N. 255 SENTENZA 7 - 15 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Radiotelevisione - Norme della Regione Piemonte - «Sistema  Integrato
  della Comunicazione» (SIC) - Definizione - Mancata  inclusione  nel
  SIC della «stampa quotidiana  e  periodica»  e  della  «pubblicita'
  esterna» - Ricorso del Governo - Lamentata violazione  di  principi
  fondamentali posti dalla normativa statale per regolare il  mercato
  e impedire il formarsi di posizioni dominanti, con incidenza  sulla
  competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia  «tutela
  della concorrenza» - Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Piemonte 26 ottobre 2009, n. 25, art. 3,  comma
  1. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e); d.lgs.  31  luglio
  2005, n. 177, artt. 2, comma 1, lett. l), e 12. 
Radiotelevisione - Imposte e tasse - Norme della Regione  Piemonte  -
  Canone RAI - Autorizzazione  alla  Giunta  regionale  a  promuovere
  intese con il Ministro dello sviluppo economico  volte  a  definire
  l'utilizzo di quota parte del canone di abbonamento RAI corrisposto
  dai  cittadini  piemontesi,  nel  rispetto  dei  criteri   generali
  approvati dal  Consiglio  regionale  su  proposta  della  Giunta  -
  Contrasto con le norme contenenti la  disciplina  del  canone,  che
  escludono un intervento della  Regione nella  determinazione  circa
  la destinazione  del  gettito  del  detto  Tributo  -   Conseguente
  violazione della competenza  legislativa  esclusiva  statale  nella
  materia  «sistema  tributario   dello   Stato»   -   Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Piemonte 26 ottobre 2009, n. 25, art. 8,  comma
  2. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e); r.d.l. 21 febbraio
  1938, n. 246 (convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880); d.lgs.
  31 luglio 2005, n. 177, art. 47. 
(GU n.29 del 21-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Paolo Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 1, e
8, «comma 1» [recte: comma 2] della legge della Regione  Piemonte  26
ottobre 2009, n. 25 (Interventi a sostegno dell'informazione e  della
comunicazione  istituzionale  via  radio,   televisione,   cinema   e
informatica), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri  con
ricorso consegnato per la notificazione a mezzo posta il 22  dicembre
2009, ricevuto dalla destinataria Regione  Piemonte  il  29  dicembre
2009, depositato in cancelleria il 30 dicembre successivo ed iscritto
al n. 107 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  giugno  2010  il   Giudice
relatore Franco Gallo; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Enrico Arena per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocata Giovanna Scollo  per  la  Regione
Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso consegnato per la notificazione a mezzo posta il
22 dicembre 2009, ricevuto dalla destinataria Regione Piemonte il  29
dicembre 2009 e depositato in cancelleria il 30 dicembre  successivo,
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso  -  in  riferimento
all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  della  Costituzione  -
questioni di legittimita' dell'art. 3, comma 1, e dell'art. 8, «comma
1» [recte: comma 2], della legge della Regione  Piemonte  26  ottobre
2009,  n.  25  (Interventi  a  sostegno  dell'informazione  e   della
comunicazione  istituzionale  via  radio,   televisione,   cinema   e
informatica). 
    1.1. - Quanto alla prima delle due  disposizioni  denunciate,  il
ricorrente rileva che il comma 1 dell'art. 3 della legge reg.  n.  25
del 2009, nel dettare disposizioni in tema di «interventi a  sostegno
del sistema integrato  delle  comunicazioni  di  pubblica  utilita'»,
introduce una definizione di «sistema integrato delle  comunicazioni»
diversa da quella stabilita - nell'ambito di un  complesso  normativo
statale diretto a regolare il mercato al fine di impedire il formarsi
di posizioni dominanti -  dall'art.  2,  comma  1,  lettera  l),  del
decreto legislativo  31  luglio  2005,  n.  177  (Testo  unico  della
radiotelevisione). Secondo il ricorrente, la suddetta disposizione di
legge regionale, non ricomprendendo nel settore economico individuato
dal  «sistema  integrato  delle  comunicazioni»  le  attivita'  della
«stampa quotidiana e  periodica»  e  della  «pubblicita'  esterna»  -
incluse  in  tale  settore  dalla  norma  statale  sopra  citata   -,
«contrasta con i principi fondamentali e  travalica  i  limiti  posti
dalla  legislazione  regionale  dall'art.  12  dello  stesso  decreto
legislativo» n. 177 del 2005 e, pertanto, viola  l'evocato  parametro
costituzionale,  nella  parte  in  cui  quest'ultimo   riserva   alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «tutela della
concorrenza». 
    1.2. - Quanto alla  seconda  delle  disposizioni  denunciate,  il
ricorrente afferma che il comma 2 dell'art. 8  della  medesima  legge
reg. n.  25  del  2009,  nell'autorizzare  la  Giunta  regionale  del
Piemonte  «a  promuovere  intese  con  il  Ministero  dello  sviluppo
economico volte a definire l'utilizzo di quota parte  del  canone  di
abbonamento RAI corrisposto dai cittadini  piemontesi,  nel  rispetto
dei criteri generali approvati dal Consiglio  regionale  su  proposta
della  Giunta  medesima»,  prevede  un   intervento   della   Regione
nell'utilizzazione di un prelievo statale che  (come  chiarito  dalla
sentenza della Corte  costituzionale  n.  284  del  2002)  ha  natura
tributaria. Pertanto, secondo il ricorrente, la suddetta disposizione
di legge  regionale  si  pone  in  contrasto  con  le  norme  statali
contenenti la disciplina del suddetto  canone  (cioe'  con  il  regio
decreto-legge 21 febbraio 1938, n.  246,  recante  «Disciplina  degli
abbonamenti alle radioaudizioni»,  quale  convertito  dalla  legge  4
giugno 1938, n. 880, e con l'art. 47 del d.lgs. n. 177 del  2005)  e,
conseguentemente, viola l'evocato art. 117,  secondo  comma,  lettera
e), Cost., nella parte in cui tale parametro riserva alla  competenza
legislativa esclusiva dello  Stato  la  materia  «sistema  tributario
dello Stato». 
    2. - La Regione Piemonte si e' costituita con atto depositato  il
4  febbraio  2010,  chiedendo   che   il   ricorso   sia   dichiarato
inammissibile o infondato. 
    La  resistente  argomenta  tali  richieste  osservando:  a)   con
riguardo alle censure rivolte al comma 1 dell'art. 3 della legge reg.
n. 25 del 2009, che tale disposizione e'  inserita  nel  contesto  di
alcuni  articoli  della  stessa  legge,  diretti,  per   una   scelta
discrezionale della Regione, a  «favorire  e  promuovere  determinati
interventi con determinate caratteristiche» e,  quindi,  e'  estranea
alla materia della tutela della concorrenza;  b)  con  riguardo  alle
censure  rivolte  al  comma  2  dell'art.  8  della  medesima   legge
regionale, che tale disposizione e' operativa solo subordinatamente e
condizionatamente  all'intesa  con  il   Ministero   dello   sviluppo
economico e, pertanto, non e' idonea ad arrecare  alcun  vulnus  alle
competenze statali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  promosso,  in
riferimento  all'art.  117,  secondo   comma,   lettera   e),   della
Costituzione, due diverse questioni di legittimita' della legge della
Regione Piemonte 26  ottobre  2009,  n.  25  (Interventi  a  sostegno
dell'informazione e  della  comunicazione  istituzionale  via  radio,
televisione,   cinema   e   informatica),    aventi    ad    oggetto,
rispettivamente, l'art. 3, comma 1, e l'art.  8,  «comma  1»  [recte:
comma 2], di tale legge. 
    Le questioni promosse vanno esaminate distintamente. 
    2. - Con riguardo  alla  prima  questione,  va  rilevato  che  il
denunciato comma  1  dell'art.  3  stabilisce  che,  «Ai  fini  della
presente  legge,  per  "sistema  integrato  delle  comunicazioni"  si
intende il settore che comprende le seguenti attivita':  a)  editoria
fruibile attraverso internet; b) radio e televisione; c)  cinema;  d)
iniziative   di   comunicazione   di   prodotti   e    servizi;    e)
sponsorizzazioni». Il suddetto art. 3  costituisce  il  Capo  II  dei
complessivi cinque capi  di  cui  e'  composta  la  legge  regionale,
denominato  «Interventi  a  sostegno  del  sistema  integrato   delle
comunicazioni di pubblica utilita'». 
    Secondo  il  ricorrente,  l'impugnata  disposizione  si  pone  in
contrasto con l'art. 2, comma 1, lettera l), del decreto  legislativo
31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico della radiotelevisione), il quale
- nell'ambito di un complesso normativo statale diretto a regolare il
mercato al fine di impedire il  formarsi  di  posizioni  dominanti  -
stabilisce che «Ai fini del presente  testo  unico  si  intende  per:
[...] l) "sistema integrato delle comunicazioni" il settore economico
che comprende le seguenti attivita': stampa quotidiana  e  periodica;
editoria  annuaristica  ed  elettronica  anche  per  il  tramite   di
Internet;  radio  e   televisione;   cinema;   pubblicita'   esterna;
iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni».
In particolare, per il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  la
denunciata disposizione della legge regionale, non ricomprendendo nel
settore  economico  corrispondente  al   «sistema   integrato   delle
comunicazioni» le attivita' della «stampa quotidiana e  periodica»  e
della «pubblicita' esterna» (incluse, invece, in tale  settore  dalla
suddetta norma statale), contrasta anche «con i principi fondamentali
e travalica i limiti posti alla legislazione regionale  dall'art.  12
dello stesso decreto legislativo» n. 177 del  2005,  con  conseguente
violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  e),  Cost.,  nella
parte in cui  tale  parametro  riserva  alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato la materia «tutela della concorrenza». 
    La questione non e' fondata. 
    2.1.  -  Il   ricorrente   muove   dai   due   seguenti   assunti
interpretativi: a) la normativa statale in tema di «sistema integrato
delle  comunicazioni»  attiene  alla  materia  della   tutela   della
concorrenza  nel  settore  economico  delle  comunicazioni;   b)   la
normativa regionale impugnata incide anch'essa sulla disciplina della
concorrenza nello stesso settore economico. 
    Il primo di tali assunti e' corretto. 
    Il comma 1, lettera g), dell'art. 2 della legge 3 maggio 2004, n.
112  (Norme  di  principio  in  materia  di   assetto   del   sistema
radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.A., nonche'
delega  al  Governo  per   l'emanazione   del   testo   unico   della
radiotelevisione),  ha  introdotto  nell'ordinamento  la  nozione  di
«sistema integrato delle comunicazioni», definendolo, «ai fini» della
medesima legge (alinea del comma 1), come il «settore  economico  che
comprende le  seguenti  attivita':  stampa  quotidiana  e  periodica;
editoria  annuaristica  ed  elettronica  anche  per  il  tramite   di
INTERNET;  radio  e   televisione;   cinema;   pubblicita'   esterna;
iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni».
Siffatta nozione serviva ad  individuare  l'insieme  dei  mercati  in
relazione  ai  quali  doveva  essere  complessivamente  valutata   la
sussistenza di posizioni dominanti degli operatori di  comunicazione,
ai sensi degli artt. 14 e 15 della stessa  legge  n.  112  del  2004,
fermo restando il divieto di costituzione di posizioni dominanti  nei
singoli  mercati.  La  definizione  di   «sistema   integrato   delle
comunicazioni»  era  funzionale,  pertanto,  ad  una  normativa   (in
particolare, ai menzionati  artt.  14  e  15,  nonche'  al  comma  16
dell'art. 2 della legge 31 luglio 1997, n. 249 - recante «Istituzione
dell'Autorita' per  le  garanzie  nelle  comunicazioni  e  norme  sui
sistemi  delle  telecomunicazioni   e   radiotelevisivo»   -,   quale
modificato dal suddetto art. 14) esplicitamente diretta a tutelare la
concorrenza, regolando i mercati ed ostacolando la formazione di  una
posizione dominante nel settore economico delle comunicazioni. 
    La disposizione contenente tale  definizione  e'  stata  abrogata
dall'art. 54, comma 1, lettera  a),  del  d.lgs.  n.  177  del  2005.
Tuttavia, detto  decreto  legislativo,  in  attuazione  della  delega
contenuta nell'art. 16  della  citata  legge  n.  112  del  2004,  ha
riprodotto nell'art. 2, comma 1, lettera l) - evocato dal  ricorrente
come norma interposta all'art. 117, secondo comma, lettera e),  Cost.
- la stessa definizione di «sistema  integrato  delle  comunicazioni»
contenuta  nella  disposizione   abrogata.   Inoltre,   anche   nella
disciplina stabilita dal decreto  legislativo  delegato  n.  177  del
2005, la suddetta definizione di  «sistema  integrato»  ha  mantenuto
ferma la sua funzione strumentale rispetto ad  una  normativa  avente
contenuto analogo a quello sopra visto degli  artt.  14  e  15  della
legge n. 112 del 2004  (abrogati  per  nuova  regolamentazione  della
materia)  ed  e',  percio',  ugualmente   diretta   a   tutelare   la
concorrenza. In particolare, l'art.  2,  comma  1,  lettera  l),  del
d.lgs. n. 177 del 2005 si raccorda strettamente con l'art.  43  dello
stesso  decreto   legislativo;   articolo,   quest'ultimo,   che   e'
significativamente rubricato come «Posizioni  dominanti  nel  sistema
integrato delle comunicazioni» e che costituisce, da  solo,  l'intero
Titolo VI,  denominato  «Norme  a  tutela  della  concorrenza  e  del
mercato». 
    Le stesse considerazioni valgono anche per il testo  dell'art.  2
del d.lgs. n. 177 del 2005, quale risulta a seguito  delle  modifiche
apportate, prima, dall'art. 16, comma  4-bis,  del  decreto-legge  1°
ottobre   2007,   n.   159    (Interventi    urgenti    in    materia
economico-finanziaria,  per  lo  sviluppo   e   l'equita'   sociale),
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n.  222,
e, poi, dal comma 1 dell'art. 4  del  decreto  legislativo  15  marzo
2010, n.  44  (Attuazione  della  direttiva  2007/65/CE  relativa  al
coordinamento di determinate disposizioni legislative,  regolamentari
e amministrative degli Stati  membri  concernenti  l'esercizio  delle
attivita' televisive). A  seguito  di  tali  modifiche,  infatti,  il
suddetto decreto legislativo,  per  quanto  qui  interessa,  ha  solo
assunto la nuova denominazione di «Testo unico dei servizi  di  media
audiovisivi e radiofonici» e mutato sia l'indicazione  della  lettera
«l)» sia l'espressione «radio e televisione», contenute nel  comma  1
dell'art. 2, rispettivamente in lettera «s)» ed in «radio  e  servizi
di media audiovisivi». Resta ferma, dunque, data la limitata  portata
di tali modifiche, la descritta funzione, svolta dalla definizione di
«servizio  integrato   delle   comunicazioni»,   di   strumento   per
l'applicazione di norme statali dirette a tutelare la concorrenza nel
settore economico delle comunicazioni. 
    2.2.  -  Dalla  correttezza  dell'esaminato  primo  assunto   del
ricorrente, circa la ratio della normativa statale sopra citata,  non
segue,  pero',  che  sia   corretto   anche   l'altro   suo   assunto
interpretativo, secondo cui la normativa  regionale  impugnata  opera
anch'essa nella materia della «tutela della concorrenza». 
    Il denunciato comma 1 e' inserito nell'art. 3 della legge reg. n.
25 del 2009 che compone, da solo, il  Capo  II  della  stessa  legge,
denominato  «Interventi  a  sostegno  del  sistema  integrato   delle
comunicazioni di pubblica utilita'». Detto comma utilizza la  nozione
di «servizio  integrato  delle  comunicazioni»  non  quale  strumento
operativo per incidere sulla formazione di  posizioni  dominanti  nel
settore economico delle comunicazioni, ma - a differenza della  norma
statale  evocata  dal  ricorrente  quale   parametro   interposto   -
esclusivamente  al  fine  di  individuare  le  attivita'   economiche
nell'ambito delle quali potranno  essere  adottati,  da  parte  della
Regione, gli specifici provvedimenti  di  sostegno  organizzativo  ed
economico  delineati  nello  stesso  art.  3,  in  coerenza  con   le
«disposizioni generali» contenute negli artt. 1 e  2  (Capo  I  della
legge). In altri  termini,  il  legislatore  regionale  si  limita  a
prevedere «forme di sostegno»  e  «interventi»  (art.  3,  comma  4),
diretti alla «formazione» (art. 2, comma 1, lettera a) e «promozione»
(art. 3, comma 2) di un «sistema  integrato  delle  comunicazioni  di
pubblica utilita'», al fine esclusivo di favorire: a) «iniziative  di
collaborazione e  cooperazione  fra  gli  enti  locali»,  nella  loro
attivita' di «comunicazione e relazione con  il  pubblico»  (art.  3,
comma  2);  b)  la  «realizzazione  di  progetti  di  informazione  e
comunicazione atti a sviluppare il pluralismo  e  la  partecipazione,
proposti da soggetti pubblici o  privati,  non  aventi  finalita'  di
lucro, operanti sul territorio regionale» (art. 3, comma 3). 
    La natura, l'oggetto e le finalita' di tale «sostegno del sistema
integrato delle comunicazioni di pubblica  utilita'»  dimostrano  che
detti interventi non riguardano  la  disciplina  dei  mercati  ed  il
contrasto  delle   posizioni   dominanti   e   che,   pertanto,   non
interferiscono in alcun modo con la normativa statale menzionata  nel
ricorso, dettata a tutela della concorrenza. E' evidente, cioe',  che
la definizione di «sistema integrato delle  comunicazioni»  contenuta
nella  denunciata  disposizione  regionale   -   recante   oltretutto
(nell'alinea del comma 1) l'espressa clausola  limitativa:  «Ai  fini
della presente legge» - attiene a statuizioni riguardanti la  materia
«ordinamento  della   comunicazione»,   di   competenza   legislativa
concorrente  (art.  117,  terzo  comma,  Cost.  non   evocato   quale
parametro), ed opera, percio', su  un  piano  del  tutto  diverso  da
quello del d.lgs. n. 177 del 2005, con la conseguenza che la  mancata
inclusione,  da  parte  del  legislatore  regionale,   dell'«editoria
annuaristica ed elettronica» non fruibile attraverso internet,  della
«stampa quotidiana e periodica» e della «pubblicita' esterna» tra  le
attivita' ricomprese nel suddetto «sistema  integrato»  non  comporta
alcuna violazione del predetto decreto legislativo e,  quindi,  della
competenza  statale   esclusiva   in   materia   di   «tutela   della
concorrenza». 
    2.3. - Va  osservato,  infine,  che  non  puo'  essere  presa  in
considerazione - sempre in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,
lettera e), Cost. - la  denunciata  ulteriore  violazione,  ad  opera
della disposizione impugnata, sia di «principi fondamentali», sia dei
«limiti posti alla legislazione regionale dall'art.  12»  del  citato
d.lgs. n. 177 del 2005. Infatti, a parte la genericita' del  richiamo
di imprecisati «principi fondamentali», la stessa evocazione di  tali
principi (di competenza statale) e la  conseguente  loro  distinzione
rispetto  a  norme  di  dettaglio  (di   competenza   regionale)   e'
incompatibile con la dedotta sussistenza della competenza legislativa
esclusiva dello Stato. Anche il richiamo del ricorrente  ai  «limiti»
posti dall'art.  12  del  d.lgs.  n.  177  del  2005  e'  palesemente
incoerente con  l'invocata  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato, perche' l'alinea del comma  1  di  tale  disposizione  precisa
espressamente  che  l'articolo   riguarda   soltanto   la   «potesta'
legislativa concorrente in materia di  emittenza  radiotelevisiva  in
ambito  regionale  o  provinciale»  esercitata  dalla  Regione.  Deve
percio' ritenersi che la menzione, nel ricorso, della  violazione  di
«principi fondamentali» e dell'art. 12 del d.lgs. n. 177 del 2005 sia
frutto di un mero errore materiale di compilazione  e  che,  percio',
debba ritenersi come non fatta. 
    3. - Con riguardo alla seconda questione promossa dal ricorrente,
va rilevato che il denunciato comma 2 dell'art. 8 della citata  legge
reg. Piemonte n. 25 del 2009, stabilisce che - al fine di  attuare  i
contratti di servizio pubblico in ambito regionale e  provinciale  di
cui all'art. 46 del d.lgs. n. 177 del 2005, stipulati con la societa'
concessionaria del servizio pubblico generale  di  radiodiffusione  -
«nel rispetto della liberta' di iniziativa economica  della  societa'
concessionaria,    anche    con    riguardo    alla    determinazione
dell'organizzazione dell'impresa, nonche'  nel  rispetto  dell'unita'
giuridica ed economica dello Stato e del principio  di  perequazione,
la Giunta  regionale  e'  autorizzata  a  promuovere  intese  con  il
Ministero dello sviluppo economico volte  a  definire  l'utilizzo  di
quota parte del canone di abbonamento RAI corrisposto  dai  cittadini
piemontesi, nel rispetto dei criteri generali approvati dal Consiglio
regionale su proposta della Giunta medesima». 
    Secondo il ricorrente, la citata disposizione regionale  si  pone
in contrasto con le norme statali che disciplinano il suddetto canone
di abbonamento, contenute sia nel  regio  decreto-legge  21  febbraio
1938, n. 246  (Disciplina  degli  abbonamenti  alle  radioaudizioni),
quale convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, sia nell'art.  47
del d.lgs. n. 177 del 2005, il quale stabilisce  in  particolare,  al
comma 3, che il Ministro delle  comunicazioni  determina  l'ammontare
del canone di abbonamento alla radiotelevisione «in  misura  tale  da
consentire alla societa' concessionaria della fornitura del  servizio
di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti  [...]  per
adempiere  gli  specifici  obblighi  di  servizio  pubblico  generale
radiotelevisivo affidati a tale societa' [...]. La  ripartizione  del
gettito del  canone  dovra'  essere  operata  con  riferimento  anche
all'articolazione territoriale delle reti nazionali  per  assicurarne
l'autonomia  economica».  Sempre  ad  avviso   del   ricorrente,   la
disposizione  denunciata,  prevedendo  un  intervento  della  Regione
Piemonte nell'utilizzazione del gettito di  un  prelievo  statale  di
natura tributaria, come il  canone  di  abbonamento  radiotelevisivo,
viola l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,  nella  parte  in
cui tale parametro  riserva  alla  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato la materia «sistema tributario dello Stato». 
    La questione e' fondata. 
    Questa  Corte  ha   costantemente   affermato   che,   in   forza
dell'evocato  parametro  costituzionale,  la  disciplina,  anche   di
dettaglio, dei tributi statali e' riservata alla legge statale e che,
pertanto, l'intervento del legislatore regionale su tali  tributi  e'
precluso, ancorche' diretto soltanto  ad  integrarne  la  disciplina,
salvo che  l'intervento  sia  consentito  dalla  stessa  legislazione
statale (sentenze n. 123 del 2010; n. 298 e n. 216 del 2009; n. 2 del
2006; n. 397 del 2005). 
    Cio'  vale  anche  per  il  cosiddetto  «canone  di  abbonamento»
radiotelevisivo, che - come piu' volte rilevato dalla  giurisprudenza
costituzionale  -  ha  da  tempo  assunto   natura   di   prestazione
tributaria, istituita e disciplinata dallo Stato (sentenze n. 284 del
2002, n. 535 del 1988 e n. 81 del 1963; ordinanze n. 499 e n. 219 del
1989), il cui gettito - come chiarito con la sentenza n. 284 del 2002
- e' destinato «quasi per intero (a parte  la  modesta  quota  ancora
assegnata all'Accademia nazionale di Santa Cecilia) al  finanziamento
della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ai  sensi
dell'art. 27,  comma  8,  della  legge  23  dicembre  1999,  n.  488»
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge  finanziaria  2000).  Del  resto,  la  natura  di
tributo statale dell'indicato prelievo e'  stata  riconosciuta  anche
dalla Corte di cassazione, in numerose pronunce, cosi' da  costituire
"diritto vivente". 
    Nella specie, la  disposizione  regionale  impugnata,  prevedendo
«intese» tra la Regione  ed  il  Ministero  delle  comunicazioni  per
l'utilizzazione  di  una  quota  parte  del  canone  di   abbonamento
radiotelevisivo, si  pone  in  palese  contrasto  con  la  disciplina
statale di tale canone, la quale, da  un  lato,  non  consente  alcun
intervento del  legislatore  regionale  al  riguardo  e,  dall'altro,
stabilisce espressamente - all'art. 47 del d.lgs. n. 177 del  2005  -
che il gettito di detto tributo erariale e' destinato alla  copertura
dei costi del servizio pubblico generale  radiotelevisivo,  con  cio'
escludendo qualsiasi possibilita' di «intese» con  la  Regione  sulla
destinazione del gettito del medesimo tributo. 
    Ne  deriva  l'illegittimita'  costituzionale  della  disposizione
regionale, per violazione della competenza legislativa in materia  di
«sistema tributario dello Stato»,  che  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost. riserva in via esclusiva allo Stato. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  8,  comma  2,
della legge della Regione Piemonte 26 ottobre 2009, n. 25 (Interventi
a sostegno dell'informazione e della comunicazione istituzionale  via
radio, televisione, cinema e informatica); 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 3, comma 1, della medesima legge regionale n. 25  del  2009
promossa dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione,  con  il
ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                         Il redattore: Gallo 
 
 
                       Il cancelliere: Milana 
 
    Depositata in cancelleria il 15 luglio 2010. 
 
                       Il cancelliere: Milana