N. 202 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 maggio 2009
Ordinanza della Corte dei conti - Sez. Regionale di controllo per la regione Lombardia del 1° giugno 2009 nel procedimento di controllo del comune di Pessano con Bornago. Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) - Previsione che per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno 2007 gli enti devono conseguire un saldo finanziario "in termini di cassa" pari a quello medio riferito agli anni 2003-2005, calcolato secondo la procedura stabilita dalle norme censurate - Lesione della sfera di autonomia dei comuni - Violazione dei principi di contabilita' pubblica imperniati sul bilancio di competenza - Lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Violazione del principio di leale collaborazione nel coordinamento della finanza pubblica dello Stato con quello degli enti territoriali. - Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 681 e 683. - Costituzione, artt. 5, 81, 97, 114, 117 e 119.(GU n.27 del 7-7-2010 )
LA CORTE DEI CONTI Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni ed integrazioni; Visto il decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19; Vista la 14 gennaio 1994, n. 20; Visto l'art. 1, comma 166 e segg. della legge 27 dicembre 2005, n. 266; Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio diretto all'accertamento del rispetto del Patto di stabilita' interno da parte del Comune di Pessano con Bornago; Vista la nota in data 10 aprile 2009 del Magistrato istruttore; Vista l'ordinanza n. 41 in data 15 aprile 2009, con la quale il Presidente ha convocato l'adunanza collegiale della Sezione; Vista la memoria in data 29 aprile 2009, trasmessa dal Comune di Pessano con Bornago; Esaminati gli atti e i documenti inerenti il giudizio in oggetto; Uditi, nella pubblica adunanza del 5 maggio 2009, il Magistrato relatore, dott. Giancarlo Astegiano, nonche', in rappresentanza del comune di Pessano con Bornago, i signori Giuseppe Caridi, Sindaco, Giuseppe Morgante, Direttore Generale e Piero Conensoci, Responsabile dell'Area finanziaria. Ritenuto in fatto Nell'ambito dell'attivita' inerente la verifica del rispetto del patto di stabilita' interno dei Comuni della Provincia di Milano, prevista e disciplinata dall'art. 1, co. 166 e segg. della legge finanziaria per il 2006, il Magistrato istruttore, in data 10 aprile 2009, ha depositato nella Segreteria della Sezione una relazione con la quale ha segnalato che il Comune di Pessano con Bornago risultava non aver rispettato la disciplina relativa al patto di stabilita' interno per l'anno 2007 in relazione all'obiettivo di cassa, mentre aveva rispettato il limite riferito alla competenza e, pertanto, ha domandato al Presidente della Sezione di fissare un'apposita adunanza per l'esame collegiale della questione. Con ordinanza n. 41, in data 15 aprile 2009, il Presidente ha convocato la Sezione di controllo per l'adunanza del 5 maggio 2009. Il provvedimento presidenziale e' stato comunicato al Comune di Pessano con Bornago, con la specifica avvertenza che l'ente avrebbe potuto trasmettere documenti ulteriori rispetto a quelli acquisti in sede istruttoria e depositare una memoria illustrativa, prima dell'adunanza. Il Comune ha trasmesso una nota in data 29 aprile 2009, con la quale ha messo in luce che con delibera n. 128 del 2 agosto 2007, la Giunta comunale aveva preso atto dell'impossibilita' di rispettare il vincolo del patto di stabilita' interno inerente la gestione di cassa e aveva autorizzato i responsabili dei servizi a liquidare gli importi relativi ai debiti scaduti, indipendentemente dal rispetto del vincolo finanziario, «fermo restando il pieno rispetto dei limiti imposti dal patto di stabilita' per la gestione di competenza». Nella stessa delibera, il Comune ha messo in luce che l'ente negli esercizi precedenti aveva osservato la disciplina relativa al patto e che l'unica ragione del mancato rispetto nel 2007 era diretta conseguenza del «disallineamento» fra il momento nel quale era stata disposta la spesa (esercizi precedenti il 2007) ed anno in cui era maturato l'obbligo di pagamento (2007). Nel corso dell'adunanza del 5 maggio 2009, dopo la relazione del Magistrato istruttore sono intervenuti, in rappresentanza del comune di Pessano con Bornago, i signori Giuseppe Caridi, Sindaco, Giuseppe Morgante, Direttore Generale e Piero Conensoci, Responsabile dell'Area finanziaria i quali hanno illustrato quanto contenuto nella memoria che l'ente locale aveva trasmesso il 29 aprile 2009. Al termine dell'adunanza, la Sezione si e' riservata la decisione. Considerato in diritto In merito alla questione sottoposta all'esame della Sezione 1. La questione dedotta nel giudizio all'esame della Sezione concerne l'accertamento del mancato rispetto del patto di stabilita' interno per l'anno 2007 da parte del Comune di Pessano con Bornago. 2. La Sezione regionale di controllo della Lombardia e' tenuta, partendo dall'esame delle relazioni previste dalla legge finanziaria per il 2006 sui conti consuntivi degli enti locali relativi all'esercizio finanziario 2007, rendere una specifica pronuncia sul rispetto da parte dei Comuni e delle Province degli obiettivi posti dal patto di stabilita' interno, in conformita' al disposto del comma 168 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266. 3. All'esito dell'istruttoria effettuata sulla base della relazione dell'organo di revisione economico-finanziaria, nel contraddittorio con l'amministrazione interessata svoltosi sia in sede istruttoria che nella odierna adunanza dibattimentale, la Sezione ha accertato che il Comune di Pessano con Bornago ha conseguito un saldo finanziario di cassa tale che, in base alla disciplina relativa al patto di stabilita' interno per l'anno 2007, e cioe' l'art. 1 commi 678 e seguenti della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), non ha raggiunto l'obiettivo previsto dalla norma in questione. E' risultato, infatti, che il Comune di Pessano con Bornago, quanto alla gestione di competenza, a fronte di un obiettivo di - 67.000 euro ha raggiunto un saldo pari ad euro 367.000, mentre in relazione alla gestione di cassa a fronte di un obiettivo pari a 742.000 euro ha ottenuto un risultato pari a - 1.279.000 euro, con una differenza negativa pari a 2.021.000 euro. Con la conseguenza che, mentre il saldo di competenza rientra nei limiti del saldo obiettivo, quello di cassa e' di molto superiore. 4. Dalle documentate argomentazioni addotte dall'ente (memoria del 29 aprile 2009 e documenti ivi citati illustrati nel corso dell'adunanza) e' emerso che il mancato raggiungimento dell'obiettivo del patto di stabilita' 2007 riferito alla gestione di cassa sarebbe dovuto alle modalita' di costruzione dell'obiettivo stesso che non terrebbe conto della circostanza che i pagamenti degli enti territoriali sono conseguenza necessaria degli impegni di spesa assunti per obbligazioni legittimamente perfezionate, anche negli esercizi precedenti, soprattutto in relazione a spese di investimento. 5. Gli enti territoriali che concorrono a comporre la Repubblica sono tenuti ad osservare il patto di stabilita' interno, cosi' come previsto e disciplinato dalle leggi finanziarie statali. A partire dalla legge finanziaria per l'anno 2007, il legislatore ha previsto esplicitamente che "Il bilancio di previsione ... deve essere approvato, a decorrere dall'anno 2007, iscrivendo le previsioni di entrata e di uscita in termini di competenza in misura tale da consentire il raggiungimento dell'obbiettivo programmatico del patto di stabilita' interno determinato per ciascun anno" (art. 1, co. 684 della legge 27 dicembre 2006, n. 296). La norma appare razionale se solo si considera che i bilanci degli enti territoriali, in ossequio ai principi della programmazione e della veridicita', devono fornire un quadro preciso ed attendibile degli interventi che l'ente intende effettuare nel corso dell'esercizio, in relazione al sistema contabile adottato che si basa sulla competenza. 6. La disciplina del patto di stabilita' interno e' stata caratterizzata, sin da quando e' stata introdotta con la legge finanziaria per il 1999, da una forte instabilita' poiche' quasi ogni anno le regole che gli enti territoriali sono tenuti ad applicare vengono modificate o integrate, al fine di rispondere, a seconda dei casi, ad esigenze strutturali o, anche soltanto, contingenti. Come questa Sezione ha messo in rilievo in piu' occasioni, una disciplina, quale quella del patto, che pone rigidi limiti all'autonomia operativa degli enti dovrebbe essere concordata fra lo Stato e gli stessi, destinatari e, soprattutto, dovrebbe essere caratterizzata da una elevata stabilita' al fine di permettere ai comuni ed alle province di programmare adeguatamente la loro attivita' ed i loro interventi sia in relazione alle attivita' ordinarie che a quelle di realizzazione di opere pubbliche che richiedono, ovviamente, la possibilita' di operare in un contesto temporale che oltrepassa l'ordinaria gestione annuale, tenuto anche, come si e' gia' detto, conto del sistema di contabilita' attualmente adottato imperniato sulla competenza. 7. I continui cambiamenti della disciplina del patto e il passaggio dal criterio dei tetti di spesa a quello del saldo finanziario, calcolato in modo diverso a seconda degli esercizi, ha comportato, anche in relazione alla base di riferimento che, di volta in volta, viene presa in considerazione (la spesa media di un periodo temporale precedente nel quale vigevano regole di spesa in relazione al patto di stabilita' interno differenti!), seri problemi ad alcuni enti che si sono trovati a dover cercare di raggiungere degli obiettivi molto difficili da conseguire, se non impossibili, a causa della dinamica della spesa avviata legittimamente negli anni precedenti. 8. La legge finanziaria per il 2007 ha innovato in maniera sostanziale, rispetto agli esercizi precedenti, le modalita' di formazione del patto di stabilita' interno per gli enti territoriali, sostituendo al meccanismo del tetto di spesa da rispettare di anno in anno, il criterio del saldo finanziario (art. 1 comma 676 e segg. della legge 27 dicembre 2006, n. 296). A differenza del precedente limite, il vincolo sul saldo sembra rispondere, in linea di principio, in maniera maggiormente adeguata all'esigenza di autonomia finanziaria degli enti territoriali perche' dovrebbe rappresentare uno strumento funzionale alle scelte responsabili e virtuose degli Enti medesimi e, inoltre, sembra maggiormente coerente rispetto alle necessita' di conformita' con il patto di stabilita' europeo, gli obiettivi del quale devono essere osservati dall'Italia nel suo complesso. 9. Le modalita' di formazione dell'obiettivo programmatico che ciascun ente deve rispettare sono rinvenibili nell'art. 1, commi 677 e seguenti che hanno introdotto un meccanismo di determinazione del saldo riferito sia alla gestione di competenza che alla gestione di cassa, con la previsione di specifici parametri diretti ad individuare l'entita' del concorso del singolo ente locale alla manovra globale di finanza pubblica, da calcolarsi in relazione alla situazione finanziaria di ciascun ente. La determinazione dell'obiettivo di miglioramento dei saldi e' basata sul calcolo di alcuni parametri finanziari quali la media triennale 2003-2005 dei saldi di cassa risultanti dal conto consuntivo, definiti in relazione alla differenza fra entrate finali (titoli I II III IV), in conto corrente ed in conto capitale, e spese finali, da cui sono escluse le entrate derivanti da riscossioni di crediti (Titolo IV, cat. 6) e le spese dovute alla riscossione di crediti (Titolo II, intervento 10). Al fine dell'osservanza del patto di stabilita' per il 2007 gli enti territoriali dovevano calcolare, in termini di competenza, e conseguire sia in termini di competenza che di cassa, un saldo finanziario pari a quello del triennio 2003-2005, migliorato dell'entita' annua della manovra, cosi' come determinata dal legislatore. L'elemento centrale del meccanismo introdotto nel 2007 e' dato dal calcolo del saldo finanziario, la definizione del quale e' indicata in modo analitico dal legislatore (art. 1, comma 680), cosi' come le modalita' di calcolo, sia in relazione alla gestione di competenza che a quella di cassa (art. 1, comma 683). In base agli accertamenti effettuati dalla Sezione e' risultato che l'adozione di due vincoli, riferiti l'uno alla gestione di competenza e l'altro a quella di cassa, vale a dire agli effettivi pagamenti che vengono effettuati nell'esercizio di riferimento, ha comportato notevoli problemi agli enti che, come il Comune di Pessano con Bornago, avevano avviato negli anni precedenti la costruzione di opere pubbliche, impegnando, nel rispetto della normativa vigente, le somme occorrenti e soprattutto perfezionando obbligazioni giuridicamente vincolanti con terzi soggetti, in particolare imprese fornitrici di lavori, beni o servizi (sul punto si veda la memoria del comune in data 29 aprile 2009 e il richiamo alla delibera della giunta comunale n. 128 del 2 agosto 2007). La situazione di questi enti e' risultata aggravata dalla circostanza che il legislatore, con la manovra finanziaria per il 2009, non solo ha reintrodotto specifiche limitazioni amministrative per gli enti che non rispettano le previsioni del patto di stabilita' interno (art. 76, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in l. 6 agosto 2008, n. 133) ma ha previsto che le stesse modalita' di costruzione degli obiettivi del patto per gli esercizi 2009 e seguenti siano diverse a seconda che l'ente interessato abbia rispettato o meno le previsioni del patto nell'esercizio 2007. 10. Molti enti, al fine di rispettare le previsioni relative al patto di stabilita' interno con riferimento alle previsioni di cassa, nel corso dell'esercizio 2007 hanno cercato di individuare soluzioni temporanee dirette a contemperare la doverosita' del rispetto delle prescrizioni del patto con le attivita' contrattuali (legittimamente) intraprese (negli esercizi precedenti) e hanno ritardato i pagamenti dovuti alle imprese esecutrici dei lavori o delle forniture, differendoli all'esercizio successivo. Si tratta di una prassi che viola le disposizioni legislative inerenti i tempi di pagamento delle obbligazioni contrattuali e che non e' conforme ai principi di sana gestione finanziaria. Da un lato, infatti, finisce con il penalizzare le imprese che contrattano con la pubblica amministrazione che, a fronte della conclusione di un contratto che prevede specifici obblighi di esecuzione degli interventi ma anche il diritto di ricevere regolarmente il pagamento delle loro spettanze, vengono danneggiate, in modo del tutto ingiustificato, a causa del ritardato pagamento. Dall'altro crea distorsioni anche nella gestione finanziaria dell'ente perche' il differimento di un pagamento ad un esercizio successivo condiziona le attivita' che possono essere compiute in quell'esercizio creando una spirale negativa che puo' incidere sulla stessa funzionalita' gestionale e, in ogni caso, puo' comportare il pagamento di interessi, convenzionali o di mora, che si configurano come oneri impropri e privi di giustificazione. Peraltro, non sarebbe razionale neppure l'eventuale dilazione di pagamento che l'ente territoriale concordasse con l'impresa, condizionandola alla mancata corresponsione di interessi, poiche', in questo caso, la traslazione del costo avverrebbe integralmente sull'impresa, con il rischio che la "metabolizzazione" di simili prassi comporti un generalizzato aumento dei costi negli appalti futuri delle pubbliche amministrazioni poiche' le imprese potrebbero inserire nelle loro offerte il "costo implicito" riferito ai possibili ritardati pagamenti. 11. Le considerazioni svolte sopra mettono in luce una profonda contraddizione del meccanismo che ha regolato nell'esercizio 2007 il patto di stabilita' interno che non puo' essere risolta in sede interpretativa o applicativa e che potrebbe unicamente essere eliminata dal giudice costituzionale dichiarando incostituzionale la norma che ha previsto il parametro del patto riferito al raggiungimento dell'obiettivo della gestione di cassa. Cio' anche tenendo conto della circostanza che la contabilita' degli enti territoriali e' imperniata sul criterio della competenza che, inevitabilmente, nel caso della spesa per investimenti, comporta che lo spazio temporale fra fase dell'impegno, conseguente attivita' contrattuale, esecuzione degli interventi ed effettivo pagamento sia, in molti casi, anche estremamente ampio. In caso contrario, gli enti che hanno avviato investimenti negli anni che hanno preceduto l'entrata in vigore delle nuove regole del patto di stabilita' interno, come e' avvenuto appunto nel caso in esame, finirebbero con l'essere penalizzati poiche' risulterebbero inadempienti alle regole del patto di stabilita' a causa non di scelte gestionali consapevoli ma per gli effetti inevitabili degli investimenti programmati e legittimamente attuati negli esercizi precedenti, in presenza di una diversa disciplina normativa. Conseguentemente, all'atto di rendere la pronuncia di cui al comma 168 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in relazione al rispetto del patto di stabilita' per il 2007 del Comune di Pessano con Bornago la Sezione si e' posto il problema della compatibilita' delle modalita' di formazione dell'obiettivo del patto, cosi' come fissato dall'art. 1 commi 677 e segg. della legge finanziaria 2007, e in particolare dai co. 681 e 683 nella parte in cui prevedono che per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno 2007 gli enti devono conseguire un saldo finanziario "in termini di cassa" pari a quello medio riferito agli anni 2003 - 2005, calcolato secondo la procedura stabilita dalle norme in questione, con le norme costituzionali in appresso indicate nonche' della proponibilita' di questione di costituzionalita' in questa sede. In merito alla natura di giudizio dell'accertamento in ordine al mancato rispetto del patto di stabilita' interno 1) La Sezione, nel porsi il problema dell'ammissibilita' di una questione di costituzionalita' nell'ambito del giudizio in oggetto, ha considerato che la pronuncia resa ai sensi dell'art. 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 costituisce l'accertamento di un fatto giuridico (mancato rispetto del patto di stabilita' interno) non fondato sulla valutazione dell'attivita' gestoria dell'ente ma conseguente all'esame di legalita' e regolarita' delle scritture contabili quali si riflettono nel conto consuntivo dell'ente. Il confronto tra fattispecie e parametro normativo non e' finalizzato alla adozione di effettive misure correttive (come avviene nella sede dell'esame dei bilancio preventivo), ormai non piu' possibili dopo l'approvazione del rendiconto da parte dell'ente, ma, trattandosi dell'accertamento di una grave irregolarita' di natura finanziaria e contabile, all'adozione delle misure sanzionatorie (vincoli e limitazioni posti in caso di mancato rispetto delle regole del patto) sulle quali la Corte deve vigilare sempre ai sensi del comma 168, art. 1, legge 266/2005. Al riguardo va ricordato che gli equilibri di bilancio e gli obiettivi del patto fissati per gli enti territoriali si inseriscono, dopo la riforma del titolo V della Costituzione, in una complessa trama di rapporti tra gli enti che costituiscono la Repubblica. Ne consegue che per gli enti territoriali il rispetto dei principi desumibili dall'art. 81 della Costituzione, ad essi estensibili secondo avvertite elaborazioni giurisprudenziali, e' connotato e condizionato da limiti esterni fissati dallo Stato nell'esercizio di poteri che siano espressione della tutela dell'unita' economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica (art. 117, co. 2 della Costituzione). Nell'esercizio di tali poteri lo Stato fissa specifici vincoli ed obiettivi che gli enti sono obbligati a rispettare ma che devono essere rispondenti alle norme costituzionali sia quanto all'estensione del potere sia quanto al merito del vincolo. 2) In quest'ambito si pone il problema preliminare se sia ammissibile una questione di costituzionalita' sollevata dalle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti in sede di esame dei conti consuntivi degli enti territoriali, alla luce delle condizioni previste dall'art. 1 della legge 11 marzo 1953, n. 87; cosi' come interpretate dalla giurisprudenza costituzionale. I criteri adottati dalla Corte costituzionale per accertare l'esistenza dei requisiti fondamentali per la proposizione del giudizio incidentale di legittimita' della legge (e cioe' che la questione sorga nel corso di un giudizio che si svolga davanti ad un'autorita' giurisdizionale) sono precisi ma sembrano ricondurre l'accesso incidentale al giudizio di costituzionalita' ad una linea di tendenza di significativo ampliamento delle nozioni di giudice e di giurisdizione in modo da consentire un accesso ampio alla verifica costituzionale delle norme presenti nell'ordinamento, soprattutto nei casi nei quali non risulta essere previsto altro specifico rimedio giurisdizionale. 2.1) In piu' occasioni, la Corte costituzionale ha valutato la posizione della Corte dei conti in sede di controllo, riconoscendone in alcune circostanze la qualifica di giudice abilitato a sollevare questione di legittimita' costituzionale. Cio' e' avvenuto per le Sezioni riunite in sede di parificazione del bilancio dello Stato poiche' il procedimento deve "svolgersi" con "le formalita' della sua giurisdizione contenziosa" (Corte Cost. 13 dicembre 1966, n. 121; id, 14 giugno 1995, n. 244). 2.2) A seguire, il giudice delle leggi ha ritenuto che le Sezioni del controllo potessero sollevare questioni di legittimita' nel corso dello svolgimento del controllo preventivo di legittimita' sugli atti dello Stato (Corte Cost. 18.11.1976 n. 226). Infatti, e' stato ritenuto che anche se il procedimento svolgentesi davanti alla Sezione di controllo non e' un giudizio in senso tecnico-processuale, e' certo tuttavia che, ai limitati fini dell'art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, la funzione in quella sede svolta dalla Corte dei conti e', sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la conformita' degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico. La valutazione e' fondata anche sulla posizione istituzionale, accompagnata da garanzie costituzionali, della Corte dei conti e dei suoi magistrati. 2.3) In conclusione ed in linea generale puo' ritenersi che il criterio di fondo utilizzato nella valutazione da parte della Corte costituzionale si basi su una duplice considerazione: da un lato, che il sindacato di costituzionalita' delle leggi non deve esplicarsi in astratto ma in relazione a concrete situazioni di fatto, alle quali siano da applicare norme di dubbia costituzionalita' e, dall'altro che i giudici, soggetti alle leggi che non possono disapplicare, non devono essere costretti ad emettere decisioni che si fondano su leggi della cui costituzionalita' dubitano. E' stato affermato espressamente che "il preminente interesse pubblico della certezza del diritto (che i dubbi di costituzionalita' insidierebbero), insieme con l'altro della osservanza della Costituzione, vieta che dalla distinzione tra le varie categorie di giudizi e processi (categorie del resto dai contorni sovente incerti e contestati) si possano trarre conseguenze cosi' gravi", quali quelle di inaccessibilita' al giudizio di costituzionalita' (Corte cost. n. 226 del 1976). 3) Fondamentale rilievo assume poi un principio che sembra ispirare l'azione della Corte costituzionale, secondo il quale l'ampliamento della nozione di giudice, e' giustificata, sul piano sostanziale, anche con l'esigenza di ammettere al sindacato della Corte costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero per altra via ad essa sottoposte. Un tale principio trova precisa espressione in questa sede. Infatti agli enti territoriali, in sede diversa della pronuncia della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti sul rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno, verrebbe di fatto precluso l'accesso al giudizio di costituzionalita' sui vincoli fissati dallo Stato, vincoli che condizionano la costruzione dei bilanci degli enti e limitano l'autonomia finanziaria. Al riguardo non deve essere dimenticato che in base a giurisprudenza costante ai Comuni ed alle Province non e' riconosciuto il ruolo di poteri dello Stato che potrebbe giustificare un accesso diretto alla Corte costituzionale da parte di questi enti. In questo senso le attribuzioni conferite alla Corte dei conti dal comma 168 dell'art. 1 della legge n. 266/2005 possono essere lette in funzione di garanzia degli enti territoriali nel disegno complessivo di riforma del titolo V della Costituzione. Infatti l'accertamento della sana gestione finanziaria ed il rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilita' e' stato affidato ad una istituzione caratterizzata dalla terzieta', rispetto agli enti che costituiscono la Repubblica dotata di garanzie costituzionali e percio' in grado di tutelare poteri e funzioni di ciascuno di essi nei rapporti, fondati su principi costituzionali, attinenti ai bilanci pubblici ed alla contabilita' pubblica (valgano al riguardo anche le considerazioni svolte nella sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 2007). Solo la Corte dei conti in questa sede e' in grado di tutelare effettivamente la giustiziabilita' costituzionale dei diritti ed interessi degli enti territoriali, in ipotesi lesi da norme statali della cui costituzionalita' si dubita. In particolare occorre considerare che il co. 168 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2006 ha espressamente previsto che la Corte dei conti "verifica il rispetto del patto di stabilita'" da parte degli enti territoriali e quindi, da un lato, ha individuato la sede specifica nella quale i Comuni e le Province possono illustrare le ragioni del mancato rispetto dei parametri finanziari del patto e, dall'altro, ha attribuito alla magistratura contabile lo specifico potere di valutare queste ragioni e la loro rilevanza in ordine alla verifica del rispetto del patto. L'ambito del presente giudizio attiene, poi, al raffronto tra statuizioni di bilancio dell'ente e vincoli posti espressamente da norme statali, e non riguarda il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 3 quarto comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, per il quale il giudice delle leggi ha escluso che la pronuncia della Corte dei conti rivesta i caratteri del giudizio. D'altro canto, la stessa giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la particolare posizione della Corte dei conti in relazione alla verifica della legittimita' costituzionale delle leggi di tipo finanziario che "si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggi che ... piu' difficilmente verrebbero per altra via ad essa sottoposto (Corte cost. 17 ottobre 1991, n. 384). 4) Alla luce delle esposte considerazioni questa Sezione ritiene che sussistano sufficienti ragioni per sottoporre la questione alla Corte costituzionale. In merito alla non manifesta infondatezza della questione 1) Prospettata la possibilita' di proporre questione di legittimita' costituzionale, occorre verificare se la questione si presenti non manifestamente infondata. Si tratta di un accertamento diretto a verificare se la disposizione che deve essere applicata dal giudice presenti aspetti di contrasto con una o piu' disposizioni della Costituzione. 2) Come e' stato messo in luce nella prima parte della presente ordinanza, la disciplina relativa al patto di stabilita' interno per l'anno 2007 e' stata introdotta dall'art. 1, commi 677 e segg. della legge finanziaria per il 2007, con la specifica previsione che gli enti territoriali nel 2007 fossero tenuti al rispetto di due vincoli: uno riferito alla gestione di competenza e l'altro alla gestione di cassa. Mutando i criteri vigenti negli esercizi precedenti, il legislatore ha stabilito che Comuni e Province, da un lato, non potessero impegnare spese per un importo superiore a quelle di uno specifico saldo finanziario e, analogamente, non potessero procedere a pagamenti in corso d'anno se non in misura inferiore a quella del saldo. 3) La previsione di un limite basato sulla competenza e' idonea ad incidere sulla gestione degli enti territoriali ma, se anche limita le possibilita' di azione degli amministratori, non incide sulla loro liberta' di scegliere le attivita' da intraprendere, impegnando le relative somme stanziate nel bilancio di previsione. Si tratta, inoltre, di un limite che rispetta l'organizzazione del sistema di bilancio e di contabilita' degli enti territoriali, ancora basata sul criterio della competenza. Al contrario, l'introduzione di un limite alla gestione di cassa puo' impedire che vengano effettuati pagamenti in misura eccedente il saldo finanziario, anche in presenza di debiti scaduti relativi ad obbligazioni legittimamente assunte in esercizi precedenti. Si tratta, in sostanza, di una situazione nella quale gli amministratori degli enti interessati debbono scegliere se rispettare la disciplina relativa al patto e rendersi inadempienti in relazione ad obbligazioni regolarmente assunte o adempiere a queste ultime e non rispettare la disciplina del patto, commettendo una grave irregolarita' finanziaria, idonea ad incidere sulla gestione degli anni successivi. 4) Lo stesso legislatore nell'ambito della manovra finanziaria per il 2009 sembra essersi accorto della grave incongruenza che si viene a creare con l'introduzione di un doppio limite basato sulla gestione di competenza e su quella di cassa laddove ha previsto che gli enti che non hanno rispettato il patto relativo all'esercizio 2008 per soli motivi inerenti la cassa relativa gli investimenti, in base ad alcuni specifici criteri, non sono assoggettati alla disciplina sanzionatoria, prevista in linea generale per il mancato rispetto del patto (comma 21-bis dell'art. 77-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in l. 6 agosto 2008, n. 133, introdotto dall'art. 2, comma 41, lett. f) della l. 22 dicembre 2008, n. 203). 5) La disciplina legislativa in questione - art. 1, comma 681 e 683 - nella parte in cui prevede che per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno 2007 gli enti territoriali dovevano conseguire un saldo finanziario "in termini di cassa" pari a quello medio riferito agli anni 2003 - 2005, calcolato secondo la procedura stabilita dalle norme in questione nella parte in cui si pone, pertanto, in contrasto con numerose disposizioni della Costituzione. Articoli 81, 117 e 119 della Costituzione 1) Anche a seguito della riforma costituzionale del 2001, lo Stato ha conservato il potere di disciplinare in linea generale il sistema dei bilanci pubblici e, piu' in generale, dell'ordinamento contabile degli enti territoriali che, per contro, possono vantare autonomia di spesa. Attualmente, anche in attesa dell'attuazione dei principi di federalismo fiscale enunciati in Costituzione, il sistema contabile pubblico e' imperniato sul meccanismo della gestione di competenza. Ferma restando l'esigenza che ciascuna previsione di spesa trovi copertura nel bilancio di previsione, approvato secondo le regole stabilite per ciascun settore, le procedure amministrative di spesa si riferiscono a questo criterio e, pertanto, avviata la procedura con l'impegno della somma necessaria per effettuare l'intervento previsto e assunta l'obbligazione con il terzo interessato il pagamento diventa una conseguenza automatica, se sussistono le condizioni di legge, nel momento in cui sorge il diritto in capo al terzo. Stabilire un limite ai pagamenti che di anno in anno le amministrazioni territoriali possono legittimamente effettuare si pone in contrasto con le regole di fondo del sistema contabile e, conseguentemente, con le disposizioni costituzionali che regolano l'esercizio del potere da parte dello Stato. Infatti, a fronte di un sistema imperniato sulla gestione di competenza e su obbligazioni legittimamente assunte nei confronti di terzi non e' ne' razionale ne' legittimo stabilire le regole del patto di stabilita' in modo da imporre, in caso di lecita assunzione di impegni di spesa in esercizi precedenti, la scelta fra pagare il debito violando le disposizioni sul patto di stabilita' o osservare queste ultime e violare le regole sul pagamento dei debiti (regolarmente) assunti. 2) La disposizione sospettata di contrasto con la Costituzione sembra porsi in contrasto, poi, con l'articolo 81, co. 3 e 4 della Costituzione. Nella predisposizione del bilancio, che e' anche strumento di programmazione, l'ente deve indicare le modalita' di reperimento delle risorse necessarie per far fronte alle spese. Nel bilancio comunale e provinciale dell'anno nel quale vengono allocate (e accertate) le risorse necessarie per la realizzazione della spesa di investimento vi e' una destinazione specifica ed una dimensione temporale dell'intervento. Cosi' la spesa di investimento, nell'esercizio nel quale viene effettuata e da luogo a pagamento, trova copertura nelle risorse gia' stanziate in esercizi precedenti, trattandosi di conseguenza necessaria delle procedure amministrative avviate negli anni precedenti. Articoli 97 e 119 della Costituzione Come e' stato innanzi illustrato, il mancato raggiungimento dell'obiettivo del patto di stabilita' secondo i parametri della gestione di cassa e', nella piu' parte dei casi, conseguenza della discrasia temporale tra la procedura formale di impegno delle risorse necessarie per il finanziamento di un'opera pubblica, richiesta dall'attuale sistema di contabilita' degli enti territoriali, l'assunzione degli obblighi contrattuali, l'esecuzione dei lavori e i pagamenti conseguenti agli investimenti effettuati. Infatti, in questi casi, le risorse necessarie per ciascuna attivita' di investimento, sia che derivino da accensione di mutui che da risparmio pubblico, hanno costituito, anche in termini di cassa, entrate di anni antecedenti al 2007, venendo a far parte, in questo modo, dell'avanzo di amministrazione che, successivamente, e' impiegato per il pagamento di investimenti pubblici, qualificati quali residui passivi che incidono sulla gestione di cassa. I pagamenti di tale natura possono costituire per i Comuni di non elevate dimensioni, le cui risorse finanziarie sono limitate, la gran parte della spesa in conto capitale senza che, a fronte, vi siano, nell'anno, altri flussi di entrata in conto capitale comparabili, dovendo gli enti programmare nel tempo le proprie opere pubbliche ed il reperimento delle relative risorse. Non diversa, del resto, e' la situazione dei Comuni di maggiori dimensioni e delle Province in relazione agli investimenti di carattere straordinario. L'ente, dopo aver reperito ed acquisito al bilancio le risorse, mette in atto le procedure necessarie per dar corso all'intervento rispettando le regole finanziarie dell'esercizio finanziario nel quale avvia l'opera, ivi comprese le regole del patto di stabilita' vigenti in quel momento e, successivamente, viene sottoposto, suo malgrado, a restrizioni introdotte negli esercizi nei quali devono essere eseguiti i pagamenti in relazione all'andamento dei lavori di costruzione (o di acquisizione) dell'opera o del bene. Pertanto, l'ente pubblico il quale voglia rispettare il Patto di stabilita' si trova, come si e' visto, nella impossibilita' di pagare gli importi dovuti in base alle obbligazioni assunte, potendo essere assoggettato, cosi', alle conseguenze dell'inadempimento e, quindi, a spese aggiuntive sia in termini di interessi che di risarcimento del danno. Il mancato pagamento potra' indurre, poi, l'appaltatore a sospendere o, quantomeno, a rallentare i lavori sia per scelta sia per mancanza di risorse finanziarie necessarie. La conseguenza di una siffatta evenienza puo' essere sia la lievitazione dei costi che il ritardo nella utilizzazione di beni o servizi da parte della collettivita'. E questo avviene in presenza di una situazione nella quale l'ente ha nelle proprie disponibilita' di cassa i mezzi finanziari necessari per i pagamenti (diverso sarebbe il caso nel quale l'ente dovesse ricorrere, invece, all'indebitamento per procedere ai pagamenti). La norma che costringe i Comuni e le Province a tenere il comportamento innanzi descritto appare non conforme al dettato degli articoli 119 e 97 della Costituzione in quanto in contrasto con i principi di economicita', efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa per i motivi innanzi esposti. Val la pena mettere in luce, inoltre, che ancor prima l'ente si trova nella situazione di non rispettare il principio di legalita' che e' un fondamento del suo agire, vedendosi costretto, comunque, a tenere un comportamento che viola norme, e cioe', alternativamente, la disposizione della legge finanziaria che prevede la disciplina del patto ovvero le disposizioni di contabilita' pubblica e del codice civile sull'adempimento delle obbligazioni. Una tale alternativa appare contrastante con il principio di ragionevolezza, anche perche' il beneficio ottenuto per il conto delle amministrazioni pubbliche e' del tutto contingente e parziale. Infatti, non si tratta di mancati pagamenti veri e propri, ma soltanto di pagamenti differiti nel tempo che si ripercuotono sui risultati dell'esercizio nel quale il debito viene pagato e, soprattutto, non avendo nessun effetto o effetti negativi sull'indebitamento complessivo del settore pubblico allargato, che e' l'obiettivo primario e di fondo del patto di stabilita' e crescita europeo. Al contrario, produce una conseguenza negativa e potenzialmente dannosa: la maturazione di interessi in capo ai soggetti danneggiati dai mancati pagamenti. La scelta che gli amministratori pubblici sono chiamati a compiere fra rispetto dei patto di stabilita' o pagamento delle obbligazioni legittimamente assunte presenta gravi riflessi sulla complessiva funzionalita' dell'ente pubblico che, in ogni caso, subisce un danno o una limitazione nella sua capacita' gestionale. Art. 5, 114, 117, comma 2 e 3. Dopo la riforma del Titolo V, parte seconda della Costituzione ed il nuovo ruolo che nell'ambito dell'organizzazione della Repubblica sono andati assumendo i Comuni e le Province, lo Stato nell'esercizio dei poteri di coordinamento della finanza pubblica e del sistema contabile pubblico deve agire nel solco del principio della leale collaborazione, tenendo conto delle esigenze e necessita' degli enti territoriali. Richiamate le discrasie conseguenti all'applicazione della norma evidenziate sopra, occorre rilevare che il legislatore non puo' prevedere obblighi a carico dell'ente che costringano gli amministratori ad adottare comportamenti gestionali che, in qualunque modo, implichino la violazione di disposizioni di legge. Gli enti che negli esercizi precedenti avevano avviato lavori pubblici rispettando le regole finanziarie allora vigenti, come ha fatto il Comune di Pessano con Bornago, nell'esercizio in questione si sono trovati di fronte ad un'alternativa: pagare i debiti in scadenza, riferiti ad attivita' legittimamente avviate ovvero rispettare la disciplina del patto di stabilita' interno. Una disciplina di questa natura, si pone in contrasto con il combinato disposto degli artt. 5, 114 e 117 della Costituzione. In merito alla rilevanza della questione La proponibilita' della prospettata questione di costituzionalita' e' subordinata alla verifica della sua rilevanza in relazione alla definizione del presente giudizio. Considerato che la rilevanza deve essere intesa quale capacita' della decisione del giudice delle leggi di incidere sul giudizio a quo, nel senso che la questione di costituzionalita' puo' essere sollevata solo qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della pregiudiziale costituzionale, deve ritenersi che nel caso in esame sussista questo presupposto. Infatti, l'accertamento del mancato rispetto del patto di stabilita' interno anche in relazione alla sola gestione di cassa comporta per l'ente territoriale gravi conseguenze che si ripercuotono nella gestione degli esercizi successivi. A questo proposito e' bene precisare nuovamente che il Comune di Pessano con Bornago ha osservato i limiti del patto di stabilita' inerenti la gestione di competenza mentre non ha osservato quelli relativi alla gestione di cassa. Con la conseguenza che ove venissero dichiarate contrastanti con la Costituzione le norme impugnate, vale a dire l'art. 1, co. 681 e 683 nella parte in cui prevedono che per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno 2007 gli enti devono conseguire un saldo finanziario "in termini di cassa" pari a quello medio riferito agli anni 2003 - 2005, calcolato secondo la procedura stabilita dalle norme in questione, il Comune di Pessano con Bornago risulterebbe aver rispettato la disciplina inerente il patto di stabilita' per l'anno 2007. Al contrario, in caso di mancata pronuncia di incostituzionalita' il Comune di Pessano con Bornago risulterebbe non aver rispettato il patto di stabilita' per l'anno 2007 e, pertanto dovrebbe procedere al calcolo degli obiettivi relativi al patto di stabilita' per l'esercizio 2009 utilizzando parametri finanziari maggiormente gravosi, stabiliti dal legislatore con lo scopo di penalizzare gli enti che nel 2007 non hanno osservato la disciplina vincolistica (art. 77-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in l. 6 agosto 2008, n. 133). Conseguentemente, anche sotto questo profilo la questione di costituzionalita' risulta proponibile. Occorre sospendere, quindi, il presente giudizio e rimettere la questione all'esame della Corte costituzionale, in base a quanto disposto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la decisione in ordine alla prospettata questione di costituzionalita'.
P. Q. M. La Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per la Lombardia, solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 1, co. 681 e 683 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 nella parte in cui prevedono che per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno 2007 gli enti devono conseguire un saldo finanziario "in termini di cassa" pari a quello medio riferito agli anni 2003 - 2005, calcolato secondo la procedura stabilita dalle norme in questione per contrasto con gli artt. 81 e 117 e 119, 97 e 119, 5 e 114 e 117 della Costituzione, secondo quanto indicato in motivazione. Sospende il giudizio in corso e dispone che, a cura della segreteria della Sezione, gli atti dello stesso siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della prospettata questione che la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri. Cosi' deciso in Milano nella camera di consiglio del 5 maggio 2009. Il Presidente: Mastropasqua