N. 202 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 maggio 2009

Ordinanza della Corte dei conti - Sez. Regionale di controllo per  la
regione Lombardia del 1° giugno 2009  nel  procedimento di  controllo
del comune di Pessano con Bornago. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)
  - Previsione che per il  rispetto  degli  obiettivi  del  patto  di
  stabilita' interno per l'anno 2007 gli enti  devono  conseguire  un
  saldo finanziario  "in  termini  di  cassa"  pari  a  quello  medio
  riferito  agli  anni  2003-2005,  calcolato  secondo  la  procedura
  stabilita dalle norme censurate - Lesione della sfera di  autonomia
  dei comuni -  Violazione  dei  principi  di  contabilita'  pubblica
  imperniati sul bilancio di competenza - Lesione  del  principio  di
  buon andamento della  pubblica  amministrazione  -  Violazione  del
  principio di leale collaborazione nel coordinamento  della  finanza
  pubblica dello Stato con quello degli enti territoriali. 
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 681 e 683. 
- Costituzione, artt. 5, 81, 97, 114, 117 e 119. 
(GU n.27 del 7-7-2010 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
 
    Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato
con r.d. 12 luglio 1934,  n.  1214,  e  successive  modificazioni  ed
integrazioni; 
    Visto il decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453,  convertito  con
modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19; 
    Vista la 14 gennaio 1994, n. 20; 
    Visto l'art. 1, comma 166 e segg. della legge 27  dicembre  2005,
n. 266; 
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  giudizio   diretto
all'accertamento del rispetto del  Patto  di  stabilita'  interno  da
parte del Comune di Pessano con Bornago; 
    Vista la nota in data 10 aprile 2009 del Magistrato istruttore; 
    Vista l'ordinanza n. 41 in data 15 aprile 2009, con la  quale  il
Presidente ha convocato l'adunanza collegiale della Sezione; 
    Vista la memoria in data 29 aprile 2009, trasmessa dal Comune  di
Pessano con Bornago; 
    Esaminati gli atti e i documenti inerenti il giudizio in oggetto; 
    Uditi, nella pubblica adunanza del 5 maggio 2009,  il  Magistrato
relatore, dott. Giancarlo Astegiano, nonche', in  rappresentanza  del
comune di Pessano con Bornago, i signori  Giuseppe  Caridi,  Sindaco,
Giuseppe Morgante, Direttore Generale e Piero Conensoci, Responsabile
dell'Area finanziaria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Nell'ambito dell'attivita' inerente la verifica del rispetto  del
patto di stabilita' interno dei Comuni  della  Provincia  di  Milano,
prevista e disciplinata dall'art. 1, co.  166  e  segg.  della  legge
finanziaria per il 2006, il Magistrato istruttore, in data 10  aprile
2009, ha depositato nella Segreteria della Sezione una relazione  con
la quale ha segnalato che il Comune di Pessano con Bornago  risultava
non aver rispettato la disciplina relativa  al  patto  di  stabilita'
interno per l'anno 2007 in relazione all'obiettivo di  cassa,  mentre
aveva rispettato il limite riferito alla competenza e,  pertanto,  ha
domandato al Presidente della Sezione di fissare un'apposita adunanza
per l'esame collegiale della questione. 
    Con ordinanza n. 41, in data 15 aprile  2009,  il  Presidente  ha
convocato la Sezione di controllo per l'adunanza del 5 maggio 2009. 
      
    Il provvedimento presidenziale e' stato comunicato al  Comune  di
Pessano con Bornago, con la specifica avvertenza che  l'ente  avrebbe
potuto trasmettere documenti ulteriori rispetto a quelli acquisti  in
sede  istruttoria  e  depositare  una  memoria  illustrativa,   prima
dell'adunanza. 
    Il Comune ha trasmesso una nota in data 29 aprile  2009,  con  la
quale ha messo in luce che con delibera n. 128 del 2 agosto 2007,  la
Giunta comunale aveva preso atto dell'impossibilita' di rispettare il
vincolo del patto di  stabilita'  interno  inerente  la  gestione  di
cassa e aveva autorizzato i responsabili dei servizi a liquidare  gli
importi relativi ai debiti scaduti,  indipendentemente  dal  rispetto
del vincolo finanziario, «fermo restando il pieno rispetto dei limiti
imposti dal patto di stabilita' per la gestione di competenza». 
    Nella stessa delibera, il Comune ha  messo  in  luce  che  l'ente
negli esercizi precedenti aveva osservato la disciplina  relativa  al
patto e che l'unica ragione del mancato rispetto nel 2007 era diretta
conseguenza del «disallineamento» fra il momento nel quale era  stata
disposta la spesa (esercizi precedenti il 2007) ed anno  in  cui  era
maturato l'obbligo di pagamento (2007). 
    Nel corso dell'adunanza del 5 maggio 2009, dopo la relazione  del
Magistrato istruttore sono intervenuti, in rappresentanza del  comune
di Pessano con Bornago, i signori Giuseppe Caridi, Sindaco,  Giuseppe
Morgante,  Direttore  Generale  e   Piero   Conensoci,   Responsabile
dell'Area finanziaria i quali hanno illustrato quanto contenuto nella
memoria che l'ente locale aveva trasmesso il 29 aprile 2009. 
    Al  termine  dell'adunanza,  la  Sezione  si  e'   riservata   la
decisione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    In merito alla questione sottoposta all'esame della Sezione 
    1. La questione dedotta  nel  giudizio  all'esame  della  Sezione
concerne l'accertamento del mancato rispetto del patto di  stabilita'
interno per l'anno 2007 da parte del Comune di Pessano con Bornago. 
    2. La Sezione regionale di controllo della Lombardia  e'  tenuta,
partendo dall'esame delle relazioni previste dalla legge  finanziaria
per  il  2006  sui  conti  consuntivi  degli  enti  locali   relativi
all'esercizio finanziario 2007, rendere una specifica  pronuncia  sul
rispetto da parte dei Comuni e delle Province degli  obiettivi  posti
dal patto di stabilita' interno, in conformita' al disposto del comma
168 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266. 
    3.  All'esito  dell'istruttoria  effettuata  sulla   base   della
relazione  dell'organo  di   revisione   economico-finanziaria,   nel
contraddittorio con l'amministrazione  interessata  svoltosi  sia  in
sede  istruttoria  che  nella  odierna  adunanza  dibattimentale,  la
Sezione ha  accertato  che  il  Comune  di  Pessano  con  Bornago  ha
conseguito un saldo finanziario di  cassa  tale  che,  in  base  alla
disciplina relativa al patto di stabilita' interno per l'anno 2007, e
cioe' l'art. 1 commi 678 e seguenti della legge 27 dicembre 2006,  n.
296 (legge finanziaria per il 2007),  non  ha  raggiunto  l'obiettivo
previsto dalla norma in  questione. E'  risultato,  infatti,  che  il
Comune di Pessano con Bornago, quanto alla gestione di competenza,  a
fronte di un obiettivo di - 67.000 euro ha raggiunto un saldo pari ad
euro 367.000, mentre in relazione alla gestione di cassa a fronte  di
un obiettivo pari a 742.000 euro ha ottenuto un risultato  pari  a  -
1.279.000 euro, con una differenza negativa pari  a  2.021.000  euro.
Con la conseguenza che, mentre il saldo  di  competenza  rientra  nei
limiti del saldo obiettivo, quello di cassa e' di molto superiore. 
    4. Dalle documentate argomentazioni  addotte  dall'ente  (memoria
del 29 aprile 2009  e  documenti  ivi  citati  illustrati  nel  corso
dell'adunanza) e' emerso che il mancato raggiungimento dell'obiettivo
del patto di stabilita' 2007 riferito alla gestione di cassa  sarebbe
dovuto alle modalita' di costruzione dell'obiettivo  stesso  che  non
terrebbe  conto  della  circostanza  che  i  pagamenti   degli   enti
territoriali sono  conseguenza  necessaria  degli  impegni  di  spesa
assunti per obbligazioni  legittimamente  perfezionate,  anche  negli
esercizi  precedenti,   soprattutto   in   relazione   a   spese   di
investimento. 
    5. Gli enti territoriali che concorrono a comporre la  Repubblica
sono tenuti ad osservare il patto di stabilita' interno,  cosi'  come
previsto e disciplinato dalle leggi finanziarie  statali.  A  partire
dalla legge finanziaria per l'anno 2007, il legislatore  ha  previsto
esplicitamente  che  "Il  bilancio  di  previsione  ...  deve  essere
approvato, a decorrere dall'anno 2007, iscrivendo  le  previsioni  di
entrata e di uscita in  termini  di  competenza  in  misura  tale  da
consentire il raggiungimento dell'obbiettivo programmatico del  patto
di stabilita' interno determinato per ciascun anno" (art. 1, co.  684
della legge 27 dicembre 2006, n. 296). La norma appare  razionale  se
solo si considera che i bilanci degli enti territoriali, in  ossequio
ai principi della programmazione e della veridicita', devono  fornire
un quadro preciso ed attendibile degli interventi che l'ente  intende
effettuare  nel  corso  dell'esercizio,  in  relazione   al   sistema
contabile adottato che si basa sulla competenza. 
    6. La  disciplina  del  patto  di  stabilita'  interno  e'  stata
caratterizzata, sin da  quando  e'  stata  introdotta  con  la  legge
finanziaria per il 1999, da una forte instabilita' poiche' quasi ogni
anno le regole che gli enti territoriali  sono  tenuti  ad  applicare
vengono modificate o integrate, al fine di rispondere, a seconda  dei
casi, ad esigenze strutturali o, anche  soltanto,  contingenti.  Come
questa Sezione ha messo in rilievo in piu' occasioni, una disciplina,
quale  quella  del  patto,  che  pone  rigidi  limiti   all'autonomia
operativa degli enti dovrebbe essere concordata fra lo  Stato  e  gli
stessi, destinatari e, soprattutto, dovrebbe essere caratterizzata da
una elevata stabilita' al  fine  di  permettere  ai  comuni  ed  alle
province di programmare adeguatamente la loro  attivita'  ed  i  loro
interventi sia in relazione alle attivita' ordinarie che a quelle  di
realizzazione di  opere  pubbliche  che  richiedono,  ovviamente,  la
possibilita' di operare  in  un  contesto  temporale  che  oltrepassa
l'ordinaria gestione annuale, tenuto anche, come si  e'  gia'  detto,
conto del sistema di  contabilita'  attualmente  adottato  imperniato
sulla competenza. 
    7. I  continui  cambiamenti  della  disciplina  del  patto  e  il
passaggio dal  criterio  dei  tetti  di  spesa  a  quello  del  saldo
finanziario, calcolato in modo diverso a seconda degli  esercizi,  ha
comportato, anche in relazione alla base di riferimento che, di volta
in volta, viene presa in considerazione (la spesa media di un periodo
temporale precedente nel quale vigevano regole di spesa in  relazione
al patto di stabilita' interno differenti!), seri problemi ad  alcuni
enti che si  sono  trovati  a  dover  cercare  di  raggiungere  degli
obiettivi molto difficili da conseguire, se non impossibili, a  causa
della  dinamica  della  spesa  avviata  legittimamente   negli   anni
precedenti. 
    8. La legge finanziaria  per  il  2007  ha  innovato  in  maniera
sostanziale, rispetto  agli  esercizi  precedenti,  le  modalita'  di
formazione del patto di stabilita' interno per gli enti territoriali,
sostituendo al meccanismo del tetto di spesa da rispettare di anno in
anno, il criterio del saldo finanziario (art. 1  comma  676  e  segg.
della legge 27 dicembre 2006, n. 296). A  differenza  del  precedente
limite,  il  vincolo  sul  saldo  sembra  rispondere,  in  linea   di
principio, in maniera maggiormente adeguata all'esigenza di autonomia
finanziaria degli enti territoriali  perche'  dovrebbe  rappresentare
uno strumento funzionale alle scelte responsabili  e  virtuose  degli
Enti medesimi e, inoltre, sembra maggiormente coerente rispetto  alle
necessita' di conformita' con il patto  di  stabilita'  europeo,  gli
obiettivi del quale  devono  essere  osservati  dall'Italia  nel  suo
complesso. 
    9. Le modalita' di formazione  dell'obiettivo  programmatico  che
ciascun ente deve rispettare sono rinvenibili nell'art. 1, commi  677
e seguenti che hanno introdotto un meccanismo di  determinazione  del
saldo riferito sia alla gestione di competenza che alla  gestione  di
cassa,  con  la  previsione  di  specifici   parametri   diretti   ad
individuare l'entita' del  concorso  del  singolo  ente  locale  alla
manovra globale di finanza pubblica, da calcolarsi in relazione  alla
situazione   finanziaria   di   ciascun   ente.   La   determinazione
dell'obiettivo di miglioramento dei saldi e' basata  sul  calcolo  di
alcuni parametri finanziari quali la media  triennale  2003-2005  dei
saldi di cassa risultanti dal conto consuntivo, definiti in relazione
alla differenza fra entrate finali (titoli I II III  IV),  in   conto
corrente ed in conto capitale, e spese finali, da cui sono escluse le
entrate derivanti da riscossioni di crediti (Titolo IV, cat. 6) e  le
spese dovute alla riscossione di crediti (Titolo II, intervento  10).
Al fine dell'osservanza del patto di stabilita' per il  2007 gli enti
territoriali  dovevano  calcolare,  in  termini  di   competenza,   e
conseguire sia in termini  di  competenza  che  di  cassa,  un  saldo
finanziario  pari  a  quello  del  triennio   2003-2005,   migliorato
dell'entita'  annua  della  manovra,  cosi'  come   determinata   dal
legislatore. L'elemento centrale del meccanismo introdotto  nel  2007
e' dato dal calcolo del saldo finanziario, la definizione  del  quale
e' indicata in modo analitico dal legislatore (art.  1,  comma  680),
cosi' come le modalita' di calcolo, sia in relazione alla gestione di
competenza che a quella di cassa (art. 1, comma 683). 
    In base agli accertamenti effettuati dalla Sezione  e'  risultato
che l'adozione di  due  vincoli,  riferiti  l'uno  alla  gestione  di
competenza e l'altro a quella di cassa, vale a  dire  agli  effettivi
pagamenti che vengono effettuati nell'esercizio  di  riferimento,  ha
comportato notevoli problemi agli enti che, come il Comune di Pessano
con Bornago, avevano avviato negli anni precedenti la costruzione  di
opere pubbliche, impegnando, nel rispetto della normativa vigente, le
somme   occorrenti   e   soprattutto    perfezionando    obbligazioni
giuridicamente vincolanti con terzi soggetti, in particolare  imprese
fornitrici di lavori, beni o servizi (sul punto si  veda  la  memoria
del comune in data 29 aprile 2009 e il richiamo alla  delibera  della
giunta comunale n. 128 del 2 agosto 2007). 
    La  situazione  di  questi  enti  e'  risultata  aggravata  dalla
circostanza che il legislatore, con la  manovra  finanziaria  per  il
2009, non solo ha reintrodotto specifiche limitazioni  amministrative
per gli enti che non rispettano le previsioni del patto di stabilita'
interno (art. 76, del d.l. 25 giugno 2008, n.  112,  conv.  in  l.  6
agosto 2008, n. 133) ma  ha  previsto  che  le  stesse  modalita'  di
costruzione degli  obiettivi  del  patto  per  gli  esercizi  2009  e
seguenti  siano  diverse  a  seconda  che  l'ente  interessato  abbia
rispettato o meno le previsioni del patto nell'esercizio 2007. 
    10. Molti enti, al fine di rispettare le previsioni  relative  al
patto di stabilita' interno con riferimento alle previsioni di cassa,
nel corso dell'esercizio 2007 hanno cercato di individuare  soluzioni
temporanee dirette a contemperare la doverosita' del  rispetto  delle
prescrizioni del patto con le attivita' contrattuali (legittimamente)
intraprese (negli esercizi precedenti) e hanno ritardato i  pagamenti
dovuti  alle  imprese  esecutrici  dei  lavori  o  delle   forniture,
differendoli all'esercizio successivo. Si tratta di  una  prassi  che
viola le disposizioni legislative inerenti i tempi di pagamento delle
obbligazioni contrattuali e che non e' conforme ai principi  di  sana
gestione finanziaria. Da un lato, infatti, finisce con il penalizzare
le imprese che contrattano con la  pubblica  amministrazione  che,  a
fronte della  conclusione  di  un  contratto  che  prevede  specifici
obblighi di esecuzione  degli  interventi  ma  anche  il  diritto  di
ricevere regolarmente il  pagamento  delle  loro  spettanze,  vengono
danneggiate, in modo del tutto ingiustificato, a causa del  ritardato
pagamento.  Dall'altro  crea   distorsioni   anche   nella   gestione
finanziaria dell'ente perche' il differimento di un pagamento  ad  un
esercizio successivo  condiziona  le  attivita'  che  possono  essere
compiute in quell'esercizio creando una  spirale  negativa  che  puo'
incidere sulla stessa funzionalita' gestionale e, in ogni caso,  puo'
comportare il pagamento di interessi, convenzionali o di mora, che si
configurano come oneri impropri e privi di giustificazione. 
    Peraltro, non sarebbe razionale neppure l'eventuale dilazione  di
pagamento  che  l'ente  territoriale   concordasse   con   l'impresa,
condizionandola alla mancata corresponsione di interessi, poiche', in
questo  caso,  la  traslazione  del  costo  avverrebbe  integralmente
sull'impresa, con il rischio  che  la  "metabolizzazione"  di  simili
prassi comporti un generalizzato  aumento  dei  costi  negli  appalti
futuri delle pubbliche amministrazioni poiche' le imprese  potrebbero
inserire  nelle  loro  offerte  il  "costo  implicito"  riferito   ai
possibili ritardati pagamenti. 
    11. Le considerazioni svolte sopra mettono in luce  una  profonda
contraddizione del meccanismo che ha regolato nell'esercizio 2007  il
patto di stabilita' interno che  non  puo'  essere  risolta  in  sede
interpretativa  o  applicativa  e  che  potrebbe  unicamente   essere
eliminata dal giudice costituzionale dichiarando incostituzionale  la
norma  che  ha  previsto  il  parametro   del   patto   riferito   al
raggiungimento dell'obiettivo della gestione  di  cassa.  Cio'  anche
tenendo conto  della  circostanza  che  la  contabilita'  degli  enti
territoriali  e'  imperniata  sul  criterio  della  competenza   che,
inevitabilmente, nel caso della spesa per investimenti, comporta  che
lo spazio temporale  fra  fase  dell'impegno,  conseguente  attivita'
contrattuale, esecuzione degli interventi ed effettivo pagamento sia,
in molti casi, anche estremamente ampio. 
    In caso contrario, gli enti che hanno avviato investimenti  negli
anni che hanno preceduto l'entrata in vigore delle nuove  regole  del
patto di stabilita' interno, come e' avvenuto  appunto  nel  caso  in
esame, finirebbero con l'essere  penalizzati  poiche'  risulterebbero
inadempienti alle regole del patto  di  stabilita'  a  causa  non  di
scelte gestionali consapevoli ma per gli  effetti  inevitabili  degli
investimenti programmati  e  legittimamente  attuati  negli  esercizi
precedenti, in presenza di una diversa disciplina normativa. 
    Conseguentemente, all'atto di rendere  la  pronuncia  di  cui  al
comma 168 dell'art. 1 della  legge  23  dicembre  2005,  n.  266,  in
relazione al rispetto del patto di stabilita' per il 2007 del  Comune
di Pessano con Bornago la Sezione  si  e'  posto  il  problema  della
compatibilita'  delle  modalita'  di  formazione  dell'obiettivo  del
patto, cosi' come fissato dall'art. 1 commi 677 e segg.  della  legge
finanziaria 2007, e in particolare dai co. 681 e 683 nella  parte  in
cui prevedono che per  il  rispetto  degli  obiettivi  del  patto  di
stabilita' interno per l'anno 2007  gli  enti  devono  conseguire  un
saldo finanziario "in termini di cassa" pari a quello medio  riferito
agli anni 2003 - 2005, calcolato secondo la procedura stabilita dalle
norme in questione, con le norme costituzionali in appresso  indicate
nonche' della proponibilita' di  questione  di  costituzionalita'  in
questa sede. 
      
    In merito alla natura di giudizio dell'accertamento in ordine  al
mancato rispetto del patto di stabilita' interno 
    1) La Sezione, nel porsi il problema dell'ammissibilita'  di  una
questione di costituzionalita' nell'ambito del giudizio  in  oggetto,
ha considerato che la pronuncia resa ai sensi dell'art. 1, comma 168,
della legge 23 dicembre 2005, n. 266 costituisce l'accertamento di un
fatto giuridico (mancato rispetto del patto  di  stabilita'  interno)
non fondato sulla valutazione dell'attivita'  gestoria  dell'ente  ma
conseguente all'esame di  legalita'  e  regolarita'  delle  scritture
contabili quali si riflettono  nel  conto  consuntivo  dell'ente.  Il
confronto tra fattispecie e parametro normativo  non  e'  finalizzato
alla adozione di effettive misure correttive (come avviene nella sede
dell'esame dei bilancio preventivo), ormai non  piu'  possibili  dopo
l'approvazione del rendiconto da  parte  dell'ente,  ma,  trattandosi
dell'accertamento di una grave irregolarita' di natura finanziaria  e
contabile,  all'adozione  delle  misure  sanzionatorie   (vincoli   e
limitazioni posti in caso di mancato rispetto delle regole del patto)
sulle quali la Corte deve vigilare sempre ai  sensi  del  comma  168,
art. 1, legge 266/2005. 
    Al riguardo va ricordato che gli  equilibri  di  bilancio  e  gli
obiettivi del patto fissati per gli enti territoriali si inseriscono,
dopo la riforma del titolo V della  Costituzione,  in  una  complessa
trama di rapporti tra gli enti che costituiscono  la  Repubblica.  Ne
consegue che per gli  enti  territoriali  il  rispetto  dei  principi
desumibili dall'art.  81  della  Costituzione,  ad  essi  estensibili
secondo avvertite  elaborazioni  giurisprudenziali,  e'  connotato  e
condizionato da limiti esterni fissati dallo Stato nell'esercizio  di
poteri che siano espressione della tutela dell'unita' economica della
Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica (art. 117,  co.
2 della Costituzione). 
    Nell'esercizio di tali poteri lo Stato fissa specifici vincoli ed
obiettivi che gli enti sono obbligati  a  rispettare  ma  che  devono
essere   rispondenti   alle   norme   costituzionali    sia    quanto
all'estensione del potere sia quanto al merito del vincolo. 
    2) In  quest'ambito  si  pone  il  problema  preliminare  se  sia
ammissibile  una  questione  di  costituzionalita'  sollevata   dalle
Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti in sede di esame
dei  conti  consuntivi  degli  enti  territoriali,  alla  luce  delle
condizioni previste dall'art. 1 della legge 11  marzo  1953,  n.  87;
cosi' come interpretate dalla giurisprudenza costituzionale. 
    I criteri  adottati  dalla  Corte  costituzionale  per  accertare
l'esistenza  dei  requisiti  fondamentali  per  la  proposizione  del
giudizio incidentale di legittimita' della  legge  (e  cioe'  che  la
questione sorga nel corso di un giudizio che  si  svolga  davanti  ad
un'autorita' giurisdizionale) sono  precisi  ma  sembrano  ricondurre
l'accesso incidentale al giudizio di costituzionalita'  ad  una linea
di tendenza di significativo ampliamento delle nozioni di  giudice  e
di giurisdizione in modo da consentire un accesso ampio alla verifica
costituzionale delle norme presenti nell'ordinamento, soprattutto nei
casi nei quali non risulta essere previsto  altro  specifico  rimedio
giurisdizionale. 
    2.1) In piu' occasioni, la Corte costituzionale  ha  valutato  la
posizione della Corte dei conti in sede di controllo,  riconoscendone
in alcune circostanze la qualifica di giudice abilitato  a  sollevare
questione di legittimita' costituzionale. 
    Cio' e' avvenuto per le Sezioni riunite in sede di  parificazione
del bilancio dello Stato poiche' il procedimento deve "svolgersi" con
"le formalita' della sua giurisdizione contenziosa" (Corte  Cost.  13
dicembre 1966, n. 121; id, 14 giugno 1995, n. 244). 
    2.2) A seguire, il giudice delle leggi ha ritenuto che le Sezioni
del controllo potessero sollevare questioni di legittimita' nel corso
dello svolgimento del controllo preventivo di legittimita' sugli atti
dello Stato (Corte  Cost.  18.11.1976  n.  226).  Infatti,  e'  stato
ritenuto che  anche  se  il  procedimento  svolgentesi  davanti  alla
Sezione di controllo non e' un giudizio in senso tecnico-processuale,
e' certo tuttavia che, ai limitati fini dell'art. 1 della legge cost.
n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, la  funzione
in quella sede svolta dalla Corte  dei  conti  e',  sotto  molteplici
aspetti,  analoga  alla  funzione  giurisdizionale,   piuttosto   che
assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi  nel  valutare  la
conformita' degli atti che ne formano oggetto alle norme del  diritto
oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che  non  sia  di
ordine strettamente giuridico. 
    La valutazione e' fondata anche  sulla  posizione  istituzionale,
accompagnata da garanzie costituzionali, della Corte dei conti e  dei
suoi magistrati. 
    2.3) In conclusione ed in linea generale puo'  ritenersi  che  il
criterio di fondo utilizzato nella valutazione da parte  della  Corte
costituzionale si basi su una duplice considerazione: da un lato, che
il sindacato di costituzionalita' delle leggi non deve esplicarsi  in
astratto ma in relazione a concrete situazioni di fatto,  alle  quali
siano da applicare norme di dubbia  costituzionalita'  e,  dall'altro
che i giudici, soggetti alle leggi che non possono disapplicare,  non
devono essere costretti ad emettere decisioni che si fondano su leggi
della cui costituzionalita' dubitano. 
    E' stato affermato espressamente  che  "il  preminente  interesse
pubblico della certezza del diritto (che i dubbi di costituzionalita'
insidierebbero),  insieme  con   l'altro   della   osservanza   della
Costituzione, vieta che dalla distinzione tra le varie  categorie  di
giudizi e processi (categorie del resto dai contorni sovente  incerti
e contestati) si  possano  trarre  conseguenze  cosi'  gravi",  quali
quelle di inaccessibilita' al giudizio  di  costituzionalita'  (Corte
cost. n. 226 del 1976). 
    3) Fondamentale  rilievo  assume  poi  un  principio  che  sembra
ispirare  l'azione della  Corte  costituzionale,  secondo  il   quale
l'ampliamento della nozione di giudice, e'  giustificata,  sul  piano
sostanziale, anche con l'esigenza di  ammettere  al  sindacato  della
Corte costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, piu'
difficilmente verrebbero per altra via ad essa sottoposte. 
    Un tale principio trova precisa espressione in questa sede. 
    Infatti agli enti territoriali, in sede diversa  della  pronuncia
della Sezione regionale  di  controllo  della  Corte  dei  conti  sul
rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno, verrebbe di
fatto precluso l'accesso al giudizio di costituzionalita' sui vincoli
fissati dallo Stato, vincoli  che  condizionano  la  costruzione  dei
bilanci degli enti e limitano l'autonomia finanziaria. 
    Al  riguardo  non  deve  essere  dimenticato  che   in   base   a
giurisprudenza  costante  ai  Comuni  ed   alle   Province   non   e'
riconosciuto il ruolo di poteri dello Stato che potrebbe giustificare
un accesso diretto alla Corte costituzionale da parte di questi enti. 
      
    In questo senso le attribuzioni conferite alla  Corte  dei  conti
dal comma 168 dell'art. 1 della  legge  n.  266/2005  possono  essere
lette in funzione di garanzia degli  enti  territoriali  nel  disegno
complessivo di riforma del titolo V della Costituzione. 
    Infatti l'accertamento della  sana  gestione  finanziaria  ed  il
rispetto degli obiettivi posti con il patto di  stabilita'  e'  stato
affidato ad una istituzione caratterizzata dalla terzieta',  rispetto
agli  enti  che  costituiscono  la  Repubblica  dotata  di   garanzie
costituzionali e percio' in grado di tutelare poteri  e  funzioni  di
ciascuno di essi nei rapporti, fondati  su  principi  costituzionali,
attinenti ai bilanci pubblici ed alla contabilita' pubblica  (valgano
al riguardo anche le considerazioni svolte nella sentenza della Corte
costituzionale n. 179 del 2007). 
    Solo la Corte dei conti in questa sede e' in  grado  di  tutelare
effettivamente la  giustiziabilita'  costituzionale  dei  diritti  ed
interessi degli enti territoriali, in ipotesi lesi da  norme  statali
della cui costituzionalita' si dubita. 
    In particolare occorre considerare che il  co.  168  dell'art.  1
della legge finanziaria per il 2006 ha espressamente previsto che  la
Corte dei conti "verifica il rispetto del  patto  di  stabilita'"  da
parte degli enti territoriali e quindi, da un lato, ha individuato la
sede specifica nella quale i Comuni e le Province possono  illustrare
le ragioni del mancato rispetto dei parametri finanziari del patto e,
dall'altro, ha attribuito alla magistratura  contabile  lo  specifico
potere di valutare queste ragioni e la loro rilevanza in ordine  alla
verifica del rispetto del patto. 
    L'ambito del presente giudizio attiene,  poi,  al  raffronto  tra
statuizioni di bilancio dell'ente e vincoli  posti  espressamente  da
norme statali, e non riguarda il controllo successivo sulla  gestione
del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche di  cui
all'art. 3 quarto comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20,  per  il
quale il giudice delle leggi ha escluso che la pronuncia della  Corte
dei conti rivesta i caratteri del giudizio. 
    D'altro  canto,  la  stessa  giurisprudenza   costituzionale   ha
riconosciuto la  particolare  posizione  della  Corte  dei  conti  in
relazione alla verifica della legittimita' costituzionale delle leggi
di tipo finanziario  che  "si  giustifica  anche  con  l'esigenza  di
ammettere  al   sindacato   costituzionale   leggi   che   ...   piu'
difficilmente verrebbero per altra  via  ad  essa  sottoposto  (Corte
cost. 17 ottobre 1991, n. 384). 
      
    4) Alla luce delle esposte considerazioni questa Sezione  ritiene
che sussistano sufficienti ragioni per sottoporre la  questione  alla
Corte costituzionale. 
    In merito alla non manifesta infondatezza della questione 
    1)  Prospettata  la  possibilita'  di   proporre   questione   di
legittimita' costituzionale, occorre verificare se  la  questione  si
presenti non manifestamente infondata. 
      
    Si  tratta  di  un  accertamento  diretto  a  verificare  se   la
disposizione che deve essere applicata dal giudice  presenti  aspetti
di contrasto con una o piu' disposizioni della Costituzione. 
    2) Come e' stato messo in luce nella prima parte  della  presente
ordinanza, la disciplina relativa al patto di stabilita' interno  per
l'anno 2007 e' stata introdotta dall'art. 1, commi 677 e segg.  della
legge finanziaria per il 2007, con la specifica  previsione  che  gli
enti territoriali nel 2007 fossero tenuti al rispetto di due vincoli:
uno riferito alla gestione di competenza e l'altro alla  gestione  di
cassa. 
    Mutando  i  criteri  vigenti  negli   esercizi   precedenti,   il
legislatore ha stabilito che Comuni  e  Province,  da  un  lato,  non
potessero impegnare spese per un importo superiore a  quelle  di  uno
specifico saldo finanziario e, analogamente, non potessero  procedere
a pagamenti in corso d'anno se non in misura inferiore a  quella  del
saldo. 
    3) La previsione di un limite basato sulla competenza  e'  idonea
ad incidere sulla gestione  degli  enti  territoriali  ma,  se  anche
limita le possibilita' di azione  degli  amministratori,  non  incide
sulla loro liberta'  di  scegliere  le  attivita'  da  intraprendere,
impegnando le relative somme stanziate nel bilancio di previsione. Si
tratta, inoltre, di  un  limite  che  rispetta  l'organizzazione  del
sistema di bilancio e di contabilita' degli enti territoriali, ancora
basata sul criterio della competenza. 
    Al contrario, l'introduzione di un limite alla gestione di  cassa
puo' impedire che vengano effettuati pagamenti in misura eccedente il
saldo finanziario, anche in presenza di debiti  scaduti  relativi  ad
obbligazioni  legittimamente  assunte  in  esercizi  precedenti.   Si
tratta, in sostanza, di una situazione nella quale gli amministratori
degli enti interessati debbono scegliere se rispettare la  disciplina
relativa  al  patto  e  rendersi   inadempienti   in   relazione   ad
obbligazioni regolarmente assunte o adempiere a queste ultime  e  non
rispettare  la  disciplina   del   patto,   commettendo   una   grave
irregolarita' finanziaria, idonea ad incidere  sulla  gestione  degli
anni successivi. 
    4) Lo stesso legislatore nell'ambito  della  manovra  finanziaria
per il 2009 sembra essersi accorto della grave  incongruenza  che  si
viene a creare con l'introduzione di un doppio  limite  basato  sulla
gestione di competenza e su quella di cassa laddove ha  previsto  che
gli enti che non hanno rispettato  il  patto  relativo  all'esercizio
2008 per soli motivi inerenti la cassa relativa gli investimenti,  in
base  ad  alcuni  specifici  criteri,  non  sono  assoggettati   alla
disciplina sanzionatoria, prevista in linea generale per  il  mancato
rispetto del patto (comma 21-bis dell'art. 77-bis del d.l. 25  giugno
2008, n. 112, conv. in l. 6 agosto 2008, n. 133, introdotto dall'art.
2, comma 41, lett. f) della l. 22 dicembre 2008, n. 203). 
      
    5) La disciplina legislativa in questione - art. 1, comma  681  e
683 - nella parte in cui prevede che per il rispetto degli  obiettivi
del patto di stabilita' interno per l'anno 2007 gli enti territoriali
dovevano conseguire un saldo finanziario "in termini di cassa" pari a
quello medio riferito agli anni 2003 -  2005,  calcolato  secondo  la
procedura stabilita dalle norme in questione nella parte  in  cui  si
pone,  pertanto,  in  contrasto  con  numerose   disposizioni   della
Costituzione. 
    Articoli 81, 117 e 119 della Costituzione 
    1) Anche a seguito della  riforma  costituzionale  del  2001,  lo
Stato ha conservato il potere di disciplinare in  linea  generale  il
sistema dei bilanci pubblici e, piu'  in  generale,  dell'ordinamento
contabile degli enti territoriali che, per  contro,  possono  vantare
autonomia di spesa. Attualmente, anche in attesa dell'attuazione  dei
principi di federalismo fiscale enunciati in Costituzione, il sistema
contabile pubblico e' imperniato sul  meccanismo  della  gestione  di
competenza. 
    Ferma restando l'esigenza che ciascuna previsione di spesa  trovi
copertura nel bilancio di previsione,  approvato  secondo  le  regole
stabilite per ciascun settore, le procedure amministrative  di  spesa
si riferiscono a questo criterio e, pertanto,  avviata  la  procedura
con l'impegno della  somma  necessaria  per  effettuare  l'intervento
previsto  e  assunta  l'obbligazione  con  il  terzo  interessato  il
pagamento  diventa  una  conseguenza  automatica,  se  sussistono  le
condizioni di legge, nel momento in cui sorge il diritto in  capo  al
terzo. 
    Stabilire  un  limite  ai  pagamenti  che  di  anno  in  anno  le
amministrazioni territoriali  possono  legittimamente  effettuare  si
pone in contrasto con le regole di fondo  del  sistema  contabile  e,
conseguentemente, con le  disposizioni  costituzionali  che  regolano
l'esercizio del potere da parte dello Stato. Infatti, a fronte di  un
sistema imperniato sulla gestione di  competenza  e  su  obbligazioni
legittimamente assunte nei confronti di terzi non  e'  ne'  razionale
ne' legittimo stabilire le regole del patto di stabilita' in modo  da
imporre, in caso di lecita assunzione di impegni di spesa in esercizi
precedenti, la scelta fra pagare il debito  violando le  disposizioni
sul patto di stabilita' o osservare queste ultime e violare le regole
sul pagamento dei debiti (regolarmente) assunti. 
      
      
    2) La disposizione sospettata di contrasto  con  la  Costituzione
sembra porsi in contrasto, poi, con l'articolo 81, co. 3  e  4  della
Costituzione.  Nella  predisposizione  del  bilancio,  che  e'  anche
strumento di programmazione, l'ente deve  indicare  le  modalita'  di
reperimento delle risorse necessarie per far fronte alle  spese.  Nel
bilancio comunale e provinciale dell'anno nel quale vengono  allocate
(e accertate) le risorse necessarie per la realizzazione della  spesa
di investimento vi e' una destinazione specifica  ed  una  dimensione
temporale dell'intervento. 
    Cosi' la spesa di investimento, nell'esercizio  nel  quale  viene
effettuata e da luogo a pagamento, trova copertura nelle risorse gia'
stanziate  in  esercizi  precedenti,   trattandosi   di   conseguenza
necessaria  delle  procedure  amministrative   avviate   negli   anni
precedenti. 
    Articoli 97 e 119 della Costituzione 
      
    Come e'  stato  innanzi  illustrato,  il  mancato  raggiungimento
dell'obiettivo del patto di  stabilita'  secondo  i  parametri  della
gestione di cassa e', nella piu' parte dei  casi,  conseguenza  della
discrasia temporale tra la procedura formale di impegno delle risorse
necessarie per  il  finanziamento  di  un'opera  pubblica,  richiesta
dall'attuale  sistema  di  contabilita'  degli   enti   territoriali,
l'assunzione degli obblighi contrattuali, l'esecuzione dei lavori e i
pagamenti  conseguenti  agli  investimenti  effettuati.  Infatti,  in
questi  casi,  le  risorse  necessarie  per  ciascuna  attivita'   di
investimento,  sia  che  derivino  da  accensione  di  mutui  che  da
risparmio pubblico, hanno costituito,  anche  in  termini  di  cassa,
entrate di anni antecedenti al 2007, venendo a far parte,  in  questo
modo,  dell'avanzo  di  amministrazione  che,   successivamente,   e'
impiegato per il  pagamento  di  investimenti  pubblici,  qualificati
quali residui passivi che incidono sulla gestione di cassa. 
    I pagamenti di tale natura possono costituire per i Comuni di non
elevate dimensioni, le cui risorse finanziarie sono limitate, la gran
parte della spesa in conto capitale senza che, a  fronte,  vi  siano,
nell'anno, altri flussi di entrata  in  conto  capitale  comparabili,
dovendo gli enti programmare nel tempo le proprie opere pubbliche  ed
il reperimento delle relative risorse. Non diversa, del resto, e'  la
situazione dei Comuni di maggiori  dimensioni  e  delle  Province  in
relazione agli investimenti di carattere straordinario. 
    L'ente, dopo aver reperito ed acquisito al bilancio  le  risorse,
mette in atto le procedure necessarie per  dar  corso  all'intervento
rispettando le  regole  finanziarie  dell'esercizio  finanziario  nel
quale avvia l'opera, ivi comprese le regole del patto  di  stabilita'
vigenti in quel momento e,  successivamente,  viene  sottoposto,  suo
malgrado, a restrizioni introdotte negli esercizi  nei  quali  devono
essere eseguiti i pagamenti in relazione all'andamento dei lavori  di
costruzione (o di acquisizione)  dell'opera  o  del  bene.  Pertanto,
l'ente pubblico il quale voglia rispettare il Patto di stabilita'  si
trova, come si e' visto, nella impossibilita' di pagare  gli  importi
dovuti   in   base   alle obbligazioni   assunte,   potendo    essere
assoggettato, cosi', alle conseguenze dell'inadempimento e, quindi, a
spese aggiuntive sia in termini di interessi che di risarcimento  del
danno. Il mancato pagamento  potra'  indurre,  poi,  l'appaltatore  a
sospendere o, quantomeno, a rallentare i lavori sia  per  scelta  sia
per mancanza di risorse finanziarie necessarie. 
    La conseguenza di una  siffatta  evenienza  puo'  essere  sia  la
lievitazione dei costi che il ritardo nella utilizzazione di  beni  o
servizi da parte della collettivita'. E questo avviene in presenza di
una situazione nella quale l'ente ha nelle proprie disponibilita'  di
cassa i mezzi finanziari necessari per i pagamenti  (diverso  sarebbe
il caso nel quale l'ente dovesse ricorrere, invece, all'indebitamento
per procedere ai pagamenti). 
      
    La norma che costringe  i  Comuni  e  le  Province  a  tenere  il
comportamento innanzi descritto appare non conforme al dettato  degli
articoli 119 e 97 della Costituzione in quanto  in  contrasto  con  i
principi  di  economicita',  efficienza  ed   efficacia   dell'azione
amministrativa per i motivi innanzi esposti. 
    Val la pena mettere in luce, inoltre, che ancor prima  l'ente  si
trova nella situazione di non rispettare il  principio  di  legalita'
che e' un fondamento del suo agire, vedendosi costretto, comunque,  a
tenere un comportamento che viola norme, e  cioe',  alternativamente,
la disposizione della legge finanziaria che prevede la disciplina del
patto ovvero le disposizioni di contabilita' pubblica  e  del  codice
civile sull'adempimento delle obbligazioni. 
    Una tale alternativa appare  contrastante  con  il  principio  di
ragionevolezza, anche perche' il  beneficio  ottenuto  per  il  conto
delle amministrazioni pubbliche e' del tutto contingente e  parziale.
Infatti, non si  tratta  di  mancati  pagamenti  veri  e  propri,  ma
soltanto di pagamenti differiti nel tempo  che  si  ripercuotono  sui
risultati  dell'esercizio  nel  quale  il  debito  viene  pagato   e,
soprattutto,  non  avendo   nessun   effetto   o   effetti   negativi
sull'indebitamento complessivo del settore pubblico allargato, che e'
l'obiettivo primario e di fondo del patto di  stabilita'  e  crescita
europeo.  Al  contrario,   produce   una   conseguenza   negativa   e
potenzialmente dannosa:  la  maturazione  di  interessi  in  capo  ai
soggetti danneggiati dai mancati pagamenti. 
    La  scelta  che  gli  amministratori  pubblici  sono  chiamati  a
compiere fra rispetto dei  patto  di  stabilita'  o  pagamento  delle
obbligazioni legittimamente assunte  presenta  gravi  riflessi  sulla
complessiva funzionalita'  dell'ente  pubblico  che,  in  ogni  caso,
subisce un danno o una limitazione nella sua capacita' gestionale. 
    Art. 5, 114, 117, comma 2 e 3. 
    Dopo la riforma del Titolo V, parte seconda della Costituzione ed
il nuovo ruolo che nell'ambito dell'organizzazione  della  Repubblica
sono andati assumendo i Comuni e le Province, lo Stato nell'esercizio
dei poteri di coordinamento della  finanza  pubblica  e  del  sistema
contabile pubblico deve agire nel solco  del  principio  della  leale
collaborazione, tenendo conto delle esigenze e necessita' degli  enti
territoriali. 
    Richiamate le discrasie conseguenti all'applicazione della  norma
evidenziate sopra, occorre  rilevare  che  il  legislatore  non  puo'
prevedere  obblighi  a   carico   dell'ente   che   costringano   gli
amministratori ad adottare comportamenti gestionali che, in qualunque
modo, implichino la violazione di disposizioni di legge. Gli enti che
negli esercizi precedenti avevano avviato lavori pubblici rispettando
le regole finanziarie allora vigenti, come  ha  fatto  il  Comune  di
Pessano con Bornago, nell'esercizio in questione si sono  trovati  di
fronte ad un'alternativa: pagare i debiti in  scadenza,  riferiti  ad
attivita' legittimamente avviate ovvero rispettare la disciplina  del
patto di stabilita' interno. 
    Una disciplina di questa natura, si  pone  in  contrasto  con  il
combinato disposto degli artt. 5, 114 e 117 della Costituzione. 
    In merito alla rilevanza della questione 
    La    proponibilita'    della    prospettata     questione     di
costituzionalita' e' subordinata alla verifica della sua rilevanza in
relazione alla definizione del presente giudizio. 
    Considerato che la rilevanza deve essere intesa  quale  capacita'
della decisione del giudice delle leggi di incidere  sul  giudizio  a
quo, nel senso che la  questione  di  costituzionalita'  puo'  essere
sollevata  solo  qualora  il  giudizio  non  possa  essere   definito
indipendentemente    dalla    risoluzione     della     pregiudiziale
costituzionale, deve ritenersi che nel caso in esame sussista  questo
presupposto. 
    Infatti,  l'accertamento  del  mancato  rispetto  del  patto   di
stabilita' interno anche in relazione alla  sola  gestione  di  cassa
comporta  per  l'ente   territoriale   gravi   conseguenze   che   si
ripercuotono nella gestione degli esercizi successivi. 
    A questo proposito e' bene precisare nuovamente che il Comune  di
Pessano con Bornago ha osservato i limiti  del  patto  di  stabilita'
inerenti la gestione di competenza mentre  non  ha  osservato  quelli
relativi alla gestione di cassa. 
    Con la conseguenza che ove venissero dichiarate contrastanti  con
la Costituzione le norme impugnate, vale a dire l'art. 1, co.  681  e
683 nella parte in cui prevedono che per il rispetto degli  obiettivi
del patto di stabilita' interno  per  l'anno  2007  gli  enti  devono
conseguire un saldo finanziario "in termini di cassa" pari  a  quello
medio riferito agli anni 2003 - 2005, calcolato secondo la  procedura
stabilita dalle norme in questione, il Comune di Pessano con  Bornago
risulterebbe aver rispettato  la  disciplina  inerente  il  patto  di
stabilita' per l'anno 2007. 
    Al contrario, in caso di mancata pronuncia di incostituzionalita'
il Comune di Pessano con Bornago risulterebbe non aver rispettato  il
patto di stabilita' per l'anno 2007 e, pertanto dovrebbe procedere al
calcolo  degli  obiettivi  relativi  al  patto  di   stabilita'   per
l'esercizio  2009  utilizzando  parametri   finanziari   maggiormente
gravosi, stabiliti dal legislatore con lo  scopo  di penalizzare  gli
enti che nel 2007 non  hanno  osservato  la  disciplina  vincolistica
(art. 77-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in  l.  6  agosto
2008, n. 133). 
      
      
    Conseguentemente, anche sotto  questo  profilo  la  questione  di
costituzionalita' risulta proponibile. 
    Occorre sospendere, quindi, il presente giudizio e  rimettere  la
questione all'esame della Corte  costituzionale,  in  base  a  quanto
disposto dall'art. 23 della legge  11  marzo  1953,  n.  87,  per  la
decisione in ordine alla prospettata questione di costituzionalita'. 
 
                               P. Q. M. 
 
    La Corte dei conti  -  Sezione  regionale  di  controllo  per  la
Lombardia,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale   in
relazione all'art. 1, co. 681 e 683 della legge 27 dicembre  2006  n.
296 nella parte in cui prevedono che per il rispetto degli  obiettivi
del patto di stabilita' interno  per  l'anno  2007  gli  enti  devono
conseguire un saldo finanziario "in termini di cassa" pari  a  quello
medio riferito agli anni 2003 - 2005, calcolato secondo la  procedura
stabilita dalle norme in questione per contrasto con gli artt.  81  e
117 e 119, 97 e 119, 5 e 114 e 117 della Costituzione, secondo quanto
indicato in motivazione. 
    Sospende il giudizio  in  corso  e  dispone  che,  a  cura  della
segreteria della Sezione, gli atti dello stesso siano trasmessi  alla
Corte costituzionale per la risoluzione della  prospettata  questione
che la presente ordinanza sia notificata alle parti e  al  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
        Cosi' deciso in Milano nella camera di consiglio del 5 maggio
2009. 
 
                     Il Presidente: Mastropasqua