N. 230 SENTENZA 21 - 24 giugno 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Responsabilita' civile - Risarcimento del danno derivante da sinistro
  stradale - Litisconsorzio necessario, ai sensi dell'art.  102  cod.
  proc. civ., nei giudizi promossi fra l'impresa di  assicurazione  e
  le persone danneggiate - Denunciata  violazione  del  principio  di
  ragionevolezza, del diritto di agire in giudizio e del principio di
  ragionevole durata del processo - Questione identica ad altra  gia'
  dichiarata inammissibile per omessa sperimentazione  del  tentativo
  di  interpretazione  conforme  a  Costituzione  e  denuncia  di  un
  inconveniente   di   mero   fatto,   estraneo   al   controllo   di
  costituzionalita' - Inammissibilita'. 
- D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 140, comma 4. 
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111, secondo comma. 
Delegazione legislativa - Sindacabilita' - Criteri. 
- Costituzione, art. 76. 
Responsabilita' civile - Risarcimento del danno derivante da sinistro
  stradale - Litisconsorzio necessario, ai sensi dell'art.  102  cod.
  proc. civ., nei giudizi promossi fra l'impresa di  assicurazione  e
  le persone danneggiate - Denunciato eccesso di delega -  Esclusione
  - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 140, comma 4. 
- Costituzione, art. 76; legge 29 luglio 2003, n. 229, art. 4. 
(GU n.26 del 30-6-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 140,  comma  4,
primo periodo, del  decreto  legislativo  7  settembre  2005  n.  209
(Codice  delle  assicurazioni  private)  promosso  dal  Tribunale  di
Catania nel procedimento vertente tra S. S. ed  altre,  e  P.  I.  ed
altre, con ordinanza del 23 settembre 2009 iscritta  al  n.  329  del
registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 4, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Udito nella Camera di consiglio del 26  maggio  2010  il  giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale di Catania, in  composizione  monocratica,  con
l'ordinanza  indicata  in  epigrafe,  ha   sollevato   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 140, comma 4,  del  decreto
legislativo 7 settembre 2005,  n.  209  (Codice  delle  assicurazioni
private), in riferimento agli articoli  3,  24,  76  e  111,  secondo
comma, della Costituzione, nella parte in cui prevede  un'ipotesi  di
litisconsorzio necessario, ai  sensi  dell'art.  102  del  codice  di
procedura civile, nei giudizi promossi fra l'impresa di assicurazione
e le persone danneggiate. 
    2. - Il rimettente premette che il giudizio principale  e'  stato
promosso, ai sensi dell'art. 144 del d.lgs. n. 209 del 2005, da S. S.
e  L.  S.,  quali  genitori  del  defunto  S.  A.,  per  ottenere  il
risarcimento dei danni da sinistro stradale  avvenuto  il  31  luglio
2006, nel quale erano rimasti coinvolti quattro autoveicoli,  con  un
bilancio, oltre ai danni ai mezzi, di  un  morto,  cinque  feriti  ed
altri danneggiati a vario titolo, di cui soltanto alcuni individuati. 
    In base alla prospettazione delle parti  ed  alle  domande  dalle
stesse proposte, oggetto delle controversie sono pretese risarcitorie
ben superiori ai limiti del massimale. 
    Il giudice a quo  riferisce  che  la  resistente  societa'  Duomo
Unione Assicurazioni S.p.A. ha eccepito la mancata  integrazione  del
contraddittorio, ai sensi dell'art. 140, comma  3  (recte:  comma  4)
sopra citato, in relazione alla domanda di provvisionale proposta nel
giudizio, ai sensi dell'art. 5 della legge 21 febbraio 2006,  n.  102
(Disposizioni  in  materia  di  conseguenze  derivanti  da  incidenti
stradali),   subordinata   dagli   istanti    all'integrazione    del
contraddittorio da porre a carico della societa' assicuratrice. 
    Richiamato  il  disposto  della  norma  censurata,  che   prevede
un'ipotesi di litisconsorzio  necessario  nei  giudizi  promossi  fra
l'impresa di assicurazione e le persone  danneggiate,  il  rimettente
ritiene rilevante la questione nel  giudizio  a  quo,  osservando  (e
trascrivendo, in merito, le motivazioni della ordinanza del Tribunale
di Nola in data 15 novembre 2008),  che  l'applicazione  della  norma
censurata imporrebbe di ordinare, ai sensi dell'art. 102  cod.  proc.
civ., l'integrazione del contraddittorio nei  confronti  di  tutti  i
danneggiati  non  chiamati  in  causa,  gia'   noti   o   ancora   da
identificare,  ricorrendo  un'ipotesi  di  illecito  da  circolazione
stradale ad offensivita' multipla, sicche' il giudizio  non  potrebbe
proseguire tra i soli soggetti inizialmente  in  lite.  Nel  caso  di
specie,  parti  del  giudizio  principale  sono,  esclusivamente,   i
genitori  del  deceduto,  la  fidanzata  dello  stesso,   intervenuta
successivamente, i proprietari di due dei quattro  veicoli  coinvolti
nel sinistro e l'assicuratore di uno di questi ultimi. 
    Pertanto, ad avviso del rimettente, la causa non potrebbe  essere
correttamente istruita e decisa, prescindendo  dalla  verifica  sulla
legittimita' costituzionale della  nuova  ipotesi  di  litisconsorzio
necessario, introdotta dalla disposizione in esame. 
    Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, il  giudicante
pone in evidenza come lo scopo della norma censurata  sia  quello  di
assicurare il principio della par condicio dei creditori, garantendo,
attraverso lo strumento processuale del litisconsorzio necessario, la
corretta  distribuzione  tra  i  creditori   stessi   del   massimale
eventualmente incapiente. Il corollario di tale opzione normativa  e'
individuato dal rimettente nella sostanziale  imposizione  a  ciascun
danneggiato della necessaria proposizione delle rispettive  richieste
di  danno  nell'unico  processo  -  a   litisconsorzio   necessario -
previamente promosso dal piu'  solerte  di  essi.  Infatti,  soltanto
delibando in ordine all'entita' di tutti i risarcimenti,  il  giudice
sarebbe   messo    nelle    condizioni    di    potere    distribuire
proporzionalmente il massimale tra i creditori. 
    La disposizione in esame, ad avviso del tribunale, si porrebbe in
contrasto con l'art. 76  Cost.  per  mancata  copertura  della  legge
delega. Invero,  si  tratterebbe  di  una  disposizione  processuale,
introdotta dal legislatore per ragioni  di  opportunita',  senza  che
essa trovi aggancio in alcuno  dei  principi  e/o  criteri  direttivi
dettati dal legislatore delegante (art. 4 della legge 21 luglio 2003,
n. 229 recante «Interventi in materia di qualita' della  regolazione,
riassetto normativo  e  codificazione.  -  Legge  di  semplificazione
2001»), per «il riassetto delle disposizioni vigenti  in  materia  di
assicurazioni». 
    Dopo aver richiamato le finalita' previste dalla legge delega, il
rimettente osserva che non sarebbe  dato  rinvenire  in  esse  «alcun
chiaro principio dettato dal legislatore delegante che  abbia  potuto
giustificare la norma in esame, fondandola  validamente  ex  art.  76
Cost.». 
    Il giudice a quo rileva, al riguardo, che la modifica di norme in
vigore  mediante  la  normativa  delegata,  in  assenza  di   criteri
direttivi analitici poteva comunque essere  considerata  ammissibile,
ove  utile  per  l'armonico  coordinamento  del   sistema   normativo
innovato, allo scopo di garantire la  coerenza  giuridica,  logica  e
sistematica della normativa, ovvero quando fossero stati osservati  i
principi guida della legislazione anteriore e «l'obiettivo  fosse  di
ricondurre a sistema una disciplina stratificata negli anni» sicche',
in tal caso, «non sarebbe stato necessario  che  fosse  espressamente
enunciato   nella   legge   delega   il   principio   gia'   presente
nell'ordinamento, essendo sufficiente il criterio del riordino di una
materia delimitata (Corte cost., n. 52 del  28  gennaio  2005;  Corte
cost. n. 174 del 4 maggio 2005)». 
    Tuttavia, pur volendo valorizzare tali criteri interpretativi, ad
avviso  del  tribunale  persisterebbero  i  dubbi   di   legittimita'
costituzionale circa la disposizione in esame. 
    In particolare, il  rimettente  ritiene  che  il  nuovo  istituto
processuale  non  risponda  ad  «alcuna  logica  interna  al  sistema
risarcitorio delle assicurazioni per r.c.a., ne'  appare  completare,
sul versante processuale, una regolamentazione sostanziale avente una
ratio corrispondente». 
    Si tratterebbe di una  opzione  normativa  slegata  dal  sistema,
essendo uno strumento sconosciuto nella legislazione anteriore (legge
24  dicembre  1969,  n.  990  recante  disposizioni  in  materia   di
«Assicurazione obbligatoria della  responsabilita'  civile  derivante
dalla circolazione dei veicoli a  motore  e  dei  natanti»),  nonche'
negli orientamenti giurisprudenziali formatisi sul tema nei  casi  di
pluralita'   di   danneggiati   (la   soluzione   affermatasi   nella
giurisprudenza di merito, prima della introduzione del litisconsorzio
necessario, sarebbe stata quella di una possibile chiamata  in  causa
iussu iudicis, ai sensi dell'art. 107  cod.  proc.  civ.,  dei  terzi
danneggiati, nel caso di pericolo di esubero  del  massimale,  previa
valutazione da parte del giudice istruttore del caso singolo). 
    L'istituto del litisconsorzio necessario, lungi dal «ricomporre a
sistema» e «armonizzare»  il  tessuto  normativo  nel  settore  della
responsabilita' civile  da  sinistri  stradali,  sarebbe  foriero  di
«gravi profili di disarmonia e antinomia legislativa», integrando una
innovazione  idonea   a   «complicare   e   confondere   il   sistema
processuale». 
    Innanzitutto, il litisconsorzio necessario sarebbe stato previsto
dal legislatore, con riferimento non  gia'  a  situazioni  giuridiche
insuscettibili,  per  loro  intrinseca   natura   o   struttura,   di
definizione  separata,  bensi'  con  riguardo  ad  azioni  che,   per
diversita' di petitum, causa  petendi  e  soggetti,  potevano  essere
decise separatamente. 
    Inoltre,  sarebbe  evidente  la  incongruenza  sistematica  della
scelta legislativa in esame anche nella sua applicazione pratica  (ad
esempio, nel caso di azione congiunta ai  sensi  dell'art.  102  cod.
proc. civ. tra piu' danneggiati, alcuni dei  quali  gia'  soddisfatti
delle loro ragioni al di fuori e prima della lite). 
    Il rimettente avanza poi dubbi in ordine alle  conseguenze  della
eventuale mancata costituzione di taluno dei danneggiati chiamati  in
giudizio ai sensi dell'art. 102 cod. proc. civ.  Infatti,  stante  la
diversita' dei singoli crediti risarcitori, la  mancata  costituzione
in giudizio di  taluno  dei  creditori  influirebbe  sulla  effettiva
conoscenza della causa da  parte  del  giudice,  con  il  conseguente
problema della efficacia o meno  della  sentenza  nei  confronti  del
danneggiato litisconsorte rimasto contumace, della  possibilita'  per
questi di fare valere le proprie ragioni in un successivo giudizio  e
dell'obbligo o meno del giudice di dichiarare la  non  spettanza  del
diritto al risarcimento in capo al creditore inerte. 
    Il giudice a quo richiama,  in  merito,  quanto  affermato  dalla
Corte costituzionale nella sentenza n.  340  del  2007  secondo  cui,
sebbene tra  i  principi  applicabili  in  sede  di  scrutinio  della
legittimita' costituzionale di norme di decreti legislativi, sotto il
profilo della loro conformita' alla  legge  di  delegazione,  vi  sia
anche quello del cosiddetto potere  di  riempimento  del  legislatore
delegato, «per quanto ampio possa essere quest'ultimo, non  puo'  mai
assurgere a principio o criterio direttivo, in quanto  agli  antipodi
di  una  legislazione  vincolata,  qual  e',  per   definizione,   la
legislazione su delega». 
    Il Tribunale sospetta la  violazione  dell'art.  76  Cost.  anche
sotto il profilo della asserita incidenza della disposizione in esame
sui   riti   processuali.   Invero,   sarebbe   stato   previsto   un
litisconsorzio necessario  con  riferimento  a  domande  risarcitorie
potenzialmente suscettibili di essere trattate con  riti  diversi  (i
giudizi risarcitori per danni alla persona, secondo le forme del rito
del lavoro, a norma dell'art. 2 [rectius: art. 3] della legge n.  102
del 2006, mentre quelli per danni a cosa con il rito ordinario),  con
conseguente mutamento della disciplina  processuale  dell'azione  (di
uno dei danneggiati) attratta al rito diverso. Il rimettente  segnala
come le ricadute dell'art. 140, ultimo comma, sui riti  siano  al  di
fuori della delega e richiama, al riguardo, la sentenza  della  Corte
n.   71   del   2008,   recante   declaratoria   di    illegittimita'
costituzionale, in parte qua, dell'art. 1, comma 1, del d.lgs.  n.  5
del 2003, in quanto «tale disposizione esorbita(va) dalla delega  nel
cui dettato, non trova(va) fondamento». 
    La violazione dell'art. 76 Cost. si ravviserebbe anche  sotto  il
profilo di una possibile  incidenza  della  normativa  in  esame  sui
criteri di competenza, senza che sussista una idonea copertura  della
legge delega. Infatti, ciascun danneggiato per importi rientranti nei
limiti della competenza del giudice di pace -  nonostante  l'art.  7,
comma 2, cod. proc. civ. - potrebbe essere chiamato in causa  davanti
al tribunale da parte di altro danneggiato che abbia  preventivamente
adito l'ufficio giudiziario di competenza superiore per un  suo  piu'
considerevole danno, con conseguente elusione delle norme processuali
sulla competenza. 
    Il rimettente lamenta anche la violazione dell'art. 3 Cost. sotto
il profilo della ragionevolezza della norma censurata, in  quanto  il
legislatore avrebbe previsto l'istituto del litisconsorzio necessario
senza alcuna deroga alla generalita'  dell'imposizione  (ad  esempio,
nel caso in cui  non  si  profili  un  pericolo  di  superamento  del
massimale, ovvero tale pericolo non sia stato allegato o eccepito  da
alcuna parte in causa; nel caso di danneggiati che siano  stati  gia'
eventualmente  ristorati   prima   del   giudizio   dalla   compagnia
assicurativa convenuta), imponendo all'attore oneri di evocazione  in
giudizio o integrazione del contraddittorio anche quando le finalita'
per le quali il litisconsorzio e' posto non sussistano in radice. 
    E' dedotto, altresi', il contrasto della  disposizione  in  esame
con l'art. 111,  secondo  comma,  Cost.,  in  quanto  l'istituto  del
litisconsorzio  necessario  contrasterebbe  con  le  ragioni  di  una
sollecita definizione del giudizio  risarcitorio  e  dunque  con  una
«ragionevole durata del processo». 
    Infatti, ancorche' l'attore sia stato  diligente  nelle  ricerche
degli altri danneggiati, la eventuale  pretermissione  di  alcuno  di
essi  comporta,  nell'ipotesi  di  causa  decisa  in  piu'  gradi  di
giudizio, la rimessione al giudice di  prime  cure,  ai  sensi  degli
artt. 354, primo comma, e 383, ultimo comma, cod. proc.  civ.  (Cass.
sentenza n. 10034 del 2004). 
    Il rimettente sottolinea come il legislatore abbia considerato la
difficolta' di identificazione di tutti i danneggiati prevedendo,  ex
art. 140, comma 2, del d.lgs. n.  209  del  2005,  che  la  compagnia
assicuratrice, nella fase stragiudiziale, dopo  avere  diligentemente
ricercato i danneggiati, possa soddisfare,  per  quanto  di  ragione,
quelli individuati, rispondendo nei confronti di quelli che  emergano
successivamente, nei limiti del massimale residuato, fatto  salvo  il
diritto di rivalsa di questi ultimi nei confronti di  chi  abbia,  in
precedenza, incassato di piu' di quanto gli fosse dovuto. 
    Una uguale considerazione di tali difficolta' non  avrebbe  avuto
il legislatore sul versante processuale. Infatti, l'art. 140,  ultimo
comma,  censurato,  sarebbe  stato  formulato  senza  alcuna   tutela
dell'affidamento dell'attore, il  quale  potrebbe  vedere  invalidato
l'intero giudizio ai sensi dell'art. 354 cod. proc. civ., nel caso di
danneggiati pretermessi, nonostante la massima  diligenza  impiegata,
al momento della proposizione dell'azione, nella  individuazione  dei
titolari al risarcimento. Non sarebbe  rispettoso  del  canone  della
ragionevole durata del processo neanche il fatto di  costringere,  in
un  unico  giudizio,  mediante  litisconsorzio  necessario,   domande
risarcitorie da proporre nei confronti di legittimati passivi diversi
(ad esempio, nel caso di azione  diretta,  in  forza  dell'art.  149,
codice delle assicurazioni, proposta dal  danneggiato  nei  confronti
della propria compagnia assicuratrice, ovvero  di  azione,  ai  sensi
dell'art. 141 dello stesso codice, introdotta dal  terzo  trasportato
nei confronti della compagnia di assicurazione del vettore). 
    Pertanto,  ad   avviso   del   rimettente,   lo   strumento   del
litisconsorzio  necessario  appesantirebbe  e  prolungherebbe,  senza
significative utilita', la trattazione di quasi tutti  i  giudizi  da
celebrarsi in tema di infortunistica con piu' danneggiati. 
    Il giudice a quo, nel richiamare alcuni  passaggi  dell'ordinanza
del Tribunale di Avezzano del 14 ottobre 2008, sottolinea come l'art.
140, comma 4, in esame, violerebbe l'art. 111  Cost.,  anche  per  la
necessita'  di  assicurare  i  termini  di  comparizione   per   ogni
litisconsorte pretermesso, oltre al rischio - gia' sopra  evidenziato
- della vanificazione di una  complessa  istruttoria,  qualora  venga
riconosciuta l'esistenza di litisconsorti pretermessi. 
    Quanto alla assunta violazione dell'art. 24 Cost., il  giudice  a
quo trascrive, facendole proprie, le argomentazioni  della  ordinanza
del Tribunale di Avezzano. 
    Al  riguardo,  la   disposizione   censurata,   nell'imporre   il
litisconsorzio  necessario,   aggraverebbe   ingiustificatamente   la
posizione dell'attore, danneggiato diligente, tenuto ad attivarsi per
individuare gli altri danneggiati da citare in  giudizio  o  nei  cui
confronti estendere il contraddittorio (nell'ordinanza del  Tribunale
di Avezzano e' prospettata, sotto questo profilo, la violazione degli
artt. 3 e 24 Cost. congiuntamente). Infatti, se e' vero che  l'ordine
di integrazione del  contraddittorio  grava  su  tutte  le  parti  e,
dunque,  anche  sul  responsabile   del   danno   e   l'assicuratore,
interessato  ad  attivarsi  per  individuare  gli  altri  danneggiati
sarebbe solo l'attore. La violazione dell'art. 102  cod.  proc.  civ.
potrebbe essere rilevata in ogni stato  e  grado  del  processo,  con
conseguente rimessione della causa al primo giudice (artt. 354 e  383
cod. proc. civ.) nel caso di danneggiati  pretermessi,  sempre  fatta
salva la possibile opposizione di terzo a norma  dell'art.  404  cod.
proc. civ. da parte di questi ultimi nell'ipotesi di decisione  della
causa, ad onta del contraddittorio, con sentenza passata in giudicato
formale ai sensi dell'art. 324 cod. proc. civ. 
    Inoltre, la norma creerebbe  delle  inestricabili  e  prevedibili
stasi processuali (ad esempio,  nel  caso  di  piu'  danneggiati  nel
medesimo sinistro che,  all'insaputa  l'uno  dell'altro,  introducano
altrettanti giudizi di  risarcimento),  come  avvenuto  nel  caso  di
specie, essendo il giudice a quo chiamato a decidere  sulla  riunione
al giudizio principale,  gia'  pendente  dinanzi  a  se',  di  quello
successivamente introdotto da S. C., sorella del deceduto S. A. 
    In merito, il rimettente osserva che mentre, prima della riforma,
operavano gli strumenti della connessione e della  riunione  in  base
all'art. 274 cod. proc. civ., con la introduzione  dell'istituto  del
litisconsorzio  necessario  ciascuno  dei  giudici   dovrebbe   prima
ordinare  l'integrazione  del  contraddittorio  -  senza   la   quale
qualsiasi sentenza sarebbe inutiliter data -  e,  quindi,  provvedere
sulla eventuale connessione o riunione. 
    Il giudice a quo sottolinea, richiamando alcune  pronunzie  della
Corte di cassazione, la autonomia delle  contestuali  pronunce  sulle
cause riunite, sebbene formalmente contenute  in  un'unica  sentenza,
con conseguente impugnabilita' di ognuna di esse con il mezzo che  le
e' proprio. 
    Un ulteriore profilo dell'assunta violazione dell'art.  24  Cost.
si coglie, ad avviso del rimettente, nel fatto  che,  qualora  alcuni
danneggiati (con  danni  alle  cose)  abbiano  promosso  il  relativo
giudizio dinanzi al  giudice  civile,  il  litisconsorzio  necessario
priverebbe la vittima del medesimo  sinistro  con  lesioni  personali
della facolta' di  scegliere  di  formulare  la  domanda  dinanzi  al
giudice  penale,  al  fine  di   sfruttare   l'efficacia   vincolante
dell'accertamento contenuto nella sentenza penale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale di Catania, in  composizione  monocratica,  con
l'ordinanza  indicata  in  epigrafe,  dubita,  in  riferimento   agli
articoli 3, 24, 76 e 111, secondo comma,  della  Costituzione,  della
legittimita' costituzionale dell'articolo 140, comma 4,  del  decreto
legislativo 7 settembre 2005,  n.  209  (Codice  delle  assicurazioni
private), nella parte in cui  prevede  un'ipotesi  di  litisconsorzio
necessario, ai sensi dell'art. 102 del codice  di  procedura  civile,
nei giudizi promossi fra l'impresa  di  assicurazione  e  le  persone
danneggiate. 
    Il rimettente premette di essere  chiamato  a  giudicare  in  una
causa di risarcimento danni da  sinistro  stradale,  nel  quale  sono
rimasti coinvolti quattro autoveicoli e che ha provocato  il  decesso
di una persona, nonche' il ferimento di altre e danni ai mezzi. 
    Osserva che, nella specie, l'applicazione del disposto  dell'art.
140, comma 4, del d.lgs. n. 209  del  2005,  in  base  al  quale  fra
l'impresa  di  assicurazione  e  le  persone   danneggiate   sussiste
litisconsorzio necessario, ai sensi dell'art. 102  cod.  proc.  civ.,
comporterebbe la integrazione del contraddittorio  nei  confronti  di
tutti i danneggiati non chiamati in  causa  gia'  noti  o  ancora  da
identificare, trattandosi di un sinistro ad offensivita' multipla con
superamento del massimale e non potendo il giudizio proseguire tra  i
soli soggetti inizialmente in lite. 
    Ad avviso del giudice a quo, la previsione di  un  litisconsorzio
necessario, senza alcuna deroga  rispetto  ad  ipotesi  assolutamente
diverse, aggrava oltre  ogni  ragionevole  misura  la  posizione  dei
danneggiati diligenti e, dunque, si pone in contrasto  col  principio
di ragionevolezza (art. 3 Cost.), col diritto di  agire  in  giudizio
(art. 24, primo comma, Cost.) e col principio di  ragionevole  durata
del processo (art. 111, secondo comma, Cost.). 
    Egli ritiene sussistente, inoltre,  la  violazione  dell'art.  76
Cost., in quanto  la  nuova  ipotesi  di  litisconsorzio  necessario,
introdotta dalla disposizione censurata, non troverebbe  aggancio  in
alcuno dei «principi e/o criteri direttivi» dettati  dal  legislatore
delegante per «il riassetto delle disposizioni vigenti in materia  di
assicurazioni», e inciderebbe, peraltro al di fuori della delega, sui
riti e sui criteri di competenza con elusione delle norme processuali
in materia. 
    Il rimettente, infine, motiva in modo plausibile sulla  rilevanza
e sulla non manifesta infondatezza. 
    2. - La questione di legittimita' costituzionale e' inammissibile
con riferimento agli articoli 3, 24 e 111, secondo comma, Cost. e non
fondata in relazione all'art. 76 Cost. 
    3.  -  In  ordine  alla  dedotta  violazione  del  principio   di
ragionevolezza, del diritto di agire in giudizio e del  principio  di
ragionevole durata del processo, con sentenza n. 329 del 2009  questa
Corte ha gia' dichiarato inammissibile la questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 140, comma 4, del d.lgs. n.  209  del  2005,
sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 111 Cost. 
    Considerata la sostanziale  identita'  delle  censure  mosse  con
l'ordinanza in epigrafe nel quadro dei parametri ora  citati,  devono
essere ribadite le argomentazioni poste a fondamento  della  suddetta
pronuncia e che qui si riassumono. 
    Il citato art. 140, comma 4, prevede che  «Nei  giudizi  promossi
fra l'impresa di assicurazione  e  le  persone  danneggiate  sussiste
litisconsorzio necessario, applicandosi  l'art.  102  del  codice  di
procedura civile». Il secondo periodo dello stesso comma aggiunge che
«L'impresa di assicurazione puo' effettuare il deposito di una somma,
nei limiti del massimale, con effetto liberatorio  nei  confronti  di
tutte le persone aventi diritto al risarcimento, se  il  deposito  e'
irrevocabile e vincolato a favore di tutti i danneggiati». 
    Nella menzionata sentenza questa Corte  ha  sottolineato  che  la
norma, sotto la rubrica  «Pluralita'  di  danneggiati  e  supero  del
massimale», e' diretta a disciplinare il concorso di piu' danneggiati
nello stesso  sinistro,  regolando  i  rapporti  fra  i  creditori  e
l'impresa di assicurazione. 
    In particolare, l'art. 140, comma 1, del medesimo d.lgs. prevede,
in  ossequio  al  principio  della  parita'  tra  i   creditori,   la
proporzionale riduzione dei diritti dei  danneggiati  creditori  fino
alla concorrenza delle somme  disponibili,  mentre  i  commi  2  e  3
disciplinano,  rispettivamente,  i  pagamenti  eseguiti  dall'impresa
assicuratrice  ad  alcune  delle  persone  danneggiate,  in   eccesso
rispetto alla quota loro dovuta, ed i diritti  spettanti  agli  altri
danneggiati il cui credito sia rimasto insoddisfatto. 
    La disposizione riproduce, con alcune modifiche, l'art. 27  della
legge 24 dicembre 1969,  n.  990  (Assicurazione  obbligatoria  della
responsabilita' civile derivante dalla  circolazione  dei  veicoli  a
motore e  dei  natanti),  ispirandosi  al  medesimo  principio  della
parita'   dei   creditori   nella   distribuzione   del    massimale,
eventualmente incapiente. 
    Il Consiglio di Stato, nell'esprimere il parere sullo  schema  di
d.lgs.  recante  il  codice  delle  assicurazioni  (parere  n.  11603
adunanza del 14 febbraio 2005),  «rappresento'  l'esigenza,  recepita
dal  legislatore  in  sede  di  esercizio  della  delega,  che  fosse
introdotta una fattispecie di litisconsorzio necessario,  perche'  la
decisione delle controversie rientranti nell'ambito applicativo della
norma de qua doveva essere emessa nei confronti  di  piu'  parti.  In
caso contrario, infatti, la sentenza resa tra l'assicuratore ed uno o
alcuni soltanto dei danneggiati avrebbe vanificato  il  principio  di
parita' tra i  creditori.  La  necessita'  del  litisconsorzio  nelle
controversie di cui si tratta, dunque, nasce dal detto principio, che
comporta un rapporto di dipendenza tra le  posizioni  dei  creditori,
gia'  idoneo  a  rendere  non  palesemente  irragionevole  la   norma
censurata, che  si  colloca  nel  quadro  dei  rapporti  tra  impresa
assicuratrice e  pluralita'  di  soggetti  danneggiati  a  causa  del
medesimo sinistro. Cio' emerge  anche  dalla  possibilita',  prevista
nella medesima norma, che  l'impresa  di  assicurazione  effettui  il
deposito  di  una  somma,  nei  limiti  del  massimale,  con  effetto
liberatorio nei confronti di  tutte  le  persone  aventi  diritto  al
risarcimento, se il deposito e' irrevocabile e vincolato a favore  di
tutti i danneggiati». 
    In ordine all'asserita violazione dell'art.  3  Cost.,  la  Corte
costituzionale ha  richiamato  la  propria  costante  giurisprudenza,
secondo cui al legislatore  spetta  un'ampia  discrezionalita'  nella
conformazione degli istituti processuali, con il  solo  limite  della
manifesta irragionevolezza delle scelte compiute,  nella  specie  non
ravvisabile per le  considerazioni  svolte  circa  la  ratio  che  ha
ispirato la previsione del litisconsorzio  necessario  (ex  plurimis,
sentenze n. 221 del 2008, n.237 del 2007, ordinanza n. 405 del 2007). 
    In secondo luogo, essa ha rilevato «che i casi di  litisconsorzio
necessario, in quanto incidenti sulla liberta' di agire in  giudizio,
devono formare oggetto d'interpretazione restrittiva». 
    In linea con tale insegnamento, la giurisprudenza di legittimita'
ha  proposto  un'interpretazione  idonea  a  circoscrivere   l'ambito
applicativo della  norma  censurata,  affermando  la  necessita'  del
litisconsorzio esclusivamente  se  l'assicurazione,  di  fronte  alle
richieste di piu' danneggiati,  formuli  domanda  volta  ad  ottenere
l'accertamento nei confronti di tutti del massimale;  o  se  uno  dei
danneggiati vistosi contestare l'esistenza del massimale  e  ritenuto
che il diritto degli altri danneggiati o non sussista o  sussista  in
misura minore, chieda l'accertamento o della non sussistenza o  delle
rispettive quote (Cass., ordinanza n. 1862 del 2009). 
    Pertanto, nella citata pronuncia, in riferimento agli artt. 3, 24
e 111 Cost., questa  Corte  ha  dichiarato  l'inammissibilita'  della
questione per avere  il  rimettente  trascurato  di  sperimentare  la
possibilita'    di    dare    al    testo    legislativo    censurato
un'interpretazione costituzionalmente  orientata  e  di  spiegare  le
ragioni che  impediscono  di  pervenire  ad  un  risultato  idoneo  a
superare i dubbi di costituzionalita' (ex plurimis, ordinanze n.  257
del 2009, n. 341, n. 268, n. 226 e n. 193 del 2008). 
    Da  ultimo,  la  Corte  costituzionale  ha  sottolineato  che  le
lamentate difficolta' di individuazione dei danneggiati (specie nelle
ipotesi di incidenti catastrofici), indipendentemente  dal  carattere
meramente ipotetico di parte di esse, non discendono in  via  diretta
ed immediata dalla disposizione legislativa  censurata,  ma  derivano
dalle situazioni di fatto che possono di volta in volta  verificarsi.
Ed e' orientamento consolidato della Corte che «gli inconvenienti  di
fatto,  scaturenti  dall'applicazione  delle  norme  censurate,  sono
estranei al controllo di costituzionalita' (ex plurimis, sentenza  n.
86 del 2008, ordinanze n. 427 e n. 385 del 2008 e n. 376 del 2007)». 
    Tale principio deve trovare conferma anche in casi come quello in
esame, nel quale l'evento, che registra la presenza di  piu'  persone
danneggiate nello stesso sinistro,  «non  costituisce  una  categoria
unitaria compiutamente definibile in via generale, ma si riferisce ad
un'ampia gamma di situazioni, che oscillano tra gli incidenti in  cui
restano coinvolti pochi veicoli ed un ridotto numero di persone,  nei
quali le difficolta' allegate dal rimettente non sussistono e  quelli
classificabili come catastrofici, in cui le difficolta' d'individuare
tutti   i   danneggiati   possono    verificarsi    (ancorche'    non
necessariamente). Peraltro,  anche  la  fattispecie  degli  incidenti
catastrofici (certamente la meno frequente) non si presta  ad  essere
identificata con precisione,  ma  postula  un'indagine  di  fatto  da
compiere con specifico riferimento ai casi concreti» (sentenza n. 329
del 2009, punto 4 del Considerato in diritto). 
    4. - Il rimettente muove all'art. 140, comma 4, del d.lgs. n. 209
del 2005 una censura ulteriore per eccesso di delega, in quanto  egli
ritiene che la nuova ipotesi di litisconsorzio necessario  introdotta
dalla norma censurata non trovi aggancio in  alcuno  dei  principi  o
criteri direttivi dettati dal legislatore delegante per il  riassetto
delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni (art. 4, legge
n. 229 del 2003). 
    In particolare, si tratterebbe di una opzione normativa del tutto
slegata  dal  sistema,  in  quanto  sconosciuta  nella   legislazione
anteriore  (legge   n.   990   del   1969)   e   negli   orientamenti
giurisprudenziali  formatisi  in  tema  nei  casi  di  pluralita'  di
danneggiati. Inoltre, l'istituto del litisconsorzio necessario, lungi
dal «ricomporre a sistema» la materia della responsabilita' civile da
sinistri stradali, sarebbe foriero di «gravi profili di disarmonia  e
antinomia legislativa» nonche' di «complicazione dello stesso sistema
processuale».  La   previsione   di   tale   strumento   processuale,
inciderebbe, poi, del tutto al di fuori della delega, sui riti e  sui
criteri  di  competenza  con  elusione  delle  norme  processuali  in
materia. 
    4.1. - La questione, sotto questo profilo, non e' fondata. 
    4.2. - Si deve osservare che, secondo costante giurisprudenza  di
questa Corte, il controllo della  conformita'  della  norma  delegata
alla norma delegante richiede un  confronto  tra  gli  esiti  di  due
processi ermeneutici paralleli: l'uno relativo alla disposizione  che
determina l'oggetto, i principi e i criteri direttivi  della  delega;
l'altro relativo alla norma delegata da interpretare nel  significato
compatibile con questi ultimi (tra le piu' recenti,  sentenze  n.  98
del 2008; n. 340 e n. 170 del 2007). 
    Relativamente al primo di essi, il contenuto  della  delega  deve
essere identificato tenendo conto del complessivo contesto  normativo
nel quale si inseriscono la legge-delega ed  i  relativi  principi  e
criteri  direttivi,  nonche'  delle  finalita'   che   la   ispirano,
verificando, nel silenzio del legislatore delegante  sullo  specifico
tema, che le scelte del legislatore delegato non siano  in  contrasto
con gli indirizzi generali della medesima (sentenze n. 341 del  2007;
n 426 e n. 285 del 2006). 
    I principi posti dal legislatore  delegante  costituiscono,  poi,
non soltanto base e limite delle norme delegate, ma  anche  strumenti
per l'interpretazione della loro portata; e tali disposizioni  devono
essere lette, fintanto che sia possibile, nel significato compatibile
con detti principi (sentenze n. 98 del 2008, n.  340  e  n.  170  del
2007), i quali, a loro volta,  vanno  interpretati  alla  luce  della
ratio della legge delega (sentenze n. 413 del 2002, n. 307 del  2002;
n. 290 del 2001). 
    Relativamente al secondo dei suindicati processi ermeneutici,  va
confermato l'orientamento di questa Corte, secondo il quale la delega
legislativa  non  esclude  ogni  discrezionalita'   del   legislatore
delegato, che puo' essere piu' o meno ampia, in relazione al grado di
specificita' dei criteri fissati nella legge delega (ordinanze n. 213
del 2005 e n. 490 del 2000). Pertanto, per valutare se il legislatore
abbia ecceduto tali - piu' o meno ampi - margini di discrezionalita',
occorre individuare la ratio della delega, per verificare se la norma
delegata sia con questa coerente (sentenza n. 199 del  2003).  L'art.
76 Cost. non osta, infatti, all'emanazione di norme che rappresentino
un ordinario sviluppo e, se del caso, un completamento  delle  scelte
espresse dal legislatore delegante, poiche' deve  escludersi  che  la
funzione del legislatore delegato sia limitata ad una mera  scansione
linguistica   delle   previsioni   stabilite   dal   primo;   dunque,
nell'attuazione della delega  e'  possibile  valutare  le  situazioni
giuridiche da regolamentare  ed  effettuare  le  conseguenti  scelte,
nella fisiologica attivita' di riempimento che  lega  i  due  livelli
normativi (sentenze n. 199 del 2003, n. 163 del  2000,  ordinanza  n.
213 del 2005). 
    4.3. - Posti siffatti principi, occorre osservare che,  in  forza
dell'art. 4, legge n. 229 del 2003, il Governo era stato delegato  ad
adottare «uno o piu'  decreti  legislativi  per  il  riassetto  delle
disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e  secondo
i principi e i criteri direttivi di cui all'art. 20  della  legge  15
marzo 1997, n. 59», come sostituito dall'art. 1 della medesima  legge
delega e nel rispetto dei  principi  e  criteri  direttivi  enunciati
nello stesso art. 4. 
    Tra i criteri direttivi, cui quest'ultimo  (comma  1)  rinvia  in
modo espresso, assume rilievo quello previsto  dal  citato  art.  20,
comma 3, lettera a) della legge 15  marzo  1997,  n.  59  (Delega  al
Governo per il conferimento di funzioni e  compiti  alle  regioni  ed
enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e  per  la
semplificazione amministrativa), nel testo  sostituito  dall'art.  1,
comma 1, della  legge  n.  229  del  2003.  In  base  a  tale  norma,
nell'esercizio della delega il legislatore delegato si  attiene  (tra
gli altri) al seguente principio e criterio  direttivo:  «definizione
del riassetto normativo  e  codificazione  della  normativa  primaria
regolante la materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di
Stato, reso nel termine  di  novanta  giorni  dal  ricevimento  della
richiesta, con determinazione dei principi fondamentali nelle materie
di legislazione concorrente». 
    Orbene, nell'ambito del criterio  costituito  dalla  «definizione
del riassetto normativo  e  codificazione  della  normativa  primaria
regolante la materia» rientra l'obiettivo di ricondurre a sistema  la
disciplina  del  settore,  introducendo  disposizioni  di   carattere
sostanziale e processuale che, per  quanto  non  formino  oggetto  di
espressa previsione nella normativa delegante, siano  pero'  coerenti
con la ratio della delega e di essa costituiscano sviluppo. 
    Questa Corte ha affermato che «se  l'obiettivo  e'  quello  della
coerenza logica e sistematica della normativa, il  coordinamento  non
puo' essere solo  formale.  Inoltre,  se  l'obiettivo  e'  quello  di
ricondurre a sistema una disciplina stratificata negli anni,  con  la
conseguenza che i principi sono quelli gia'  posti  dal  legislatore,
non e' necessario che sia espressamente  enunciato  nella  delega  il
principio gia'  presente  nell'ordinamento,  essendo  sufficiente  il
criterio del riordino di una materia delimitata» (sentenza n. 52  del
2005). 
    La  previsione,  ai  sensi  del  censurato  art.  140,  comma  4,
dell'istituto  del  litisconsorzio  necessario   tra   l'impresa   di
assicurazione e  le  persone  danneggiate,  costituisce,  per  quanto
chiarito sopra, il mezzo per garantire,  sul  piano  processuale,  il
principio della parita'  tra  i  creditori  nella  distribuzione  del
massimale. Tale principio concreta la ratio sottesa  al  citato  art.
140, nonche' al previgente art. 27 della legge n. 990 del  1969.  Del
resto, il concetto del litisconsorzio necessario non era  sconosciuto
a detta legge, in  quanto  l'art.  23  di  essa  stabiliva  che  «Nel
giudizio promosso contro l'assicuratore, a norma dell'art. 18,  comma
primo, deve essere chiamato nel processo anche  il  responsabile  del
danno». 
    Pertanto l'istituto contemplato dalla norma in questione completa
sul versante processuale una regolamentazione sostanziale avente  una
ratio coerente con quello strumento e rappresenta, entro i limiti del
criterio del  riordino  delle  disposizioni  vigenti  in  materia  di
assicurazioni, l'innovazione necessaria per  garantire  l'uniformita'
giuridica e sistematica della medesima normativa. 
    Da quanto esposto consegue che, salvi  i  principi  e  i  criteri
direttivi  di  merito  specifici  per  ciascuna   materia   delegata,
l'intervento del legislatore delegato risulta  conforme  al  criterio
direttivo   suddetto,   nel   quadro   degli    orientamenti    della
giurisprudenza prima richiamati. 
    Se,  dunque,  la  previsione  del  menzionato  strumento  risulta
conforme ai principi e criteri direttivi di cui sopra,  le  ulteriori
doglianze mosse dal  rimettente  in  ordine  a  talune  «incongruenze
sistematiche» e «complicanze del  sistema  processuale»  esulano  dal
supposto vizio  di  eccesso  di  delega,  rappresentando  solo  delle
possibili  conseguenze  processuali   della   concreta   applicazione
dell'istituto, da superare per via ermeneutica. 
    Ulteriore argomento  posto  dal  rimettente  a  fondamento  della
censura, in  riferimento  all'art.  76  Cost.,  e'  costituito  dalla
assunta incidenza della disposizione normativa in esame sui riti  (in
quanto, nel caso di  piu'  domande  risarcitorie  trattate  con  riti
diversi, verrebbe mutata, a seguito del litisconsorzio necessario, la
disciplina processuale dell'azione di uno dei  danneggiati,  attratta
ad uno dei due riti) nonche' sui criteri di competenza  (poiche'  una
tale disciplina consentirebbe di eludere le norme  processuali  sulla
competenza), senza che cio' sia previsto dai criteri direttivi  della
legge delega. 
    Tuttavia, il litisconsorzio necessario non pone  un  problema  di
incidenza sui riti o sui criteri di competenza, dovendo la  decisione
essere pronunciata per legge nei confronti di piu' parti. Infatti, in
detta  ipotesi,  originata  da  una  inscindibilita'   del   rapporto
giuridico  dedotto  in  giudizio  o  da  una  dipendenza  di  diverse
posizioni giuridiche  (nel  caso  di  specie,  dal  rapporto  tra  le
posizioni dei danneggiati, in ossequio al principio  di  parita'  dei
creditori), la pronuncia e' unica nei confronti di tutte le  parti  e
la competenza e' governata dai criteri ordinari, avuto riguardo  alle
ragioni che determinano la necessita' del litisconsorzio. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'articolo 140, comma 4, del decreto legislativo  7
settembre  2005,  n.  209  (Codice  delle   assicurazioni   private),
sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111,  secondo  comma,
della Costituzione, dal Tribunale di Catania con l'ordinanza indicata
in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dello stesso  articolo  140,  comma  4,  del  decreto  legislativo  7
settembre 2005, n. 209, sollevata,  in  riferimento  all'articolo  76
della  Costituzione,  dal  Tribunale  di  Catania  con  la   medesima
ordinanza. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Criscuolo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 24 giugno 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola