N. 81 SENTENZA 24 febbraio - 5 marzo 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Impiego pubblico - Incarichi dirigenziali,  conferiti  prima  del  17
  maggio   2006,   a   personale   non   dipendente   da    pubbliche
  amministrazioni (art. 19, comma  6,  d.lgs.  n.  165  del  2001)  -
  Cessazione  ex  lege  ove  non  confermati  entro  sessanta  giorni
  dall'entrata in vigore del  decreto-legge  n.  262  del  2006  (cd.
  spoils system) -  Eccepita  inammissibilita'  della  questione  per
  difetto di giurisdizione del giudice a quo - Reiezione. 
- D.l. 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 24 novembre 2006, n. 286), art. 2, comma 161. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 98. 
Impiego pubblico - Incarichi dirigenziali,  conferiti  prima  del  17
  maggio   2006,   a   personale   non   dipendente   da    pubbliche
  amministrazioni (art. 19, comma  6,  d.lgs.  n.  165  del  2001)  -
  Cessazione  ex  lege  ove  non  confermati  entro  sessanta  giorni
  dall'entrata in vigore del  decreto-legge  n.  262  del  2006  (cd.
  spoils  system)  -  Violazione  dei  principi  di  buon  andamento,
  imparzialita'   e   continuita'   dell'azione   amministrativa    -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- D.l. 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 24 novembre 2006, n. 286), art. 2, comma 161. 
- Costituzione, artt. 97 e 98. 
(GU n.10 del 10-3-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,
  Giuseppe  TESAURO,  Paolo   Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'articolo  2,  comma
161, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262  (Disposizioni  urgenti
in materia tributaria e finanziaria), convertito, con  modificazioni,
nella  legge  24  novembre  2006,  n.  286,  promosso  dal  Tribunale
ordinario di Roma, sezione terza lavoro,  nel  procedimento  vertente
tra C. C. e il Ministero dello sviluppo economico, con ordinanza  del
24 febbraio 2009, iscritta al n. 247 del registro  ordinanze  2009  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio  2010  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ordinanza del 24 febbraio 2009 il Tribunale ordinario di
Roma, sezione terza lavoro, ha sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 161, del  decreto-legge  3  ottobre
2006,  n.  262  (Disposizioni  urgenti  in   materia   tributaria   e
finanziaria), convertito nella legge 24 novembre 2006,  n.  286,  per
violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. 
    Il giudice a quo sottolinea che il ricorrente ha stipulato con il
Ministero delle Attivita' produttive (divenuto  poi  Ministero  dello
sviluppo economico), in data 3 agosto 2005, un contratto  individuale
di lavoro, ai sensi dell'art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche),  avente  ad  oggetto  un
incarico dirigenziale  di  seconda  fascia,  con  decorrenza  dal  1°
settembre 2005 e con scadenza 31 agosto 2008, per lo  svolgimento  di
funzioni di ricerca e studio, relative all'analisi  quantitativa  per
la verifica dell'efficienza e dell'efficacia degli  investimenti  nei
singoli settori agevolati dalle leggi in  vigore.  Con  nota  del  1°
dicembre 2006 l'amministrazione gli ha comunicato la non conferma del
predetto  incarico,  in  applicazione  dell'art.  41,  comma  1,  del
decreto-legge n. 262 del 2006. 
    Il Tribunale rileva come la predetta  disposizione  abbia  esteso
agli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi del comma  5-bis  (che
disciplina  gli  incarichi   ai   dirigenti   dipendenti   da   altre
amministrazioni) e del  comma  6  (che  disciplina  gli  incarichi  a
dirigenti non dipendenti da amministrazioni), il regime giuridico  di
cui dal comma 8, dell'art. 19 del d.lgs. n. 165 del  2001,  il  quale
prevede la cessazione delle funzioni dirigenziali attribuite  decorsi
novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. 
    Il comma  3  dello  stesso  art.  41  ha,  altresi',  dettato  la
disciplina transitoria stabilendo che «in sede di prima  applicazione
dell'art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001 (...) gli incarichi
ivi previsti, conferiti prima del 17 maggio  2006,  cessano  ove  non
confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore  del
presente decreto-legge». 
    Il giudice remittente sottolinea come  l'amministrazione  avrebbe
fatto  applicazione,  il  1°  dicembre  2006,  con   decorrenza   dal
successivo giorno 2, della disposizione di  cui  al  citato  comma  3
dell'art. 41, considerato che «il ricorrente  aveva  un  incarico  ex
comma 6 in corso alla data del 17 maggio 2006». 
    Si aggiunge come non dovrebbe,  invece,  farsi  applicazione  del
primo comma dell'art. 41 perche' «alla data di entrata in vigore  del
decreto il termine di novanta giorni dalla fiducia al Governo oggi in
carica era gia' decorso e la stessa introduzione di una disciplina di
prima applicazione volta a regolare i rapporti  in  corso  alla  data
della fiducia rende evidente la non  retroattivita'  del  comma  159,
d'altronde imposta, in  assenza  di  segni  esegetici  contrari,  dai
principi generali». 
    Le riportate disposizioni di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 41 sono
state poi trasfuse sostanzialmente nei commi 159 e  161  dell'art.  2
della  legge  n.  286  del  2006.  Tale  articolo,  si  aggiunge,  ha
espressamente abrogato l'art. 41 del decreto-legge n. 262 del 2006 «e
nondimeno, facendone salvo  l'art.  48,  appare  averne  fatta  salva
l'efficacia temporale, per quanto attiene alle  disposizioni  qui  in
esame, rimaste, per  quanto  rileva  in  causa,  intatte  nella  loro
portata normativa, dal 3 ottobre 2006». 
    Esposto cio', il Tribunale richiama il contenuto  della  sentenza
n. 103 del 2007 di questa Corte, di cui  viene  riportata  una  parte
della motivazione, che ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale
dell'art.  3,  comma  7,  della  legge  15  luglio   2002,   n.   145
(Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per  favorire
lo scambio di esperienze e l'interazione  tra  pubblico  e  privato),
nella parte in cui prevedeva la cessazione automatica degli incarichi
dei dirigenti generali in corso alla data di entrata in vigore  della
legge stessa per violazione degli artt. 97 e 98 della Costituzione. 
    Questi principi, continua il giudice  a  quo,  avrebbero  trovato
conferma nella successiva sentenza n. 161 del 2008, che ha dichiarato
per gli stessi motivi la illegittimita' costituzionale  dell'art.  2,
comma 161, del decreto-legge n. 262 del 2006,  «nella  parte  in  cui
dispone che gli incarichi conferiti al personale non appartenente  ai
ruoli di cui all'art. 23 (...) conferiti prima  del  17  maggio  2006
cessano ove non  confermati  entro  sessanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore del decreto stesso». 
    Il  Tribunale  remittente  sottolinea  come  malgrado  la   parte
dispositiva della citata sentenza n. 161 del 2008 «si presti, nel suo
tenore testuale, ad essere direttamente applicata  alla  fattispecie,
perche' il ricorrente appartiene al "personale  non  appartenente  ai
ruoli di cui all'art.  23  del  d.lgs.  n.  165  del  2001",  l'esame
complessivo della pronuncia rivela chiaramente come  la  Corte  abbia
inteso avere esclusivo riguardo al personale comunque  dipendente  di
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del  d.lgs.  n.
165 del 2001 e munito di status dirigenziale (sebbene non appartenete
ai ruoli di cui all'art.  23),  cui  si  riferisce  il  comma  5-bis,
dell'art. 19, del d.lgs. n. 165 del 2001». 
    Il giudice a quo sottolinea come l'unica residua  differenza  tra
il caso deciso con la citata  sentenza  n.  161  del  2008  e  quello
oggetto della controversia al suo  esame  sarebbe  rappresentata  dal
fatto che viene in rilievo un incarico dirigenziale conferito ex art.
19, comma 6, a  persona  «non  attualmente  munita  dello  status  di
dirigente,  in  ragione  dei  requisiti  professionali  di  cui  alla
medesima disposizione». Si osserva come dopo  la  predetta  decisione
«il fatto che gli  incarichi  di  cui  al  comma  6  possono  cessare
automaticamente, quando quelli di cui al  comma  5  non  lo  possono,
determina oramai una disparita' di trattamento che  appare  priva  di
ogni ragionevole giustificazione e come  tale  illegittima  ai  sensi
dell'art. 3 della Costituzione». 
    Dopo avere richiamato le sentenze di questa Corte  il  giudice  a
quo ritorna sulla questione della rilevanza osservando  come,  avendo
l'attore  chiesto  il  risarcimento  del  danno  patrimoniale  e  non
patrimoniale a causa dell'illegittima revoca  dell'incarico,  avrebbe
chiesto  «seppure  indirettamente,  in  via  principale   dichiararsi
l'illegittimita' della revoca» in ragione del  fatto  che  la  stessa
sarebbe stata disposta sulla base di una legge  incostituzionale.  Si
aggiunge che, anche qualora si  ritenesse  che  l'accertamento  della
predetta  illegittimita'  non  abbia  formato  oggetto  di   domanda,
nondimeno tale accertamento andrebbe effettuato «in via  incidentale»
per verificare se sussiste o meno l'illecito;  puntualizzandosi  come
«la rilevanza della questione non sembra  richiedere  una  preventiva
delibazione sulla sussistenza degli altri elementi costitutivi  della
pretesa risarcitoria (la colpa dell'amministrazione ed il danno)». In
ogni caso,  si  rileva  come  «non  possa  apparire  improbabile  che
l'accoglimento   della   sollevata    questione    di    legittimita'
costituzionale abbia ricadute risarcitorie». Cio' in quanto  l'attore
chiede il risarcimento del danno consistente  nel  mancato  pagamento
delle retribuzioni che sarebbero maturate,  secondo  contratto,  fino
alla naturale scadenza del contratto. Si aggiunge come all'attore non
si applicherebbe il comma 2, dell'art. 161, del decreto-legge n.  262
del 2006, che prevede il pagamento  delle  retribuzioni  per  i  soli
dirigenti dipendenti da altre amministrazioni cessati  dall'incarico.
Inoltre,  «l'attore  deduce  danni  alla  professionalita'  ed   alla
immagine la cui sussistenza non puo' essere, allo stato, esclusa». 
    Nell'ultima parte dell'ordinanza di rimessione  il  Tribunale  si
sofferma sulla sussistenza della colpa per ritenere  che  la  stessa,
venendo in rilievo una ipotesi di  responsabilita'  contrattuale,  si
presumerebbe ex art. 1218 del codice civile. 
    Si osserva, inoltre, come  «la  natura  della  condotta  e  della
disposizione applicata ed il contesto della sua  applicazione»  nella
specie, «non consentono prima facie di  affermare  che  il  Ministero
versi in un'ipotesi di causa non  imputabile».  Cio',  in  quanto  la
disposizione censurata «non richiedeva la non conferma dell'incarico,
rimettendola invece ad una piena ed  incondizionata  discrezionalita'
dell'amministrazione,  passibile  di  essere  esercitata  anche  solo
tacitamente, e che questa ha ritenuto di esercitare attivamente  ante
tempus    senza,    peraltro,    alcuna    motivazione».     Inoltre,
l'amministrazione avrebbe dovuto  conformare  la  propria  azione  ai
principi  di  cui  agli  artt.  97  e  98   Cost.,   in   quanto   la
privatizzazione del rapporto di lavoro dei dirigenti non implica  che
l'amministrazione  possa   recedere   liberamente   dagli   incarichi
conferiti. 
    Infine,  si  osserva,  sempre  sul  piano  dell'analisi  relativa
all'accertamento dell'elemento  soggettivo  della  colpa,  come  tali
questioni «appaiono del tutto premature», atteso  che,  una  corretta
applicazione delle regole  relative  all'ordine  logico-giuridico  da
seguire nella decisione della causa, imporrebbe di accertare prima la
sussistenza  dell'elemento  materiale  dell'illecito  (e  dunque   la
illegittimita' costituzionale della norma attributiva del potere) «in
solo rapporto al quale (...) la colpa e il danno  sono  concretamente
delibabili».  In  conclusione,  il  remittente  esclude   che   possa
ritenersi «coerente con le funzioni  istituzionali  della  Corte  una
interpretazione del requisito  della  rilevanza  che  si  sospinga  a
valutazioni  prognostiche  sulla  concreta  idoneita'  dell'esito  ad
incidere sulle possibilita' di accoglimento, parziale o totale, della
domanda». 
    2. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, osservando, in via preliminare, come l'attore del  giudizio  a
quo  non  abbia  chiesto  la  declaratoria  di   illegittimita'   del
provvedimento  di  decadenza  ma  il  risarcimento  dei   danni   per
cessazione dell'incarico, con la conseguenza che la cognizione  della
domanda risarcitoria spetterebbe al giudice amministrativo  e  non  a
quello ordinario. 
    Nel merito si deduce la  infondatezza  delle  censure  in  quanto
nella specie verrebbero in rilievo incarichi conferiti a persona  che
non riveste gia' il ruolo di  dirigente  della  p.a.  «ma  a  persona
estranea alla p.a. prescelta sulla base  di  criteri  di  particolare
stima   e   fiducia   da   parte   dell'organo   politico    preposto
all'amministrazione che,  pur  condizionato  dalla  ricorrenza  degli
oggettivi elementi indicati dal comma 6, dell'art. 19, del d.lgs.  n.
165 del 2001, effettua pero' la propria definitiva scelta  fondandola
sul proprio personale fiduciario rapporto con il soggetto che intende
investire  della  funzione  dirigenziale».  In  questa   prospettiva,
sarebbe del tutto coerente che, al mutamento del Governo, il soggetto
nominato venga sottoposto ad un «vaglio confermativo e,  in  caso  di
non conferma, che l'incarico decada». Diversamente  argomentando,  si
sottolinea,   «la   possibilita',   percentualmente    limitata    di
conferimento di detti incarichi (...) resterebbe preclusa ai titolari
del potere  politico,  frustrando  completamente  (...)  un  suo  pur
modesto avvalimento di personale» di totale fiducia nell'esercizio di
funzioni dirigenziali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di Roma, sezione  terza  lavoro,  con
ordinanza del 24 febbraio 2009 ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 161, del  decreto-legge  3  ottobre
2006,  n.  262  (Disposizioni  urgenti  in   materia   tributaria   e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 24  novembre
2006, n. 286. 
    Tale disposizione - richiamando l'art. 19, comma 8,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze  delle  amministrazione  pubbliche),  come
modificato, dai commi 159 e 161 dello stesso decreto-legge n. 262 del
2006 - prevede che gli incarichi di funzioni dirigenziali  conferiti,
tra l'altro, a persone di particolare e comprovata qualificazione  in
possesso dei requisiti specificamente  previsti  dal  comma  6  dello
stesso art. 19, estranei alle amministrazioni statali,  «cessano  ove
non confermati entro sessanta giorni» dalla data di entrata in vigore
dello stesso decreto. 
    Il giudice a quo censura il predetto  comma  161,  assumendo  che
esso si pone in contrasto con gli artt. 97 e 98  della  Costituzione,
in quanto prevede una interruzione automatica del rapporto di  lavoro
prima della scadenza del termine stabilito per la sua durata. 
    2. - In via preliminare, e'  necessario  richiamare  gli  aspetti
essenziali della vicenda oggetto del giudizio a quo, quali  risultano
dall'ordinanza di remissione. 
    Il ricorrente era titolare di  «un  rapporto  di  lavoro  con  la
Presidenza del Consiglio dei ministri». In  data  3  agosto  2005  il
Ministero delle attivita' produttive (divenuto  poi  Ministero  dello
sviluppo economico) gli aveva conferito, con decorrenza 1°  settembre
2005 e scadenza 31 agosto 2008, «un incarico dirigenziale di  seconda
fascia», ai sensi del comma 6, dell'art. 19, del d.lgs.  n.  165  del
2001, «quale soggetto non altrimenti legato da un rapporto di impiego
dirigenziale con una pubblica amministrazione». Lo stesso  Ministero,
con provvedimento del 1° dicembre 2006,  con  decorrenza  dal  giorno
successivo, non aveva confermato l'incarico  attribuito.  Per  queste
ragioni il ricorrente ha chiesto al Tribunale remittente che  venisse
dichiarato    illegittimo    tale    provvedimento    e    condannata
l'amministrazione al risarcimento del danno. 
    3. - Sempre in via preliminare, deve essere esaminata l'eccezione
di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura  generale  dello  Stato
per mancanza di rilevanza della questione,  sul  presupposto  che  la
giurisdizione sulla controversia in esame non spetterebbe al  giudice
ordinario, ma a quello amministrativo. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    In particolare, la difesa dello Stato rileva  come  -  avendo  il
ricorrente   chiesto    nel    giudizio    a    quo    la    condanna
dell'amministrazione al risarcimento del danno,  che  presuppone  una
valutazione della legittimita' del provvedimento stesso - la relativa
domanda  avrebbe  dovuto   essere   proposta   davanti   al   giudice
amministrativo. 
    Come e' noto, la giurisprudenza costituzionale  e'  costante  nel
ritenere che «la  inammissibilita'  delle  questioni  incidentali  di
legittimita'  costituzionale,  sotto  il  profilo  della  carenza  di
giurisdizione del giudice a quo,  puo'  verificarsi  solo  quando  il
difetto di giurisdizione emerga in  modo  macroscopico  e  manifesto,
cioe' ictu oculi» (ex multis, sentenze n. 156 del 2007 e n.  144  del
2005). 
    Nel caso in esame - avuto riguardo a  quanto  previsto  dall'art.
63, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, che assegna alla  cognizione
del  giudice  ordinario  le  controversie  aventi   ad   oggetto   il
conferimento e  la  revoca  dell'incarico  dirigenziale  -  non  puo'
ritenersi implausibile la motivazione con cui il giudice ordinario ha
ritenuto la sua giurisdizione anche in  relazione  alle  controversie
risarcitorie connesse  all'accertamento  della  illegittimita'  della
«revoca» dell'incarico stesso. 
    4. - Nel merito, la questione e' fondata. 
    5. - Al fine di chiarire la portata della disposizione impugnata,
occorre, innanzitutto, sottolineare che l'art. 19 del  citato  d.lgs.
n. 165 del 2001, contempla tre tipologie  di  funzioni  dirigenziali,
collocate in ordine decrescente di rilevanza e di  maggiore  coesione
con l'organo politico. 
    Innanzitutto, sono previsti «gli incarichi di segretario generale
di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture  articolate  al
loro interno in uffici dirigenziali  generali  e  quelli  di  livello
equivalente»: si tratta delle  attribuzioni  dirigenziali  «apicali»,
conferite  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica,   previa
deliberazione del Consiglio dei ministri, su  proposta  del  Ministro
competente (art. 19, comma 3). 
    Sono poi disciplinati «gli incarichi di funzione dirigenziale  di
livello  generale»,  attribuiti  con  decreto  del   Presidente   del
Consiglio dei ministri, su proposta del  Ministro  competente  (comma
4). 
    Infine, sono previsti gli  incarichi  di  direzione  degli  altri
uffici di livello dirigenziale, conferiti «dal dirigente dell'ufficio
di livello dirigenziale generale». 
    5.1. - I  predetti  incarichi  possono  poi  essere  conferiti  a
soggetti  che  si  trovino  in  una  particolare  posizione  rispetto
all'amministrazione che attribuisce la relativa funzione. 
    In primo luogo, l'incarico puo'  essere  attribuito  a  personale
inserito  nel  «ruolo  dei  dirigenti»,  istituito  presso   ciascuna
amministrazione statale e articolato  in  due  fasce  (art.  23,  del
d.lgs. n. 165 del 2001). 
    In  secondo  luogo,  le  funzioni  dirigenziali  possono   essere
conferite,  entro  limiti  percentuali  predeterminati,   «anche   ai
dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui al medesimo articolo  23»,
purche' dipendenti da altre amministrazioni pubbliche, vale a dire da
amministrazioni dello Stato diverse  da  quelle  nel  cui  ambito  e'
collocato il posto da conferire (art. 19, comma 5-bis, del d.lgs.  n.
165 del 2001). 
    Infine, e' prevista  la  possibilita',  sempre  nel  rispetto  di
soglie  prefissate,  che  ciascuna  amministrazione  attribuisca   la
titolarita' di uffici dirigenziali, a tempo  determinato,  fornendone
esplicita  motivazione,  a  «persone  di  particolare  e   comprovata
qualificazione   professionale,    non    rinvenibile    nei    ruoli
dell'amministrazione, che abbiano svolto attivita'  in  organismi  ed
enti pubblici o  privati  ovvero  aziende  pubbliche  o  private  con
esperienza  acquisita  per  almeno   un   quinquennio   in   funzioni
dirigenziali,   o   che   abbiano    conseguito    una    particolare
specializzazione professionale, culturale  e  scientifica  desumibile
dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da  pubblicazioni
scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate  per  almeno
un quinquennio, anche presso amministrazioni  statali,  ivi  comprese
quelle  che  conferiscono  gli  incarichi,  in  posizioni  funzionali
previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano  dai  settori
della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e  dei
ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato» (art.  19,  comma  6,
del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato, da ultimo, dall'art.  40
del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, recante  «Attuazione
della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di  ottimizzazione  della
produttivita' del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche amministrazioni»). 
    5.2. - Nel caso  in  esame,  viene  in  rilievo  un  incarico  di
direzione di uffici di livello dirigenziale non generale, attribuito,
ai sensi del predetto comma  6,  dell'art.  19,  a  soggetto  esterno
all'amministrazione conferente, non dipendente,  come  dirigente,  da
altra amministrazione. 
    In relazione a tale tipologia di  incarico,  la  norma  impugnata
contempla una ipotesi di spoils system transitorio, con  interruzione
ex lege del rapporto dirigenziale in corso ove l'interessato non  sia
confermato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore dello  stesso
decreto-legge n. 262 del 2006. 
    E'  bene  aggiungere  che,  con  riferimento  alle   attribuzioni
dirigenziali «esterne», il comma 8, dell'art. 19, del d.lgs.  n.  165
del 2001, come modificato dal comma 159, del decreto-legge n. 262 del
2006, prevede anche una ipotesi di spoils system a regime, stabilendo
che tali attribuzioni «cessano decorsi novanta giorni dal voto  sulla
fiducia al Governo». 
    A tale ultimo proposito, va osservato che il citato art.  40  del
d.lgs. n. 150 del 2009 ha abrogato la parte  contenuta  nel  predetto
comma 8 dell'art. 19, che ha esteso il sistema  di  spoils  system  a
regime anche «al personale di cui al comma  5-bis,  limitatamente  al
personale non appartenente ai ruoli di cui all'art. 23,  e  al  comma
6».   Tuttavia   la   predetta   abrogazione,   essendo    successiva
all'emanazione degli atti oggetto di censura nel processo a quo,  non
e' idonea ad incidere sul quadro  normativo  rilevante  nel  presente
giudizio. 
    5.3. - In definitiva, alla luce di quanto  sin  qui  esposto,  la
questione  sottoposta  all'esame  di  questa   Corte   attiene   alla
conformita' agli artt. 97 e 98 della  Costituzione  della  norma  che
prevede un sistema di spoglie transitorio applicato a persone esterne
all'amministrazione conferente, non dipendente,  come  dirigente,  da
altra amministrazione, al quale sia  stata  attribuita  una  funzione
dirigenziale di livello non generale. 
    6. - Questa Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  affermare,  con  la
sentenza n. 103  del  2007,  che  la  previsione  di  una  cessazione
automatica, ex lege e  generalizzata,  degli  incarichi  dirigenziali
«interni» di livello generale viola, in carenza  di  idonee  garanzie
procedimentali,  i  principi  costituzionali  di  buon  andamento   e
imparzialita'  e,  in  particolare,  «il  principio  di   continuita'
dell'azione amministrativa che e' strettamente correlato a quello  di
buon andamento dell'azione stessa». 
    6.1. - Con la sentenza n. 161 del 2008, inoltre, si e'  precisato
che  questi  principi  valgono  anche  in   presenza   di   incarichi
dirigenziali conferiti «al personale non appartenente ai ruoli di cui
all'art. 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165». 
    In particolare, si e' osservato come, in tali casi,  la  mancanza
di un previo rapporto di servizio  con  l'amministrazione  conferente
non sia idonea ad incidere sulle regole di distinzione tra  attivita'
di indirizzo politico-amministrativo e compiti gestori dei  dirigenti
e conseguentemente sull'applicabilita'  dei  principi  costituzionali
sopra richiamati. In altri  termini,  questa  Corte  ha  rilevato  la
ininfluenza,  sul  piano  funzionale,  del  fatto   che   l'atto   di
attribuzione di una determinata funzione dirigenziale ad un dirigente
esterno,  dipendente  di  altra  amministrazione,  e   il   correlato
contratto individuale non si  innestino  su  un  rapporto  di  lavoro
dirigenziale gia' esistente con la stessa amministrazione. 
    E' bene inoltre aggiungere, richiamando quanto gia'  sottolineato
con la citata sentenza n. 161 del 2008,  come  la  previsione  di  un
potere di conferma entro sessanta giorni non sia anch'essa in  grado,
di per se', di diversificare  la  fattispecie  in  esame  rispetto  a
quella oggetto di scrutinio  con  la  sentenza  n.  103  del  2007  e
conseguentemente il relativo regime giuridico. Il potere ministeriale
di conferma non attribuisce, infatti,  al  rapporto  dirigenziale  in
corso alcuna garanzia  di  autonomia  funzionale,  atteso  che  dalla
mancata conferma la legge fa derivare la decadenza  automatica  senza
alcuna possibilita' di controllo giurisdizionale. 
    6.2. - Quanto sopra vale, per le medesime ragioni,  anche  quando
l'incarico dirigenziale esterno, nella specie non generale, sia stato
conferito non a dirigenti dipendenti da altre amministrazioni,  ma  a
soggetti privi di status dirigenziale,  che  abbiano  «particolare  e
comprovata qualificazione professionale», che non sia rinvenibile nei
ruoli dell'amministrazione, e che rientrino, quindi, nella  categoria
indicata specificamente nel comma 6, dell'art. 19 citato. 
    Anche, dunque, per la  tipologia  di  incarichi  che  vengono  in
rilievo in questa sede - come questa Corte  ha  gia'  avuto  modo  di
affermare con le citate sentenze n. 161 del 2008 e n. 103 del 2007  -
il  rapporto  di  lavoro   instaurato   con   l'amministrazione   che
attribuisce la relativa funzione deve essere «connotato da specifiche
garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato in  modo  tale
da assicurare la tendenziale continuita' dell'azione amministrativa e
una  chiara  distinzione  funzionale  tra  i  compiti  di   indirizzo
politico-amministrativo e quelli di gestione». 
    Deve, pertanto,  ritenersi,  in  continuita'  logica  con  quanto
affermato  dalle  due  suindicate  pronunce,  che  anche   la   norma
denunciata,  prevedendo  la   immediata   cessazione   del   rapporto
dirigenziale alla scadenza del sessantesimo  giorno  dall'entrata  in
vigore del decreto-legge n. 262 del 2006, in mancanza di  riconferma,
violi, in carenza  di  idonee  garanzie  procedimentali,  i  principi
costituzionali di buon andamento e imparzialita' e,  in  particolare,
«il  principio  di  continuita'  dell'azione  amministrativa  che  e'
strettamente  correlato  a  quello  di  buon  andamento   dell'azione
stessa». 
    Cio' in quanto la previsione di una anticipata cessazione ex lege
del rapporto in corso - in assenza di una  accertata  responsabilita'
dirigenziale  -  impedisce  che  l'attivita'  del   dirigente   possa
espletarsi in  conformita'  ad  un  nuovo  modello  di  azione  della
pubblica amministrazione, disegnato dalle recenti  leggi  di  riforma
della pubblica amministrazione, che misura  l'osservanza  del  canone
dell'efficacia e dell'efficienza  alla  luce  dei  risultati  che  il
dirigente deve perseguire, nel rispetto  degli  indirizzi  posti  dal
vertice politico, avendo a disposizione un periodo di tempo adeguato,
modulato  in  ragione  della  peculiarita'  della  singola  posizione
dirigenziale e del contesto complessivo in cui la stessa e' inserita. 
    E' necessario, pertanto, garantire, come  questa  Corte  ha  gia'
chiarito, «la presenza di  un  momento  procedimentale  di  confronto
dialettico  tra  le  parti,  nell'ambito  del  quale,  da  un   lato,
l'amministrazione  esterni  le  ragioni  -  connesse  alle  pregresse
modalita'  di  svolgimento  del  rapporto  anche  in  relazione  agli
obiettivi programmati dalla nuova  compagine  governativa  -  per  le
quali ritenga di non consentirne la prosecuzione sino  alla  scadenza
contrattualmente prevista; dall'altro, al dirigente sia assicurata la
possibilita' di far valere  il  diritto  di  difesa,  prospettando  i
risultati delle proprie prestazioni e delle competenze  organizzative
esercitate per il raggiungimento degli  obiettivi  posti  dall'organo
politico  e  individuati,  appunto,  nel  contratto   a   suo   tempo
stipulato». 
    L'esistenza di una preventiva fase valutativa - ha  puntualizzato
la Corte con le suindicate sentenze - risulta  essenziale  anche  per
assicurare, specie dopo l'entrata in  vigore  della  legge  7  agosto
1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e
di diritto di accesso ai documenti amministrativi), «il rispetto  dei
principi del giusto procedimento, all'esito del quale  dovra'  essere
adottato un  atto  motivato  che,  a  prescindere  dalla  sua  natura
giuridica,  di  diritto  pubblico  o  di  diritto  privato,  consenta
comunque  un  controllo  giurisdizionale.  Cio'  anche  al  fine   di
garantire - attraverso la esternazione delle ragioni che stanno  alla
base  della  determinazione  assunta  dall'organo  politico -  scelte
trasparenti e verificabili, in grado di  consentire  la  prosecuzione
dell'attivita' gestoria in ossequio al precetto costituzionale  della
imparzialita' dell'azione amministrativa». 
    In definitiva, in presenza di tali incarichi - che devono  essere
sempre conferiti nel rigoroso rispetto  delle  condizioni  prescritte
dal comma 6, dell'art. 19, le quali impongono, tra l'altro,  che  «la
professionalita' vantata dal soggetto esterno non sia rinvenibile nei
ruoli   dell'amministrazione»   (sentenza   n.   9   del   2010)    -
l'amministrazione  stessa  e'  tenuta  a  garantire  la   distinzione
funzionale tra  attivita'  di  indirizzo  politico  amministrativo  e
attivita' gestionale, in attuazione dei  principi  costituzionali  di
buon andamento e imparzialita' dell'azione dei pubblici poteri. 
    7.  -  Deve,  pertanto,  essere  dichiarata   la   illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 161, del decreto-legge n.  262  del
2006, per violazione degli artt. 97 e 98  della  Costituzione,  nella
parte in cui dispone che gli incarichi conferiti al personale di  cui
al comma 6, dell'art. 19, del d.lgs. n. 165 del 2001 «conferiti prima
del 17 maggio 2006, cessano ove non confermati entro sessanta  giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto». 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  161,
del decreto-legge 3 ottobre 2006, n.  262  (Disposizioni  urgenti  in
materia tributaria e  finanziaria),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 24 novembre 2006, n. 286, nella parte in cui dispone  che
gli incarichi conferiti al personale di cui al comma 6, dell'art. 19,
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), conferiti prima del 17  maggio  2006,  «cessano  ove  non
confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore  del
presente decreto». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Quaranta 
 
 
                      Il cancelliere: Fruscella 
 
    Depositata in cancelleria il 5 marzo 2010. 
 
                      Il cancelliere: Fruscella