N. 131 SENTENZA 12 - 15 aprile 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Professioni - Norme della Regione Lazio per la tutela dei minori e la
  diffusione della cultura della mediazione familiare - Istituzione e
  disciplina delle figure professionali del mediatore familiare e del
  coordinatore per la mediazione familiare - Istituzione di un elenco
  regionale e indicazione dei titoli per  l'iscrizione  all'elenco  e
  l'esercizio  della   professione   -   Violazione   del   principio
  fondamentale che  riserva  allo  Stato  l'individuazione  di  nuove
  figure   professionali   -    Illegittimita'    costituzionale    -
  Illegittimita'  costituzionale,  in   via   consequenziale,   delle
  restanti disposizioni della legge impugnata  (legge  della  Regione
  Lazio 24 dicembre 2008, n. 26, artt. 1, comma 1, 2, 5, 7 e 8). 
- Legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 26, artt.  1,  comma
  2, 3, 4 e 6. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; legge 8 febbraio 2006, n.  54,
  art. 1, comma 2; d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30, artt. 1, comma 3, e
  2, comma 3; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27. 
Professioni - Norme della Regione Lazio per la tutela dei minori e la
  diffusione della cultura della mediazione familiare  -  Istituzione
  di un elenco regionale dei mediatori familiari  e  indicazione  dei
  titoli per l'iscrizione all'elenco e l'esercizio della  professione
  - Violazione del principio  fondamentale  che  riserva  allo  Stato
  l'individuazione di nuove  figure  professionali  -  Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008, n. 27, art. 1. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; legge 8 febbraio 2006, n.  54,
  art. 1, comma 2; d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30, artt. 1, comma 3, e
  2, comma 3. 
(GU n.16 del 21-4-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente: 
 
                              Sentenza 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
2, 3, 4 e 6 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008,  n.  26
(Norme per la tutela dei minori e la diffusione della  cultura  della
mediazione familiare) e dell'art. 1 della legge della  Regione  Lazio
24 dicembre 2008, n. 27  (Modifiche  alla  deliberazione  legislativa
approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 10 dicembre  2008,
concernente «Norme per la tutela dei minori  e  la  diffusione  della
cultura della mediazione familiare»),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il  27  febbraio  2009,
depositato in cancelleria il 5 marzo 2009 ed iscritto al  n.  18  del
registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; 
    Udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 2010 il giudice  relatore
Paolo Maddalena; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Paolo  Papanti-Pelletier  per  la
Regione Lazio. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 27 febbraio 2009 e depositato il 5
marzo 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  ha  sollevato  in  via
principale, a seguito di delibera governativa  in  data  20  febbraio
2009, questione di legittimita' costituzionale degli artt.  1,  comma
2, 3, 4 e 6 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008,  n.  26
(Norme per la tutela dei minori e la diffusione della  cultura  della
mediazione  familiare),   nonche'   delle   disposizioni   con   essi
inscindibilmente connesse o dipendenti, e  dell'art.  1  della  legge
della  Regione  Lazio  24  dicembre  2008,  n.  27  (Modifiche   alla
deliberazione legislativa approvata  dal  Consiglio  regionale  nella
seduta del 10 dicembre 2008, concernente «Norme  per  la  tutela  dei
minori e la diffusione della cultura  della  mediazione  familiare»),
affermandone  il  contrasto  con  l'art.  117,  terzo  comma,   della
Costituzione, nella parte in  cui  esso  attribuisce  allo  Stato  la
competenza legislativa riguardo ai principi fondamentali  in  materia
di professioni. 
    Riferisce il ricorrente che la legge regionale n. 26 del 2008  si
propone di disciplinare, nell'ambito della  Regione,  le  figure  del
mediatore familiare e del coordinatore per la  mediazione  familiare,
introducendo una nuova figura professionale non  altrimenti  prevista
da legge dello Stato. L'unico articolo della coeva legge regionale n.
27 del 2008 ha modificato l'art.  6  della  legge  n.  26  del  2008,
integrandone i commi 1 e 2 ed eliminando il comma 3. 
      
    Specificamente, l'art. 1, comma 2, della legge  regionale  n.  26
del 2008 reca la  definizione  generale  del  ruolo  e  della  figura
professionale del mediatore familiare; gli artt. 3 e 4, a loro volta,
prevedono e disciplinano la particolare figura di mediatore familiare
costituita dal coordinatore per la  mediazione  familiare  (istituito
presso ogni ASL), del quale stabiliscono i compiti  e  le  finalita';
l'art.  6,  infine,  istituisce,   presso   l'assessorato   regionale
competente in materia di politiche sociali,  l'elenco  regionale  dei
mediatori familiari e reca l'analitica disciplina dei  requisiti  per
l'accesso all'elenco stesso. 
    L'art. 1 della legge regionale n. 27  del  2008,  nel  modificare
l'art. 6 della legge regionale n. 26 del 2008,  ha  esteso  anche  ai
laureati in pedagogia  la  possibilita'  di  iscriversi  al  suddetto
elenco,  mentre  ha  abrogato   l'incompatibilita'   tra   mediazione
familiare ed esercizio di altre professioni o attivita' di impresa. 
    Ad avviso della difesa erariale,  le  disposizioni  impugnate  si
propongono di individuare la funzione e i compiti, anche di  supporto
ai tribunali, del mediatore  familiare  e  del  coordinatore  per  la
mediazione familiare, nonche',  previa  istituzione  di  un  apposito
elenco regionale, gli specifici titoli di cui il mediatore  familiare
deve essere in possesso per l'iscrizione all'elenco  e,  di  seguito,
per l'esercizio della professione. 
    Secondo l'Avvocatura, le norme denunciate sarebbero riconducibili
alla  materia  delle  «professioni»,  appartenente  alla   competenza
legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Il   ricorrente   ricorda   che,   secondo   la    giurisprudenza
costituzionale, spetta allo  Stato  la  determinazione  dei  principi
fondamentali  nelle  materie  di  competenza   concorrente   previste
dall'art. 117, terzo comma, Cost., mentre la  legislazione  regionale
deve svolgersi nel rispetto  di  quelli  risultanti  dalla  normativa
statale gia' in vigore; ed osserva che, in base all'art. 1, comma  3,
del  d.lgs.  2  febbraio  2006,  n.  30  (Ricognizione  dei  principi
fondamentali in materia di professioni, ai sensi  dell'art.  1  della
legge 5 giugno 2003, n. 131), la potesta'  legislativa  regionale  si
esercita relativamente alle professioni individuate e definite  dalla
normativa statale. 
    Secondo  la  difesa  erariale,  l'art.  155-sexies   cod.   civ.,
introdotto dalla legge  8  febbraio  2006,  n.  54  (Disposizioni  in
materia di separazione  dei  genitori  e  affidamento  condiviso  dei
figli),  ha  soltanto  previsto,  ma   non   istituito,   la   figura
professionale del mediatore familiare, che difatti  non  e'  definita
ne' disciplinata in alcuna legge statale. 
    La Regione - osserva l'Avvocatura - avrebbe riservato  a  se'  la
determinazione dei titoli professionali e dei  correlativi  contenuti
della professione di mediatore  familiare  e  di  coordinatore.  Cio'
emergerebbe in particolare dall'art. 6 della legge n.  26  del  2008,
che tra l'altro equipara,  ai  fini  della  idoneita'  all'iscrizione
nell'elenco di mediatore familiare, titoli  di  natura  profondamente
diversa  perche'  conseguibili  all'esito   di   percorsi   formativi
differenti e non assimilabili tra loro. Secondo la  difesa  erariale,
non potrebbero infatti porsi sullo stesso piano titoli  conseguiti  a
seguito di percorso formativo di livello universitario  specialistico
e titoli ottenuti mediante percorso formativo di  livello  inferiore,
qual e' il titolo di formazione regionale conseguito all'esito  della
frequenza  di  un  corso  della  durata  di  cinquecento  ore.   Tale
situazione  potrebbe  peraltro  ingannare  l'utenza,  inducendola   a
ritenere di  livello  universitario  un  mediatore  familiare  munito
invece del solo diploma regionale,  con  conseguente  violazione  del
principio di tutela dell'utenza, che  costituisce  uno  dei  principi
fondamentali tutelati dalle leggi statali  in  materia  di  attivita'
professionali. 
    2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si e' costituita la  Regione
Lazio, che ha concluso per l'infondatezza della questione. 
    Secondo la difesa della Regione, il ricorso muoverebbe dal  falso
presupposto che la  legge  regionale  impugnata  abbia  introdotto  e
disciplinato una nuova professione: quella del «mediatore  familiare»
e del «coordinatore per la  mediazione  familiare».  In  realta',  la
legge regionale impugnata non  avrebbe  affatto  ne'  introdotto  ne'
disciplinato una «professione», ma avrebbe  individuato  una  «figura
professionale», cioe' dotata di particolari competenze, destinata  ad
essere impiegata nell'ambito di strutture  pubbliche  ed  esercitante
funzioni pubblicistiche. 
    Secondo la difesa della Regione, la  ratio  che  ispira  l'intero
provvedimento  normativo  e'  quella   di   delineare   una   «figura
professionalep, non un «professionista» lavoratore autonomo, operante
nell'ambito della  mediazione  familiare.  Tale  diversa  prospettiva
emergerebbe   dall'analisi   delle   singole   disposizioni   e,   in
particolare, di quelle che stabiliscono i compiti e le finalita'  del
coordinatore per la mediazione  familiare:  compiti  e  finalita'  di
natura essenzialmente pubblicistica, che, come tali, non sono  e  non
possono essere attuati o perseguiti da un  professionista  lavoratore
autonomo. 
    In particolare, l'art. 1, comma 2, della legge  regionale  n.  26
del 2008 evidenzierebbe l'aspetto pubblicistico gia' nella  parte  in
cui prevede le modalita' di accesso all'opera di  tale  soggetto.  Si
prescrive  infatti  che   il   mediatore   familiare   possa   essere
«sollecitato» dalle parti a svolgere la  sua  opera.  Tale  locuzione
verbale - afferma la Regione - sarebbe indice del fatto che la  legge
prevede,  non  gia'  il  conferimento  di  un  mandato  professionale
nell'ambito di un contratto di opera professionale, bensi'  che  tale
soggetto, il quale opera all'interno di una struttura sanitaria (come
chiarito dal successivo art. 3), possa essere richiesto  dalle  parti
di intervenire per «adoperarsi» nel senso indicato  dalla  norma.  La
stessa  disposizione   prevede   che   l'intervento   del   mediatore
professionale, oltre che sollecitato dalle parti, possa  avvenire  su
invito del giudice o dei servizi sociali comunali o dei consultori  o
del Garante dell'infanzia e dell'adolescenza. 
    Anche l'art. 3 della stessa legge regionale, nel disciplinare  la
figura del coordinatore per la mediazione familiare, prevederebbe  in
realta' l'attribuzione a tale  figura  professionale  di  un  vero  e
proprio ufficio pubblico. 
    Le finalita' che il mediatore familiare e' chiamato a svolgere in
base  all'art.  4  della  legge  regionale  sarebbero   ben   lontane
dall'esercizio di una professione, ai sensi dell'art. 117 Cost. 
    Quanto all'art. 6 della legge regionale, e' bensi' vero - osserva
la Regione - che esso ha previsto un elenco regionale  dei  mediatori
familiari, ma tale elenco non puo'  considerarsi  istitutivo  di  una
professione operante a livello regionale,  perche'  mancherebbero  le
caratteristiche  proprie  di  un'attivita'  professionale  di  lavoro
autonomo. Secondo la difesa della Regione Lazio, la legge  impugnata,
pur avendo assegnato  al  mediatore  familiare  funzioni  (compiti  e
finalita') esclusivamente pubblicistiche, e pur  avendo  previsto  la
sua collocazione presso ogni azienda unita' sanitaria locale, non  ha
tuttavia  definito  il  tipo  di  rapporto  che  lega  tale  soggetto
all'ente. La legge non chiarisce infatti se il mediatore  sia  legato
alle ASL da un rapporto di pubblico impiego ovvero se egli  abbia  un
rapporto basato,  ad  esempio,  su  un  contratto  di  collaborazione
coordinata e continuativa. Queste modalita' attuative  -  precisa  la
Regione  -  saranno  chiarite  da  regolamenti  attuativi.   Intanto,
l'elenco di cui all'art. 6  assolve  essenzialmente  la  funzione  di
individuare  una   lista   di   soggetti,   dotati   di   particolari
professionalita', dalla quale poter attingere per il loro inserimento
nell'ambito delle ASL o eventualmente di  altri  enti  regionali.  Un
chiaro sintomo di cio' sarebbe dato dal fatto  che  l'opera  di  tale
figura professionale e' a carico delle finanze della Regione, come si
desume  dall'art.  8,  che  prescrive  che  le   risorse   necessarie
all'applicazione della presente legge  sono  individuate  nei  limiti
delle disponibilita' finanziarie di cui al fondo per l'attuazione del
piano socio-assistenziale regionale. 
    Dopo aver ricordato  i  caratteri  essenziali  delle  professioni
propriamente dette, alle quali si riferisce l'art. 117, terzo  comma,
Cost. ed alla cui base vi e' un contratto fra il professionista ed il
cliente, la  difesa  della  Regione  ribadisce  che  l'attivita'  del
mediatore familiare non trova la sua fonte in un contratto  di  opera
intellettuale, bensi' in un  sollecito  da  parte  degli  interessati
(cioe' in una richiesta di intervento, quale puo' rivolgersi solo  ad
una pubblica autorita') ovvero in un invito del  giudice  o  di  enti
pubblici. Si e', in ogni caso, ben lontani  dal  conferimento  di  un
mandato professionale di tipo privatistico.  Inoltre,  dal  complesso
delle norme regionali emergerebbe che il  mediatore  familiare  o  il
coordinatore per la mediazione familiare e', in realta', un  ufficio,
nel quale i singoli addetti svolgono la  loro  opera  non  in  quanto
scelti dalle parti o dal giudice  o  dalle  altre  autorita',  ma  in
quanto inseriti in un'organizzazione gerarchicamente ordinata,  nella
quale non assume rilievo  esterno  l'intuitus  personae  del  singolo
operatore. Nel caso della legge  in  esame,  si  riscontrerebbe,  non
l'autonomia del professionista, ma, all'opposto, un vincolo ad  agire
secondo i compiti e le finalita',  di  cui  agli  artt.  3  e  4.  Il
mediatore familiare avra', al piu', un  ambito  di  discrezionalita',
propria   dell'agire   amministrativo,   nell'ambito   di   obiettivi
rigidamente predeterminati. Tutta l'attivita' che  deve  svolgere  il
mediatore familiare e', infine, a beneficio  della  collettivita'  e,
solo indirettamente, si riverbera sugli utenti del servizio. 
    Da ultimo, la Regione sottolinea che anche  altre  Regioni  hanno
emanato regolamenti per  disciplinare  la  professione  di  mediatore
familiare. 
    3. - In  prossimita'  dell'udienza  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato una memoria illustrativa. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2, 3, 4
e 6 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008,  n.  26  (Norme
per la  tutela  dei  minori  e  la  diffusione  della  cultura  della
mediazione  familiare),   nonche'   delle   disposizioni   con   essi
inscindibilmente connesse o dipendenti, e  dell'art.  1  della  legge
della  Regione  Lazio  24  dicembre  2008,  n.  27  (Modifiche   alla
deliberazione legislativa approvata  dal  Consiglio  regionale  nella
seduta del 10 dicembre 2008, concernente «Norme  per  la  tutela  dei
minori e la diffusione della cultura  della  mediazione  familiare»),
denunciandone  il  contrasto  con  l'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    Ad avviso del ricorrente, le  citate  disposizioni  -  le  quali:
recano la definizione generale del ruolo e della figura professionale
del mediatore familiare, quale professionista  deputato  a  svolgere,
anche su invito del giudice, un  ruolo  di  compiuta  mediazione  nei
procedimenti  di  separazione   della   famiglia   e   della   coppia
nell'interesse dei figli; prevedono  e  disciplinano  la  particolare
figura di mediatore familiare  costituita  dal  coordinatore  per  la
mediazione  familiare  (istituito  presso  ogni   ASL),   del   quale
stabiliscono  i  compiti  e  le  finalita',  diretti  da  un  lato  a
realizzare progetti di politiche efficaci a tutela della  famiglia  e
dall'altro a costituire un punto di riferimento per i tribunali  e  i
magistrati che si  occupano  di  separazioni  che  coinvolgono  figli
minori; istituiscono, presso l'assessorato  regionale  competente  in
materia  di  politiche  sociali,  l'elenco  regionale  dei  mediatori
familiari  e  recano  la  analitica  disciplina  dei  requisiti   per
l'accesso all'elenco stesso -  si  porrebbero  in  contrasto  con  il
principio fondamentale in materia di regolamento  delle  professioni,
in base al quale spetta esclusivamente  allo  Stato  l'individuazione
delle  figure  professionali  con  i  relativi  profili  e  i  titoli
abilitanti. 
    2. - La questione e' fondata. 
    2.1. - Con la legge n. 26 del 2008  la  Regione  Lazio  pone  una
regolamentazione complessiva della mediazione familiare,  individuata
- secondo la definizione che ne da' l'art. 1 - come il «percorso  che
sostiene e facilita la riorganizzazione della  relazione  genitoriale
nell'ambito di un procedimento di separazione della famiglia e  della
coppia alla  quale  puo'  conseguire  una  modifica  delle  relazioni
personali tra le parti», e si propone  come  obiettivi  (art.  2)  la
tutela della «famiglia e  della  coppia  con  prole  come  principale
nucleo di  socializzazione»,  il  sostegno  alla  genitorialita',  il
mantenimento, in caso di separazione, dell'affidamento dei figli  «ad
entrambi i genitori, mediante  l'assunzione  di  accordi  liberamente
sottoscritti dalle  parti  che  tengano  conto  della  necessita'  di
tutelare l'interesse morale e materiale dei figli». 
    In questo quadro, con le norme impugnate (della stessa  legge  n.
26 del 2008 e della coeva legge n. 27 del 2008, recante  un  articolo
unico a modifica dell'art. 6 della legge n. 26 del 2008) la  Regione:
(a) individua nel mediatore familiare colui che,  «sollecitato  dalle
parti o su invito del giudice o dei servizi sociali  comunali  o  dei
consultori  o  del  Garante  dell'infanzia  e  dell'adolescenza,   si
adopera, nella garanzia della riservatezza e in autonomia dall'ambito
giudiziario,  affinche'  i  genitori   elaborino   personalmente   un
programma di separazione soddisfacente per loro e per  i  figli,  nel
quale siano specificati i termini della cura, dell'educazione e della
responsabilita' verso i figli minori»; (b)  istituisce,  presso  ogni
azienda  sanitaria  locale,  «la  figura  del  coordinatore  per   la
mediazione familiare avente la qualifica di mediatore familiare», con
il compito di «acquisire  dati  relativi  alla  condizione  familiare
attraverso indagini, studi e  ricerche  presso  gli  enti  locali,  i
tribunali, i servizi sociali, le  associazioni  di  volontariato,  le
forze dell'ordine, le  scuole  e  i  consultori»,  di  coadiuvare  la
Regione «nella progettazione di politiche efficaci  di  tutela  della
vita della famiglia e della coppia e di sostegno alla  genitorialita'
responsabile», di «costituire un punto di riferimento prioritario per
i tribunali», di avviare un dialogo  con  tutti  coloro,  compresi  i
magistrati,  che  «si   occupano   di   situazioni   di   separazione
"disfunzionali" che vedano il coinvolgimento di  figli  minori»;  (c)
stabilisce le finalita' del coordinatore per la mediazione  familiare
(«rispondere alle esigenze di ascolto e di aiuto che provengono dalle
famiglie e dalle coppie»; offrire un punto  di  riferimento  «per  la
risoluzione dei conflitti relazionali,  con  particolare  riferimento
alle fasi della separazione, del divorzio e  della  cessazione  della
convivenza»;   «raccordarsi   con   le   istituzioni   presenti   sul
territorio»; «garantire un supporto alla progettazione di  interventi
e servizi sul territorio»; «identificare le aree a rischio»; «attuare
azioni  positive  per  la  promozione  della   pariteticita'»);   (d)
istituisce, «presso l'assessorato regionale competente in materia  di
politiche sociali, l'elenco regionale dei  mediatori  professionali»,
stabilendo che  ad  esso  «possono  iscriversi  coloro  che  sono  in
possesso  di   laurea   specialistica   in   discipline   pedagogiche
psicologiche,  sociali  o  giuridiche  nonche'   di   idoneo   titolo
universitario, quale master, specializzazione o  perfezionamento,  di
durata biennale, di mediatore familiare  oppure  di  specializzazione
professionale conseguita a seguito della partecipazione ad un  corso,
riconosciuto dalla Regione Lazio, della durata minima di  cinquecento
ore»;  «coloro  che,  in  possesso  della  laurea  specialistica   in
discipline pedagogiche psicologiche, sociali o giuridiche  alla  data
di entrata in vigore della [...] legge, abbiano svolto per almeno due
anni, nel quinquennio antecedente l'entrata in  vigore  della  legge,
attivita' di mediazione familiare da comprovare sulla base di  idonea
documentazione». 
    2.2. - L'impianto complessivo, lo scopo ed il contenuto  precipuo
delle disposizioni impugnate rendono palese  che  l'oggetto  di  esse
deve essere ricondotto propriamente alla  materia  concorrente  delle
«professioni» (art. 117, terzo comma, Cost.). 
    Nello scrutinio di disposizioni legislative regionali  aventi  ad
oggetto la  regolamentazione  di  attivita'  di  tipo  professionale,
questa Corte ha ripetutamente affermato che «la potesta'  legislativa
regionale  nella  materia  concorrente   delle   «professioni»   deve
rispettare il principio secondo  cui  l'individuazione  delle  figure
professionali,  con  i  relativi  profili  e  titoli  abilitanti,  e'
riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato,
rientrando nella competenza delle Regioni  la  disciplina  di  quegli
aspetti che presentano uno  specifico  collegamento  con  la  realta'
regionale. Tale principio, al di la' della particolare attuazione  ad
opera di singoli  precetti  normativi,  si  configura  infatti  quale
limite  di  ordine  generale,  invalicabile  dalla  legge  regionale»
(sentenze n. 153 e n. 424 del 2006, n. 57 del 2007, n. 138 e  n.  328
del 2009). Ha, altresi', precisato che la «istituzione di un registro
professionale e la previsione delle condizioni per la  iscrizione  in
esso hanno gia',  di  per  se',  una  funzione  individuatrice  della
professione, preclusa alla competenza regionale» (sentenze n. 93  del
2008, n. 138 e n. 328 del 2009). 
    Ora, la legislazione statale, con l'art.  155-sexies  del  codice
civile, aggiunto dalla legge 8 febbraio  2006,  n.  54,  ha  soltanto
accennato alla attivita' di  mediazione  familiare,  senza  prevedere
alcuna specifica professione,  stabilendo  che  «qualora  ne  ravvisi
l'opportunita', il giudice, sentite  le  parti  e  ottenuto  il  loro
consenso, puo' rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui  all'art.
155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una
mediazione per raggiungere un accordo,  con  particolare  riferimento
alla tutela dell'interesse morale  e  materiale  dei  figli»,  ma,  a
tutt'oggi, non ha introdotto la figura  professionale  del  mediatore
familiare, ne' stabilito i requisiti per l'esercizio dell'attivita'. 
    Le disposizioni denunciate danno una definizione della mediazione
familiare, disciplinano le caratteristiche del mediatore familiare  e
stabiliscono gli specifici requisiti per l'esercizio  dell'attivita',
con la previsione di un apposito elenco e  delle  condizioni  per  la
iscrizione in  esso.  Ma,  cosi'  facendo,  invadono  una  competenza
sicuramente statale. 
    Non pare dubbio, infatti, che, attraverso la predetta disciplina,
siano stati individuati i titoli abilitanti  per  lo  svolgimento  in
ambito regionale della professione di  mediatore  familiare,  in  tal
modo travalicando, secondo quanto dianzi  precisato,  gli  ambiti  di
competenza legislativa regionale in materia di professioni. 
    Non rileva la  circostanza  -  sottolineata  dalla  difesa  della
resistente - che il mediatore familiare non sarebbe un professionista
autonomo, ma una figura  professionale,  legata  alla  Regione,  alla
quale sarebbero affidati compiti e funzioni di rilievo pubblicistico. 
    Per un verso, infatti, la competenza dello Stato ad individuare i
profili professionali  ed  i  requisiti  necessari  per  il  relativo
esercizio spetta anche quando l'attivita' professionale sia destinata
a svolgersi in forma di lavoro dipendente (artt. 1,  comma  3,  e  2,
comma 3, del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30, recante «Ricognizione dei
principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell'art. 1
della legge 5 giugno 2003, n. 131»); per  l'altro,  «l'individuazione
di una specifica area caratterizzante la "professione" e' ininfluente
ai   fini   della   regolamentazione   delle   competenze   derivante
dall'applicazione nella materia in esame del  terzo  comma  dell'art.
117 Cost.» (sentenza n. 40 del 2006, nonche', tra le altre,  sentenze
n. 355 e n. 424 del 2005). Su tali premesse, questa  Corte  (sentenza
n. 153 del 2006) ha gia' dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
di una normativa regionale che disciplinava figure professionali alle
quali la Regione faceva ricorso  per  il  funzionamento  del  sistema
integrato di interventi e servizi sociali. 
    3. - L'intera legge regionale n. 26 del 2008 e'  inscindibilmente
connessa, per il suo contenuto, con  le  disposizioni  specificamente
censurate dal ricorrente e pertanto la declaratoria di illegittimita'
costituzionale deve essere estesa, in via consequenziale, anche  agli
artt. 1, comma 1, 2, 5, 7 e 8, non oggetto di impugnazione. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
2, 3, 4 e 6 della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008,  n.  26
(Norme per la tutela dei minori e la diffusione della  cultura  della
mediazione familiare); 
    2) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008,  n.  27  (Modifiche  alla
deliberazione legislativa approvata  dal  Consiglio  regionale  nella
seduta del 10 dicembre 2008, concernente «Norme  per  la  tutela  dei
minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare»); 
    3) dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,  n.
87, l'illegittimita' costituzionale in via consequenziale degli artt.
1, comma 1, 2, 5, 7 e 8 della legge della Regione Lazio  24  dicembre
2008, n. 26. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 aprile 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Maddalena 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 15 aprile 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola