N. 107 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 gennaio 2010

Ordinanza dell'8 gennaio 2010 emessa dal  Tribunale  di  Voghera  nel
procedimento penale a carico di Vikovan Domnika. 
 
Straniero - Espulsione amministrativa  -  Configurazione  come  reato
  della condotta di chi, destinatario del provvedimento di espulsione
  di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 e  di  un
  nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis  del  medesimo
  articolo, continua a permanere illegalmente  nel  territorio  dello
  Stato - Mancata inserimento  nella  descrizione  della  fattispecie
  della  clausola  «senza  giustificato   motivo»   -   Irragionevole
  disparita' di trattamento rispetto alla fattispecie di cui all'art.
  14, comma 5-ter del medesimo decreto legislativo -  Violazione  del
  principio  di  offensivita'  e  di  responsabilita'   personale   -
  Contrasto con il principio di solidarieta'. 
- Decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  art.  14,  comma
  5-quater, come sostituito dall'art. 1, comma 22,  lett.  m),  della
  legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 2, 3, primo comma, 25, secondo comma, e 27. 
(GU n.16 del 21-4-2010 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Nel processo penale a carico di Vikovan Domnika nata  in  Ucraina
il 15 febbraio 1964, in Italia s.f.d. e domiciliata presso la  studio
del difensore avv. Barbieri del foro di Voghera; 
    Indagata del reato p. e p. dall'art. 14, comma  5-quater,  d.lgs.
n. 286/1998 poiche', destinataria del provvedimento del  Prefetto  di
Pavia e dell'ordine di espulsione del Questore di Pavia del 13 luglio
2009 e di un nuovo ordine di allontanamento di cui all'art. 14, comma
5-bis medesimo d.lgs.  adottato  dal  Questore  di  Pavia,  datato  e
notificatogli  il  19   novembre   2009,   continuava   a   permanere
illegittimamente nel territorio dello stato. 
    Fatto accertato in Varzi il 3 gennaio 2010. 
    All'udienza  dell'8  gennaio  2010  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza e relativa  a  «Questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art 14, comma 5-quater,  d.lgs.  n.  286/1998,  come  modificato
dall'art. 1, comma 22, lettera m) della legge 15 luglio 2009,  n.  94
in relazione agli artt. 2, 3 comma l, 25, comma 2, 27 Cost». 
    Premesso: 
        che in data 3 gennaio 2010 alle ore 07,45 circa  la  predetta
veniva nuovamente sorpresa nel  territorio  dello  Stato,  nonostante
fosse destinataria del quarto ordine di allontanamento  del  Questore
di Pavia (negli altri tre casi aveva riportato  altrettante  condanne
per la violazione dell'art. 14,  comma  5,  d.lgs.  n.  286/1998),  e
pertanto veniva tratta in arresto  dai  militari  della  stazione  di
Varzi (PV); 
        la donna, la cui illecita-presenza  era  stata  segnalata,  a
detta dei  c.c.  territorialmente  competenti,  da  terzi  cittadini,
veniva rinvenuta» all'addiaccio ed in un sottoscala all'interno di un
fabbricato in abbandono, senza luce elettrica,  ne'  riscaldamento  a
norma, ne' tantomeno dotato di servizi essenziali, in un contesto  in
cui la temperatura esterna raggiungeva i - 5°C»; 
        all'udienza di convalida celebrata in data 4 gennaio 2010 nel
corso dell'interrogatorio di garanzia espletato, la  Vikovan  facendo
presente come le  sue  precarie  condizioni  economiche  le  avessero
precluso  di  rientrare  spontaneamente  nel  suo  paese   d'origine,
precisava di aver sempre prestato attivita' lavorativa in qualita' di
badante (negli ultimi tempi in «nero») ed a causa della  perdita  del
lavoro di essere rimasta senza risorse  (non  riuscendo  pertanto  ad
usufruire neppure della recente sanatoria amministrativa); 
        dopo  la  convalida  dell'arresto,  la  difesa  chiedeva   ed
otteneva termine a difesa ed il giudicante rinviava alla data  dell'8
gennaio 2010 ove preliminarmente  veniva  cristallizzata  dall'organo
inquirente  questione  di  legittimita'  costituzionale  nei  termini
meglio illustrati dalla nota presentata; 
    Rilevato: che l'art. 1, comma 2, lettera m) della legge 15 luglio
2009, n. 94 ha modificato l'art. 14, comma  5-quater  del  d.lgs.  n.
286/98 il  quale,  nella  sua  versione  attuale,  prevede  che:  «Lo
straniero destinatario del provvedimento  di  espulsione  di  cui  al
comma 5-ter e di un nuovo ordine di allontanamento di  cui  al  comma
5-bis, che continua a permanere  illegalmente  nel  territorio  dello
Stato, e'  punito  con  la  reclusione  da  uno  a  cinque  anni.  Si
applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui al comma 5-ter, terzo
e ultimo periodo.». 
    Seppur rientri nella discrezionalita' del legislatore  il  potere
di  «regolare  la  materia  dell'immigrazione,  in  correlazione   ai
molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi  problemi
connessi a flussi migratori incontrollati» (cfr. Corte cost. sent. n.
5/2004) cio' deve  pero'  avvenire  nel  pieno  rispetto  dei  limiti
derivanti dai principi fondamentali  del  nostro  ordinamento  ed  in
particolare della Costituzione. 
    Quando, come nel caso in esame, la norma presenti un  percepibile
contrasto con la Carta costituzionale non puo' ritenersi  palesemente
infondata la questione  di  costituzionalita'  sollevata  dall'accusa
dell'art. 14, comma 5-quater ,d.lgs. n. 286/98 per i  motivi  di  cui
infra. 
1) Violazione dell'art. 3 della Costituzione inteso come principio di
eguaglianza di fronte alla legge. 
    La norma appare, in primo luogo, in contrasto con l'art. 3  Cost.
atteso che e' evidente l'irragionevole disparita' di trattamento  tra
la nuova fattispecie e quella di cui all'art.  14,  comma  5-ter  del
medesimo d.lgs. 
    L'art. 14, comma 5-ter del d.lgs. n. 286/98 punisce lo  straniero
che risulti inottemperante all'ordine di allontanamento del  Questore
qualora lo stesso si trattenga nel territorio dello  Stato  oltre  il
termine stabilito (almeno 5 giorni) e «senza giustificato motivo». 
    La clausola del «giustificato motivo» non e' prevista nella nuova
fattispecie di cui all'art. 14 comma, 5-quater, cosicche' non  vi  e'
alcuna  possibilita'  per  lo  straniero  di  addurre   una   qualche
giustificazione . 
    Nel  caso  di  specie  appare  infatti   assolutamente   evidente
l'anomalia  sollevata:  siamo  in  presenza  di  un  soggetto,   gia'
condannato per il reato trattenimento clandestino  che,  non  espulso
con accompagnamento  alla  frontiera,  ma  intimato  di  lasciare  il
territorio dello Stato, pur in presenza di un  «giustificato  motivo»
(le cui connotazioni sono assolutamente  scolastiche  e  nei  termini
meglio illustrati dalla Corte costituzionale nelle sue  piu'  recenti
pronunce) non puo' legittimamente trattenersi ed e'  sottoposto  alla
macchinosita'   della   procedura   amministrativa   e    soprattutto
destinatario  di  infinti  ordini  di  allontanamento  da  parte  del
Questore. 
    A tal proposito si richiama quanto  gia'  affermato  dalla  Corte
costituzionale nella sentenza n. 5 del 2004  che  non  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, d.lgs.  n.
286/98  proprio  in  forza  dell'interpretazione   costituzionalmente
orientata della clausola «senza giustificato motivo», la quale  evita
«che la sanzione penale scatti allorche' - anche al  di  fuori  della
presenza di vere e proprie cause di  giustificazione  -  l'osservanza
del precetto appaia concretamente inesigibile» per  i  piu'  svariati
motivi,  ma  comunque  riconducibili  «a   situazioni   ostative   di
particolare  pregnanza  che  incidano  sulla   stessa   possibilita',
soggettiva od oggettiva, di adempiere  all'intimazione,  escludendola
ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa», come le  situazioni  di
cui all'art. 14, comma l, la  «condizione  di  assoluta  impossidenza
dello straniero», il «mancato rilascio,  da  parte  della  competente
autorita' diplomatica o  consolare,  dei  documenti  necessari,  pure
sollecitamente e diligentemente richiesti». 
    Appare invece evidente il contrasto con i principi costituzionali
del nuovo reato di cui all'art. 14 comma, 5-quater d.lgs.  n.  286/98
il quale  punisce  indiscriminatamente  ed  automaticamente  tutti  i
soggetti irregolarmente presenti nel territorio  dello  Stato,  senza
tenere conto dell'eventuale esistenza di  situazioni  legittimanti  o
quantomeno giustificanti la momentanea presenza. 
    D'altro  canto  seppur  intuibile  appare  la  genesi  storico  e
culturale della norma verso cui si concentra  l'attuale  censura,  la
violazione dell'impianto costituzionale appare insita  proprio  nella
mancata contemplazione di  un  «clausola  di  salvezza»  per  i  casi
statuiti  dall'art.  14,  comma   5-quater:   infatti   la   migliore
giurisprudenza  della  S.C.  attraverso  un  elaborato  e   complesso
percorso aveva affrontato e risolto  il  tema  dell'inosservanza  del
secondo provvedimento di espulsione; si  era  cioe'  sostenuto  (cfr.
Cass., sez. 1ª, 18 febbraio 2004, n. 17878,  Prenga,  in  Cass.  pen.
mass.ann. , 2005, n. 411, p.  965)  che  l'inottemperanza  di  questo
ordine di espulsione non costituirebbe reato, perche'  nei  confronti
dello straniero raggiunto da un secondo provvedimento  di  espulsione
non   sarebbero   state    rispettate    le    modalita'    esecutive
dell'espulsione, che sono appunto  quelle  dell'accompagnamento  alla
frontiera a mezzo della forza pubblica e non gia' un  mero  invito  a
varcarla, come e' previsto invece nel caso in cui l'espulsione  venga
disposta per la prima volta ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art.
14, comma  5-bis.;  sempre  la  S.C.  aveva  inoltre  avuto,  in  una
precedente occasione, di pronunciarsi  sulla  questione  (cfr.  Cass.
sez. 1ª, 27 aprile 2004, n. 2022/2004, p.m. Rimini c.  Cherednicenko)
rilevando che le modalita' di  espulsione  dell'accompagnamento  alla
frontiera  a  mezzo   della   forza   pubblica   potevano   rivelarsi
materialmente impossibili da effettuare,  come  avviene  per  esempio
quando manchino documenti identificativi e  le  autorita'  dei  paesi
confinanti o di quello  di  definitiva  destinazione  non  consentano
l'espatrio:  in  questo  caso  -  previ   se   possibili,   ulteriori
accertamenti sull'identitae il trattenimento per un tempo limitato in
un centro di accoglienza - anche la  nuova  espulsione  poteva'essere
legittimamente eseguita mediante intimazione data all'interessato,  e
autonomamente   sanzionata   in   caso   di   inosservanza;   secondo
quest'ultimo orientamento, in definitiva, la previsione di una  nuova
espulsione implicava la contestuale cessazione  dell'efficacia  della
precedente e, di contro, della  permanenza  del  reato  anteriormente
commesso  con  la  conseguenza  che  il  nuovo  provvedimento  andava
eseguito, se possibile, accompagnando lo straniero alla  frontiera  a
mezzo della forza pubblica, ma, nel caso di materiale  impossibilita'
e ricorrendone gli ulteriori  presupposti  normativi,  poteva  essere
legittimamente disposto ai sensi dell'art. 5-bis e dell'art.  14  del
citato d.lgs., (e pertanto trascorso il  termine  assegnato,  sarebbe
iniziata la permanenza di un nuovo reato); questa tesi aveva  destato
forti perplessita' per due ordini di  motivi:  1)  la  lettera  della
norma dell'art. 5-ter, nella nuova formulazione dettata  dalla  legge
n. 271 del 2004, era esplicita nel senso che il  nuovo  provvedimento
di  espulsione  doveva  essere  eseguito  «in  ogni  caso   ...   con
accompagnamento alla frontiera a  mezzo  della  forza  pubblica»;  la
locuzione  «in  ogni  caso»  riferita  al  nuovo   provvedimento   di
espulsione escludeva qualunque richiamo all'eccezione contemplata nel
precedente art. 5-bis, che consentiva al questore,  in  presenza  dei
presupposti indicati  nella  stessa  norma  («quando  non  sia  stato
possibile trattenere lo straniero  presso  un  centro  di  permanenza
temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver
eseguito  l'espulsione  o  il  respingimento»),  di   ordinare   allo
straniero «di lasciare il territorio dello Stato entro il termine  di
cinque giorni»; ora la prima considerazione che si imponeva  era  che
sarebbe stato strano affidarsi,  ancora  una  volta,  alla  spontanea
osservanza dell'ordine amministrativo di espulsione da parte  di  uno
straniero che aveva gia' manifestato di non volervi  ottemperare:  di
qui il carattere vincolante del  modo  di  esecuzione  della  seconda
espulsione («accompagnamento  alla  frontiera  a  mezzo  della  forza
pubblica»); 2) ma parimenti ad  una  attenta  lettura  dell'art.  14,
comma 5-quinquies emergeva che tale fattispecie,  dopo  aver  sancito
l'obbligatorieta' dell'arresto dell'autore del fatto e l'adozione del
rito direttissimo per il reato previsto al comma 5-ter, prevedeva che
«al fine  di  assicurare  l'esecuzione  dell'espulsione  il  questore
disponeva i provvedimenti di cui alla citata legge art 14, comma  1»;
tuttavia il richiamo prendeva in considerazione proprio la situazione
del caso in cui non era stato  possibile  eseguire  con  immediatezza
l'espulsione dello straniero mediante accompagnamento alla frontiera,
statuendo  che  in  questo  caso  (determinato  dalla  necessita'  di
procedere ad accertamenti  suppletivi  in  ordine  alla  identita'  o
nazionalita' dello straniero, all'acquisizione di  documenti  per  il
viaggio, ecc.),  il  questore  disponesse  che  lo  straniero  «fosse
trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il  centro  di
permanenza   temporanea   e   assistenza   piu'    vicino»;    queste
considerazioni, assolutamente condivise  dalla  maggior  parte  della
giurisprudenza, avevano suggerito, ferma restando  la  residuale  (ed
eccezionale) possibilita' di una spontanea osservanza dell'ordine  di
espulsione da parte  dello  straniero  in  presenza  dei  presupposti
indicati dall'art. 5-bis, di ritenere che l'adozione  di  un  secondo
ordine di espulsione non potesse avvenire che  secondo  le  modalita'
indicate  nella  parte  finale  dell'art.  5-ter,  e  cioe'  mediante
accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica; dal  che
derivava, ove l'esecuzione dell'espulsione  mediante  accompagnamento
alla frontiera non  fosse  stata  immediatamente  possibile,  che  il
questore dovesse disporre il trattenimento dello straniero presso  un
centro di permanenza; al riguardo del tutto esplicito era il disposto
dell'art. 5-quinquies, il quale richiamava  «al  fine  di  assicurare
l'esecuzione dell'espulsione» dell'art. 5, il  solo  comma  i  e  non
anche l'intera procedura disciplinata dalla stessa norma e da  quelle
successive,  ivi  compresa  la  disposizione  dell'art.  5-bis.;   in
conseguenza di tali argomentazioni  ne  seguiva  che,  se  a  seguito
dell'adozione di un secondo provvedimento di  espulsione  non  veniva
accompagnato  alla  frontiera  a  mezzo  della  forza  pubblica,   lo
straniero  non  commetteva  una  nuova  violazione  dell'art.  5-ter,
trattenendosi senza giustificato motivo nel territorio  dello  Stato:
in sostanza una volta esauritasi l'efficacia del primo  provvedimento
di  espulsione  con  la  sentenza  di  condanna,  era  si'  possibile
l'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione ma  questo  andava
eseguito «in ogni caso» solo  con  le  modalita'  indicate  nell'art.
5-ter, ultima parte (accompagnamento alla  frontiera  a  mezzo  della
forza pubblica) ovvero,  qualora  fosse  stato  impossibile  eseguire
immediatamente  l'espulsione  in  questo  modo,  disponendo  il   suo
trattenimento presso un centro di permanenza temporanea. 
    Proprio per evitare la paralisi del sistema (inteso come  pratica
applicazione   dei   meccanismi   di   espulsione    del    cittadino
extracomunitario  che   permaneva   irregolarmente   sul   territorio
nazionale) si era ricorso  all'introduzione  dell'art.  1,  comma  2,
lettera m) della legge 15 luglio 2009 n. 94, il quale  ha  modificato
l'art. 14, comma 5-quater del d.lgs. n. 286/98 ed ha cosi' sanzionato
l'ulteriore permanenza illegale dello straniero  destinatario  di  un
nuovo ordine di allontanamento. 
    Ad avviso dello scrivente, inoltre, la  questione  sollevata  non
appare oggetto di precedente disamina  da  parte  della  Corte  (cfr.
ordinanza n. 41 del 13 febbraio 2009 e con la quale si e'  dichiarata
la   manifesta   infondatezza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater) dal momento che  diversi
ne sono i presupposti: mentre infatti nella richiamata  pronuncia  si
afferma  che  nessuna  violazione  del  dettato   costituzionale   si
profilerebbe  in  relazione  alla  posizione  dello  straniero   che,
inottemperante  all'ordine   di   allontanamento   del   questore   e
successivamente riaccompagnato alla frontiera,  rientra  illegalmente
nel territorio italiano (cfr. ordinanza sopra richiamata: «... appare
di tutta evidenza l'eterogeneita' tra la  fattispecie  censurata  dal
remittente ... il reato di reingresso dello  straniero  gia'  espulso
nel primo caso -  art.  14,  comma-ter  -  si  e'  di  fronte  ad  un
comportamento di tipo omissivo, lo straniero,  raggiunto  dall'ordine
del questore a lasciare il territorio dello stato ...  non  ottempera
all'ordine  ...  nell'altro  caso  -art.  14  comma  5-quater  -   lo
straniero, inottemperante all'ordine di allontanamento del questore e
successivamente accompagnato coattivamente  alla  frontiera,  rientra
illegalmente nel territorio dello stato ...) non potendo,  in  questo
caso, invocarsi il c.d. «giustificato motivo», del tutto  diversa  e'
l'ipotesi  dello  straniero  che  colpito  da  molteplici  ordini  di
allontanamento non si sia mai allontanato dal territorio o per scelta
personale (e come nel caso di specie dettata da evidenti  difficolta'
economiche) o per scelta amministrativa. 
2) Violazione dell'art. 25,  secondo  e  ventisettesimo  comma  della
Costituzione. 
    Un altro profilo di contrasto  rispetto  all'art.  25, secondo  e
ventisettesimo comma Cost., si ravvisa nella  configurazione  di  una
fattispecie  penale  incriminatrice  discriminatoria  e  lesiva   del
principio di offensivita'  e  di  responsabilita'  personale  perche'
fondata su particolari condizioni personali e  sociali,  anziche'  su
comportamenti riconducibili alla volonta' del soggetto attivo. 
    La nuova figura di  reato  non  sanziona  piu'  la  condotta  del
reingresso  a  seguito  di  effettiva   espulsione,   come   avveniva
anteriormente alle modifiche introdotte dalla  legge  94/2009  e  nei
termini sopra meglio illustrati al punto n. 1,  ma  si  assoggetta  a
pena lo straniero che sia mero destinatario di  un  nuovo  ordine  di
espulsione emesso ai  sensi  dell'art.  14  comma  5-ter,  d.lgs.  n.
286/98. 
    Le  conseguenze  di  questo  impianto  sono  evidenti:  a  fronte
dell'emissione di ogni nuovo ordine di  espulsione  (con  conseguenze
importanti,  dal  punto  di  vista  sanzionatorio,  all'infinito)  lo
straniero dovra' essere ogni volta arrestato e  processato  per  tale
reato e soprattutto si vedra' contestata, ad  ogni  nuova  violazione
della  norma,  la  circostanza  aggravante  della  recidiva  in  modo
esponenziale. 
    Non puo' pertanto  sfuggire  come  si  venga  a  determinare  una
eccessiva   anticipazione   della   soglia   di    punibilita'    con
l'introduzione di una fattispecie che sanziona lo  straniero  perche'
inottemperante  all'ordine  di   espulsione   a   prescindere   dalla
valutazione di possibili ed eventuali «giustificati motivi» quali  ad
esempio l'essere privo  di  mezzi  di  possidenza  che  consentano  e
permettano di ottemperare al provvedimento di espulsione con evidenti
conseguenze anche dal punto di vista del rispetto  del  principio  di
responsabilita' personale dell'autore del fatto di reato. 
    Invero, la norma attualmente  punisce  una  condotta  che  sembra
priva  di  una  qualche  significativita'  sotto  il  profilo   della
pericolosita' sociale (a tal proposito vedasi l'orientamento espresso
dalla Corte costituzionale nella sentenza n.  78/2007  per  la  quale
«l'ingresso  e  la  presenza  illegali  nel  territorio  statale  non
costituiscono di per se  stessi  fatti  lesivi  di  un  qualche  bene
meritevole di tutela penale») e difficilmente  riconducibile  ad  una
condotta  volontaria  e  consapevole  dello  straniero  migrante  dal
momento che spesso si tratta di soggetti che fuggono dal  loro  paese
di origine per necessita' di sopravvivenza primaria e  nel  far  cio'
devono spesso «rapportarsi», seppur controvoglia,  ad  organizzazioni
criminali. 
3) Violazione dell'art. 2 della Costituzione inteso come principio di
solidarieta'. 
    In ultimo la norma  appare  presentare  anche  un  contrasto  con
l'art. 2 della Costituzione  laddove  si  ricorda  la  necessita'  di
riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo e  richiedere
l'adempimento  dei  doveri  inderogabili  di  solidarieta'  politica,
economica e  sociale.  Significativa  sul  punto  risulta  essere  il
principio enucleato dalla stessa Corte costituzionale con sentenza n.
519 del 1995, nella quale dichiarando l'illegittimita' costituzionale
del reato di mendicita' di cui all'art. 670 c.p., osservava che  «gli
squilibri e le forti tensioni che  caratterizzano  le  societa'  piu'
avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si'  che  ...
non si puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare  di
tendenze, o anche soltanto tentazioni,volte a nascondere la miseria e
a considerare le persone in condizioni di poverta' come pericolose  e
colpevoli»... ma la coscienza sociale ha compiuto un  ripensamento  a
fronte di comportamenti un tempo ritenuti pericolo incombente per una
ordinata   convivenza    e    la    societa'    civile    consapevole
dell'insufficienza  dell'azione  dello  Stato  ha  attivato  autonome
risposte, come testimoniano le  organizzazioni  di  volontariato  che
hanno tratto la loro ragion d'essere, e la loro  regola,  dal  valore
costituzionale della solidarieta'». 
    Ne consegue che il principio di solidarieta' appare leso  laddove
viene  assoggettata  a  sanzione   penale   la   condizione   sociale
dell'essere cittadino straniero migrante. 
Sulla rilevanza della questione di legittimita' formulata. 
    Il nuovo art. 14, comma 5-quater si profila  cosi'  in  contrasto
sia con il principio di solidarieta', di uguaglianza che  vieta  ogni
discriminazione fondata,  tra  l'altro,  su  condizioni  personali  e
sociali, sia  infine  con  la  fondamentale  garanzia  costituzionale
secondo cui si puo' essere puniti solo per fatti materiali, offensivi
e commessi colpevolmente. 
    La rilevanza della questione deriva, in via generale,  senz'altro
dalla semplice considerazione che in caso di accoglimento  l'imputata
potrebbe non aver conseguenza alcuna sotto il profilo penale  mentre,
in particolare, occorre valutare che l'imputata, trovata a  ripararsi
dal freddo dentro  uno  scantinato,  privo  di  qualsiasi  elementare
sistema di  confort  (nel  locale  non  esiste  luce,  ne'  forme  di
riscaldamento, ne' servizi igienici),  con  temperatura  esterna  a -
5°C ed affidata, anche per  il  semplice  sostegno  alimentare,  alla
generosita' dei vicini, e' stata chiamata a rispondere del  reato  di
cui all'art. 14, comma 5-quater in quanto  inottemperante  al  quarto
ordine del Questore della provincia  di  Pavia,  datato  19  novembre
2009. 
    Tanto precisato la questione  di  costituzionalita',  come  sopra
enunciata,  appare  a  questo  Giudice  seria  e  non  manifestamente
infondata e rilevante nel processo  anche  per  i  risvolti  umani  e
sociali ad essi collegati che influirebbero sulla  straniera,  ragion
per cui il giudizio non puo' essere definito indipendentemente  dalla
risoluzione di detta questione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti  gli  artt.  137  della   Costituzione,   1   della   legge
costituzionale 9 febbraio 1984 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n.
87, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la Questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 14  comma  5-quater  d.lgs.  n.
286/98 come modificato dalla legge n. 94/2009 per contrasto  con  gli
artt. 2, 3 comma 25 secondo comma, 27 Cost.; 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso, 
    Ordina che a cura della Cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Voghera, addi' 8 gennaio 2010. 
 
                         Il giudice: Amerio