legge 15 dicembre 1990,  n.
386 (Nuova disciplina sanzionatoria  degli  assegni  bancari),  nella
parte in cui prevede che - nel procedimento amministrativo avente  ad
oggetto  l'adozione  della  ordinanza  applicativa   delle   sanzioni
amministrative a carico dell'emittente di assegni  bancari  privi  di
autorizzazione o di provvista - le deduzioni  previamente  presentate
dall'interessato  siano  valutate  dal  Prefetto  e  non   da   altra
autorita'; 
    che il rimettente riferisce di essere  chiamato  a  giudicare  in
merito alla opposizione presentata da tale M. P. avverso l'ordinanza,
emessa nei confronti di quest'ultimo dal viceprefetto  di  Cuneo  (in
quanto delegato del Prefetto) il 10 febbraio 2009, con  la  quale  e'
stato ingiunto al medesimo,  a  titolo  di  sanzione  pecuniaria,  il
pagamento della somma  di  euro  2065,82  ed  e'  stata  irrogata  la
sanzione amministrativa accessoria del divieto  di  emettere  assegni
per la durata di 48 mesi; 
    che, tanto premesso, il Giudice di pace osserva come,  a  seguito
della entrata in vigore  dell'art.  33  del  decreto  legislativo  30
dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati  minori  e  riforma
del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1  della  legge  25
giugno 1999, 205), il quale ha modificato l'art. 8 della legge n. 386
del 1990 ed ha introdotto  l'art.  8-bis  nella  medesima  legge,  le
condotte di emissione di assegni bancari senza autorizzazione o senza
provvista sono state depenalizzate; 
    che, prosegue il rimettente, nel  caso  di  cui  al  citato  art.
8-bis, la disciplina vigente prevede che il  Prefetto,  informato,  a
seconda dei casi, da chi ha elevato il  protesto  (o  eseguito  altro
atto equivalente)  o  dalla  stessa  banca  trattaria,  provvede  nei
novanta giorni successivi a notificare  all'interessato  gli  estremi
della violazione commessa; 
    che, aggiunge  il  giudice  a  quo,  questi,  nei  trenta  giorni
successivi, puo' presentare scritti difensivi e documenti, valutati i
quali il Prefetto emette ordinanza con la quale ingiunge il pagamento
di  una  sanzione  pecuniaria,  ovvero   dispone   motivatamente   la
archiviazione degli atti; 
    che, cosi' delineata la normativa, il rimettente osserva che,  in
base ad essa, gli scritti difensivi dell'interessato dovranno  essere
oggetto di valutazione da parte  del  Prefetto,  cioe'  dello  stesso
organo che ha contestato la violazione e che e' chiamato  a  decidere
se emettere o meno la ordinanza di pagamento; 
    che tale disciplina legislativa pare al rimettente  illogicamente
deteriore,  in  danno  di  chi  abbia   emesso   un   assegno   senza
autorizzazione o senza provvista, rispetto  a  quella  relativa  alla
irrogazione delle altre sanzioni amministrative; 
    che, infatti, a mente degli artt. 17 e 18 della legge 24 novembre
1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),  la  notificazione  e  la
contestazione della violazione  sono  effettuate  da  organo  diverso
rispetto a quello che sara' chiamato a valutare le ragioni esposte in
eventuali scritti difensivi e a determinare la sanzione; 
    che, ad avviso del rimettente,  la  disciplina  invece  delineata
dall'art. 8-bis della legge n. 386 del 1990,  la  quale  prevede  che
«sia sempre lo stesso prefetto tanto a redarre (recte: redigere) e  a
notificare gli estremi della  violazione  [...]  che  a  irrogare  la
sanzione previa valutazione delle deduzioni  presentate  con  scritti
difensivi e documenti fatti  pervenire  dal  soggetto  oggetto  della
contestazione»,  violerebbe  il  principio   di   eguaglianza   nello
svolgimento dell'azione amministrativa ed il diritto  di  far  valere
efficacemente  le  proprie  ragioni,  in  quanto  la  sanzione  viene
irrogata da organo non terzo  ne'  gerarchicamente  sovraordinato  al
Prefetto ma da quest'ultimo  che  gia'  ha  provveduto  a  contestare
l'addebito; 
    che   la   descritta   disciplina   si   porrebbe   altresi'   in
contraddizione  con  il  principio  che   tutela   la   pienezza   ed
effettivita' del  contraddittorio  -  instauratosi  a  seguito  della
presentazione delle deduzioni da parte dell'interessato -  risultando
questo minorato poiche' la  valutazione  di  dette  deduzioni  spetta
all'organo che,  sulla  base  delle  informative  ricevute,  gia'  ha
contestato la violazione; 
    che,  secondo  quanto  infine   ritenuto   dal   rimettente,   la
discrezionalita' del legislatore sarebbe stata esercitata  in  questa
occasione  in  modo  arbitrariamente  irragionevole,  posto  che   la
procedura prevista sarebbe lesiva  dell'art.  24  Cost.,  essendo  il
diritto di difesa vulnerato, «perche' reso possibile solo  attraverso
una sorta di contraddittorio da svolgersi  in  un  ambito  e  con  un
giudizio domestico»; 
    che e' intervenuto in  giudizio,  rappresentato  e  difeso  dalla
Avvocatura generale dello Stato,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, concludendo nel senso della inammissibilita' o infondatezza
della questione sollevata; 
    che  la  difesa   pubblica   rileva,   infatti,   l'insufficiente
descrizione della fattispecie, la quale impedisce la  verifica  della
rilevanza della questione proposta; 
    che, aggiunge la  difesa  erariale,  l'ordinanza,  sarebbe  priva
della motivazione in ordine agli effetti che  dalla  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale deriverebbero nel giudizio a quo; 
    che,  aggiunge  la  Avvocatura,  la  questione  sarebbe  comunque
infondata, poiche' diversamente da quanto  asserito  dal  rimettente,
anche  la  disposizione  censurata  prevede   che   la   fase   della
constatazione iniziale della condotta non competa al Prefetto,  ma  a
diverso soggetto, spettando al primo solo  il  compito  di  procedere
alla  notificazione  degli  estremi   della   violazione   da   altri
contestata; 
    che, non sussistendo alcuna sostanziale differenza rispetto  alla
disciplina di cui alla legge n. 698 del 1981, non sarebbe ravvisabile
alcuna disparita' di trattamento, mentre  non  si  riscontrerebbe  la
violazione dei principi costituzionali in tema di diritto  di  difesa
in quanto,  in  questo  caso,  cosi'  come  in  base  alla  ordinaria
disciplina in  tema  di  sanzioni  amministrative,  la  attivita'  di
accertamento  materiale  della  violazione  non  sarebbe  svolta  dal
medesimo organo cui  e'  attribuito  il  compito  di  verificare,  in
contraddittorio con gli interessati  ed  alla  luce  delle  deduzioni
eventualmente presentate da costoro, la sussistenza delle  condizioni
per l'applicazione delle sanzioni. 
    Considerato che il Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo  dubita,
in riferimento agli artt. 3,  24  e  113  della  Costituzione,  della
legittimita' costituzionale dell'art. 8-bis della legge  15  dicembre
1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni  bancari),
introdotto dall'art. 33 del decreto legislativo 30 dicembre 1999,  n.
507  (Depenalizzazione  dei  reati  minori  e  riforma  del   sistema
sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1 della legge 25  giugno  1999,
n. 205), in quanto esso prevede  che,  nel  procedimento  volto  alla
emissione dell'ordinanza prefettizia di applicazione delle sanzioni a
seguito della emissione di assegni  bancari  senza  autorizzazione  o
privi  di  provvista,  le   deduzioni   presentate   dall'interessato
successivamente alla contestazione  della  condotta  illecita,  siano
valutate dal Prefetto e non da altra autorita'; 
    che, con  riferimento  alla  violazione  dell'art.  3  Cost.,  il
giudice a quo, in sintesi, ritiene, per un verso, che la disposizione
censurata  sia  irragionevole  in  quanto  prevede  che  le  predette
deduzioni  difensive  siano  valutate  dallo  stesso  organo  che  ha
contestato l'illecito amministrativo  e  che  e'  competente  per  la
irrogazione  della  sanzione,  e,  per  altro  verso,  che   siffatta
procedura, in quanto, appunto, non prevede che  l'organo  preposto  a
contestare  l'illecito  sia  distinto  da  quello  che,  valutate  le
deduzioni difensive, provvede, se del caso,  alla  irrogazione  della
sanzione, sia fonte di un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento
rispetto alla normativa applicabile per gli  illeciti  amministrativi
sanzionati ai sensi della legge 24 novembre 1981, n.  689  (Modifiche
al sistema penale); 
    che,  ad  avviso  del   rimettente,   il   descritto   meccanismo
procedimentale si porrebbe anche in contrasto col diritto di  difesa,
presidiato dall'art. 24 Cost.; 
    che la questione e' manifestamente inammissibile con  riferimento
agli enunciati parametri di cui agli artt. 3 e 113  Cost.  mentre  e'
manifestamente infondata con riferimento al  parametro  rappresentato
dall'art. 24 Cost.; 
    che, in particolare, il Giudice di pace  di  Borgo  San  Dalmazzo
omette di considerare che,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa  Corte,  non  e'  utilmente  evocabile  quale   parametro   di
legittimita' costituzionale l'art.  24  Cost.,  ove  la  disposizione
censurata  abbia  ad  oggetto   non   un   procedimento   di   natura
giurisdizionale ma, come nel caso che qui  interessa,  esclusivamente
una procedura di carattere amministrativo (ordinanze n. 210 del 1995,
n. 103 del 1993 e n. 146 del 1963) e, siffatta erroneita', determina,
quindi, la  manifesta  infondatezza  della  questione  sollevata  con
riferimento a tale parametro; 
    che, con riferimento all'art. 113 Cost., il  rimettente  trascura
del tutto di chiarire in che modo la norma oggetto dell'incidente  di
costituzionalita' si porrebbe in contrasto con l'indicato parametro e
che, quindi, sotto  tale  aspetto,  la  questione  e'  manifestamente
inammissibile; 
    che, infine, riguardo alla violazione dell'art. 3 Cost., sotto la
duplice  prospettazione  della  disparita'  di  trattamento  e  della
irragionevolezza intrinseca, il petitum formulato dal  rimettente  e'
oscuro e, comunque, esulante dai poteri di questa Corte; 
    che, infatti - pur prescindendosi  dal  rilievo  che,  attesa  la
incomparabilita' tra le procedure sanzionatorie previste dalla  legge
n. 689 del 1981 e quelle contemplate dall'art. 8-bis della  legge  n.
386 del 1990, dovuta alle numerose peculiarita'  che  rispettivamente
le differenziano,  l'una  non  puo'  essere  posta  come  termine  di
paragone dell'altra (da ultimo, sentenza n. 132 del 2009 e  ordinanze
n. 344 del 2008 e n. 405 del  2007)  e  che  i  dubbi  formulati  dal
rimettente, in ordine alla ragionevolezza  della  attribuzione  della
competenza a valutare le deduzioni difensive allo stesso soggetto che
ha contestato la commissione dell'illecito,  non  tengono  conto  del
fatto che, nella specifica procedura ora in esame,  la  contestazione
da  parte  del  Prefetto  non  assume  alcuna  funzione   valutativa,
rendendosi essa non  irragionevole  in  quanto  il  soggetto  che  ha
riscontrato   la   emissione   dell'assegno   bancario    privo    di
autorizzazione o senza provvista, e che di cio' informa  il  Prefetto
territorialmente competente,  potrebbe  anche  essere  estraneo  alla
pubblica  amministrazione  e,  persino,  sprovvisto  di  potesta'  di
carattere pubblico e, pertanto, come tale, non  idoneo  a  contestare
l'illecito -, deve osservarsi che non risulta  chiaro  nell'ordinanza
se   il   rimettente,   onde   rimuovere   i   ritenuti    vizi    di
costituzionalita', chiede a questa Corte di introdurre,  anche  nella
ipotesi di emissione di  assegni  privi  di  autorizzazione  o  senza
provvista, un meccanismo che, a guisa di quanto  stabilito  dall'art.
14 della legge n.  689  del  1981,  preveda  che  la  violazione  sia
contestata  immediatamente   dallo   stesso   soggetto   (ovvero   da
funzionario della stessa amministrazione) che la ha accertata, oppure
se egli chiede  che,  al  medesimo  fine  di  cui  sopra,  la  Corte,
intervenendo in via  manipolativa  sulla  norma  censurata,  disponga
affinche' la competenza a prendere in esame  le  deduzioni  difensive
presentate  dall'interessato,  nonche'  ad  adottare   i   successivi
provvedimenti -  sanzionatori  o   di   archiviazione -   spetti   ad
un'autorita' «sovraordinata» al Prefetto; 
    che  siffatta  ambiguita' -  non  disgiunta  dalla  evidente,  in
ambedue i casi, funzione creativa dell'intervento demandato a  questa
Corte, come tale estraneo  ai  suoi  poteri  trattandosi  di  materia
rimessa  alla  discrezionalita'  del   legislatore -   determina   la
manifesta inammissibilita', anche sotto gli indicati  profili,  della
questione di legittimita' costituzionale. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara   manifestamente   inammissibile   la    questione    di
legittimita' costituzionale dell'art. 8-bis della legge  15  dicembre
1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni  bancari),
introdotto dall'art. 33 del decreto legislativo 30 dicembre 1999,  n.
507  (Depenalizzazione  dei  reati  minori  e  riforma  del   sistema
sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1 della legge 25  giugno  1999,
n.  205),  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  113  della
Costituzione,  dal  Giudice  di  pace  di  Borgo  San  Dalmazzo   con
l'ordinanza in epigrafe; 
    Dichiara manifestamente infondata la  questione  di  legittimita'
costituzionale del medesimo art. 8-bis della legge n.  386  del  1990
sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal Giudice
di pace di Borgo San Dalmazzo con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                      Il redattore: Napolitano 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 26 febbraio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola