N. 212 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 2010

Ordinanza  dell'8  aprile  2010  emessa  dal  Giudice  di   pace   di
Montepulciano nel procedimento penale a carico di Nikolic Svetlana ed
altra. 
 
Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello  Stato
  - Configurazione della fattispecie  come  reato  -  Violazione  dei
  principi  di  materialita'  e  di  offensivita'  -  Violazione  dei
  principi di uguaglianza, di ragionevolezza  e  di  proporzionalita'
  della pena, a fronte, in particolare, della inapplicabilita'  della
  pena allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento
  e dell'applicazione della sanzione  sostitutiva  dell'espulsione  -
  Violazione del principio di uguaglianza, per la previsione  di  una
  pronuncia di non luogo a procedere nei  confronti  dello  straniero
  che  nelle  more  venga  espulso   o   respinto   comportante   una
  discriminazione rispetto agli stranieri in situazione  analoga  che
  non siano  stati  destinatari  di  provvedimenti  di  espulsione  o
  respingimento - Disparita' di trattamento rispetto al reato di  cui
  all'art. 14, comma 5-ter, del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  per  la
  mancata  previsione  dell'esimente  del   giustificato   motivo   -
  Violazione del principio della finalita'  rieducativa  della  pena,
  per la mancata funzione deterrente della pena pecuniaria prevista. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, artt. 10-bis  [aggiunto
  dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94]
  e 16, comma 1 [aggiunto dall' art. 1, comma  16,  lett.  b),  della
  legge 15 luglio 2009, n. 94] ; decreto legislativo 28 agosto  2000,
  n. 274, art. 62-bis [aggiunto dall'art.  1,  comma  17,  lett.  d),
  della legge 15 luglio 2009, n. 94]. 
- Costituzione, artt. 3, 25 e 27. 
(GU n.33 del 18-8-2010 )
 
                         IL giudice di pace 
 
    Il giudice di pace dott. Antonio Marchettoni, nel processo penale
a  carico  di  Nikolic  Svetlana  e  Markovic   Pristina,   in   atti
generalizzate, imputate del reato di cui all'art.  10-bis  d.lgs.  n.
286/98 accertato in Bettole il 10  dicembre  2009,  difese  d'Ufficio
dall'Avv.  Maria  Pia  Meconcelli  del  Foro  di  Montepulciano,   ha
pronunciato la seguente ordinanza premesso  che,  all'udienza  dell'8
aprile  2010  l'Avvocato  difensore  delle  imputate  ha   presentato
eccezione d'incostituzionalita', cosi' come di seguito riportata: 
 
                            O s s e r v a 
 
    L'art. 10-bis del decreto legislativo n. 286/1998, introdotto con
la  novella  del  2009  individua  una  nuova  fattispecie  di  reato
contravvenzionale punito con l'ammenda da 5.000  a  10.000  euro.  La
condotta punita con la norma incriminatrice in esame consiste nel far
ingresso  ovvero  nel  trattenersi  nel  territorio  dello  Stato  in
violazione delle norme contenute  nello  stesso  decreto  legislativo
nonche' di quelle di cui all'art. 1 della legge 28  maggio  2007,  n.
68. 
    Detta norma, a parere della scrivente presenta  numerosi  profili
di incostituzionalita'. 
    In particolare  l'art.  10-bis  del  citato  decreto  legislativo
appare in forte contrasto con  gli  art.  3,  25  e  27  della  Carta
costituzionale  oltre  che  con  i  principi,  anch'essi   di   rango
costituzionale di solidarieta' e di ragionevolezza. 
    Va detto in primo luogo che perche' possa ritenersi  conforme  ai
principi della Costituzione il  ricorso  alla  sanzione  penale  come
sanzione adeguata ad una determinata condotta occorre che la condotta
incriminata comporti una lesione, e per  lesione  si  deve  intendere
anche la messa in pericolo, di un bene costituzionalmente  rilevante.
Inoltre e' necessario che il bene giuridico protetto non possa essere
adeguatamente salvaguardato con  strumenti  giuridici  diversi  dalla
sanzione penale . Solo rispettando questi parametri la  norma  penale
va esente da censure derivanti dal mancato rispetto dei  principi  di
materialita' ed offensivita' del  diritto  penale  e  soprattutto  di
proporzionalita'  ragionevolezza  ed  uguaglianza  (art.  3,  25,  27
Cost.). 
    E'  dunque  da  vedere  se  effettivamente  l'art.  10-bis  possa
ritenersi norma che si colloca nel rispetto dei suddetti principi. 
      
    Occorre premettere che il principio di offensivita'  del  diritto
penale impedisce che siano introdotte sanzioni che non si ricollegano
a fatti colpevoli ma piuttosto a modi  di  essere.  Urta  palesemente
contro questo principio la recente legge n. 94/2009  che  ha  operato
una  criminalizzazione  di  una  condizione  personale,   quella   di
migrante, di uno status, piu' che di un fatto materiale. 
    Ulteriore corollario dei principi di materialita' ed offensivita'
e' dato dal fatto che fatti puniti dalla norma penale  devono  essere
effettivamente lesivi di un bene giuridico protetto (v. fra le  altre
Corte cost. n. 364 /1988; n. 354/2002). 
    A tal proposito va detto  che  la  Corte  costituzionale  con  le
sentenze n. 22/2007 e n. 78/2007 si era gia' espressa nel  senso  che
il mancato rispetto delle norme sull'ingresso o sulla permanenza  nel
territorio dello Stato non e' di  per  se'  indice  di  pericolosita'
sociale. L'ultima sentenza citata in particolare  dice  espressamente
che il mancato possesso di titolo abilitativo alla  permanenza  nello
Stato e' un indice che di per se' non e' univocamente sintomatico  di
una particolare pericolosita' sociale. 
    Se la norma in questione urta contro il principio di materialita'
del diritto penale in virtu' del quale si puo' essere puniti con  una
sanzione penale solo per fatti materiali, principio che si pone  come
fondamentale garanzia costituzionale, ancor piu' macroscopica  appare
la  violazione  dei  principi  di   uguaglianza,   ragionevolezza   e
proporzionalita' della pena. 
    Va rilevato prima  di  tutto  come  la  sanzione  penale  che  si
impugna, si sovrappone e coincide con il rimedio amministrativo  gia'
previsto dal nostro ordinamento per far fronte  alle  condotte  dello
straniero privo di titolo di soggiorno, che si  vogliono  sanzionare.
Appare evidente,  da  come  e'  congegnata  la  norma  che  il  primo
obiettivo del  legislatore  sia  stato  quello  di  far  si'  che  lo
straniero che abbia fatto ingresso o si sia trattenuto nel territorio
dello Stato in violazione delle norme del d.lgs. n. 268/1998 o  della
legge n. 68/2007 sia espulso dal territorio dello Stato. 
    Difatti l'art. 10-bis stabilisce che la pena non si applichi se: 
        1) lo straniero sia stato destinatario di un provvedimento di
respingimento ex art. 10, comma 1, d.lgs. n. 286/1998; 
        2) lo straniero, nelle more del giudizio penale venga espulso
o respinto ex art. 10, comma 2, d.lgs. n. 286/1998  in  tal  caso  il
giudice di pace dovra' addirittura pronunciare sentenza di non  luogo
a procedere. 
    Infine il giudice di pace puo' applicare,  in  luogo  della  pena
pecuniaria, la sanzione sostitutiva dell'espulsione che, in ogni caso
deve essere disposta in via amministrativa. 
    A cio' va aggiunto che la pena pecuniaria prevista per  il  reato
appare totalmente priva di funzione deterrente oltreche' di finalita'
rieducativa dal  momento  che  la  quasi  totalita'  degli  stranieri
irregolari risultera' insolvibile mentre i numerosi processi che,  e'
facile prevedere, saranno celebrati per il nuovo reato introdotto con
la legge  del  2009,  avranno  effetti  di  intasamento  del  sistema
giudiziario e costi notevoli. 
    Sembra  che  lo  stesso   legislatore   sia   stato   consapevole
dell'inoffensivita' della condotta incriminata nei confronti dei beni
giuridici  di  rilievo  costituzionale,  stante  il   carattere   non
necessario della sanzione penale che si evince dalla struttura  della
norma. 
    Inoltre,  come  gia'  accennato,  uno  dei  possibili  esiti  del
procedimento e' quello dell'irrogazione  della  sanzione  sostitutiva
dell'espulsione irrogata dal  giudice  di  pace,  che  si  sovrappone
completamente al  provvedimento  di  espulsione  amministrativa,  che
peraltro deve essere obbligatoriamente emesso dal giudice. 
    Dalle considerazione sopra esposte l'art. 10-bis si delinea  come
una norma totalmente irrazionale sia per quanto riguarda la finalita'
di tutela di beni costituzionalmente rilevanti, beni che nel caso  in
esame abbiamo visto non esistere, che nella scelta di ricorrere  allo
strumento penale senza  che  ve  ne  sia  stretta  necessita'  e  per
raggiungere  finalita'  per  le  quali  gia'  esistono   nel   nostro
ordinamento strumento idonei nel campo del diritto amministrativo. 
    L'altro principio  costituzionale  con  cui  la  norma  in  esame
risulta  in  contrasto   e'   certamente   l'art.   3   della   Carta
costituzionale. 
    Sotto questo profilo viene in rilievo il quinto  comma  dell'art.
10-bis che prevede la pronuncia  di  una  sentenza  di  non  luogo  a
procedere nel caso in cui l'imputato sia espulso o respinto  ex  art.
10, comma 2, del decreto legislativo n. 286/1998. 
    La norma introduce una evidente discriminazione  fra  coloro  che
sono stati destinatari di provvedimenti di espulsione o respingimento
e quegli stranieri che, pur  versando  in  una  condizione  in  tutto
uguale ai primi non sono stati oggetto  di  simili  provvedimenti,  e
cio' per motivi del tutto indipendenti  ed  estranei  alla  sfera  di
intervento dei destinatari della sanzione, in quanto l'esecuzione dei
respingimenti e delle espulsioni  dipende  dalla  discrezionalita'  e
dalla disponibilita' di mezzi della Pubblica Amministrazione. 
    E' pertanto palese la violazione dell'art. 3  della  Costituzione
da parte  della  norma  impugnata  che  impone  l'applicazione  della
sanzione penale nei confronti di un soggetto la cui condotta in nulla
si discosta da quella di altro soggetto. 
    L'art. 10-bis contrasta altresi' con l'art. 3 della  Costituzione
laddove non  prevede  il  «giustificato  motivo»  che  potrebbe  aver
determinato la condotta incriminata, quale scriminante;  giustificato
motivo che e' invece espressamente previsto dall'art. 14 comma  5-ter
del decreto legislativo n. 286/1998, laddove prevede questa  esimente
per lo straniero che viola  l'ordine  del  questore  di  lasciare  il
territorio dello Stato,  condotta  quest'ultima  piu'  grave  e  piu'
gravemente sanzionata rispetto all'ipotesi criminosa introdotta dalla
norma che si impugna. Si ricorda a tal proposito che l'art. 14  comma
5-ter norma ha «retto» alle censure di incostituzionalita' piu' volte
evidenziate proprio perche' prevedeva  l'esimente  del  «giustificato
motivo» (Corte cost. n. 5/2004; e n. 22/2007). 
      
    Chiede che il giudice di pace  di  Montepulciano,  ritenutane  la
rilevanza e la non manifesta infondatezza, sollevi  la  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 10-bis e 16 lett. l),  ultimo
periodo del decreto legislativo n.  286/1998  e  62-bis  del  decreto
legislativo n. 274/2000, introdotti dall'art. l commi 16 e  17  della
legge n. 94/2009, per contrasto con  gli  artt.  3,  25  e  27  della
Costituzione, ordinando  la  sospensione  del  giudizio  in  corso  e
rimettendo  gli  atti  alla  Corte  costituzionale  per  il  relativo
giudizio di costituzionalita'; 
    Ritenuto che le  questioni  di  incostituzionalita',  come  sopra
integralmente riportate, fatte proprie da  questo  giudice,  sono  in
toto condivisibili, in quanto  serie,  giustificate  e  comunque  non
manifestamente infondate, rilevanti nel processo, poiche' se  accolte
dalla   Corte   costituzionale,    con    conseguente    declaratoria
d'illegittimita'  della  norma,  comporterebbero  il  non   luogo   a
procedere nei confronti delle imputate dal reato  loro  ascritto  per
incostituzionalita' della norma; 
    Ritenuto in sostanza che il giudizio  non  puo'  essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione della suddetta questione, solleva
questione d'incostituzionalita' degli artt. 10-bis e  16,  lett.  l),
ultimo periodo del d.lgs. n. 286/98 e 62-bis del d.lgs.  n. 274/2000,
introdotti dall'art. 1 comma 16 e 17  della  legge  n.  94/2009,  per
contrasto con gli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione; 
 
                              P. Q. M. 
 
      
      
      
      
      
      
    Visti gli artt. 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, 1 e 23 della
legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
legittimita' costituzionale, sospende il giudizio in corso; 
    Dispone a cura della Cancelleria, la trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale, la notifica alle  parti  e  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri e  che  sia  comunicata  ai  Presidenti  della
Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
 
        Montepulciano, addi' 8 aprile 2010 
 
                   Il giudice di pace: Marchettoni