N. 190 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 ottobre 2009
Ordinanza della Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna del 3 novembre 2009 - sul ricorso proposto da Nautica Faccioli S.n.c. di Faccioli F. & C. contro l'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Bologna 2.. Contenzioso tributario - Appello alla commissione tributaria regionale - Notificazione del ricorso effettuata senza il tramite dell'ufficiale giudiziario - Obbligo, a pena di inammissibilita' dell'impugnazione, di depositare copia dell'appello presso la segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata - Disparita' di trattamento tra coloro che utilizzano la notificazione mediante ufficiale giudiziario e coloro che utilizzano lo strumento della spedizione dell'atto a mezzo posta - Incidenza sul diritto di difesa di questi ultimi. - Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2 [secondo periodo], introdotto dall'art. 3-bis, comma 7, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248. - Costituzione, artt. 2, 3 e 24.(GU n.26 del 30-6-2010 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Nel giudizio avente ad oggetto l'opposizione agli avvisi di accertamento per maggior reddito proposto da Nautica Faccioli s.n.c. contro Agenzia delle Entrate di Bologna (periodo di imposta 2000 e 2001) recante il n. 2885/08 RG Appelli ha emesso la seguente Ordinanza La Commissione osserva I n f a t t o Con sentenza n. 138/06/07 del 12 giugno 2007 la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna respingeva i ricorsi, dopo averli riuniti, della societa' Nautica Faccioli s.n.c., esercente attivita' di vendita di abbigliamento ed accessori, contro gli avvisi di accertamento n. 796020300670/2004 e 796020300671/2004, con i quali l'Agenzia delle Entrate di Bologna, aveva imputato un maggior reddito rispettivamente di € 51.346,39 ed € 70.925,54 per il periodo di imposta 2000 e 2001, a seguito di presunti maggiori ricavi prodotti dalla societa' calcolati applicando al costo del venduto una percentuale di ricarico calcolata quale media ponderata tra le percentuali utilizzate dalla societa' alla merce comperata su un campione di fornitori e la percentuale di incidenza del campione medesimo sul costo del venduto complessivo. I giudici di primo grado, dopo aver constatato che l'Ufficio aveva ottenuto la percentuale di ricarico prendendo in considerazione merci acquistate da fornitori che avevano fornito il 62,75% del venduto su cui era stato applicato uno sconto medio del 35% in relazione al periodo di chiusura dei locali per ristrutturazione, respingevano i ricorsi riuniti perche' il contribuente non aveva prodotto alcuna prova atta a dimostrare che gli sconti applicati erano superiori a quelli utilizzati dall'Ufficio e confutare quindi quanto da egli stesso dichiarato durante la verifica, cioe' che i ricarichi medi erano del 100% e gli sconti del 10%, e confermavano la legittimita' degli accertamenti e la percentuale di ricarico utilizzata dall'Ufficio pari al 84,83% sul costo del venduto. In data 22 ottobre 2007 il contribuente si costituiva in giudizio presso questa Commissione Tributaria, presentando appello alla sentenza depositata in data 25 giugno 2007, per eccepire, preliminarmente, la carenza di motivazione della sentenza impugnata, che non aveva spiegato l'iter logico seguito per giungere alla decisione, e l'illegittimita' dell'utilizzo di una modalita' di accertamento induttivo, ai sensi dell'art. 39, secondo comma, d.P.R. n. 600/1973, che senza la dimostrazione dell'inattendibilita' della contabilita', rendeva le risultanze delle percentuali di' ricarico alla stregua di presunzioni semplici, non sufficienti a legittimare un accertamento senza ulteriori elementi di supporto. Nel merito poi la societa' contestava il campione di fornitori utilizzati dall'ufficio per i due anni accertati, perche', essendo identico negli esercizi in questione, non teneva conto delle variazioni esistenti annualmente nel settore di attivita' della societa', cioe' l'abbigliamento, causato dai mutamenti delle mode e dei marchi commercializzati dagli stessi fornitori. Inoltre la percentuale di ricarico calcolata dall'ufficio non teneva conto degli ulteriori sconti effettuati dalla societa' per effetto delle svendite che erano eseguite soprattutto a fine anno per diminuire le rimanenze finali e di cui non vi poteva essere traccia documentale nella contabilita'. Inoltre il contribuente affermava che la percentuale di ricarico era anche stata influenzata dall'aver venduto nel 1994 anche imbarcazioni ed accessori. Avendo cessato tale vendita, il materiale rimasto a magazzino aveva influenzato anche gli esercizi 2000 e 2001 perche' venduto con fortissimi sconti. Infine la societa', evidenziando che l'ufficio aveva commesso un errore di calcolo nel costo del venduto del 2001 perche', matematicamente, non poteva essere uguale all'importo di euro 239.929,87 indicato nell'accertamento, concludeva chiedendo la riforma della sentenza impugnata e le spese di giudizio. Si costituiva in giudizio l'ufficio in data 20 novembre 2008 per richiedere pregiudizialmente l'inammissibilita' dell'appello per violazione dell'art. 3-bis, comma 7 del d.l. n. 203/2005 non essendo stata depositata la copia dell'appello presso la Commissione Tributaria Provinciale. Nel merito poi l'Ufficio contestava sia la presunta carenza di motivazione della sentenza impugnata, sia l'affermazione che l'accertamento sarebbe di tipo induttivo, perche' la verifica non era stata effettuata sulla base dei dati comunque raccolti, ma sulla base dei documenti contabili e delle dichiarazioni della societa'. Il campione dei fornitori era rappresentativo perche' pari ai 2/3 di tutti i fornitori e la ripetuta stagionalita' dei prodotti posti in vendita, pretestuosa perche' gli acquisti erano stabiliti con una programmazione di anno in anno, era stata gia' considerata dall'Ufficio come dimostrato dalle modalita' con cui era stato eseguito l'accertamento. Dopo aver ribadito che l'errore nel calcolo del costo del venduto 2001 era gia' stato corretto nella fase di liquidazione delle imposte e che le dichiarazioni rese in sede di verifica da mi soggetto clic abbia operato per conto dell'impresa possono essere utilizzate a fondamento dell'accertamento, perche' si avvicinano piu' alla confessione che all'indizio, fatto salvo l'obbligo del giudice di merito di vagliarne l'attendibilita', l'Ufficio concludeva chiedendo fosse confermato l'accertamento con condanna alle spese. Alla pubblica udienza del 14 ottobre 2009 l'appellante chiedeva l'accoglimento del ricorso ed in subordine, qualora venisse ritenuto applicabile al caso in specie il disposto dell'art. 53, comma 2 del d.lgs. n. 546/1992 e conseguentemente inammissibile il ricorso, previa sospensione del giudizio, venissero trasmessi gli atti processuali alla Corte costituzionale sollevando la questione di legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione, del secondo periodo del comma 2 dell'art. 53 del d.lgs. 1992 nella formulazione introdotta dal 7 comma dell'articolo 3-bis del d.l. n. 203/2005 allorche' prevede che «Ove il ricorso non sia notificato a mezzo Ufficiale Giudiziario, l'appellante deve, a pena di inammissibilita', depositare copia dell'appello presso l'ufficio di segreteria della Commissione Tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata». Argomentava il difensore del contribuente che tale previsione violava il diritto di difesa di coloro che avevano notificato l'atto a mezzo del servizio postale. Produceva comunque ricevuta di deposito dell'appello alla Commissione Provinciale recante la data anteriore a qualche giorno prima dell'udienza posto che la norma non fissava il termine per la consegna della copia dell'appello. Sosteneva che non vi era una identita' di esigenze con il dettato dell'art. 123 disp.att. al c.p.c. dato che nel processo tributario la segreteria dell'ufficio di II grado ha l'onere di richiedere alla segreteria della Commissione Provinciale la trasmissione del fascicolo immediatamente dopo il deposito del ricorso in Commissione Regionale. Precisava che la stessa Corte costituzionale aveva sostenuto (n. 189/2000 e n. 520/2002), in riferimento all'art. 24 che riconosce il diritto alla difesa, che le disposizioni tributarie devono essere lette in armonia con i valori della tutela delle parti in posizione di parita', evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilita'. La difesa dell'Ufficio confermava la richiesta pregiudiziale di inammissibilita' dell'appello. I n d i r i t t o La Commissione ritiene che l'eccezione sollevata dalla difesa del contribuente sia non manifestamente infondata. Gia' il problema era sorto allorche' la Commissione Regionale Sicilia, sezione distaccata di Enna in data 9 luglio 2007 aveva emesso formale ordinanza investendo la Corte costituzionale di tale eccezione. La Corte non si era potuta pronunziare per il venir meno della giurisdizione del giudice rimettente dovuta a mutamento del quadro normativo (si trattava di impugnazione di sanzioni amministrative). La questione quindi puo' essere tranquillamente riproposta. Si rileva innanzi tutto che l'inciso in questione e' stato introdotto dall'art. 3-bis, comma 7, del d.l. 30 settembre 2005 e' ha il chiaro scopo di notiziare l'ufficio a quo della pendenza dell'appello onde evitare l'apposizione della formula esecutiva nella decisione di primo grado. Iniziativa pregevole che pero' rende a volte impossibile l'esercizio del diritto di difesa allorche' il contribuente, che pur ha facolta' di instaurare il rapporto processuale non soltanto mediante notifica dell'atto alle controparti ma anche con spedizione dello stesso con lettera raccomandata utilizzando cosi' l'abbreviazione del termine posto che «il ricorso s'intende proposto al momento della spedizione», omette di depositare la copia dell'appello presso il giudice a quo, pur instaurando regolarmente il contraddittorio attraverso non solo la vocativo in ius, ma depositando lo stesso presso il giudice di appello. In questo caso l'esercizio dell'azione e' perfetta e la conoscenza da parte del giudice di primo grado e' compiuta posto che la segreteria dell'Ufficio di II grado e' tenuta ex art. 53 ultimo comma a richiedere la trasmissione del fascicolo del processo. Del resto la stessa situazione si verifica allorche' per un disguido qualsiasi l'Ufficiale Giudiziario al quale e' stato richiesto di notificare l'appello omette in violazione dell'articolo 123 disp att. c.p.c. di dare immediatamente avviso scritto alla segreteria del Giudice di I grado. In tale ipotesi il contraddittorio puo' considerarsi regolarmente instaurato (salvo naturalmente gli effetti disciplinari e di responsabilita' professionale dell'ufficiale giudiziario) non incidendo la omissione sul corretto esercizio dell'azione. Sussisterebbe quindi a parere di questa Commissione una disparita' di trattamento tra chi utilizza lo strumento della notifica dell'appello attraverso l'Ufficiale Giudiziario e chi, anche per ragioni di' convenienza (celerita' della procedura) utilizzi lo strumento previsto dal IL comma dell'articolo 20 e richiamato dalla prima parte del II comma dell'art. 53, della spedizione dell'atto a mezzo posta con raccomandata r/r. Appare quindi evidente che la questione e' rilevante in relazione alla valutazione di ammissibilita' dell'appello e che necessariamente precede la valutazione sul merito della sentenza appellata.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza, solleva di ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 nel testo novellato dall'art. 3-bis comma 7 del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, come integrato con legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248 per contrasto con gli articoli 2, 3 e 24 della Costituzione. Sospende il presente giudizio. Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati. Bologna, addi' 14 ottobre 2009 Il Presidente estensore: Bruno