N. 72 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 settembre 2009

Ordinanza del 16 novembre 2009 emessa dalla Corte  dei  conti -  Sez.
giurisdizionale centrale d'appello sull'appello proposto  da  Lascala
Renata contro I.N.P.D.A.P.. 
 
Previdenza - Pensione di  reversibilita'  corrisposta  dall'INPDAP  a
  favore di coniuge superstite di  titolare  di  pensione  diretta  -
  Indennita' integrativa speciale  mensile  -  Previsione  con  norma
  autoqualificata  interpretativa,   ma   a   contenuto   innovativo,
  dell'attribuzione  nella  stessa  misura  del  sessanta  per  cento
  stabilita per il trattamento di reversibilita', anziche' in  misura
  piena, indipendentemente dalla data di  decorrenza  della  pensione
  diretta - Violazione dei principi del giusto processo e di  vincoli
  derivanti dalla CEDU. 
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 774. 
- Costituzione, artt. 111 e 117. 
Previdenza - Pensione  di  reversibilita'  corrisposta  a  favore  di
  coniuge superstite di titolare di  pensione  diretta  -  Indennita'
  integrativa speciale mensile - Previsione con norma autoqualificata
  interpretativa, ma a contenuto innovativo, dell'attribuzione  nella
  stessa misura del sessanta per cento stabilita per  il  trattamento
  di reversibilita',  anziche'  in  misura  piena,  indipendentemente
  dalla data di decorrenza della pensione diretta - Prevista salvezza
  dei trattamenti piu' favorevoli, in atto alla data  di  entrata  in
  vigore della legge censurata, gia' definiti in sede  contenziosa  -
  Violazione dei principi del giusto processo e dei vincoli derivanti
  dalla CEDU. 
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 775. 
- Costituzione, artt. 111 e 117. 
Previdenza - Pensione di  reversibilita'  corrisposta  dall'INPDAP  a
  favore di coniuge superstite di  titolare  di  pensione  diretta  -
  Indennita' integrativa speciale mensile - Abrogazione del  comma  5
  dell'art. 15 della legge 23 dicembre 1994, n.  724,  che  prevedeva
  l'applicabilita'   delle   disposizioni   relative   all'indennita'
  integrativa speciale alle pensioni dirette  liquidate  fino  al  31
  dicembre 1994 e alle pensioni di riversibilita' ad esse riferite  -
  Violazione dei principi del giusto processo e dei vincoli derivanti
  dalla CEDU. 
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 776. 
- Costituzione, artt. 111 e 117. 
(GU n.12 del 24-3-2010 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'appello iscritto al  n.
31778  del  registro  di  segreteria,  proposto  da  Renata  Lascala,
rappresentata e difesa dall'avv. Fedele  Scrivano  e  domiciliata  in
Roma, presso lo studio dell'avv. Baldo Bemardini, al  n.  76/C  della
via A. Bongiorno, nei confronti dell'I.N.P.D.A.P. in persona del  suo
legale  rappresentante  e   avverso   la   sentenza   della   Sezione
giurisdizionale della Corte dei conti per la Calabria n. 204  del  10
gennaio 2007, depositata il 23 marzo 2007. 
    Visti gli atti e documenti tutti di causa; 
    Uditi, alla pubblica udienza del 29 settembre 2009,  il  relatore
cons.  Josef  Hermann  Rössler  e  l'avv.  Filippo   Mangiapane   per
l'I.N.P.D.A.P.; 
 
                              F a t t o 
 
    Alla signora Lascala, coniuge superstite del  signor  Ugo  Caruso
pensionato dal 1° dicembre 1991, venne liquidata a  decorrere  la  1°
febbraio 2003 pensione di riversibilita'  nella  misura  del  60%  di
quella diretta, con  indennita'  integrativa  speciale  nella  stessa
misura. La predetta propose ricorso alla Sezione calabrese di  questa
Corte, rivendicando  il  diritto  alla  liquidazione  dell'indennita'
citata in misura intera, come assegno  accessorio  da  corrispondersi
separatamente dalla pensione base: cio' in base all'art. 15, comma 5,
della legge 23 dicembre 1994,  n.  724  nell'interpretazione  fornita
dalle Sezioni riunite con la pronuncia di  massima  n.  8/QM  del  17
aprile 2002. Con l'impugnata sentenza il ricorso e'  stato  respinto,
in applicazione dell'art. 1, comma 774, della legge 29 dicembre 2006,
n. 296 (legge finanziaria  per  l'anno  2007),  che  ha  fornito  una
interpretazione autentica della  normativa  opposta  a  quella  delle
Sezioni riunite. 
    Con l'atto in esame  l'appellante  ha  allegato  l'illegittimita'
costituzionale  dei  commi  774,  775  e  776  della   citata   legge
finanziaria, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 36 e 38 Cost.; con
successiva   memoria   datata   7   settembre   2009   ha   segnalato
l'illegittimita' costituzionale delle medesime  norme  per  contrasto
con gli artt. 111 e 117 Cost. Con memoria di costituzione  depositata
il 18 settembre 2009 l'I.N.P.D.A.P. , e per essa  l'avv.  Mangiapane,
ha  sostenuto  l'irrilevanza  e  la  manifesta   infondatezza   della
questione in virtu' delle sentenze costituzionali n. 446 del 2 luglio
2002 e n. 74 del 28 marzo 2008. 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. - L'art. 15 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nel comma  3
stabilisce: «In attesa dell'armonizzazione delle basi contributive  e
pensionabili previste dalle diverse gestioni obbligatorie dei settori
pubblico e privato,  con  decorrenza  dal  l°  gennaio  1995,  per  i
dipendenti delle amministrazioni pubbliche  di  cui  all'art.  1  del
decreto  legislativo  3  febbraio   1993,   n.   29,   e   successive
modificazioni ed integrazioni  iscritti  alle  forme  di  previdenza,
esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria,  nonche'  per  le
altre  categorie  di  dipendenti  iscritti  alle  predette  forme  di
previdenza, la pensione spettante viene determinata sulla base  degli
elementi  retributivi  assoggettati  a  contribuzione,  ivi  compresa
l'indennita'   integrativa   speciale,   ovvero    l'indennita'    di
contingenza, ovvero l'assegno per il costo della vita  spettante».  E
aggiunge  il  comma  4  che  «la  pensione  di  cui  al  comma  3  e'
reversibile, con riferimento  alle  categorie  di  superstiti  aventi
diritto, in base all'aliquota in vigore nel regime dell'assicurazione
generale  obbligatoria  per   l'invalidita',   la   vecchiaia   e   i
superstiti». Cio'  comporta  che  l'indennita'  integrativa  speciale
debba contribuire a determinare la  base  pensionabile  nella  stessa
misura della retribuzione (60%, in virtu' dell'art. 22 della legge n.
903 del 1965). 
    Dopo questa disposizione  dettata  in  via  generale,  lo  stesso
articolo, nel comma 5, precisa tuttavia che «le disposizioni relative
alla  corresponsione  della  indennita'  integrativa   speciale   sui
trattamenti di pensione previste dall'art. 2 della  legge  27  maggio
1959, n.  324,  e  successive  modificazioni  ed  integrazioni,  sono
applicabili limitatamente alle pensioni dirette liquidate fino al  31
dicembre 1994 e alle pensioni di reversibilita'  ad  esse  riferite».
Per tali pensioni, cioe', l'indennita' integrativa speciale non  deve
essere conglobata nella base pensionabile  nella  misura  percentuale
cui e' soggetta la  retribuzione,  me  deve  essere  «corrisposta  in
misura intera», come recita l'art. 2 della legge n. 324 del 1959. 
    La successiva legge 8 agosto 1995, n. 335, ha disposto, nel comma
41 dell'art. 1: «La disciplina del trattamento pensionistico a favore
dei superstiti di assicurato e  pensionato  vigente  nell'ambito  del
regime dell'assicurazione generale obbligatoria e' estesa a tutte  le
forme esclusive o sostitutive di detto regime ... Sono fatti salvi  i
trattamenti previdenziali piu' favorevoli in godimento alla  data  di
entrata in vigore della presente legge con riassorbimento sui  futuri
miglioramenti». Una giurisprudenza minoritaria ha interpretato questa
disposizione, in quanto contenuta in una legge  di  riforma  organica
del sistema pensionistico come  abrogativa  dell'art.  15,  comma  5,
della legge n. 724 del 1994, che  la  giurisprudenza  prevalente,  al
contrario, ha ritenuto ancora vigente, dato il suo carattere di norma
transitoria  e,  come  tale,  non  confliggente  con  la   disciplina
generale. La cennata prevalente giurisprudenza ha inoltre ha ritenuto
il sistema di cui alla legge n. 324 del 1959 (indennita'  integrativa
speciale  in  misura  intera)  applicabile  alle   pensioni   dirette
liquidate entro  il  31  dicembre  1994,  pur  se  le  corrispondenti
pensioni di riversibilita' siano liquidate dopo tale data. 
    In tale situazione, e' stata deferita questione di  massima  alle
Sezioni riunite, le quali, con sentenza n. 8/QM del 17  aprile  2002,
hanno abbracciato la tesi maggioritaria, dichiarando che «in  ipotesi
di  decessi  di  pensionato,  titolare  di  trattamento  di   riposo,
liquidato prima del 31 dicembre 1994, il  consequenziale  trattamento
di reversibilita' deve essere in ogni caso liquidato secondo le norme
di cui all'art. 15, comma 5, della legge 23 dicembre  1994,  n.  724,
indipendentemente dalla data della morte del dante  causa.  L'art.  1
comma 41 della legge 8 agosto 1995, n. 335 non ha effetto  abrogativo
dell'art. 15, comma 5 della legge 23 novembre 1994, n. 724». 
    2.  -  In  questo  quadro  normativo  e  giurisprudenziale   sono
intervenute le disposizioni recate dall'art. 1, commi 774, 775 e 776,
della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007): 
    «774. L'estensione della disciplina del trattamento pensionistico
a  favore  dei  superstiti  di  assicurato   e   pensionato   vigente
nell'ambito del regime  dell'assicurazione  generale  obbligatoria  a
tutte le forme esclusive  e  sostitutive  di  detto  regime  prevista
dall'art. 1, comma  41,  della  legge  8  agosto  1995,  n.  335,  si
interpreta nel senso che per le pensioni di  reversibilita'  sorte  a
decorrere dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995.  n.  335.
indipendentemente dalla data di decorrenza  della  pensione  diretta,
l'indennita' integrativa speciale gia'  in  godimento  da  parte  del
dante   causa,   parte   integrante   del   complessivo   trattamento
pensionistico  percepito,  e'  attribuita  nella  misura  percentuale
prevista per il trattamento di reversibilita'. 
    775. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici piu' favorevoli
in godimento alla data di entrata in  vigore  della  presente  legge,
gia' definiti in sede di contenzioso, con riassorbimento  sui  futuri
miglioramenti pensionistici. 
    776. E' abrogato l'articolo 15, comma 5, della legge 23  dicembre
1994, n. 724». 
    Tali  norme,  presentandosi  espressamente  come  interpretazione
autentica, e quindi con efficacia retroattiva, dell'art. 1, comma 41,
della  legge  8  agosto  1995,  n.  335,  ha  impedito   al   giudice
pensionistico di continuare a conformare le  proprie  decisioni  alla
opposta interpretazione  che  della  medesima  norma  hanno  dato  le
Sezioni riunite nella citata sentenza n  8/QM/2002.  Le  disposizioni
dei commi 774-776 sono state, peraltro,  investite  del  sospetto  di
incostituzionalita' in riferimento all'art. 3 Cost., per il fatto che
sembravano porsi nello stesso tempo come interpretative e innovative,
e   disponevano   comunque   una    retroattivita'    che    sembrava
ingiustificatamente lesiva dei diritti degli interessati. Ma la Corte
costituzionale, con sentenza n. 74 del 28 marzo 2008,  ha  dichiarato
manifestamente infondata la questione,  ritenendo  la  ragionevolezza
delle norme in questione, che non potevano  non  tener  conto  «anche
delle esigenze di bilancio». La giurisprudenza prevalente della Corte
dei conti ha di conseguenza ritenuto superata e percio' ha  disatteso
la  pronuncia  di  massima  delle   Sezioni   riunite,   proprio   in
applicazione all'art. 1, commi 774-776, della legge n. 296 del  2006.
Questo stesso giudice d'appello ha finito di recente col  pronunciare
in tal senso sentenze in camera di consiglio in forma semplificata, a
sensi dell'art. 9, comma 3, della legge 21 luglio 2000, n. 205.  Cio'
ha potuto fare, non avendo  le  pronunce  di  massima  delle  Sezioni
riunite,  pur  rivestite  di  particolare  autorevolezza,   efficacia
vincolante al di fuori del giudizio specifico in ordine al  quale  le
Sezioni hanno pronunciato. 
    3. - Il fatto nuovo e' costituito dal frattanto intervenuto  art.
42 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che  ha  aggiunto  all'art.  1,
comma 7, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, un periodo a norma
del quale «se  la  sezione  giurisdizionale,  centrale  o  regionale,
ritiene di non condividere il principio di  diritto  enunciato  dalle
sezioni riunire, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata,  la
decisione del giudizio». Disposizione che impone certamente a  questo
giudice una maggiore cautela, nel senso che, prima di considerare  la
pronuncia delle Sezioni riunite n. 8/QM/2002 effettivamente  travolta
dalla  normativa,  che  si  autodefinisce  interpretativa,  contenuta
nell'art. 1, commi 774-776, della legge finanziaria 2007, val la pena
di accertare con maggior  rigore  se  detta  normativa  resista  alle
censure di illegittimita' costituzionale  rivoltele  dall'appellante:
accertamento eventualmente  da  rimettere  al  giudice  delle  leggi.
Qualora   tale   giudice    dovesse    dichiarare    l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni in parola, la cennata pronuncia  di
massima  rivivrebbe,  dotata  della  novella  efficacia  attribuitale
dall'art. 42 della legge  n.  69  del  2009,  e  questo  giudice  non
potrebbe che conformarsi ad essa o rimettere la decisione alle stesse
Sezioni riunite. Cio' comporta la sicura rilevanza delle questioni di
legittimita'  costituzionale  che  dovessero  essere   ritenute   non
manifestamente  infondate   e   dovessero   essere   conseguentemente
sollevate da questo giudice davanti alla Corte costituzionale. 
    Alcune delle questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate
dall'appellante appaiono al  Collegio  manifestamente  infondate,  in
quanto non appare pertinente il richiamo del parametro costituzionale
alla cui stregua esse sono sollevate.  Trattasi  della  questione  di
preteso contratte con gli artt. 2 e 3  Cost.  a  causa  dell'asserita
irragionevolezza del disposto dei commi 774-776 della  legge  citata:
questione gia' sottoposta in tali termini alla Corte  costituzionale,
che la ha dichiarata infondata con la citata sentenza n. 74 del 2008.
Ma lo stesso e' a dirsi  delle  questioni  sollevate  in  riferimento
all'art. 24 Cost. (motivato dall'appellante col rilievo che il  comma
775,  riconoscendo  i  soli  diritti  di  coloro  che   hanno   adito
l'Autorita' giudiziaria, pregiudicherebbe  la  possibilita'  per  gli
altri   di   «esercitare   con   successo   l'azione   diretta   alla
riliquidazione della reversibilita'») e agli  artt.  36  e  38  Cost.
(motivate  dall'appellante  col  rilievo  che  le  norme  incriminate
violerebbero   diritti   quesiti   dei   pensionati).   I   parametri
costituzionali invocati, infatti, ad avviso  di  questo  giudice  non
sono   idonei   a   far   sospettare   una   qualche   illegittimita'
costituzionale delle norme in parola, posto che ne' l'art.  24  Cost.
intende  garantire  a  chichessia   l'esercizio   con   successo   di
qualsivoglia  azione  giudiziaria,  ne'  gli  artt.  36  e  38  Cost.
espressamente  tutelano  i  diritti  quesiti  di  lavoratori   e   di
pensionati. 
    4. - Con memoria aggiuntiva, l'appellante ha sollevato  questione
di legittimita' costituzionale  dei  predetti  commi  774  e  776  in
relazione all'art. 117 Cost., perche' non rispetterebbero «i  vincoli
internazionali  gravanti  sullo  Stato  in  forza  della  Convenzione
europea dei  diritti  dell'uomo  (CEDU),  e  piu'  specificamente  il
principio di preminenza del diritto evincibile dal Preambolo  CEDU  e
l'art. 1 del Protocollo n.  1  della  CEDU  in  tema  di  diritto  di
proprieta'», e in relazione all'art.  111  Cost.  «in  tema  di  equo
processo in quanto con la disciplina de qua si assiste ad una  palese
ingerenza  del  potere  legislativo  sul  funzionamento  del   potere
giudiziario, vietato dalla CEDU».  Aggiunge  l'appellante  che  «piu'
puntualmente merita menzione la  sentenza  della  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo del 14 febbraio 2006, emessa nella  causa  vertente
fra Lecarpentier ed  altri  contro  lo  Stato  francese.  Secondo  la
decisione richiamata, nel pieno rispetto del principio dello Stato di
diritto, costituisce una violazione dell'art. 6 CEDU  e  dell'art.  1
del I  Protocollo  CEDU  il  comportamento  di  uno  Stato  che,  con
l'emanazione di una legge (anche civile) avente effetto  retroattivo,
interferisce nell'esercizio di diritti maturati  in  ragione  di  una
norma in vigore o  in  forza  di  mi  orientamento  giurisprudenziale
consolidato». 
    La questione, della quale si e' gia' sopra ritenuta la rilevanza,
appare a questo giudice anche non  manifestamente  infondata.  In  un
momento,  infatti,  nel  quale  -   superato   nella   giurisprudenza
pensionistica un primo periodo di  divergenze  d'opinione  -  si  era
raggiunta una pressoche' totale uniformita' nel  senso  di  cui  alla
sentenza delle Sezioni riunite n. 8/QM/2002, di tal che il  principio
di diritto da queste  enunciato  poteva  considerarsi  ormai  diritto
vivente, il legislatore, intervenendo con commi 774-776  della  legge
29 dicembre 2006, n. 296, ha  introdotto  una  normativa  diversa  ed
opposta.  Nessun  dubbio  sulla  piena  legittimazione   del   Potere
legislativo a dettare una tale normativa, da valere con effetto dalla
sua entrata  in  vigore;  il  dubbio  nasce  dalla  circostanza  che,
qualificando expressis verbis: la nuova normativa come interpretativa
(«774. L'estensione della disciplina ... si interpreta nel senso  che
...»), esso legislatore ha  inteso  attribuire  alla  stessa  effetto
retroattivo. Effetto confermato dal  successivo  comma  775,  che  fa
salvi «i trattamenti pensionistici piu' favorevoli in godimento  alla
data di entrata  in  vigore»  solo  se  «gia'  definiti  in  sede  di
contenzioso», escludendone percio' quelli in corso  di  giudizio,  ai
quali dovrebbe essere applicata retroattivamente la nuova normativa. 
    La retroattivita' in se' non  sarebbe  anticostituzionale,  posto
che l'irretroattivita' della legge e'  garantita  dalla  Costituzione
solo in campo penale (art. 25 Cost.). Nella specie,  puo'  diventarlo
indirettamente, per via del contrasto con l'art.  117,  primo  comma,
Cost., il quale dispone che la potesta'  legislativa  sia  esercitata
nel rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, fra
i quali indubbiamente figura quella di rispettare l'art. 6,  par.  l,
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali (CEDE),  sottoscritta  dall'Italia  il  4
novembre 1950 e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,  n.  848.  Il
citato art. 6 garantisce ad ogni persona un  «processo  equo»,  e  la
Corte europea dei diritti  dell'uomo,  sedente  a  Strasburgo  -  cui
spetta la competenza a interpretare la Convenzione  -  ha  dichiarato
clic nel contenuto di tale articolo rientra il divieto per  lo  Stato
contraente, che sia parte in un giudizio, di legiferare nella materia
oggetto di giudizio in corso ingerendosi  cosi'  nell'amministrazione
della giustizia; ha  specificato  la  Corte  di  cassazione,  Sezione
lavoro, in ordinanza n. 22260 del 4 settembre  2008  (richiamando  la
sentenza della Corte di Strasburgo del 21 giugno 2007,  in  causa  n.
12106/03 fra Scanner de l'Ouest e altri contro  Stato  francese)  che
per configurare tale ingerenza, e quindi il contrasto  fra  la  nuova
normativa e l'art. 6 della Convenzione, non e'  necessario  che  tale
normativa sia «esclusivamente diretta  ad  influire  sulla  soluzione
delle controversie in corso», ne' che tale scopo sia  stato  comunque
enunciato,  essendo,  invece,  sufficiente  a  ritenere  fondato   il
conflitto che nel procedimento  in  corso  essa  pretenda  di  essere
applicata. In altre parole, basta che lo Stato,  che  sia  parte  nel
giudizio, possa conseguire, dall'applicazione della nuova  normativa,
la positiva definizione della controversia  in  suo  favore.  Che  e'
quanto accade nel giudizio in esame, in esso applicazione  dei  commi
774-776 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 e quindi, contro  il
diritto vivente sancito  dalla  sentenza  delle  Sezioni  riunite  n.
8/QM/2002,   «l'estensione   della   disciplina    del    trattamento
pensionistico a favore dei  superstiti  di  assicurato  e  pensionato
vigente   nell'ambito   del   regime   dell'assicurazione    generale
obbligatoria a tutte le forme esclusive e sostitutive di detto regime
prevista dall'art. 1, somma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si
interpreta nel senso che per le pensioni di  reversibilita'  sorte  a
decorrere dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995,  n.  335,
indipendentemente dalla data di decorrenza  della  pensione  diretta,
l'indennita' integrativa speciale gia'  in  godimento  da  parte  del
dante   causa,   parte   integrante   del   complessivo   trattamento
pensionistico  percepito,  e'  attribuita  nella  misura  percentuale
prevista per il trattamento di reversibilita'». 
    Ne' si potrebbe  ritenere  che  nei  giudizi  pensionistici  come
quello in esame parte in giudizio sia l'ente previdenziale e  non  lo
Stato legislatore, che  come  tale  e'  al  di'  sopra  delle  parti,
giacche' una siffatta interpretazione  del  decisum  della  Corte  di
Strasburgo vanificherebbe sempre tale decisum, in quanto nell'atto di
legiferare  lo  Stato  (il  Potere  legislativo)  sarebbe  sempre  da
considerare diverso dallo  Stato  che  amministra  sia  come  persona
(Potere esecutivo) che come apparato pluripersonale  (cfr.  art.  114
Cost.), e percio' la fattispecie stigmatizzata  dalla  Corte  europea
non avrebbe mai  la  possibilita'  di  venire  ad  esistenza.  Sembra
conforme a ragionevolezza ritenere che invece una tale fattispecie si
verifichi ogni volta che vengano in questione pubbliche risorse, e la
nuova normativa abbia l'effetto  di  salvaguardare  tali  risorse  in
danno della privata  controparte.  Si  aggiunga  che,  corrispondendo
sostanzialmente l'«equo processo» di cui all'art.  6  della  CEDU  al
«giusto  processo»  di  cui  all'art.  111  Cost.,  la  questione  di
illegittimita' costituzionale e' posta anche in  riferimento  a  tale
articolo. Non puo' considerarsi in effetti «giusto» un  processo  nel
corso del quale una delle parti e' arbitra di «cambiare le  carte  in
tavola»  e  i  parametri  normativi  del  giudizio,  travolgendo   le
aspettative della controparte, che tale giudizio  ha  promosso  sulla
base di  norme  e  di  orientamenti  giurisprudenziali  diversi.  Per
effetto di un siffatto potere di modificare, in corso di guidizio, la
normativa in esso applicabile, lo Stato - considerato unitamente  nei
suoi Poteri - cessa di essere giudice terzo e imparziale. 
    Ritiene in conclusione questo Collegio che  non  sia  palesemente
infondata la  questione  di  legittimita'  costituzionale  dei  commi
774-77 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 i quali, nell'imporre
una interpretazione del sistema  che  non  puo'  che  portare  a  una
decisione di  siffatte  vertenze  favorevole  all'erario  pubblico  e
sfavorevole al pensionato pretendendo che tale interpretazione  abbia
efficacia nei procedimenti  giudiziari  in  corso,  sembrano  violare
l'art. 111 Cost., che postula il giusto processo,  nonche'  l'art.  6
della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e di converso l'art.
117 Cost., a norma del quale l'attivita' legislativa trova un  limite
nella necessita' del rispetto degli obblighi internazionali. 
    5.  -  Una  lettura  della  normativa  in  questione   in   senso
costituzionalmente orientato - cioe' nel senso di  ritenere,  in  una
visione sistematica dell'ordinamento  comprensiva  della  Convenzione
europea  dei  diritti  dell'uomo,  che  il   carattere   naturalmente
retroattivo della norma interpretativa trovi un limite  nel  rispetto
del richiamato art. 6 della CEDU, e quindi  diventi  cedevole  e  non
valga nel caso in esame - e' resa impossibile dal chiaro e inequivoco
dettato del comma 775. 
    Per altro verso, mentre la stessa Corte costituzionale,  con  una
giurisprudenza inaugurata con la famosa sentenza n. 170 del 5  giugno
1984, discutibile e  in  dottrina  discussa  ma  ormai  da  oltre  un
ventennio costantemente applicata, ha dichiarato che il giudice  puo'
e deve disapplicare il diritto interno in  presenza  di  contrastanti
norme comunitarie europee (oggi rectius norme  dell'Unione  europea),
in virtu' di principi fatti discendere dall'art. 11 Cost., lo  stesso
non  puo'   dirsi   di   norme   interne   contrastanti   con   norme
internazionali, come sono  quelle,  di  derivazione  pattizia,  della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Norme queste ultime, che -
sebbene si sia  tentato  di  inserirle  nell'ordinamento  dell'Unione
europea con un espresso richiamo (vedasi trattato di Lisbona  firmato
il  13  novembre   2007)   -   non   sono   state   tuttavia   ancora
«comunitarizzate» e rimangono  pertanto  mere  norme  internazionali,
privo di efficacia diretta nell'ordinamento italiano. 
    Da quanto teste' considerato, si deve dedurre che  il  solo  modo
per impedire l'applicazione delle norme dei commi 774-76 della  legge
29 dicembre 2006, n. 296, ove ritenute incostituzionali, e' quello di
sollevare formalmente davanti al giudice  delle  leggi  la  questione
della loro compatibilita' con gli artt. 111 e 117 della Costituzione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti  gli  artt.  134  della  Costituzione  e  23  della   legge
costituzionale 11 marzo 1953, n 87; 
    Giudica rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
legittimita' costituzionale, in riferimento  agli  artt.  111  e  117
Cost., dell'art. 1, commi 774, 775 e 776,  della  legge  29  dicembre
2006, n. 296, nella parte in cui - interpretando l'art. 1, comma  41,
della legge 8 agosto 1995, n. 335, nel senso che per le  pensioni  di
reversibilita' sorte decorrere dall'entrata in vigore della  legge  8
agosto 1995,  n.  335,  l'indennita'  integrativa  speciale  gia'  in
godimento  da  parte  del  dante  causa   attribuita   nella   misura
percentuale  prevista   per   il   trattamento   di   reversibilita',
indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta,  e
abrogando il comma 5 dell'art. 15 della legge 23  dicembre  1994,  n.
724 - fanno  salvi,  con  riassorbimento  sui  futuri  miglioramenti,
soltanto i trattamenti pensionistici piu' favorevoli gia' definiti, e
non anche quelli in corso di definizione, in sede di contenzioso; 
    Sospende il presente giudizio  e  dispone la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei  ministri,  e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
dei deputati e, successivamente, le relative attestazioni di avvenuta
notifica e comunicazione siano trasmesse, unitamente  agli  atti  del
giudizio, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 29  settembre
2009. 
 
                   Il Presidente-estensore: Pisana 
 
    Depositata in segreteria il 16 novembre 2009.