N. 131 SENTENZA 12 - 15 aprile 2010
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Professioni - Norme della Regione Lazio per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare - Istituzione e disciplina delle figure professionali del mediatore familiare e del coordinatore per la mediazione familiare - Istituzione di un elenco regionale e indicazione dei titoli per l'iscrizione all'elenco e l'esercizio della professione - Violazione del principio fondamentale che riserva allo Stato l'individuazione di nuove figure professionali - Illegittimita' costituzionale - Illegittimita' costituzionale, in via consequenziale, delle restanti disposizioni della legge impugnata (legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 26, artt. 1, comma 1, 2, 5, 7 e 8). - Legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 26, artt. 1, comma 2, 3, 4 e 6. - Costituzione, art. 117, terzo comma; legge 8 febbraio 2006, n. 54, art. 1, comma 2; d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30, artt. 1, comma 3, e 2, comma 3; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27. Professioni - Norme della Regione Lazio per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare - Istituzione di un elenco regionale dei mediatori familiari e indicazione dei titoli per l'iscrizione all'elenco e l'esercizio della professione - Violazione del principio fondamentale che riserva allo Stato l'individuazione di nuove figure professionali - Illegittimita' costituzionale. - Legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 27, art. 1. - Costituzione, art. 117, terzo comma; legge 8 febbraio 2006, n. 54, art. 1, comma 2; d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30, artt. 1, comma 3, e 2, comma 3.(GU n.16 del 21-4-2010 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente:
Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2, 3, 4 e 6 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 26 (Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare) e dell'art. 1 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 27 (Modifiche alla deliberazione legislativa approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 10 dicembre 2008, concernente «Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare»), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27 febbraio 2009, depositato in cancelleria il 5 marzo 2009 ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi 2009. Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; Udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 2010 il giudice relatore Paolo Maddalena; Uditi l'avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Paolo Papanti-Pelletier per la Regione Lazio. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 27 febbraio 2009 e depositato il 5 marzo 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato in via principale, a seguito di delibera governativa in data 20 febbraio 2009, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2, 3, 4 e 6 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 26 (Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare), nonche' delle disposizioni con essi inscindibilmente connesse o dipendenti, e dell'art. 1 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 27 (Modifiche alla deliberazione legislativa approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 10 dicembre 2008, concernente «Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare»), affermandone il contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui esso attribuisce allo Stato la competenza legislativa riguardo ai principi fondamentali in materia di professioni. Riferisce il ricorrente che la legge regionale n. 26 del 2008 si propone di disciplinare, nell'ambito della Regione, le figure del mediatore familiare e del coordinatore per la mediazione familiare, introducendo una nuova figura professionale non altrimenti prevista da legge dello Stato. L'unico articolo della coeva legge regionale n. 27 del 2008 ha modificato l'art. 6 della legge n. 26 del 2008, integrandone i commi 1 e 2 ed eliminando il comma 3. Specificamente, l'art. 1, comma 2, della legge regionale n. 26 del 2008 reca la definizione generale del ruolo e della figura professionale del mediatore familiare; gli artt. 3 e 4, a loro volta, prevedono e disciplinano la particolare figura di mediatore familiare costituita dal coordinatore per la mediazione familiare (istituito presso ogni ASL), del quale stabiliscono i compiti e le finalita'; l'art. 6, infine, istituisce, presso l'assessorato regionale competente in materia di politiche sociali, l'elenco regionale dei mediatori familiari e reca l'analitica disciplina dei requisiti per l'accesso all'elenco stesso. L'art. 1 della legge regionale n. 27 del 2008, nel modificare l'art. 6 della legge regionale n. 26 del 2008, ha esteso anche ai laureati in pedagogia la possibilita' di iscriversi al suddetto elenco, mentre ha abrogato l'incompatibilita' tra mediazione familiare ed esercizio di altre professioni o attivita' di impresa. Ad avviso della difesa erariale, le disposizioni impugnate si propongono di individuare la funzione e i compiti, anche di supporto ai tribunali, del mediatore familiare e del coordinatore per la mediazione familiare, nonche', previa istituzione di un apposito elenco regionale, gli specifici titoli di cui il mediatore familiare deve essere in possesso per l'iscrizione all'elenco e, di seguito, per l'esercizio della professione. Secondo l'Avvocatura, le norme denunciate sarebbero riconducibili alla materia delle «professioni», appartenente alla competenza legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. Il ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza costituzionale, spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente previste dall'art. 117, terzo comma, Cost., mentre la legislazione regionale deve svolgersi nel rispetto di quelli risultanti dalla normativa statale gia' in vigore; ed osserva che, in base all'art. 1, comma 3, del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell'art. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131), la potesta' legislativa regionale si esercita relativamente alle professioni individuate e definite dalla normativa statale. Secondo la difesa erariale, l'art. 155-sexies cod. civ., introdotto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), ha soltanto previsto, ma non istituito, la figura professionale del mediatore familiare, che difatti non e' definita ne' disciplinata in alcuna legge statale. La Regione - osserva l'Avvocatura - avrebbe riservato a se' la determinazione dei titoli professionali e dei correlativi contenuti della professione di mediatore familiare e di coordinatore. Cio' emergerebbe in particolare dall'art. 6 della legge n. 26 del 2008, che tra l'altro equipara, ai fini della idoneita' all'iscrizione nell'elenco di mediatore familiare, titoli di natura profondamente diversa perche' conseguibili all'esito di percorsi formativi differenti e non assimilabili tra loro. Secondo la difesa erariale, non potrebbero infatti porsi sullo stesso piano titoli conseguiti a seguito di percorso formativo di livello universitario specialistico e titoli ottenuti mediante percorso formativo di livello inferiore, qual e' il titolo di formazione regionale conseguito all'esito della frequenza di un corso della durata di cinquecento ore. Tale situazione potrebbe peraltro ingannare l'utenza, inducendola a ritenere di livello universitario un mediatore familiare munito invece del solo diploma regionale, con conseguente violazione del principio di tutela dell'utenza, che costituisce uno dei principi fondamentali tutelati dalle leggi statali in materia di attivita' professionali. 2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si e' costituita la Regione Lazio, che ha concluso per l'infondatezza della questione. Secondo la difesa della Regione, il ricorso muoverebbe dal falso presupposto che la legge regionale impugnata abbia introdotto e disciplinato una nuova professione: quella del «mediatore familiare» e del «coordinatore per la mediazione familiare». In realta', la legge regionale impugnata non avrebbe affatto ne' introdotto ne' disciplinato una «professione», ma avrebbe individuato una «figura professionale», cioe' dotata di particolari competenze, destinata ad essere impiegata nell'ambito di strutture pubbliche ed esercitante funzioni pubblicistiche. Secondo la difesa della Regione, la ratio che ispira l'intero provvedimento normativo e' quella di delineare una «figura professionalep, non un «professionista» lavoratore autonomo, operante nell'ambito della mediazione familiare. Tale diversa prospettiva emergerebbe dall'analisi delle singole disposizioni e, in particolare, di quelle che stabiliscono i compiti e le finalita' del coordinatore per la mediazione familiare: compiti e finalita' di natura essenzialmente pubblicistica, che, come tali, non sono e non possono essere attuati o perseguiti da un professionista lavoratore autonomo. In particolare, l'art. 1, comma 2, della legge regionale n. 26 del 2008 evidenzierebbe l'aspetto pubblicistico gia' nella parte in cui prevede le modalita' di accesso all'opera di tale soggetto. Si prescrive infatti che il mediatore familiare possa essere «sollecitato» dalle parti a svolgere la sua opera. Tale locuzione verbale - afferma la Regione - sarebbe indice del fatto che la legge prevede, non gia' il conferimento di un mandato professionale nell'ambito di un contratto di opera professionale, bensi' che tale soggetto, il quale opera all'interno di una struttura sanitaria (come chiarito dal successivo art. 3), possa essere richiesto dalle parti di intervenire per «adoperarsi» nel senso indicato dalla norma. La stessa disposizione prevede che l'intervento del mediatore professionale, oltre che sollecitato dalle parti, possa avvenire su invito del giudice o dei servizi sociali comunali o dei consultori o del Garante dell'infanzia e dell'adolescenza. Anche l'art. 3 della stessa legge regionale, nel disciplinare la figura del coordinatore per la mediazione familiare, prevederebbe in realta' l'attribuzione a tale figura professionale di un vero e proprio ufficio pubblico. Le finalita' che il mediatore familiare e' chiamato a svolgere in base all'art. 4 della legge regionale sarebbero ben lontane dall'esercizio di una professione, ai sensi dell'art. 117 Cost. Quanto all'art. 6 della legge regionale, e' bensi' vero - osserva la Regione - che esso ha previsto un elenco regionale dei mediatori familiari, ma tale elenco non puo' considerarsi istitutivo di una professione operante a livello regionale, perche' mancherebbero le caratteristiche proprie di un'attivita' professionale di lavoro autonomo. Secondo la difesa della Regione Lazio, la legge impugnata, pur avendo assegnato al mediatore familiare funzioni (compiti e finalita') esclusivamente pubblicistiche, e pur avendo previsto la sua collocazione presso ogni azienda unita' sanitaria locale, non ha tuttavia definito il tipo di rapporto che lega tale soggetto all'ente. La legge non chiarisce infatti se il mediatore sia legato alle ASL da un rapporto di pubblico impiego ovvero se egli abbia un rapporto basato, ad esempio, su un contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Queste modalita' attuative - precisa la Regione - saranno chiarite da regolamenti attuativi. Intanto, l'elenco di cui all'art. 6 assolve essenzialmente la funzione di individuare una lista di soggetti, dotati di particolari professionalita', dalla quale poter attingere per il loro inserimento nell'ambito delle ASL o eventualmente di altri enti regionali. Un chiaro sintomo di cio' sarebbe dato dal fatto che l'opera di tale figura professionale e' a carico delle finanze della Regione, come si desume dall'art. 8, che prescrive che le risorse necessarie all'applicazione della presente legge sono individuate nei limiti delle disponibilita' finanziarie di cui al fondo per l'attuazione del piano socio-assistenziale regionale. Dopo aver ricordato i caratteri essenziali delle professioni propriamente dette, alle quali si riferisce l'art. 117, terzo comma, Cost. ed alla cui base vi e' un contratto fra il professionista ed il cliente, la difesa della Regione ribadisce che l'attivita' del mediatore familiare non trova la sua fonte in un contratto di opera intellettuale, bensi' in un sollecito da parte degli interessati (cioe' in una richiesta di intervento, quale puo' rivolgersi solo ad una pubblica autorita') ovvero in un invito del giudice o di enti pubblici. Si e', in ogni caso, ben lontani dal conferimento di un mandato professionale di tipo privatistico. Inoltre, dal complesso delle norme regionali emergerebbe che il mediatore familiare o il coordinatore per la mediazione familiare e', in realta', un ufficio, nel quale i singoli addetti svolgono la loro opera non in quanto scelti dalle parti o dal giudice o dalle altre autorita', ma in quanto inseriti in un'organizzazione gerarchicamente ordinata, nella quale non assume rilievo esterno l'intuitus personae del singolo operatore. Nel caso della legge in esame, si riscontrerebbe, non l'autonomia del professionista, ma, all'opposto, un vincolo ad agire secondo i compiti e le finalita', di cui agli artt. 3 e 4. Il mediatore familiare avra', al piu', un ambito di discrezionalita', propria dell'agire amministrativo, nell'ambito di obiettivi rigidamente predeterminati. Tutta l'attivita' che deve svolgere il mediatore familiare e', infine, a beneficio della collettivita' e, solo indirettamente, si riverbera sugli utenti del servizio. Da ultimo, la Regione sottolinea che anche altre Regioni hanno emanato regolamenti per disciplinare la professione di mediatore familiare. 3. - In prossimita' dell'udienza l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria illustrativa. Considerato in diritto 1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2, 3, 4 e 6 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 26 (Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare), nonche' delle disposizioni con essi inscindibilmente connesse o dipendenti, e dell'art. 1 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 27 (Modifiche alla deliberazione legislativa approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 10 dicembre 2008, concernente «Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare»), denunciandone il contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Ad avviso del ricorrente, le citate disposizioni - le quali: recano la definizione generale del ruolo e della figura professionale del mediatore familiare, quale professionista deputato a svolgere, anche su invito del giudice, un ruolo di compiuta mediazione nei procedimenti di separazione della famiglia e della coppia nell'interesse dei figli; prevedono e disciplinano la particolare figura di mediatore familiare costituita dal coordinatore per la mediazione familiare (istituito presso ogni ASL), del quale stabiliscono i compiti e le finalita', diretti da un lato a realizzare progetti di politiche efficaci a tutela della famiglia e dall'altro a costituire un punto di riferimento per i tribunali e i magistrati che si occupano di separazioni che coinvolgono figli minori; istituiscono, presso l'assessorato regionale competente in materia di politiche sociali, l'elenco regionale dei mediatori familiari e recano la analitica disciplina dei requisiti per l'accesso all'elenco stesso - si porrebbero in contrasto con il principio fondamentale in materia di regolamento delle professioni, in base al quale spetta esclusivamente allo Stato l'individuazione delle figure professionali con i relativi profili e i titoli abilitanti. 2. - La questione e' fondata. 2.1. - Con la legge n. 26 del 2008 la Regione Lazio pone una regolamentazione complessiva della mediazione familiare, individuata - secondo la definizione che ne da' l'art. 1 - come il «percorso che sostiene e facilita la riorganizzazione della relazione genitoriale nell'ambito di un procedimento di separazione della famiglia e della coppia alla quale puo' conseguire una modifica delle relazioni personali tra le parti», e si propone come obiettivi (art. 2) la tutela della «famiglia e della coppia con prole come principale nucleo di socializzazione», il sostegno alla genitorialita', il mantenimento, in caso di separazione, dell'affidamento dei figli «ad entrambi i genitori, mediante l'assunzione di accordi liberamente sottoscritti dalle parti che tengano conto della necessita' di tutelare l'interesse morale e materiale dei figli». In questo quadro, con le norme impugnate (della stessa legge n. 26 del 2008 e della coeva legge n. 27 del 2008, recante un articolo unico a modifica dell'art. 6 della legge n. 26 del 2008) la Regione: (a) individua nel mediatore familiare colui che, «sollecitato dalle parti o su invito del giudice o dei servizi sociali comunali o dei consultori o del Garante dell'infanzia e dell'adolescenza, si adopera, nella garanzia della riservatezza e in autonomia dall'ambito giudiziario, affinche' i genitori elaborino personalmente un programma di separazione soddisfacente per loro e per i figli, nel quale siano specificati i termini della cura, dell'educazione e della responsabilita' verso i figli minori»; (b) istituisce, presso ogni azienda sanitaria locale, «la figura del coordinatore per la mediazione familiare avente la qualifica di mediatore familiare», con il compito di «acquisire dati relativi alla condizione familiare attraverso indagini, studi e ricerche presso gli enti locali, i tribunali, i servizi sociali, le associazioni di volontariato, le forze dell'ordine, le scuole e i consultori», di coadiuvare la Regione «nella progettazione di politiche efficaci di tutela della vita della famiglia e della coppia e di sostegno alla genitorialita' responsabile», di «costituire un punto di riferimento prioritario per i tribunali», di avviare un dialogo con tutti coloro, compresi i magistrati, che «si occupano di situazioni di separazione "disfunzionali" che vedano il coinvolgimento di figli minori»; (c) stabilisce le finalita' del coordinatore per la mediazione familiare («rispondere alle esigenze di ascolto e di aiuto che provengono dalle famiglie e dalle coppie»; offrire un punto di riferimento «per la risoluzione dei conflitti relazionali, con particolare riferimento alle fasi della separazione, del divorzio e della cessazione della convivenza»; «raccordarsi con le istituzioni presenti sul territorio»; «garantire un supporto alla progettazione di interventi e servizi sul territorio»; «identificare le aree a rischio»; «attuare azioni positive per la promozione della pariteticita'»); (d) istituisce, «presso l'assessorato regionale competente in materia di politiche sociali, l'elenco regionale dei mediatori professionali», stabilendo che ad esso «possono iscriversi coloro che sono in possesso di laurea specialistica in discipline pedagogiche psicologiche, sociali o giuridiche nonche' di idoneo titolo universitario, quale master, specializzazione o perfezionamento, di durata biennale, di mediatore familiare oppure di specializzazione professionale conseguita a seguito della partecipazione ad un corso, riconosciuto dalla Regione Lazio, della durata minima di cinquecento ore»; «coloro che, in possesso della laurea specialistica in discipline pedagogiche psicologiche, sociali o giuridiche alla data di entrata in vigore della [...] legge, abbiano svolto per almeno due anni, nel quinquennio antecedente l'entrata in vigore della legge, attivita' di mediazione familiare da comprovare sulla base di idonea documentazione». 2.2. - L'impianto complessivo, lo scopo ed il contenuto precipuo delle disposizioni impugnate rendono palese che l'oggetto di esse deve essere ricondotto propriamente alla materia concorrente delle «professioni» (art. 117, terzo comma, Cost.). Nello scrutinio di disposizioni legislative regionali aventi ad oggetto la regolamentazione di attivita' di tipo professionale, questa Corte ha ripetutamente affermato che «la potesta' legislativa regionale nella materia concorrente delle «professioni» deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, e' riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realta' regionale. Tale principio, al di la' della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale» (sentenze n. 153 e n. 424 del 2006, n. 57 del 2007, n. 138 e n. 328 del 2009). Ha, altresi', precisato che la «istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per la iscrizione in esso hanno gia', di per se', una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale» (sentenze n. 93 del 2008, n. 138 e n. 328 del 2009). Ora, la legislazione statale, con l'art. 155-sexies del codice civile, aggiunto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, ha soltanto accennato alla attivita' di mediazione familiare, senza prevedere alcuna specifica professione, stabilendo che «qualora ne ravvisi l'opportunita', il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, puo' rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui all'art. 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli», ma, a tutt'oggi, non ha introdotto la figura professionale del mediatore familiare, ne' stabilito i requisiti per l'esercizio dell'attivita'. Le disposizioni denunciate danno una definizione della mediazione familiare, disciplinano le caratteristiche del mediatore familiare e stabiliscono gli specifici requisiti per l'esercizio dell'attivita', con la previsione di un apposito elenco e delle condizioni per la iscrizione in esso. Ma, cosi' facendo, invadono una competenza sicuramente statale. Non pare dubbio, infatti, che, attraverso la predetta disciplina, siano stati individuati i titoli abilitanti per lo svolgimento in ambito regionale della professione di mediatore familiare, in tal modo travalicando, secondo quanto dianzi precisato, gli ambiti di competenza legislativa regionale in materia di professioni. Non rileva la circostanza - sottolineata dalla difesa della resistente - che il mediatore familiare non sarebbe un professionista autonomo, ma una figura professionale, legata alla Regione, alla quale sarebbero affidati compiti e funzioni di rilievo pubblicistico. Per un verso, infatti, la competenza dello Stato ad individuare i profili professionali ed i requisiti necessari per il relativo esercizio spetta anche quando l'attivita' professionale sia destinata a svolgersi in forma di lavoro dipendente (artt. 1, comma 3, e 2, comma 3, del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30, recante «Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell'art. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131»); per l'altro, «l'individuazione di una specifica area caratterizzante la "professione" e' ininfluente ai fini della regolamentazione delle competenze derivante dall'applicazione nella materia in esame del terzo comma dell'art. 117 Cost.» (sentenza n. 40 del 2006, nonche', tra le altre, sentenze n. 355 e n. 424 del 2005). Su tali premesse, questa Corte (sentenza n. 153 del 2006) ha gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una normativa regionale che disciplinava figure professionali alle quali la Regione faceva ricorso per il funzionamento del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 3. - L'intera legge regionale n. 26 del 2008 e' inscindibilmente connessa, per il suo contenuto, con le disposizioni specificamente censurate dal ricorrente e pertanto la declaratoria di illegittimita' costituzionale deve essere estesa, in via consequenziale, anche agli artt. 1, comma 1, 2, 5, 7 e 8, non oggetto di impugnazione.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2, 3, 4 e 6 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 26 (Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare); 2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 27 (Modifiche alla deliberazione legislativa approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 10 dicembre 2008, concernente «Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare»); 3) dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale in via consequenziale degli artt. 1, comma 1, 2, 5, 7 e 8 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 26. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 aprile 2010. Il Presidente: Amirante Il redattore: Maddalena Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 15 aprile 2010. Il direttore della cancelleria: Di Paola