N. 226 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 2010

Ordinanza del 6 marzo 2010 emessa dal Magistrato di  sorveglianza  di
Cuneo sul reclamo proposto da R.P.. 
 
Ordinamento penitenziario - Detenuti sottoposti al regime speciale di
  detenzione - Prevista adozione di tutte  le  misure  di  sicurezza,
  anche attraverso accorgimenti di natura  logistica  sui  locali  di
  detenzione,  volte  a  garantire  che  sia  assicurata   l'assoluta
  impossibilita' di  cuocere  cibi  -  Violazione  del  principio  di
  ragionevolezza  -  Disparita'  di  trattamento   tra   detenuti   -
  Inosservanza del  divieto  di  trattamenti  contrari  al  senso  di
  umanita'. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis,  comma  2-quater,  lett.
  f), come modificato dall'art. 2, comma 25, lett. f), n. 2.4 (recte:
  n. 3), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 27, comma terzo. 
(GU n.35 del 1-9-2010 )
 
                    IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA 
 
    Ha emesso la seguente ordinanza di  rimessione  degli  atti  alla
Corte costituzionale. 
    Nel procedimento di sorveglianza instaurato ex art.  14-ter  O.P.
avente ad oggetto il reclamo a norma  dell'art.  35  dell'Ordinamento
Penitenziario avverso la nuova disciplina prevista dall'art.  41-bis,
comma 2-quater, lett. f), O.P. in materia di  preparazione  di  cibi,
introdotta con la legge 15 luglio 2009, n.  94,  presentato  da R.P.,
nato a  S.  il  detenuto  presso  la  Casa  Circondariale  di  Cuneo,
sottoposto al regime ex art. 41-bis, comma 2, O.P., difeso  dall'avv.
Flavio Gazzi, difensore di ufficio del Foro di Cuneo; 
      
    Visti  gli  atti   del   procedimento   di   sorveglianza   sopra
specificato; 
    Verificata, preliminarmente, la regolarita'  delle  comunicazioni
relative  ai  prescritti   avvisi   al   rappresentante   del   p.m.,
all'interessato ed al difensore; 
    Considerate le risultanze delle documentazioni  acquisite,  delle
investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della
discussione di cui a separato processo verbale; 
    Udite le conclusioni del rappresentante del p.m.,  dott.  Roberto
Tesio, e del difensore; 
 
                            O s s e r v a 
 
    Il reclamo generico previsto dall'art. 35 O.P.  e'  lo  strumento
con il quale il detenuto puo' attivare i  poteri  attribuiti  in  via
generale al Magistrato di Sorveglianza dall'art.  69,  commi  2  e  5
ultima parte, O.P. 
    Dette  norme  stabiliscono  che  il  Magistrato  di  Sorveglianza
«esercita la vigilanza diretta ad assicurare che  l'esecuzione  della
custodia degli imputati sia attuata in conformita' della legge e  dei
regolamenti» e «impartisce nel corso  del  trattamento,  disposizioni
dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei  condannati
e degli internati». 
    La Corte costituzionale con la sentenza n.  26/99  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 35 e 69 O.P. nella  parte
in cui non prevedono una tutela giurisdizionale nei  confronti  degli
atti dell'Amministrazione Penitenziaria lesivi dei diritti di  coloro
che sono sottoposti a restrizione della liberta' personale. 
    Pur essendo infatti il reclamo al Magistrato di  Sorveglianza  di
cui all'art. 35, comma 1, n. 2, O.P. il mezzo generale  di  doglianza
dei detenuti, esso e' pero' sprovvisto  dei  requisiti  minimi  della
giurisdizionalita'. Non e' invero contemplata, perche' si pervenga ad
una decisione su tale reclamo, alcuna  formalita'  di  procedura  ne'
l'osservanza  del  contraddittorio;   la   decisione,   pur   se   di
accoglimento, si risolve in una mera  segnalazione  o  sollecitazione
all'Amministrazione Penitenziaria priva di stabilita' o forza cogente
e contro di essa non e' previsto poi alcun mezzo di impugnazione. 
    Il giudice delle leggi, pur affermando l'esigenza  costituzionale
del  riconoscimento  del  diritto  di  azione   nell'ambito   di   un
procedimento avente carattere giurisdizionale, ha pero'  escluso  che
la lacuna normativa potesse  essere  colmata  in  via  interpretativa
mediante il ricorso ad uno dei procedimenti previsti dalla  normativa
vigente. 
    Pertanto ha chiamato il legislatore a colmare il vuoto  normativo
ed attuare il principio costituzionale affermato. 
    Nell'inerzia del legislatore si e' venuto a creare  un  contrasto
interpretativo nella giurisprudenza della Corte di  Cassazione  circa
la possibilita' o meno per l'interprete di  individuare,  tra  quelli
previsti dall'ordinamento, un  rimedio  giurisdizionale  a  carattere
generale suscettibile di garantire l'attivazione del principio  della
necessaria  tutela   giurisdizionale   delle   posizioni   giuridiche
soggettive e di essere quindi esteso alla procedura che si instaura a
seguito di reclamo. 
    Con la sentenza n. 5 resa in data 26 febbraio 2003, depositata il
10 giugno 2003, le Sezioni Unite penali  della  Corte  di  Cassazione
sono intervenute a comporre il suddetto contrasto  giurisprudenziale,
insorto     nella     specifica     materia     dei     provvedimenti
dell'Amministrazione  Penitenziaria  concernenti  i  colloqui  e   la
corrispondenza telefonica dei detenuti. 
    Le statuizioni delle Sezioni Unite appaiono applicabili non  solo
ai colloqui visivi e telefonici, ma anche in relazione  a  tutti  gli
atti   dell'Amministrazione   Penitenziaria   lesivi   di   posizioni
soggettive dei detenuti e degli  internati  e  quindi  per  tutte  le
materie assistite dalla riserva di giurisdizione. 
    Le Sezioni Unite partendo dalla riaffermazione del principio  che
la  restrizione   della   liberta'   personale   non   determina   il
disconoscimento   delle   posizioni    soggettive    attraverso    un
generalizzato assoggettamento all'organizzazione penitenziaria e  che
al riconoscimento della titolarita' di diritti  deve  necessariamente
accompagnarsi il riconoscimento del potere di farli valere innanzi  a
un  giudice  in  un  procedimento  di  natura  giurisdizionale,   con
l'osservanza delle garanzie procedimentali minime  costituzionalmente
dovute (la possibilita'  del  contraddittorio,  la  stabilita'  delle
decisioni  e  l'impugnabilita'  con  ricorso  per  cassazione)  hanno
individuato  il  rimedio  giurisdizionale  contro  la  lesione  delle
posizioni soggettive del detenuto nel procedimento disciplinato dagli
artt. 14-ter e 69 O.P., che risponde  ad  esigenze  di  speditezza  e
semplificazione. 
    La materia oggetto del reclamo ex art. 35 O.P. di cui al presente
procedimento,  concernendo  l'alimentazione  del  detenuto,   rientra
certamente  nell'ambito  delle  fondamentali   posizioni   giuridiche
soggettive dello stesso, in quanto attinente  ad  uno  degli  aspetti
essenziali per l'esistenza e la salute dell'uomo. 
    La procedura applicabile al  caso  di  specie  e'  quindi  quella
prevista dall'art. 14-ter  O.P.,  ovvero  reclamo  al  magistrato  di
sorveglianza, eventuale  presentazione  del  ricorso  per  cassazione
avverso l'ordinanza conclusiva del procedimento, udienza  svolta  con
la  partecipazione  del   difensore   e   del   pubblico   ministero.
L'interessato e l'Amministrazione  Penitenziaria  possono  presentare
memorie.  Pertanto  l'istanza  di  presenziare  all'udienza   odierna
avanzata  dall'interessato  in  data  9   gennaio   2010   e'   stata
correttamente respinta dal Magistrato di'  Sorveglianza  in  data  11
gennaio 2010, non ravvisandosene i presupposti di legge. 
    R.P., e' detenuto in espiazione della pena dell'ergastolo di  cui
al provvedimento di cumulo n. 422/2009 SIEP del 21 luglio 2009 emesso
dalla Procura della Repubblica di Salerno per  associazione  di  tipo
mafioso, vari omicidi aggravati, rapina aggravata,  violazione  legge
armi, distruzione di cadavere,  favoreggiamento  personale  ed  altro
commessi dal 1980 al 1993, nel 1998 e, quanto al  reato  associativo,
dal 1980 almeno fino al 1994, data dell'emissione  dell'ordinanza  di
custodia cautelare in carcere (d.p. 24 maggio 1996; f.p. MAI). 
    R.P., e' attualmente sottoposto al regime  di  sospensione  delle
ordinarie regole del trattamento penitenziario disposto  con  decreto
del Ministro della Giustizia emesso in data 3 dicembre 2009, efficace
per anni due dalla data di emissione. Egli  e'  pertanto  legittimato
attivamente alla proposizione del presente reclamo 
    A seguito dell'approvazione della Legge 15 luglio 2009 n. 94, che
ha  introdotto  sostanziali  modifiche  alle  disposizioni  normative
previgenti in materia di regime detentivo speciale  di  cui  all'art.
41-bis O.P., la Direzione della  Casa  Circondariale  di  Cuneo,  con
ordine di servizio n. 26/2009 del 3 agosto 2009, ha disposto  che,  a
partire dall'8 agosto 2009, data di entrata in vigore della  predetta
legge, sara' sempre  previsto  per  i  detenuti  sottoposti  all'art.
41-bis O.P., tra l'altro, il divieto di acquistare al  sopravvitto  o
ricevere dall'esterno generi  alimentari  che  secondo  l'uso  comune
richiedano   cottura;   l'utilizzazione   dei   fornelli    personali
autoalimentati, esclusivamente per la preparazione di bevande  e  per
riscaldare    liquidi,    nonche'    cibi    gia'    cotti    forniti
dall'Amministrazione Penitenziaria; la possibilita' di  detenere  una
macchinetta del caffe' del tipo Moka, un pentolino  in  lega  leggera
per scaldare liquidi ed una padellina in lega leggera per  riscaldare
cibi forniti dall'Amministrazione Penitenziaria. 
    Inoltre, l'Amministrazione Penitenziaria, con circolare  GDAP  n.
0286202-2009 del 4 agosto 2009, ha apportato le necessarie  modifiche
alla precedente circolare in materia n. 3592-6042 del 9 ottobre 2003,
emanata  successivamente  all'entrata  in  vigore  della   legge   n.
279/2002, precisando, tra l'altro, che e' fatto divieto  al  detenuto
di ricevere  dall'esterno  e  di  acquistare  al  sopravvitto  generi
alimentari che per  il  loro  utilizzo  richiedano  cottura;  che  e'
consentito  l'utilizzo  dei  fornelli  personali  esclusivamente  per
riscaldare liquidi e cibi gia' cotti, nonche' per la preparazione  di
bevande. 
    Pertanto,  nei  confronti  del  R.P.  la  Direzione  della   Casa
Circondariale di Cuneo ha applicato  direttamente  ed  integralmente,
dandone avviso ai detenuti ristretti in  tale  regime,  la  normativa
dettata dalla legge n. 94 del 15 luglio 2009 ed entrata in vigore  in
data 8 agosto 2009,  attenendosi  a  quanto  dalla  stessa  previsto,
nonche'  alla  citata  circolare  GDAP  del  4  agosto  2009  che  ne
disciplina il contenuto. 
    Si ritiene che la nuova disciplina restrittiva  sopra  richiamata
sia immediatamente applicabile nei confronti del detenuto  sottoposto
al regime previsto dall'art. 41-bis  O.P.,  in  assenza  di  espressa
normativa a carattere transitorio che disponga  diversamente,  tenuto
conto della natura meramente recettizia  del  dettato  normativo  che
connota il regime penitenziario differenziato concretamente delineato
dai  decreti  ministeriali  di  applicazione,  l'ultimo   dei   quali
attualmente in esecuzione nei confronti del  reclamante  e'  peraltro
intervenuto successivamente all'applicazione integrale, automatica  e
generalizzata della nuova  disciplina  disposta  dall'Amministrazione
Penitenziaria nei confronti di tutti i detenuti  gia'  sottoposti  al
41-bis O.P. 
    Ne discende la competenza  in  materia  del  Giudice  remittente,
vertendo  il  reclamo  in   esame   sul   trattamento   penitenziario
concretamente imposto al detenuto in forza di diretta applicazione di
norme di legge, secondo le  indicazioni  emanate  all'Amministrazione
Penitenziaria con l'ordine di servizio e la circolare citati,  e  non
venendo, pertanto, minimamente in  rilievo  nel  caso  di  specie  la
competenza esclusiva attribuita  dalla  legge  legge  n.  94/2009  al
Tribunale di Sorveglianza di Roma concernente  i  reclami  aventi  ad
oggetto  la  sussistenza   dei   presupposti   per   l'adozione   dei
provvedimenti applicativi del regime penitenziario  differenziato  di
cui all'art. 41-bis O.P. 
    In relazione alle citate nuove restrizioni introdotte dalla legge
n. 94/2009, concernenti il divieto di cuocere cibi, il reclamante  si
duole del fatto che l'Amministrazione Penitenziaria non gli  consente
di acquistare generi alimentari che per il loro  utilizzo  richiedono
cottura, come la pasta, anche laddove si tratti di generi  alimentari
che si prestano ad essere consumati anche crudi, quali cipolla, aglio
e  basilico  e  conclude  chiedendo   che   venga   ripristinata   la
possibilita' di acquistare cipolla, aglio e basilico. 
    Assume rilievo preliminare ai fini della decisione del reclamo in
esame la valutazione circa la legittimita' costituzionale del divieto
di cuocere cibi introdotto dalla Legge  n.  94/2009  per  i  detenuti
sottoposti all'art. 41-bis O.P.  di  cui  questo  giudice  deve  fare
applicazione  nel  decidere  la   questione   sottoposta   alla   sua
attenzione. 
    Trattasi di questioni di legittimita' costituzionale  chiaramente
rilevanti ai fini della decisione del reclamo in  esame,  atteso  che
nell'ambito del  reclamo  generico  previsto  dall'art.  35  O.P.  il
Magistrato  di  Sorveglianza  «esercita  la  vigilanza   diretta   ad
assicurare che l'esecuzione della custodia degli imputati sia attuata
in conformita' della legge e dei regolamenti» e «impartisce nel corso
del  trattamento,  disposizioni  dirette   ad   eliminare   eventuali
violazioni dei diritti dei condannati e degli  internati»  (art.  69,
commi secondo e quinto ultima parte, O.P.) e, quindi, e'  legittimato
a sollevare questioni  di  legittimita'  costituzionale  inerenti  le
norme dell'Ordinamento  Penitenziario  oggetto  della  doglianza  del
reclamante. 
    Questo  Giudice,  quindi,  sulla  base  delle  argomentazioni  di
seguito  illustrate,  ritiene  di  dover   sollevare   d'ufficio   la
questione,   non   manifestamente    infondata,    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 41-bis, comma  2-quater,  lettera  f),  U.P.
nella parte in cui prevede l'adozione di tutte le  necessarie  misure
di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura  logistica  sui
locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata l'assoluta
impossibilita' di cuocere cibi, per contrarieta' agli artt. 3,  comma
primo  e  27,  comma  terzo,   Cost.,   nonche'   al   principio   di
ragionevolezza. 
    La norma che prevede l'adozione di tutte le necessarie misure  di
sicurezza, anche attraverso  accorgimenti  di  natura  logistica  sui
locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata l'assoluta
impossibilita'  di  cuocere  cibi  puo'  ritenersi  fondatamente   in
contrasto con gli artt. 3, comma primo  e  27,  comma  terzo,  Cost.,
nonche' con il principio di ragionevolezza. 
    Infatti, tale norma pone in essere una disparita' di  trattamento
fra detenuti, non giustificabile sulla base  delle  esigenze  proprie
del regime detentivo differenziato. 
    La disciplina ordinaria fondamentale in materia  di  acquisto  di
generi alimentari e di uso di fornelli e' la seguente. 
    L'art. 9, ultimo comma, O.P. consente ai detenuti  l'acquisto  di
generi  alimentari  e  di  conforto,  entro  i  limiti  fissati   dal
regolamento; l'art. 14, commi ottavo e nono, d.P.R. 230/2000  precisa
che i generi alimentari acquistati non devono eccedere  in  quantita'
il fabbisogno giornaliero  di  una  persona  e  che  non  si  possono
accumulare generi alimentari in  quantita'  eccedente  il  fabbisogno
settimanale; l'art. 13, comma quarto,  d.P.R.  230/2000  consente  ai
detenuti, nelle  proprie  celle,  l'uso  di  fornelli  personali  per
riscaldare liquidi e cibi gia' cotti, nonche' per la preparazione  di
bevande e cibi di facile e rapido  approntamento;  l'art.  13,  comma
settimo, d.P.R. n. 230/2000 dispone che il regolamento  interno  puo'
prevedere che, senza carattere  di  continuita',  sia  consentita  ai
detenuti e agli internati la cottura di generi alimentari, stabilendo
i generi ammessi nonche' le modalita' da osservare. 
    A fronte della predetta disciplina  ordinaria,  che  consente  ai
detenuti l'acquisto di generi alimentari al  sopravvitto,  l'utilizzo
di  fornelli  personali  per  preparare  cibi  di  facile  e   rapido
approntamento,  nonche',  secondo  le  previsioni   del   regolamento
interno, per la cottura di generi alimentari,  la  legge  n.  94/2009
pone il divieto assoluto di cuocere cibi per i detenuti sottoposti al
regime penitenziario differenziato di cui all'art. 41-bis O.P. 
    Orbene, non e' possibile  arguire  come  siffatto  divieto  possa
ridurre il rischio che il detenuto mantenga contatti con l'esterno. 
    Invero, tale misura, per il suo contenuto, non  e'  riconducibile
alla concreta esigenza di tutelare l'ordine e la sicurezza, apparendo
viceversa palesemente inidonea o incongrua rispetto alle esigenze  di
ordine e di  sicurezza  che  legittimano  l'applicazione  del  regime
penitenziario differenziato, e finisce per acquistare un  significato
diverso, quale ingiustificata deroga all'ordinario regime carcerario,
con  una  portata  puramente  afflittiva   estranea   alla   funzione
attribuita dalla legge all'istituto del 41-bis. 
    Cio' appare tanto piu' vero  se  si  considera  che  al  detenuto
sottoposto  all'art.  41-bis  O.P.  viene  comunque   consentito   di
acquistare al sopravvitto o ricevere dall'esterno  generi  alimentari
che  secondo   l'uso   comune   non   richiedono   cottura,   nonche'
l'utilizzazione dei fornelli personali per la preparazione di bevande
e  per  riscaldare  liquidi,  nonche'   cibi   gia'   cotti   forniti
dall'Amministrazione Penitenziaria. 
      
    Ne' pare che la misura  in  esame  possa  essere  finalizzata  ad
evitare che il  detenuto  possa  assumere  all'interno  dell'Istituto
Penitenziario ruoli di predominio tali da  comportare  l'aggregazione
attorno a se' di altri detenuti, privando il  detenuto  di  possibili
manifestazioni di «potere reale» e possibili occasioni per  aggregare
intorno a se' «consenso»  traducibile  in  termini  di  potenzialita'
offensive criminali, non solo e non tanto perche' la mera facolta' di
cucinare cibi  non  sembra  idonea  a  determinare  tali  effetti  di
predomino ed  aggregazione,  ma  anche  e  soprattutto  perche'  tali
medesimi effetti il detenuto  ben  potrebbe  ottenere  anche  tramite
l'acquisto e la ricezione di generi  alimentari  che  non  richiedono
cottura. 
    Si deve quindi dubitare della costituzionalita' della restrizione
in esame non solo in quanto determinante una irragionevole disparita'
di trattamento  con  i  detenuti  ordinari,  non  riconducibile  alle
finalita' istituzionali del regime di cui all'art.  41-bis  O.P.,  ma
anche in quanto idonea a  determinare,  tenuto  conto  del  complesso
delle ulteriori limitazioni imposte in virtu'  dell'applicazione  del
predetto regime, un trattamento penitenziario contrario al  senso  di
umanita', con violazione dell'art. 27, comma terzo, Cost. 
      
      
    Alla luce delle considerazioni sopra svolte, si ritiene  che  non
sia   effettuabile   da   questo   giudice   alcuna   interpretazione
costituzionalmente orientata della disciplina dettata con la legge n.
94 del 2009, di modifica dell'art. 41-bis,  comma  2-quater,  lettera
f), O.P.,  che  permetta  di  ritenere  osservati  dalla  medesima  i
principi costituzionali sopra richiamati. 
    Il procedimento deve  pertanto  sospendersi  e  gli  atti  essere
inviati alla Corte costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
      
    Visti gli articoli 23 e seguenti legge  11  marzo  1953,  n.  87,
14-ter, 41-bis della legge 26 luglio 1975, n.  354,  come  modificato
dalla legge 15 luglio 2009, n. 94; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale, che solleva d'ufficio, dell'art.  41-bis
comma 2-quater, lettera f), della legge 26 luglio 1975, n. 354  cosi'
come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, art. 2  comma  25,
lettera f) n. 2.4, nella parte in cui prevede l'adozione di tutte  le
necessarie misure di  sicurezza,  anche  attraverso  accorgimenti  di
natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che  sia
assicurata   l'assoluta   impossibilita'   di   cuocere   cibi,   per
contrarieta' agli artt. 3, comma primo  e  27,  comma  terzo,  Cost.,
nonche' al principio di ragionevolezza; 
    Dispone la trasmissione degli atti del presente procedimento alla
Corte costituzionale; 
    Dispone la sospensione del presente procedimento in attesa  della
decisione della Corte medesima. 
    Manda alla cancelleria per le comunicazioni di legge, la notifica
all'interessato, ed al Pubblico Ministero,  nonche'  per  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e per la  notifica
della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei  ministri  e
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Cuneo, cosi' deciso in data 20 gennaio 2010 
 
          Il Magistrato di sorveglianza: Pier Marco Salassa