N. 128 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 novembre 2009

Ordinanza del 25 novembre 2009 emessa dal Tribunale  di  sorveglianza
di Genova sull'istanza proposta da H. G.. 
 
Ordinamento penitenziario - Divieto  di  concessione  di  benefici  -
  Affidamento  in  prova  al  servizio  sociale  nei  casi   previsti
  dall'art.  47   dell'ordinamento   penitenziario   -   Divieto   di
  concessione per piu' di una volta al condannato al quale sia  stata
  applicata la recidiva prevista dall'art.  99,  quarto  comma,  cod.
  pen. - Violazione del principio di ragionevolezza e  del  principio
  della finalita' rieducativa della pena. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 58-quater, comma 7-bis, aggiunto
  dall'art. 7, comma 7, della legge 5 dicembre 2005, n. 251. 
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo. 
(GU n.19 del 12-5-2010 )
 
                    IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA 
 
    Con la partecipazione dei dott.  Tramontano  Carlo  Felice  Sost.
Procuratore Generale  presso  la  Corte  di  appello  di  Genova  per
delibera  sulla  domanda  di:  Affidamento   al   Servizio   Sociale;
Detenzione domiciliare, presentate da H. G. nato a M.,  residente  in
M. G., avvocati: Michele Ispodamia  del  Foro  di  Genova  d'ufficio,
detenuto presso la Casa Circondariale di Genova  «Marassi»  con  fine
pena al 6 dicembre 2010. 
    Visti  gli  atti   del   procedimento   di   sorveglianza   sopra
specificato; 
    Verificata   la   regolarita'   delle   comunicazioni   e   delle
notificazioni   degli   avvisi   al    rappresentante    del    P.M.,
all'interessato e al difensore; 
    Considerate le risultanze delle documentazioni  acquisite,  degli
accertamenti svolti, della trattazione e della discussione di  cui  a
separato processo verbale; 
    Visto il parere contrario del rappresentane del P.M.; 
    Udite le conclusioni del difensore, 
 
                               Osserva 
 
    H. G. e' detenuto dal 7 aprile 2009 in espiazione della  condanna
a un anno e otto mesi di reclusione inflittagli dal Tribunale  di  La
Spezia con sentenza 14  aprile  2009  per  il  tentato  furto  di  un
motorino commesso lo stesso  giorno  di  decorrenza  della  pena:  in
sentenza e' stata applicata la recidiva reiterata ex art. 99, comma 4
c.p. 
    A suo carico risultano precedenti, dal 2000 al 2006,  per  furto,
violazione delle misure di prevenzione, ricettazione ed evasione. Non
risultano pendenze. Nel 2006  egli  ha  fruito  positivamente  di  un
affidamento in prova al servizio sociale. 
    Dalle relazioni di sintesi delle Case circondariali di La  Spezia
e Genova Marassi emerge il quadro di un soggetto invalido al 74%  per
ritardo  mentale,  molto  deprivato  culturalmente,  emotivamente  ed
affettivamente, che percepisce l'ambiente carcerario come ostile  per
l'incapacita' mentale di comprendere le dinamiche relazionali fra gli
altri detenuti e, in  merito  al  fatto,  dichiara  di  essere  stato
manipolato dal concorrente nel reato. 
    L'indagine socio-familiare riferisce  del  pregresso  affidamento
del soggetto al Comune di M. sino al ventunesimo anno  di  eta',  del
valido riferimento affettivo rappresentato  dall'anziano  nonno  (che
avalla l'affermazione del nipote circa la sua strumentalizzazione  da
parte di terzi in occasione dell'ultimo reato), del buon  inserimento
sociale del giovane nel territorio  del  Comune  di  residenza,  dove
tutti lo conoscono, e della possibilita' di  inserimento,  con  borsa
lavoro a carico della stessa municipalita', in una squadra di operai,
nella quale gia' fu inserito nel corso del precedente affidamento,  i
componenti della quale lo conoscono,  lo  aiutano  e  lo  contengono,
conoscendone e accettandone i limiti. 
    Tanto  premesso  in  fatto,  deve  preliminarmente  rilevarsi  in
diritto che l'applicazione in sentenza della recidiva reiterata rende
inammissibili tutte le misure alternative alle quali, in sua assenza,
il condannato potrebbe legittimamente ambire. 
    E infatti: l'affidamento in prova al servizio  sociale  non  puo'
essere concesso per  il  divieto  posto  dal  comma  7-bis  dell'art.
58-quater o.p., avendo il condannato gia' fruito  di  un  affidamento
nel 2006; la detenzione domiciliare  e'  preclusa  -  in  assenza  di
circostanze che ne  legittimano  l'applicazione  ai  sensi  dell'art.
47-ter, comma primo o.p. - dal divieto di cui all'art. 47-ter,  comma
1-bis o.p.; per l'ammissione al regime di  semiliberta'  mancano  gli
specifici requisiti richiesti dall'art. 50-bis o.p. per i  condannati
recidivi, ovverosia l'espiazione di due terzi della pena inflitta. 
    Nel merito, invero,  e'  convinzione  del  Tribunale  -  in  cio'
confortato dal parere espresso nella relazione  di  sintesi  del  GOT
della Casa circondariale di La Spezia - che le particolari condizioni
personali del condannato e i riferimenti socio-familiari  evidenziati
dall'indagine svolta dall'Ufficio Esecuzione Penale esterna indichino
come possibile ed opportuna l'ammissione del condannato a un  secondo
affidamento  in  prova  al  servizio  sociale,  potendosi   confidare
nell'idoneita'  e  sufficienza  della  rete   di   sostegno   esterna
apprestata  in  favore  del  soggetto  a  prevenire  il  pericolo  di
commissione  di  nuovi  reati  e  a  favorire  il  reinserimento  del
soggetto, laddove gli  stessi  limiti  intellettivi  e  di  capacita'
relazionale  del  soggetto  costituiscono  un  grave  ostacolo  a  un
percorso di rieducazione endo-carcerario. Ne'  la  prospettiva  della
possibilita' di ammissione al regime di semiliberta' dopo un anno  di
espiazione  (pari  a  due  terzi  della  pena  inflitta)  costituisce
surrogato idoneo rispetto alla odierna applicazione  dell'affidamento
in prova al servizio sociale, sia per la sua intempestivita' rispetto
alle esigenze di rieducazione, sia per  la  prevalenza,  nell'essenza
del beneficio ex art. 48 o.p., del profilo del  controllo  su  quello
del sostegno socio-assistenziale, che nel caso di  specie  si  palesa
come l'effettiva priorita'. 
    Cio'  premesso  e  a  fronte  della  preclusione  normativa  alla
concessione dell'affidamento ex art.  58-quater,  comma  7-bis  o.p.,
v'e' ragione per interrogarsi sulla compatibilita' costituzionale  di
tale divieto, in particolare rispetto ai parametri di cui agli  artt.
3 e 27 Cost.: e a tale  interrogativo  questo  Tribunale  Ritiene  di
dover dare risposta negativa. 
    La giurisprudenza costituzionale, nell'ambito di  giudizi  aventi
ad oggetto le disposizioni contenute nella  legge  n.  354/1975,  con
riferimento alla finalita' rieducativa della pena,  ha  costantemente
affermato che  «detta  finalita'  deve  contemperarsi  con  le  altre
funzioni che la Costituzione assegna alla pena medesima  (prevenzione
generale, difesa sociale, prevenzione speciale)»,  ma  anche  che  le
scelte del legislatore nell'esercizio della discrezionalita'  che  in
questa  materia  gli  compete  «risulteranno  non   irragionevoli   e
rispettose del precetto dell'art. 27, terzo comma della  Costituzione
allorquando,  pur  privilegiando  l'una  o  l'altra  delle   suddette
finalita', il sacrificio  che  si  arreca  ad  una  di  esse  risulti
assolutamente necessario e,  comunque,  purche'  nessuna  ne  risulti
obliterata (sentenze n. 257 del 2006 e n. 306 del 1993)»: cosi' Corte
costituzionale sent. n. 78/2007. 
    Premesso che la possibilita' di accesso a  forme  alternative  di
espiazione, in presenza dei  presupposti  oggettivi  richiesti  dalla
legge,  garantisce  la   flessibilita'   della   pena   in   funzione
dell'obiettivo  di  risocializzazione  e  costituisce,  quindi,   una
modalita' essenziale di attuazione della finalita' rieducativa,  pare
al Collegio che il divieto di un  secondo  affidamento  in  prova  al
servizio sociale, stabilito dall'art. 58-quater,  comma  7-bis  o.p.,
«chiudendo» nei confronti del recidivo reiterato il  «cerchio»  delle
preclusioni ai  benefici  penitenziari  derivante  da  tale  qualita'
soggettiva dell'autore di reato, realizzi  un  pregiudizio  totale  e
irragionevole della finalita' rieducativa della  pena  nei  confronti
dei soggetti che versino nella situazione contemplata dalla norma. 
    Si consideri, infatti, che l'attuale assetto legislativo  esclude
i  recidivi  reiterati  (che  debbano  espiare  una  pena   detentiva
altrimenti compatibile con l'esecuzione  in  forma  alternativa  alla
detenzione) sia  dalla  detenzione  domiciliare  «generica»  ex  art.
47-ter, comma 1-bis o.p. sia da quella per ultrasettantenni  ex  art.
47-ter, comma 1 o.p. sia dalla semiliberta' «residuale»,  normalmente
concedibile ai sensi dell'art. 50, comma secondo. 
    Invero, l'unica misura alla quale lo stesso  legislatore  non  ha
collegato  preclusioni   legale   all'applicazione   della   recidiva
reiterata e' proprio l'affidamento in prova al  servizio  sociale:  e
cio'  pare  ragionevolmente  potersi   attribuire   ad   una   scelta
consapevole di favore per la piu' «ampia» delle  misure  alternative,
cui si assegna una funzione di «valvola di salvezza» delle situazioni
meritevoli di tutela, che la  Corte  costituzionale  bene  spiega  ed
avalla nella sentenza n. 38 del 2008.  Respingendo  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  50,  comma   secondo   o.p.,
prospettata dal giudice remittente anche con riferimento al parametro
della ragionevolezza - in quanto tale norma precluderebbe  la  misura
«minore»  della  semiliberta'  laddove   resti   concedibile   quella
«maggiore» dell'affidamento in prova al servizio sociale -, la  Corte
valorizza la peculiarita' del presupposto fondamentale di  ammissione
all'affidamento in prova al servizio  sociale  (la  prognosi  di  non
recidiva e di risocializzazione all'esito della prova) quale elemento
che qualifica l'affidamento rispetto alle altre misure in termini non
di mera  «continenza»,  bensi'  di  peculiarita'  dei  presupposti  e
unicita' della funzione risocializzatrice: laddove, nei confronti del
recidivo reiterato, sia formulabile una prognosi  positiva,  tale  da
giustificare  l'ammissione  all'affidamento  in  prova  al   servizio
sociale, non hanno ragion d'essere quei requisiti di  maggior  rigore
che appaiono invece giustificati nella determinazione dei presupposti
per l'accesso di questo stesso soggetto a  misure  piu'  restrittive,
alle quali ci si indirizza quando  si  versa  nell'impossibilita'  di
formulare una tale prognosi. 
    Si tratta, a ben vedere, dell'identica  ratio  sulla  base  della
quale la legislazione restrittiva  dei  primi  anni  novanta  non  ha
esteso all'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale  il  divieto
imposto, in ragione del titolo di reato, all'accesso alla  detenzione
domiciliare non «umanitaria» (vedi art. 47-ter, comma l-bis  o.p.)  e
alla semiliberta' «residuale» (vedi art. 50, comma secondo o.p.): con
l'unica eccezione della preclusione assoluta per  i  reati  c.d.  «di
prima  fascia»  dell'art.  4-bis  o.p.  peraltro  «vincibile»   dalla
condotta meritevole  della  collaborazione  (ma  anche,  grazie  agli
interventi   interpretativi   della   Corte   costituzionale,   dalla
inesigibilita' della collaborazione stessa). 
    Ebbene il divieto di un secondo  accesso  all'affidamento,  posto
dall'art. 58-quater,  comma  7-bis,  contraddice  tale  ricostruzione
sistematica  e  chiude  quella  valvola  di  salvezza   ponendo   una
preclusione assoluta che viola sia  il  finalismo  rieducativo  della
pena sia il principio di ragionevolezza. 
    Viola il finalismo rieducativo della pena perche' elide qualsiasi
possibilita' di apprezzare in  concreto  l'assenza  di  pericolosita'
attuale  e  la  possibilita'  di  utile  reinserimento  sociale   del
condannato e di ammetterlo,  percio',  alla  forma  alternativa  piu'
adeguata al fine risocializzativo. 
    Viola il principio di ragionevolezza  perche'  fa  derivare  tale
conseguenza da una qualita' giuridica dell'autore del reato che  puo'
non  essere   significativa   di   una   sua   particolare,   attuale
pericolosita' sociale: cosi' nel caso in cui  il  fatto  per  cui  e'
espiazione sia anteriore a  un  affidamento  in  prova  positivamente
concluso con un risultato di effettivo recupero sociale, ma che,  per
assurdo, preclude al soggetto il nuovo accesso ad analoga  misura  (a
meno che il nuovo ordine di esecuzione non sia emesso in costanza  di
misura alternativa, nel qual caso  l'istituto  dell'estensione  della
misura gia' in atto finisce per «graziare» l'interessato  sulla  base
del dato meramente casuale del tempo di esecuzione  delle  pene),  ma
anche  nel  caso  in  cui  l'espiazione  attuale  riguardi  un  reato
successivo al precedente affidamento che, tuttavia -  come  nel  caso
che ne occupa - non appaia di fatto espressivo di  una  pericolosita'
sociale incompatibile con la  concessione  della  piu'  ampia  misura
alternativa. 
    Ne'  pare  praticabile  una  diretta  interpretazione  in   senso
costituzionalmente orientato  della  nuova  disposizione  limitativa,
attesa la drasticita' ed anelasticita' della formulazione normativa. 
    La questione di  legittimita'  prospettata  appare,  quindi,  non
manifestamente infondata  e  rilevante  nel  presente  giudizio,  non
ravvisando il Collegio ostacoli alla concessione dell'affidamento  in
prova al servizio sociale - ne' in termini di ammissibilita' ne'  sul
piano del merito - diversi dal  divieto  posto  dall'art.  58-quater,
comma 7-bis o.p. 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
agli articoli 3 e 27, terzo comma Cost., la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 58-quater,  comma  7-bis,  legge  26  luglio
1975, n. 354, inserito dall'art. 7, comma 7, della legge  7  dicembre
2005, n. 251, nella parte in cui prevede che l'affidamento  in  prova
al servizio sociale nei casi previsti dall'art. 47 non  possa  essere
concesso piu' di una volta al condannato al quale sia stata applicata
la recidiva prevista dall'art. 99, quarto comma del codice penale; 
    Dispone  l'immediata  trasmissione  degli   atti   del   presente
procedimento alla Corte costituzionale  e  sospende  il  giudizio  in
corso; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alla parte privata e al  Procuratore  generale  presso  la
Corte d'appello di Genova, nonche' al Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Genova, addi' 22 ottobre 2009 
 
                        Il Presidente: Rubini 
 
 
                      Il Giudice est.: Verrina