N. 116 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 ottobre 2010

Ordinanza del 20 ottobre 2009 emessa dal  Tribunale  di  Livorno  nel
procedimento civile promosso da Martorano Rocco Vincenzo contro Cassa
Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense. 
 
Previdenza - Atti e deliberazioni adottati dagli  enti  previdenziali
  di cui all'art. 1, comma  763,  della  legge  finanziaria  2007  ed
  approvati dai Ministri vigilanti prima dell'entrata in vigore della
  legge stessa - Previsione del mantenimento dei relativi  effetti  -
  Violazione del principio di uguaglianza e del diritto di  difesa  -
  Lesione del principio di affidamento e della certezza  giuridica  a
  causa della sanatoria di atti ab origine illegittimi  -  Violazione
  del  principio  di   riserva   legislativa   per   le   prestazioni
  patrimoniali - Lesione della garanzia previdenziale. 
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, secondo periodo. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 23, 24 e 38. 
(GU n.17 del 28-4-2010 )
 
                             IL GIUDICE 
 
    Nella causa n. 703/2007  promossa  da  Martorano  Rocco  Vincenzo
(avv.ti Giuseppe Bettini e  Francesco  Campora),  ricorrente,  contro
Cassa Nazionale di Previdenza  ed  Assistenza  Forense  (Avv.  Giulio
Prosperetti),  convenuto  all'udienza  del  20   ottobre   2009,   ha
pronunziato la seguente ordinanza. 
    Premesso: 
        che, con ricorso depositato  il  24  luglio  2007,  Martorano
Rocco Vincenzo, gia' iscritto alla Cassa  convenuta  dal  1°  gennaio
2002  fino  al  12  ottobre  2005  (data  di  avvenuta  cancellazione
dell'iscrizione), ha chiesto: 
          in via principale, accertarsi il diritto alla  restituzione
dei  contributi  previdenziali  versati  nel  suddetto  periodo  (per
l'importo  pari  a  complessivi  € 6.042,36  oltre  interessi),  gia'
richiesta a mezzo di lettera raccomandata A/R del 23 maggio 2007, non
essendo maturati i requisiti  assicurativi  occorrenti  ai  fini  del
diritto   alla   percezione   di   pensione,   nonche'    dichiararsi
l'insussistenza del diritto vantato dalla stessa Cassa  al  pagamento
delle ulteriori somme a tale titolo pretese (e rateizzate,  a  fronte
dell'iscrizione retroattiva del Martorano, per gli anni 2002 e 2003),
invocando l'applicazione dell'art.  21  della  legge  n.  576/1980  e
deducendo la illegittimita' della delibera del Comitato dei  Delegati
della Cassa Nazionale di  Previdenza  e  Assistenza  Forense  del  28
febbraio  2003  -  23  luglio  2004  (successivamente  integrata  con
delibera del 13 novembre 2004) - con la quale e' stato  soppresso  il
diritto alla restituzione dei contributi corrisposti  previsto  dalla
succitata  disposizione  di  legge  e  stabilita,  in   sostituzione,
l'erogazione di una pensione a base contributiva  -  in  ragione  del
prospettato contrasto tra tale previsione  (di  rango  regolamentare,
quindi secondario) con il disposto di fonte normativa primaria; 
          in subordine, ha  chiesto  la  condanna  della  Cassa  alla
restituzione  dei  ratei  residui  pagati  con  espressa  riserva  di
ripetizione (pari  ad  € 1.885,36),  secondo  quanto  comunicato  con
precedente lettera raccomandata A/R del 12 aprile 2007; 
        che parte convenuta resiste alla pretesa attorea, sul rilievo
per cui il pagamento effettuato risulta dovuto,  in  quanto  conforme
alla delibera del proprio Comitato dei Delegati del 23  luglio  2004,
con la  quale  -  in  applicazione  del  nuovo  regime  previdenziale
contributivo introdotto con la legge n. 335/1995, nonche'  in  virtu'
della  trasformazione  della  Cassa  Nazionale   di   Previdenza   ed
Assistenza  Forense  in   ente   privatizzato   e   della   facolta',
asseritamente attribuitale ex lege,  di  riformare  il  regime  delle
prestazioni, e' stato modificato, recependo  le  indicazioni  fornite
con atto di indirizzo del Ministero  del  Lavoro  e  delle  Politiche
Sociali Prot. N. 9PP/80658 AVV - L 54 del 24 giugno  2004,  l'art.  4
del   proprio   Regolamento   Generale,   essendo   stata   istituita
l'erogazione della pensione su base contributiva, in  conformita'  al
disposto di cui all'art. 1, comma 6 della succitata legge n. 335/1995
(trattamento erogabile agli iscritti che abbiano raggiunto i 65  anni
di eta' e versato piu' di cinque anni di contribuzione ma meno di  30
anni di effettiva  iscrizione  e  contribuzione  alla  Cassa),  fatta
salva, in alternativa, l'opzione da parte degli interessati  per  gli
istituti della  ricongiunzione  o  della  totalizzazione,  avendo  la
stessa delibera del 23 luglio 2004  -  cio'  che  soprattutto  rileva
nella    fattispecie    -    stabilito    espressamente,    altresi',
l'irripetibilita' dei contributi «legittimamente versati alla  Cassa»
da parte degli iscritti e dei loro aventi causa; 
    Ritenuto, in diritto, in base all'esame degli  atti  e  documenti
dimessi in giudizio ed alla disciplina di riferimento: 
        che la legge 20 settembre 1980, n. 576 ("Riforma del  sistema
previdenziale forense") all'art. 21 ("Restituzione  dei  contributi")
dispone: «Coloro che cessano dall'iscrizione alla  Cassa  senza  aver
maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione  hanno
diritto di ottenere il rimborso dei contributi di  cui  all'art.  10,
nonche' degli eventuali  contributi  minimi  e  percentuali  previsti
dalla precedente legislazione, esclusi quelli di cui alla  tabella  E
allegata alla legge 22 luglio 1975, n. 319. Sulle somme da rimborsare
e' dovuto l'interesse legale dal 1° gennaio  successivo  ai  relativi
pagamenti»; 
        che il diritto  alla  restituzione  dei  contributi  previsto
dalla specifica disposizione di legge costituisce, come  riconosciuto
dalla stessa difesa di parte  convenuta,  un  particolare  beneficio,
eccezionalmente previsto dalla legge a favore dei  soggetti  iscritti
alla Cassa Nazionale  di  Previdenza  e  Assistenza  Forense  (vedasi
anche, in motivazione, Corte Cost., 9 dicembre 2005, n. 439); 
        che   e'   incontroverso   che   il   ricorrente,   in   base
all'anzianita' contributiva maturata nel periodo di  iscrizione  alla
Cassa, non  ha  maturato  i  requisiti  assicurativi  ai  fini  della
concessione del trattamento pensionistico; 
        che  il  Comitato  dei  Delegati  della  Cassa  Nazionale  di
Previdenza e Assistenza Forense, in data 28 febbraio 2003,  approvava
una prima delibera con la  quale  era  soppresso  tale  diritto  alla
restituzione  dei  contributi  versati,  sostituito  dalla   prevista
corresponsione di una pensione a carattere contributivo; 
        che tale prima  delibera  del  23  febbraio  2003  costituiva
oggetto di Osservazioni  da  parte  del  Ministero  del  Lavoro,  con
contestuale richiesta di una serie di modifiche ed  emendamenti  (con
la succitata determinazione del 24 giugno 2004), che sarebbero  stati
recepiti dal medesimo  Comitato  dei  Delegati  della  Cassa  con  la
successiva delibera del 23 luglio 2004, oggetto  di  approvazione  da
parte dei Ministeri vigilanti (vedasi docc. 1 e 2 parte convenuta); 
        che, in base alla predetta delibera del 23  luglio  2004,  il
nuovo testo dell'art. 4 del  Regolamento  Generale  della  Cassa  (in
chiaro contrasto con il disposto dell'art. 21 della legge n. 576/1980
in precedenza richiamato),  con  decorrenza  dal  1°  dicembre  2004,
recita:   «Art.   4   (Restituzione   dei   contributi   e   pensione
contributiva). 
        1. Tutti  i  contributi  versati  legittimamente  alla  Cassa
Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense non  sono  restituibili
all'iscritto o ai suoi aventi causa, ad eccezione di quelli  relativi
agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci ai sensi  dell'art.  22
ultimo comma, legge n. 576/80. 
    2. Gli iscritti che abbiano  compiuto  il  65°  anno  di  eta'  e
maturato piu' di cinque anni ma meno  di  trenta  anni  di  effettiva
iscrizione e contribuzione  alla  Cassa  Nazionale  di  Previdenza  e
Assistenza Forense e che non si  siano  avvalsi  dell'istituto  della
ricongiunzione ovvero della totalizzazione, hanno diritto a  chiedere
la  liquidazione  di  una  pensione   calcolata   con   il   criterio
contributivo, salvo  che  intendano  proseguire  nei  versamenti  dei
contributi al fine di raggiungere una maggiore anzianita' o  maturare
prestazioni di tipo retributivo»; 
    che, con riferimento alla disposta irripetibilita' dei contributi
versati e non utilizzabili ai fini del trattamento pensionistico,  la
modifica introdotta dall'organo della Cassa si configura illegittima,
in quanto esorbitante dai poteri attribuiti  all'autonomia  dell'ente
da fonti normative di rango primario e contrastante  con  il  diritto
espressamente riconosciuto all'interessato che ne avanzi richiesta ai
sensi  dell'art.  21  della  legge  n.  576/1980,  tale  essendo   il
ricorrente, per quanto si  evince  dalla  corrispondenza  dimessa  in
causa; 
        che,  in  particolare,  l'autonomia  relativa  alla  gestione
economica  e  finanziaria  degli  enti  previdenziali   privatizzati,
attribuita dal d.lgs. n. 509/1994, non sembra consentire ai  medesimi
enti di disciplinare in modo autonomo il sistema della contribuzione,
atteso  che  l'art.  3,  comma  4   dello   stesso   d.lgs.   dispone
espressamente, al contrario  che  all'atto  della  trasformazione  in
associazione o  fondazione  dell'ente  privatizzato,  continuera'  ad
operare la disciplina della contribuzione previdenziale  prevista  in
materia dai singoli  ordinamenti  mentre  il  comma  2  dello  stesso
articolo si limita ad attribuire ai Ministeri vigilanti (individuati,
ai sensi del comma 1, nel Ministero del  Lavoro  e  della  Previdenza
Sociale, nel Ministero del  Tesoro,  nonche'  dagli  altri  Ministeri
rispettivamente competenti ratione materiae e  quindi,  nel  caso  in
questione, in relazione alla Cassa  convenuta,  nel  Ministero  della
giustizia) il potere  di  approvare  lo  statuto  ed  i  regolamenti,
nonche' le relative integrazioni o modificazioni (lett. a) e delibere
in materia di contributi e prestazioni» ma cio' soltanto all'espressa
condizione  che  la  relativa  potesta'  sia  prevista  dai   singoli
ordinamenti vigenti» (lett. b), dovendosi ribadire, al riguardo,  che
alcuna previsione normativa risulta  aver  conferito  alla  Cassa  il
potere di incidere  o  modificare  le  condizioni  del  diritto  alla
restituzione dei contributi previsto  dall'art.  21  della  legge  n.
576/1980 in favore di coloro che siano cessati  dall'iscrizione  alla
medesima Cassa senza aver maturato i requisiti  assicurativi  per  il
diritto alla pensione; 
        che non puo'  condividersi  l'assunto  di  parte  resistente,
secondo cui il comma 3 del precitato  art.  4  avrebbe  previsto  «la
modificabilita' da parte del Ministro del Lavoro, di concerto con  il
Ministero del Tesoro e, nella  specie  per  la  Cassa  Avvocati,  del
Ministro della Giustizia, del regime delle prestazioni ... in ragione
del mantenimento dell'equilibrio  finanziario  e,  naturalmente,  del
miglior  trattamento  riservato  agli   iscritti»   (vedasi   memoria
depositata il 14 marzo 2008, pag. 4), atteso  che  la  previsione  in
questione,  in  realta',  attiene  agli  indirizzi  in   materia   di
formazione del bilancio  e  degli  atti  amministrativi  a  rilevanza
finanziaria dell'ente e non pertiene affatto alla modificabilita' del
regime delle prestazioni - riservato alla legge -  ne',  tanto  meno,
attribuisce alla Cassa il potere di far venir meno il  diritto,  gia'
acquisito in forza di previgente norma di  legge,  dai  soggetti  non
piu' iscritti alla ripetizione dei contributi versati e non utili  ai
fini dell'accesso al trattamento pensionistico; 
        che, a tale riguardo, giova riportare il tenore  testuale  di
tale ultima disposizione «Il Ministero del lavoro e della  previdenza
sociale, di intesa con i Ministeri di cui al comma 1, puo'  formulare
motivati rilievi su: i bilanci preventivi e i  conti  consuntivi;  le
note  di  variazione  al  bilancio  di  previsione;  i   criteri   di
individuazione e di  ripartizione  del  rischio  nella  scelta  degli
investimenti cosi' come sono indicati in ogni bilancio preventivo; le
delibere contenenti criteri direttivi generali.  Nel  formulare  tali
rilievi il Ministero del lavoro e della previdenza sociale,  d'intesa
con i Ministeri di cui al comma 1, rinvia gli atti al nuovo esame  da
parte degli organi di  amministrazione  per  riceverne  una  motivata
decisione definitiva. I suddetti rilievi devono essere formulati  per
i bilanci consuntivi entro sessanta giorni dalla data di ricezione  e
entro trenta giorni dalla data di ricezione, per tutti gli altri atti
di cui al presente comma. Trascorsi detti termini ogni atto  relativo
diventa esecutivo»; 
        che, del pari, la riforma di cui alla legge n.  335/1995  non
ha introdotto alcuna innovazione a tale  riguardo,  in  quanto  essa,
nello stabilire, all'art. 1, comma 6, che «l'importo  della  pensione
annua nell'assicurazione obbligatoria ... e' determinato  secondo  il
sistema  contributivo»  e  nel  consentire  agli  enti  previdenziali
privatizzati - «nel rispetto dei principi di autonomia affermati  dal
d.lgs.  30  giugno  1994,  n.  509»  ed  «allo  scopo  di  assicurare
l'equilibrio di bilancio in attuazione di quanto  previsto  dall'art.
2, comma 2,  del  predetto  decreto  legislativo»  -  secondo  quanto
disposto dall'art. 12,  comma  3  della  medesima  legge  (nel  testo
anteriore all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 763,  della  legge
27 dicembre 2006, n. 296), di emanare  «provvedimenti  di  variazione
delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti  di
rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento
pensionistico nel rispetto del principio del pro  rata  in  relazione
alle  anzianita'  gia'  maturate  rispetto  alla  introduzione  delle
modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti», nonche'  di  «optare
per l'adozione del  sistema  contributivo  definito  ai  sensi  della
presente legge», non ha affatto escluso il diritto alla  restituzione
dei  contributi   versati   in   favore   di   coloro   che   cessino
dall'iscrizione  alla  Cassa  senza  aver  conseguito   i   requisiti
assicurativi per  il  conseguimento  del  trattamento  pensionistico,
diritto, giova  ribadire,  espressamente  riconosciuto  dall'art.  21
della legge n. 576/1980; 
        letterale del combinato disposto degli artt. 10  e  21  della
legge n.  576  del  1980»,  sul  rilievo  per  cui  il  principio  di
solidarieta', «se comporta che nell'ambito della  medesima  categoria
assistita, o anche di diverse categorie, il livello delle prestazioni
sia sganciato, entro certi limiti, dall'ammontare delle contribuzioni
a vantaggio dei soggetti o delle categorie meno fortunati, non impone
certamente che il peso delle prestazioni previdenziali  debba  essere
posto  a  carico  di  soggetti  non  aventi  diritto  alle   medesime
prestazioni previdenziali, restando,  in  ogni  caso  demandato  alla
discrezionalita' legislativa la determinazione dei modi e delle forme
di tale partecipazione" (cfr. Cass. sez. Lav.,  n.  5098/2003);  cio'
che, a ben vedere,  costituisce  conferma  dell'inammissibilita'  del
potere della Cassa, a  prescindere  da  un'espressa  norma  di  legge
attributiva,  di  abolire  il   diritto   del   professionista   alla
ripetizione  dei  contributi  versati  non   utilizzabili   ai   fini
pensionistici,  diritto  riconosciuto  dalla  legge  «non  solo   per
contributi relativi ad intere annualita',  ma  anche  per  contributi
versati in riferimento ad alcuni mesi  dell'anno,  senza  che  assuma
rilievo in contrario la circostanza che l'art. 7 della tessa legge n.
576  del  1980  rapporti  all'anno  solare  la  misura   dell'obbligo
contributivo dell'avvocato iscritto all'albo» (cfr. Cass.  sez.  Lav.
n. 5019/2002); 
        che in definitiva, per quanto sin  qui  esposto,  sulla  base
della normativa previgente - giova ribadire mai abrogata - in  virtu'
della quale il Martorano ha fatto  valere  il  proprio  diritto  alla
restituzione dei contributi gia' corrisposti ed ha fatto  riserva  di
ripetizione di quelli, del  pari  corrisposti,  pretesi  dalla  Cassa
nell'ambito della rateizzazione concessa in relazione al  periodo  di
iscrizione (secondo quanto gia'  richiesto  rispettivamente  a  mezzo
lettere raccomandata A/R del 23 maggio 2007 e del 12 aprile  2007)  -
la domanda  del  ricorrente  risulterebbe  fondata  e  meritevole  di
accoglimento,  attesa  l'illegittimita'  della   modifica   apportata
all'art. 4 del Regolamento Generale della Cassa convenuta  attraverso
la  delibera  del  Comitato  dei  Delegati  del   23   luglio   2004,
relativamente all'esclusione del diritto alla ripetizione oggetto  di
domanda; 
        che  tale  contestata   riforma   regolamentare,   di   rango
innegabilmente subordinato rispetto alla disciplina di legge,  ha  di
fatto leso il diritto del ricorrente, imponendogli una  contribuzione
che non potra' consentire al medesimo di beneficiare del  trattamento
pensionistico  basato  sul  sistema  contributivo  (non   avendo   il
Martorano  maturato  piu'  di  5  anni  di  effettiva  iscrizione   e
contribuzione  alla  cassa  di  Previdenza  Forense,  secondo  quanto
stabilito con l'art. 4  del  Regolamento  Generale  modificato),  non
potendosi ritenere tale pregiudizio compensato dalla possibilita'  di
opzione per gli istituti della ricongiunzione (ex lege n. 45/1990)  e
della totalizzazione (ai sensi della legge n. 243/2004 e  del  d.lgs.
n. 42/2006), costituendo evidentemente l'accesso a tali istituti  una
mera facolta' dell'interessato, non gia' un obbligo; 
        che la Legge 27 dicembre 2006, n. 296  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2007)», all'art. 1, comma 763 ha  testualmente  disposto:
«All'articolo 3, comma 12, della legge 8  agosto  1995,  n.  335,  il
primo e il secondo periodo  sono  sostituiti  dai  seguenti:  -  "Nel
rispetto dei principi di autonomia affermati dal decreto  legislativo
30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10  febbraio  1996,
n. 103, e  con  esclusione  delle  forme  di  previdenza  sostitutive
dell'assicurazione generale obbligatoria, allo  scopo  di  assicurare
l'equilibrio  di  bilancio   in   attuazione   di   quanto   previsto
dall'articolo 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo n. 509 del
1994, la stabilita' delle gestioni previdenziali di cui  ai  predetti
decreti legislativi  e'  da  ricondursi  ad  un  arco  temporale  non
inferiore ai trenta anni. Il bilancio  tecnico  di  cui  al  predetto
articolo 2, comma 2,  e'  redatto  secondo  criteri  determinati  con
decreto del  Ministro  del  lavoro  e  della  previdenza  sociale  di
concerto con il Ministro dell'economia e  delle  finanze  sentite  le
associazioni  e  le  fondazioni   interessate,   sulla   base   delle
indicazioni elaborate Consiglio nazionale degli attuari  nonche'  dal
Nucleo di  valutazione  della  spesa  previdenziale.  L'  esito  alle
risultanze e in attuazione di quanto disposto dal  suddetto  art.  2,
comma 2, sono adottati dagli enti medesimi, i provvedimenti necessari
per la salvaguardia dell'equilibrio  finanziario  di  lungo  termine,
avendo  presente  il  principio  del  pro  rata  in  relazione   alle
anzianita' gia' maturate rispetto alla introduzione  delle  modifiche
derivanti dai provvedimenti suddetti  e  comunque  tenuto  conto  dei
criteri di gradualita' e  di  equita'  fra  generazioni.  Qualora  le
esigenze di riequilibrio non vengano affrontate,  dopo  aver  sentito
l'ente interessato e la valutazione del Nucleo di  valutazione  della
spesa  previdenziale,  possono  essere  adottate  le  misure  di  cui
all'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno  1994,  n.
509". Sono fatti  salvi  gli  atti  e  le  deliberazioni  in  materia
previdenziale adottati  dagli  enti  di  cui  al  presente  comma  ed
approvati dai Ministeri vigilanti prima  della  data  di  entrata  in
vigore della presente legge»; 
        che la difesa del  ricorrente,  all'udienza  del  20  ottobre
2009, ha proposto  eccezione  di  legittimita'  costituzionale  della
succitata disposizione di  legge,  in  quanto  in  contrasto  con  il
principio di uguaglianza, avendo  essa  introdotto  un'ingiustificata
disparita' di trattamento in pregiudizio dei lavoratori gia' iscritti
alla cassa titolari di posizioni contributive non utili ai fini della
concessione del trattamento pensionistico; 
        che,  richiamate  le  considerazioni  che   precedono,   deve
sollevarsi, detta eccezione, con riferimento alla parte  della  norma
censurata con la quale e'  stato  espressamente  disposto  che  «Sono
fatti salvi gli atti e  le  deliberazioni  in  materia  previdenziale
adottati dagli enti  di  cui  al  presente  comma  ed  approvati  dai
Ministeri vigilanti prima della  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge», appare non manifestamente infondata e  rilevante  ai
fini  della  decisione  della  presente  controversia,   ravvisandosi
contrasto tra la stessa previsione legislativa e gli artt. 2, 3,  23,
24, 38 Cost., anche in ragione degli  argomenti  integrativi  che  di
seguito si passa ad esporre. 
    Ritenuto, quanto alla rilevanza della questione  di  legittimita'
costituzionale: 
        che, per quanto dianzi chiarito, la  domanda  del  ricorrente
volta alla restituzione  dei  contributi  versati,  in  relazione  al
disposto di cui all'art. 21 della legge n. 576/1980  e  dell'art.  3,
comma 12 dodicesimo della legge n. 335/1995, risulterebbe fondata  in
base alla disciplina normativa in materia in essere anteriormente lla
sopravvenienza dell'art. 1, comma 763, secondo periodo della legge 27
dicembre 2006, n. 296; 
      
        che in effetti l'art. 3, comma 12 della legge n. 335/1995 nel
testo vigente al momento dell'adozione della delibera della quale  il
ricorrente ha contestato la  legittimita',  prevedeva  che  gli  enti
previdenziali privatizzati potessero adottare solo «provvedimenti  di
variazione  delle  aliquote  contributive,  di  riparametrazione  dei
coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione
del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata
in relazione alle anzianita' gia' maturate rispetto alla introduzione
delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti»; 
        che, invece, l'art. 1, comma  763  della  legge  27  dicembre
2006, n. 296 da un lato, al primo periodo, modifica l'art.  3,  comma
12 della legge n. 335/1995, ampliando  considerevolmente  l'autonomia
ed i poteri degli enti  previdenziali  privatizzati  (stabilendo  che
possono,  genericamente,  essere  adottati  «tutti  i   provvedimenti
necessari per la salvaguardia dell'equilibrio  finanziario  di  lungo
termine»);  dall'altro,  contestualmente,  al  secondo  periodo,   ha
espressamente fatto salvi gli atti  e  le  deliberazioni  in  materia
previdenziale adottati dagli enti  ...  ed  approvati  dai  Ministeri
vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge»
(secondo periodo del comma 763); 
        che,  a   ben   vedere,   gli   atti   ed   i   provvedimenti
precedentemente emanati e «fatti salvi», in assegna di  esclusioni  o
specificazioni di sorta, sono quelli gia' sottoposti ad  approvazione
dei Ministeri vigilanti e, quindi, a norma dell'art. 3, comma  2  del
d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509,  vale  a  dire  «a)  lo  statuto  e  i
regolamenti, nonche' le relative integrazioni o modificazioni; b)  le
delibere in materia di contributi e prestazioni»; 
        che la determinazione del Comitato dei Delegati  della  Cassa
Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense del 28 febbraio  2003  -
23  luglio  2004,  della  quale   il   ricorrente   ha   dedotto   la
illegittimita', e' compresa tra  «gli  alti  e  le  deliberazioni  in
materia previdenziale  adottati  dagli  enti  ...  ed  approvati  dai
Ministeri vigilanti prima della data  di  entrata  in  vigore»  della
precitata legge n. 296/1996 (legge finanziaria per il 2007) e quindi,
evidentemente, tra quelli «fatti salvi» dalla disposizione in esame; 
        che la disposizione di cui all'art. 1, comma 763 della  legge
n. 296/2006 non puo' essere intesa come mera «conferma di  efficacia»
degli agli atti e deliberazioni gia' legittimi secondo la  previdente
disciplina, in quanto tale soluzione  ermeneutica  comporterebbe  una
sostanziale interpretatio abrogans: la norma, intesa  in  tal  senso,
non avrebbe infatti alcuna ragion  d'essere,  posto  che,  secondo  i
principi  generali,  un  atto  ab  origine  legittimo   non   diventa
illegittimo o perde efficacia in relazione ad una norma  sopravvenuta
che modifica  (peraltro  nella  sostanza  ampliandolo)  il  potere  e
l'autonomia dell'organo che ha emesso l'atto; 
        che, per altro verso, la  disposizione  neppure  puo'  essere
interpretata come «sanatoria» con effetti limitati  al  solo  periodo
successivo  all'entrata   in   vigore   della   legge,   posto   che,
testualmente, sono fatti salvi, dal punto di  vista  oggettivo,  «gli
atti ed i provvedimenti» gia' adottati prima dell'entrata  in  vigore
della legge e, quindi sono rese - attraverso norma di fonte  primaria
- valide le deliberazioni assunte  in  precedenza,  con  la  relativa
decorrenza  temporale;   di   tal   che   la   «salvezza»   dell'atto
(amministrativo o comunque non legislativo)  disposta  con  la  legge
successiva comporta che tale atto debba essere considerato  legittimo
ab origine, anche se contrario alla  legge  previgente;  determinando
quindi la «salvezza» la validita' e legittimita'  sopravvenuta  della
regolamentazione  contenuta  nell'atto  «sanato»  con   la   relativa
efficacia temporale, atteso che la fonte primaria, nel momento in cui
«fa salvo»  un  atto  precedente  alla  sua  entrata  in  vigore,  ha
«naturalmente» (e salva espressa disposizione contraria, che nel caso
di specie non ricorre) effetto retroattivo, coincidente con quello di
decorrenza dell'atto «sanato»; 
        che il secondo periodo dell'art. 1 comma 763 della  legge  n.
296/2006, nel  disporre  la  «salvezza»  degli  atti  precedentemente
emanati va ricollegato, in via di  interpretazione  sistematica,  con
quanto stabilito al periodo  immediatamente  precedente  (ampliamento
dei poteri delle gestioni previdenziali autonome,  per  garantire  la
salvaguardia dell'equilibrio  finanziario  di  lungo  termine  e,  in
particolare, soppressione del vincolo  del  necessario  rispetto  del
criterio  pro  rata,  che  deve  essere  solo   tenuto   presente   e
contemperato con altri criteri e principi, tra i' quali l'equita' tra
generazioni): la ratio  risulta  quindi  quella  di  salvaguardare  e
mantenere ferme le precedenti regolamentazioni gia' approvate in sede
ministeriale, anche  se  in  ipotesi  illegittime  secondo  la  legge
precedente, perche' gia' in linea con i nuovi criteri,  ovvero  «piu'
rigorose» dal punto  di  vista  dell'arco  di  tempo  di  valutazione
dell'equilibrio finanziario e del mancato rispetto (almeno in termini
rigorosi) del criterio del pro rata, a  vantaggio  delle  generazioni
future; 
        che pur in assenza di significativi elementi  desumibili  dai
lavori preparatori (la disposizione non curava nel disegno  di  legge
originario e fu introdotta con il «maxiemendamento»  governativo  sul
quale fu posta la  fiducia),  occorre  considerare  che  l'intervento
legislativo intervenne quando era gia' insorto un nutrito contenzioso
in merito alla legittimita' delle deliberazioni  assunte  dagli  enti
previdenziali privatizzati, che, per  esigenze  di  equilibrio  delle
gestioni  e  di  equita'   intergenerazionale,   avevano   introdotto
modifiche nei parametri pensionistici anche non aderenti al principio
del pro rata ed inciso anche sui requisiti di accesso e fruizione  di
determinati trattamenti pensionistici; 
        che,  pertanto,  non  appare  configurabile   alcun   «dubbio
interpretativo»,   essendo   quella   dianzi   ricostruita    l'unica
interpretazione ragionevolmente possibile della disposizione -  avuto
riguardo al «significato proprio delle parole secondo la  connessione
di  esse»  («salvezza»   riferita   oggettivamente   «agli   atti   e
deliberazioni»   precedentemente    emanati),    alla    collocazione
sistematica  (immediatamente  successiva  alla   introduzione   della
possibilita'  di  adottare  «tutti  provvedimenti   necessari»,   con
possibili  «deroghe»  al  principio  del  pro  rata),   al   contesto
storico-normativo in cui e' avvenuta la sua  emanazione  (contenzioso
in merito alla legittimita' delle delibere che non avevano rispettato
il principio del pro rata) - inducendo i suindicati univoci argomenti
esegetici ad attribuire alla disposizione il significato di una norma
di «sanatoria», con la quale, per l'appunto, sono «fatti salvi»  atti
e  provvedimenti  precedentemente  emanati   (pur   se   in   ipotesi
illegittimi in  base  alla  disciplina  previgente),  con  «naturale»
efficacia retroattiva,  riferita,  per  relationem,  alla  decorrenza
degli atti «sanati», non essendo conseguentemente dato  pervenire  ad
una diversa interpretazione adeguatrice della norma in esame; 
        che da quanto sin qui esposto deriva che a questo Giudice  e'
precluso il potere di disapplicazione della norma regolamentare (art.
4 del Regolamento Generale della Cassa) in contrasto  con  l'art.  21
della legge  n.  576/1980,  atteso-  che  detta  norma  regolamentare
(rectius, la delibera dell'organo  dell'ente  previdenziale  con  cui
essa e' stata modificata) e' stata  fatta  espressamente  salva,  con
efficacia  retroattiva,  dall'art.  1,  comma  763,  della  legge  n.
296/2006; circostanza evidentemente assorbente  rispetto  al  rilievo
difensivo del ricorrente circa l'asserito eccesso  dai  limiti  della
potesta' normativa riconosciuta alla Cassa dalla  normativa  vigente,
con particolare riferimento al disposto di cui all'art. 3,  comma  12
della legge n. 335/1995,  in  virtu'  del  quale  non  sarebbe  stato
«ammissibile una modifica  dei  requisiti  d'accesso  ai  trattamenti
pensionistici, essendo unicamente consentita  una  modificazione  dei
criteri di determinazione degli stessi» (vedasi memoria depositata il
1° settembre 2008, pag. 2); 
        che, nel  caso  di  specie,  essendo  il  ricorrente  cessato
dall'iscrizione alla Cassa a far tempo dal 12 ottobre 2005, egli,  in
base all'art. 21 della legge  n.  576/1980,  non  avendo  maturato  i
requisiti  assicurativi  occorrenti  per  l'accesso   alla   pensione
(circostanza  incontestata),  aveva   acquisito   il   diritto   alla
restituzione dei contributi versati, per il  complessivo  importo  di
€ 6.042,36 (cfr.  doc.  1  allegato  all'atto  introduttivo),  avendo
invece l'art. 4 del Regolamento Generale della Cassa, come modificato
dalla delibera del Comitato dei Delegati della Cassa  del  23  luglio
2004 - previsione «fatta salva» dall'art. 1, comma 763  della  L.  n.
296/2006  -  precluso  al  medesimo  l'esercizio  di  tale   diritto,
stabilendo l'irripetibilita' di tali contributi, in palese  contrasto
con il precitato art. 21 della legge n.  576/1980  (che  non  risulta
oggetto di abrogazione, ne' espressa, ne'  tacita,  attraverso  fonte
normativa di pari rango); 
        che,  gia'  anteriormente   all'introduzione   del   presente
giudizio - il Martorano ha intimato alla Cassa (a mezzo  del  proprio
legale, con lettera raccomandata del 23 maggio 2007) la  restituzione
dei contributi versati, in base al disposto di cui all'art. 21  della
legge 576/1980 e provveduto al pagamento,  con  espressa  riserva  di
ripetizione,  dei  contributi  rateizzati  relativi  al  periodo   di
iscrizione retroattiva (vedasi lettere raccomandate dell'8 marzo 2006
e del 12 aprile 2007); 
        che, a tale ultimo riguardo, qualora la disposizione di legge
censurata dovesse essere dichiarata  costituzionalmente  illegittima,
ne deriverebbe non soltanto la possibilita' di disapplicare l'art.  4
del Regolamento Generale della Cassa, ai fini della ripetibilita' dei
contributi versati, ma anche di affermare il carattere  indebito  del
versamento (eseguito con riserva di ripetizione) di  quelli  relativi
al periodo di iscrizione retroattiva, ai  sensi  dell'art.  13  della
legge n. 142/1992,  non  essendo  essi  comunque  idonei,  stante  la
cessazione dell'iscrizione del ricorrente a far tempo dal 12  ottobre
2005,   a   consentire   al   medesimo   l'accesso   al   trattamento
pensionistico; 
        che, in generale, essendo la disposizione di cui  all'art.  1
comma 763 della legge n. 296/2006 applicabile  alla  fattispecie  per
cui e' controversia, appare evidente che dall'eventuale  accoglimento
della  questione  di  legittimita'  costituzionalita'   della   norma
deriverebbe  un  mutamento  nel  quadro  normativo   di   riferimento
rilevante ai fini della decisione. 
    Ritenuto, quanto alla non manifesta infondatezza della  questione
di legittimita' costituzionale: 
        che la Corte costituzionale ha piu' volte  chiarito  che  «le
leggi di sanatoria non sono costituzionalmente  precluse  in  via  di
principio ma che, tuttavia, trattandosi di  ipotesi  eccezionali,  la
loro  giustificazione   dev'essere   sottoposta   a   uno   scrutinio
particolarmente rigoroso», atteso  che  l'intervento  legislativo  in
sanatoria puo' «essere ragionevolmente  giustificato  soltanto  dallo
stretto collegamento con le specifiche peculiarita' del caso»  (sent.
n. 94 del 1995), cosi' da  doversi  «escludere  che  possa  risultare
arbitraria   la   sostituzione   della    disciplina    generale    -
originariamente applicabile - con quella eccezionale  successivamente
emanata» (sent. n. 100 del 1987; cfr. anche sent. n.  402  del  1993,
sent. n. 346 del 1991 e sent. 474 del 1988, oltre  alla  gia'  citata
sent. n. 94 del 1995)»: cosi', in motivazione, la sentenza n. 14/1999
della Consulta; 
        che,  in  particolare,  e'  stato  precisato   che   siffatto
«scrutinio di costituzionalita' estremamente  rigoroso»  deve  essere
condotto  «tanto  sotto  il  profilo  del  rispetto   del   principio
costituzionale di parita' di trattamento,  quanto  sotto  il  profilo
della   salvaguardia   da   indebite   interferenze   nei   confronti
dell'esercizio della funzione giurisdizionale» (sentenza n. 94/1995),
sottolineandosi che solo  pubblici  interessi  «possono  giustificare
sanatorie di atti ab origine illegittimi (sent. n. 94 del  1995,  402
del 1993, 100 del 1987), atteso che la  volonta'  di  sanatoria,  per
poter  legittimamente  superare,  alla   stregua   dell'art.   3   in
riferimento,  nella  specie,  all'art.  97  Cost.,   una   precedente
valutazione dell'interesse pubblico gia' operata  dalla  legge,  deve
essere sostenuta dall'assunzione di  altro  interesse  pubblico,  non
irragionevolmente idoneo a giustificare  il  contrasto  che  viene  a
crearsi  tra  due  diverse  manifestazioni  di  volonta'  legislativa
concorrenti sulla medesima fattispecie» (sentenza 141/1999); 
        che la stessa Corte Costituzionale, in alcune  pronunzie,  ha
inoltre statuito che «in materia di ordinamento  pensionistico,  sono
costituzionalmente illegittime quelle modificazioni legislative  che,
intervenendo in una fase  avanzata  del  rapporto  di  lavoro  oppure
quando sia gia' subentrato lo stato di quiescenza, peggiorino,  senza
un'inderogabile  esigenza,  in  misura   notevole   ed   in   maniera
definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con
la  conseguente   irrimediabile   vanificazione   delle   aspettative
legittimamente nutrite dal lavoratore per il  tempo  successivo  alla
cessazione della  propria  attivita'  lavorativa»  (Corte  Cost.,  14
luglio 1988, n. 822); 
      
        che l'iscrizione del ricorrente  alla  Cassa  (approvata  con
delibera della Giunta Esecutiva del  30  gennaio  2004)  a  decorrere
dall'anno 2002, in base a quanto previsto dall'art. 13 della legge n.
141/1992,  essendo  avvenuta  allorche'  il   Martorano   era   ormai
ultrasessantenne,  deve  ragionevolmente   ritenersi   essere   stata
richiesta dall'interessato nella consapevolezza di  poter  recuperare
la contribuzione relativa all'attivita' professionale - a quel  tempo
garantita dall'art. 21 della legge n. 576/1980, prima della  modifica
dell'art. 4 del Regolamento Generale della Cassa  introdotta  con  la
delibera del 23 luglio 2004 - nel caso (gia' a quel tempo  pressoche'
certo ed  in  concreto  effettivamente  verificatosi)  di  cessazione
dall'iscrizione  alla  Cassa  senza   aver   maturato   i   requisiti
assicurativi per il diritto alla pensione; 
        che, essendosi gia' determinato  un  nutrito  contenzioso  in
merito  alla  legittimita'   della   delibera,   l'intervento   della
disposizione di sanatoria (senza peraltro alcuna specifica previsione
transitoria in relazione  ai  giudizi  pendenti)  rischia  di  ledere
«l'affidamento  del  cittadino  nella  sicurezza   giuridica,   quale
elemento essenziale dello Stato di diritto» (Corte cost. 10  febbraio
1993 n. 39, Id., 26 gennaio 1994 nn. 6 e 16, Id., 28 febbraio 1997 n.
50, Id., 23 dicembre 1997 n. 432, Id., 22 novembre 2000 n. 525); 
        che, pertanto, la disposizione di «sanatoria» dei  precedenti
atti e  provvedimenti  degli  enti  previdenziali  privatizzati,  pur
ispirata  ad  esigenze  di  equilibrio  di  bilancio  delle  gestioni
previdenziali e, soprattutto, di equita'  tra  generazioni,  si  pone
tuttavia  in  netto  contrasto  con  l'affidamento  nella   sicurezza
giuridica e con le legittime aspettative dei lavoratori,  sanando  un
atto ab origine illegittimo, qualora, come nel caso di specie,  venga
irragionevolmente compresso un diritto riconosciuto  da  disposizione
di legge (peraltro non abrogata),  quale  e'  quello  concernente  la
ripetizione, in  favore  di  chi  sia  cessato  dall'iscrizione,  dei
contributi versati ma  non  utili  ai  fini  del  riconoscimento  del
trattamento pensionistico; 
        che, peraltro, una sanatoria cosi' «generalizzata», estesa  a
tutti i provvedimenti amministrativi degli enti di previdenza,  anche
se non rispettosi del principio del pro rata ed incidenti su  diritti
garantiti da disposizioni di  legge  -  senza  alcuna  esplicitazione
delle ipotetiche ragioni per le  quali  viene  attribuita,  ex  post,
validita' ad atti illegittimi - risulta di per se'  irragionevole  ed
in contrasto con il principio di riserva di legge ex  art.  23  cost.
applicabile   in   materia,   consentendo   all'ente   previdenziale,
attraverso  l'esclusione  della  ripetibilita'  dei  contributi   non
utilizzabili, gia' garantita dalla previgente  disciplina  di  legge,
l'imposizione di una prestazione patrimoniale obbligatoria in base ad
una propria unilaterale determinazione,  in  mancanza  di  preventivo
conferimento del relativo potere da parte del legislatore (vedasi sul
punto, da ultima, Corte cost. sent. 14 giugno 2007 n. 190, in materia
di contribuzione alla Fondazione O.N.A.O.S.I.),  determinazione  resa
«legittima» soltanto, per l'appunto, attraverso la norma in sanatoria
successivamente intervenuta, nonche' con i principi posti dagli artt.
2, 3, 24 e 38 Cost. precludendo la norma irragionevolmente la  tutela
di un diritto gia' riconosciuto all'interessato dall'ordinamento,  la
sua   deducibilita'   in   sede   giurisdizionale,    senza    alcuna
esplicitazione delle ragioni della diversita' di disciplina  rispetto
a  quella  riservata  agli  altri  soggetti  titolari  di  situazioni
giuridiche analoghe ed in contesto ordinamentale che, giova ribadire,
presuppone l'impossibilita' di accesso da parte dei  contribuenti  al
trattamento previdenziale, non potendosi siffatto sacrificio  imposto
agli interessati, integrante  obiettiva  disparita'  di  trattamento,
considerarsi  giustificato  o  compensato  dalla  facolta',   per   i
medesimi, di optare per gli istituti della ricongiunzione (ex lege n.
45/1990) e della totalizzazione (ai sensi della legge n.  243/2004  e
del d.lgs.  n.  42/2006),  trattandosi  di  mere  facolta',  peraltro
esercitabili  nella  ricorrenza   di   requisiti   determinati,   non
necessariamente ricorrenti in concreto; 
        che, ricostruito nei termini suindicati il  quadro  normativo
di  riferimento,  non  e'  dato  a  questo   Giudice   pervenire   ad
un'interpretazione adeguatrice della disposizione di legge censurata,
attesa l'univoca chiarezza del tenore testuale  della  stessa  e  non
essendo  valorizzabili,  in  senso  contrario   gli   altri   criteri
ermeneutici sussidiari; 
        che, in effetti, «l'interpretazione adeguatrice  dei  giudici
ha possibilita' di  esplicazione  soltanto  quando  una  disposizione
abbia  carattere  «polisenso»  e  da  essa  sia  enucleabile,   senza
manipolare il contenuto della disposizione, una norma compatibile con
la  Costituzione  attraverso   l'impiego   dei   canoni   ermeneutici
prescritti dagli art. 12 e  14  delle  disposizioni  sulla  legge  in
generale,  mentre  nell'impossibilita'  di  conformare  la  norma  in
termini non incostituzionali il giudice non  puo'  disapplicarla,  ma
deve rimettere la questione di legittimita' costituzionale al  vaglio
del Giudice delle leggi»; 
        che,  in  altri  termini,   giudice   ordinario   e'   tenuto
autonomamente  a  verificare,  con  l'uso  di  tutti  gli   strumenti
ermeneutici  dei  quali  dispone,  se  una  data  disposizione  possa
realmente assumere un significato costituzionalmente  compatibile  e,
qualora  le  premesse   ermeneutiche   della   soluzione   proclamata
costituzionalmente     obbligata      travalichino      i      limiti
dell'interpretazione letterale-logico-sistematica, il giudice «ha  il
dovere di non attenersi a quella soluzione, per la  decisiva  ragione
che,  in  caso  contrario,  disapplicherebbe  una  norma  vigente   e
arrecherebbe un vulnus ai principi di legalita' e di soggezione  alla
legge» (cosi' in motivazione, Cass. S.U. Penali 17  maggio  2004,  n.
23016); 
        che, nel caso di specie,  richiamate  le  considerazioni  che
precedono,  non  puo'  sussistere  alcun  «dubbio  interpretativo»  e
l'unica e sola interpretazione possibile della disposizione censurata
- avuto riguardo al «significato  proprio  delle  parole  secondo  la
connessione di esse» («salvezza» riferita oggettivamente «agli atti e
deliberazioni» precedentemente emanati dall'ente previdenziale), alla
collocazione sistematica (immediatamente successiva alla introduzione
della possibilita' di adottare «tutti provvedimenti  necessari»,  con
possibili «deroghe» al principio  del  pro  rata),  alle  circostanze
storiche  relative  alla  emanazione  (contenzioso  in  merito   alla
legittimita' delle delibere che non avevano «rispettato» il principio
del pro rata) - induce, univocamente ad attribuire alla  disposizione
il significato di una norma di «sanatoria» con la quale  sono  «fatti
salvi», indiscriminatamente, «atti e  deliberazioni»  precedentemente
emanati dagli organi degli enti previdenziali  (nella  specie,  della
Cassa resistente), prescindendo dall'individuazione del tipo di vizio
da cui essi sarebbero affette, con  espressa  efficacia  retroattiva,
riferita,  per  relationem,  alla  decorrenza  degli  atti  «sanati»,
dovendosi quindi escludere che la norma di legge in  questione  abbia
natura interpretativa, atteso che essa, cosi' come  strutturata,  non
si riferisce e non si  salda  a  previgenti  disposizioni  di  legge,
intervenendo sul significato normativo di queste, dunque  lasciandone
intatto il dato testuale ed imponendo  una  delle  possibili  opzioni
ermeneutiche  gia'  ricomprese  nell'ambito  semantico  della   legge
interpretata, rendendo la norma censurata,  al  contrario,  di  fatto
priva di efficacia la previsione di cui all'art. 21  della  legge  n.
576/1980 (in effetti mai abrogata)  e  cio'  soltanto  in  dipendenza
della sanatoria della determinazione del Comitato dei Delegati  della
Cassa con cui e' stato modificato  l'art.  4  del  Regolamento  dello
stesso ente. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87: 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 763,  secondo  periodo
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 («Sono fatti salvi gli atti e le
deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui  al
presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della  data
di entrata in vigore della presente legge») in relazione  agli  artt.
2, 3, 23, 24, 38 Cost.; 
    Sospende il processo in corso; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Manda alla cancelleria gli adempimenti. 
        Livorno, addi' 20 ottobre 2009 
 
                       Il giudice: Provenzano