N. 110 ORDINANZA 10 - 19 marzo 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Giurisdizioni speciali  -  Giurisdizione  tributaria  -  Controversia
  avente ad oggetto il  contributo  per  il  S.S.N.  attribuita  alla
  giurisdizione  delle  Commissioni  tributarie  -  Prosecuzione  del
  processo davanti al giudice tributario a seguito di declinatoria di
  giurisdizione da parte del giudice ordinario -  Mancata  previsione
  della possibilita' di conservazione  degli  effetti  sostanziali  e
  processuali della domanda - Denunciata ingiustificata disparita' di
  trattamento  difensivo  rispetto   a   fattispecie   normativamente
  assimilabili, asserita lesione del diritto di difesa e dei principi
  costituzionali   in   materia   di   giusto   processo   -   Omessa
  sperimentazione   della   possibilita'   di   pervenire   ad    una
  interpretazione    conforme    a    Costituzione    -     Manifesta
  inammissibilita' della questione. 
- Cod. proc. civ., art. 37. 
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111. 
(GU n.12 del 24-3-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO , Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE  ,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 37  del  codice
di procedura civile promosso dalla Commissione tributaria provinciale
di Taranto nel procedimento vertente tra la Calipso s.r.l. e l'INPS.,
con ordinanza del 29 gennaio 2009, iscritta al n.  131  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 19, prima serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di costituzione dell'INPS, e  l'atto  di  intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2010  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che la Commissione tributaria  provinciale  di  Taranto,
con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha  sollevato,  in  riferimento
agli  articoli  3,  24  e  111  della  Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 37 del codice di  procedura
civile; 
        che, come la rimettente riferisce, il giudizio a  quo  ha  ad
oggetto l'opposizione proposta  da  una  societa'  a  responsabilita'
limitata  avverso  una  cartella  di  pagamento  emessa  su   istanza
dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale  (d'ora  in  avanti,
INPS), per il recupero di contributi  dovuti  al  Servizio  sanitario
nazionale; 
        che il giudice del lavoro di Taranto, previamente adito dalla
societa' opponente, con sentenza  depositata  il  9  giugno  2008  ha
dichiarato il proprio  difetto  di  giurisdizione  sulla  domanda  di
versamento  dei  detti  contributi,  stante  l'esplicita  riserva  di
attribuzione al giudice tributario dei ricorsi avverso le cartelle di
pagamento, ai sensi degli artt. 2 e 19  del  decreto  legislativo  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413); 
        che,  proposto  il  ricorso  in  riassunzione  dinanzi   alla
rimettente, l'INPS, nel  costituirsi  in  giudizio,  ne  ha  eccepito
l'inammissibilita', per decorso del termine  di  decadenza  stabilito
dall'art.  21  del  d.lgs.  ora  citato,  perche',  in   ipotesi   di
declinatoria di giurisdizione, disciplinata dall'art. 37  cod.  proc.
civ., applicabile al processo tributario ai sensi dell'art. 1,  comma
2, dello stesso decreto, non sarebbero  operanti  i  principii  della
translatio iudicii e della conservazione degli effetti sostanziali  e
processuali della domanda,  destinati  a  produrre  effetti  soltanto
nell'ambito della declaratoria di incompetenza, secondo il dettato di
cui agli artt. 42-50 cod. proc. civ.; 
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  37  cod.  proc.  civ.  e'  non
manifestamente  infondata,  in   riferimento   all'art.   24   Cost.,
rafforzato dall'art. 111 Cost., sotto il  profilo  della  menomazione
del diritto di difesa, nella parte  in  cui  la  norma  suddetta  non
prevede che gli effetti sostanziali  e  processuali,  prodotti  dalla
domanda  proposta  davanti  a  giudice  privo  di  giurisdizione   si
conservino, a seguito di pronuncia declinatoria  della  giurisdizione
medesima, nel processo proseguito davanti al giudice di essa  munito,
nonche', in riferimento agli artt. 3 e 24  Cost.,  sotto  il  profilo
della disparita' di  trattamento  difensivo  venutasi  a  creare  nei
rapporti tra le varie giurisdizioni, dopo l'intervento correttivo del
giudice delle leggi, con la sentenza n. 77  del  2007,  limitatamente
all'ambito TAR - giudice ordinario; 
        che, in punto di rilevanza  della  questione,  la  rimettente
afferma di non potere definire il giudizio  a  quo  indipendentemente
dalla risoluzione dei dubbi di costituzionalita'  dell'art.  37  cod.
proc. civ.; 
        che il giudice a quo, nel fare riferimento alla  sentenza  n.
77 del 2007,  con  la  quale  e'  stata  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 30 della legge  6  dicembre  1971,  n.  1034
(Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), sottolinea come
questa  Corte  abbia  ricordato  che  la  funzione,  assegnata   alla
giurisdizione con l'art. 24 Cost. e ribadita con l'art. 111 Cost., e'
quella di assicurare la tutela effettiva  dei  diritti  soggettivi  e
degli interessi legittimi, al  riparo  da  limitazioni  o  pregiudizi
occasionati  da  una  sempre  possibile  erronea  individuazione  del
giudice munito di giurisdizione, dipendente dal sistema; 
        che  l'art  30  della  legge  n.   1034   del   1971,   prima
dell'intervento correttivo del giudice delle leggi, ricalcava  l'art.
37 cod. proc.  civ.,  cosicche'  nei  confronti  di  quest'ultimo  la
rimettente pone gli stessi dubbi di costituzionalita'; 
        che, nel presente giudizio, si e' costituito l'INPS chiedendo
che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o  manifestamente
infondata, sia per carente descrizione  della  fattispecie,  sia  per
assenza di qualsiasi riferimento alle ragioni poste a base della  non
manifesta infondatezza, essendo stata richiamata  per  relationem  la
motivazione della sentenza di  questa  Corte  n.  77  del  2007,  con
conseguente difetto di autosufficienza dell'ordinanza del  giudice  a
quo; 
        che, nel giudizio di legittimita' costituzionale, ha spiegato
intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata,  e
rilevando che analoga questione e' stata  gia'  esaminata  da  questa
Corte con la menzionata sentenza n. 77  del  2007,  mentre  anche  la
giurisprudenza di legittimita' (Cass., SS. UU.  civili,  sentenza  n.
4109 del 2007) si e' pronunciata in punto di translatio iudicii e  di
conservazione degli effetti della domanda. 
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Taranto,
con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha  sollevato,  in  riferimento
agli  articoli  3,  24  e  111  della  Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 37 del codice di  procedura
civile, osservando che detta norma e'  inidonea  a  salvaguardare  le
esigenze difensive di cui all'art. 24 Cost., rafforzato dall'art. 111
Cost., attesa anche la disparita' di trattamento difensivo, sotto  il
profilo degli artt. 3 e 24 Cost., creatasi nei rapporti tra le  varie
giurisdizioni a seguito dell'intervento correttivo del giudice  delle
leggi, effettuato con la  sentenza  n.  77  del  2007,  limitatamente
all'ambito TAR - giudice ordinario; 
        che  la  questione  deve  essere  dichiarata   manifestamente
inammissibile; 
        che,  con  ordinanza  n.  257  del  2009,  questa  Corte   ha
dichiarato manifestamente inammissibile la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 37 cod. proc. civ., sollevata in riferimento
agli artt. 24 e 113, Cost. perche' il rimettente non aveva  ricercato
un'interpretazione della norma censurata conforme a Costituzione,  in
quanto, in base ai principi affermati dalla Corte Costituzionale e al
diritto  vivente  formatosi  nella  giurisprudenza  di  legittimita',
devono ormai ritenersi  presenti  nel  vigente  sistema  del  diritto
processuale civile sia il  principio  di  prosecuzione  del  processo
davanti al giudice munito di  giurisdizione,  in  caso  di  pronuncia
declinatoria della giurisdizione da parte  del  giudice  inizialmente
adito, sia il principio di conservazione degli effetti sostanziali  e
processuali della domanda proposta a giudice privo di giurisdizione; 
        che, nella suddetta pronuncia, questa Corte ha richiamato gli
argomenti posti a fondamento della sentenza n. 77 del  2007,  con  la
quale e' stata dichiarata la illegittimita' costituzionale  dell'art.
30 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034  (Istituzione  dei  tribunali
amministrativi regionali), nella parte in cui  non  prevede  che  gli
effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a
giudice  privo  di  giurisdizione,  si  conservino,  a   seguito   di
declinatoria di giurisdizione, nel  processo  proseguito  davanti  al
giudice di questa munito; 
        che, in particolare, alla  base  di  tale  sentenza,  «questa
Corte ha posto (tra  gli  altri)  i  seguenti  rilievi  di  carattere
generale:  a)  il  principio  della  incomunicabilita'  dei   giudici
appartenenti  ad  ordini  diversi,  comprensibile  in  altri  momenti
storici, "e'  certamente  incompatibile,  nel  momento  attuale,  con
fondamentali valori costituzionali"; b) la  Costituzione,  fin  dalle
origini, ha assegnato con l'art.  24  (ribadendolo  con  l'art.  111)
all'intero sistema  giurisdizionale  la  funzione  di  assicurare  la
tutela, attraverso  il  giudizio,  dei  diritti  soggettivi  e  degli
interessi legittimi; c) questa essendo l'essenziale  ragion  d'essere
dei giudici,  ordinari  e  speciali,  la  loro  pluralita'  non  puo'
risolversi  in  una  minore  effettivita',  o  addirittura   in   una
vanificazione della tutela giurisdizionale: cio' che  avviene  quando
la  disciplina  dei  loro  rapporti  e'  tale   per   cui   l'erronea
individuazione del giudice munito di giurisdizione  (o  l'errore  del
giudice in tema di giurisdizione)  puo'  risolversi  nel  pregiudizio
irreparabile della possibilita' stessa di un esame nel  merito  della
domanda di tutela giurisdizionale; d)  una  disciplina  siffatta,  in
quanto potenzialmente lesiva del diritto alla tutela  giurisdizionale
e,  comunque,  tale  da   incidere   sulla   sua   effettivita',   e'
incompatibile con  il  principio  fondamentale  dell'ordinamento,  il
quale riconosce bensi' l'esistenza di una pluralita' di  giudici,  ma
la riconosce affinche'  venga  assicurata,  sulla  base  di  distinte
competenze, una piu' adeguata risposta alla domanda di giustizia, non
gia' affinche' sia compromessa la  possibilita'  stessa  che  a  tale
domanda venga data risposta; e) al principio per cui le  disposizioni
processuali non sono fini a se stesse,  ma  funzionali  alla  miglior
qualita'  della   decisione   di   merito,   si   ispira   pressoche'
costantemente  il  vigente  codice  di  procedura   civile,   ed   in
particolare  la  disciplina  che   all'individuazione   del   giudice
competente non sacrifica il  diritto  delle  parti  ad  ottenere  una
risposta, affermativa o negativa, in  ordine  al  "bene  della  vita"
oggetto della loro contesa; f) al medesimo principio gli artt.  24  e
111 Cost. impongono che si ispiri  la  disciplina  dei  rapporti  tra
giudici  appartenenti  ad  ordini  diversi,  allorche'   una   causa,
instaurata presso un giudice,  debba  essere  decisa,  a  seguito  di
declinatoria della giurisdizione, da altro giudice»; 
        che i principi ora riassunti sono stati  ribaditi  da  questa
Corte con ordinanza n. 363 del 2008; 
        che  anche  la   giurisprudenza   di   legittimita'   (Cass.,
SS.UU.civili., sentenze n. 2871 del 2009,  n.  28044,  n.  17765,  n.
14831, n.10454 e n. 9040 del 2008, n. 13048 e n. 4109  del  2007)  ha
ammesso la operativita' della translatio iudicii, con salvezza  degli
effetti sostanziali e processuali della  domanda,  nei  rapporti  tra
diversi ordini giurisdizionali; 
        che, pertanto, con riguardo  alla  questione  in  esame,  sia
sotto il profilo della prospettata menomazione del diritto di  difesa
ai sensi dell'art. 24 Cost., ribadito dall'art. 111 Cost., sia  sotto
il profilo della assunta  disparita'  di  trattamento  difensivo  nei
rapporti tra le varie giurisdizioni (artt. 3 e 24 Cost.),  valgono  i
principi   ormai   affermati   da   questa   Corte,   nonche'   dalla
giurisprudenza di legittimita', circa la prosecuzione del processo  e
la  conservazione  degli  effetti  sostanziali  e  processuali  della
domanda nel caso di pronuncia declinatoria del  giudice  adito  e  di
riassunzione del processo davanti al giudice munito di giurisdizione; 
        che anche il legislatore ha manifestato la volonta'  di  dare
continuita' ai suddetti principi con l'art. 59 della legge 18  giugno
2009,  n.  69   (Disposizioni   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile), non applicabile alla fattispecie in oggetto ratione temporis
(art. 58), ma rivelatore della suddetta volonta' legislativa; 
        che il giudice a quo, pur richiamando la citata  sentenza  di
questa Corte n. 77 del 2007, non ha esperito il doveroso tentativo di
ricercare un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma
censurata; 
        che, secondo la costante giurisprudenza di questa  Corte,  la
mancata  sperimentazione  da  parte   del   giudice   a   quo   della
praticabilita' di una  soluzione  interpretativa  diversa  da  quella
posta a base dei dubbi di legittimita' costituzionale ipotizzati -  e
tale da determinare il possibile superamento di  detti  dubbi,  o  da
renderli comunque  non  rilevanti  nei  casi  di  specie -  rende  la
questione  sollevata  manifestamente  inammissibile   (ex   plurimis:
ordinanze n. 341, n. 268, n. 205 del 2008, nonche' n. 85 del 2007); 
        che ogni altro profilo d'inammissibilita' resta assorbito. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  37  del  codice  di  procedura
civile, sollevata, in  riferimento  agli  articoli  3,  24,111  della
Costituzione, dalla Commissione tributaria  provinciale  di  Taranto,
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Criscuolo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 19 marzo 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola