N. 156 SENTENZA 28 aprile - 6 maggio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Pagamenti   delle   pubbliche
  amministrazioni - Somme dovute da  una  Regione  commissariata  nei
  confronti di un'amministrazione  pubblica  -  Regolazione  mediante
  intervento del tesoriere con delegazione  di  pagamento  -  Ricorso
  della Regione Campania - Eccepita inammissibilita' della  questione
  per carenza di interesse attuale all'impugnazione - Reiezione. 
- Decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni,
  dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), art. 9, comma 1-bis. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma,  24,  primo  comma,  97,  primo
  comma, 117, terzo e quarto comma, e 119. 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Pagamenti   delle   pubbliche
  amministrazioni - Somme dovute da  una  Regione  commissariata  nei
  confronti di un'amministrazione  pubblica  -  Regolazione  mediante
  intervento del tesoriere con delegazione  di  pagamento  -  Ricorso
  della Regione Campania - Asserita violazione degli artt. 24,  primo
  comma, e 97, primo comma, Cost. - Censure non ridondanti in lesione
  del riparto delle competenze legislative  tra  Stato  e  Regioni  -
  Inammissibilita' delle questioni. 
- Decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni,
  dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), art. 9, comma 1-bis. 
- Costituzione, artt. 24, primo comma, e 97, primo comma. 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Pagamenti   delle   pubbliche
  amministrazioni - Somme dovute da  una  Regione  commissariata  nei
  confronti di un'amministrazione  pubblica  -  Regolazione  mediante
  intervento del tesoriere  con  delegazione  di  pagamento,  che  si
  determina automaticamente al momento del riconoscimento del  debito
  da parte dell'amministrazione debitrice, da effettuare entro trenta
  giorni dall'istanza dell'amministrazione creditrice - Previsioni di
  carattere dettagliato, concernenti le modalita' di pagamento  delle
  spese - Violazione della competenza legislativa  concorrente  delle
  Regioni nella materia  «coordinamento  della  finanza  pubblica»  -
  Illegittimita'  costituzionale  -  Assorbimento   delle   ulteriori
  censure. 
- Decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni,
  dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, art. 9, comma 1-bis. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; (artt. 3,  primo  comma,  117,
  quarto comma, e 119). 
(GU n.19 del 12-5-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1-bis,
del decreto-legge 1º luglio 2009,  n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,
nonche' proroga di termini),  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 3 agosto 2009, n. 102,  promosso  dalla  Regione  Campania  con
ricorso notificato il 3 ottobre 2009, depositato in cancelleria il  7
ottobre 2009 ed iscritto al n. 81 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella udienza  pubblica  del  13  aprile  2010  il  Giudice
relatore Sabino Cassese; 
    Uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per la  Regione  Campania  e
l'avvocato dello Stato  Gabriella  Palmieri  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - La  Regione  Campania,  con  ricorso  del  3  ottobre  2009,
depositato il 7 ottobre 2009 (reg. ric. n. 81 del 2009), ha impugnato
l'art. 9, comma 1-bis,  del  decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78
(Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga  di  termini),  convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, per  violazione
degli  artt.  3,  primo  comma,  anche   sotto   il   profilo   della
ragionevolezza, 24, primo comma, 97, primo comma, 117, terzo e quarto
comma, e 119 della Costituzione. 
    2. - La disposizione impugnata prevede che «le  somme  dovute  da
una regione commissariata ai sensi dell'articolo 1, comma 174,  della
legge 30 dicembre 2004,  n.  311,  e  successive  modificazioni,  nei
confronti di un'amministrazione pubblica di cui all'articolo 1, comma
2, del decreto legislativo  30  marzo  2001,  n.  165,  e  successive
modificazioni, sono regolate mediante intervento  del  tesoriere  con
delegazione di pagamento ai sensi degli articoli 1268 e seguenti  del
codice civile,  che  si  determina  automaticamente  al  momento  del
riconoscimento del debito da parte dell'amministrazione debitrice, da
effettuare  entro  trenta  giorni  dall'istanza  dell'amministrazione
creditrice. Decorso tale  termine  senza  contestazioni  puntuali  da
parte della pubblica amministrazione debitrice, il debito si  intende
comunque riconosciuto nei termini di cui all'istanza». 
    3. - La Regione  Campania  afferma  in  via  preliminare  di  non
ritenersi inclusa tra le Regioni destinatarie della norma  impugnata.
La Regione, infatti, rileva di essere  stata  commissariata  in  base
alla  delibera  del  Consiglio  dei  ministri  del  28  luglio  2009,
concernente la «Nomina  del  Presidente  pro  tempore  della  Regione
Campania quale commissario ad acta per il  risanamento  del  servizio
sanitario regionale, a norma dell'articolo  4  del  decreto-legge  1º
ottobre   2007,   n.   159    (Interventi    urgenti    in    materia
economico-finanziaria,  per  lo  sviluppo   e   l'equita'   sociale),
convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222», e
non, come previsto dalla norma censurata, in base all'art.  1,  comma
174, della legge 30  dicembre  2004,  n.  311  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato -  legge
finanziaria 2005). Cio' nonostante, la Regione Campania si  considera
legittimata, al pari  di  qualunque  altra  Regione,  a  proporre  il
presente   ricorso,   in   quanto   potenziale   destinataria   della
disposizione impugnata. 
    3.1. - La Regione Campania sostiene, in primo luogo, che la norma
censurata  produce   l'effetto   di   spostare   dall'amministrazione
regionale al tesoriere la  competenza  a  disporre  -  oltre  che  ad
effettuare concretamente - il pagamento delle somme di cui la Regione
risulti debitrice nei confronti di altre  pubbliche  amministrazioni.
Tale  disposizione  lederebbe   l'autonomia   finanziaria   regionale
assicurata dall'art. 119 Cost. e la potesta' legislativa  in  materia
di organizzazione dei propri procedimenti  garantita  dall'art.  117,
quarto comma, Cost., ne' potrebbe essere qualificata  come  principio
di coordinamento della finanza pubblica. 
    3.2. - Ad avviso della Regione, in secondo luogo,  risulterebbero
violati il principio di ragionevolezza e  quello  di  buon  andamento
dell'amministrazione  (art.  97,  primo  comma,  Cost.),  perche'  la
disposizione  impugnata  «discrimina  alcuni  creditori  rispetto  ad
altri» e per «l'assenza di  ragioni  giustificatrici  della  norma  e
l'evidenza del suo carattere controproducente».  Tali  violazioni  si
rifletterebbero  in  ulteriori  lesioni  delle  competenze  regionali
costituzionalmente garantite, considerato che l'autonomia finanziaria
e  l'autonomia  organizzativa  della  Regione  sono  compresse  senza
ragionevoli giustificazioni di efficienza amministrativa. 
    3.3. -  La  ricorrente,  in  terzo   luogo,   sostiene   che   la
disposizione, laddove prevede che il  riconoscimento  del  debito  da
parte della Regione  commissariata  debba  effettuarsi  entro  trenta
giorni dall'istanza della amministrazione creditrice, non avrebbe  la
natura di principio fondamentale, in  quanto  applicabile  solo  alle
Regioni commissariate e soltanto nei  rapporti  tra  amministrazioni.
Esso, quindi, lederebbe, in  modo  irragionevole  e  discriminatorio,
l'autonomia  organizzativa  della  Regione,  nonche'   «la   generale
autonomia di cui essa gode almeno al pari di tutti gli altri soggetti
dell'ordinamento, e che gode anch'essa di tutela costituzionale». 
    3.4. - La Regione, in quarto  luogo,  dubita  della  legittimita'
costituzionale del  meccanismo  di  silenzio-assenso  previsto  dalla
norma censurata per il  riconoscimento  del  debito  da  parte  della
Regione commissariata, in quanto violerebbe primariamente «il diritto
della Regione di disciplinare "il significato delle proprie azioni  e
determinazioni  amministrative",  garantito  dall'art.  117,   quarto
comma, Cost.». La norma, inoltre, lederebbe l'art.  3,  primo  comma,
Cost., comprimendo l'autonomia privata della Regione commissariata in
modo discriminatorio rispetto a tutte le altre  Regioni  e  le  altre
pubbliche   amministrazioni.   Risulterebbero   manifestamente    non
rispettati, ad avviso della Regione, anche i  principi  di  autonomia
finanziaria  di  cui  all'art.  119  Cost.  e   di   buon   andamento
dell'amministrazione di cui  all'art.  97,  primo  comma,  Cost.,  in
quanto l'amministrazione regionale sarebbe esposta al «rischio di una
enorme pluralita' di richieste di pagamento da parte di enti locali o
di altri enti, alle quali  essa  dovrebbe  far  fronte  distraendo  i
propri  uffici  dal  lavoro  ordinario,   per   non   incorrere   nel
riconoscimento  del  debito».  Il  meccanismo   di   silenzio-assenso
previsto dalla norma impugnata violerebbe, inoltre, l'art. 24,  primo
comma, Cost., precludendo alla Regione commissariata «di  far  valere
in un momento successivo l'infondatezza della pretesa creditoria». La
ricorrente sostiene, inoltre,  di  essere  pienamente  legittimata  a
ricorrere avverso tutte queste violazioni, poiche' di esse la Regione
sarebbe «vittima diretta». 
    3.5. - Secondo la Regione Campania, infine, la previsione che  il
debito possa essere  riconosciuto  ove  le  contestazioni  non  siano
puntuali finirebbe «per attribuire a chi dovrebbe applicare la  norma
- cioe' alla stesso tesoriere - il giudizio sulla sufficienza e sulla
fondatezza delle contestazioni», con  violazione  del  diritto  della
Regione alla difesa giurisdizionale (art. 24, primo comma, Cost.). 
    4. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
sostenendo l'infondatezza del ricorso. Ad avviso della  difesa  dello
Stato, la norma impugnata si colloca  nell'ambito  di  una  serie  di
disposizioni volte a garantire la tempestivita' dei  pagamenti  delle
pubbliche amministrazioni, rispondendo cosi' «alla primaria  esigenza
del  legislatore  nazionale  di  dare  attuazione  alle  disposizioni
comunitarie in materia di  ritardi  di  pagamento  nelle  transazioni
commerciali». E' al fine di  assicurare  il  raggiungimento  di  tale
obiettivo  che  la  norma  prevede,  per  le  Regioni  sottoposte   a
commissariamento, meccanismi piu' stringenti per il riconoscimento  e
la liquidazione dei crediti delle amministrazioni. Questi meccanismi,
«lungi dal comprimere l'autonomia organizzativa della  Regione  nella
gestione  dei  propri  pagamenti,   rispond[ono]   ad   esigenze   di
coordinamento della finanza pubblica  e  a  esigenze  di  tutela  dei
livelli essenziali delle prestazioni». 
    5. - Il 23 marzo 2010 la Regione Campania ha  depositato  memoria
illustrativa  di  replica  a  quanto  sostenuto  dal  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  nel  proprio  atto  di   costituzione.   La
ricorrente rileva,  innanzitutto,  che  la  norma  impugnata  risulta
estranea alle esigenze  di  attuazione  del  diritto  comunitario  in
materia di ritardi di pagamento di cui alla direttiva 2000/35/CE,  in
quanto la disposizione «attiene solo ai rapporti tra amministrazioni,
cioe' a debiti che raramente avranno il proprio titolo in transazioni
commerciali».  La  Regione  ribadisce,  poi,  che   la   disposizione
impugnata neppure puo' trovare la propria base  costituzionale  nella
competenza  statale  in  materia  di  coordinamento   della   finanza
pubblica, poiche' essa «ha carattere dettagliato,  autoapplicativo  e
non lascia alcun margine di scelta alle Regioni sugli strumenti con i
quali conseguire il (presunto) fine di  coordinamento».  Inoltre,  la
norma non sarebbe diretta a limitare una spesa della Regione o  delle
amministrazioni  pubbliche  in  generale,  bensi'  a  «prevedere  una
anomala procedura di spesa regionale, con il risultato illegittimo di
privare la Regione della capacita'  di  gestire  la  propria  spesa».
Infine, la ricorrente contesta l'invocazione della competenza statale
a determinare i livelli essenziali delle prestazioni. 
    6. - Il 23  marzo  2010  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha
depositato memoria  illustrativa,  chiedendo  che  il  ricorso  venga
dichiarato  inammissibile  e,  comunque,  non  fondato.  Quanto  alla
ammissibilita', la difesa dello Stato  rileva  che  la  Regione,  per
poter  proporre  la  questione  di  costituzionalita',  «deve  essere
titolare  dell'interesse  a  ricorrere  che  abbia  i  requisiti   di
concretezza, di attualita' e di immediatezza  e  che,  percio',  tale
interesse non possa  essere  solo  potenziale  o  solo  astrattamente
configurabile». Dalla non applicabilita' della norma  impugnata  alla
Regione Campania - attualmente  commissariata  in  base  a  procedura
diversa  da  quella  indicata  dalla   disposizione   -   deriverebbe
«l'insussistenza ab origine della materia del contendere». 
    Con riguardo al merito, la difesa dello Stato  ribadisce  che  la
norma censurata va ricondotta nell'ambito di una serie articolata  di
disposizioni dirette a garantire la tempestivita' dei pagamenti delle
amministrazioni pubbliche, «al fine di ridurre i  possibili  oneri  a
carico delle imprese e sanare i debiti pregressi  attraverso  l'avvio
di un processo di liquidazione dei residui cumulati nel passato».  La
disposizione impugnata, pertanto,  oltre  ad  attuare  le  previsioni
comunitarie di cui  alla  direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio relativa alla lotta contro i  ritardi  di  pagamento  nelle
transazioni commerciali del 29 giugno 2000,  2000/35/CE,  rappresenta
un «principio fondamentale di coordinamento della finanza  pubblica».
A tal fine, sostiene l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la  norma
doveva  necessariamente  prevedere,  per  le  Regioni  commissariate,
«meccanismi  piu'  incisivi»  che,  data  la  particolare  situazione
finanziaria di tali enti, garantissero una tempestiva riscossione dei
crediti da parte delle altre amministrazioni, «anche  allo  scopo  di
assicurare   il   regolare   funzionamento   dei   servizi   pubblici
essenziali». La norma sarebbe  inoltre  circoscritta  entro  confini,
anche  temporalmente,  delineati,   vista   la   correlazione   della
disposizione  alla  circostanza,   e   percio'   alla   durata,   del
commissariamento previsto per il risanamento del servizio sanitario. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Regione Campania ha promosso, in relazione agli artt.  3,
primo comma, anche sotto il profilo della ragionevolezza,  24,  primo
comma, 97, primo comma, 117,  terzo  e  quarto  comma,  e  119  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  9,
comma 1-bis, del decreto-legge 1º luglio 2009, n.  78  (Provvedimenti
anticrisi,   nonche'   proroga   di   termini),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. 
    Ad avviso della Regione Campania, la norma impugnata  violerebbe,
innanzitutto, l'art. 117, terzo e  quarto  comma,  Cost.,  in  quanto
travalicherebbe le competenze dello Stato nello stabilire i  principi
fondamentali in materia di coordinamento  della  finanza  pubblica  e
lederebbe  la  potesta'  legislativa  esclusiva  delle   Regioni   di
organizzare i propri procedimenti. La disposizione  violerebbe  anche
l'autonomia finanziaria regionale in materia sia di  entrate  che  di
spesa garantita  dall'art.  119  Cost.  La  norma,  inoltre,  sarebbe
contraria all'art. 3, primo comma, Cost., sia sotto il profilo  della
ragionevolezza, per «l'assenza di  ragioni  giustificatrici  [...]  e
l'evidenza del suo carattere controproducente», sia sotto il  profilo
dell'uguaglianza, perche' discriminerebbe  le  Regioni  commissariate
rispetto  alle  altre  Regioni  e   pubbliche   amministrazioni   nel
riconoscimento dei propri debiti verso altre amministrazioni. Sarebbe
leso, poi, l'art. 24, primo comma, Cost., in riferimento  al  diritto
delle  Regioni  commissariate  a  far  valere  in   via   giudiziaria
l'infondatezza della pretesa creditoria vantata nei loro confronti da
altre amministrazioni e in quanto la disposizione impugnata di  fatto
attribuisce «a chi dovrebbe applicare la norma -  cioe'  allo  stesso
tesoriere - il giudizio sulla sufficienza e  sulla  fondatezza  delle
contestazioni». Vi sarebbe,  infine,  una  violazione  dell'art.  97,
primo comma, Cost., poiche' la  norma  minerebbe  il  buon  andamento
delle Regioni commissariate. 
    2. -  Preliminarmente  deve  essere  esaminata   l'eccezione   di
inammissibilita' del  ricorso  per  carenza  di  interesse  sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato, ad avviso della quale la  norma
censurata non si applicherebbe alla  Regione  Campania.  La  Regione,
infatti, e' attualmente commissariata  in  base  a  una  disposizione
(articolo 4 del decreto-legge 1º ottobre 2007, n.  159  -  Interventi
urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equita'
sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,
n. 222) diversa da quella richiamata dalla norma impugnata  (articolo
1,  comma  174,  della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2005»). 
    3. - L'eccezione non e' fondata. 
    Come piu' volte  ribadito  da  questa  Corte,  «le  questioni  di
legittimita' costituzionale delle leggi devono  essere  proposte,  in
via principale, entro il termine di decadenza fissato  dall'art.  127
Cost.; dal che discende che la  lesione  della  sfera  di  competenza
lamentata dalla ricorrente presuppone la sola esistenza  della  legge
oggetto di censura, a prescindere dal  fatto  che  essa  abbia  avuto
concreta attuazione, ed essendo sufficiente che essa  sia,  ancorche'
non immediatamente, applicabile» (sentenze n. 141 del 2010 e  n.  133
del  2006).  L'interesse   della   ricorrente,   pertanto,   sussiste
indipendentemente dal fatto che la norma impugnata abbia avuto o meno
applicazione nella Regione  Campania.  E  cio'  a  prescindere  dalla
circostanza che  le  due  previsioni  legislative  -  quella  di  cui
all'art. 1, comma 174, della legge n. 311 del  2004,  indicata  dalla
disposizione censurata, e quella di cui all'art. 4 della legge n. 159
del 2007, in base al quale la Regione Campania e' stata commissariata
nel luglio 2009 - non  solo  si  sovrappongono,  senza  escludersi  a
vicenda, ma costituiscono un corpo unico. Se cosi' non fosse, non  si
spiegherebbe perche' la disposizione  impugnata  si  sia  limitata  a
richiamare la legge n. 311 del 2004 e successive modificazioni, senza
riferirsi espressamente anche alla norma del 2007. 
    4. - Sono, invece, inammissibili le censure prospettate in merito
agli artt. 24, primo comma, e 97, primo comma, Cost., trattandosi  di
parametri non invocabili nel giudizio  di  costituzionalita'  in  via
principale promosso da una Regione  perche',  nella  fattispecie,  le
violazioni  lamentate  non  comportano   una   compromissione   delle
attribuzioni regionali costituzionalmente  garantite,  ne'  ridondano
sul riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni (ex multis,
sentenza n. 52 del 2010). 
    5. - Nel merito, la questione e' fondata. 
    5.1. - La disposizione impugnata riguarda il pagamento  di  somme
da parte di pubbliche amministrazioni, vale  a  dire  l'ultima  delle
quattro  fasi  generalmente  previste  per  la  procedura  di   spesa
(impegno, liquidazione, ordinazione, pagamento). La norma,  pertanto,
deve essere inquadrata nell'ambito del bilancio e della  contabilita'
delle Regioni, riconducibile alla materia «armonizzazione dei bilanci
pubblici e  coordinamento  della  finanza  pubblica»,  di  competenza
concorrente tra Stato e Regioni ai sensi dell'art. 117, terzo  comma,
Cost. 
    In tale settore,  la  legislazione  statale  di  principio  sulla
contabilita' regionale e' stata dettata con il decreto legislativo 28
marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento  in
materia di bilancio e di contabilita' delle  regioni,  in  attuazione
dell'articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999,  n.  208),  che
agli artt. 18 e 19 regola gli impegni  e  il  pagamento  delle  spese
pubbliche, limitandosi a stabilire che gli impegni e i pagamenti  non
eccedano i  rispettivi  stanziamenti  di  bilancio.  Le  disposizioni
statali hanno trovato attuazione,  nella  Regione  Campania,  con  la
legge regionale 30 aprile 2002, n.  7  (Ordinamento  contabile  della
Regione Campania articolo 34, comma 1, d.lgs. 28 marzo 2000, n.  76).
In particolare, gli  artt.  34  e  seguenti  di  tale  legge  dettano
puntuali  previsioni  sulla  liquidazione,  sull'ordinazione  e   sul
pagamento delle spese da parte  dell'amministrazione  regionale,  con
specifico riguardo alla verifica della  esigibilita'  dei  crediti  e
alla successiva ordinazione delle spese impartita al tesoriere. 
    5.2. - Secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  le  norme
statali recanti principi fondamentali di coordinamento della  finanza
pubblica possono «porre obiettivi di  riequilibrio  della  medesima»,
non debbono prevedere «in modo esaustivo strumenti o modalita' per il
perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenze n. 284 e n.  237  del
2009) e debbono lasciare alle Regioni «la possibilita'  di  scegliere
in un ventaglio di strumenti concreti da utilizzare  per  raggiungere
quegli obiettivi» (sentenze n. 341 e n. 237 del 2009). 
    5.3. - La disposizione impugnata, invece, non detta principi,  ma
prevede modalita' di pagamento delle spese dettagliate sia  sotto  il
profilo  organizzativo,  sia  sotto   l'aspetto   procedurale.   Essa
trasforma il tesoriere  in  ordinatore  del  pagamento,  modifica  la
sequenza delle fasi del procedimento di spesa e inserisce  in  questa
un atto dell'amministrazione  creditrice:  regola,  quindi,  in  modo
esaustivo  l'intera  procedura,  determinando  sia   obiettivi,   sia
strumenti, senza lasciare alcuna scelta alla Regione. Ne discende  la
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    6. -  Ne'  puo'  affermarsi,  come  sostenuto  dalla   Avvocatura
generale dello Stato, che la norma censurata sia rivolta  ad  attuare
la direttiva del Parlamento europeo e del  Consiglio  del  29  giugno
2000, 2000/35/CE, recepita con il decreto legislativo 9 ottobre 2002,
n. 231 (Attuazione della direttiva  2000/35/CE  relativa  alla  lotta
contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali). 
    La norma impugnata  disciplina,  infatti,  rapporti  tra  Regioni
commissariate  e  amministrazioni  pubbliche,  mentre  la   direttiva
2000/35/CE  riguarda  le  «transazioni   commerciali»,   riferite   a
contratti tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni,
in cui almeno una delle due parti sia un soggetto privato. 
    Nel  rendere  piu'  celeri  i   pagamenti   tra   amministrazioni
pubbliche, la disposizione  stessa,  inoltre,  sottrae  alle  Regioni
commissariate risorse finanziarie potenzialmente destinate a soggetti
privati,  con  esito  opposto  a  quello  indicato  dalla   direttiva
comunitaria e rendendo, quindi, la norma anche irragionevole. 
    La  disposizione  censurata,  infine,   prevedendo   l'intervento
diretto del tesoriere, introduce un meccanismo non contemplato  dalla
direttiva 2000/35/CE. Questa individua,  quali  strumenti  diretti  a
contrastare i casi di  ritardo  di  pagamento,  gli  interessi  e  la
riserva di proprieta'. 
    7. - Restano assorbiti gli ulteriori profili di  censura  dedotti
dalla ricorrente. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  9,   comma
1-bis,  del  decreto-legge  1º  luglio  2009,  n.  78  (Provvedimenti
anticrisi,   nonche'   proroga   di   termini),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 1-bis, del  suddetto  decreto-legge
n. 78 del 2009, promosse dalla Regione Campania, in riferimento  agli
artt. 24, primo comma, e 97,  primo  comma,  Cost.,  con  il  ricorso
indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 aprile 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                        Il redattore: Cassese 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 6 maggio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola