N. 227 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 2010
Ordinanza del 6 marzo 2010 emesssa dal Magistrato di sorveglianza di Cuneo sul reclamo proposto da M.G.. Ordinamento penitenziario - Detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione - Limitazione della permanenza all'aperto ad una durata non superiore a due ore al giorno - Inosservanza del divieto di trattamenti contrari al senso di umanita' - Lesione del diritto alla salute. - Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f), come modificato dall'art. 2, comma 25, lettera f), n. 2.4 (recte: n. 3), della legge 15 luglio 2009, n. 94. - Costituzione, artt. 27, comma terzo, e 32, primo comma. Ordinamento penitenziario - Detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione - Prevista adozione di tutte le misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata l'assoluta impossibilita' di cuocere cibi - Violazione del principio di ragionevolezza - Disparita' di trattamento tra detenuti - Inosservanza del divieto di trattamenti contrari al senso di umanita'. - Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f), come modificato dall'art. 2, comma 25, lettera f), n. 2.4 (recte: n. 3), della legge 15 luglio 2009, n. 94. - Costituzione, artt. 3, primo comma, 27, comma terzo, e 32, primo comma.(GU n.35 del 1-9-2010 )
IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento di sorveglianza instaurato ex art. 14-ter O.P. avente ad oggetto il reclamo a norma dell'art. 35 dell'ordinamento penitenziario avverso la nuova disciplina prevista dall'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), O.P. in materia di permanenza all'aperto e preparazione di cibi, introdotta con lagge 15 luglio 2009, n. 94, presentato da M.G., detenuto presso la Casa Circondariale di Cuneo, sottoposto al regime ex art. 41-bis, comma 2, O.P., difeso dall'avv. Michele Parola, Foro di Cuneo; Visti gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato; Verificata, preliminarmente, la regolarita' delle comunicazioni relative ai prescritti avvisi al rappresentante del p.m., all'interessato ed al difensore; Considerate le risultanze delle documentazioni acquisite, delle investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della discussione di cui a separato processo verbale; Udite le conclusioni del rappresentante del P.M., dott. Roberto Tesio, e del difensore; O s s e r v a Il reclamo generico previsto dall'art. 35 O.P. e' lo strumento con il quale il detenuto puo' attivare i poteri attribuiti in via generale al Magistrato di sorveglianza dall'art. 69, commi 2 e 5 ultima parte, O.P. Dette norme stabiliscono che il Magistrato di sorveglianza «esercita la vigilanza diretta ad assicurare che l'esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformita' della legge e dei regolamenti» e «impartisce nel corso del trattamento, disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati». La Corte costituzionale con la sentenza n. 26/1999 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 35 e 69 O.P. nella parte in cui' non prevedono una tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'Amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della liberta' personale. Pur essendo infatti il reclamo al Magistrato di sorveglianza di cui all'art. 35, comma 1, n. 2, O.P. il mezzo generale di doglianza dei detenuti, esso e' pero' sprovvisto dei requisiti minimi della giurisdizionalita'. Non e' invero contemplata, perche' si pervenga ad una decisione su tale reclamo, alcuna formalita' di procedura ne' l'osservanza del contraddittorio; la decisione, pur se di accoglimento, si risolve in una mera segnalazione o sollecitazione all'Amministrazione penitenziaria priva di stabilita' o forza cogente e contro di essa non e' previsto poi alcun mezzo di impugnazione. Il giudice delle leggi, pur affermando l'esigenza costituzionale del riconoscimento del diritto di azione nell'ambito di un procedimento avente carattere giurisdizionale, ha pero' escluso che la lacuna normativa potesse essere colmata in via interpretativa mediante il ricorso ad uno dei procedimenti previsti dalla normativa vigente. Pertanto ha chiamato il legislatore a colmare il vuoto normativo ed attuare il principio costituzionale affermato. Nell'inerzia del legislatore si e' venuto a creare un contrasto interpretativo nella giurisprudenza della Corte di cassazione circa la possibilita' o meno per l'interprete di individuare, tra quelli previsti dall'ordinamento, un rimedio giurisdizionale a carattere generale suscettibile di garantire l'attivazione del principio della necessaria tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche soggettive e di essere quindi esteso alla procedura che si instaura a seguito di reclamo. Con la sentenza n. 5 resa in data 26 febbraio 2003, depositata il 10 giugno 2003, le Sezioni unite penali della Corte di cassazione sono intervenute a comporre il suddetto contrasto giurisprudenziale, insorto nella specifica materia dei provvedimenti dell'Amministrazione penitenziaria concernenti i colloqui e la corrispondenza telefonica dei detenuti. Le statuizioni delle Sezioni unite appaiono applicabili non solo ai colloqui visivi e telefonici, ma anche in relazione a tutti gli atti dell'Amministrazione penitenziaria lesivi di posizioni soggettive dei detenuti e degli internati e quindi per tutte le materie assistite dalla riserva di giurisdizione. Le Sezioni unite partendo dalla riaffermazione del principio che la restrizione della liberta' personale non determina il disconoscimento delle posizioni soggettive attraverso un generalizzato assoggettamento all'organizzazione penitenziaria e che al riconoscimento della titolarita' di diritti deve necessariamente accompagnarsi il riconoscimento del potere di farli valere innanzi a un giudice in un procedimento di natura giurisdizionale, con l'osservanza delle garanzie procedimentali minime costituzionalmente dovute (la possibilita' del contraddittorio, la stabilita' delle decisioni e l'impugnabilita' con ricorso per cassazione) hanno individuato il rimedio giurisdizionale contro la lesione delle posizioni soggettive del detenuto nel procedimento disciplinato dagli artt. 14-ter e 69 O.P., che risponde ad esigenze di speditezza e semplificazione. La materia oggetto del reclamo ex art. 35 O.P. di cui al presente procedimento, concernendo la permanenza all'aperto e l'alimentazione del detenuto, rientra certamente nell'ambito delle fondamentali posizioni giuridiche soggettive dello stesso, in quanto attinente a due degli aspetti essenziali per l'esistenza e la salute dell'uomo. La procedura applicabile al caso di specie e' quindi quella prevista dall'art. 14-ter O.P., ovvero reclamo al Magistrato di sorveglianza, eventuale presentazione del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza conclusiva del procedimento, udienza svolta con la partecipazione del difensore e del pubblico ministero. L'interessato e l'Amministrazione penitenziaria possono presentare memorie. M.G. e' detenuto in espiazione della pena dell'ergastolo di cui al provvedimento di cumulo n. esecuzione 332/2000 REG ES del 24 novembre 2004 emesso dalla Procura generale della Repubblica di Palermo per associazione di tipo mafioso, omicidio, tentato omicidio, violazione legge armi ed altro, e della pena dell'ergastolo di cui all'ordine di esecuzione pena n. 151/2008 SIEP del 13 maggio 2008 emesso dalla Procura generale della Repubblica di Palermo per vari omicidi e violazione legge armi, nonche' in virtu' di ordinanza di custodia cautelare del 3 aprile 2009 del G.I.P. presso il Tribunale di Palermo per associazione di tipo mafioso, aggravata dal ruolo direttivo, e trasferimento fraudolento di valori, aggravato ex art. 7, legge n. 203/1991 (d.p. 28 dicembre 1991; f.p. MAI). M.G., e' attualmente sottoposto al regime di sospensione delle ordinarie regole del trattamento penitenziario disposto con decreto del Ministro della giustizia emesso in data 27 aprile 2009, efficace per anni due dalla data di emissione. Egli e' pertanto legittimato attivamente alla proposizione del presente reclamo. Il decreto ministeriale del 27 aprile 2009 all'art. 1 dispone che in attuazione dell'art. 41-bis, comma 2 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (di seguito O.P.), come modificato dall'art. 2 della legge n. 279/2002, e' sospesa l'applicazione di alcuni istituti e di alcune regole di trattamento, tra i quali la «permanenza all'aperto per periodi superiori a 4 ore giornaliere, di cui due nelle sale di biblioteca, palestra, ecc., e in gruppi superiori a cinque persone». A seguito dell'approvazione della legge 15 luglio 2009, n. 94, che ha introdotto sostanziali modifiche alle diposizioni normative previgenti in materia di regime detentivo speciale di cui all'art. 41-bis O.P., la direzione della Casa circondariale di Cuneo, con ordine di servizio n. 26/2009 del 3 agosto 2009, ha disposto che, a partire dall'8 agosto 2009, data di entrata in vigore della predetta legge, sara' sempre previsto per i detenuti sottoposti all'art. 41-bis O.P., tra l'altro, la durata della permanenza all'aperto di due ore complessive, riducibili ad una nei casi previsti dall'art. 10 O.P., di cui un'ora d'aria e un'ora a scelta tra socialita', palestra, ecc.; il divieto di acquistare al sopravvitto o ricevere dall'esterno generi alimentari che secondo l'uso comune richiedano cottura; l'utilizzazione dei fornelli personali autoalimentati, esclusivamente per la preparazione di bevande e per riscaldare liquidi, nonche' cibi gia' cotti forniti dall'Amministrazione penitenziaria; la possibilita' di detenere una macchinetta del caffe' del tipo Moka, un pentolino in lega leggera per scaldare liquidi ed una padellina in lega leggera per riscaldare cibi forniti dall'Amministrazione penitenziaria. Inoltre, l'Amministrazione penitenziaria, con circolare GDAP n. 0286202-2009 del 4 agosto 2009, ha apportato le necessarie modifiche alla precedente circolare in materia n. 3592-6042 del 9 ottobre 2003, emanata successivamente all'entrata in vigore della legge n. 279/2002, precisando, tra l'altro, che i detenuti possono permanere all'aperto per non piu' di due ore giornaliere, di cui una da trascorrere in appositi locali adibiti a biblioteca, palestra, ecc.; che e' fatto divieto al detenuto di ricevere dall'esterno e di acquistare al sopravvitto generi alimentari che per il loro utilizzo richiedano cottura; che e' consentito l'utilizzo dei fornelli personali esclusivamente per riscaldare liquidi e cibi gia' cotti, nonche' per la preparazione di bevande. Infine, con provvedimento ministeriale integrativo del 6 agosto 2009, notificato in data 7 agosto 2009 al M., e' stato evidenziata la necessita' di applicare la nuova normativa ai detenuti sottoposti al regime penitenziario differenziato di cui all'art. 41-bis O.P., i cui decreti ministeriali attualmente in esecuzione siano stati emessi in data antecedente all'entrata in vigore della citata legge n. 94/2009, espressamente disponendo che l'art. 1, lettera g) dei decreti applicativi del regime detentivo speciale attualmente in vigore debba intendersi cosi' modificato: «permanenza all'aperto per periodi superiori a due ore giornaliere, di cui una nelle sale di biblioteca, palestra, ecc., e in gruppi superiori a quattro persone». Pertanto, nei confronti del M., la direzione della Casa circondariale di Cuneo ha applicato direttamente ed integralmente, dandone avviso ai detenuti ristretti in tale regime, la normativa dettata dalla legge n. 94 del 15 luglio 2009 ed entrata in vigore in data 8 agosto 2009, attenendosi a quanto dalla stessa previsto, nonche' alla citata circolare GDAP del 4 agosto 2009 che ne disciplina il contenuto, unitamente a quanto disposto dal provvedimento ministeriale integrativo di cui sopra. Si ritiene che la nuova disciplina restrittiva sopra richiamata sia immediatamente applicabile nei confronti del detenuto sottoposto al regime previsto dall'art. 41-bis O.P., in assenza di espressa normativa a carattere transitorio che disponga diversamente, tenuto conto della natura meramente recettizia del dettato normativo che connota il regime penitenziario differenziato concretamente delineato dal decreto ministeriale di applicazione e della natura meramente ricognitiva dell'intervenuta modifica normativa del successivo provvedimento ministeriale integrativo, peraltro concernente esclusivamente la durata della permanenza all'aperto, neppure firmato dal Ministro, ma da un sottosegretario, ed intervenuto successivamente all'applicazione integrale, automatica e generalizzata della nuova disciplina disposta dall'Amministrazione penitenziaria nei confronti di tutti i detenuti gia' sottoposti al 41-bis O.P. Ne discende la competenza in materia del Giudice remittente, vertendo il reclamo in esame sul trattamento penitenziario concretamente imposto al detenuto in forza di diretta applicazione di norme di legge, secondo le indicazioni emanate all'Amministrazione penitenziaria con l'ordine di servizio, la circolare ed il provvedimento ministeriale integrativo citati, e non venendo, pertanto, minimamente in rilievo nel caso di specie la competenza esclusiva attribuita dalla legge n. 94/2009 al Tribunale di sorveglianza di Roma concernente i reclami aventi ad oggetto la sussistenza dei presupposti per l'adozione dei provvedimenti applicativi del regime penitenziario differenziato di cui all'art. 41-bis O.P. In relazione alle citate nuove restrizioni introdotte dalla legge n. 94/2009, concernenti le ore d'aria e il divieto di cuocere cibi, il reclamante lamenta la violazione degli artt. 3, 13, 21, 24, 25, 27, 29, 31, 32, 111 e 113 della Costituzione, in particolare evidenziando che le modifiche normative introdotte si pongono in contrasto con i principi affermati in materia dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 349 e 410 del 1993, n. 351 del 1996 e n. 376 del 1997; e conclude affermando che le restrizioni in esame violano i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione, integrando un trattamento contrario al senso di umanita', e chiedendo, pertanto, al giudice adito di sollevare la questione di legittimita' costituzionale innanzi alla Corte costituzionale. Trattasi di questioni di legittimita' costituzionale chiaramente rilevanti ai fini della decisione del reclamo in esame, atteso che nell'ambito del reclamo generico previsto dall'art. 35 O.P. il Magistrato di sorveglianza «esercita la vigilanza diretta ad assicurare che l'esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformita' della legge e dei regolamenti» e «impartisce nel corso del trattamento, disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati» (art. 69, commi secondo e quinto ultima parte, O.P.) e, quindi, e' legittimato a sollevare questioni di legittimita' costituzionale inerenti le norme dell'Ordinamento penitenziario oggetto della doglianza del reclamante. Questo Magistrato di sorveglianza ritiene che l'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata dal reclamante non sia manifestamente infondata e che, pertanto, la stessa debba essere sollevata nei termini e sotto i profili che verranno illustrati nel seguito. Questo Giudice, quindi, sulla base delle argomentazioni di seguito illustrate, ritiene di dover sollevare le questioni, non manifestamente infondate, di legittimita' costituzionale: 1) dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), O.P. nella parte in cui limita la permanenza all'aperto ad una durata non superiore a due ore al giorno, per contrarieta' agli art. 27, terzo comma e 32, primo comma, Cost.; 2) dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), O.P. nella parte in cui prevede l'adozione di tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata l'assoluta impossibilita' di cuocere cibi, per contrarieta' agli artt. 3, primo comma e 27, terzo comma, Cost., nonche' al principio di ragionevolezza. La norma che limita la permanenza all'aperto ad una durata non superiore a due ore al giorno puo' ritenersi fondatamente in contrasto con gli artt. 27, terzo comma, Cost. in quanto integrante un trattamento contrario al senso di umanita'. Va tenuto conto che, sulla base delle indicazioni applicative di cui alle circolari dell'Amministrazione penitenziaria in materia, delle predette due ore di permanenza all'aperto solo un'ora viene effettivamente trascorsa all'aria aperta, mentre l'altra viene fruita al chiuso, a scelta, in socialita', biblioteca, palestra, ecc. Invero, in materia di permanenza all'aperto, l'art. 10 O.P. gia' fornisce un criterio normativo di portata generale, laddove prevede che debba essere consentito ai detenuti di permanere all'aria aperta almeno per due ore al giorno e che tale periodo di tempo possa essere ridotto a non meno di un'ora al giorno soltanto per motivi eccezionali. Allo stesso modo, in materia di restrizioni applicabili in caso di applicazione del regime di sorveglianza particolare ex art. 14-bis O.P., l'art. 14-quater O.P. prevede che le restrizioni non possano riguardare, tra l'altro, la permanenza all'aperto per almeno due ore al giorno, salvo quanto disposto dall'art. 10 O.P. Tale criterio minimo di tutela era stato recepito dal previgente assetto normativo del regime di cui all'art. 41-bis O.P., che prevedeva la permanenza all'aperto per una durata non superiore a quattro ore al giorno, corrispondenti, secondo quanto sopra precisato, a due ore di effettiva permanenza all'aria aperta, il quale, pertanto, gia' si collocava nell'ambito della massima limitazione resa possibile dall'Ordinamento penitenziario, peraltro recependo proprio l'insegnamento della Corte costituzionale in materia. Con la riforma introdotta dalla legge n. 94/2009 si assiste ad una ulteriore compressione della durata di permanenza all'aria aperta ad un ora al giorno, che viene, quindi, a coincidere con il limite minimo di cui all'art. 10, comma 2, O.P. Tuttavia, mentre la norma da ultimo citata consente la riduzione della permanenza all'aria aperta ad un'ora al giorno «soltanto per motivi eccezionali», la previsione di cui alla legge n. 94/2009 e' sganciata da ogni valutazione di eccezionalita' e si pone, anzi, di fatto, come regime ordinario dei detenuti sottoposti all'art. 41-bis O.P., suscettibile, in verita', di ulteriore riduzione ad un'ora al giorno complessiva di permanenza all'aperto rispetto alle due previste, rimessa ad una scelta ampiamente discrezionale del Ministro. La particolare afflittivita' della restrizione in esame viene in rilievo anche in rapporto alle altre limitazioni che caratterizzano il regime penitenziario differenziato ai sensi dell'art. 41-bis O.P., le quali determinano, di fatto, un restringimento, per non dire un azzeramento, delle opportunita' trattamentali fruibili dal detenuto ad esso sottoposto, il quale si viene a trovare, nella migliore delle ipotesi, in una situazione in cui la permanenza in cella si protrae per 22 ore al giorno, con la possibilita' di permanenza all'aria aperta per una sola ora al giorno e di svolgimento di attivita' al chiuso (socialita', palestra, biblioteca, ecc.) per una sola ora al giorno. Sotto tale profilo, la stessa Corte costituzionale, rispondendo al quesito se un limite assoluto al contenuto delle misure derogatorie si possa trarre, per analogia, dall'art. 14-quater comma quarto, O.P., che specifica gli ambiti della vita carceraria che non possono essere incisi dalle restrizioni disposte con il regime di sorveglianza particolare di cui all'art. 14-bis O.P., regime che «nella sua concreta applicazione viene ad assumere un contenuto largamente coincidente con il regime differenziato introdotto con il provvedimento ex art. 41-bis, comma 2, di sospensione del trattamento penitenziario» (Corte cost., sentenza n. 410 del 1993), ha affermato che «non puo' mancare la individuazione di parametri normativi per la concretizzazione del divieto di trattamenti contrari al senso di umanita', e che da questo punto di vista le indicazioni fornite dal legislatore con il quarto comma dell'art. 14-quater appaiono particolarmente pregnanti» (Corte cost., sentenza n. 351 del 1996). Anche alla stregua degli standards elaborati dal Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Pene o Trattamenti Inumani o Degradanti (CPT) l'effettuazione di almeno un'ora di esercizio all'aria aperta ogni giorno si colloca quale tutela minima fondamentale per tutti i detenuti, senza alcuna eccezione, al di sotto della quale si configurerebbe un trattamento inumano o degradante; si precisa, inoltre, che tale tutela fondamentale dovrebbe far parte di un programma piu' ampio di attivita', che certamente non e' dato ravvisare nell'ambito del regime penitenziario di cui all'art. 41-bis O.P. La norma in esame puo' ritenersi fondatamente in contrasto anche con l'art. 32, comma uno, Cost. in quanto lesiva del diritto alla tutela della salute. Infatti, la permanenza all'aria aperta per un congruo periodo di tempo, con la possibilita' di effettuare esercizi fisici, e' direttamente funzionale al mantenimento di buone condizioni di salute del detenuto e ad ovvie esigenze di carattere igienico-sanitarie. Entrambe le predette esigenze non appaiono poter essere adeguatamente soddisfatte laddove si preveda che il detenuto abbia a disposizione una sola ora al giorno di permanenza all'aria aperta ed una sola ora al giorno da dedicare alla socialita' o ad altre attivita' ricreative (biblioteca, palestra, ecc.) e debba rimanere in cella per le restanti 22 ore della giornata. La norma che prevede l'adozione di tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata l'assoluta impossibilita' di cuocere cibi puo' ritenersi fondatamente in contrasto con gli artt. 3, comma primo e 27, terzo comma, Cost., nonche' con il principio di ragionevolezza. Infatti, tale norma pone in essere una disparita' di trattamento fra detenuti, non giustificabile sulla base delle esigenze proprie del regime detentivo differenziato. La disciplina ordinaria fondamentale in materia di acquisto di generi alimentari e di uso di fornelli e' la seguente. L'art. 9, ultimo comma, O.P. consente ai detenuti l'acquisto di generi alimentari e di conforto, entro i limiti fissati dal regolamento; l'art. 14, commi ottavo e nono, d.P.R. n. 230/2000 precisa che i generi alimentari acquistati non devono eccedere in quantita' il fabbisogno giornaliero di una persona e che non si possono accumulare generi alimentari in quantita' eccedente il fabbisogno settimanale; l'art. 13, comma quarto, d.P.R. n. 230/2000 consente ai detenuti, nelle proprie celle, l'uso di fornelli personali per riscaldare liquidi e cibi gia' cotti, nonche' per la preparazione di bevande e cibi di facile e rapido approntamento; l'art. 13, comma settimo, d.P.R. n. 230/2000 dispone che il regolamento interno puo' prevedere che, senza carattere di continuita', sia consentita ai detenuti e agli internati la cottura di generi alimentari, stabilendo i generi ammessi nonche' le modalita' da osservare. A fronte della predetta disciplina ordinaria, che consente ai detenuti l'acquisto di generi alimentari al sopravvitto, l'utilizzo di fornelli personali per preparare cibi di facile e rapido approntamento, nonche', secondo le previsioni del regolamento interno, per la cottura di generi alimentari, la legge n. 94/2009 pone il divieto assoluto di cuocere cibi. Orbene, non e' possibile arguire come siffatto divieto possa ridurre il rischio che il detenuto mantenga contatti con l'esterno. Invero, tale misura, per il suo contenuto, non e' riconducibile alla concreta esigenza di tutelare l'ordine e la sicurezza, apparendo viceversa palesemente inidonea o incongrua rispetto alle esigenze di ordine e di sicurezza che legittimano l'applicazione del regime penitenziario differenziato, e finisce per acquistare un significato diverso, quale ingiustificata deroga all'ordinario regime carcerario, con una portata puramente afflittiva estranea alla funzione attribuita dalla legge all'istituto del 41-bis. Cio' appare tanto piu' vero se si considera che al detenuto sottoposto all'art. 41-bis O.P. viene comunque consentito di acquistare al sopravvitto o ricevere dall'esterno generi alimentari che secondo l'uso comune non richiedono cottura, nonche' l'utilizzazione dei fornelli personali per la preparazione di bevande e per riscaldare liquidi, nonche' cibi gia' cotti forniti dall'Amministrazione penitenziaria. Ne' pare che la misura in esame possa essere finalizzata ad evitare che il detenuto possa assumere all'interno dell'Istituto penitenziario ruoli di predominio tali da comportare l'aggregazione attorno a se' di altri detenuti, privando il detenuto di possibili manifestazioni di «potere reale» e possibili occasioni per aggregare intorno a se' «consenso» traducibile in termini di potenzialita' offensive criminali, non solo e non tanto perche' la mera facolta' di cucinare cibi non sembra idonea a determinare tali effetti di predomino ed aggregazione, ma anche e soprattutto perche' tali medesimi effetti il detenuto ben potrebbe ottenere anche tramite l'acquisto e la ricezione di generi alimentari che non richiedono cottura. Si deve quindi dubitare della costituzionalita' della restrizione in esame non solo in quanto determinante una irragionevole disparita' di trattamento con i detenuti ordinari, non riconducibile alle finalita' istituzionali del regime di cui all'art. 41-bis O.P., ma anche in quanto idonea a determinare, tenuto conto del complesso delle ulteriori limitazioni imposte in virtu' dell'applicazione del predetto regime, un trattamento penitenziario contrario al senso di umanita', con violazione dell'art. 27, terzo comma, Cost. Alla luce delle considerazioni sopra svolte, si ritiene che non sia effettuabile da questo giudice alcuna interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina dettata con la legge n. 94 del 2009, di modifica dell'art. 41-bis, comma 2-ter, lettera f), O.P., che permetta di ritenere osservati dalla medesima i principi costituzionali sopra richiamati. Il procedimento deve pertanto sospendersi e gli atti essere inviati alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli articoli 23 e seguenti legge 11 marzo 1953, n. 87, 14-ter, 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera i), della legge 26 luglio 1975, n. 354 cosi' come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, art. 2, comma 25, lettera f) n. 2.4, nella parte in cui limita la permanenza all'aperto ad una durata non superiore a due ore al giorno, per contrarieta' agli artt. 27, terzo comma e 32, primo comma, Cost.; Dichiara, altresi', rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), della legge 26 luglio 1975, n. 354 cosi' come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, art. 2, comma 25, lettera f) n. 2.4, nella parte in cui prevede l'adozione di tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata l'assoluta impossibilita' di cuocere cibi, per contrarieta' agli artt. 3, primo comma e 27, terzo comma, Cost., nonche' al principio di ragionevolezza; Dispone la trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte costituzionale; Dispone la sospensione del presente procedimento in attesa della decisione della Corte medesima. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di legge, la notifica all'interessato, ed al pubblico ministero, nonche' per l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e per la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cuneo, addi' 20 gennaio 2010 Il Magistrato di sorveglianza: dott. Pier Marco Salassa