N. 254 SENTENZA 7 - 15 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Edilizia e urbanistica - Calamita' pubbliche e  protezione  civile  -
  Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Disposizioni  per  le
  costruzioni nei centri storici in zona  sismica  -  Classificazione
  del territorio regionale  ai  fini  della  prevenzione  dei  rischi
  sismici - Ricorso del Governo  -  Eccepita  inammissibilita'  della
  questione per contemporanea e, dunque, contraddittoria evocazione a
  parametro di disposizioni statutarie e di norme del Titolo V, Parte
  II,  della  Costituzione,  destinate  alle  Regioni   ordinarie   -
  Reiezione. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto  2009,  n.  16,
  artt. 9 e 15. 
- Costituzione, artt. 114 e 117, commi primo, secondo,  lett.  s),  e
  terzo; Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt.  4  e  5,
  primo comma, numero 22; d.P.R. 6 giugno  2001,  n.  380,  art.  88;
  d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 65, commi 4, 5 e 6. 
Edilizia e urbanistica - Calamita' pubbliche e  protezione  civile  -
  Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Disposizioni  per  le
  costruzioni in zona sismica nei centri  storici  -  Classificazione
  del territorio regionale  ai  fini  della  prevenzione  dei  rischi
  sismici - Ricorso del Governo - Ritenuta violazione degli artt. 114
  e  117,  primo  comma,  Cost.  -  Genericita'   delle   censure   -
  Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto  2009,  n.  16,
  artt. 9 e 15. 
- Costituzione, artt. 114 e 117, primo comma. 
Edilizia e urbanistica - Calamita' pubbliche e  protezione  civile  -
  Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Disposizioni  per  le
  costruzioni in zona sismica nei centri storici - Previsione che  la
  Regione possa concedere deroghe all'osservanza delle norme tecniche
  per la salvaguardia delle caratteristiche ambientali  -  Violazione
  di  norma  statale  espressione  di  principio  fondamentale  della
  materia,  di  competenza   legislativa   concorrente,   «opere   di
  prevenzione e soccorso per  calamita'  naturali»  -  Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto  2009,  n.  16,
  art. 9. 
- Costituzione,  art.  117,  terzo  comma;  Statuto   della   Regione
  Friuli-Venezia Giulia, art. 5, primo comma,  numero  22;  d.P.R.  6
  giugno 2001, n. 380, art. 88. 
Edilizia e urbanistica - Calamita' pubbliche e  protezione  civile  -
  Norme della Regione Friuli-Venezia  Giulia  -  Classificazione  del
  territorio regionale ai fini della prevenzione dei rischi sismici -
  Attribuzione al Comune della potesta' di individuare le aree sicure
  e quelle  pericolose  ai  fini  edificatori  o  infrastrutturali  -
  Ricorso del Governo - Eccezione di inammissibilita' della questione
  per omessa indicazione delle norme statali asseritamente violate  -
  Reiezione. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto  2009,  n.  16,
  art. 15. 
- Costituzione, art. 117, commi secondo, lett. s), e  terzo;  Statuto
  della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt.  4  e  5,  primo  comma,
  numero 22; d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 65. 
Edilizia e urbanistica - Calamita' pubbliche e  protezione  civile  -
  Norme della Regione Friuli-Venezia  Giulia  -  Classificazione  del
  territorio regionale ai fini della prevenzione dei rischi sismici -
  Attribuzione al Comune della potesta' di individuare le aree sicure
  e quelle  pericolose  ai  fini  edificatori  o  infrastrutturali  -
  Violazione della normativa statale,  espressione  della  competenza
  esclusiva statale nella materia «tutela dell'ambiente», che rimette
  alla pianificazione di bacino la competenza  ad  individuare  dette
  aree - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto  2009,  n.  16,
  art. 15. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. s);  d.lgs.  3  aprile
  2006, n. 152, art. 65. 
(GU n.29 del 21-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 9 e 15  della
legge della Regione Friuli-Venezia  Giulia  11  agosto  2009,  n.  16
(Norme per la costruzione  in  zona  sismica  e  per  la  tutela  del
territorio), promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri  con
ricorso notificato il 19 - 22 ottobre 2009, depositato in cancelleria
il 22 ottobre 2009 ed iscritto al n. 96 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25  maggio  2010  il  Giudice
relatore Paolo Maddalena; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la
Regione Friuli-Venezia Giulia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 19-22 ottobre 2009 e depositato in
cancelleria il 22 ottobre  2009,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha impugnato gli artt.  9  e  15  della  legge  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2009, n. 16 (Norme per la costruzione
in zona sismica e per  la  tutela  del  territorio),  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale n. 33  del  19  agosto  2009,  denunciandone  il
contrasto con gli artt. 114, 117, primo comma, secondo comma, lettera
s), e terzo comma, della Costituzione e con gli artt.  4  e  5  della
legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1  (Statuto  speciale  della
Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    La legge regionale, nel dettare norme per le costruzioni in  zone
sismiche e per la tutela del territorio, persegue,  quanto  al  primo
settore di  intervento,  «gli  obiettivi  di  tutela  della  pubblica
incolumita'  e  di  riduzione  del  rischio  sismico  sul  territorio
regionale,  attraverso  la  salvaguardia  della  stabilita'  e  della
sicurezza delle costruzioni nelle zone dichiarate sismiche» (art. 1),
e si applica «a chiunque esegua,  con  o  senza  titolo  abilitativo,
nelle zone del  territorio  della  Regione  soggette  all'obbligo  di
progettazione antisismica, opere o interventi edilizi di manutenzione
straordinaria,  di  restauro,   di   risanamento   conservativo,   di
ristrutturazione edilizia, di nuova costruzione e di ristrutturazione
urbanistica, che abbiano rilevanza strutturale, ovvero  modifichi  la
destinazione d'uso di edifici e di opere, con o senza  lavori  edili,
in modo tale da farli rientrare nelle categorie di  cui  all'articolo
6, comma 2, lettera a)» (art. 2). 
    Quanto al secondo settore di intervento, la finalita'  perseguita
consiste nel «garantire la tutela dell'incolumita' delle persone,  la
preservazione dei beni, nonche' la sicurezza delle  infrastrutture  e
del patrimonio ambientale e culturale» (art. 14). 
    Il ricorrente premette che la Regione Friuli-Venezia  Giulia,  ai
sensi del proprio statuto, gode di una potesta' legislativa  primaria
in materia di «urbanistica» (art. 4, primo comma,  numero  12)  e  di
competenza  legislativa  concorrente  in   materia   di   «opere   di
prevenzione e soccorso per calamita' naturali» (art. 5, primo  comma,
numero 22): la Regione, quindi, deve legiferare nelle  dette  materie
in  armonia  con   la   Costituzione,   con   i   principi   generali
dell'ordinamento giuridico e con le  norme  fondamentali  di  riforma
economico-sociale e, quanto alle «opere di prevenzione e soccorso per
calamita' naturali», nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti
con leggi dello Stato. 
    Il denunciato  art.  9,  rubricato  «Disposizioni  per  i  centri
storici»,  prevede   che   la   Regione   possa   concedere   deroghe
all'osservanza delle norme tecniche per  le  costruzioni  nelle  zone
sismiche. In base ad  esso,  «nel  caso  in  cui  sussistano  ragioni
determinate  dall'esigenza  di   salvaguardare   le   caratteristiche
ambientali dei centri storici che impediscano, anche parzialmente, il
rispetto  delle  norme  tecniche  per  le  costruzioni»  nelle   zone
sismiche, «la Regione, su richiesta dei soggetti interessati  o,  nel
caso di opera  di  competenza  della  Regione,  su  iniziativa  della
struttura regionale competente in materia, e' autorizzata a concedere
deroghe all'osservanza delle citate norme tecniche». 
    Richiamata la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 302  del
1988) sulla potesta' di legiferare in materia di costruzioni in  zone
sismiche, la difesa erariale ritiene che questa disposizione si ponga
in contrasto con la normativa statale vigente e, in particolare,  con
l'art. 88 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno  2001,
n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia), che attribuisce allo Stato, e per esso al Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, la  possibilita'  di  concedere
deroghe all'osservanza delle norme tecniche di cui  all'art.  83  del
medesimo decreto, previa apposita istruttoria da  parte  dell'ufficio
periferico competente e il parere favorevole del Consiglio  superiore
dei lavori pubblici, quando sussistano ragioni  particolari,  che  ne
impediscano in tutto o in parte l'osservanza, dovute all'esigenza  di
salvaguardare le caratteristiche ambientali dei centri storici. 
    Secondo l'Avvocatura generale dello  Stato,  il  conferimento  al
Ministro del potere di deroga ha un  contenuto  precettivo,  valevole
erga omnes,  ai  fini  della  garanzia  di  applicazione  in  maniera
uniforme sul territorio nazionale di una normativa avente particolari
e delicati riflessi  sulla  tutela  della  pubblica  incolumita'.  La
disposizione contenuta nell'art. 88 del testo unico costituirebbe  un
principio  che  trascende  anche  l'ambito   della   disciplina   del
territorio,  per  attingere  a  valori  di  tutela   dell'incolumita'
pubblica  che  fanno  capo  alla  materia  della  protezione   civile
(sentenza n. 182  del  2006),  quindi  al  di  la'  delle  competenze
riconosciute in via esclusiva alla Regione Friuli-Venezia  Giulia  in
materia di urbanistica. 
    La disposizione regionale eccederebbe le competenze statutarie di
cui all'art. 5, primo comma, numero 22,  dello  statuto  speciale  di
autonomia ed invaderebbe la potesta' legislativa statale  riguardante
la determinazione dei principi fondamentali in materia di  protezione
civile, di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    L'art.   15   della   legge   regionale,   sotto    la    rubrica
«Classificazione del territorio regionale», attribuisce al Comune  la
potesta'  di  individuare  le  aree  sicure  o  pericolose  ai   fini
edificatori o infrastrutturali. 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione denunciata si  porrebbe
in contrasto con la disciplina statale di  riferimento,  che  rimette
alla pianificazione di bacino la competenza di individuare tali aree. 
    Infatti, ai sensi dell'art. 65, commi  4,  5  e  6,  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  le
prescrizioni piu' restrittive contenute negli atti di  pianificazione
di bacino hanno carattere vincolante per le amministrazioni  ed  enti
pubblici e sono sovra ordinate ai piani territoriali e  ai  programmi
regionali. 
    Secondo  la  difesa  erariale,   la   norma   regionale   sarebbe
illegittima nella parte in cui rende possibile la realizzazione degli
interventi in tutti i casi in cui le norme di attuazione dei piani di
bacino o la normativa di  salvaguardia  non  consentono,  nelle  aree
considerate, tale tipologia di interventi o, piu' in generale,  nelle
aree ad alto (elevato e molto elevato) rischio  idrogeologico,  nelle
quali non e' consentita l'edificazione  in  base  agli  strumenti  di
pianificazione. 
    Dettando  disposizioni  difformi  dalla  normativa  nazionale  di
riferimento afferente alla  materia  della  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema», che l'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.
riserva allo Stato, il denunciato art. 15 eccederebbe  la  competenza
statutaria di cui all'art. 4 dello statuto speciale, secondo il quale
la Regione esercita le proprie competenze legislative in armonia  con
la Costituzione. 
    In conclusione, secondo l'Avvocatura, «la normativa regionale  in
questione,  dettando  disposizioni  confliggenti  con  la   normativa
nazionale vigente, espressione della potesta'  legislativa  esclusiva
statale in materia di  tutela  dell'ambiente  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., nonche'  con  i  principi  generali
dettati dalla legislazione  statale,  in  violazione  dell'art.  117,
terzo comma, Cost., eccede le competenze regionali di cui agli  artt.
4 e  5  dello  statuto  speciale  di  autonomia  di  cui  alla  legge
costituzionale n. 1  del  1963  e  va  dichiarata  illegittima  negli
articoli censurati per violazione dei suddetti parametri, nonche' dei
principi fondamentali dettati dagli artt. 114 (sulla equi ordinazione
tra  Stato,  regioni  ed  enti  locali  e,  in   particolare,   sulle
prerogative istituzionali dello Stato, con  specifico  riferimento  a
quanto disposto dall'art.  117  Cost.)  e  117,  primo  comma  (sulla
preminenza  delle  disposizioni  comunitarie  e  la   necessita'   di
rispettare i parametri imposti dagli organismi  dell'Unione  europea)
Cost.». 
    2. - Si e' costituita la Regione Friuli-Venezia Giulia, chiedendo
che  la  Corte  respinga  il  ricorso  in  quanto  inammissibile   ed
infondato. 
    Una prima ragione di  inammissibilita'  del  ricorso  deriverebbe
dalla contraddittorieta' nella invocazione dei parametri. 
    Sostiene la difesa della Regione che nel  ricorso  sono  invocate
contemporaneamente le norme dello statuto speciale  e  le  norme  del
Titolo V della  parte  seconda  della  Costituzione,  giungendosi  ad
affermare che la violazione dei  limiti  statutari  sarebbe  avvenuta
attraverso la violazione delle norme statali  espressive  dei  poteri
conferiti allo Stato dall'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  e
dall'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Secondo   la   Regione   Friuli-Venezia   Giulia,   il    «limite
costituzionale» di cui all'art. 4 dello statuto non  comprende  -  di
regola - le norme del titolo V, destinate alle regioni ordinarie:  se
cosi' fosse, non  avrebbe  alcun  senso  la  stessa  esistenza  delle
regioni speciali e dei relativi statuti. 
    Sarebbe  dunque  contraddittoria  (e,   percio',   inammissibile)
l'impostazione del ricorso, che affianca continuamente e sovrappone i
parametri statutari e quelli risultanti dal nuovo titolo V. 
    L'Avvocatura generale dello Stato  avrebbe  dovuto  valutare  se,
nelle materie oggetto delle norme  impugnate,  l'autonomia  conferita
dallo statuto speciale sia maggiore o minore di quella derivante  dal
titolo V: nel primo caso, il parametro di  legittimita'  della  legge
regionale si sarebbe dovuto identificare nel solo  statuto  speciale,
mentre, nel secondo caso, nel titolo V, ai sensi dell'art. 10,  comma
1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001,  n.  3  (Modifiche  al
titolo  V  della  parte  seconda  della   Costituzione),   senza   la
possibilita' di invocare ulteriormente i limiti statutari. 
    In   ogni   caso,   il   ricorso    risulterebbe    ulteriormente
inammissibile, per genericita', la' dove  invoca  l'art.  117,  primo
comma, Cost., per la totale assenza  di  qualsiasi  argomentazione  e
dell'indicazione delle fonti comunitarie che sarebbero state violate. 
    Anche la censura fondata sull'art. 114, Cost.  sarebbe  priva  di
autonomia, perche' si tradurrebbe nell'invocazione delle  prerogative
statali di cui all'art. 117, Cost. 
    2.1. - Nel merito, la questione  di  legittimita'  costituzionale
avente ad oggetto l'art. 9 della  legge  regionale  n.  16  del  2009
sarebbe infondata. Poiche' le costruzioni in zona sismica afferiscono
all'urbanistica (come risulta  non  solo  dall'evidenza  dell'oggetto
della  disciplina  -  che  e',  appunto,  l'attivita'   edilizia   di
costruzione - ma anche dalla tradizione legislativa consolidata: art.
81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616
e art. 54, comma 1, lettera c), del d.lgs. 31 marzo  1998,  n.  112),
nel caso  in  questione  non  sarebbe  pertinente  l'invocazione  dei
principi  fondamentali  in   materia   di   protezione   civile,   ma
bisognerebbe  semmai  dimostrare  il  superamento  dei  limiti  della
potesta' legislativa primaria in materia di urbanistica. 
    La difesa della resistente ricorda che, in base all'art. 2, comma
2, del d.P.R. n. 380 del 2001, «le regioni a statuto  speciale  e  le
province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  esercitano  la  propria
potesta' legislativa esclusiva,  nel  rispetto  e  nei  limiti  degli
statuti di autonomia e delle relative norme di  attuazione»,  e  cio'
confermerebbe che  i  principi  di  tale  decreto  presidenziale  non
vincolano le regioni speciali. 
    Trattandosi poi, nella presente controversia,  della  titolarita'
di una specifica funzione amministrativa, essa spetterebbe, in virtu'
delle competenze statutarie, alla Regione Friuli-Venezia Giulia, dove
vige il  principio  del  parallelismo  stabilito  dall'art.  8  dello
statuto (e' citata la sentenza n. 236 del 2004 di questa  Corte).  In
attuazione di esso, l'assetto  delle  funzioni  amministrative  nella
materia e' definito dall'art. 22 del d.P.R. 26 agosto 1965,  n.  1116
(Norme  di  attuazione   dello   statuto   speciale   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia in materia di agricoltura e foreste,  industria
e commercio, turismo e industria alberghiera, istituzioni  ricreative
e sportive, lavori pubblici), come modificato dal d.P.R. 25  novembre
1975, n. 902 (Adeguamento ed integrazione delle norme  di  attuazione
dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), che  e',
tra l'altro, successivo all'art. 12 della legge 3 febbraio  1974,  n.
64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per
le zone sismiche), divenuto poi l'art. 88 del  testo  unico,  che  il
ricorso assume violato. In base alla citata disposizione delle  norme
di attuazione, sono trasferite alla  Regione,  relativamente  al  suo
territorio,  tutte  le  attribuzioni  amministrative   degli   organi
centrali e  periferici  dello  Stato  in  materia,  tra  l'altro,  di
«urbanistica, edilizia popolare, opere di prevenzione e soccorso  per
calamita' naturali»; laddove l'art. 26, primo comma, lettera i),  del
medesimo  d.P.R.  mantiene  alla  competenza  statale  le  «opere  di
prevenzione e soccorso per calamita' naturali, relative a materia  di
competenza statale, nonche' gli interventi straordinari  nelle  opere
di  soccorso  relative  a  calamita'   di   estensione   ed   entita'
particolarmente gravi». 
    Coerentemente con tale ampio trasferimento, l'art. 22 del  d.P.R.
n. 902 del 1975 ha trasferito «alla Regione Friuli-Venezia Giulia gli
uffici del provveditorato  regionale  alle  opere  pubbliche  per  il
Friuli-Venezia Giulia e gli uffici del genio civile,  con  esclusione
delle sezioni o servizi cui sono  affidate  le  funzioni  rimaste  di
competenza statale»; mentre, sin dal 1965, l'art. 24  del  d.P.R.  n.
1116  aveva  stabilito  che  il  «comitato  tecnico   amministrativo,
costituito presso il Provveditorato regionale alle opere  pubbliche»,
integrato con  tre  membri  designati  dal  Presidente  della  giunta
regionale, esercitasse nel territorio regionale,  fino  a  quando  la
Regione non avesse diversamente disposto, le funzioni  del  Consiglio
superiore dei lavori pubblici. 
    Secondo   la   difesa   della   resistente,   siffatta   funzione
amministrativa, da esercitarsi sul piano locale, senza alcun riflesso
che  superi  tale  ambito,  appartiene  pienamente  alla   competenza
statutaria della Regione e, come tale, e' legittimamente disciplinata
dalla legge regionale. 
    Tali considerazioni varrebbero in ogni caso anche se, in denegata
ipotesi, si ritenesse prevalente la materia «opere di  prevenzione  e
soccorso per calamita' naturali» (art. 5, numero 22, dello  statuto).
Difatti, la citata norma di attuazione si riferisce non soltanto alla
materia  «urbanistica»,  ma  ugualmente  a  quella  delle  «opere  di
prevenzione e soccorso per  calamita'  naturali»,  cioe'  ai  profili
della sicurezza nel senso della incolumita' pubblica ai quali  allude
il ricorso statale. 
    Ferma la piena competenza statutaria, la difesa della Regione  in
subordine rileva che, nello stesso sistema generale di cui al  d.P.R.
n. 380 del 2001, alla disposizione dell'art. 88 non puo'  attribuirsi
il rango di un principio  fondamentale  della  materia,  giacche'  lo
stesso  d.P.R.  attribuisce  un  ruolo  assolutamente  centrale  alla
Regione in relazione alle costruzioni  in  zona  sismica  (artt.  83,
comma 3, 89, comma 1, 90, comma  2,  93,  94,  96  e  97).  La  norma
impugnata non incide  sulla  derogabilita'  delle  norme  tecniche  e
sull'entita' dei controlli, ma si limita ad attribuire la  competenza
alla concessione della deroga ad un organo regionale,  mentre  l'art.
88 del d.P.R. n. 380 del 2001 la attribuisce ad un organo statale. 
    Poiche' la  normativa  contenuta  nel  d.P.R.  n.  380  del  2001
evidenzia il ruolo centrale  delle  Regioni  nell'applicazione  delle
norme tecniche in materia di costruzioni in zone sismiche, cioe'  nei
controlli sull'attivita' edilizia in queste zone,  non  sussisterebbe
alcuna  ragione  di  interesse  nazionale  (nella  prospettiva  dello
statuto speciale) o di  esercizio  unitario  (nella  prospettiva  del
titolo V) che imponga la competenza statale in relazione alla  deroga
di cui all'art. 9 della legge regionale n. 16 del 2009. 
    La difesa della  resistente  -  che  ritiene  non  conferente  il
richiamo alla sentenza della Corte costituzionale  n.  302  del  1988
operato in premessa dal ricorrente - ritiene illogico che la  Regione
possa individuare le zone sismiche e dare il parere  sugli  strumenti
urbanistici generali e particolareggiati e non possa dare una  deroga
per le costruzioni nei centri storici. 
    La questione avente ad oggetto l'art. 15 della legge regionale n.
16  del  2009  sarebbe  inammissibile,   perche'   il   ricorso   non
indicherebbe affatto la norma che attribuisce al piano di  bacino  la
specifica competenza di individuare le aree sicure  o  pericolose  ai
fini edificatori o infrastrutturali, ma invocherebbe i commi 4, 5 e 6
dell'art. 65  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  cioe'  le  norme  che
sanciscono il carattere vincolante del piano di bacino per gli  altri
piani. 
    Nel merito, in ogni modo, la censura si fonderebbe su un equivoco
circa l'esatto significato della disposizione impugnata. 
    Il ricorso muove dalla tesi secondo cui  il  denunciato  art.  15
attribuirebbe ai Comuni il potere di disattendere i vincoli derivanti
dai piani di bacino  ma,  in  realta',  in  nessun  punto  l'art.  15
consente la realizzazione degli interventi in tutti i casi in cui  le
norme  di  attuazione  dei  piani  di  bacino  o  la   normativa   di
salvaguardia non permettono, nelle aree considerate,  tale  tipologia
di interventi. 
    Premesso che in base all'art. 94, comma 2, lettera a), del d.lgs.
n. 112 del 1998 e all'art. 3 della legge regionale  n.  16  del  2009
l'individuazione  delle  zone  sismiche  spetta  alle   Regioni,   la
resistente osserva  che  il  citato  art.  15  non  ha  lo  scopo  di
indebolire  la  tutela  del  territorio  ma  quello  di  rafforzarla,
prevedendo uno strumento conoscitivo, che non  incide  affatto  sulla
realizzabilita'  degli  interventi  quale  risulta  dagli   strumenti
sovraordinati. 
    La disposizione impugnata, pur non richiamando  espressamente  le
norme statali di settore, andrebbe letta in combinato con  l'art.  65
del d.lgs. n. 152 del 2007. 
    In questa  prospettiva,  l'art.  15  della  legge  regionale  non
intenderebbe in alcun modo derogare alla normativa statale,  per  cui
resta fermo il carattere vincolante del  piano  di  bacino.  Esso  si
limita  a  prevedere  uno  strumento  conoscitivo   e   illustra   la
metodologia  da  seguire  per  la  classificazione   del   territorio
regionale. I «tecnici laureati abilitati» di cui all'art.  15,  comma
4, che redigono lo  studio,  devono  applicare  le  norme  statali  e
regionali che governano  la  materia  e  considerare  i  piani  sovra
ordinati a quelli comunali. 
    3. - In prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato una memoria illustrativa. 
    La difesa erariale ribadisce -  con  riferimento  alla  questione
avente ad oggetto l'art. 9 della legge  regionale  -  che  la  scelta
effettuata dall'art. 88 del d.lgs. n. 380 del 2001 (e, prima  ancora,
dall'art. 12 della legge n. 64 del 1974) e' una scelta  di  principio
non  derogabile  dalle  leggi  regionali,  perche'  espressione   del
superiore interesse all'incolumita' pubblica. 
    Con riguardo alla questione concernente  l'art.  15  della  legge
regionale, la difesa del ricorrente, richiamata la sentenza di questa
Corte n. 254  del  2009,  osserva  che  la  norma  regionale  sarebbe
illegittima, perche' consente la realizzazione  degli  interventi  in
tutti i casi in cui le norme di attuazione dei piani di bacino  o  la
normativa di salvaguardia non  permettono,  nelle  aree  considerate,
tale tipologia di interventi o, piu' in generale, nelle aree ad  alto
rischio idrogeologico. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  promosso,  in
riferimento agli artt. 114, 117, primo comma, secondo comma,  lettera
s), e terzo comma, della Costituzione, nonche' agli artt. 4 e 5 della
legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale  per  la
Regione   Friuli-Venezia   Giulia),   questione    di    legittimita'
costituzionale  degli  artt.  9  e  15  della  legge  della   Regione
Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2009, n. 16 (Norme per la costruzione
in zona sismica e per la tutela del territorio). 
    In particolare, l'art. 9 della legge regionale - il quale prevede
che la Regione possa concedere  deroghe  all'osservanza  delle  norme
tecniche per le costruzioni nelle zone  sismiche,  nel  caso  in  cui
sussistano ragioni  determinate  dall'esigenza  di  salvaguardare  le
caratteristiche ambientali dei centri  storici  che  ne  impediscano,
anche  parzialmente,  il  rispetto  -  invaderebbe,  ad  avviso   del
ricorrente,  la   potesta'   legislativa   statale   riguardante   la
determinazione dei principi fondamentali  in  materia  di  protezione
civile, eccedendo le competenze statutarie, giacche'  l'art.  88  del
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380  (Testo
unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia
edilizia), attribuisce allo Stato,  e  per  esso  al  Ministro  delle
infrastrutture e dei trasporti, la possibilita' di  concedere  simili
deroghe, previa apposita istruttoria da parte dell'ufficio periferico
competente e il parere favorevole del Consiglio superiore dei  lavori
pubblici. 
    L'art. 15 della legge regionale, a sua volta, nell'attribuire  al
Comune la potesta' di individuare le aree sicure o pericolose ai fini
edificatori o infrastrutturali,  si  porrebbe  in  contrasto  con  la
disciplina statale di riferimento (art. 65,  commi  4,  5  e  6,  del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in  materia
ambientale»), che rimette alla pianificazione di bacino la competenza
di individuare tali aree. 
    2. -  Preliminarmente,  deve  essere  esaminata  l'eccezione   di
inammissibilita' sollevata dalla difesa della  Regione,  sul  rilievo
che nel ricorso sarebbero invocate contemporaneamente le norme  dello
statuto speciale e le norme del titolo V della  parte  seconda  della
Costituzione, senza spiegare perche' le norme del titolo V, destinate
alle regioni  ordinarie,  dovrebbero  applicarsi  ad  una  Regione  a
statuto speciale. 
    2.1. - L'eccezione non e' fondata. 
    Il  ricorrente  ritiene  che  l'art.  9  della  legge   regionale
eccederebbe la competenza statutaria di cui all'art. 5, primo  comma,
numero 22), dello statuto di autonomia, contrastando con un principio
fondamentale, di uniformita' degli standard  costruttivi  nelle  zone
sismiche, dettato dalla  legislazione  statale  nella  materia  della
protezione civile, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Quanto alla questione avente ad oggetto l'art. 15 della  medesima
legge regionale, il ricorrente sostiene che la  norma  impugnata  sia
espressione della competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di «tutela dell'ambiente», ai sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., e che  essa  violi  l'art.  4  della  legge
costituzionale  n.  1  del  1963,  secondo  il   quale   la   Regione
Friuli-Venezia Giulia esercita le proprie competenze  legislative  in
armonia con la Costituzione. 
    Dalla   motivazione   del   ricorso,   dunque,   e'   agevolmente
comprensibile che il ricorrente lamenta in primo luogo la  violazione
della competenza legislativa attribuita alla  Regione  dallo  statuto
speciale,  e,  in  secondo  luogo,  e  quindi  in  via  gradata,   fa
riferimento alla disposizione costituzionale  di  cui  all'art.  117,
terzo comma, in un caso,  e  di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), nell'altro, per l'ipotesi in cui si  ritenga  applicabile
detto parametro costituzionale alla luce  dell'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione). Non vi e', quindi,  da  parte  del
ricorrente, alcuna contraddizione nel citare, nel suo ricorso, sia la
specifica  disposizione  statutaria  sia,  in  via  subordinata,   le
disposizioni contenute nell'art. 117, comma secondo,  lettera  s),  e
terzo comma, Cost. 
    3. -   E',   invece,    fondata    l'ulteriore    eccezione    di
inammissibilita' sollevata dalla difesa della Regione con riferimento
alla dedotta violazione degli artt. 114 e 117,  primo  comma,  Cost.,
dato che il ricorrente non svolge alcuna argomentazione,  limitandosi
ad una generica invocazione di detti parametri. 
    In questi limiti, le questioni sollevate devono essere dichiarate
inammissibili. 
    4. - La questione avente ad oggetto l'art. 9  della  legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia e' fondata. 
    La norma  impugnata  autorizza  «la  Regione,  su  richiesta  dei
soggetti interessati o, nel caso  di  competenza  della  Regione,  su
iniziativa della  struttura  regionale  competente  in  materia»,  «a
concedere  deroghe  all'osservanza»  delle  norme  tecniche  per   le
costruzioni nelle zone sismiche «nel caso in cui  sussistano  ragioni
determinate  dall'esigenza  di   salvaguardare   le   caratteristiche
ambientali dei centri storici che impediscano, anche parzialmente, il
rispetto»  di  tali  norme.  La  deroga  «e'  disposta  dalla  Giunta
regionale  sulla  base  dell'istruttoria  della  struttura  regionale
competente in materia, sentita la struttura regionale  competente  in
materia di tutela dei beni paesaggistici». 
    Anche l'art.  88  del  d.P.R.  n.  380  del  2001  prevede  -  in
continuita' con quanto stabiliva l'art. 12  della  legge  2  febbraio
1974,  n.  64  (Provvedimenti  per  le  costruzioni  con  particolari
prescrizioni per le zone sismiche) -  la  possibilita'  di  concedere
deroghe all'osservanza delle norme tecniche  per  le  costruzioni  in
zone  sismiche  «quando  sussistano  ragioni  particolari,   che   ne
impediscano in tutto o in parte l'osservanza, dovute all'esigenza  di
salvaguardare le caratteristiche ambientali dei centri  storici»,  ma
rimette  questo  potere  al  Ministro  per  le  infrastrutture  ed  i
trasporti,  «previa  apposita  istruttoria  dell'ufficio   periferico
competente e parere favorevole del  Consiglio  superiore  dei  lavori
pubblici». 
    Con l'affidare al Ministro per le infrastrutture ed i  trasporti,
e con il previo parere favorevole del Consiglio superiore dei  lavori
pubblici,  il  potere  di  riconoscere  le  ragioni  particolari  che
impediscono,  in  nome  della  salvaguardia   delle   caratteristiche
ambientali dei centri storici, il rispetto delle norme  tecniche  per
le costruzioni nelle zone sismiche, il legislatore statale ha  inteso
dettare una disciplina unitaria a tutela  dell'incolumita'  pubblica,
mirando a garantire, per ragioni di sussidiarieta' e di  adeguatezza,
una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale, in  un
settore  nel  quale  entrano  in  gioco  sia  l'alta  tecnicita'  dei
provvedimenti  in  questione,  sia  l'esigenza  di  una   valutazione
uniforme dei casi di deroga. 
    In questo contesto, il citato art. 88 - completando la disciplina
statale che rimette a decreti del Ministro l'approvazione delle norme
tecniche per le costruzioni la cui  sicurezza  possa  interessare  la
pubblica incolumita', da  realizzarsi  in  zone  dichiarate  sismiche
(art. 83 del  d.P.R.  n.  380  del  2001)  -  costituisce  la  chiara
espressione di un principio fondamentale. 
    D'altro canto, seguendo il criterio della «specificita'», fondato
sui concetti dell'«oggetto» e della «ratio», appare evidente  che  la
disciplina regionale di  cui  si  discute  ha  come  suo  oggetto  le
costruzioni nelle zone ad alto rischio sismico e come  sua  ratio  la
tutela dell'interesse generale alla sicurezza  delle  persone;  essa,
pertanto, trascende l'ambito della  materia  dell'urbanistica,  nella
quale  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  ha  potesta'  legislativa
primaria (art. 4, primo comma, numero 12,  dello  statuto  speciale),
per attingere a valori di tutela dell'incolumita' pubblica che  fanno
capo  alla  materia  delle  «opere  di  prevenzione  e  soccorso  per
calamita' naturali» (art. 5, primo comma, numero  22,  dello  statuto
speciale), ovvero della «protezione civile» (cfr. sentenza n. 182 del
2006 di questa Corte), gradatamente invocate dal ricorrente. 
    Si tratta, dunque,  nel  caso  di  specie,  dell'esercizio  della
competenza regionale concorrente in materia di «opere di  prevenzione
e soccorso per calamita' naturali» (art. 5, primo comma,  numero  22,
dello statuto speciale). Nell'esercitare tali competenze,  pero',  la
Regione ha violato il principio fondamentale  espresso  dall'art.  88
del d.P.R. n. 380 del 2001. 
    Va,   pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 9 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 16 del
2009, per contrasto con la norma statale  di  principio  -  alla  cui
osservanza la Regione era tenuta ai sensi dell'art. 5,  primo  comma,
numero 22, dello statuto speciale - che affida  al  Ministro  per  le
infrastrutture ed i trasporti, previo parere favorevole del Consiglio
superiore dei lavori pubblici, la possibilita' di  concedere  deroghe
all'osservanza delle norme tecniche per  le  costruzioni  nelle  zone
sismiche. 
    5. - Circa la questione avente ad oggetto l'art. 15  della  legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 2009,  va  innanzitutto
rigettata l'eccezione  di  inammissibilita'  sollevata  dalla  difesa
della  Regione,  perche'  -  contrariamente  a  quanto  sostenuto  da
quest'ultima - il ricorso  richiama  esattamente  la  disposizione  -
l'art. 65 del d.lgs. n. 152 del 2006 - che disciplina il  valore,  la
finalita' ed i contenuti del piano di bacino, e  che  attribuisce  ad
esso la competenza di individuare i diversi gradi  di  pericolosita',
sotto il profilo della difesa del suolo, degli ambiti territoriali, a
nulla rilevando che il ricorso medesimo si soffermi,  specificamente,
sui commi 4, 5 e 6 di tale disposizione. 
    Nel merito, la questione e' fondata. 
    La norma impugnata e' inserita nell'ambito della disciplina della
tutela  fisica  del  territorio,  attraverso  il  quale  la   Regione
«persegue   l'obiettivo   generale    di    garantire    la    tutela
dell'incolumita' delle persone, la preservazione dei beni, nonche' la
sicurezza  delle  infrastrutture  e  del  patrimonio   ambientale   e
culturale», nel rispetto «delle condizioni di sicurezza idrogeologica
e nella considerazione dei limiti imposti  dalla  vulnerabilita'  del
territorio stesso e dei beni, nonche' dei rischi connessi» (art. 14). 
    In particolare, la norma impugnata, dopo avere stabilito che  «il
quadro conoscitivo del territorio regionale viene delineato  mediante
la classificazione del territorio  in  ambiti  caratterizzati  da  un
diverso grado di pericolosita' sotto il profilo "geologico, idraulico
e valanghivo", ai fini  della  previsione  e  della  prevenzione  dei
relativi rischi», affida al Comune il compito di definire tali ambiti
territoriali  e  di  suddividerli  in:  (a)  aree  sicure   ai   fini
edificatori o infrastrutturali; (b) aree che, in caso di destinazione
d'uso ai fini edificatori o  infrastrutturali,  possono  assumere  un
rischio di pericolosita' sotto  il  profilo  geologico,  idraulico  e
«valanghivo»;   (c)   aree   pericolose   ai   fini   edificatori   o
infrastrutturali, caratterizzate da situazioni di pericolosita' sotto
il  profilo  geologico,  idraulico  e   «valanghivo»,   eventualmente
suddivise in subaree qualificate da diversi gradi  di  pericolosita'.
La definizione di tali ambiti avviene tramite uno studio  (costituito
da una  relazione  geologica,  geologico-tecnica  e  idraulica  e  da
rappresentazioni cartografiche) che i Comuni provvedono a trasmettere
alla  struttura  regionale  competente  in  materia,  ai  fini  della
verifica sulla conformita' dei contenuti dello studio alle condizioni
geologiche, idrauliche e valanghive del territorio. 
    Si tratta di una disposizione che ha ad  oggetto  la  descrizione
dello  stato   della   stabilita'   del   suolo   e   dell'equilibrio
idrogeologico di taluni territori, con particolare riguardo ai rischi
«geologici, idraulici e valanghivi». In ragione  di  tale  contenuto,
essa  rientra  nella   materia   esclusiva   statale   della   tutela
dell'ambiente  e  non  tra  le  competenze  attribuite  alla  Regione
Friuli-Venezia Giulia dallo statuto speciale di autonomia. 
    La disposizione impugnata si pone in contrasto con l'art. 65  del
d.lgs. n. 152 del 2006, che rimette  alla  pianificazione  di  bacino
l'individuazione di dette aree. 
    Detta norma statale, infatti, definisce il piano di  bacino  come
«piano territoriale di settore» e «strumento conoscitivo, normativo e
tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le
azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e
alla valorizzazione del suolo e  alla  corretta  utilizzazione  delle
acque, sulla base delle caratteristiche  fisiche  ed  ambientali  del
territorio interessato». 
    Tale piano - oggetto, nella concreta attuazione, di una procedura
concertata - contiene non solo «il quadro conoscitivo organizzato  ed
aggiornato del sistema fisico» e «delle utilizzazioni del  territorio
previste dagli strumenti urbanistici comunali ed  intercomunali»,  ma
anche l'individuazione e la  quantificazione  «delle  situazioni,  in
atto e potenziali, di  degrado  del  sistema  fisico,  nonche'  delle
relative cause», l'indicazione delle  «direttive  alle  quali  devono
uniformarsi la difesa del suolo,  la  sistemazione  idrogeologica  ed
idraulica  e  l'utilizzazione  delle  acque  e  dei  suoli»,  nonche'
l'individuazione «delle zone da assoggettare a  specifici  vincoli  e
prescrizioni in rapporto alle specifiche  condizioni  idrogeologiche,
ai fini della conservazione del suolo, della tutela  dell'ambiente  e
della prevenzione contro presumibili effetti  dannosi  di  interventi
antropici». 
    La norma impugnata e' pertanto incostituzionale  in  quanto  reca
una disciplina che viola la  competenza  dello  Stato  nella  materia
della «tutela dell'ambiente» (sentenze n. 378 del 2007,  n.  104  del
2008 e n. 12 del 2009). 
 
                          Per questi motivi 
 
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  degli  artt.  9  e  15  della  legge  della   Regione
Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2009, n. 16 (Norme per la costruzione
in zona sismica e  per  la  tutela  del  territorio),  sollevata,  in
riferimento agli artt. 114, e 117, primo comma,  della  Costituzione,
dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato  in
epigrafe; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt.  9  e  15
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11  agosto  2009,  n.
16. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Maddalena 
 
 
                       Il cancelliere: Milana 
 
    Depositata in cancelleria il 15 luglio 2010. 
 
                       Il cancelliere: Milana