N. 256 SENTENZA 7 - 15 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Elezioni - Elezioni comunali  e  provinciali  -  Presentazione  delle
  candidature e partecipazione dei partiti politici alla competizione
  elettorale - Sindacato dell'Ufficio elettorale centrale  in  ordine
  al  rispetto,  da  parte  dei  presentatori  delle   liste,   delle
  disposizioni  statutarie  o  di  legge  -  Mancata   previsione   -
  Inammissibilita'  della   questione   in   riferimento   alla   non
  impugnabilita' degli  atti  endoprocedimentali  della  competizione
  elettorale - Esclusione,  attesa  la  proposizione  della  medesima
  questione  in  sede  di  impugnazione   giurisdizionale   dell'atto
  terminale del procedimento elettorale. 
- D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, artt. 30 e 33. 
- Costituzione, artt. 49 e 51. 
Elezioni - Elezioni comunali  e  provinciali  -  Presentazione  delle
  candidature e partecipazione dei partiti politici alla competizione
  elettorale - Sindacato dell'Ufficio elettorale centrale  in  ordine
  al  rispetto,  da  parte  dei  presentatori  delle   liste,   delle
  disposizioni statutarie o di legge - Mancata previsione - Questione
  promossa con sentenza, anziche' con ordinanza - Ammissibilita'. 
- D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, artt. 30 e 33. 
- Costituzione, artt. 49 e 51; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23. 
Elezioni - Elezioni comunali  e  provinciali  -  Presentazione  delle
  candidature e partecipazione dei partiti politici alla competizione
  elettorale - Sindacato dell'Ufficio elettorale centrale  in  ordine
  al  rispetto,  da  parte  dei  presentatori  delle   liste,   delle
  disposizioni statutarie o di legge - Mancata previsione - Eccezione
  di  inammissibilita'  della  questione  per  asserita  carenza   di
  giurisdizione del rimettente sulla controversia a quo - Reiezione. 
- D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, artt. 30 e 33. 
- Costituzione, artt. 49 e 51. 
Elezioni - Elezioni comunali  e  provinciali  -  Presentazione  delle
  candidature e partecipazione dei partiti politici alla competizione
  elettorale - Sindacato dell'Ufficio elettorale centrale  in  ordine
  al  rispetto,  da  parte  dei  presentatori  delle   liste,   delle
  disposizioni  statutarie  o  di  legge  -  Mancata   previsione   -
  Denunciata violazione del diritto  di  concorrere  democraticamente
  alla politica nazionale e  del  diritto  di  accedere  agli  uffici
  pubblici elettivi - Richiesta di intervento  manipolativo  precluso
  alla Corte per  il  difetto  di  una  soluzione  costituzionalmente
  obbligata   e   per   l'incidenza   su   ambiti   riservati    alla
  discrezionalita'   del   legislatore   -   Inammissibilita'   della
  questione. 
- D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, artt. 30 e 33. 
- Costituzione, artt. 49 e 51. 
(GU n.29 del 21-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 30 e 33 del
decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo
unico delle leggi per la composizione  e  la  elezione  degli  organi
delle   Amministrazioni    comunali),    promossi    dal    Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione  staccata  di  Lecce,
con sentenze del 2 giugno e  del  21  ottobre  2009,  rispettivamente
iscritte al n. 233 del  registro  ordinanze  2009  ed  al  n.  3  del
registro ordinanze 2010 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2009,  e  n.  5, 1ª
serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di   L.G.   ed   altri,   del
Coordinamento provinciale  del  «Popolo  della  Liberta'»  di  Lecce,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  giugno  2010  il   Giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi gli avvocati Luigi Melica, Mario Esposito e Adriano Tolomeo
per L.G.  ed  altri,  Luciano  Ancora  e  Roberto  G.  Marra  per  il
Coordinamento provinciale del «Popolo  della  Liberta'»  di  Lecce  e
l'avvocato dello Stato Claudio Linda per il Presidente del  Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con due sentenze di analogo tenore, rispettivamente n.  1296
del 2009 (reg. ord. n. 233 del 2009) e n. 2314 del 2009 (reg. ord. n.
3 del 2010), il Tribunale amministrativo  regionale  per  la  Puglia,
sezione staccata di Lecce, ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 30 e  33  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi  per
la composizione e la  elezione  degli  organi  delle  Amministrazioni
comunali), «nella parte in cui non prevedono il sindacato,  da  parte
dell'Ufficio elettorale centrale, in ordine al rispetto, da parte dei
presentatori delle liste, delle disposizioni statutarie o di legge in
ordine alla presentazione delle candidature  ed  alla  partecipazione
del partito politico ad una competizione  elettorale»,  deducendo  la
violazione degli articoli 49 e 51 della Costituzione. 
    Le sentenze sono state rese in due giudizi, entrambi promossi dai
medesimi soggetti, qualificatisi come cittadini elettori,  oltre  che
aderenti alla formazione politica «Popolo della Liberta'», aventi  ad
oggetto  l'impugnazione  di   provvedimenti   adottati   dall'Ufficio
elettorale centrale presso la Corte d'appello di  Lecce,  nell'ambito
del procedimento  elettorale  per  l'elezione  del  Presidente  della
Provincia di Lecce e del Consiglio provinciale di Lecce indetta,  per
un primo turno di votazione nei giorni 6 e 7  giugno  2009,  nonche',
per il ballottaggio, nei successivi giorni 21 e 22. 
    2. - In particolare, il primo giudizio a quo  ha  ad  oggetto  il
provvedimento  di  ammissione  alla   competizione   elettorale   dei
candidati alla carica  di  consigliere  provinciale  nei  collegi  di
Veglie-Salice Salentino, Martano, Presicce, Maglie e Lecce,  inseriti
nelle liste del «Popolo della Liberta'», nonche' il provvedimento, in
data 11 maggio 2009, dell'Ufficio elettorale centrale presso la Corte
d'appello di Lecce. 
    Nel secondo giudizio, il TAR e' chiamato a pronunciarsi oltre che
in ordine alla legittimita' amministrativa dei suddetti  atti,  anche
sull'impugnativa del verbale di proclamazione degli eletti. 
    3. - Il remittente premette, in fatto, che uno dei ricorrenti  e'
Coordinatore provinciale della «Unione Liberale di Centro», affiliata
alla formazione politica «Popolo della Liberta'», e Presidente  delle
«Case del Cittadino», associazione aderente al  detto  raggruppamento
politico,  mentre  gli  altri  ricorrenti  aderiscono  alla   «Unione
Liberale di Centro» e, quindi, al «Popolo della Liberta'». 
    In tale veste i ricorrenti chiedevano di essere candidati per  la
carica di  consigliere  provinciale,  rispettivamente,  nei  suddetti
collegi, nelle liste della indicata formazione politica. 
    Ritenendo  che  le  designazioni  dei  candidati   non   stessero
avvenendo nel rispetto dell'art. 25 dello statuto del  «Popolo  della
Liberta'», uno dei ricorrenti «diffidava il Coordinatore provinciale»
del suddetto partito «a vagliare la propria proposta di  candidatura»
e, successivamente, proponeva ricorso al Collegio dei  Probiviri,  ai
sensi dell'art. 41 del citato statuto (ricorso che, afferma  il  TAR,
non risulterebbe ancora deciso). 
    I ricorrenti, quindi, apprendevano che la formazione politica  in
questione aveva deciso di candidare, nei  collegi  sopra  richiamati,
altri aderenti alla medesima e decidevano di sottoporre la  questione
all'Ufficio elettorale centrale presso la Corte d'appello  di  Lecce,
lamentando la violazione dell'art. 25 dello statuto del «Popolo della
Liberta'», che regolamenta la presentazione delle  candidature  anche
con riferimento alle elezioni provinciali. 
    Con provvedimento in data 11 maggio  2009,  l'Ufficio  elettorale
centrale   presso   la   Corte   d'appello   di   Lecce    dichiarava
l'inammissibilita' del ricorso e il non  luogo  a  provvedere  su  di
esso, in base  alla  considerazione  che  le  proprie  competenze  si
esaurissero nel  controllo  della  regolarita'  del  procedimento  di
presentazione delle candidature, sicche' l'Ufficio stesso non avrebbe
alcuna competenza ad interferire in tutto cio' che e' a  monte  dello
stesso e, in particolare, nella scelta da parte del  gruppo  politico
delle candidature da presentare. 
    Il provvedimento del suddetto Ufficio elettorale centrale veniva,
quindi, impugnato dai ricorrenti. 
    All'esito delle elezioni, l'Ufficio elettorale centrale presso la
Corte d'appello di Lecce dichiarava eletto  il  candidato  presidente
Antonio Maria  Gabellone  e  proclamava  l'elezione  dei  consiglieri
provinciali. 
    I ricorrenti provvedevano ad impugnare  l'atto  di  proclamazione
degli eletti. 
    4. - Il remittente, ritenendo ben incardinati i giudizi quanto al
rispetto del contraddittorio, in via preliminare  ha  affrontato  due
temi. 
    Da un lato, ha ritenuto l'immediata lesivita'  ed  impugnabilita'
dei provvedimenti censurati, non essendosi formato diritto vivente in
senso contrario (in proposito, e' citata la sentenza n. 90  del  2009
di questa Corte); dall'altro, ha escluso che l'art. 41 dello  statuto
del «Popolo della Liberta'», che prevede il ricorso al  Collegio  dei
Probiviri, precluda la tutela giurisdizionale nel caso di specie. 
    In  ordine  al  primo  profilo,  il  TAR  ha  dedotto  di   poter
riaffermare  il  proprio  orientamento  che  ammetteva  il  sindacato
giurisdizionale autonomo ed immediato del provvedimento di ammissione
delle liste e dei  candidati,  in  quanto  lo  stesso  risponde,  con
maggiore efficacia, all'esigenza  di  tutela  dei  ricorrenti  e,  in
definitiva,   all'interesse   alla   corretta   esplicazione    della
competizione elettorale;  esigenze  che  sono  presenti  anche  nella
presente fattispecie e che  hanno  indotto  lo  stesso  remittente  a
sollevare la questione di costituzionalita' gia' in  sede  di  vaglio
della  decisione  dell'Ufficio  elettorale  centrale  in  materia  di
ammissione delle liste e dei candidati. 
    In ordine al secondo profilo, il TAR remittente ha precisato  che
i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte  di  cassazione
«attengono,  infatti,  univocamente  a  controversie  instaurate  tra
affiliati  ed  il  partito  politico  di  riferimento»  e  non  hanno
attinenza  con  la  fattispecie  al  suo  esame,  che   riguarda   la
legittimita' del sindacato operato dall'Ufficio elettorale centrale. 
    5. - Ad avviso del giudice a quo, la  decisione  11  maggio  2009
dell'Ufficio elettorale centrale presso la Corte d'appello  di  Lecce
si presenta sostanzialmente corretta  ed  aderente  alla  sistematica
degli artt. 30 e 33 del d.P.R. n. 570 del  1960,  che  non  prevedono
attualmente la possibilita', per il suddetto Ufficio  elettorale,  di
verificare la legittimazione del soggetto che presenti la lista, «con
riferimento, soprattutto, alle  norme  di  legge  o  di  statuto  che
regolamentano la stessa formazione della volonta' di una  determinata
associazione politica e, quindi, in definitiva, garantiscono che  una
determinata lista di candidati costituisca genuina espressione di una
formazione  politica  e  non  di  iniziative  "esterne"  al  contesto
politico di riferimento». 
    Non sarebbe, infatti, condivisibile un'interpretazione  estensiva
delle suddette disposizioni, in quanto essa inciderebbe su due ambiti
di peculiare rilevanza quale il diritto di  voto  e  la  liberta'  di
associazione (e' richiamata la sentenza n. 407  del  1999  di  questa
Corte), che richiedono parametri obiettivi. 
    L'attuale formulazione degli artt. 30 e 33 del d.P.R. n. 570  del
1960  non  sarebbe  conforme   a   Costituzione   e   contrasterebbe,
soprattutto,  con  la  previsione  dell'art.  49  Cost.,   il   quale
garantisce a tutti i cittadini il «diritto di associarsi  liberamente
in partiti per concorrere con metodo  democratico  a  determinare  la
politica nazionale». 
    A giudizio del remittente, in ragione delle norme  censurate,  la
verifica del rispetto delle  previsioni  statutarie  o  di  legge  in
materia di formazione delle liste elettorali e' del  tutto  preclusa,
proprio nel delicato momento della presentazione delle stesse. In tal
modo, argomenta il TAR, si giunge «al sostanziale paradosso  per  cui
una decisione in ordine alla presentazione di una  lista  assunta  in
violazione delle previsioni statutarie», come nella vicenda in esame,
«potrebbe  essere  sindacata  dal  giudice  ordinario  in   sede   di
impugnazione   della   delibera   dell'associazione    irregolarmente
adottata, ma non potrebbe costituire oggetto di alcuna valutazione in
sede di presentazione delle liste». 
    La complessiva irrazionalita' dell'attuale  ambito  di  sindacato
dell'ufficio  elettorale   centrale   sarebbe,   poi,   ulteriormente
percepibile, laddove si consideri che esso non si limita ad un vaglio
«formale» delle liste, ma investe anche la salvaguardia di  interessi
di particolare pregnanza,  come  la  tutela  della  collettivita'  da
infiltrazioni criminose, le quali  non  rivestono  minore  importanza
rispetto  alla  possibilita'  di  concorrere  democraticamente   alla
politica nazionale, ai sensi dell'art. 49 Cost.,  o  del  diritto  di
accedere agli uffici pubblici elettivi garantito dall'art. 51 Cost. 
    L'ufficio elettorale centrale, senza interferire,  in  tal  modo,
nella vita interna dei partiti, svolgerebbe solo un sindacato esterno
in ordine al rispetto delle previsioni statutarie sulla presentazione
delle  candidature  e,  in  generale,  sulla  legittimazione  di  chi
presenti le relative liste. 
    6. - Si sono costituiti nel presente  giudizio  il  Coordinamento
provinciale del «Popolo della Liberta'» di  Lecce,  nonche',  con  un
unico atto d'intervento, i ricorrenti nei giudizi a quibus. 
    Nel solo  giudizio  r.o.  n.  233  del  2009  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    7. - Il Coordinamento provinciale del «Popolo della Liberta'»  ha
dedotto la  inammissibilita'  della  questione.  In  particolare,  si
osserva che il remittente avrebbe chiesto una pronuncia additiva  che
esorbita dai poteri del Giudice delle leggi. 
    Nel merito, si prospetta la non fondatezza  della  questione,  in
quanto   la   pronuncia   richiesta   introdurrebbe   «elementi    di
disequilibrio nella norma complessivamente considerata, non in  linea
con i principi garantiti dall'art. 97 della  Costituzione».  Inoltre,
l'attivita' di sostituzione di un  candidato  ad  un  altro,  che  si
vorrebbe attribuita all'Ufficio elettorale, sarebbe incompatibile con
il sistema fissato dalla normativa in ordine  alla  designazione  dei
candidati. 
    8. - Le parti private, ricorrenti nei  giudizi  a  quibus,  hanno
prospettato argomentazioni analoghe a quelle contenute negli atti  di
rimessione, chiedendo l'accoglimento della questione. 
    9. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, dal canto suo,  ha
dedotto  l'inammissibilita'  e  la  non  fondatezza  della  questione
stessa. 
    La difesa dello Stato ha eccepito il difetto di giurisdizione del
remittente,  poiche'  la  fattispecie  in  esame  verte  sul  mancato
rispetto delle regole statutarie del movimento politico del quale  la
lista in questione costituisce espressione (e' richiamata la sentenza
n. 203 del 1975). 
    Il  ricorso  proposto  dinanzi  al  TAR  contro  il  primo   atto
endoprocedimentale   dell'Ufficio   elettorale   sarebbe,   altresi',
inammissibile, avendo i ricorrenti omesso di notificarlo al candidato
Presidente della Provincia  o  ad  altri  candidati  della  lista  in
questione, quali controinteressati. 
    Infine, ulteriore inammissibilita'  della  questione  deriverebbe
dalla inadeguatezza della pronuncia additiva richiesta  ad  integrare
una disciplina certa. 
    Nel merito, a sostegno  della  non  fondatezza  della  questione,
l'Avvocatura dello Stato ha dedotto che la presentazione delle  liste
nelle elezioni comunali e provinciali non e' attribuita ai partiti  o
ai gruppi politici, in quanto, in realta', sono gli stessi elettori i
veri presentatori della lista, come discende dagli artt. 28 e 32  del
citato d.P.R. n. 570 del 1960. 
    Non sussisterebbero, quindi, i profili di violazione degli  artt.
49 e 51 Cost. prospettati dal giudice a quo. 
    10.  -  In  data  18  maggio  2010  hanno  depositato  memorie  i
ricorrenti nei giudizi a quibus, l'Avvocatura generale  dello  Stato,
nonche' il Coordinamento del «Popolo della Liberta'» di Lecce. 
    11. - I ricorrenti, nel richiamare le conclusioni gia' formulate,
hanno ribadito l'illegittimita' delle norme censurate, in  quanto  le
stesse non consentirebbero alcuna verifica in ordine alla corretta  e
genuina formazione della volonta' del partito politico in nome e  per
conto del quale vengono presentate le candidature. 
    12. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, dal canto suo, ha
ricordato i profili di inammissibilita' gia' prospettati. 
    Nel merito, la difesa dello Stato ha  insistito  per  il  rigetto
della questione. 
    13. - Anche il Coordinamento del «Popolo della Liberta'» di Lecce
ha   depositato    memoria,    deducendo,    in    particolare,    la
contraddittorieta' delle sentenze di rimessione,  in  particolare  in
quanto lo stesso giudice a quo riconosce la  possibilita'  di  tutela
giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario. 
    14. - Analoghe  osservazioni  difensive  sono  prospettate  dalle
medesime parti private nelle memorie  depositate  in  relazione  alla
sentenza di rimessione iscritta al n. 3 del  registro  ordinanze  del
2010. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con due sentenze di analogo tenore, rispettivamente n.  1296
del 2009 (reg. ord. n. 233 del 2009) e n. 2314 del 2009 (reg. ord. n.
3 del 2010), il Tribunale amministrativo  regionale  per  la  Puglia,
sezione staccata di Lecce, ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 30 e  33  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi  per
la composizione e la  elezione  degli  organi  delle  Amministrazioni
comunali), «nella parte in cui non prevedono il sindacato,  da  parte
dell'Ufficio elettorale centrale, in ordine al rispetto, da parte dei
presentatori delle liste, delle disposizioni statutarie o di legge in
ordine alla presentazione delle candidature  ed  alla  partecipazione
del partito politico ad una competizione  elettorale»,  deducendo  la
violazione degli articoli 49 e 51 della Costituzione. 
    2. - I due giudizi devono essere riuniti, ai fini  di  una  unica
decisione, stante la loro connessione soggettiva e oggettiva. 
    3. - In via preliminare, deve essere precisato che non  viene  in
rilievo in questa sede un problema di ammissibilita', con riferimento
alla questione prospettata dal TAR remittente con la sentenza n.  233
del 2009, sotto il profilo della non consentita impugnazione di  atti
endoprocedimentali della competizione elettorale,  dal  momento  che,
con la seconda sentenza (n. 3 del 2010),  la  medesima  questione  di
costituzionalita' e' stata sollevata, ai sensi dell'art.  83-undecies
dello stesso d.P.R. n. 570 del 1960, nella  sede  della  impugnazione
giurisdizionale  dell'atto  terminale  del  procedimento  elettorale,
rappresentato dal verbale di proclamazione degli eletti. 
    4. - Cio' chiarito, deve precisarsi  che  il  giudice  a  quo  ha
promosso la suindicata questione di costituzionalita' con sentenza  e
non con ordinanza. Siffatta  anomalia,  non  di  meno,  e'  priva  di
conseguenze nel presente giudizio di costituzionalita'. 
    In proposito, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza di
questa   Corte,   la   suddetta   circostanza   non    comporta    la
inammissibilita' della questione, posto che,  come  si  desume  dalla
lettura dei due atti di promovimento, nel sollevare la  questione  di
legittimita' costituzionale, il giudice a  quo  -  dopo  la  positiva
valutazione concernente la rilevanza e la non manifesta  infondatezza
della stessa - ha disposto la sospensione del procedimento principale
e la trasmissione del fascicolo alla  cancelleria  di  questa  Corte;
sicche' a tali atti, anche se assunti con la forma di sentenza,  deve
essere  riconosciuta  sostanzialmente   natura   di   ordinanza,   in
conformita' a quanto previsto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87 (sentenza n. 151 del 2009). 
    5. -  Ancora  in  via  preliminare,  e'  necessario  valutare  le
eccezioni  di  inammissibilita'  della  questione  prospettate  dalle
parti. 
    Nell'ordine  logico  di  trattazione  delle  suddette   eccezioni
pregiudiziali, spettando alla Corte «stabilire, anche per economia di
giudizio, l'ordine con cui affrontarle nella  sentenza  e  dichiarare
assorbite le altre» (da ultimo,  sentenza  n.  181  del  2010),  deve
essere esaminata, prima di ogni  altra,  quella  di  inammissibilita'
dedotta dai resistenti per la asserita carenza di  giurisdizione  del
giudice a quo sulla controversia  sottoposta  al  suo  scrutinio  nel
giudizio principale. 
    6. - L'eccezione non e' fondata. 
    Al riguardo, occorre partire dalla considerazione che  la  natura
amministrativa  dei  controlli  effettuati  dall'Ufficio   elettorale
circoscrizionale e da quello centrale e' stata  affermata  da  questa
Corte  sul   rilievo   che   la   collocazione   di   detti   organi,
rispettivamente, presso la Corte d'appello e la Corte  di  cassazione
«non comporta che i collegi  medesimi  siano  inseriti  nell'apparato
giudiziario, evidente risultando la carenza,  sia  sotto  il  profilo
funzionale sia sotto quello strutturale,  di  un  nesso  organico  di
compenetrazione istituzionale  che  consenta  di  ritenere  che  essi
costituiscano sezioni specializzate degli  uffici  giudiziari  presso
cui sono costituiti» (sentenza n. 259 del 2009). 
    Orbene,  non  e'  implausibile  ritenere  che  l'azione  proposta
innanzi al TAR ricada nell'ambito della giurisdizione  amministrativa
avente ad oggetto le operazioni elettorali, sul  presupposto  che  in
detto ambito rientri anche l'impugnazione degli  atti  amministrativi
adottati dai competenti Uffici elettorali in ordine alla ammissione o
ricusazione dei candidati, delle liste e dei relativi contrassegni. 
    Sotto altro  aspetto,  non  assume  rilievo  in  questa  sede  il
ricorso, proposto dagli interessati al  Collegio  dei  probiviri  del
partito politico, contro le determinazioni assunte dagli  organi  del
partito stesso in sede di formazione delle liste; ne' puo'  ritenersi
che le questioni attinenti  alla  fase  di  selezione  dei  candidati
concernano  esclusivamente  i  rapporti  interni  tra  l'associazione
politica e gli  aderenti  medesimi,  sicche'  si  verterebbe  in  una
fattispecie nella quale l'unico giudice cui le parti sarebbero  state
legittimate a  ricorrere  dovrebbe  essere  individuato  nel  giudice
ordinario e non in quello amministrativo, venendo in rilievo soltanto
la disciplina dettata dal codice civile in tema di  associazioni  non
riconosciute. 
    Non puo', pertanto, considerarsi implausibile l'affermazione  del
giudice a quo in ordine alla sussistenza della propria  giurisdizione
sulla  controversia,  per  cui  l'eccezione  in  esame  deve   essere
respinta. 
    7. - Fondata, invece, e' l'eccezione di inammissibilita' proposta
dalle parti resistenti sotto il profilo della natura  additiva  della
richiesta  formulata  dal  remittente,  il  cui  accoglimento,  nella
specie, esula dai poteri decisionali di questa Corte. 
    8. - Al riguardo, si deve osservare come il giudice a quo  deduca
che,  secondo  l'attuale  formulazione  delle  norme  censurate,  «la
verifica in ordine al rispetto delle previsioni statutarie o di legge
in materia di formazione delle liste elettorali e'  (...)  del  tutto
preclusa», dandosi luogo,  per  tale  ragione,  ad  una  competizione
elettorale  viziata  dalla  presentazione  di  una  lista   che   non
costituisce corretta espressione della volonta' degli  aderenti  alla
relativa formazione politica.  Il  remittente,  a  questo  proposito,
muove dalla  considerazione  che  la  controversia  sollevata  con  i
ricorsi innanzi a se' riceve nell'ordinamento  soltanto  una  «tutela
differita», successiva cioe' alla proclamazione degli eletti, secondo
quanto disposto dal citato art. 83-undecies, del d.P.R.  n.  570  del
1960. Tale forma  di  tutela  non  sarebbe  idonea,  secondo  il  suo
giudizio, ad  assicurare  l'osservanza  dei  precetti  costituzionali
contenuti negli artt. 49 e 51 Cost. 
    Per ovviare a tale inconveniente, il remittente  -  esclusa,  con
motivazione non implausibile, la  possibilita'  di  dare  alle  norme
censurate una interpretazione costituzionalmente orientata,  volta  a
consentire la piena osservanza dei suddetti parametri  costituzionali
- prospetta la necessita' di un intervento additivo di  questa  Corte
diretto alla  creazione  di  una  nuova  disposizione  normativa  che
attribuisca agli uffici elettorali  il  compito  di  provvedere  alla
verifica che siano state rispettate, da parte  dei  responsabili  dei
movimenti politici che formano le liste, le «disposizioni  statutarie
o di legge in ordine alla presentazione  delle  candidature  ed  alla
partecipazione del partito politico» alla competizione elettorale. 
    Come ritenuto da questa Corte (ordinanza n. 407 del 1999), in una
fattispecie per molti aspetti analoga a quella in  esame,  in  quanto
vertente  anch'essa  sulle  competenze   degli   uffici   elettorali,
l'ipotizzata  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della
normativa in questione, nella parte in cui non consente  agli  uffici
stessi di valutare la  conformita'  delle  candidature  indicate  dai
partiti  politici   alle   rispettive   norme   statutarie   interne,
richiederebbe, comunque,  la  preventiva  determinazione  di  criteri
oggettivi per tale valutazione; cio'  che  rientra  indiscutibilmente
nella discrezionalita' del legislatore. 
    Non e' poi condivisibile l'osservazione del  remittente,  secondo
cui l'intervento dei suddetti uffici elettorali sarebbe agevole  data
la «natura estremamente semplice degli adempimenti e del sindacato in
ordine  al  rispetto  delle  previsioni  statutarie»  concernenti  la
presentazione delle candidature, giacche' essa non tiene conto  della
diversita' delle singole organizzazioni partitiche e  delle  relative
normative interne; ne'  tiene  conto  del  fatto  che  queste  ultime
potrebbero   anche   mancare   del   tutto,   particolarmente   nelle
competizioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi  di
piccoli comuni. 
    In realta', il giudice remittente,  sostanzialmente,  lamenta  la
mancanza di un  efficace  e  tempestivo  metodo  di  controllo  nelle
procedure  seguite  dai  partiti  politici  nella  designazione   dei
candidati alle elezioni comunali e provinciali. 
    A giudizio del remittente medesimo, l'unico  modo  per  eliminare
siffatta lacuna sarebbe proprio  un  intervento  additivo  di  questa
Corte, volto ad introdurre nel testo degli artt. 30 e 33  del  d.P.R.
n. 570  del  1960  una  nuova  ipotesi  di  competenza  degli  uffici
elettorali,  relativa  alla  verifica  del  rispetto,  da  parte  dei
presentatori delle liste,  delle  normative,  di  tipo  statutario  o
legislativo (queste ultime, peraltro, neppure indicate), nella  fase,
politicamente molto delicata, nella quale si individuano  i  soggetti
da candidare  e  si  delineano  gli  aspetti  salienti  della  stessa
partecipazione del partito politico alla competizione elettorale. 
    E',  dunque,  evidente  che  il  giudice  a  quo  ha  chiesto  un
intervento di tipo manipolativo che non e' consentito a questa Corte,
in  quanto  non  e'  ravvisabile,   nella   specie,   una   soluzione
costituzionalmente obbligata sia per quanto attiene al tipo di tutela
che dovrebbe essere introdotta a favore dei soggetti interessati, sia
per quanto concerne i criteri in base ai quali gli uffici  elettorali
medesimi dovrebbero decidere le relative  controversie  interne  alle
organizzazioni di ciascun partito politico - le  cui  normative,  ove
esistenti, potrebbero  presentare  profili  del  tutto  specifici  in
relazione alle rispettive loro organizzazioni - sia,  infine,  quanto
al relativo procedimento. Elementi, questi, in ordine ai  quali  deve
potersi  esplicare  pienamente  la  discrezionalita'   politica   del
legislatore,   data   la   pluralita'   delle   possibili   soluzioni
concretamente adottabili - nel quadro di una piu'  ampia  valutazione
attinente all'attuazione di quanto  previsto  dall'art.  49  Cost.  -
quanto al diritto dei cittadini di associarsi liberamente in  partiti
politici, per concorrere con  metodo  democratico  a  determinare  la
politica nazionale. Tale liberta' associativa trova, del  resto,  nel
momento elettorale la piu' genuina e  significativa  espressione,  in
modo  che  sia  garantita  per  gli  elettori  «la  possibilita'   di
concorrere democraticamente a determinare la composizione e la scelta
degli organi politici rappresentativi» (sentenza n. 429 del 1995). 
    9.  - Pertanto, sulla base delle  considerazioni  che  precedono,
deve  essere  dichiarata  la  inammissibilita'  della  questione   di
legittimita'  costituzionale  sollevata  dal  TAR   Puglia,   sezione
staccata di Lecce. 
    10.   -  Resta  assorbito  l'esame  di   ogni   altra   questione
pregiudiziale o di merito. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale degli articoli 30 e  33  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi  per
la composizione e la  elezione  degli  organi  delle  Amministrazioni
comunali), sollevata, in riferimento agli  articoli  49  e  51  della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per  la  Puglia,
sezione staccata di Lecce, con gli atti indicati in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Quaranta 
 
 
                       Il cancelliere: Milana 
 
    Depositata in cancelleria il 15 luglio 2010. 
 
               Il direttore della cancelleria: Milana