N. 193 SENTENZA 26 maggio - 4 giugno 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Norme della Regione Piemonte - Aree protette  classificate
  come zone naturali di salvaguardia - Previsione  dell'esercizio  di
  attivita' venatoria - Contrasto con la normativa  statale,  che  in
  dette aree pone il divieto di esercizio di tale attivita' a  tutela
  della fauna selvatica - Violazione della competenza esclusiva dello
  Stato nella materia  «tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»  -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Piemonte 29 giugno 2009, n. 19, artt. 5,  comma
  1, lett. c), e 8, comma 4. 
- Cost. art. 117, secondo comma, lett. s); legge 6 dicembre 1991,  n.
  394, art. 22, comma 6. 
Beni culturali - Norme della Regione Piemonte  -  Parchi  naturali  -
  Affidamento  ai  soggetti  gestori  dei   compiti   di   tutela   e
  valorizzazione del patrimonio storico-culturale e architettonico  -
  Contrasto  con  la  normativa  statale   che   prevede   forme   di
  cooperazione e  di  intesa  con  lo  Stato  per  l'esercizio  della
  funzione regionale di tutela del patrimonio culturale -  Violazione
  della competenza esclusiva statale nella materia «tutela  dei  beni
  culturali» - Illegittimita' costituzionale parziale. 
- Legge della Regione Piemonte 29 giugno 2009, n. 19, art.  7,  comma
  2, lett. a), n. 3. 
- Cost. artt. 117, commi secondo, lett. s), e terzo, e 118; legge  22
  gennaio 2004, n. 42, artt. 4 e 5. 
Beni culturali - Norme della  Regione  Piemonte  -  Aree  protette  -
  Affidamento ai gestori delle  «riserve  speciali»  dei  compiti  di
  tutela  e  valorizzazione  del  patrimonio  archeologico,  storico,
  artistico o culturale - Contrasto  con  la  normativa  statale  che
  prevede forme  di  cooperazione  e  di  intesa  con  lo  Stato  per
  l'esercizio della  funzione  regionale  di  tutela  del  patrimonio
  culturale - Violazione della  competenza  esclusiva  statale  nella
  materia «tutela dei beni culturali» - Illegittimita' costituzionale
  parziale. 
- Legge della Regione Piemonte 29 giugno 2009, n. 19, art.  7,  comma
  2, lett. d), n. 1. 
- Cost. artt. 117, commi secondo, lett. s), e terzo, e 118; legge  22
  gennaio 2004, n. 42, artt. 4 e 5. 
Beni culturali - Norme della Regione Piemonte  -  Parchi  naturali  -
  Attribuzione  ai  soggetti  gestori,  del  compito  di  «garantire,
  attraverso un processo  di  pianificazione  di  area,  l'equilibrio
  urbanistico-territoriale    ed    il    recupero     dei     valori
  paesaggistico-ambientali» - Contrasto con la normativa statale  che
  prevede forme di cooperazione e di  intesa  con  lo  Stato  per  la
  definizione di indirizzi e criteri riguardanti attivita' di tutela,
  pianificazione e recupero dei beni paesaggistici - Violazione della
  competenza  esclusiva  statale  nella  materia  «tutela  dei   beni
  culturali» - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Piemonte 29 giugno 2009, n. 19, art.  7,  comma
  2, lett. a), n. 4. 
- Cost. artt. 117, commi secondo, lett. s), e terzo, e 118; legge  22
  gennaio 2004, n. 42, art. 133. 
Paesaggio - Norme della Regione Piemonte - Aree naturali  protette  -
  Redazione, ad opera dei soggetti  gestori,  dei  piani  d'area  con
  valore di piano  territoriale  regionale  sostitutivo  delle  norme
  difformi dei piani territoriali o urbanistici di qualsiasi  livello
  - Contrasto con la normativa  statale  che  pone  il  principio  di
  prevalenza del piano paesaggistico sugli atti di pianificazione  ad
  incidenza territoriale - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Piemonte 29 giugno 2009, n. 19, art. 26,  comma
  1. 
- Cost. art. 117, commi secondo, lett. s), e terzo; legge 22  gennaio
  2004, n. 42, art. 145. 
Paesaggio - Norme della Regione Piemonte - Aree naturali  protette  -
  Adozione, ad opera dei soggetti gestori, di piani  naturalistici  e
  di gestione vincolanti ad ogni livello - Contrasto con la normativa
  statale che pone il principio di prevalenza del piano paesaggistico
  sugli  atti  di  pianificazione   ad   incidenza   territoriale   -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Piemonte 29 giugno 2009, n. 19, art. 27,  comma
  3. 
- Cost. art. 117, commi secondo, lett. s), e terzo; legge 22  gennaio
  2004, n. 42, art. 145. 
Ambiente - Norme della Regione  Piemonte  -  Rete  ecologica  europea
  «Rete Natura 2000» - Previsione di misure di mitigazione in caso di
  incidenza  negativa  degli  interventi  -  Ricorso  del  Governo  -
  Asserito contrasto con la normativa statale che pone  l'obbligo  di
  adottare misure di  compensazione  e  non  di  sola  mitigazione  -
  Conseguente ritenuta violazione della competenza esclusiva  statale
  nella materia «tutela dell'ambiente» - Esclusione - Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge della Regione Piemonte 29 giugno 2009,  n.  19,  titolo  III,
  allegato B (artt. 39, comma 2 e 44, comma 2). 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s); d.P.R. 8 settembre
  1997, n. 357, art. 5. 
(GU n.23 del 9-6-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 5,  comma  1,
lettera c), 7, comma 2, lettera a), n. 3 e n. 4, e lettera d), n.  1,
8, comma 4, 26, comma 1, 27, comma 3, e dell'allegato B  della  legge
della Regione Piemonte 29 giugno  2009,  n.  19  (Testo  unico  sulla
tutela delle aree  naturali  e  della  biodiversita'),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  28
agosto - 1° settembre 2009, depositato in cancelleria il 4  settembre
2009 ed iscritto al n. 57 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  27  aprile  2010  il  Giudice
relatore Paolo Maddalena; 
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Giovanna  Scollo
per la Regione Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 28 agosto  2009  e  depositato  il
successivo 4 settembre, il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha
proposto, in via principale, questione di legittimita' costituzionale
degli artt. 5, comma 1, lettera c), 7, comma 2, lettera a), n. 3 e n.
4, e lettera d), n. 1, 8, comma 4,  26,  comma  1,  27,  comma  3,  e
dell'allegato B della legge della Regione Piemonte 29  giugno,  2009,
n.  19  (Testo  unico  sulla  tutela  delle  aree  naturali  e  della
biodiversita'). 
    2. - L'art. 5 della legge della Regione Piemonte n. 19  del  2009
individua quattro categorie di aree protette  a  gestione  regionale,
provinciale  e  locale:  parchi  naturali,  riserve  naturali,   zone
naturali di salvaguardia e riserve speciali. 
    Il comma 1, lettera c), del medesimo art. 5 specifica  che  nelle
zone naturali di  salvaguardia  il  regime  d'uso  e  di  tutela  non
condiziona l'attivita' venatoria e che esse  sono  caratterizzate  da
elementi di interesse ambientale o costituenti graduale raccordo  tra
il regime d'uso e di tutela delle altre  tipologie  di  aree  facenti
parte della rete ecologica regionale ed i territori circostanti. 
    Il successivo art. 8, comma 4, dispone che  nelle  predette  zone
naturali di salvaguardia si applicano i divieti nelle  aree  protette
classificate come parco naturale o riserva naturale, ad eccezione dei
divieti di attivita' venatoria, di introduzione ed utilizzo di armi o
mezzi di cattura, di sorvolo a bassa quota di velivoli. 
    Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rilevato  che  dal
combinato  disposto  di  tali  due  ultime  disposizioni  emerge  che
l'attivita'  venatoria  e'  consentita   nelle   zone   naturali   di
salvaguardia, lamenta la violazione della competenza esclusiva  dello
Stato in materia di tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema  di  cui
all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  in
relazione all'art. 22, comma 6, della legge 6 dicembre 1991,  n.  394
(Legge quadro sulle aree protette), il quale prevede, invece, che nei
parchi  naturali  regionali  e  nelle  riserve   naturali   regionali
l'attivita' venatoria e' vietata salvo eventuali prelievi  faunistici
ed  abbattimenti  selettivi  necessari   per   ricomporre   squilibri
ecologici. 
    2.1. -  L'art. 7, comma 2, della legge della Regione Piemonte  n.
19 del 2009 individua le finalita' perseguite  dai  soggetti  gestori
delle aree protette, prevedendo, in particolare: 
        che i soggetti gestori dei parchi  naturali  perseguono,  tra
gli altri fini,  quello  di  tutelare  e  valorizzare  il  patrimonio
storico-culturale e architettonico (art. 7, comma 2, lettera  a),  n.
3) e quello di garantire, attraverso un processo di pianificazione di
area, l'equilibrio urbanistico-territoriale ed il recupero dei valori
paesaggistico-ambientali (art. 7, comma 2, lettera a), n. 4); 
        che i soggetti gestori delle riserve speciali perseguono, tra
gli  altri  fini,  quello  di  tutelare,  gestire  e  valorizzare  il
patrimonio archeologico, storico, artistico o  culturale  oggetto  di
protezione (art. 7, comma 2, lettera d), n. 1). 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  sostiene  che   la
finalita'   di   tutelare   il   patrimonio    storico-culturale    e
architettonico attribuita al  soggetto  gestore  del  parco  naturale
dall'art. 7, comma 2, lettera a), n. 3,  della  legge  della  Regione
Piemonte n. 19 del 2009 sarebbe in contrasto con  gli  artt.  4  e  5
(soprattutto commi 6 e  7)  e  con  l'intera  parte  II  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6  luglio  2002,  n.
137), che attribuisce allo Stato le funzioni di tutela in materia  di
patrimonio culturale,  e  ritiene,  conseguentemente,  che  sarebbero
violati gli artt. 117, secondo comma, lettera s), e  terzo  comma,  e
118 Cost., dato che la richiamata  disciplina  del  Codice  dei  beni
culturali  costituirebbe  una  «norma  interposta»   in   riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  ed  esprimerebbe  un
«principio fondamentale» ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Il ricorrente sostiene, poi, che la  finalita'  di  garantire  il
recupero dei valori paesaggistico-ambientali attribuita  al  soggetto
gestore del parco naturale dall'art. 7, comma 2, lettera  a),  n.  4,
della medesima legge regionale  sarebbe  in  contrasto  con  l'intera
parte III del d.lgs. n. 42 del 2004 ed, in specie,  con  l'art.  133,
che assegnerebbe la funzione di  recupero  dei  valori  paesaggistici
alla   pianificazione    congiunta    Stato-Regione,    e    ritiene,
conseguentemente, che sarebbero violati gli artt. 117, secondo comma,
lettera s), e terzo comma,  e  118  Cost.,  dato  che  la  richiamata
disciplina del Codice dei beni  culturali  costituirebbe  una  «norma
interposta» in riferimento all'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost. ed esprimerebbe un «principio fondamentale» ai sensi  dell'art.
117, terzo comma, Cost. 
    Il ricorrente assume, infine, che anche la finalita'  di  tutela,
gestione, valorizzazione del patrimonio  archeologico  attribuita  al
soggetto gestore della zona speciale dall'art. 7,  comma  2,  lettera
d), n. 1, della medesima legge regionale sarebbe in contrasto con gli
artt. 117, secondo comma, lettera s), e terzo  comma,  e  118  Cost.,
dato che queste competenze sarebbero riservate  alle  Amministrazioni
dello Stato e dato che non sarebbe ancora intervenuta  nessuna  legge
statale a prevedere in materia forme di intesa  e  coordinamento  tra
Stato e Regioni ai sensi dell'art. 118, terzo comma, Cost. 
    2.2. - L'art. 26 della legge della Regione  Piemonte  n.  19  del
2009 prevede che per le aree  naturali  protette  classificate  parco
naturale o zona naturale di salvaguardia e' redatto un piano di  area
che ha valore di piano territoriale regionale e sostituisce le  norme
difformi dei piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello. 
    Il successivo art. 27 della medesima legge prevede  che  i  piani
naturalistici hanno valore di piano di gestione dell'area protetta  e
che le norme in esse contenute sono vincolanti ad ogni livello. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene che queste  due
ultime disposizioni sarebbero in contrasto con l'art. 145 del  d.lgs.
n. 42 del 2004 - che stabilisce il  principio  della  prevalenza  del
piano  paesaggistico  sulle  disposizioni  contenute  negli  atti  di
pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative  di
settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle  aree  naturali
protette - e,  conseguentemente,  che  violerebbero  gli  artt.  117,
secondo comma,  lettera  s),  e  terzo  comma,  Cost.,  dato  che  la
richiamata disciplina del Codice dei  beni  culturali,  costituirebbe
una «norma interposta» in riferimento all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., ed esprimerebbe  un  «principio  fondamentale»  ai
sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Per  la  difesa  erariale  le  disposizioni  impugnate  sarebbero
analoghe a quella dell'art. 12, comma 2, della  legge  della  Regione
Piemonte  19  febbraio  2007,  n.  3,  giudicata   costituzionalmente
illegittima dalla sentenza n. 180 del 2008 di questa Corte, in quanto
alterava l'ordine di prevalenza che la normativa statale  ha  fissato
tra gli strumenti di pianificazione paesaggistica. 
    2.3. - L'allegato B della legge della Regione Piemonte n. 19  del
2009 specifica le  fasi  della  valutazione  di  incidenza,  prevista
dall'art. 5 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  8  agosto
1997,  n.  357  (Regolamento  recante  attuazione   della   direttiva
92/43/CEE  relativa  alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e
seminaturali, nonche' della flora  e  della  fauna  selvatiche),  dei
progetti o dei piani su siti rientranti nella rete ecologica  europea
Natura 2000. 
    Secondo l'impugnato allegato B, tale valutazione si  articola  su
quattro  livelli  (I  livello:  screening;  II  livello:  valutazione
appropriata; III livello: valutazione delle soluzioni alternative; IV
livello: valutazione in caso di assenza di soluzioni  alternative  in
cui permane l'incidenza negativa). 
    In  particolare,  al  II  livello  (valutazione  appropriata)  si
prescrive la «[c]onsiderazione dell'incidenza del  progetto  o  piano
sull'integrita' del sito Natura 2000, singolarmente o  congiuntamente
ad altri piani o progetti, tenendo conto della struttura  e  funzione
del sito, nonche' dei suoi obiettivi di conservazione» e  «[i]n  caso
di incidenza negativa, si  aggiunge  anche  la  determinazione  delle
possibilita' di mitigazione». 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  sostiene  che  l'ultima
parte di questa disposizione sarebbe in contrasto con  l'art.  5  del
d.P.R.  n.  357  del  1997,  per  il  quale,  qualora  nonostante  le
conclusioni negative della valutazione di incidenza sul  sito  ed  in
mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o  l'intervento
debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante  interesse
pubblico,  inclusi  motivi  di  natura  sociale  ed   economica,   le
amministrazioni  competenti   adottano   ogni   misura   compensativa
necessaria. Conseguentemente  sarebbe  violato  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. 
    Per la difesa erariale, in caso  di  conclusione  negativa  della
valutazione  di  incidenza  sussisterebbe,  infatti,   l'obbligo   di
adottare misure di compensazione e non mere  misure  di  mitigazione,
quali quelle previste dalla disciplina regionale, le quali sarebbero,
invece, previste in caso di conclusione positiva della valutazione di
incidenza. 
    3. - La Regione Piemonte si e' costituita con una  memoria  nella
quale sostiene l'infondatezza del ricorso. 
    3.1. - Per quanto attiene alla censura degli artt.  5,  comma  1,
lettera c), e 8, comma 4, della legge della Regione  Piemonte  n.  19
del  2009,  la  difesa  regionale   sostiene   l'infondatezza   della
questione,  rilevando  che  la  disciplina  nazionale  invocata   dal
ricorrente  (art.  22,  comma  6,  legge  n.  394  del  1991)   vieta
(esattamente  come  la  stessa  legge  regionale  n.  19  del   2009)
l'attivita' venatoria nei parchi naturali e  nelle  riserve  naturali
regionali,  ma  non  la  vieta  affatto  nelle   zone   naturali   di
salvaguardia.  Zone,  queste  ultime,  sconosciute  alla   disciplina
nazionale, non riconducibili ne' ai parchi ne' alle riserve  naturali
regionali ed introdotte dal  legislatore  regionale,  quali  aree  di
graduale  raccordo  tra  la  rete  ecologica  regionale  e  le   aree
circostanti. 
    3.2. - Per quanto attiene alla censura degli artt.  7,  comma  2,
lettera a), n. 3 e n. 4, e 7, comma 2, e  lettera  d),  n.  1,  della
legge della Regione Piemonte n.  19  del  2009  la  difesa  regionale
sostiene che «la condivisione ed il rispetto di finalita' di  tutela,
definite in primis dalla legge statale», non potrebbe in  alcun  modo
essere intesa «come forma di prevaricazione  delle  competenze  dello
Stato». 
    In riferimento ai mancati accordi lamentati dal ricorrente per la
tutela,  gestione  e  valorizzazione  del  patrimonio   archeologico,
storico o culturale, la difesa regionale rileva, poi,  che  l'art.  5
della legge n. 394 del 1991 prevede quale principio  fondamentale  la
partecipazione degli enti locali nell'istituzione  e  nella  gestione
delle aree protette ed un utilizzo del territorio compatibile con  la
speciale destinazione dell'area e che l'art. 5 del d.lgs. n.  42  del
2004 prevede la cooperazione delle Regioni e  degli  enti  locali  in
materia di tutela del patrimonio culturale, nonche' il concorso delle
Regioni nel sostenere la conservazione del patrimonio culturale e nel
favorirne la pubblica fruizione e valorizzazione. La difesa regionale
osserva, inoltre, che sette dei nove siti individuati  quali  riserve
speciali  sarebbero  «Sacri  Monti»,  disciplinati  dalla  legge   20
febbraio 2006, n. 77 (Misure speciali di tutela e fruizione dei  siti
italiani di interesse culturale, paesaggistico, ambientale,  inseriti
nella  lista  del  patrimonio  mondiale,  posti   sotto   la   tutela
dell'UNESCO), in ordine ai quali, sin  dal  2003,  lo  Stato  avrebbe
riconosciuto un ruolo alla  Regione,  mentre  negli  altri  due  siti
classificati  riserve  speciali  (La   Bessa   e   la   Benevagienna)
insisterebbero  da  decenni  vincoli  di  tutela   ministeriale   per
rilevanti reperti archeologici  di  epoca  romana.  Conseguentemente,
qualsiasi  intervento  regionale  di  conservazione  in  queste  aree
sarebbe preventivamente sottoposto al giudizio ed alla autorizzazione
degli organismi statali preposti alla  tutela.  La  legge  regionale,
pertanto,  non  prefigurerebbe  una  autonoma  competenza   regionale
finalizzata alla tutela dei beni storico-culturali, ma  al  contrario
traccerebbe il percorso per  garantire  una  concomitante  azione  di
salvaguardia e valorizzazione degli stessi. 
    3.3. - Per quanto attiene alla censura degli artt. 26 e 27  della
legge della Regione Piemonte n. 19  del  2009,  la  difesa  regionale
sostiene  che  il  ricorso  si   fonderebbe   su   di   una   erronea
interpretazione delle disposizioni censurate. La sovraordinazione del
piano  d'area  dei  parchi  naturali  e  delle   zone   naturali   di
salvaguardia, avente valore di piano territoriale regionale, su tutte
le norme difformi dei piani territoriali ed urbanistici (art.  26)  e
la vincolativita' ad ogni livello  del  piano  naturalistico,  avente
valore di  piano  gestionale  dell'area  protetta,  non  negherebbero
affatto la  prevalenza  del  piano  paesaggistico  su  ogni  atto  di
pianificazione ad incidenza territoriale diciplinato dalla  normative
di settore prevista dall'art. 145 del  d.lgs.  n.  42  del  2004,  ma
andrebbero, piuttosto, intese nel senso  della  prevalenza  di  detti
piani (soltanto)  sugli  altri  strumenti  di  pianificazione  locale
riconducibili alla materia regionale del governo del territorio. 
    Non  vi  sarebbe,  poi,  alcuna  analogia  tra  le   disposizioni
attualmente impugnate e quella oggetto della sentenza n. 180 del 2008
di questa Corte, atteso che le attuali  disposizioni  non  confondono
(come invece faceva l'art. 12, comma 2,  della  legge  della  Regione
Piemonte n. 3 del  2007)  la  pianificazione  territoriale  e  quella
paesaggistica,   ma   le   tengono   rigorosamente   separate,    pur
nell'impronta unitaria della pianificazione  paesaggistica  affermata
dalla predetta sentenza n. 180 del 2008. 
    A dimostrazione di questa sua tesi, la Regione Piemonte  richiama
il piano paesaggistico regionale (d'ora in poi: Ppr) approvato  il  4
agosto 2009, il quale, dopo avere riconosciuto (art. 2)  i  contenuti
dei piani d'area, dei piani paesaggistici o  territoriali  a  valenza
paesaggistica regionali e provinciali preesistenti, prevede (art.  2,
comma 5) che questi devono essere sottoposti a verifica congiunta con
il Ministero entro dodici mesi dalla approvazione del Ppr al fine  di
un loro adeguamento o  di  riconoscerne  la  natura  attuativa  delle
previsioni del Ppr, e prevede (art. 46) che i soggetti gestori  delle
aree  naturali  protette  devono  conformare  o  adeguare  i   propri
strumenti di pianificazione territoriale alle norme del Ppr entro  24
mesi dalla sua approvazione. 
    3.4. - Anche per quanto  attiene  alla  censura  dell'allegato  B
della legge  della  Regione  Piemonte  n.  19  del  2009,  la  difesa
regionale sostiene che il ricorso si fonderebbe  su  di  una  erronea
interpretazione delle disposizioni censurate ed, in  particolare,  su
di una confusione in ordine ai diversi momenti  del  procedimento  in
cui intervengono la valutazione delle misure di mitigazione e  quella
delle misure di compensazione,  nonche'  in  ordine  alle  differenti
funzioni di tali due tipologie di misure. 
    La difesa regionale specifica, al  riguardo,  che  la  disciplina
contestata (nonche' la  terminologia  utilizzata)  sarebbe  meramente
recettiva di quella  presente  nella  pubblicazione  «Valutazione  di
piani e progetti aventi un incidenza  significativa  sui  siti  della
rete Natura 2000. Guida metodologica alle disposizioni  dell'articolo
6, paragrafi 3 e 4 della direttiva Habitat 92/43/CEE», redatta  dalla
Oxford Brookers University per conto della Commissione europea. 
    In tale guida, disponibile anche sul sito internet del  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella II fase
(«valutazione appropriata»), si evidenzia che, una volta  individuati
gli effetti negativi del  piano  o  progetto  e  chiarito  quale  sia
l'incidenza sugli obiettivi di conservazione del sito,  e'  possibile
individuare   in   modo    mirato    le    necessarie    misure    di
mitigazione/attenuazione. 
    Tali misure, specifica la difesa  regionale,  sempre  richiamando
tale pubblicazione, sarebbero concettualmente diverse dalle misure di
compensazione  che  sono  previste  ed  intervengono  nella  IV  fase
(«valutazione in caso di assenza  di  soluzioni  alternative  in  cui
permane l'incidenza negativa»), in quanto: 
        a) le misure di  mitigazione  tendono  alla  riduzione  degli
effetti negativi  degli  interventi  (e,  in  questo  senso,  se  ben
realizzate riducono o prevengono la stessa necessita'  di  misure  di
compensazione); 
        b) le misure di compensazione sono  volte  a  garantire,  nei
casi in  cui  l'intervento  e'  imprescindibile  ed  inevitabile,  la
continuita' del contributo funzionale di un sito  alla  conservazione
in uno stato soddisfacente di uno  o  piu'  habitat  o  specie  nella
regione biogeografia interessata. 
    Il ricorso statale sarebbe, pertanto, infondato,  laddove  invoca
la violazione dell'art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997, posto che anche
l'impugnato  allegato  B,   esattamente   come   la   norma   statale
asseritamente violata, prevede  (nella  IV  fase  della  valutazione)
l'adozione di misure di compensazione ed  atteso  che  la  previsione
(nella II  fase  della  valutazione)  di  misure  di  mitigazione  si
aggiunge e non si sostituisce alla  adozione  (nella  IV  fase  della
valutazione) delle obbligatorie misure di compensazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto, in via
principale, questione di legittimita' costituzionale degli  artt.  5,
comma 1, lettera c), 7, comma 2, lettera a), n. 3 e n. 4,  e  lettera
d), n. 1, 8, comma 4, 26, comma 1, 27, comma  3,  e  dell'allegato  B
della legge della Regione Piemonte 29 giugno 2009, n. 19 (Testo unico
sulla tutela delle aree naturali e della biodiversita'). 
    2. - Al fine della soluzione delle  questioni  proposte,  occorre
premettere che la istituzione di aree protette  statali  o  regionali
mira a «tutelare» ed a «valorizzare» quei  territori  che  presentano
valori  culturali,  paesaggistici  ed   ambientali,   meritevoli   di
salvaguardia e di protezione. E non e' dubbio, di  conseguenza,  che,
una volta che la legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991  ha
previsto l'esistenza di aree protette  regionali,  distinguendole  da
quelle   statali   sulla   base   del   criterio   della   dimensione
dell'interesse tutelato, e ne ha affidato alle Regioni  la  gestione,
queste ultime devono esercitare competenze  amministrative  inerenti,
sia alla «tutela», sia alla «valorizzazione» di tali ecosistemi. 
    La modifica del Titolo V della Parte seconda della  Costituzione,
introducendo, all'art. 117, secondo comma, lettera s), la  competenza
esclusiva  dello  Stato  in  materia   di   «tutela»   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali (sentenza n. 272 del  2009),  ha
mutato il quadro di riferimento in cui si inseriva la  legge  n.  394
del 1991, prevedendo che le  competenze  legislative  in  materia  di
«tutela»  spettano  esclusivamente  allo  Stato,  mentre  le  Regioni
possono esercitare soltanto funzioni amministrative di «tutela» se ed
in quanto ad esse conferite dallo Stato, in attuazione del  principio
di sussidiarieta', di cui all'art. 118, primo comma, Cost. 
    Nel mutato contesto dell'ordinamento, la legge quadro n. 394  del
1991 deve essere interpretata come una  legge  di  conferimento  alle
Regioni  di  funzioni   amministrative   di   tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e  dei  beni  culturali,  da  esercitare  secondo  il
principio di cooperazione tra  Stato  e  Regioni,  come,  d'altronde,
precisa l'art. 1, comma 5, della legge medesima, il  quale  statuisce
che «nella tutela e nella gestione delle aree naturali  protette,  lo
Stato, le Regioni e gli enti locali attuano forme di  cooperazione  e
di intesa, ai sensi dell'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e
dell'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142». 
    E', dunque, attribuito alle Regioni  l'esercizio  delle  funzioni
amministrative indispensabili per il perseguimento  dei  fini  propri
delle  aree  protette:  la   funzione   di   tutela   e   quella   di
valorizzazione. 
    Dette funzioni  amministrative,  che  sono  tra  loro  nettamente
distinte,  devono  peraltro  essere  esercitate  in  modo  che  siano
comunque soddisfatte le esigenze della tutela, come si  desume  dagli
artt. 3 e 6 del d.lgs. 42  del  2004,  nonche'  dall'art.  131  dello
stesso decreto. 
    In questo quadro, pertanto, le Regioni, se da un lato non possono
invadere le competenze legislative esclusive dello Stato  in  materia
di  tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni  culturali,
dall'altro sono tenute a rispettare la disciplina dettata dalle leggi
statali, le quali, per quanto  riguarda  la  «tutela»,  prevedono  il
conferimento  alle  Regioni  di  precise   funzioni   amministrative,
imponendo  per  il  loro  esercizio  il  rispetto  del  principio  di
cooperazione tra Stato e Regioni, e, per quanto riguarda le  funzioni
di «valorizzazione», dettano i principi fondamentali che  le  Regioni
stesse sono tenute ad osservare. 
    3. - La prima questione posta dal ricorrente concerne l'esercizio
dell'attivita' venatoria in quelle zone che la  legge  della  Regione
Piemonte n. 19 del 2009 definisce «zone naturali di salvaguardia». 
    La questione riguarda l'art. 5, comma 1, lettera c), e l'art.  8,
comma 4, che consentono l'attivita' venatoria nelle zone naturali  di
salvaguardia e che sono congiuntamente impugnati dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri per contrasto con l'art. 22 della legge n. 394
del 1991, che vieta l'attivita' venatoria nei parchi naturali e nelle
riserve  naturali  regionali,  e,  di  conseguenza,  per   violazione
dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost. 
    La questione e' fondata. 
    L'art. 5,  comma  1,  della  legge  regionale  n.  19  del  2009,
nell'introdurre le cosiddette «zone  naturali  di  salvaguardia»,  le
classifica espressamente tra le aree protette. 
    Si tratta, peraltro,  di  una  tipologia  di  area  protetta  non
prevista dalla disciplina statale (cui spetta, ai sensi dell'art.  3,
comma 4, della legge quadro n. 394 del 1991, la «classificazione»,  e
quindi la «denominazione», delle aree protette) e di cui non  sarebbe
stata, quindi, consentita l'introduzione  da  parte  del  legislatore
regionale (posto  che  la  deliberazione  2  dicembre  1996,  tuttora
vigente, del Comitato per le aree naturali protette,  ora  sostituito
dalla Conferenza permanente per  i  rapporti  Stato-Regioni,  non  ha
previsto, e quindi non ha consentito, la tipologia di  area  protetta
introdotta dal legislatore  regionale).  Prescindendo,  tuttavia,  da
tale profilo, deve in ogni caso ritenersi che il divieto di attivita'
venatoria, previsto dall'art. 22, comma 6, della legge quadro n.  394
del 1991 per i parchi e le riserve naturali regionali (ovvero per  le
aree protette regionali  previste  e  consentite  dalla  legislazione
statale) si applichi anche alle zone naturali di  salvaguardia,  dato
che il fine di protezione della fauna e'  connaturato  alla  funzione
propria di qualsiasi area protetta. 
    Il divieto di  caccia,  infatti,  e'  una  delle  finalita'  piu'
rilevanti che giustificano l'istituzione di un'area protetta, poiche'
oggetto della caccia  e'  la  fauna  selvatica,  bene  ambientale  di
notevole  rilievo,  la  cui  tutela  rientra  nella  materia  «tutela
dell'ambiente   e   dell'ecosistema»,   affidata   alla    competenza
legislativa esclusiva dello Strato, che deve provvedervi  assicurando
un livello di tutela, non «minimo», ma «adeguato e  non  riducibile»,
come ha puntualizzato la piu' recente giurisprudenza di questa Corte,
restando salva la potesta'  della  Regione  di  prescrivere,  purche'
nell'esercizio di proprie autonome competenze legislative, livelli di
tutela piu' elevati (sentenza n. 61 del 2009). 
    Il divieto  di  esercizio  dell'attivita'  venatoria  nelle  aree
protette,  affermato  dalla  legge  n.  394  del  1991,   e'   stato,
d'altronde, ribadito pure dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
sulla protezione della fauna selvatica omeoterma e  per  il  prelievo
venatorio), la quale,  nel  prevedere  che  «la  fauna  selvatica  e'
patrimonio indisponibile  dello  Stato»  (art.  1,  comma  1)  e  che
«l'esercizio  dell'attivita'  venatoria  e'  consentito  purche'  non
contrasti con l'esigenza  di  conservazione  della  fauna  selvatica»
(art. 1, comma 2), annovera, tra le materie riservate allo  Stato  (e
non  delegate,  oggi  si  direbbe  non  conferite,   alle   Regioni),
«l'individuazione delle specie cacciabili e dei periodi di  attivita'
venatoria» (art. 18), nonche' la previsione di una serie  di  divieti
(art. 21), tra  i  quali  il  divieto  dell'esercizio  dell'attivita'
venatoria «nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali, nelle
riserve naturali». 
    3.1.  -   La   seconda   questione   concerne   la   legittimita'
costituzionale  dell'affidamento  ai  gestori  dei  parchi   naturali
regionali del compito di tutelare il patrimonio storico-culturale  ed
architettonico,  nonche'  dell'affidamento  ai  gestori  delle   aree
protette denominate «riserve speciali» del  compito  di  tutelare  il
patrimonio archeologico, storico, artistico e culturale. Dette norme,
che il ricorrente considera in contrasto con gli  artt.  4  e  5  del
d.lgs. n. 42 del 2004, e, quindi, con gli artt. 117 e 118  Cost.,  si
rinvengono, rispettivamente, nell'art. 7, comma 2, lettera a), n.  3,
e comma 2, lettera d), n. 1, della legge regionale di cui si tratta. 
    Le questioni sono fondate nei limiti di seguito precisati. 
    Infatti, le impugnate  disposizioni,  con  le  quali  la  Regione
Piemonte  dispone  autonomamente,  al  di  fuori  di  ogni  forma  di
cooperazione con lo  Stato,  l'assegnazione  di  compiti  di  tutela,
valorizzazione e gestione del patrimonio  culturale  ai  gestori  dei
parchi naturali regionali e delle riserve speciali, sono  chiaramente
in contrasto con gli artt. 4 e 5 del  d.lgs.  n.  42  del  2004,  che
impongono detta cooperazione quale  presupposto  per  l'esercizio  da
parte delle Regioni di funzioni amministrative di tutela, nella parte
in cui si riferiscono (non solo alla gestione o alla  valorizzazione,
ma  anche)  alla   tutela   del   patrimonio   storico-culturale   ed
architettonico  o  di  quello  archeologico,  storico,  artistico   e
culturale. Pertanto, alla luce delle considerazioni sopra svolte (sub
3), va dichiarata l'illegittimita' costituzionale del  suddetto  art.
7, comma 2, lettera a), n. 3, limitatamente alle parole «tutelare e»,
nonche' dell'art. 7, comma 2, lett.  d),  n.  1,  limitatamente  alla
parola «tutelare». 
    3.2. - Ulteriore  questione  posta  dal  ricorrente  riguarda  la
violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma,
e 118 Cost., in relazione alla parte III del d.lgs. n.  42  del  2004
ed, in particolare, all'art. 133, da  parte  dell'art.  7,  comma  2,
lettera a), n. 4, della legge regionale piemontese, secondo il  quale
e' compito dei gestori  dei  parchi  naturali  regionali  «garantire,
attraverso  un  processo  di  pianificazione  di  area,  l'equilibrio
urbanistico-territoriale    ed     il     recupero     dei     valori
paesaggistico-ambientale». 
    Anche tale questione e' fondata. 
    Il citato art. 133  del  d.lgs.  n.  42  del  2004  ribadisce  il
principio di cooperazione tra le amministrazioni  pubbliche  per  «la
definizione di  indirizzi  e  criteri  riguardanti  le  attivita'  di
tutela, pianificazione, recupero, riqualificazione  e  valorizzazione
del paesaggio». La Regione, invece, ha legiferato autonomamente.  Per
le  stesse  ragioni  sopra  indicate  deve,   pertanto,   dichiararsi
l'illegittimita' costituzionale anche di detta disposizione. 
    3.3.  -  La  quarta  questione  posta  dal  ricorrente   riguarda
congiuntamente gli art. 26 e 27 della legge regionale  del  Piemonte,
per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. s), e terzo comma,
Cost., in relazione all'art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    L'art. 26 di  detta  legge  prevede  che  per  le  aree  naturali
protette classificate parco naturale o zone naturali di  salvaguardia
e' redatto un piano di area, che  ha  valore  di  piano  territoriale
regionale e sostituisce le norme difformi dei  piani  territoriali  o
urbanistici di qualsiasi livello, mentre  l'art.  27  della  medesima
legge regionale prevede che i piani  naturalistici  hanno  valore  di
piani di gestione dell'area protetta e le  norme  in  essa  prevedute
sono vincolanti ad ogni livello. 
    La questione e' fondata. 
    Le disposizioni censurate contrastano, infatti,  con  l'art.  145
del d.lgs.  n.  42  del  2004,  il  quale  pone  il  principio  della
prevalenza del piano paesaggistico sugli atti  di  pianificazione  ad
incidenza territoriale posti dalle normative di settore, ivi compresi
quelli degli enti  gestori  delle  aree  naturali  protette.  Per  le
ragioni gia' chiarite dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte  (cfr.
sentenze n. 180 e n. 437 del 2008) deve, pertanto, essere  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale anche di queste disposizioni. 
    3.4. - L'ultima questione proposta riguarda  l'allegato  B  della
legge della Regione Piemonte n. 19 del 2009. 
    Secondo il ricorrente,  detto  allegato,  articolato  in  quattro
livelli di valutazione di incidenza di  un  progetto  o  piano  sulle
circostanti aree protette, prevede, al secondo livello, che «in  caso
di incidenza negativa, si  aggiunge  anche  la  determinazione  delle
possibilita' di mitigazione»,  la'  dove,  trattandosi  di  incidenza
negativa, avrebbe dovuto prevedere, ai sensi dell'art.  5,  comma  9,
del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento  recante  attuazione
della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione  degli  habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche), misure di compensazione e non di mitigazione. 
    La questione non e' fondata. 
    Infatti,  la  legge  regionale  si  e'  limitata   ad   includere
nell'allegato B le linee guida redatte per  conto  della  Commissione
europea,  le  quali  prevedono  quattro  livelli  di  valutazione  di
incidenza, secondo l'intensita' dell'incidenza stessa, e prescrivono,
per il secondo livello,  l'adozione,  in  ogni  caso,  di  misure  di
mitigazione, dirette  a  minimizzare  l'impatto  ambientale  negativo
dell'intervento,  piano  o  programma,  e  prevedono  per  il  quarto
livello, relativo a interventi e programmi  di  incidenza  fortemente
negativa, ma necessitati da motivi imperativi di rilevante  interesse
pubblico, l'imposizione anche di misure di compensazione, che possano
garantire l'equilibrio della  conservazione  degli  habitat  naturali
nell'ambito dell'intera regione biogeografica interessata.  In  altri
termini, le misure di mitigazione previste dall'allegato B  non  sono
sostitutive di quelle di conservazione, e la loro previsione, imposta
dal diritto comunitario, e'  coerente  con  le  prescrizioni  di  cui
all'art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997, di attuazione della  direttiva
92/43/CEE. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 5, comma  1,
lettera c); 7, comma 2, lettera a), n. 4; 8, comma 4; 26, comma 1,  e
27, comma 3, della legge della Regione Piemonte 29 giugno,  2009,  n.
19  (Testo  unico  sulla  tutela  delle   aree   naturali   e   della
biodiversita'); 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  7,  comma  2,
lettera a), n. 3, della legge della Regione Piemonte n. 19 del  2009,
limitatamente alle parole «tutelare  e»,  e  dell'art.  7,  comma  2,
lettera d), n. 1,  della  stessa  legge,  limitatamente  alla  parola
«tutelare»; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'Allegato B della stessa legge della Regione Piemonte n.  19  del
2009, sollevata, in relazione all'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con
il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Maddalena 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 4 giugno 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola