N. 203 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 2010
Ordinanza del Collegio arbitrale di Roma del 24 maggio 2010 nel procedimento vertente tra Arcadia Costruzioni S.r.l. contro Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza ambientale nella Regione Calabria. Arbitrato - Controversie relative a contratti stipulati per la realizzazione di interventi connessi alle dichiarazioni di stato d'emergenza e di grande evento - Prevista nullita' ex lege dei compromessi e delle clausole compromissorie - Retroattiva decadenza dei giudizi arbitrali pendenti alla data di entrata in vigore della norma (eccettuati quelli per i quali era gia' stata completata la fase istruttoria) - Contrasto con i principi del processo giusto, della ragionevole durata del processo e del giudice naturale precostituito per legge - Ingiustificata disparita' di trattamento - Violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela dell'affidamento, nonche' del diritto di difesa - Irragionevole lesione dell'autonomia privata - Inosservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali - Violazione del principio comunitario del legittimo affidamento. - Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito nella legge 26 febbraio 2010, n. 26, art. 15, comma 3. - Costituzione, artt. 2, 3, 24, 25, 41, 111, commi primo e secondo, e 117, primo comma (in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 47 della Carta europea dei diritti fondamentali).(GU n.27 del 7-7-2010 )
IL COLLEGIO ARBITRALE Ha pronunciato la seguente ordinanza tra ARCADIA COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, Via del Mascherino n. 72, presso lo studio degli avv.ti Maurizio Zoppolato e Federico Zanichelli, che la rappresentano e difendono giusta procura a margine della domanda di arbitrato del 29 giugno 2009; e Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza ambientale nella regione Calabria, in persona del Commissario pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ex lege, nella persona dell'Avv. Carla Colelli, in relazione al contratto di appalto rep. n. 218 del 3 novembre 2003, avente ad oggetto i lavori di realizzazione di un depuratore in localita' Brancaleone. Svolgimento del giudizio Con atto del 29 giugno 2009 denominato «domanda di arbitrato con contestuale nomina di arbitro ed invito a controparte per analoga nomina» e notificato, tra l'altro, all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro in data 3 luglio 2009, l'Impresa Arcadia Costruzioni s.r.l., in relazione al contratto di appalto del 3 novembre 2003 tra la stessa Arcadia Costruzioni e il Commissario delegato per l'emergenza ambientale nella regione Calabria - contratto avente ad oggetto i lavori di realizzazione di un depuratore in localita' Brancaleone e contenente all'art. 15 una clausola compromissoria - chiamava in arbitrato il suddetto Commissario delegato, designando come Arbitro l'avv. Maria Alessandra Bazzani, invitando il Commissario delegato a nominare altro Arbitro e proponendo al costituendo Collegio Arbitrale le seguenti domande: «Voglia l'Ill.mo Collegio, contrariis rejectis, nel merito: accertare e, occorrendo, dichiarare la risoluzione del contratto d'appalto di cui in narrativa, per inadempimento, e comunque per fatto e colpa della Stazione Appaltante, Commissario delegato per l'emergenza ambientale nella regione Calabria; accertare e dichiarare l'illiceita' della condotta della medesima Stazione appaltante per inadempimento, nonche' per violazione di legge e dei principi di buon andamento, correttezza e buona fede; condannare la medesima Amministrazione al pagamento, in favore di Arcadia Costruzioni S.r.l., di tutti i danni subiti dalla medesima Impresa, anche a norma degli artt. 1453, 1218, 1375, 1337, e 2043 c.c., nella misura indicata in narrativa (€ 7.228.585,46 oltre mancato utile, interessi e rivalutazione) o risultante ad esito della causa, o, in subordine, nella misura ritenuta equa; ed al pagamento delle spese di funzionamento del Collegio Arbitrale e dei suoi consulenti, nonche' delle spese di giudizio sopportate da Arcadia Costruzioni stessa. in via istruttoria: ammettere CTU volta ad accertare i lavori eseguiti e quelli residui, nonche' a quantificare le riserve iscritte dall'ATI appaltatrice, ed i danni tutti dalla stessa prospettati; con espressa autorizzazione al Consulente dell'ecc.mo Collegio affinche' possa accedere ai luoghi di esecuzione del contratto; ed altresi' visionare ed estrarre copia di tutti i documenti relativi all'appalto per il quale e' causa; ammettere prova testimoniale sui capitoli di cui in narrativa del presente atto, preceduti dalla frase «vero che», e comunque sin d'ora con riserva di migliore formulazione dei capitoli e di indicazione dei testi; ordinare all'Amministrazione intimata l'esibizione di tutta la documentazione relativa all'appalto oggetto di causa. All'ecc.mo Collegio si produrranno gli atti e documenti indicati in narrativa, nonche' gli ulteriori che si ritenessero utili. Con riserva di altro produrre e dedurre; ed altresi' con riserva di agire separatamente per ogni eventuale ulteriore domanda di corrispettivo e/o indennizzo e/o risarcimento, in relazione alla commessa oggetto del presente giudizio». Il contratto su cui e' sorta controversia, contenente clausola compromissoria (art. 15, rubricato «Controversie»: «Eventuali controversie tra la Stazione Appaltante e l'Impresa Appaltatrice, ai sensi degli artt. 150 e 151 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999 saranno devolute alla decisione di apposito Collegio istituito presso la camera Arbitrale, con le modalita' di cui all'art. 31-bis e 32 della legge n. 109/1994»), faceva seguito all'aggiudicazione, disposta con ordinanza del Commissario n. 2533 del 27 maggio 2003 in favore della Arcadia Costruzioni, dell'appalto avente ad oggetto la «realizzazione del nuovo impianto di depurazione in localita' Fiumarella del Comune di Brancaleone (RC) e relativi collettori. Interventi di rifacimento delle reti»; l'indizione della gara, a sua volta, faceva seguito all'approvazione del progetto esecutivo - disposta con Ordinanza Commissariale n. 2533 del 27 maggio 2003 - che era stato redatto dall'A.T.I. CISAF S.p.a. - Alfa Uno - Ibi Idrobioimpianti nell'ambito di apposito appalto-concorso. Con atto in data 28 luglio 2009, avviato alla notifica alla Arcadia Costruzioni S.r.l. in data 11 agosto 2009, il Commissario delegato pro tempore indicava quale Arbitro l'Avvocato dello Stato Sergio Sabelli, gia' designato in via d'urgenza con decreto 22 luglio 2009 dell'Avvocato Generale e autorizzato in via definitiva ad assumere l'incarico con nota 12 ottobre 2009, prot. 298475 P del medesimo Avvocato Generale, previo parere reso dal Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato nella seduta del 30 settembre 2009. Gli Arbitri come sopra nominati designavano, ai sensi della predetta clausola compromissoria, l'Avv. Andrea Manzi quale terzo arbitro e Presidente del Collegio. In data 27 ottobre 2009 i suddetti tre Arbitri costituivano il Collegio Arbitrale, fissando la sede dell'arbitrato in Roma, via Federico Confalonieri n. 5, presso lo studio dell'Avv. Andrea Manzi e nominando, quale Segretario del Collegio, l'Avv. Paolo Caruso. Nella medesima data del 27 ottobre 2009, alla presenza dei difensori delle parti, il Collegio Arbitrale, come risulta dal verbale di pari data, fissava i seguenti termini: «fino al 3 novembre 2009 per il deposito, a cura di parte ricorrente, dell'originale della domanda di arbitrato e dei documenti richiamati nella stessa, nonche' per il deposito, a cura di parte resistente, dell'originale dell'atto di nomina dell'Arbitro Avv. Sergio Sabelli; fino al 30 novembre 2009, per il deposito, a cura di parte resistente, di una memoria contenente i quesiti, la loro illustrazione, la eventuale produzione di documenti e la deduzione di mezzi istruttori; fino al 23 dicembre 2009, per il deposito, a cura di parte ricorrente, di un'eventuale memoria di replica nonche' di modificazione ed integrazione dei quesiti e di completamento dei mezzi istruttori nonche' per la eventuale produzione di documenti in replica; fino al 25 gennaio 2010, per il deposito, a cura di parte resistente, di un'eventuale memoria di replica nonche' di modificazione ed integrazione dei quesiti e di completamento dei mezzi istruttori nonche' per la eventuale produzione di documenti in replica. Fissa la seduta del 9 febbraio 2010, alle ore 14,30, per il tentativo di conciliazione, l'interrogatorio libero delle parti e la trattazione della causa». Con memoria depositata in data 30 novembre 2009, l'Avvocatura dello Stato, nell'interesse del Commissario delegato, prendeva posizione sui fatti di causa, contestando l'ammissibilita' e la fondatezza delle domande svolte dalla Arcadia Costruzioni S.r.l. e formulando le seguenti conclusioni: «Voglia l'Ecc.mo Collegio arbitrale, contrariis reiectis: a) dichiarare l'inammissibilita' e nullita' del giudizio arbitrale per nullita' del contratto e della clausola compromissoria; b) rigettare le domande arbitrali stante la nullita', ovvero l'inesistenza del contratto rep. n. 4201 del 7 novembre 2003, con conseguente infondatezza delle pretese creditorie azionate dall'impresa appaltatrice sulla base di un titolo contrattuale, per difetto di sottoscrizione da parte del Commissario delegato; c) rigettare le domande arbitrali in quanto infondate; d) condannare l'Arcadia Costruzioni S.r.l. al pagamento delle spese di funzionamento del Collegio Arbitrale ed alla rifusione delle spese legali dell'Ufficio del Commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza nel settore dei rifiuti urbani nel territorio della Regione Calabria». In particolare, l'eccepita inammissibilita' e nullita' del giudizio arbitrale deriverebbe dalla incompetenza del Dirigente dell'Ufficio Commissariale, ing. Pasquale Santelli, il quale aveva sottoscritto il contratto di appalto in difetto di delega. Con memoria depositata il 23 dicembre 2009, la Arcadia Costruzioni S.r.l. replicava alle deduzioni svolte da parte convenuta e confermava, nel merito, le conclusioni gia' svolte nella domanda di arbitrato, formulando e specificando altresi', sia pure «per scrupolo e ad abundantiam», richieste istruttorie di ammissione di consulenza tecnica d'ufficio e prova testimoniale, nonche' richiesta di emissione di un ordine di esibizione nei confronti dell'Amministrazione convenuta. Con memoria depositata il 25 gennaio 2010, l'Avvocatura dello Stato, ritenendo applicabile alla controversia il disposto dell'art. 15, comma 3, del sopravvenuto d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2009, n. 302, sollevava ulteriore eccezione di nullita' della clausola compromissoria, riconoscendo peraltro l'opportunita' di attendere la conversione in legge del citato d.l. n. 195/2009. Il testo dell'art. 15, comma 3, del d.l. n. 195 del 2009, era all'epoca il seguente: «Al fine di assicurare risparmi di spesa, i compromessi e le clausole compromissorie inserite nei contratti stipulati per la realizzazione d'interventi connessi alle dichiarazioni di stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e di grande evento di cui all'art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, sono nulli e i collegi arbitrali gia' eventualmente costituiti statuiscono in conformita'». Con ordinanza presidenziale del 4 febbraio 2010, questo Collegio, ritenuta la possibile rilevanza ai fini del giudizio della disposizione dell'art. 15, comma 3, del non ancora convertito n. 195/2009, concedeva ad entrambe le parti termini al 15 marzo e al 29 marzo 2010 rispettivamente per note e repliche limitatamente alla questione della incidenza della disposizione sopravvenuta sul procedimento arbitrale in corso, differendo l'udienza gia' fissata per il 9 febbraio 2010 al 13 aprile 2010. Nelle more del deposito delle note autorizzate, con legge 26 febbraio 2010, n. 36 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2010, n. 48, S.O.), veniva convertito, con modificazioni, il d.l. 30 dicembre 2009, n. 195. All'esito della conversione, il testo dell'art. 15, comma 3, cosi' risulta: «Al fine di assicurare risparmi di spesa, i compromessi e le clausole compromissorie inserite nei contratti stipulati per la realizzazione d'interventi connessi alle dichiarazioni di stato di emergenza ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e di grande evento di cui all'art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, sono nulli. Sono fatti salvi i collegi arbitrali presso cui pendono i giudizi per i quali la controversia abbia completato la fase istruttoria alla data di entrata in vigore del presente decreto». Con memoria depositata il 15 marzo 2010, l'Avvocatura dello Stato confermava l'eccezione di nullita' della clausola compromissoria alla luce del testo dell'art. 15, comma 3 del d.l. n. 195/2009, risultante dalla conversione operata con legge n. 26/2010. Con memoria in pari data, la difesa della Arcadia Costruzioni rilevava la non applicabilita' del citato art. 15, comma 3, alla controversia; e cio' sia, in via principale, perche' gli adempimenti istruttori si sarebbero esauriti con il deposito documentale operato dalla stessa Arcadia Costruzioni in data 23 dicembre 2009 e dunque in data anteriore all'entrata in vigore del d.l. n. 195/2009, sia, in via gradata, per l'eccepito contrasto della norma, sotto vari profili, con principi di rango comunitario e costituzionale. L'Impresa attrice insisteva dunque per l'accoglimento delle gia' rassegnate conclusioni e chiedeva altresi', occorrendo, la disapplicazione dell'art. 15, comma 3, del d.l. n. 195/09 nel testo risultante dalla conversione operata con legge n. 26/2010, ovvero la rimessione alla Corte costituzionale del giudizio di legittimita' della norma ivi contenuta, alla stregua delle diffuse considerazioni svolte nella medesima memoria del 15 marzo 2010. Le parti non si avvalevano del secondo termine assegnato dal Collegio Arbitrale per eventuali repliche. All'udienza del 13 aprile 2010, le difese delle parti discutevano ampiamente la causa. L'Avv. Zoppolato, per l'Impresa attrice, ritenendo la causa matura per la decisione, chiedeva fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni; 1'Avv. Colelli, per l'Amministrazione, insisteva per la dichiarazione di nullita' della clausola compromissoria e, conseguentemente, del giudizio, e, in subordine, quanto alla richiesta di precisazione delle conclusioni, si rimetteva. Il Collegio si riservava di provvedere. Diritto Con memoria depositata presso la sede del Collegio Arbitrale in data 16 gennaio 2010, l'Avvocatura dello Stato, nell'interesse del Commissario delegato per l'emergenza ambientale nella regione Calabria, ha sollevato eccezione di nullita' della clausola compromissoria e, conseguentemente, del presente giudizio arbitrale, quale diretta conseguenza dell'applicazione dell'art. 15, comma 3, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195. Con successiva memoria depositata in data 15 marzo 2010, all'esito dell'intervenuta conversione in legge ad opera della legge n. 26/2010, ha confermato e reiterato la medesima eccezione di nullita'. Con memoria depositata il 15 marzo 2010, la Arcadia Costruzioni S.r.l. ha contestato l'eccezione sollevata dall'Avvocatura, sostenendo, anzitutto, che, per effetto del completamento della fase istruttoria gia' alla data del 23 dicembre 2009, il presente giudizio arbitrale ricadrebbe nella previsione derogatrice dell'ultimo periodo del comma 3 dell'art. 15 del d.l. n. 195/2009; in via subordinata, per il caso di ritenuta applicabilita' della norma al giudizio, ha rilevato la contrarieta' della stessa a principi costituzionali e comunitari, chiedendone la disapplicazione e, in ulteriore subordine, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame della relativa questione. Questo Collegio Arbitrale e' chiamato, in via preliminare, a valutare l'incidenza sulla presente controversia della disposizione dell'art. 15, comma 3, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195 nel testo risultante all'esito della conversione operata con legge 26 febbraio 2010, n. 26. Poiche' la norma, attraverso la previsione di nullita' delle corrispondenti clausole compromissorie, prevede un divieto di arbitrabilita' di determinate controversie e poiche' l'eccezione e' stata sollevata dall'Avvocatura dello Stato nella prima difesa successiva alla entrata in vigore del d.l. n. 195/2009, l'eccezione e' da ritenersi tempestiva. Cio' che peraltro non e' stato contestato dalla difesa di parte attrice. Da un punto di vista logico, inoltre, l'esame dell'eccezione in parola appare prioritario rispetto all'altra eccezione di inesistenza e/o nullita' del contratto e della clausola compromissoria, sollevata dall'Avvocatura dello Stato gia' con memoria del 30 novembre 2009, eccezione quest'ultima fondata sulla dedotta incompetenza del dirigente firmatario a sottoscrivere il contratto di appalto del 3 novembre 2003. Non potrebbe infatti, in ipotesi, questo collegio arbitrale dichiarare inesistente o nullo il contratto di appalto per cui e' causa prima di aver appurato la possibilita' di conoscere nel merito la presente controversia; possibilita' che, tuttavia, allo stato sarebbe preclusa per effetto di quanto disposto dal gia' citato d.l. n. 195/2009. L'art. 15, comma 3, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, nel testo risultante all'esito della conversione operata con legge 26 febbraio 2010, n. 26, dispone: «Al fine di assicurare risparmi di spesa, i compromessi e le clausole compromissorie inserite nei contratti stipulati per la realizzazione d'interventi connessi alle dichiarazioni di stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e di grande evento di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, sono nulli. Sono fatti salvi i collegi arbitrali presso cui pendono i giudizi per i quali la controversia abbia completato la fase istruttoria alla data di entrata in vigore del presente decreto». Questo Collegio ritiene che la norma contenuta nella richiamata disposizione sia suscettibile di applicazione alla presente controversia. Infatti e in primo luogo il contratto rep. 218 del 3 novembre 2003 intervenuto tra il Commissario delegato e la Arcadia Costruzioni appartiene senza dubbio alla tipologia di contratti tassativamente individuati dalla norma. Con l'articolo unico del d.p.c.m. 12 settembre 1997 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 17 settembre 1997, n. 217) il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato, «ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225... lo stato di emergenza nel territorio della regione Calabria», in ordine alla situazione di crisi socio-economico-ambientale determinatasi nel settore dei rifiuti solidi-urbani. La suddetta dichiarazione dello stato di emergenza e' stata poi piu' volte prorogata con decreti aventi cadenza annuale; l'ambito dell'emergenza e' stato altresi' esteso, con d.p.c.m. 23 dicembre 1998, al settore dell'inquinamento e della depurazione delle acque e alle situazioni di emergenza idrica. Per quanto qui interessa, il contratto per cui e' causa e' stato stipulato nel vigore della proroga dello stato di emergenza disposta, sino al 31 dicembre 2003, dell'articolo unico del d.p.c.m. 20 dicembre 2002. Per di piu', lo stesso testo contrattuale opera specifici riferimenti alla normativa sull'emergenza (cfr. o.p.c.m. 21 ottobre 1997, n. 2696 e o.p.c.m. 20 febbraio 2001, n. 3106), sicche' non possono nutrirsi dubbi sul fatto che il contratto per cui e' causa appartenga al novero dei contratti menzionati nella disposizione dell'art. 15, comma 3. Chiarito quanto precede, si osserva che il richiamato art. 15, comma 3, dovrebbe trovare qui applicazione nonostante la notifica della domanda di arbitrato (3 luglio 2009) e la costituzione del Collegio arbitrale (27 ottobre 2009) siano intervenute in data anteriore rispetto all'entrata in vigore del d.l. n. 195/2009. Infatti, l'ultimo periodo della disposizione in parola, modificato in sede di conversione, e' sufficientemente chiaro nel subordinare la salvezza dei giudizi arbitrali pendenti al completamento della fase istruttoria alla data del 30 dicembre 2009, data di entrata in vigore del d.l. n. 195/2009. Al riguardo, non puo' condividersi il rilievo della Impresa attrice secondo cui alla data di entrata in vigore del d.l. n. 195/2009 gli adempimenti istruttori sarebbero stati gia' esauriti, con l'ultimo deposito documentale effettuato dalla stessa Impresa alla data del 23 dicembre 2009. Va infatti osservato che la disposizione dell'art. 15, comma 3, nella sua formulazione vigente, sottrae alla conseguenza della nullita' i soli «... giudizi per i quali la controversia abbia completato la fase istruttoria alla data di entrata in vigore del presente decreto». Pur non privo di margini di indeterminatezza, il momento di «completamento della fase istruttoria» dovrebbe coincidere con il rinvio per la precisazione delle conclusioni e presupporre, quanto meno, che sia intervenuta una pronuncia del giudice sull'ammissione dei mezzi di prova. Nella specie, va considerato che al momento dell'entrata in vigore del d.l. 30 dicembre 2009, non solo il Collegio arbitrale non si era ancora pronunciato sulle istanze istruttorie formulate dalle parti, ma non era neanche spirato il termine ultimo per il completamento di dette istanze, essendo ancora aperto il termine con scadenza al 25 gennaio 2010 entro il quale l'amministrazione convenuta avrebbe potuto depositare «... un'eventuale memoria di replica nonche' di modificazione ed integrazione dei quesiti e di completamento dei mezzi istruttori nonche' per la eventuale produzione di documenti in replica», e cio' indipendentemente dal fatto che l'amministrazione si sia poi avvalsa o meno di tale possibilita' - avendo la stessa invece in quel termine formulato proprio l'eccezione di cui si discute - e senza che debba ritenersi dunque necessaria da parte di questo Collegio una valutazione virtuale circa la eventuale completezza dell'istruttoria alla data del 30 dicembre 2009. Peraltro, il solo fatto che l'Avvocatura dello Stato, con la memoria del 25 gennaio 2010, pur non modificando formalmente i quesiti, abbia sollevato - cosi' come poteva ancora sollevare - una nuova eccezione di nullita' della clausola compromissoria del giudizio, porta a ritenere che al 30 dicembre 2009 l'istruttoria non poteva dirsi chiusa. Sulla rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, del d.l. n. 195 del 2009, come convertito con legge n. 26 del 2010. In forza dei rilievi che precedono questo Collegio deve applicare al presente giudizio arbitrale la disposizione dell'art. 15, comma 3, del d.l. n. 195/2009, prendendo atto della impossibilita' di conoscere la controversia per la soluzione della quale e' stato costituito; controversia della quale, stante la nullita' ex lege della clausola compromissoria, potra', se del caso, conoscere in via esclusiva il Giudice ordinario. Nondimeno, questo Collegio reputa, oltre che rilevanti, non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, in via subordinata, dalla Arcadia Costruzioni S.r.l. La necessita' di rimettere gli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale discende, oltre che dalla rilevata non manifesta infondatezza delle questioni sollevate dalla parte attrice alla stregua delle considerazioni che seguono, anche dalla ritenuta impossibilita' di procedere ad una interpretazione costituzionalmente orientata di una norma che con sufficiente chiarezza incide anche su giudizi arbitrali pendenti. A tanto si aggiunga la ritenuta impossibilita' di procedere alla disapplicazione della norma per la invocata contrarieta' a principi risultanti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (con particolare riferimento alla dedotta violazione dell'art. 6) e dalla Carta europea dei diritti fondamentali (con particolare riferimento alla dedotta violazione dell'art. 47). In entrambi i casi, esclusa la possibilita' di operare in via interpretativa, il contrasto della norma legislativa interna si porrebbe non gia' nei confronti di una norma comunitaria direttamente applicabile, idonea a fornire la regula juris per il caso concreto, ma nei confronti di principi del diritto comunitario, peraltro sostanzialmente corrispondenti a principi espressi dalla Costituzione italiana. Inoltre, e' stato chiarito che la Convenzione europea dei diritti dell'uomo non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati contraenti; di talche' il giudice nazionale non puo' procedere alla disapplicazione della norma interna contrastante, ma solo, eventualmente, sollevare questione di costituzionalita' con riferimento al parametro espresso dall'art. 117, primo comma, Cost. (V. Corte Cost., sent. 12 marzo 2010, n. 93 e sent. 24 ottobre 2007, n. 348; Cass. Civ., sez. I, sent. 20 maggio 2006, n. 11887 e sent. 27 maggio 2009, n. 12422). Per quanto concerne la Carta europea dei diritti fondamentali, detta Carta di Nizza, recepita dal trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, il superamento dei dubbi circa il suo valore vincolante (cfr., da ultimo, Cass. Civ. sent. 2 febbraio 2010, n. 2352), non autorizza, di per se', il giudice nazionale alla disapplicazione della norma interna ritenuta contrastante, ma ne comporta la rimessione al giudice delle leggi affinche' questi, nel sindacato di legittimita' ex art. 117, primo comma, Cost., valuti la conformita' del diritto nazionale ai principi del Trattato di Lisbona e della Carta di Nizza. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195. Come detto, con memoria depositata il 15 marzo 2010, la Arcadia Costruzioni S.r.l., ha sollevato, in via subordinata, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, denunciando, in sintesi: 1) violazione del principio costituzionale del giusto processo e della ragionevole durata del processo, con riferimento agli artt. 2, 3 e 111, primo comma, Cost.; 2) violazione del principio costituzionale del giudice precostituito per legge, con riferimento all'art. 25 Cost.; 3) violazione del principio di parita' di trattamento, con riferimento all'art. 3 Cost.; 4) violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela dell'affidamento e violazione del diritto di difesa, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; 5) irragionevole lesione dell'autonomia privata, con riferimento agli artt. 41, 24 e 25 Cost. Le questioni paiono al Collegio non manifestamente infondate, con le precisazioni che seguono. 1) Sotto il primo profilo, parte attrice ha condivisibilmente dedotto che la previsione di decadenza di giudizi arbitrali correttamente instaurati, con attribuzione del contendere alla giurisdizione ordinaria, si traduce necessariamente in un notevole ed ingiustificato prolungamento del contendere; l'irretroattivita' di previsioni modificative della giurisdizione e della competenza e' principio codificato dall'art. 5 c.p.c., che la Corte costituzionale ha valorizzato quale presidio del principio costituzionale della ragionevole durata del processo (cfr. Corte cost. ordinanza n. 363/08; e, nello stesso senso, Cass. SS. VV. Sentenze n. 25031/05, n. 19552/03 e n. 9554/03). Quanto al caso concreto, l'attrice ha segnalato di aver instaurato il giudizio arbitrale gia' da diversi mesi (la domanda di arbitrato e' stata notificata il 3 luglio 2009) e ha osservato che i tempi subiranno ulteriore aggravamento, sia per le formalita' di riproposizione del giudizio ex novo, sia per effetto dell'attribuzione della competenza alla sede giudiziaria ordinaria, notoriamente priva delle dotazioni necessarie ad assicurare la trattazione e la decisione in tempi ragionevoli quali quelli garantiti dal giudizio arbitrale. Ne', a parere dell'attrice, il sacrificio del diritto - costituzionalmente garantito - ad un processo giusto e, quindi, celere, sarebbe «giustificato» dal «risparmio di spesa» posto a fondamento della previsione di decadenza; l'esigenza di «risparmio di spesa», oltre a non essere espressa in termini circostanziati (tanto da non essere chiaro se nelle intenzioni del legislatore il perseguito risparmio si riferisca, cosi' come pare al Collegio, alle spese del procedimento arbitrale, o se invece debba riferirsi alle conseguenze di una presunta maggiore probabilita' di soccombenza della parte pubblica) non pare destinata ad essere soddisfatta nell'ipotesi in cui, alla data di entrata in vigore della norma sospettata di illegittimita', sia gia' intervenuta la costituzione del Collegio arbitrale arbitrale e sia stata avviata (e risulti inoltrata) l'attivita' processuale. Non paiono quindi applicabili alla fattispecie concreta, come oggi disciplinata dall'art. 15, comma 3, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, le considerazioni espresse nelle ordinanze n. 11 del 2003 e n. 162 del 2009 in ordine alla copertura costituzionale del principio di risparmio di spesa, la cui ragionevolezza deve tener conto delle singole componenti della fattispecie medesima. Alle considerazioni che precedono, che questo Collegio condivide reputando non manifestamente infondata la relativa questione, deve aggiungersi quanto segue in ordine al principio di effettivita' della tutela sotteso alla translatio iudici. Facendo applicazione dell'art. 15, comma 3, del d.l. n. 195/2009, il Collegio dovrebbe definire il procedimento con lodo, dichiarando la nullita' dell'intero giudizio e vanificando un processo che ha gia' visto la dimissione di almeno tre atti difensivi per ciascuna parte. Piu' precisamente, l'art. 819-ter c.p.c., risolvendo un contrasto giurisprudenziale e dottrinario precedente alla riforma operata con d.lgs. n. 40/2006, ha attribuito alla devoluzione agli arbitri la qualificazione di vera e propria attribuzione di competenza (V. Cass. civ. sez. III, ord. 14 gennaio 2009, n. 587; Cass. civ. sez. III, ord. 29 agosto 2008, n. 21926), nel contempo prevedendo, al comma 2, che «... nei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano regole corrispondenti agli articoli 44, 45, 48, 50 e 295»; il che esclude che possa darsi luogo ad una translatio iudicii dal processo arbitrale al processo giurisdizionale (con i relativi riflessi quanto alla rilevanza delle questioni sollevate). La sufficiente chiarezza della norma appena riportata non sembra lasciare margini ad una interpretazione costituzionalmente orientata, pena la disapplicazione di fatto della norma stessa. Cosi' stando le cose, non possono portare a differente conclusione ne' le rilevate incongruenze della espressa riconduzione della eccezione di compromesso nel novero delle eccezioni di competenza, ne' i principi resi dalla Corte costituzionale, riferiti a soli rapporti di giurisdizione, per cui «... devono ormai ritenersi presenti nel vigente sistema del diritto processuale civile, sia il principio di prosecuzione del processo davanti al giudice munito di giurisdizione, in caso di pronuncia declinatoria della giurisdizione da parte del giudice inizialmente adito, sia il principio di conservazione degli effetti, sostanziali e processuali, della domanda proposta a giudice privo di giurisdizione» (cfr., da ultimo, Corte cost., ord. n. 110/2010 e n. 257/2009). La necessita' per la parte che ha assunto l'iniziativa processuale di dover avviare ex novo un'azione avanti al giudice ordinario suscita serie perplessita', oltre che con riferimento al rispetto del principio della ragionevole durata del processo, anche con riferimento al diritto di difesa: anzitutto poiche' non potrebbero esser fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda svolta avanti al giudice incompetente, ma anche per il fatto che sia stata vanamente - e dispendiosamente - svolta attivita' processuale che dovra' essere ripetuta, con stravolgimento e deroga al sistema delle preclusioni processuali e impossibilita' di sviluppare una strategia processuale ragionata, menomazione quest'ultima nella quale incorre anche la parte convenuta per effetto della gia' maturata «discovery» delle proprie strategie di difesa. Quanto all'esigenza dichiarata dalla norma, vale a dire il risparmio di spesa, il Collegio - non entrando nella discrezionalita' del legislatore nel prefissare gli obiettivi della legge, bensi' confrontando gli obiettivi enunciati con le misure in concreto disposte per il loro perseguimento - dubita che esso possa essere effettivamente conseguito applicando l'art. 15, comma 3 anche ai giudizi arbitrali pendenti alla data di entrata in vigore della norma; il rischio e' anzi che, per effetto della moltiplicazione delle attivita' processuali e della necessita' di adire altro giudice, le «spese» complessive risultino incrementate. Ai fini di una migliore valutazione della fattispecie concreta (da valere come situazione tipo) il Collegio aggiunge di aver gia' richiesto alle parti, con apposita ordinanza del 13 aprile 2010, un versamento - peraltro con applicazione della dimidiazione dei compensi della tariffa di cui al d.m. n. 398/2000 disposta dall'art. 241, comma 12, del d.lgs. n. 163/2006, come modificato dal d.lgs. n. 113/2007 - a titolo di acconto per onorari degli arbitri e della segreteria. Il Collegio ritiene percio', per le ragioni suesposte, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione agli artt. 2, 3, 24, e 111, primo e secondo comma, Cost.). 2) Sotto altro profilo, parte attrice ha sollevato questione di costituzionalita' della norma in questione, nella misura in cui sancisce retroattivamente la decadenza di un giudizio regolarmente instaurato, per violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge sancito dall'art. 25 Cost. Il Collegio non ignora quanto la Corte costituzionale ha avuto occasione di statuire con la sentenza n. 376 del 2001 per escludere l'illegittimita' costituzionale di norma limitativa della competenza arbitrale; ritiene peraltro che la citata decisione si basi su presupposti significativamente diversi, in quanto la norma esaminata non era applicabile ai giudizi in corso. Anzi, tale circostanza era stata considerata elemento decisivo ai fini della valutazione di rispetto del parametro di cui all'art. 3 Cost. Corrobora, altresi', la rilevanza del discrimine rappresentato dall'instaurazione del giudizio arbitrale proprio quanto si legge nell'ordinanza n. 11 del 2003, che ricorda che la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge applicabile ed allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Una volta chiarito che, nella specie, si vengono a profilare conseguenze che contrastano con l'applicazione della norma generale di cui all'art. 5 c.p.c., anche questo rilievo appare non manifestamente infondato, di talche' si impone di chiarire se, essendo la competenza arbitrale cristallizzata in un contratto avente forza di legge tra le parti ed essendo il Collegio arbitrale gia' costituito questo potra' essere ritenuto giudice naturale ai sensi dell'art. 25 Cost. Il Collegio ritiene percio', per le ragioni suesposte, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione all'art. 25 della Costituzione. 3) La previsione normativa di decadenza degli arbitrati in corso, a beneficio della competenza del Giudice ordinario, e' ritenuta poi in aperto contrasto anche con il principio di parita' di trattamento (e, quindi, anzitutto, con l'art. 3 della Costituzione). In proposito, parte attrice ha osservato che la retroattiva decadenza riguarda unicamente le clausole compromissorie che accedono a contratti stipulati a norma dell'art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992; una siffatta limitazione darebbe luogo ad una ingiustificata disparita' di trattamento, atteso che la ratio della previsione di decadenza («assicurare risparmi di spesa») non ha alcuna attinenza con la ratio dell'art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992 (che e' quella di porre fine celermente a situazioni di emergenza, oltre che, si puo' aggiungere, alle relative controversie). Il Collegio, pur consapevole della discrezionalita' che la Corte costituzionale ha riconosciuto al legislatore in tema di individuazione delle materie sottratte alla possibilita' di compromesso (sentenza n. 376/2001), osserva che la denunciata contraddizione tra le finalita' della normativa dell'emergenza (porre fine all'emergenza), l'obiettivo perseguito dall'art. 15 del d.l. n. 195/2009 (contenimento della spesa) e le conseguenze della soluzione adottata dal legislatore, integra quella illogicita' e irragionevolezza della diversita' di disciplina denunciabile dinanzi alla Corte costituzionale, in quanto l'azzeramento di un giudizio gia' inoltrato, con conseguente onere di riproposizione, discrimina le parti dei processi in corso, affidando ad un elemento non uniformemente disciplinato dalla legge (il «completamento» della fase istruttoria) l'applicazione della drastica misura della nullita'. Non puo' infatti sfuggire che ai sensi dell'art. 816-bis c.p.c. il potere di regolamentare le norme del processo e' affidato alle parti ed allo stesso Collegio. Il Collegio ritiene percio', per le ragioni suesposte, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione all'art. 3 della Costituzione. 4) Viene poi censurata la violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela dell'affidamento, oltre che del diritto difesa, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Viene rilevato che la Corte costituzionale, gia' chiamata a pronunciarsi sulla retroattiva previsione di nullita' di clausole compromissorie accessorie a determinate tipologie di contratti, ne abbia riconosciuto la legittimita' proprio in ragione del fatto che le norme considerate non intaccavano giudizi pendenti (cfr. Corte cost. ordinanze n. 162/2009, n. 11/2003 e n. 376/2001). Il riferimento e', in particolare, alla gia' citata ordinanza n. 11/2003, con la quale la Corte, nel valutare la legittimita' costituzionale di norme sostanzialmente analoghe a quella qui in discussione, ma implicanti una diversa applicabilita' ratione temporis, ha affermato che «il principio dell'affidamento... non puo' in alcun modo ritenersi leso dalle norme impugnate in quanto esse, escludendo dal divieto di devoluzione ad arbitri le sole controversie per le quali sia stata gia' notificata la domanda di arbitrato alla data di entrata in vigore del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 ..., non attribuiscono al suddetto divieto alcuna efficacia retroattiva ma al contrario fanno puntuale applicazione della norma generale enunciata dall'art. 5 del codice di procedura civile.». Retroattivita' che, nel caso in esame, non e' invece affatto evitata, poiche' l'applicazione della norma vanifica retroattivamente un processo ritualmente avviato da mesi e legittimamente coltivato. Ancora, la norma qui considerata, nella parte in cui prevede la decadenza di giudizi legittimamente instaurati (qual e' il presente), sacrifica in termini irragionevoli il diritto di difesa (dal che la violazione dell'art. 24 e dell'art. 3 della Costituzione), perche' aggrava in misura consistente e non giustificata l'onere dell'attore, costringendolo ad iniziare daccapo il processo e penalizzandolo nei confronti del convenuto. A quest'ultimo proposito, osserva la difesa di parte attrice che il vizio in questione assume peculiare rilievo anche perche' tutte le clausole compromissorie colpite dalla sanzione di nullita' di cui all'art. 15 del d.l. n. 195/2009 sono state predisposte dall'Amministrazione dello Stato (cosi' come l'intero contratto al quale accedono), ossia proprio dalla parte che oggi vorrebbe giovarsi della loro retroattiva decadenza. Il Collegio ritiene percio', per le ragioni suesposte, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nonche' al principio comunitario di legittimo affidamento. 5) La previsione di cui all'art. 15, comma 3, d.l. n. 195/2009, nella misura in cui determina la decadenza di giudizi ritualmente instaurati, comporta, ad avviso di parte attrice, che si condivide, anche un'irragionevole lesione dell'autonomia privata (e quindi la violazione dell'art. 41 ed altresi', ancora, degli artt. 24 e 25 Cost.). Al riguardo, parte attrice ha considerato che la Corte costituzionale ha piu' volte evidenziato che l'istituto dell'arbitrato e' da ricondurre alla libera scelta delle parti, intesa come «uno dei modi di disporre, anche in senso negativo (e, quindi, evidentemente, in attuazione di un valore costituzionale superiore, quale, appunto, quello della libera determinazione; n.d.r.) del diritto di cui all'art. 24, primo comma Cost.» (cfr. Corte cost., sentenza n. 221/05, nonche' sentenza n. 2/63). Il Collegio ritiene percio', per le ragioni suesposte, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione agli artt. 24, 25 e 41 della Costituzione. 6) Infine il Collegio ritiene di condividere, sia pure traendone conseguenze diverse, i rilievi di parte attrice volti a far valere la contrarieta' a principi sopranazionali della norma di cui all'art. 15, comma 3 del d.l. n. 195 del 2009. La relativa questione infatti non potra' portare, per quanto gia' detto, alla disapplicazione della norma, ma comporta, a parere del Collegio, violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., nella parte in cui l'esercizio della potesta' legislativa viene assoggettato al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Cio' in quanto sia il principio del giudice precostituito per legge che quello di ragionevole durata del processo sono sanciti, oltre che direttamente dalla Carta Costituzionale, anche dall'art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, nonche' dall'art. 47 della Carta Europea dei diritti fondamentali (cfr., in proposito, Corte cost. sentenza n. 88/1962; Corte cost. ordinanza n. 162/2009; Corte cost. ordinanza n. 11/2003). Il Collegio ritiene percio', per le ragioni suesposte, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione all'art. 117, comma 1, della Costituzione. In conclusione, ricorrono i presupposti considerati dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la rimessione delle questioni di legittimita' costituzionale sopra descritte, e segnatamente la rilevanza e l'impossibilita' di definire il giudizio indipendentemente dalla soluzione delle questioni e la non manifesta infondatezza delle stesse. Infine, e per completezza, si osserva che la possibilita' per questo Collegio arbitrale di sollevare questione di legittimita' costituzionale, gia' da tempo riconosciuta dalla Corte costituzionale (sent. n. 376/2001), e' oggi espressamente ammessa dall'art. 819-bis c.p.c., come sostituito dall'art. 22 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.
P. Q. M. Il Collegio arbitrale, visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione agli artt. 2, 3, 24, 25, 41, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., nonche' al principio comunitario di legittimo affidamento; Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con legge 26 febbraio 2010, n. 26, per quanto esposto in motivazione ed in relazione agli artt. 2, 3, 24, 25, 41, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., nonche' al principio comunitario di legittimo affidamento; Sospende il procedimento in corso ai sensi dell'art. 819-bis, comma 1, n. 3, c.p.c.; Dispone la notificazione della presente ordinanza ai procuratori delle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato; Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla Corte costituzionale unitamente agli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. Cosi' deliberato all'unanimita' in conferenza personale di tutti gli arbitri in Roma, via F. Confalonieri n. 5, nelle Camere di Consiglio del 13 aprile 2010 e 24 maggio 2010. Il Presidente: Manzi Gli arbitri: Bazzani - Sabelli Depositata presso la segreteria del Collegio arbitrale in data 24 maggio 2010. Il Segretario del Collegio: Caruso