N. 100 SENTENZA 10 - 17 marzo 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita' pubblica - Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Norme  della
  Regione Campania - Misure per i rientri dal disavanzo  sanitario  -
  Affidamento di nuove consulenze a carico dell'Azienda  sanitaria  o
  ospedaliera  richiedente  dietro  autorizzazione   del   competente
  assessorato regionale - Obbligo  per  le  ASL  di  indire  concorsi
  riservati a lavoratori,  in  servizio  presso  strutture  sanitarie
  private, licenziati e posti in mobilita' - Ricorso  del  Governo  -
  Lamentata violazione del  principio  di  leale  collaborazione  per
  omessa sottoposizione del provvedimento legislativo alla preventiva
  autorizzazione ministeriale in virtu' dell'Accordo  13  marzo  2007
  tra  Presidente  della  Regione   e   Ministri   della   salute   e
  dell'economia  -  Inapplicabilita'   delle   procedure   di   leale
  collaborazione  all'esercizio  della  funzione  legislativa  -  Non
  fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Campania 28 novembre  2008,  n.  16,  artt.  4,
  comma 2, e 7. 
Sanita' pubblica - Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Norme  della
  Regione Campania - Misure per i rientri dal disavanzo  sanitario  -
  Affidamento di nuove consulenze a carico dell'Azienda  sanitaria  o
  ospedaliera  richiedente  dietro  autorizzazione   del   competente
  assessorato regionale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione
  dei  principi  fondamentali  nella  materia  «coordinamento   della
  finanza  pubblica»  desumibili  dalla   legislazione   statale, con
  pregiudizio dell'obiettivo di riequilibrio  economico  del  settore
  sanitario individuato nell'Accordo del 13 marzo 2007 tra Presidente
  della Regione e Ministri della salute e dell'economia -  Esclusione
  - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Campania 28 novembre 2008, n. 16, art. 4, comma
  2. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma,  e  118;  legge  27  dicembre
  2006, n. 296, art. 1, comma 796, lettera b). 
Sanita' pubblica - Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Norme  della
  Regione Campania - Misure per i rientri dal disavanzo  sanitario  -
  Obbligo per le ASL di indire concorsi riservati  a  lavoratori,  in
  servizio presso strutture sanitarie private, licenziati e posti  in
  mobilita'  -  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  dei
  principi fondamentali nella materia  «coordinamento  della  finanza
  pubblica» desumibili dalla legislazione statale -  Riconducibilita'
  della disposizione denunciata  alla  materia  organizzazione  della
  Regione di competenza residuale  delle  Regioni  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge della Regione Campania 28 novembre 2008, n. 16, art. 7. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma; legge 27  dicembre  2006,  n.
  296, art. 1, comma 796, lettera b). 
Sanita' pubblica - Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Norme  della
  Regione Campania - Misure per i rientri dal disavanzo  sanitario  -
  Affidamento di nuove consulenze a carico dell'Azienda  sanitaria  o
  ospedaliera  richiedente  dietro  autorizzazione   del   competente
  assessorato regionale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione
  dei  principi  fondamentali  nella  materia  «coordinamento   della
  finanza pubblica» desumibili dalla legislazione  statale  (art.  46
  del decreto-legge n. 112/2008) - Esclusione - Non fondatezza  della
  questione nei sensi di cui in motivazione. 
- Legge della Regione Campania 28 novembre 2008, n. 16, art. 4, comma
  2. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma; decreto-legge 25 giugno 2008,
  n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,
  n. 133), art. 46. 
Sanita' pubblica - Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Norme  della
  Regione Campania - Misure per i rientri dal disavanzo  sanitario  -
  Obbligo per le ASL di indire concorsi riservati  a  lavoratori,  in
  servizio presso strutture sanitarie private, licenziati e posti  in
  mobilita' - Ricorso del  Governo  -  Violazione  della  regola  del
  concorso pubblico nonche' dell'obbligo di copertura finanziaria dei
  maggiori costi per il personale - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 28 novembre 2008, n. 16, art. 7. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, 51, 97 e 81, quarto comma. 
(GU n.12 del 24-3-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  4,  comma
2, e 7 della legge della Regione Campania 28  novembre  2008,  n.  16
(Misure straordinarie di  razionalizzazione  e  riqualificazione  del
sistema sanitario regionale per il rientro dal  disavanzo),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il
30 gennaio 2009, depositato in cancelleria  il  3  febbraio  2009  ed
iscritto al n. 9 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  2010  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei ministri  e  l'avvocato  Vincenzo  Cocozza  per  la
Regione Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato  il  30  gennaio  2009  e  depositato
presso la cancelleria della Corte il successivo 3 febbraio (ric. n. 9
del 2009), il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  promosso
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 2, e
7 della legge della Regione Campania 28 novembre 2008, n. 16  (Misure
straordinarie di razionalizzazione  e  riqualificazione  del  sistema
sanitario regionale per il rientro dal  disavanzo),  per  violazione,
nel complesso, degli articoli 3, primo comma, 51, 81,  quarto  comma,
97, primo e terzo comma, 117 e 118 della Costituzione e del principio
di leale collaborazione. 
    1.1. - In via preliminare, il ricorrente  illustra  il  contenuto
delle due norme censurate, entrambe destinate ad operare nel  settore
del servizio sanitario. 
    L'art. 4, dopo aver previsto che le «consulenze  in  essere  alla
data di entrata in vigore della presente legge non sono ulteriormente
rinnovabili ne' rinegoziabili» (comma 1), stabilisce (comma  2)  che,
proprio in previsione della loro  scadenza,  «l'Azienda  sanitaria  o
ospedaliera» possa chiedere «all'assessorato regionale di  verificare
se  fra  le  risorse  umane  presenti  nell'organico  del   personale
regionale siano comprese  figure  professionali  compatibili  con  le
esigenze dell'Azienda  richiedente».  L'assessorato,  pertanto,  puo'
«incaricare detto  personale  dipendente  di  fornire  la  consulenza
prevedendo la corresponsione delle remunerazioni, conformemente  alle
previsioni contrattuali vigenti, a carico dell'Azienda  richiedente»,
ovvero, «laddove le professionalita' richieste non  siano  reperibili
in organico», autorizzare «l'Azienda alla stipula  del  contratto  di
consulenza». 
    Ai sensi, invece, dell'art. 7  e'  «fatto  obbligo  alle  Aziende
sanitarie locali e alle Aziende ospedaliere della Campania di bandire
concorsi riservati per i lavoratori in servizio in modo  continuativo
da   almeno   tre   anni   presso   strutture    sanitarie    private
provvisoriamente accreditate,  licenziati  e  posti  in  mobilita'  a
seguito di provvedimento di  revoca  dell'accreditamento  conseguente
alla perdita dei requisiti previsti  dalle  vigenti  disposizioni  in
materia». 
    1.2. - Tanto premesso, secondo il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri le  due  norme  impugnate,  «che  prevedono  rispettivamente
l'affidamento incondizionato di nuove consulenze  e  l'obbligo  delle
Aziende  sanitarie  locali   di   indire   concorsi   riservati   per
l'assunzione di personale privato, comportano impegni  di  spesa  che
sono  in  contrasto  con  il  contenuto  dell'Accordo  stipulato  dal
Presidente della Regione e dai Ministri della salute e dell'economia»
ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2005), donde la  loro  illegittimita'
costituzionale. 
    1.2.1. - Difatti, ai sensi  dell'art.  3,  comma  6,  del  citato
Accordo, intervenuto il 13 marzo 2007, tra i provvedimenti  regionali
di spesa e programmazione sanitaria, da  sottoporre  alla  preventiva
approvazione del Ministro della salute e del Ministro dell'economia e
delle finanze, rientrano anche quelli concernenti le «consistenze del
personale a tempo indeterminato, determinato nonche' quelle  relative
a  forme  di  lavoro  flessibile,  convenzioni   e   consulenze   con
riferimento ai fattori che hanno incidenza diretta  ed  indiretta  su
dette  consistenze  (assunzioni,  cessazioni,  riorganizzazione   dei
servizi, accorpamenti, esternalizzazioni, creazioni  di  nuovi  enti,
ecc)». 
    Nel novero di tali provvedimenti, pertanto, rientrano, secondo il
ricorrente, anche «le misure oggetto delle  disposizioni  impugnate»,
le  quali,  tuttavia,  sarebbero   «state   assunte   in   violazione
dell'Accordo» summenzionato e con esso «del fondamentale principio di
leale collaborazione», la cui portata generale non  sarebbe  limitata
alla previsione contenuta nell'art. 120, secondo comma,  Cost.,  come
confermerebbe -  tra  le  diverse   pronunce   della   giurisprudenza
costituzionale - la sentenza n. 310 del 2006. 
    Su  tali  basi,  dunque,  viene  dedotto  un  primo  profilo   di
illegittimita' costituzionale, comune ad entrambe le norme censurate,
per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio  di  leale
collaborazione. 
    1.2.2. - Si assume, inoltre,  che  la  Regione  Campania  sarebbe
«venuta meno agli specifici  vincoli,  strumentali  al  conseguimento
dell'equilibrio economico nel sistema sanitario, contenuti nel  piano
di rientro» di cui al gia' citato Accordo del 13 marzo 2007. 
    I predetti artt. 4 e 7, infatti, contrasterebbero con i  principi
volti al contenimento  della  spesa  sanitaria -  identificati  quali
principi fondamentali della materia, oggetto di potesta'  legislativa
concorrente  statale  e  regionale,  «coordinamento   della   finanza
pubblica» - «declinati» dall'art. 1, comma  796,  lettera  b),  della
legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007),
norma che attribuisce natura vincolante agli «interventi  individuati
nei  programmi  operativi  di  riorganizzazione,  potenziamento   del
servizio  sanitario  regionale,  necessari   per   il   perseguimento
dell'equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui  all'art.  1,
comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311». 
    Di  qui,  pertanto,  la  deduzione  di  un  secondo  profilo   di
illegittimita' costituzionale - comune ad ambedue le norme  impugnate
- ai sensi dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,  per  «violazione  dei
principi fondamentali, nella materia di legislazione concorrente, del
"coordinamento della finanza pubblica"». 
    1.3. - Identica  censura,  sebbene  sotto  altro  profilo,  viene
rivolta al solo art. 4, comma 2, della legge regionale della Campania
qui in esame. 
    Si ipotizza che esso reintroduca  «surrettiziamente  la  facolta'
incondizionata delle  Aziende  sanitarie  locali  di  affidare  nuove
consulenze o di rinnovare quelle in corso»,  ponendosi  in  contrasto
con la previsione - anch'essa  costituente,  secondo  il  ricorrente,
principio fondamentale della  materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica» - contenuta nell'art. 46 del decreto-legge 25 giugno  2008,
n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica e la perequazione  tributaria),  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,  n.
133. 
    Tale articolo - prosegue il Presidente del Consiglio dei ministri
- ha subordinato a «puntuali presupposti legittimanti l'attivita'  di
affidamento  di   consulenze»   (presupposti,   nella   specie,   non
rispettati, dipendendo l'espletamento della consulenza da  «una  mera
richiesta  dell'azienda   interessata»),   quali   «la   specificita'
dell'oggetto dell'incarico e  la  sua  strumentalita'  rispetto  alle
esigenze dell'amministrazione conferente; l'impossibilita'  oggettiva
di  utilizzazione  di  risorse  interne;   la   temporaneita'   della
prestazione e la sua valutazione  in  termini  di  grado  elevato  di
qualificazione; la possibilita' di prescindere  dal  requisito  della
comprovata   specializzazione   universitaria   solo   in    presenza
dell'accertamento rigoroso di un'esperienza qualificata, maturata nel
settore ove si presta attivita' di consulenza». 
    1.4. - Due censure specifiche sono,  infine,  rivolte  anche  nei
confronti dell'art. 7 della legge della Regione Campania  n.  16  del
2008. 
    Per un verso, si evidenzia che la norma - nel  «bandire  concorsi
riservati  ai  lavoratori  che  abbiano  prestato  servizio  in  modo
continuativo per almeno tre anni presso strutture  sanitarie  private
provvisoriamente accreditate», gia' licenziati o posti in mobilita' a
seguito  «di  un  provvedimento  di  revoca  dell'accreditamento»   -
violerebbe gli artt. 3, primo comma, 51 e 97, primo  e  terzo  comma,
Cost. 
    Essa, infatti, contrasterebbe con  quel  principio  del  pubblico
concorso che, sottolinea il  ricorrente,  secondo  la  giurisprudenza
costituzionale «costituisce la regola per l'accesso all'impiego  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare al fine  di
assicurare la loro imparzialita' ed  efficienza»  (e'  richiamata  la
sentenza n. 81 del 2006). 
    Per contro, in caso di  concorsi  «interni»  -  al  quale  sembra
riconducibile, secondo il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
anche quello previsto  dalla  censurata  disposizione,  sebbene  esso
riservi la  procedura  concorsuale  «ad  una  categoria  di  soggetti
esterni» all'amministrazione - la regola del pubblico concorso  «puo'
dirsi rispettata solo quando le selezioni non siano caratterizzate da
arbitrarie e  irragionevoli  forme  di  restrizione  nell'ambito  dei
soggetti  legittimati  a  parteciparvi»   (come   sarebbe   avvenuto,
viceversa, nel caso di specie).  Difatti,  il  legislatore  ben  puo'
prevedere   «condizioni   di   accesso   intese   a   consentire   il
consolidamento di  pregresse  esperienze  lavorative  maturate  nella
stessa amministrazione», purche', pero', non sia stabilita  -  «salvo
circostanze del tutto eccezionali» - «la riserva integrale dei  posti
disponibili in favore del personale interno»  (sentenza  n.  205  del
2004). 
    Inoltre,  la   censurata   disposizione,   nel   contemplare   la
«possibilita'  di  svolgimento  di  concorsi  riservati»,  non   solo
comporta «un impegno di spesa che non e' in linea con  gli  obiettivi
di rientro dal disavanzo derivanti dal piu' volte richiamato  Accordo
tra Governo e Regione», ma «implica  inevitabilmente  maggiori  costi
per il personale, privi di copertura finanziaria», donde l'ipotizzata
violazione anche dell'art. 81, quarto comma, Cost. 
    2. - Si e' costituita in giudizio la Regione  Campania  chiedendo
che le questioni vengano dichiarate inammissibili  o,  in  subordine,
non fondate. 
    2.1. - La Regione sottolinea, in primo luogo,  la  necessita'  di
un'interpretazione sistematica delle  norme  censurate,  dalla  quale
emergerebbe che la disciplina recata dalla legge regionale n. 16  del
2008 si e' ispirata a «due linee direttive», e cioe', «da una  parte,
l'impegno per il contenimento e la razionalizzazione  dei  costi  nel
settore  sanitario;  dall'altra,  la   ricerca   di   un   equilibrio
complessivo dell'intervento rispetto  a  disposizioni  che  vanno  ad
incidere   significativamente   su    situazioni    di    particolare
complessita'». 
    Sempre su di un piano generale,  si  rileva  che  gli  interventi
compiuti dalle impugnate disposizioni rientrano  «nella  sfera  delle
attribuzioni  regionali,  avendo  ad  oggetto  norme  che   attengono
all'organizzazione  e  al  personale   regionale   ovvero   di   enti
regionali», profili sui quali «l'accordo siglato con il  Governo  non
incide».  Il  suo  contenuto,  difatti,   consiste   soltanto   nella
attribuzione alle Regioni interessate - tra le quali la Campania - di
un ulteriore finanziamento statale, destinato al ripiano dei  deficit
nel  settore  sanitario,  «subordinatamente   alla   verifica   della
effettiva attuazione del programma concordato». 
    Sotto questo profilo, quindi, le censure statali si paleserebbero
inammissibili,  oltre  che  infondate,  «in  quanto  alcun  vizio  di
costituzionalita' emerge dalla comparazione dei contenuti legislativi
regionali con quelli convenzionali, venendo in rilievo esclusivamente
l'esigenza di verificare,  sul  piano  attuativo,  il  ricorrere  dei
presupposti per l'ottenimento del beneficio» finanziario suddetto. 
    2.2. - Per quanto concerne, poi, la censura che investe l'art. 4,
comma 2, della legge regionale  impugnata,  la  Regione  Campania  ne
assume l'infondatezza «sotto un duplice aspetto». 
    Reputa, in primo  luogo,  «fuorviante»  la  lettura  della  norma
proposta   dal   ricorrente,   secondo   cui   essa   reintrodurrebbe
«surrettiziamente la facolta' incondizionata delle Aziende  sanitarie
locali di affidare nuove consulenze o di rinnovare quelle in corso». 
    Per contro, il comma 1 dell'art. 4 stabilisce che «le  consulenze
in essere alla data di entrata in vigore  della  presente  legge  non
sono ulteriormente rinnovabili ne' rinegoziabili». 
    Quanto, poi, alla «possibilita' di affidare altre consulenze», la
disposizione  censurata  sarebbe  «assolutamente  in  linea  con   le
indicazioni della disciplina legislativa statale» di cui all'art.  46
del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  convertito  in  legge,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008, che
in particolare subordina l'espletamento della consulenza all'«assenza
delle professionalita' nell'organico dell'Azienda  e  successivamente
della Regione». 
    Solo in presenza di tale condizione, e ferme ovviamente restando,
peraltro,  «le  regole  generali  valevoli  per  questi  rapporti  di
lavoro», sarebbe possibile affidare nuove consulenze. 
    In secondo luogo, la  Regione  resistente  deduce  l'infondatezza
della censura anche sotto un diverso profilo. 
    Si    richiama    quell'orientamento     della     giurisprudenza
costituzionale secondo cui, nella  materia  del  coordinamento  della
finanza pubblica, il legislatore statale «puo' solo introdurre limiti
generali di spesa, ma non anche imporre alla Regione su quali voci di
bilancio intervenire», giacche' norme di  questo  secondo  tipo  «non
costituiscono principi fondamentali del coordinamento  della  finanza
pubblica, ai sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  e  ledono
pertanto l'autonomia finanziaria di  spesa  garantita  dall'art.  119
Cost.» (e' citata la sentenza n. 417 del 2005). 
    2.3. - In merito, infine, alla censura che investe l'art.  7,  la
Regione rileva che, sebbene  tale  disposizione  abbia  previsto  «di
riservare posti messi a concorso per determinate categorie», cio' non
vuol dire «che tutti i posti banditi debbano essere riservati». 
    Difatti, ai sensi del comma 2 del medesimo art.  7,  l'operazione
de qua deve pur  sempre  compiersi  «nei  limiti  delle  disposizioni
vigenti in materia»,  e  dunque  nel  rispetto  della  «normativa  di
settore», cio' che «esclude  i  profili  di  illegittimita'  eccepiti
dallo Stato». 
    Altrettanto sarebbe a dirsi per la dedotta  violazione  dell'art.
81, quarto comma, Cost., giacche' - secondo la Regione -  l'impugnato
art. 7 «incide esclusivamente sulla "attribuibilita'" dei posti messi
a concorso», rinviando per il resto  «alle  disposizioni  vigenti  in
materia» e, soprattutto, subordinando l'espletamento della  procedura
alla «previa disponibilita' della dotazione organica» del personale. 
    3. - La Regione Campania, in data 19 gennaio 2010, ha depositato,
presso la cancelleria della Corte, una memoria, insistendo perche' le
questioni proposte vengano dichiarate inammissibili  o  comunque  non
fondate. 
    3.1. - Quanto, in particolare, alla censura - comune ad  entrambe
le norme impugnate - di violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e  del
principio di leale collaborazione,  la  resistente  si  sofferma  sul
contenuto dell'art. 3, comma 6, del gia' citato Accordo del 13  marzo
2007, a  norma  del  quale  i  provvedimenti  regionali  di  spesa  e
programmazione sanitaria sono sottoposti «a  preventiva  approvazione
da parte del Ministro della salute e  del  Ministro  dell'economia  e
delle finanze». 
    Orbene, tale previsione - ad avviso della resistente -  non  puo'
essere interpretata nel senso di «immaginare  che  l'esercizio  della
potesta' legislativa della Regione possa  essere  condizionata  dalla
"approvazione"  del  testo  di  legge  da  parte   dello   Stato   e,
addirittura, di un organo governativo». 
    Di qui, pertanto, la non fondatezza della censura  formulata  dal
Presidente del Consiglio dei ministri,  giacche',  a  tacer  d'altro,
dovrebbe rilevarsi - sottolinea sempre la difesa regionale - che  «in
mancanza di disposizioni che consentano di attribuire  rilevanza  sul
piano costituzionale  ad  eventuali  "accordi  normativi"  diretti  a
determinare il contenuto  di  testi  legislativi,  non  puo'  trovare
ingresso nel giudizio di costituzionalita' la censura  che  si  fonda
sulla violazione del principio di leale collaborazione» (sono  citate
le sentenze n. 160 del 2009, n. 371 e n. 222 del 2008 e  n.  401  del
2007). 
    3.2.  -  Per  il  resto,  la  difesa   regionale   ribadisce   le
argomentazioni svolte a sostegno della reiezione del ricorso statale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha promosso questione di legittimita'  costituzionale  degli
articoli 4, comma 2, e  7  della  legge  della  Regione  Campania  28
novembre 2008, n. 16 (Misure  straordinarie  di  razionalizzazione  e
riqualificazione del sistema sanitario regionale per il  rientro  dal
disavanzo), per violazione, nel complesso, degli  articoli  3,  primo
comma, 51, 81, quarto comma, 97, primo e terzo comma, 117 e 118 della
Costituzione e del principio di leale collaborazione. 
    I due articoli sono impugnati in  quanto  prevedono,  secondo  il
ricorrente, l'uno, la possibilita', per le Aziende sanitarie locali e
per quelle ospedaliere, di disporre «l'affidamento incondizionato  di
nuove consulenze»,  l'altro,  l'obbligo  per  tali  enti  «di  indire
concorsi riservati per l'assunzione di personale privato». 
    2. - Il Presidente del Consiglio - oltre a formulare due  censure
specifiche per ciascuna norma, ipotizzando che  l'art.  4,  comma  2,
violi l'art. 117, terzo comma, Cost.,  per  il  mancato  rispetto  di
«principi fondamentali nella materia di legislazione concorrente  del
"coordinamento della finanza pubblica"» e che l'art. 7 violi  invece,
gli artt. 3, primo comma, 51, 97, primo e terzo comma, nonche' l'art.
81, quarto comma, Cost. - propone un duplice motivo  di  impugnazione
comune ad entrambi gli articoli. 
    Si assume che essi violerebbero gli artt. 117 e 118 Cost.  ed  il
principio di leale collaborazione, comportando «impegni di spesa  che
sono in contrasto con il contenuto dell'Accordo stipulato il 13 marzo
2007 dal Presidente della Regione  e  dai  Ministri  della  salute  e
dell'economia» per il rientro dal disavanzo nel settore sanitario, ai
sensi dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre  2004,  n.  311
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2005). 
    In particolare, e' dedotto che - ai sensi dell'art. 3,  comma  6,
del citato Accordo - sono da sottoporre alla preventiva  approvazione
del Ministro della  salute  e  del  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze i provvedimenti regionali di spesa e programmazione sanitaria
(ai  quali  sarebbero  da  ricondurre  quelli  oggetto  delle   norme
impugnate)  concernenti  le  «consistenze  del  personale   a   tempo
indeterminato, determinato nonche' quelle relative a forme di  lavoro
flessibile, convenzioni e consulenze con riferimento ai  fattori  che
hanno  incidenza  diretta   ed   indiretta   su   dette   consistenze
(assunzioni, cessazioni, riorganizzazione dei servizi,  accorpamenti,
esternalizzazioni, creazioni di nuovi enti, ecc)». 
    Per altro verso, si assume la  violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost., per essere stato disatteso l'art. 1, comma 796, lettera
b), della legge  27  dicembre  2006,  n.  296  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria  2007),  che   enuncerebbe   -   nell'attribuire   natura
vincolante agli «interventi individuati nei  programmi  operativi  di
riorganizzazione, potenziamento  del  servizio  sanitario  regionale,
necessari per il  perseguimento  dell'equilibrio  economico,  oggetto
degli accordi di cui all'art. 1, comma 180, della legge  30  dicembre
2004,  n.  311»  -  un  principio  fondamentale  della   materia   di
legislazione concorrente del «coordinamento della finanza pubblica». 
    3. - Entrambe le censure - comuni, come si e' precisato,  ai  due
articoli impugnati - non sono fondate. 
    3.1. - Con la prima, il ricorrente deduce che -  in  ossequio  al
principio di leale collaborazione, e particolarmente in  ottemperanza
agli impegni assunti dalla Regione Campania in virtu' del gia' citato
Accordo  -  anche  una  legge   regionale   rientrerebbe   tra   quei
provvedimenti da sottoporre, in base al disposto dell'art.  3,  comma
6, del medesimo Accordo, alla preventiva approvazione ministeriale. 
    Al riguardo, tuttavia, e' sufficiente richiamare il  tradizionale
«orientamento  giurisprudenziale  di  questa   Corte,   secondo   cui
l'esercizio della funzione legislativa sfugge alle procedure di leale
collaborazione (ex plurimis, tra le piu' recenti, sentenze  nn.  249,
232, 225, 107 e 88 del 2009)» (cosi', testualmente,  la  sentenza  n.
284 del 2009; anche, da ultimo, la sentenza  n.  16  del  2010).  E',
pertanto,  da  escludere  che  sia  ipotizzabile   una   approvazione
ministeriale della legge  regionale  in  esame,  essendo  palese  che
l'approvazione prevista dall'Accordo  si  riferisce  a  provvedimenti
amministrativi e  non  gia'  legislativi  che  siano  adottati  dalla
Regione. 
    3.2. - Per quanto concerne, poi, la seconda censura -  quella  di
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  per  contrasto  con  i
«principi fondamentali, nella materia  di  legislazione  concorrente,
del  "coordinamento  della   finanza   pubblica"»,   in   particolare
desumibili dall'art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del
2006 -  e'  necessario  diversificarne  l'esame  per  ciascuno  degli
articoli impugnati. 
    3.2.1.  -   Quanto   all'art.   4,   comma   2,   pur   dovendosi
preliminarmente ribadire, come si e' accennato, che il  principio  di
leale collaborazione non puo' trovare applicazione, in via  generale,
in relazione all'attivita' di produzione legislativa, deve  nondimeno
rilevarsi che, nella specie, una norma statale (art.  1,  comma  796,
lett. b) della legge n. 296 del 2006)  ha  reso  vincolanti,  per  le
Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli
atti   di   programmazione   «necessari    per    il    perseguimento
dell'equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui  all'art.  1,
comma 180, della legge  30  dicembre  2004,  n.  311»,  ivi  compreso
l'Accordo intercorso tra lo Stato e la Regione Campania. 
    Orbene, la norma dello Stato che assegna a tale Accordo carattere
vincolante, per le parti tra le quali  e'  intervenuto,  puo'  essere
qualificata come espressione di un principio fondamentale diretto  al
contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di
un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica. 
    Tuttavia, nel caso di specie, tale principio non  puo'  ritenersi
disatteso, giacche' - per le ragioni che si illustreranno meglio piu'
avanti - l'articolo 4, comma 2, della legge regionale in  esame,  non
contemplando affatto la possibilita' del ricorso a consulenze secondo
condizioni  meno  rigorose  di  quelle  previste  dalla  legislazione
statale, non si pone in contrasto con  quegli  interventi  «necessari
per il perseguimento dell'equilibrio economico» nel settore sanitario
individuati nel gia' citato Accordo del 13 marzo 2007. 
    3.2.2. - La medesima censura non e' fondata neppure in  relazione
all'art. 7 della legge regionale in esame. 
    Dirimente, in questo caso, e' l'impossibilita' di individuare nel
«coordinamento della finanza pubblica» l'ambito materiale interessato
dalla disciplina recata da detto articolo. 
    La giurisprudenza di  questa  Corte  e'  pacifica,  infatti,  nel
ritenere che «la  regolamentazione  delle  modalita'  di  accesso  al
lavoro   pubblico   regionale   e'   riconducibile    alla    materia
dell'organizzazione  amministrativa  delle  Regioni  e   degli   enti
pubblici regionali e rientra nella competenza residuale delle Regioni
di cui all'art. 117, quarto comma, della  Costituzione»  (da  ultimo,
sentenza n. 95 del 2008, ma nello stesso senso gia'  la  sentenza  n.
380 del 2004). 
    La circostanza che la norma regionale de qua  investa  un  ambito
materiale oggetto di potesta'  legislativa  residuale  della  Regione
comporta, pertanto, la non fondatezza della censura in esame. 
    4. - Non fondata, nei sensi di seguito precisati, e'  la  censura
che investe specificamente l'art. 4, comma 2, per asserita violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Si ipotizza,  infatti,  che  la  disposizione  impugnata  sia  in
contrasto con la previsione -  costituente,  secondo  il  ricorrente,
principio fondamentale della  materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica» - contenuta nell'art. 46 del decreto-legge 25 giugno  2008,
n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica e la perequazione  tributaria),  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,  n.
133. Detto articolo, nel  modificare  il  comma  6  dell'art.  7  del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche),   subordina   a   «puntuali   presupposti    legittimanti
l'attivita' di affidamento di consulenze» da parte di enti  pubblici;
presupposti che, nella specie, la  norma  regionale  campana  avrebbe
disatteso. 
    Tale evenienza non ricorre, pero', nel caso di specie. 
    Difatti, la norma censurata, correttamente  interpretata,  e'  da
intendere nel senso che le sue statuizioni non contraddicono, ma anzi
sostanzialmente  si  conformano  alle  indicazioni  risultanti  dalla
disciplina legislativa  statale  prevista  dal  citato  art.  46  del
decreto-legge n. 112 del 2008. 
    In base a tale  articolo,  le  amministrazioni  pubbliche  -  per
«esigenze cui non possono far fronte con  personale  in  servizio»  -
possono «conferire incarichi individuali,  con  contratti  di  lavoro
autonomo, di natura  occasionale  o  coordinata  e  continuativa,  ad
esperti  di   particolare   e   comprovata   specializzazione   anche
universitaria», soltanto  in  presenza  di  precisi  «presupposti  di
legittimita'». In  particolare,  e'  previsto  che  «l'oggetto  della
prestazione» - che «deve essere  di  natura  temporanea  e  altamente
qualificata» -  non  solo  corrisponda  «alle  competenze  attribuite
dall'ordinamento  all'amministrazione  conferente,  ad  obiettivi   e
progetti specifici e determinati», ma  sia  anche  «coerente  con  le
esigenze   di   funzionalita'    dell'amministrazione    conferente»,
stabilendosi,  inoltre,  la  necessita'  che  siano  «preventivamente
determinati durata, luogo, oggetto e compenso della  collaborazione».
A tali previsioni, infine, si aggiunge quella secondo cui il «ricorso
a contratti  di  collaborazione  coordinata  e  continuativa  per  lo
svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come
lavoratori  subordinati»  costituisce   «causa   di   responsabilita'
amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti». 
    Orbene,  l'art.  4  della  legge  regionale  in  esame  reca  una
disciplina  compatibile  con  quella  appena  indicata,  giacche'  e'
destinata  a  completarla   dal   momento   che   la   presuppone   e
implicitamente ne recepisce il contenuto. 
    La norma regionale censurata  stabilisce,  innanzitutto,  che  le
«consulenze in essere alla data di entrata in vigore  della  presente
legge non sono ulteriormente rinnovabili  ne'  rinegoziabili»  (comma
1). 
    Il successivo comma  2,  pur  consentendo  in  via  di  eccezione
l'ulteriore ricorso alle consulenze,  ne  subordina  l'ammissibilita'
alla  preventiva  verifica  della  carenza,  tra  le  «risorse  umane
presenti  nell'organico  del  personale  regionale»  (di   tutto   il
personale regionale), di «figure  professionali  compatibili  con  le
esigenze  dell'Azienda  richiedente»;  cio'  che  persino  amplia  la
previsione di cui alla lettera b) del citato  art.  46,  in  base  al
quale  «l'amministrazione  deve   avere   preliminarmente   accertato
l'impossibilita'   oggettiva   di   utilizzare   le   risorse   umane
disponibili» esclusivamente «al suo interno». 
    E' poi  da  aggiungere  che  la  stipulazione  del  contratto  di
consulenza e', in  ogni  caso,  subordinata  dal  censurato  comma  2
dell'art. 4 ad un  provvedimento  di  autorizzazione  del  competente
assessorato regionale. 
    Su  tali  basi,  quindi,  puo'  condividersi  il  rilievo   della
resistente  secondo  cui  «la  norma  regionale  non   deroga»   alla
disciplina  statale,  rendendola,  anzi,  «ancora   piu'   rigorosa»,
giacche'  prevede  -  in  coerenza,  del  resto,  con  la   finalita'
perseguita di «garantire il rispetto degli obblighi  di  contenimento
della spesa e di razionalizzazione  e  riqualificazione  del  sistema
sanitario regionale previsti dal Piano di rientro» - requisiti che si
aggiungono a quelli di cui al gia' citato art. 46  del  decreto-legge
n. 112 del 2008. 
    5. - E', invece, fondata la censura che investe - in  riferimento
agli artt. 3, primo comma, 51 e 97, primo e  terzo  comma,  Cost.  ed
all'art. 81, quarto comma, Cost. - l'art. 7 della legge regionale  in
esame. 
    Infatti,  sebbene  in  passato  questa   Corte   abbia   ritenuto
ammissibili procedure integralmente riservate (cosi' sentenze n.  228
del 1997, n. 477 del 1995 e ordinanza  n.  517  del  2002),  comunque
sempre in considerazione della specificita' delle fattispecie che  di
volta in volta venivano in rilievo  (ed  esigendo,  inoltre,  che  le
stesse  fossero  coerenti  con  il  principio  del   buon   andamento
dell'amministrazione), la piu' recente giurisprudenza  costituzionale
ha sottolineato come sia necessario,  affinche'  «sia  assicurata  la
generalita' della regola del concorso pubblico disposta dall'art.  97
Cost.», che «l'area delle eccezioni»  alla  regola  sancita  dal  suo
primo comma sia «delimitata in modo rigoroso» (cosi' la  sentenza  n.
363 del 2006; nonche', piu' di recente, la sentenza n. 215 del 2009). 
    In particolare,  da  ultimo,  si  e'  affermato  che  la  «natura
comparativa e aperta della procedura e' (...) elemento essenziale del
concorso  pubblico»,  sicche'  «procedure  selettive  riservate,  che
escludano o riducano irragionevolmente  la  possibilita'  di  accesso
dall'esterno, violano il "carattere pubblico" del concorso» (sentenza
n. 293 del 2009). 
    Tali affermazioni, sebbene compiute con riferimento  a  procedure
riservate a soggetti gia' appartenenti  all'amministrazione,  valgono
anche quando - come nell'ipotesi in esame - la riserva integrale  dei
posti operi nei confronti di un limitato gruppo di soggetti  estranei
ad essa, giacche' pure in questo caso risulta violata  quella  natura
«aperta» della procedura, che costituisce  «elemento  essenziale  del
concorso pubblico». 
    Su tali basi, dunque, si deve  pervenire  all'accoglimento  della
censura di violazione degli artt. 3, primo comma, 51 e  97,  primo  e
terzo comma, Cost. 
    Del pari, il censurato art. 7  della  legge  regionale  in  esame
viola l'art. 81, quarto comma, Cost. 
    La giurisprudenza di  questa  Corte,  infatti,  e'  costante  nel
ritenere che «il legislatore regionale non puo'  sottrarsi  a  quella
fondamentale esigenza di  chiarezza  e  solidita'  del  bilancio  cui
l'art. 81 Cost. si ispira» (ex multis, sentenza  n.  359  del  2007),
precisando che la copertura di nuove spese  «deve  essere  credibile,
sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato
rapporto con la spesa che si intende effettuare in  esercizi  futuri»
(sentenza n. 213 del 2008). 
    Queste condizioni non risultano rispettate dalla norma impugnata,
la quale - pur comportando maggiori costi per il personale - non reca
alcuna   copertura   finanziaria,   donde   la   sua   illegittimita'
costituzionale anche sotto questo profilo. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della  legge
della Regione Campania 28 novembre 2008, n. 16 (Misure  straordinarie
di  razionalizzazione  e  riqualificazione  del   sistema   sanitario
regionale per il rientro dal disavanzo); 
    Dichiara non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2,  della
medesima legge della Regione Campania n. 16 del 2008, proposta  -  in
riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione  -  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 4, comma 2, della medesima legge della Regione Campania  n.
16  del  2008,  proposta -  in   riferimento   all'art.   118   della
Costituzione e al principio di leale collaborazione - dal  Presidente
del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Quaranta 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 17 marzo 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola