N. 278 SENTENZA 23 giugno - 22 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in   via   principale   -
  Intervento in giudizio  di  soggetti  diversi  dai  titolari  delle
  attribuzioni legislative in  contestazione  (Associazione  Italiana
  per il World Wide  Fund  for  Nature  Onlus  Ong  (WWF),  Codacons,
  Coordinamento  delle  associazioni  e  dei   comitati   di   tutela
  dell'ambiente e dei diritti degli utenti e  dei  consumatori,  Enel
  s.p.a.   e   Terna   -   Rete   Elettrica   Nazionale   s.p.a.)   -
  Inammissibilita'. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, artt. 3, comma  9,  25,  commi  1,  2,
  lett. a), f), g), h), l) e q), 26, comma 1, 27, commi 14, 24, lett.
  c) e d), e 27, 28, 31, 34. 
- Costituzione, artt. 3, 76, 117, terzo quarto e  sesto  comma,  118,
  120;  norme  integrative  per  i   giudizi   davanti   alla   Corte
  costituzionale, art. 4, comma 3. 
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale -  Notifica
  del ricorso oltre il termine stabilito a pena di  decadenza  -  Non
  operativita' dell'istituto della sospensione  feriale  dei  termini
  con riferimento al processo costituzionale -  Inammissibilita'  del
  ricorso. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, artt. 25, comma 2,  lett.  g),  e  26,
  comma 1. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118; legge 11  marzo  1953,
  n. 87, art. 32, secondo comma. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Acquisizione del solo parere della Conferenza unificata
  per la costruzione e l'esercizio di impianti per la  produzione  di
  energia elettrica nucleare  -  Ricorso  della  Regione  Piemonte  -
  Rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte -  Estinzione  del
  processo. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, artt. 25, comma 2,  lett.  g),  e  26,
  comma 1. 
- Costituzione, artt. 3, 117, 118 e 120. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Determinazione delle modalita' di esercizio del  potere
  sostitutivo del  Governo  -  Acquisizione  del  solo  parere  della
  Conferenza unificata per la costruzione e l'esercizio  di  impianti
  per la  produzione  di  energia  elettrica  nucleare  -  Previsione
  dell'autorizzazione unica - Ricorso delle Regioni Calabria e Marche
  - Ritenuta violazione degli artt. 3 e 97 Cost. -  Doglianze  basate
  su parametri estranei al riparto  delle  competenze  legislative  -
  Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, artt. 25, comma 2, lett. f), g) e h). 
- Costituzione, artt. 3 e 97. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Acquisizione del solo parere della Conferenza unificata
  per la costruzione e l'esercizio di impianti per la  produzione  di
  energia elettrica nucleare - Previsione dell'autorizzazione unica -
  Ricorso delle Regioni Umbria, Liguria, Puglia ed Emilia  Romagna  -
  Ritenuta  violazione  dell'art.  117,  secondo   comma,   Cost.   -
  Evocazione di parametro attributivo  di  una  competenza  esclusiva
  statale - Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. g) e h). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Acquisizione del solo parere della Conferenza unificata
  per la costruzione e l'esercizio di impianti per la  produzione  di
  energia elettrica nucleare - Previsione dell'autorizzazione unica -
  Disciplina  degli  impianti  di  produzione  di  energia  elettrica
  alimentati con carbon fossile di nuova generazione - Ricorso  delle
  Regioni Calabria, Puglia e Piemonte  -  Ritenuta  violazione  degli
  artt. 118 e 120 Cost. - Carenza di motivazione circa la  pertinenza
  dei parametri evocati - Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, artt. 25, comma 2, lett. g)  e  h),  e
  27, comma 27. 
- Costituzione, artt. 118 e 120. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Misure per la sicurezza e il potenziamento del  settore
  energetico  -  Ricorso  della   Regione   Lazio   -   Mancanza   di
  corrispondenza tra le disposizioni impugnate e  quelle  individuate
  dalla delibera con cui la Giunta ne ha autorizzato la  proposizione
  - Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 27, commi 14, 24, lett. c) e  d),
  28, 31 e 34. 
- Costituzione, artt. 76, 97, 117 e 118. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi  -  Oneri  relativi  ai  controlli  di  sicurezza  e   di
  radioprotezione  -  Campagna  di  informazione   alla   popolazione
  italiana sull'energia nucleare -  Ricorso  della  Regione  Lazio  -
  Formulazione del tutto generica delle  censure  -  Inammissibilita'
  delle questioni. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. l) e q). 
- Costituzione, artt. 76, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 120. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Ricorso della  Regione  Lazio  -  Asserito  illegittimo
  conferimento della delega legislativa in una materia riservata alla
  competenza legislativa concorrente  (governo  del  territorio),  in
  considerazione  del  carattere  necessariamente  dettagliato  della
  legislazione  delegata  -  Esclusione  -   Non   fondatezza   della
  questione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 1. 
- Costituzione, artt. 76 e 117, terzo comma. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi  -  Previsione   dell'acquisizione   del   parere   della
  Conferenza unificata - Ricorso delle Regioni Lazio e  Basilicata  -
  Dedotto  inadeguato  coinvolgimento  del  sistema  regionale,   con
  pregiudizio delle competenze  legislative  e  amministrative  delle
  Regioni nonche' del principio di leale collaborazione -  Esclusione
  - Non fondatezza della questione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 1. 
- Costituzione, artt. 117 e 118. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Acquisizione del solo parere della Conferenza unificata
  per la costruzione e l'esercizio di impianti per la  produzione  di
  energia elettrica nucleare - Previsione dell'autorizzazione unica -
  Ricorso delle Regioni Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata,
  Piemonte, Lazio e  Calabria,  Marche,  Emilia-Romagna  e  Molise  -
  Denunciato  accentramento  in  capo  allo  Stato   della   funzione
  amministrativa relativa al rilascio della autorizzazione unica  per
  mezzo di chiamata in sussidiarieta' in assenza  della  c.d.  intesa
  forte con  ciascuna  Regione  interessata,  con  pregiudizio  delle
  competenze legislative e amministrative delle Regioni  nonche'  del
  principio di leale collaborazione - Erronea premessa interpretativa
  - Non incompatibilita' della disciplina denunciata con la  doverosa
  integrazione della delega circa  la  partecipazione  della  Regione
  interessata  per  mezzo  dell'intesa   -   Inammissibilita'   delle
  questioni. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. g) e h). 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Determinazione delle modalita' di esercizio del  potere
  sostitutivo del Governo in caso  di  mancato  raggiungimento  delle
  necessarie intese con i diversi enti  locali  coinvolti  -  Ricorso
  delle Regioni Emilia-Romagna, Umbria, Marche,  Toscana  e  Lazio  -
  Eccezione  di  inammissibilita'  per  prospettazione  di  questione
  astratta - Reiezione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. f). 
- Costituzione, artt. 117, 118 e 120. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Determinazione delle modalita' di esercizio del  potere
  sostitutivo del Governo in caso  di  mancato  raggiungimento  delle
  necessarie intese con i diversi enti  locali  coinvolti  -  Ricorso
  delle Regioni Emilia-Romagna, Umbria, Marche,  Toscana  e  Lazio  -
  Eccezione  di  inammissibilita'  per  prospettazione  di  questione
  intesa a difendere la sola autonomia degli enti locali - Reiezione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. f). 
- Costituzione, artt. 117, 118 e 120. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Determinazione delle modalita' di esercizio del  potere
  sostitutivo del Governo in caso  di  mancato  raggiungimento  delle
  necessarie intese con i diversi enti  locali  coinvolti  -  Ricorso
  delle Regioni Emilia-Romagna, Umbria, Marche,  Toscana  e  Lazio  -
  Eccezione di inammissibilita'  della  questione  per  il  carattere
  prematuro ed ipotetico delle doglianze - Reiezione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. f). 
- Costituzione, artt. 117, 118 e 120. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Determinazione delle modalita' di esercizio del  potere
  sostitutivo del Governo in caso  di  mancato  raggiungimento  delle
  necessarie intese con i diversi enti  locali  coinvolti  -  Ricorso
  delle Regioni Emilia-Romagna, Umbria, Marche,  Toscana  e  Lazio  -
  Ritenuta violazione delle prerogative legislative e amministrazioni
  delle   Regioni,   con   pregiudizio   del   principio   di   leale
  collaborazione  -  Erroneo   presupposto   interpretativo   -   Non
  applicazione  della  disposizione  censurata  alle  intese  con  le
  Regioni - Non fondatezza della questione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. f). 
- Costituzione, artt. 117, 118 e 120. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Determinazione delle modalita' di esercizio del  potere
  sostitutivo del Governo in caso  di  mancato  raggiungimento  delle
  necessarie intese con i diversi enti  locali  coinvolti  -  Ricorso
  delle  Regioni  Emilia-Romagna  e  Umbria  -  Ritenuta  illegittima
  esclusione della  Regione  dall'esercizio  del  potere  sostitutivo
  riferito ai gli enti locali che insistono sul territorio  regionale
  - Non incompatibilita' della disciplina  denunciata  rispetto  alla
  interpretazione  costituzionalmente  conforme  della   delega   non
  preclusiva dell'introduzione di forme partecipative  della  Regione
  nell'esercizio del  potere  sostitutivo  da  parte  del  Governo  -
  Inammissibilita' della questione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. f). 
- Costituzione, artt. 117, 118 e 120. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Possibilita' di dichiarare i siti  prescelti  «aree  di
  interesse  strategico  nazionale,  soggette  a  speciali  forme  di
  vigilanza e di protezione» - Ricorso delle Regioni Toscana e Marche
  -   Denunciata   violazione   delle   competenze   legislative    e
  amministrative  regionali,   nonche'   del   principio   di   leale
  collaborazione,  per  chiamata  in   sussidiarieta',   in   difetto
  dell'intesa  con  la  Regione  interessata  -  Esclusione   -   Non
  fondatezza della questione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. a). 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi - Possibilita' di dichiarare i siti  prescelti  «aree  di
  interesse  strategico  nazionale,  soggette  a  speciali  forme  di
  vigilanza e di protezione» - Ricorso delle Regioni  Emilia-Romagna,
  Umbria  e  Liguria  -  Denunciata  violazione  delle   attribuzioni
  regionali nelle materie di competenza concorrente del «governo  del
  territorio» - Erroneo presupposto interpretativo -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. a). 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
Energia -  Energia  nucleare  -  Definizione  delle  tipologie  degli
  impianti per  la  produzione  di  energia  elettrica  nucleare  che
  possono essere realizzati nel territorio  nazionale,  da  adottarsi
  con delibera del CIPE previo parere della  Conferenza  unificata  -
  Ricorso delle Regioni Marche, Basilicata, Lazio,  Emilia-Romagna  e
  Umbria - Eccepita inammissibilita'  della  questione  per  asserita
  prospettazione di interpretazioni alternative della norma impugnata
  - Reiezione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 26, comma 1. 
- Costituzione, artt. 117, terzo e sesto comma, e 118. 
Energia -  Energia  nucleare  -  Definizione  delle  tipologie  degli
  impianti per  la  produzione  di  energia  elettrica  nucleare  che
  possono essere realizzati nel territorio  nazionale,  da  adottarsi
  con delibera del CIPE previo parere della  Conferenza  unificata  -
  Ricorso delle Regioni Emilia-Romagna, Umbria e  Marche  -  Ritenuta
  inerenza della disposizione denunciata alle materie  di  competenza
  legislativa concorrente  produzione  dell'«energia»,  «governo  del
  territorio»,  e  «tutela  della  salute»  -  Conseguente   asserita
  violazione della potesta' regolamentare regionale  -  Insussistente
  carattere  regolamentare  della  potesta'  conferita  al   CIPE   -
  Inconferenza  del  parametro  evocato  -   Non   fondatezza   della
  questione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 26, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, sesto comma. 
Energia -  Energia  nucleare  -  Definizione  delle  tipologie  degli
  impianti per  la  produzione  di  energia  elettrica  nucleare  che
  possono essere realizzati nel territorio  nazionale,  da  adottarsi
  con delibera del CIPE previo parere della  Conferenza  unificata  -
  Ricorso delle Regioni Emilia-Romagna, Umbria e  Marche  -  Ritenuta
  riconducibilita'  della  disposizione   denunciata   alla   materia
  «energia»  di  competenza  legislativa  concorrente  -  Conseguente
  lamentata violazione delle competenze legislative e  amministrative
  regionali nonche' del principio di leale collaborazione per  omessa
  previsione dell'intesa  in  luogo  del  parere  con  la  Conferenza
  unificata  ovvero  delle  intese   con   ciascuna   delle   Regioni
  interessate - Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 26, comma 1. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118. 
Energia - Misure per la sicurezza  e  il  potenziamento  del  settore
  energetico - Impianti di produzione di energia elettrica alimentati
  con carbon fossile di  nuova  generazione,  anche  in  deroga  alle
  vigenti   disposizioni   regionali   che   prevedono   limiti    di
  localizzazione  territoriale  -  Ricorso  delle  Regioni  Piemonte,
  Umbria e Liguria - Eccepita inammissibilita'  della  questione  per
  formulazione ipotetica della censura - Reiezione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 27, comma 27. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma. 
Energia - Misure per la sicurezza  e  il  potenziamento  del  settore
  energetico - Impianti di produzione di energia elettrica alimentati
  con carbon fossile di  nuova  generazione,  anche  in  deroga  alle
  vigenti   disposizioni   regionali   «che   prevedono   limiti   di
  localizzazione territoriale»  -  Ricorso  delle  Regioni  Piemonte,
  Umbria  e  Liguria  -  Denunciata  violazione,   con   disposizione
  dettagliata, della competenza legislativa concorrente delle Regioni
  nelle materie dell'«energia», del «governo del  territorio»,  della
  «tutela  della  salute»,  con  lesione  del  principio   di   leale
  collaborazione - Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 27, comma 27. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
Edilizia e urbanistica  -  Strutture  turistico-ricettive  all'aperto
  (campeggi, villaggi turistici) -  Installazioni  e  rimessaggi  dei
  mezzi mobili di pernottamento, con esclusione della  necessita'  di
  conseguire  apposito  titolo  abilitativo  a  fini  urbanistici  ed
  edilizi per la loro realizzazione  -  Carattere  dettagliato  della
  disposizione censurata, in quanto avente ad oggetto una  disciplina
  limitata a specifiche tipologie di interventi edilizi realizzati in
  contesti circoscritti - Esorbitanza  dai  limiti  della  competenza
  legislativa  concorrente  statale  in  materia  di   «governo   del
  territorio» - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 3, comma 9. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
(GU n.30 del 28-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 3, comma 9,
25, commi 1 e 2, lettere a), f), g), h), l) e q), 26, comma 1, e  27,
commi 14, 24, lettere c) e d), 27, 28, 31 e 34, della legge 23 luglio
2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e  l'internazionalizzazione
delle imprese, nonche' in materia di energia), promossi dalle Regioni
Toscana,  Umbria,  Liguria,  Puglia,  Basilicata,  Piemonte,   Lazio,
Calabria, Marche, Emilia-Romagna e Molise con ricorsi  notificati  il
29, il 28, il 29, il 30, il  29  settembre  e  il  12  ottobre  2009,
depositati in cancelleria il 2, il 5, il 6, il 7 e il 16 ottobre 2009
e rispettivamente iscritti ai nn. 69, 70, 71, 72, 73, 75, 76, 77, 82,
83 e 91 del registro ricorsi 2009. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri nonche' gli atti di  intervento  dell'Associazione  Italiana
per il World Wide Fund for Nature  Onlus  Ong  (WWF),  del  Codacons,
Coordinamento  delle  associazioni   e   dei   comitati   di   tutela
dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, dell'Enel
s.p.a. e di Terna - Rete Elettrica Nazionale s.p.a.; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22  giugno  2010  il  Giudice
relatore Ugo De Siervo; 
    Uditi  gli  avvocati  Lucia  Bora   per   la   Regione   Toscana,
Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per le Regioni  Umbria  e  Liguria,
Maria Liberti per la Regione Puglia, Roberto  Cavallo  Perin  per  la
Regione Piemonte, Claudio Chiola per la Regione Lazio, Stefano Grassi
per  la  Regione  Marche,  Luigi  Manzi  per  la  Regione   Calabria,
Giandomenico  Falcon  e  Rosaria  Russo  Valentini  per  la   Regione
Emilia-Romagna, Stefano Scarano  per  la  Regione  Molise,  Beniamino
Caravita di Toritto e Carlo Malinconico per l'Enel s.p.a,  Alessandro
Giadrossi per l'Associazione Italiana per  il  World  Wide  Fund  for
Nature Onlus Ong e l'avvocato dello Stato Antonio Palatiello  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 29 settembre 2009 e depositato  il
successivo 2 ottobre (iscritto al r.r. n. 69 del  2009),  la  Regione
Toscana ha promosso, in riferimento agli artt. 117, 118 e  120  della
Costituzione, e al principio di leale  collaborazione,  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 9, e  25,  comma  2,
lettere a), f),  g),  e  h),  della  legge  23  luglio  2009,  n.  99
(Disposizioni  per  lo  sviluppo  e  l'internazionalizzazione   delle
imprese, nonche' in materia di energia),  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2009. 
    1.1. - Premette la ricorrente che ai sensi dell'impugnato art. 3,
comma 9, «al fine di garantire migliori condizioni di  competitivita'
sul mercato internazionale e dell'offerta di servizi turistici, nelle
strutture  turistico-ricettive  all'aperto,  le  installazioni  e   i
rimessaggi dei mezzi mobili  di  pernottamento,  anche  se  collocati
permanentemente, per l'esercizio dell'attivita', entro  il  perimetro
delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purche'
ottemperino alle specifiche condizioni  strutturali  e  di  mobilita'
stabilite dagli ordinamenti regionali,  non  costituiscono  in  alcun
caso   attivita'   rilevanti   ai   fini   urbanistici,   edilizi   e
paesaggistici». 
    Sostiene il ricorrente che la denunciata previsione violerebbe la
potesta' legislativa concorrente delle Regioni in materia di «governo
del territorio», di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    La disposizione de qua inciderebbe  sulle  competenze  regionali,
giacche'  stabilisce  che  i  suddetti  mezzi  mobili,  pur   dovendo
rispettare  le  condizioni  strutturali  e  di  mobilita'   stabilite
dall'ordinamento regionale, non costituiscono,  a  priori,  attivita'
rilevante dal punto di vista urbanistico, edilizio e paesaggistico e,
dunque, possono essere realizzate  liberamente,  senza  alcuna  forma
preventiva di verifica. Secondo la difesa regionale, detta  verifica,
seppure  in  forma  accelerata  e  semplificata,   permetterebbe   di
garantire il rispetto di quelle condizioni strutturali e di mobilita'
che, in astratto, si dichiarano da rispettare. 
    La possibilita', per i mezzi mobili di pernottamento,  di  essere
collocati  permanentemente,  senza  che  cio'  costituisca  attivita'
rilevante   ai   fini   urbanistici,   edilizi    e    paesaggistici,
vanificherebbe la previsione di cui all'art. 78, comma 1, lettera b),
della legge della Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per  il
governo  del  territorio),  in  forza  della  quale  e'   considerata
trasformazione urbanistica  ed  edilizia,  e  come  tale  soggetta  a
permesso  di  costruire,   «l'installazione   di   manufatti,   anche
prefabbricati e di strutture di qualsiasi  genere,  quali  roulottes,
campers,  case  mobili,  imbarcazioni,  che  siano  utilizzati   come
abitazioni, ambienti di lavoro, oppure  come  depositi,  magazzini  e
simili, e che non  siano  diretti  a  soddisfare  esigenze  meramente
temporanee, quali  esplicitamente  risultino  in  base  alle  vigenti
disposizioni». 
    L'evocata disposizione regionale - prosegue la ricorrente - trova
corrispondenza nell'art. 3, comma 1,  lettera  e),  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia -  Testo
A), che qualifica tali interventi come nuova costruzione. 
    Secondo la vigente normativa regionale, dunque,  i  mezzi  mobili
messi  a   disposizione   del   gestore   del   campeggio   rientrano
nell'ordinaria gestione del campeggio stesso  e  non  richiedono  uno
specifico titolo abilitativo, purche' siano destinati ad assolvere ad
una funzione temporanea e come tale individuabile, essendo  stabilito
un termine per la loro rimozione: termine che deve  risultare  o  nel
titolo abilitativo che consente gli interventi  o  nel  provvedimento
che autorizza l'esercizio del campeggio. 
    Per  la  ricorrente,  l'impugnata  disposizione  escluderebbe  la
configurazione  di  un  simile   termine,   consentendo   cosi'   una
trasformazione del territorio incontrollata, anche dal punto di vista
paesaggistico, e al di fuori da ogni forma di pianificazione. 
    1.2. - Le denunciate disposizioni di cui all'art.  25,  comma  2,
lettere a), f), g), e h), enunciano i principi ed i criteri direttivi
per l'esercizio della delega legislativa da parte del Governo per  la
disciplina della localizzazione di impianti di produzione di  energia
nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare,  di
sistemi di stoccaggio  del  combustibile  irraggiato  e  dei  rifiuti
radioattivi. 
    Piu' precisamente, in sede di esercizio della delega legislativa: 
        dovra' essere prevista la possibilita' di dichiarare  i  siti
aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme  di
vigilanza e di protezione (lettera a); 
        dovranno essere determinate le  modalita'  di  esercizio  del
potere sostitutivo del Governo  in  caso  di  mancato  raggiungimento
delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti,  secondo
quanto previsto dall'art. 120 Cost. (lettera f); 
        dovra' essere previsto che la costruzione  e  l'esercizio  di
impianti per  la  produzione  di  energia  elettrica  nucleare  e  di
impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o  per  lo
smantellamento di impianti nucleari a fine  vita  e  tutte  le  opere
connesse  siano  soggetti  ad  autorizzazione  unica  rilasciata  dal
Ministro dello  sviluppo  economico,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e con il Ministro  delle  infrastrutture  e  trasporti,
d'intesa con la Conferenza unificata (lettera g); 
        dovra'  essere  previsto  che  l'autorizzazione   unica   sia
rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le
amministrazioni interessate e che tale provvedimento sostituisce ogni
atto necessario per la realizzazione delle opere, ad eccezione  della
VIA e della VAS (lettera h). 
    1.2.1. - Per la ricorrente la disposizione di cui alla lettera a)
violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., anche in relazione al principio
di leale collaborazione. 
    La dichiarazione  di  siti  di  interesse  strategico  nazionale,
soggetti  a  speciali  forme  di  vigilanza  e  di   protezione,   e'
finalizzata  alla  individuazione  delle  possibili   aree   in   cui
localizzare gli impianti di produzione di energia elettrica nucleare. 
    Per la Regione Toscana, l'impugnata  disposizione  appare  «molto
estesa», omettendo la previsione di criteri e limiti  della  suddetta
dichiarazione, senza alcuna previsione di una intesa o analoga  forma
di raccordo  con  le  Regioni  territorialmente  interessate.  Questa
individuazione interferisce con materie di competenza  concorrente  e
residuale  delle  Regioni:  trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia,  governo   del   territorio,   tutela   della   salute,
valorizzazione  dei  beni  culturali  ed  ambientali,   turismo.   Al
riguardo,  la  difesa  regionale  ricorda   che   la   «chiamata   in
sussidiarieta'» di funzioni amministrative impone  la  previsione  di
una intesa con le Regioni  interessate,  a  salvaguardia  delle  loro
attribuzioni costituzionalmente previste (sono richiamate le sentenze
n. 383 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003). 
    1.2.2. - Secondo la Regione ricorrente, la  disposizione  di  cui
alla  lettera  f)  non  dovrebbe  essere  ritenuta  applicabile   nei
confronti delle Regioni  in  quanto  non  rientranti  tra  gli  «enti
locali». 
    Ove, tuttavia, si pervenisse ad una diversa  interpretazione,  ne
deriverebbe la violazione degli artt.  117,  118  e  120  Cost.,  dal
momento che l'intesa, a fronte del mancato raggiungimento della quale
il Governo sarebbe legittimato ad esercitare il  potere  sostitutivo,
non sarebbe  «sostituibile»  in  quanto  «tipica  manifestazione  del
consenso regionale ad un atto» e, dunque, espressione  di  autonomia.
La censurata disciplina  avrebbe  cosi'  illegittimamente  consentito
allo Stato di assumere una decisione unilaterale. 
    Con la sentenza n. 6 del 2004 - insiste  la  difesa  regionale  -
questa Corte ha qualificato l'intesa in parola come una intesa forte,
«nel senso che il suo  mancato  raggiungimento  costituisce  ostacolo
insuperabile alla conclusione del procedimento», stante l'impatto che
una struttura produttiva come l'impianto energetico ha su  molteplici
funzioni  regionali.   Peraltro,   l'attivazione   di   tale   potere
sostitutivo  parrebbe  ammessa  indifferentemente  sia  in  caso   di
inerzia, sia nell'ipotesi in cui l'intesa non sia  raggiunta  perche'
e' stato espresso un  articolato  dissenso.  Per  la  ricorrente,  il
legislatore statale e' chiamato a procedimentalizzare  l'intesa,  per
assicurarne  il  carattere  «forte»:  la   legge   dovrebbe,   cioe',
disciplinare un procedimento teso a  favorire  l'avvicinamento  delle
parti su una posizione consensuale. Diversamente,  l'intesa  verrebbe
declassata in un parere non vincolante. 
    Nel caso di specie, il legislatore statale non  avrebbe  previsto
criteri direttivi volti ad assicurare la disciplina del  procedimento
dell'intesa si' da garantirne il carattere «forte», necessario per il
rispetto delle competenze costituzionali di tutti gli enti di governo
coinvolti. 
    La violazione  dell'art.  120  Cost.  discenderebbe,  secondo  la
ricorrente, dalla  circostanza  che  detta  previsione  non  potrebbe
essere applicata ad ipotesi, come quella  prevista  dalla  disciplina
impugnata,  nelle  quali  l'ordinamento  costituzionale   impone   il
conseguimento di una necessaria intesa fra organi  statali  e  organi
regionali per l'esercizio concreto  di  una  funzione  amministrativa
attratta  in  sussidiarieta'  al  livello  statale  in   materie   di
competenza  legislativa  regionale  e  nella  perdurante  assenza  di
adeguati strumenti di coinvolgimento delle  Regioni  nell'ambito  dei
procedimenti  legislativi  dello  Stato.   Secondo   la   consolidata
giurisprudenza di questa Corte, tali intese costituiscono  condizione
minima e imprescindibile per  la  legittimita'  costituzionale  della
disciplina  legislativa  statale  che  effettui   la   «chiamata   in
sussidiarieta'» di una funzione amministrativa  in  materie  affidate
alla legislazione  regionale.  L'esigenza  che  il  conseguimento  di
queste intese  sia  non  solo  ricercato  in  termini  effettivamente
ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato  per
evitare situazioni di stallo, potra' certamente favorire  l'opportuna
individuazione, sul  piano  legislativo,  di  procedure  parzialmente
innovative volte a favorire l'adozione dell'atto finale nei  casi  in
cui  siano  insorte  difficolta'  a  conseguire  l'intesa.   Siffatte
procedure - conclude la difesa regionale - non  potranno  prescindere
dalla permanente  garanzia  della  posizione  paritaria  delle  parti
coinvolte. 
    1.2.3. - Anche le disposizioni di cui alle lettere g) e  h)  sono
per la ricorrente illegittime, per contrasto con gli artt. 117 e  118
Cost.,  e  al  principio  di  leale  collaborazione,  in  quanto  non
assicurerebbero un ruolo piu' incisivo alla Regione,  pur  versandosi
in  ambiti  materiali  di  competenza  regionale,  a  fronte  di  una
«chiamata in sussidiarieta'» ad opera del legislatore statale. 
    L'intesa con la Conferenza unificata non parrebbe sufficiente  ai
predetti fini. Benche' la sentenza  n.  383  del  2005  riconosca  la
Conferenza unificata come organo adeguatamente rappresentativo  delle
Regioni e degli enti locali, tutti incisi dalle diverse politiche del
settore energetico, per la difesa regionale diversa sarebbe,  invece,
«l'intesa  necessaria,  a  valle,  al  momento  dell'esercizio  della
funzione amministrativa che lo Stato si e' trattenuto.  In  tal  caso
solo l'intesa con la Regione direttamente interessata puo'  garantire
il rispetto delle attribuzioni regionali». In altri termini, l'intesa
con la Conferenza unificata puo' costituire lo strumento  sufficiente
a fronte di norme legislative e di disposizioni generali,  indirizzi,
criteri e linee guida perche' tutte queste hanno  ad  oggetto  misure
generali rivolte all'intero sistema delle autonomie. Al contrario,  a
fronte dello specifico atto autorizzatorio, appare costituzionalmente
indispensabile l'intesa con la Regione interessata. 
    1.3. - Con atto depositato il 9 novembre 2009  si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    1.3.1. - Per il  resistente,  le  doglianze  aventi  per  oggetto
l'art. 3, comma 9, della legge n. 99 del 2009, non  terrebbero  conto
ne' dell'iter amministrativo pregresso all'esercizio delle  attivita'
turistiche ivi contemplate, ne' del contesto  normativo  generale  in
cui la contestata disposizione si colloca. 
    Quanto alla denunciata lesione delle attribuzioni regionali nella
materia concorrente del «governo del territorio», la difesa  erariale
sottolinea  che  il  contestato   intervento   normativo   e'   stato
determinato   dalla    necessita'    di    comporre    un    dissidio
giurisprudenziale relativo all'interpretazione dell'art.  3  (L)  del
d.P.R. n.  380  del  2001,  a  mente  del  quale  l'installazione  di
strutture mobili, ai  fini  urbanistici  ed  edilizi,  necessita  del
permesso  di  costruire.  In  passato,  infatti,  era   invalsa   una
interpretazione giurisprudenziale che richiedeva un apposito permesso
di costruire per l'installazione di mezzi di pernottamento mobili nei
campeggi. 
    In questa prospettiva -  puntualizza  la  difesa  dello  Stato  -
l'impugnata disposizione opera  quale  specificazione  ulteriore  del
succitato art. 3 (L), comma 1, lettera e.5), quale espressione di  un
principio fondamentale in  forza  del  quale  l'installazione  ed  il
rimessaggio  di  mezzi  mobili  di  pernottamento   non   costituisce
attivita' rilevante ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici  ove
realizzati  all'interno  di  strutture  ricettive   all'aria   aperta
regolarmente  autorizzate.  Invero,  detta  disposizione  legislativa
statale  annovera   tra   gli   interventi   di   nuova   costruzione
«l'installazione di manufatti  leggeri,  anche  prefabbricati,  e  di
strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili,
imbarcazioni, che  siano  utilizzati  come  abitazioni,  ambienti  di
lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili,  e  che  non  siano
diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee». 
    Mediante i titoli  legittimanti  l'apertura  e  l'utilizzo  delle
predette strutture e' stato espressamente autorizzato  quel  tipo  di
«utilizzazione e trasformazione edilizio-urbanistica del  territorio»
che  ha  proprio  nelle  suddette  installazioni  la  sua   peculiare
connotazione. Ne consegue l'illegittimita' delle installazioni per le
quali  non  siano  stati  ottenuti  preventivamente  analoghi  titoli
edilizi. 
    Al  riguardo,  la  parte  resistente  precisa  che  i   manufatti
installabili nelle strutture ricettive all'aria aperta sono  soltanto
quelle «universalmente note come attrezzature tipiche del campeggio». 
    D'altro canto - prosegue l'Avvocatura dello Stato - la contestata
disposizione non autorizza  sic  et  simpliciter  l'installazione  in
oggetto, giacche' ne subordina la legittimita' alla conformita'  alle
pertinenti leggi regionali, in relazione ai limiti oggettivi ed  alle
caratteristiche dei mezzi di pernottamento, affinche' possano  essere
qualificati come mezzi «mobili». 
    La previsione di una eventuale collocazione «permanente» di  tali
mezzi, prevista  dall'art.  3,  comma  9,  non  lede  le  rivendicate
attribuzioni regionali, in quanto tale enunciato va letto, in  chiave
funzionale, alla luce di quanto disposto dal periodo successivo,  che
fa esplicito riferimento allo svolgimento  dell'attivita'  turistica.
Sicche', una volta cessata la relativa  attivita'  economica,  verra'
contestualmente  meno  la  legittima  installazione  delle  strutture
mobili. In definitiva, il concetto  di  «permanenza»  va  inteso  nel
senso di consentire al gestore del campeggio di eseguire, durante  il
periodo di chiusura dell'attivita', la manutenzione ed il rimessaggio
delle strutture mobili senza necessita' di una rimozione  dalla  loro
ubicazione funzionale. 
    Quanto,  invece,  alla   asserita   violazione   della   potesta'
legislativa residuale in materia di «turismo», il resistente obietta,
innanzitutto, che la censurata disposizione «e' dettata in materia di
"governo del territorio" e il  riferimento  al  turismo  riguarda  la
finalita' della disposizione» stessa. 
    In secondo luogo - continua la difesa dello Stato - la  legge  n.
99 del 2009 si e' prefissa  l'obiettivo  di  dirimere  «un  conflitto
trasversale tra  competenze  statali,  regionali  ed  interpretazioni
giurisprudenziali che ponevano gli imprenditori  di  settore  in  una
condizione di costante incertezza giuridica». In questo  quadro,  per
l'Avvocatura dello  Stato  la  disposizione  de  qua  rappresenta  la
«legittima  manifestazione  delle  competenze  dello   Stato,   unico
titolare di un'azione di sviluppo del turismo in Italia». 
    1.3.2. - Prima di  passare  in  rassegna  le  doglianze  relative
all'art. 25, comma 2, la  parte  resistente  sviluppa  una  serie  di
considerazioni in ordine alla «natura  strategica  della  scelta  del
Governo  di  introdurre  l'energia   nucleare   tra   le   fonti   di
approvvigionamento dell'energia». 
    Il ritorno al nucleare - spiega la difesa dello Stato - e'  volto
a fronteggiare il cambiamento climatico e a  garantire  la  sicurezza
dell'approvvigionamento di energia e la  competitivita'  del  sistema
produttivo. L'energia nucleare, come attestato da iniziative  assunte
in ambito comunitario, costituisce l'unica  fonte  idonea  a  fornire
elettricita' su vasta scala consentendo, nel  contempo,  il  rispetto
delle limitazioni poste alle  emissioni  di  gas  ad  effetto  serra.
Inoltre, la maggiore esposizione degli Stati alle instabilita' ed  ai
rischi geopolitici  dei  mercati  internazionali  produce  incognite,
soprattutto sul piano della  continuita'  delle  forniture,  tali  da
imporre il ricorso all'energia nucleare. L'utilita' di tale fonte e',
poi,  avvertibile  sul  piano  della   competitivita'   dei   sistemi
produttivi, minacciata da continui  aumenti  di  prezzi  dell'energia
prodotta da fonti  convenzionali.  Si  e',  dunque,  in  presenza  di
profili problematici «che travalicano  in  modo  consistente  i  meri
interessi territoriali e locali». 
    Sul piano strettamente giuridico -  prosegue  l'Avvocatura  dello
Stato  -  «le  assolute  peculiarita'  e  le  potenzialita'   tipiche
dell'energia  nucleare,  tutte  espressive  di  interessi  unitari  e
infrazionabili»,  chiamano  in  causa  attribuzioni  esclusive  dello
Stato,  che  assumono  sicura  prevalenza   rispetto   alla   materia
concorrente della «produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia» (e' citata la sentenza n. 88 del 2009): 
        assumono rilevanza le implicazioni connesse con la produzione
dell'energia nucleare in termini di «ordine pubblico e di sicurezza»,
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.  (e'  citata
la sentenza n. 18 del 2009); 
        le disposizioni  dirette  a  presidiare  la  c.d.  «sicurezza
nucleare» appaiono ascrivibili alla materia «sicurezza  dello  Stato»
di cui all'art. 117, secondo comma, lettera d), Cost.; 
        la  matrice  sovranazionale  di  molte   delle   prescrizioni
implementate nell'ordinamento italiano giustifica l'attivazione della
competenza esclusiva del legislatore statale in materia di  «politica
estera e rapporti internazionali dello Stato;  rapporti  dello  Stato
con l'Unione europea», di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera
a), Cost.; 
        l'impatto ecologico dello sfruttamento del nucleare sollecita
l'intervento del legislatore  statale  nella  materia  della  «tutela
dell'ambiente» ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    D'altro canto - insiste la parte resistente -  l'incidenza  degli
interessi nazionali e internazionali in gioco, le correlate  esigenze
di celerita'  nell'attuazione  delle  scelte  strategiche  legate  al
nucleare, le peculiarita' di questa fonte  energetica,  impongono  di
considerare sotto luce diversa i principi  inerenti  all'applicazione
del principio di sussidiarieta' di cui  all'art.  118,  primo  comma,
Cost., nonche' lo  stesso  potere  sostitutivo  (sono  richiamate  le
sentenze n. 249 del 2009; n. 383 e n. 62 del 2005; n. 6 del 2004 e n.
303 del 2003). 
    1.3.3. - Cio' premesso, la difesa dello  Stato  reputa  comunque,
inammissibili,  «per  difetto  di  interesse  della  ricorrente»,  le
doglianze prospettate avverso i principi e  criteri  direttivi  della
delega legislativa anzitutto «in quanto non immediatamente lesivi  di
alcuna prerogativa regionale». Le  previsioni  di  cui  all'art.  25,
comma 2, lettere f), g) e h), non sono, infatti, tali  da  precludere
alcuna delle possibili opzioni quanto alle  forme  di  coinvolgimento
delle Regioni. 
    Quanto, in particolare, alla impugnazione  della  citata  lettera
f), la ricorrente avrebbe prospettato in modo perplesso le  questioni
sottoposte al vaglio di questa Corte. 
    Altrettanto inammissibile sarebbe la questione avente per oggetto
l'art. 25, comma 2, lettera a), giacche', in  difetto  di  attuazione
della delega, «non e' possibile determinare se  ed  in  che  modo  la
Regione verrebbe coinvolta in tale attivita'». 
    La stessa questione sarebbe, comunque, destituita  di  fondamento
in quanto  nella  giurisprudenza  costituzionale  non  si  rinvengono
pronunce che impongano di acquisire l'intesa con la  singola  Regione
interessata, piuttosto che con la Conferenza unificata, in  relazione
alla determinazione delle aree  di  interesse  strategico  nazionale.
Invero, nella sentenza n. 249 del 2009  si  sottolinea  trattarsi  di
impianti di preminente interesse nazionale,  tali  da  comportare  un
accentramento   della   funzione   amministrativa   in   vista    del
conseguimento di obiettivi strategici unitari. 
    2. - Con ricorso notificato il 29 settembre 2009 e depositato  il
successivo 5 ottobre (iscritto al r.r. n. 70 del  2009),  la  Regione
Umbria ha promosso, in riferimento agli  artt.  117,  commi  secondo,
terzo, quarto e sesto, 118, comma  primo,  e  120  Cost.  nonche'  al
principio  di  leale  collaborazione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 25, comma 2, lettere a),  f),  e  g),  26,
comma 1, e 27, comma 27, della legge n. 99 del 2009. 
    2.1. - Oltre alle disposizioni  di  cui  all'art.  25,  comma  2,
lettere a), f) e g),  dapprima  riportate,  viene,  innanzitutto,  in
rilievo la previsione di cui all'art. 26, comma  1,  della  legge  in
parola, a mente del quale «con delibera del CIPE, da  adottare  entro
sei mesi dalla data di entrata  in  vigore  della  presente  legge  e
previo parere della  Conferenza  unificata  di  cui  all'art.  8  del
decreto  legislativo  28  agosto   1997,   n.   281,   e   successive
modificazioni, su proposta del  Ministro  dello  sviluppo  economico,
sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, sentite le Commissioni parlamentari competenti,  sono  definite
le tipologie degli impianti per la produzione  di  energia  elettrica
nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale». E',
inoltre, previsto che  la  Conferenza  unificata  si  esprima  «entro
sessanta giorni dalla richiesta,  trascorsi  i  quali  il  parere  si
intende acquisito». 
    Oggetto di doglianza e', poi, il comma 27 dell'art. 27, il  quale
stabilisce l'applicazione delle «disposizioni di cui  all'art.  5-bis
del  decreto-legge  10  febbraio  2009,   n.   5,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33», agli  «impianti  di
produzione di energia elettrica  alimentati  con  carbon  fossile  di
nuova generazione, se  allocati  in  impianti  industriali  dismessi,
nonche' agli impianti di produzione di  energia  elettrica  a  carbon
fossile, qualora sia  stato  richiesto  un  aumento  della  capacita'
produttiva». 
    2.2. - Quanto alla disposizione di  cui  all'art.  25,  comma  2,
lettera  g),  la  ricorrente   sostiene   trattarsi   di   previsione
incostituzionale nella parte in cui non pone il principio secondo  il
quale la localizzazione dell'impianto  richiede,  altresi',  l'intesa
della Regione nel cui ambito esso deve essere realizzato. 
    Per la difesa regionale il coinvolgimento  della  Conferenza  non
puo' essere  ritenuto  equivalente  o  sostitutivo  di  quello  della
Regione interessata: invero, la necessita' del consenso di questa  in
relazione alla localizzazione di grandi opere, la  cui  realizzazione
imprima al territorio una caratterizzazione tanto forte  da  incidere
sulla sua complessiva destinazione e su tutti gli  interessi  che  in
esso  insistono,  e'  implicita  nel  sistema  di  applicazione   del
principio di sussidiarieta' sin dalla sentenza n. 303 del 2003. 
    Questo principio - prosegue la ricorrente  -  e'  stato  ribadito
proprio in relazione  alla  materia  concorrente  della  «produzione,
trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia  elettrica»  dalla
sentenza n. 6 del 2004: deve trattarsi  di  una  intesa  forte,  «nel
senso  che  il  suo  mancato  raggiungimento   costituisce   ostacolo
insuperabile alla conclusione del procedimento». 
    La successiva sentenza n. 62 del 2005, relativa  allo  stoccaggio
dei rifiuti nucleari, ribadisce che, quando gli interventi  necessari
realizzati dallo Stato  in  vista  di  interessi  unitari  di  tutela
ambientale «concernono l'uso del  territorio,  e  in  particolare  la
realizzazione di opere e di insediamenti atti a condizionare in  modo
rilevante lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intreccio, da  un
lato, con la competenza regionale concorrente in materia  di  governo
del territorio, oltre che con altre competenze regionali,  dall'altro
lato con gli interessi delle  popolazioni  insediate  nei  rispettivi
territori, impone che siano adottate modalita'  di  attuazione  degli
interventi medesimi che coinvolgano, attraverso  opportune  forme  di
collaborazione, le Regioni sul cui  territorio  gli  interventi  sono
destinati a realizzarsi». Nella stessa  pronuncia,  tuttavia,  questa
Corte ha precisato che allorche', «una volta individuato il sito,  si
debba   provvedere   alla   sua   "validazione",    alla    specifica
localizzazione  e  alla  realizzazione   dell'impianto,   l'interesse
territoriale da prendere  in  considerazione  e  a  cui  deve  essere
offerta, sul piano costituzionale, adeguata tutela, e'  quello  della
Regione nel cui territorio l'opera e' destinata ad essere ubicata», e
che  «non  basterebbe   piu',   a   questo   livello,   il   semplice
coinvolgimento della Conferenza unificata, il cui intervento non puo'
sostituire  quello,  costituzionalmente  necessario,  della   singola
Regione interessata». 
    Ancora, il principio  della  necessaria  intesa  con  la  Regione
interessata viene ulteriormente evocato con la sentenza  n.  383  del
2005, in relazione alla individuazione delle infrastrutture  e  degli
insediamenti strategici, ove pure si afferma la necessita' «che anche
tale individuazione sia effettuata  d'intesa  con  le  Regioni  e  le
Province autonome interessate». 
    Ad avviso della  ricorrente,  la  denunciata  illegittimita'  non
viene meno per il fatto che la successiva  lettera  h)  dello  stesso
art. 25, comma 2, prevede che «l'autorizzazione unica sia  rilasciata
a  seguito  di  un  procedimento  unico  al  quale   partecipano   le
amministrazioni interessate, svolto  nel  rispetto  dei  principi  di
semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7  agosto  1990,
n. 241». A parte  la  genericita'  dell'espressione  «amministrazioni
interessate», e pur dando per scontato che tra esse vadano incluse le
Regioni,  l'istituto  dell'intesa  implica  uno  specifico   rapporto
bilaterale tra lo Stato e la Regione interessata, costituito  da  una
altrettanto specifica trattativa tra due parti, ed  assistito  da  un
dovere particolare di attenzione e di reciproca  collaborazione.  Per
la difesa regionale, questo rapporto speciale non puo' essere diluito
e confuso  in  una  generica  partecipazione  al  procedimento  quale
«amministrazione interessata»,  rivelandosi  cosi'  insufficiente  il
principio espresso dalla richiamata lettera h). 
    Del resto - insiste la ricorrente  -  la  rimarcata  specificita'
sarebbe dimostrata, all'interno della stessa legge qui in esame,  dal
nuovo testo dell'art. 1-sexies, comma  4-bis,  del  decreto-legge  29
agosto 2003, n. 239 (Disposizioni  urgenti  per  la  sicurezza  e  lo
sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza
di energia elettrica), convertito, con modificazioni, dalla legge  27
ottobre 2003, n. 290, introdotto ora dall'art. 27,  comma  24,  della
legge n. 99 del 2009. 
    Il  comma  4-bis,  nel  suo  testo  originario,   fu   dichiarato
costituzionalmente  illegittimo  dalla  sentenza  n.  383  del  2005.
Sicche', il nuovo testo dispone che «in caso di  mancata  definizione
dell'intesa con la Regione o le Regioni interessate per  il  rilascio
dell'autorizzazione, entro i novanta giorni successivi al termine  di
cui al comma 3, si provvede al rilascio della stessa previa intesa da
concludere  in  un  apposito  comitato  interistituzionale,   i   cui
componenti sono designati, in modo  da  assicurare  una  composizione
paritaria, rispettivamente dai Ministeri  dello  sviluppo  economico,
dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare  e  delle
infrastrutture e dei  trasporti  e  dalla  Regione  o  dalle  Regioni
interessate. Ove non si pervenga ancora alla definizione dell'intesa,
entro i sessanta  giorni  successivi  al  termine  di  cui  al  primo
periodo, si provvede all'autorizzazione con  decreto  del  Presidente
della Repubblica, previa deliberazione del  Consiglio  dei  ministri,
integrato con la partecipazione del Presidente della Regione o  delle
Regioni  interessate,  su  proposta  del  Ministro   dello   sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e  della  tutela
del territorio e del mare e con il Ministro  delle  infrastrutture  e
dei trasporti».  Si  evince  che  e'  la  stessa  legge  statale,  in
esecuzione della statuizione resa da questa Corte, ad indicare la via
idonea a preservare  i  caratteri  specifici  dell'intesa  e  la  sua
peculiare rilevanza anche laddove alla Regione interessata non  possa
spettare la parola definitiva. 
    2.3. - Per quanto attiene all'impugnato art. 25, comma 2, lettera
a), la ricorrente  non  contesta  la  necessita'  che  i  siti  delle
centrali nucleari siano soggetti a  speciali  forme  di  vigilanza  e
protezione. Essa, invece, lamenta il mancato coinvolgimento sia nella
esatta individuazione dell'area da  qualificare  come  «di  interesse
strategico nazionale», sia nella stessa individuazione delle forme di
vigilanza e protezione. 
    Il diretto coinvolgimento della Regione appare  ascrivibile  alla
circostanza che la qualifica in  questione  conferisce  ad  aree  non
necessariamente  coincidenti  con  quella  della  centrale   nucleare
strettamente intesa «uno status  territoriale  speciale,  comportante
uno  specifico  regime  dell'attivita'   urbanistica   ed   edilizia,
intrecciandosi cosi' con la materia del governo del territorio e  con
tutti gli interessi inerenti a tale vastissima materia». 
    D'altronde,  la  qualificazione  di  aree   come   di   interesse
strategico nazionale ha nella legislazione  un  precedente  specifico
nell'art. 2, comma 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90  (Misure
straordinarie  per  fronteggiare  l'emergenza   nel   settore   dello
smaltimento  dei  rifiuti  nella   Regione   Campania   e   ulteriori
disposizioni di protezione civile),  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 14 luglio 2008, n.  123,  e  modificato  dall'art.  2-bis
della legge 30 dicembre 2008,  n.  210  (Conversione  in  legge,  con
modificazioni, del decreto-legge 6 novembre  2008,  n.  172,  recante
misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel  settore  dello
smaltimento  dei  rifiuti  nella  Regione  Campania,  nonche'  misure
urgenti di tutela ambientale), secondo il quale «i siti, le aree,  le
sedi degli uffici e gli impianti comunque connessi  all'attivita'  di
gestione dei  rifiuti  costituiscono  aree  di  interesse  strategico
nazionale, per le quali  il  Sottosegretario  di  Stato  provvede  ad
individuare le occorrenti misure, anche di  carattere  straordinario,
di salvaguardia e di tutela per assicurare  l'assoluta  protezione  e
l'efficace gestione». 
    Dal quadro normativo cosi' delineato si  evincerebbe  -  a  detta
della difesa regionale -  il  «vincolo  costituzionale  nella  stessa
legge di delega che all'individuazione  dell'area  e  delle  relative
misure di protezione debba procedersi d'intesa con la  Regione  o  le
Regioni direttamente interessate». 
    Quanto all'art. 25, comma 2, lettera f),  la  ricorrente  lamenta
che  tale   disposizione   consentirebbe   l'esercizio   del   potere
sostitutivo nei confronti della Regione, ed aggiunge  che  «la  norma
non prevede alcun coinvolgimento delle Regioni ne' nelle  intese  ne'
nell'esercizio del potere sostitutivo». 
    2.4. - La previsione, di cui all'art. 26, comma 1, del potere del
CIPE  di  deliberare  «le  tipologie  degli  impianti  di  produzione
elettrica nucleare  che  possono  essere  realizzati  nel  territorio
nazionale», e', secondo la  ricorrente,  destinata  ad  incidere  sui
livelli di sicurezza e sull'impatto complessivo sul territorio  e  su
tutti gli interessi che su di esso insistono, in  larghissima  misura
affidati alla competenza regionale. 
    Trattandosi di una competenza normativa  di  rango  secondario  e
versandosi in  una  materia  -  la  «produzione  dell'energia»  -  di
competenza concorrente, alla luce dell'art. 117, sesto comma,  Cost.,
detta previsione dovrebbe rivelarsi illegittima. 
    Ove,  nondimeno,  si  acceda  al  modello  della   «chiamata   in
sussidiarieta'»,     comunque     risulterebbero      pur      sempre
costituzionalmente indefettibili i piu' volte ribaditi correttivi  in
termini di partecipazione  delle  Regioni  attraverso  le  necessarie
intese: l'intesa con  la  Conferenza  Stato-Regioni  o  unificata  in
quanto il CIPE definisca «in astratto» le  tipologie  ammissibili  su
tutto il  territorio  nazionale;  l'intesa  con  la  singola  Regione
interessata, in quanto il CIPE deliberi la tipologia  di  un  singolo
determinato impianto, da collocare in una Regione determinata. 
    2.5.  -   Il   denunciato   comma   27   dell'art.   27   prevede
l'applicazione, «agli impianti di  produzione  di  energia  elettrica
alimentati con carbon fossile di nuova generazione,  se  allocati  in
impianti industriali dismessi, nonche' agli impianti di produzione di
energia elettrica a carbon fossile, qualora sia  stato  richiesto  un
aumento   della   capacita'   produttiva»,   dell'art.   5-bis    del
decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (Misure urgenti a  sostegno  dei
settori industriali in crisi,  nonche'  disposizioni  in  materia  di
produzione  lattiera  e  rateizzazione   del   debito   nel   settore
lattiero-caseario), convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  9
aprile 2009, n. 33. 
    Dal canto suo, il richiamato art. 5-bis, rubricato «Riconversione
di impianti di produzione di energia  elettrica»,  dispone:  «per  la
riconversione degli  impianti  di  produzione  di  energia  elettrica
alimentati ad olio combustibile in esercizio alla data di entrata  in
vigore della legge di conversione del presente decreto,  al  fine  di
consentirne l'alimentazione a carbone o altro combustibile solido, si
procede in deroga alle vigenti  disposizioni  di  legge  nazionali  e
regionali  che  prevedono  limiti  di  localizzazione   territoriale,
purche' la riconversione assicuri l'abbattimento delle loro emissioni
di almeno il 50 per cento rispetto ai limiti previsti  per  i  grandi
impianti di combustione di cui alle sezioni 1, 4 e 5 della  parte  II
dell'allegato II alla parte V del decreto legislativo 3 aprile  2006,
n. 152». Esso prevede, altresi', che tale  disposizione  «si  applica
anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in  vigore  della
legge di conversione del presente decreto». 
    Secondo la ricorrente, il  risultato  della  nuova  disposizione,
comprensiva della parte che essa «riprende» dalla precedente, e'  che
alle centrali a carbon  fossile  non  vi  sarebbero  piu'  limiti  di
localizzazione: ne' per quelli di «nuova generazione» (se allocati in
impianti industriali dismessi), ne' per quelli  esistenti  (anche  di
vecchia generazione), per i quali sia stato richiesto un  aumento  di
potenza, alla sola condizione dell'abbattimento delle  emissioni  del
50 per cento rispetto ai  limiti  previsti  per  i  grandi  impianti.
Sicche' lo sganciamento della  localizzazione  o  dell'espansione  di
impianti in ogni  modo  altamente  inquinanti,  come  le  centrali  a
carbone, da ogni vincolo di  localizzazione  violerebbe  la  potesta'
legislativa regionale nelle materie del «governo  del  territorio»  e
della  «tutela  della  salute»,  oltre  che  quella  in  materia   di
produzione dell'energia. 
    La  denunciata  disposizione  non  detterebbe   alcun   principio
fondamentale, trattandosi al contrario di una  norma  derogatoria  al
normale assetto dei principi di governo del territorio  e  di  tutela
della salute, come si evince dalla sua stessa formulazione. 
    La compromissione delle potesta'  legislativa  ed  amministrativa
regionale nelle indicate materie -  insiste  la  difesa  regionale  -
sarebbe ancora piu'  grave  ove  la  disposizione  impugnata  dovesse
intendersi nel senso che la Regione, in sede di rilascio  dell'intesa
prevista dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge 7 febbraio 2002,  n.
7 (Misure urgenti per garantire la sicurezza  del  sistema  elettrico
nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002,
n. 55, non possa far valere, a giustificazione del  proprio  diniego,
ragioni attinenti «alla tutela di un corretto assetto territoriale, a
protezione degli interessi ad una ordinata convivenza  delle  persone
in un ambiente salubre  e  preservato».  In  tal  modo,  la  prevista
intesa, pur formalmente richiesta, finirebbe per  perdere  oggetto  e
consistenza, dal momento  che  attraverso  di  essa  la  Regione  non
potrebbe far valere gli interessi che e' chiamata dalla  Costituzione
a tutelare. Invero, questa Corte, nel sindacare la  costituzionalita'
del succitato art. 1, comma 2, ha ritenuto la  predetta  intesa  come
una intesa in senso «forte» (sentenza n. 6 del 2004). 
    2.6. - Con atto depositato il 9 novembre 2009  si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    2.6.1. - In via preliminare, l'Avvocatura  espone  le  principali
ragioni sottese alla scelta del legislatore statale  di  reintrodurre
l'energia nucleare tra le fonti  di  approvvigionamento  dell'energia
(v. supra, par. 1.3.2.). 
    2.6.2. - Quanto  alla  impugnazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 25, comma 2, lettere a), f) e g),  della  legge  n.  99  del
2009, la difesa erariale sviluppa le medesime argomentazioni  addotte
nell'atto di costituzione nel  giudizio  instaurato  con  il  ricorso
della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    2.6.3. - A detta della difesa dello Stato, la questione  vertente
sull'art. 26, comma 1, sarebbe, innanzitutto, inammissibile in quanto
formulata in modo ipotetico, con riferimento cioe'  a  due  possibili
opzioni interpretative tra loro incompatibili. 
    Nel merito, la questione non sarebbe fondata dal momento che, una
volta riconosciuta la natura amministrativa (e non  normativa)  della
delibera CIPE,  il  parere  della  Conferenza  unificata  -  anziche'
l'intesa  -  si  giustifica  proprio  in  relazione  alla  dimensione
unitaria e infrazionabile dei prevalenti interessi incisi da siffatti
interventi. 
    2.6.4. - Per la difesa  dello  Stato,  sarebbe  inammissibile  la
questione di costituzionalita' promossa nei confronti  dell'art.  27,
comma 27, della  legge  in  oggetto,  in  quanto  formulata  in  modo
ipotetico in ordine alla  asserita  preclusione  per  la  Regione  di
addurre, quale motivazione del  proprio  diniego,  ragioni  attinenti
alla tutela del corretto assetto territoriale. 
    Nel  merito,  la  questione  non  sarebbe  fondata,  essendo   la
disposizione  de  qua  espressione  della  potesta'   esclusiva   del
legislatore statale in materia di «tutela dell'ambiente», a fronte di
esigenze di carattere unitario. 
    3. - Con ricorso notificato il 29 settembre 2009 e depositato  il
successivo 5 ottobre (iscritto al r.r. n. 71 del  2009),  la  Regione
Liguria ha promosso, in riferimento agli artt.  117,  commi  secondo,
terzo e quarto, e 118, comma primo, Cost. e  al  principio  di  leale
collaborazione, questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.
25, comma 2, lettere a) e g), e 27, comma 27, della legge n.  99  del
2009. 
    3.1. - Per quanto concerne l'impugnazione dell'art. 25, comma  2,
lettere  a)  e  g),  la  difesa   regionale   svolge   argomentazioni
coincidenti con  quelle  prospettate  nel  ricorso  presentato  dalla
Regione Umbria (v. supra, par. 2.2 e 2.3). 
    3.2. - Quanto alla doglianza  relativa  all'art.  27,  comma  27,
richiamate le medesime ragioni  addotte  nel  ricorso  della  Regione
Umbria (v. supra, par. 2.5), la difesa  della  ricorrente  sottolinea
come la Regione Liguria sia intervenuta con  la  legge  regionale  29
maggio 2007, n. 22  (Norme  in  materia  di  energia).  Questa  legge
prevede, tra l'altro, la competenza della Regione a stabilire criteri
per la localizzazione degli impianti (art. 2), stabilisce il  sistema
della programmazione e pianificazione regionale in materia di energia
(art. 3), prevedendo la stipulazione di accordi con i  gestori  degli
impianti  di  produzione  di  energia  elettrica  per  finalita'   di
raggiungimento di livelli minimi di efficienza energetica (art. 6). 
    Nella stessa Regione - prosegue la difesa regionale - e'  vigente
il  Piano  Energetico  Ambientale  Regionale  (PEAR),  approvato  con
delibera del Consiglio  regionale  2  dicembre  2003,  n.  43  (Piano
Energetico Ambientale della Regione Liguria), e aggiornato nel  2009.
A sua volta il Piano di risanamento della qualita' dell'aria, redatto
sulla base di standard  sanitari  statali,  e'  stato  approvato  con
delibera del Consiglio  regionale  21  febbraio  2006,  n.  4  (Piano
regionale di risanamento e tutela della qualita' dell'aria e  per  la
riduzione dei gas serra). 
    Con questi piani la Regione Liguria ha, tra l'altro,  individuato
le aree ove non possono trovare collocazione impianti  di  produzione
dell'energia elettrica. In particolare, il Piano  Aria  individua  le
aree urbane con fonti miste ove, in caso di superamento del limite di
accettabilita' della qualita' dell'aria, non possono  essere  ubicati
nuovi impianti. 
    3.3. - Con atto depositato il 9 novembre 2009  si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    3.3.1. - In via preliminare, l'Avvocatura  espone  le  principali
ragioni sottese alla scelta del legislatore statale  di  reintrodurre
l'energia nucleare tra le fonti  di  approvvigionamento  dell'energia
(v. supra, par. 1.3.2.). 
    3.3.2. - Quanto  alla  impugnazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 25, comma 2, lettere a), e g), della legge n. 99  del  2009,
la difesa dello Stato sviluppa  le  medesime  argomentazioni  addotte
nell'atto di costituzione nel  giudizio  instaurato  con  il  ricorso
della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    3.3.3. - Per la difesa  dello  Stato,  sarebbe  inammissibile  la
questione di costituzionalita' promossa nei confronti  dell'art.  27,
comma  27,  della  legge  in  oggetto,   alla   luce   delle   stesse
argomentazioni sviluppate  nell'atto  di  costituzione  nel  giudizio
instaurato con il  ricorso  della  Regione  Umbria  (v.  supra,  par.
2.6.4.). 
    4. - Con ricorso notificato il 28 settembre 2009 e depositato  il
successivo 5 ottobre (iscritto al r.r. n. 72 del  2009),  la  Regione
Puglia ha promosso, in riferimento agli artt. 117, 118 e 120 Cost., e
al  principio  di  leale  collaborazione  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera g), della legge  n.  99
del 2009. 
    4.1. - La ricorrente si duole della violazione degli  artt.  117,
118 e 120 Cost., «in ordine ai poteri concorrenti  delle  Regioni  in
materia di ambiente e governo del territorio nonche' al rispetto  del
principio di leale collaborazione e di  sussidiarieta'».  L'impugnata
disposizione  consentirebbe  al  Governo  «di  poter  procedere  alla
costruzione e all'esercizio degli impianti previa sola intesa con  la
Conferenza unificata, a cui partecipano bensi' le Regioni e gli  enti
locali ma con un parere non vincolante. Per la  localizzazione  degli
impianti, poi, e' escluso ogni tipo di coinvolgimento della  Regione,
la cui competenza rimarrebbe esclusivamente in capo al Governo». 
    A suffragio di tale doglianza, la ricorrente sostiene che,  nelle
materie di competenza concorrente, le  Regioni  «non  possono  essere
esautorate dalla correlata funzione amministrativa». 
    La consacrazione, nel  testo  costituzionale,  del  principio  di
sussidiarieta' e, poi, l'adozione del  codice  dell'ambiente  con  il
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale), dovrebbero consentire alle  Regioni  «di  esercitare  le
proprie funzioni normative ed amministrative non gia' solo in ragione
della massima vicinitas tra bene protetto e livello  territoriale  ma
in vista del perseguimento del maggiore  grado  di  protezione  della
salute e quindi dell'ambiente e del territorio». 
    Dal canto suo, il principio di leale  collaborazione  impone  che
l'individuazione del livello di governo presso il quale  allocare  la
funzione decisoria,  sia  normativa  che  amministrativa,  non  possa
essere  in  alcun  modo  disancorata  dall'esistenza  di   competenze
necessariamente intersecate, tali da esigere  assetti  procedimentali
volti a favorire il raggiungimento di  intese  (sono  richiamate,  al
riguardo, le sentenze n. 284 del 2004 e n. 308 del 2003). 
    Al contrario, l'impugnata disposizione  non  sembra  «tenere  nel
dovuto conto il ruolo delle Regioni, limitandosi a prevedere da parte
di queste la possibilita' di espressione di  un  semplice  parere  in
sede di Conferenza unificata e non una precisa intesa con la  Regione
interessata per la «costruzione» e «l'esercizio» di impianti  per  la
produzione  di  energia  nucleare».  Sicche',   «l'eventuale   parere
contrario delle Regioni ad accogliere un impianto per  la  produzione
di energia nucleare si appaleserebbe  come  un  semplice  parere  non
vincolante». Al contrario, il rispetto delle competenze definite  dal
nuovo Titolo V, Parte II, della  Costituzione,  dovrebbe  subordinare
l'autorizzazione alla realizzazione di impianti per la produzione  di
energia nucleare alla «intesa forte» con le Regioni interessate. 
    In definitiva,  alla  luce  della  giurisprudenza  costituzionale
relativa alla delimitazione  della  competenza  in  tema  di  «tutela
dell'ambiente» (sono citate le sentenze n. 248 del 2009 e n. 407  del
2002), per la ricorrente l'impugnata disposizione lederebbe il  ruolo
della Regione e le competenze in materia di  tutela  del  territorio,
dell'ambiente e dell'autonomia degli enti locali nelle parte in  cui:
a) disciplina la costruzione di impianti per la produzione di energia
nucleare, senza prevedere una intesa specifica e  vincolante  fra  lo
Stato e la Regione interessata ma semplicemente un parere in sede  di
Conferenza unificata sulla base di un'autorizzazione unica rilasciata
dal Ministero  dello  sviluppo  economico,  di  concerto  con  quelli
dell'ambiente  e  delle  infrastrutture;  b)   non   prevede   alcuna
partecipazione delle Regioni in ordine alla localizzazione  di  detti
impianti. 
    4.2. - Con atto depositato il 9 novembre 2009  si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    4.2.1. - In via preliminare, l'Avvocatura  espone  le  principali
ragioni sottese alla scelta del legislatore statale  di  reintrodurre
l'energia nucleare tra le fonti  di  approvvigionamento  dell'energia
(v. supra, par. 1.3.2.). 
    4.2.2. - Quanto  alla  impugnazione  della  disposizione  di  cui
all'art. 25, comma 2, lettera g), della legge  n.  99  del  2009,  la
difesa  dello  Stato  sviluppa  le  medesime  argomentazioni  addotte
nell'atto di costituzione nel  giudizio  instaurato  con  il  ricorso
della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    5. - Con ricorso notificato il 29 settembre 2009 e depositato  il
successivo 6 ottobre (iscritto al r.r. n. 73 del  2009),  la  Regione
Basilicata ha promosso, in riferimento agli artt. 117  e  118  Cost.,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 25, commi 1 e 2,
lettera g), e 26, comma 1, della legge n. 99 del 2009. 
    5.1. - Secondo la ricorrente, il denunciato  art.  25,  comma  1,
violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., nonche' il principio  di  leale
collaborazione. 
    Ai sensi della contestata previsione, «il Governo e' delegato  ad
adottare, entro sei mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, nel rispetto delle norme in tema  di  valutazione  di
impatto ambientale e di pubblicita' delle relative procedure,  uno  o
piu' decreti legislativi di riassetto normativo recanti la disciplina
della  localizzazione  nel  territorio  nazionale  di   impianti   di
produzione  di   energia   elettrica   nucleare,   di   impianti   di
fabbricazione del combustibile nucleare, dei  sistemi  di  stoccaggio
del combustibile irraggiato e dei rifiuti  radioattivi,  nonche'  dei
sistemi  per  il  deposito  definitivo  dei   materiali   e   rifiuti
radioattivi  e  per  la  definizione  delle  misure  compensative  da
corrispondere  e  da   realizzare   in   favore   delle   popolazioni
interessate. I decreti  sono  adottati,  secondo  le  modalita'  e  i
principi direttivi di cui all'art. 20 della legge 15 marzo  1997,  n.
59, e successive modificazioni, nonche' nel rispetto dei  principi  e
criteri direttivi di  cui  al  comma  2  del  presente  articolo,  su
proposta del Ministro dello sviluppo economico, di  concerto  con  il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa acquisizione
del parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8  del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281,  e  successive  modificazioni,  e
successivamente delle Commissioni parlamentari competenti per materia
e per le conseguenze di carattere finanziario». 
    La scelta dei siti in cui  allocare  impianti  di  produzione  di
energia e combustibile nucleare e di deposito dei materiali e rifiuti
radioattivi costituisce un'attivita' complessa, dovendosi considerare
le qualita' fisiche e geologiche del territorio e i vincoli normativi
esistenti in punto di tutela idrogeologica,  sui  beni  di  interesse
pubblico e sulle  aree  naturali  protette.  Ebbene,  per  la  difesa
regionale, «tale composita attivita'  non  puo'  prescindere  da  una
metodologia partecipativa utile a mettere  in  grado  le  Regioni  di
rappresentare   le   specificita',   anche   sociali,   del   proprio
territorio». 
    Al contrario, la disposizione oggetto di  censura  non  contempla
alcuna  forma   di   reale   coinvolgimento   delle   Regioni   sulla
localizzazione degli impianti. 
    La materia interessata  dalla  disposizione  de  qua  e'  quella,
concorrente, della «produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale
dell'energia». Il dettato costituzionale rispecchia la consapevolezza
che gli interessi  pubblici  delle  comunita'  locali  si  appalesano
«meglio tutelati, anche a livello nazionale, da norme  di  emanazione
regionale in un campo, quello energetico, la cui  disciplina  investe
trasversalmente  anche  altri  settori   (governo   del   territorio,
urbanistica, tutela della salute, ambiente) rimessi  alla  competenza
regionale» (sentenza n. 383 del 2005). 
    Nelle materie di legislazione concorrente, l'adita  Corte  ha  da
tempo  auspicato  che  la  disciplina  statale,  perche'  non  incida
significativamente sull'ambito dei poteri regionali,  deve  risultare
limitata a quanto strettamente indispensabile e deve essere  adottata
a seguito di procedure che assicurino la partecipazione  dei  livelli
coinvolti  attraverso  strumenti  di  leale  collaborazione  o   deve
comunque  prevedere   adeguati   meccanismi   di   cooperazione   per
l'esercizio concreto  delle  funzioni  amministrative  allocate  agli
organi  centrali.  Il  parere  previsto  dall'impugnata   norma   non
parrebbe, a  detta  della  ricorrente,  soddisfare  tale  condizione,
«trattandosi di un'espressione consultiva, oltretutto non vincolante,
insufficiente  a  mettere  al  riparo  da  lesioni  alle  prerogative
dell'ente territoriale». 
    5.2. -  Anche  il  contestato  art.  25,  comma  2,  lettera  g),
violerebbe, secondo la Regione Basilicata, gli artt. 117 e 118 Cost.,
nonche' il principio di leale collaborazione. 
    A detta della difesa regionale, il legislatore  statale  parrebbe
essersi preoccupato di innalzare - dopo aver ritenuto sufficiente  un
parere della Conferenza unificata  nell'ambito  del  procedimento  di
adozione dei decreti delegati - il livello  di  partecipazione  della
Regione attraverso la  previsione  di  un'intesa  con  la  Conferenza
unificata. 
    Come statuito da questa Corte nella sentenza n. 62 del 2005,  non
basterebbe piu', a questo livello, il semplice  coinvolgimento  della
Conferenza unificata, il cui intervento non puo'  sostituire  quello,
costituzionalmente rilevante, della singola Regione  interessata  (v.
sentenze n. 6 del 2004, n. 303 del 2003, n. 242 del 1997 e n. 338 del
1994). 
    Appare, dunque, costituzionalmente necessario che siano  previste
forme di partecipazione al procedimento  della  Regione  interessata,
fermo restando che, in caso di dissenso irrimediabile possono  essere
previsti meccanismi di deliberazione definitiva da  parte  di  organi
statali, con adeguate garanzie procedimentali. 
    5.3.  -  Gli   stessi   profili   di   incostituzionalita'   sono
prospettati, nel ricorso, avverso l'art. 26, comma 1, della legge  in
oggetto. 
    La legittima pretesa della Regione a «codecidere»  le  scelte  in
ordine  ad  impianti,  che  hanno  notoriamente  un  pesante  impatto
sull'ambiente, sul paesaggio, sulla salute dei cittadini, sul governo
del territorio, si rivelerebbe ulteriormente mortificata dalla norma,
che si limita a prevedere la «espressione di un parere da parte di un
organismo che, nell'esprimersi puo' non dare voce agli  interessi  di
singole Regioni, ognuna portatrice di proprie specificita'». 
    Inoltre - conclude la difesa  regionale  -  la  marginalita'  del
coinvolgimento emerge dalla previsione secondo cui, qualora il parere
non  venga  dato  nei  termini  fissati,  esso  s'intende   acquisito
positivamente. 
    5.4. - Con atto depositato il 9 novembre 2009, si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    5.4.1. - In via preliminare, l'Avvocatura  espone  le  principali
ragioni sottese alla scelta del legislatore statale  di  reintrodurre
l'energia nucleare tra le fonti  di  approvvigionamento  dell'energia
(v. supra, par. 1.3.2.). 
    5.4.2. - Quanto  alla  impugnazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 25, commi 1 e 2, lettera g), della legge n. 99 del 2009,  la
difesa  dello  Stato  sviluppa  le  medesime  argomentazioni  addotte
nell'atto di costituzione nel  giudizio  instaurato  con  il  ricorso
della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    5.4.3. - In ordine alla doglianza relativa all'art. 26, comma  1,
il resistente prospetta i medesimi rilievi gia'  formulati  nell'atto
di costituzione nel giudizio instaurato con il ricorso della  Regione
Umbria (v. supra, par. 2.6.3). 
    6. - Con ricorso notificato il 29 settembre 2009 e depositato  il
successivo 7 ottobre (iscritto al r.r. n. 75 del  2009),  la  Regione
Piemonte ha promosso, in riferimento agli artt. 3,  117,  118  e  120
Cost.,  e  al  principio  di  leale  collaborazione,   questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt. 25, comma 2, lettera g),  26,
comma 1, e 27, comma 27, della legge n. 99 del 2009. 
    6.1. - Il denunciato art. 25, comma 2,  lettera  g),  violerebbe,
innanzitutto, gli artt. 117, 118 e 120 Cost. 
    Sottolinea  la  ricorrente  che  la  legge  in  parola  definisce
«attivita'  di  preminente  interesse  statale»  la   costruzione   e
l'esercizio degli impianti per la  produzione  di  energia  elettrica
nucleare, per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per  lo
smantellamento di impianti nucleari a fine vita  ed  opere  connesse.
Essa assoggetta tali attivita' ad autorizzazione  unica,  su  istanza
del soggetto richiedente, previa intesa con la Conferenza  unificata.
Risulta, dunque, accentrata al procedimento di «autorizzazione unica»
ogni decisione sulla localizzazione e realizzazione di tali  impianti
ed opere. 
    L'autorizzazione e'  unica  -  prosegue  la  difesa  regionale  -
giacche' e' rilasciata anzitutto a seguito di un «unico procedimento»
e  si  prevede  sostituisca   «ogni   provvedimento   amministrativo,
autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di  assenso  e
atto  amministrativo,  comunque  denominati,   ad   eccezione   delle
procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione
ambientale   strategica   (VAS)   cui   si   deve   obbligatoriamente
ottemperare, previsti  dalle  norme  vigenti,  costituendo  titolo  a
costruire ed esercire le infrastrutture in conformita'  del  progetto
approvato».  Sicche',   l'«autorizzazione   unica»   vale   atto   di
localizzazione,  realizzazione  ed  esercizio   degli   impianti   di
produzione di energia nucleare e di messa in  sicurezza  dei  rifiuti
radioattivi con opere connesse. 
    Ebbene, trattandosi di previsioni «molto specifiche e  puntuali»,
per la ricorrente il Governo delegato non potra' che  riprodurle  nel
decreto legislativo. 
    Ove si riconduca la normativa in oggetto ad ambiti  materiali  di
natura concorrente, quali la «produzione, trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» o il «governo del  territorio»,  si  potrebbe
persino pervenire a negare una  competenza  esclusiva  amministrativa
statale  al  rilascio  dell'autorizzazione  per   gli   impianti   di
produzione, trasporto e distribuzione  dell'energia,  «poiche'  nella
disciplina  oggetto  d'impugnazione  manca  la  previsione   di   una
competenza della  Regione  interessata  dalla  localizzazione,  anche
nella  forma  piu'   attenuata   di   un'intesa   dello   Stato   con
quest'ultima». 
    Ove, invece, si ascriva la disciplina in parola alla materia,  di
competenza esclusiva dello Stato, della  «tutela  dell'ambiente»,  la
Regione Piemonte ricorda che «quando gli interventi individuati  come
necessari e realizzati dallo Stato, in vista di interessi unitari  di
tutela ambientale, concernono l'uso del territorio, e in  particolare
la realizzazione di opere e di insediamenti atti  a  condizionare  in
modo rilevante lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intreccio da
un lato con la competenza regionale concorrente in materia di governo
del territorio, oltre che con altre competenze regionali,  dall'altro
lato con gli interessi delle  popolazioni  insediate  nei  rispettivi
territori, impone che siano adottate modalita'  di  attuazione  degli
interventi medesimi che coinvolgano, attraverso  opportune  forme  di
collaborazione, le Regioni sul cui  territorio  gli  interventi  sono
destinati a realizzarsi»,  fermo  restando  che  «il  livello  e  gli
strumenti di tale collaborazione possono naturalmente essere  diversi
in  relazione  al  tipo  di  interessi  coinvolti  e  alla  natura  e
all'intensita' delle esigenze unitarie che devono essere soddisfatte»
(sentenza n. 62 del 2005). 
    Per  la   difesa   della   ricorrente,   dunque,   la   specifica
localizzazione dell'impianto e la  sua  realizzazione  concorrono  ad
individuare necessariamente l'interesse territoriale da  prendere  in
considerazione  di  cui  deve  essere  offerta   un'adeguata   tutela
costituzionale:  trattasi  dell'interesse  della  Regione   nel   cui
territorio l'opera e'  destinata  ad  essere  ubicata.  Al  riguardo,
questa Corte  ha  reputato  insufficiente  il  «coinvolgimento  della
Conferenza  unificata»  in  quanto  inidoneo  a  surrogare   «quello,
costituzionalmente necessario,  della  singola  Regione  interessata»
(sentenza n. 62 del 2005; si vedano anche le sentenze n. 6 del 2004 e
n. 303 del 2003). 
    La  previa  intesa  con  la  Conferenza  unificata  non  sarebbe,
percio',  una  adeguata  forma  di   coinvolgimento   della   Regione
destinataria dell'insediamento degli impianti  ed  opere  d'interesse
nazionale  e  delle  Regioni  ad  essa  limitrofe,  dovendosi  invece
prevedere la forma costituzionalmente  necessaria  dell'intesa  forte
tra lo Stato e tutte le Regioni  interessate  (sentenza  n.  383  del
2005). 
    Per  la  ricorrente,  la  violazione  degli   evocati   parametri
costituzionali parrebbe  confermata  dalla  disciplina  generale  sul
funzionamento della  Conferenza  unificata,  ove  il  dissenso  della
singola Regione puo' essere successivamente superato dall'assenso  di
tutti i membri ivi compreso il Presidente della Regione dissenziente,
oppure con deliberazione unilaterale e definitiva del  Consiglio  dei
ministri. 
    Lo stesso art. 25, comma 2, lettera g), sarebbe incostituzionale,
a detta della ricorrente, anche per  violazione  dell'art.  3  Cost.,
trattandosi  di  previsione  asseritamente   irragionevole.   Invero,
l'intervento unilaterale del Governo e' destinato a  realizzarsi  non
solo in caso di paralisi procedimentale  della  Conferenza  unificata
imputabile ad inerzia della Regione interessata, ma anche in presenza
di qualsiasi dissenso, anche pienamente motivato, di quest'ultima che
impedisce il raggiungimento dell'intesa in Conferenza unificata. 
    6.2. - Per quanto concerne l'impugnazione dell'art. 26, comma  1,
per la ricorrente esso violerebbe gli artt. 3, 117, 118 e 120  Cost.,
con particolare riferimento al principio di leale collaborazione,  in
quanto  consente  allo  Stato  di  affermare  senz'altro  la  propria
volonta' anche provocando la paralisi procedimentale della Conferenza
unificata per inerzia o per dissenso - neppure motivato - del Governo
stesso, che in tal modo potrebbe impedire alla  Conferenza  unificata
d'esprimere il parere «entro sessanta giorni».  Come  si  evincerebbe
dall'art. 9, comma 4, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281
(Definizione  e  ampliamento  delle  attribuzioni  della   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per  le  materie  ed  i
compiti di interesse comune  delle  Regioni,  delle  province  e  dei
comuni, con la Conferenza Stato - citta'  ed  autonomie  locali),  si
rivela  necessario  «l'assenso  del  Governo  per  l'adozione   delle
deliberazioni  di  competenza   della   Conferenza   unificata».   Al
contrario, «l'assenso delle Regioni, delle  province,  dei  comuni  e
delle comunita' montane e'  assunto  con  il  consenso  distinto  dei
membri   dei   due   gruppi   delle   autonomie    che    compongono,
rispettivamente, la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Stato  -
citta' ed autonomie locali», con «assenso» che «e' espresso di regola
all'unanimita' dei membri dei due predetti gruppi» e, «ove questa non
sia raggiunta», «e' espresso dalla maggioranza dei rappresentanti  di
ciascuno dei due gruppi». 
    Orbene, ad avviso della Regione Piemonte,  per  le  decisioni  in
ordine ad  una  questione  determinante  come  la  definizione  delle
tipologie d'impianti per la produzione di energia elettrica  nucleare
sull'intero territorio nazionale, il rinvio operato dalla  disciplina
speciale qui impugnata alle indicate norme sulla Conferenza unificata
ha avuto luogo  «in  definitiva  in  spregio  della  stessa  dignita'
istituzionale delle Regioni a differenza di quanto  risulta  previsto
per l'intesa in Conferenza unificata ove  il  mancato  raggiungimento
della stessa puo'  essere  superato  dallo  Stato  soltanto  con  una
motivata deliberazione del Consiglio dei ministri». 
    La denunciata disposizione  sarebbe,  inoltre,  incostituzionale,
per violazione dei suddetti parametri, anche  in  combinato  disposto
con l'art. 25, comma 2, lettera  g),  relativo  alla  localizzazione,
nella parte in cui non si prevede che l'intesa  deve  gia'  contenere
l'individuazione  del  tipo  d'impianto  da   localizzare   in   quel
territorio, scelto tra quelli indicati dalla deliberazione del CIPE. 
    6.3. -  L'art.  27,  comma  27,  sarebbe  per  la  ricorrente  in
contrasto con gli artt. 117, 118 e 120 Cost., in quanto lesivo  delle
competenze   legislative   regionali.   Esso,    infatti,    parrebbe
disciplinare, con una  norma  di  dettaglio,  materie  di  competenza
concorrente, in particolare la «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell'energia», nonche' il «governo del territorio». 
    La stessa genericita' di formulazione e  vastita'  d'applicazione
(tutti i «limiti di localizzazione territoriale» previsti a qualsiasi
fine nelle  legislazioni  regionali)  non  solo  vanificherebbe  ogni
vigente previsione di legge regionale, ma verrebbe  a  costituire  un
vincolo  puntuale  che  va  ben  oltre  la  fissazione  di  «principi
fondamentali», superando d'un tratto ed impedendo  percio'  qualsiasi
disciplina di dettaglio del legislatore  regionale  cui  e'  precluso
ogni  spazio  di  normazione  sulla  localizzazione  degli   impianti
indicati. 
    6.4. - Con atto depositato il 9 novembre 2009  si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    6.4.1. - In via preliminare, l'Avvocatura  espone  le  principali
ragioni sottese alla scelta del legislatore statale  di  reintrodurre
l'energia nucleare tra le fonti  di  approvvigionamento  dell'energia
(v. supra, par. 1.3.2.). 
    6.4.2. - Quanto  alla  impugnazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 25, comma 2, lettera g), della legge  n.  99  del  2009,  la
difesa  dello  Stato  sviluppa  le  medesime  argomentazioni  addotte
nell'atto di costituzione nel  giudizio  instaurato  con  il  ricorso
della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    Il resistente ritiene, inoltre, solo  genericamente  motivata  la
questione  di  costituzionalita'  promossa  avverso  l'intero   testo
dell'art. 25. 
    6.4.3. - In ordine alla doglianza relativa all'art. 26, comma  1,
il resistente prospetta i medesimi rilievi gia'  formulati  nell'atto
di costituzione nel giudizio instaurato con il ricorso della  Regione
Umbria (v. supra, par. 2.6.3.). 
    6.4.4. - Per la difesa  dello  Stato,  sarebbe  inammissibile  la
questione di costituzionalita' promossa avverso l'art. 27, comma  27,
della legge in oggetto, alla luce di argomentazioni non dissimili  da
quella sviluppate nell'atto di costituzione nel  giudizio  instaurato
con il ricorso della Regione Umbria (v. supra, par. 2.6.4.). 
    7. - Con ricorso notificato il 30 settembre 2009 e depositato  il
successivo 7 ottobre (iscritto al r.r. n. 76 del  2009),  la  Regione
Lazio ha promosso, in riferimento agli artt. 76,  97,  117,  terzo  e
quarto  comma,  118  e   120   Cost.,   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 3, comma 9, 25, commi 1 e 2,  lettere  f),
g), l) e q), 26, comma 1, nonche' 27, commi 14, 24, lettere c) e  d),
28, 31 e 34, della legge n. 99 del 2009. 
    7.1. - Secondo la ricorrente, la previsione di cui al  denunciato
art. 3,  comma  9,  ove  ascrivibile  alla  materia  concorrente  del
«governo del territorio», si rivelerebbe illegittima, trattandosi  di
disciplina puntuale ed analitica, cosi'  precludendo  al  legislatore
regionale la possibilita' di  assumere  qualunque  determinazione  al
riguardo. 
    Ove, invece, ricondotta alla materia del «turismo»  (v.  sentenza
n. 94 del 2008), alla difesa regionale «appare  evidente  l'invasione
da  parte  del  legislatore  statale   della   competenza   regionale
residuale» in tale materia. 
    7.2. - Quanto all'art. 25, comma 1, oggetto di  impugnazione,  la
Regione Lazio contesta, in via preliminare, il  ricorso  alla  delega
legislativa, la quale, trattandosi di  una  materia  concorrente,  si
rivelerebbe «costituzionalmente insostenibile»: invero, «se la  legge
di delega contiene i principi della futura disciplina, la  formazione
integrativa e' affidata al decreto legislativo, cioe' ad un atto  del
Governo e non gia' della Regione». 
    Ne' varrebbe a  «mitigare  lo  strappo  all'art.  117  Cost.»  la
previsione di una intesa  con  le  Regioni  sul  decreto  legislativo
delegato. L'intesa presuppone una piena compartecipazione decisionale
da parte dello Stato, anche sulla normazione di dettaglio,  quale  e'
quella che costituisce il contenuto tipico dei  decreti  legislativi.
Inoltre, il modulo  della  delega  legislativa  non  e'  utilizzabile
nell'ambito di competenze legislative concorrenti dal momento che  il
decreto delegato ha un ambito di efficacia nazionale in relazione  al
quale anche la eventuale compartecipazione di tutte le Regioni  o  di
organi  collegiali  che  possono  ritenersi   rappresentativi   degli
interessi di queste ultime,  non  riuscirebbe  mai  a  rispettare  la
competenza legislativa  che  la  Costituzione  riconosce  a  ciascuna
singola Regione. In tale prospettiva, la previsione,  oltretutto,  di
un mero «parere» della Conferenza unificata,  all'atto  dell'adozione
dei decreti delegati, appare per la ricorrente del tutto inadeguata. 
    Sempre in termini generali, a detta della difesa  regionale,  pur
procedendo ad una scomposizione dell'oggetto  della  delega  in  piu'
ambiti materiali - in relazione ai quali sussistono diversi titoli di
legittimazione  (tutela  dell'ambiente,  governo  del  territorio)  -
nondimeno  si  imporrebbero  forme   di   necessaria   collaborazione
paritaria con le Regioni (e' richiamata la sentenza n. 62 del 2005). 
    Inoltre, se in presenza di una disciplina di  carattere  generale
la   compartecipazione   regionale   puo'   ritenersi   adeguatamente
realizzata  attraverso  l'intesa  con  la  Conferenza  unificata,  in
presenza  di  una  specifica  localizzazione  dell'impianto,  l'unica
partecipazione ammissibile e' quella della Regione sul cui territorio
e' previsto l'insediamento dell'opera. In entrambi i casi,  pertanto,
il coinvolgimento regionale non potrebbe essere limitato al «parere»,
dovendosi invece esprimere attraverso una compartecipazione paritaria
e, quindi, attraverso un'intesa. 
    7.3. - Per quanto riguarda l'impugnazione dell'art. 25, comma  2,
lettera f),  per  la  Regione  Lazio  la  previsione  di  un  ricorso
«automatico» al potere sostitutivo da parte del Governo, in  caso  di
mancato  raggiungimento  dell'intesa,  svilirebbe  il  ricorso   allo
strumento consensuale, in materie  a  carattere  concorrente  (tutela
della salute; protezione civile; governo del territorio;  produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia): se da un  lato  si
riconosce la  necessita'  delle  intese,  dall'altro  si  priva  tale
riconoscimento di qualsiasi significato sostanziale, nel  momento  in
cui si consente al Governo di superare  qualunque  manifestazione  di
dissenso regionale, per quanto obiettivamente giustificata,  motivata
e ragionevole possa essere. 
    Mentre  apparirebbe  legittima  la   previsione   di   meccanismi
procedimentali  volti   a   superare   la   situazione   di   mancato
conseguimento  dell'intesa,  tanto  non  puo'   dirsi   a   proposito
dell'introduzione,  generalizzata  ed  indifferenziata,  del  ricorso
all'esercizio di poteri sostitutivi da parte dello Stato, per di piu'
in evidente assenza delle ipotesi legittimanti di  cui  all'art.  120
Cost.:  cio'  equivarrebbe,  infatti,  a  negare  quella  parita'  di
posizione tra livello statale e regionale, che invece deve costituire
il criterio di riferimento nei casi di «chiamata  in  sussidiarieta'»
(v. sentenza n. 383 del 2005). 
    7.4. - Anche la previsione di cui all'art. 25, comma  2,  lettera
g), appare alla ricorrente illegittima, dal momento che  non  prevede
una intesa con la singola Regione interessata dall'insediamento degli
impianti in questione. 
    7.5. - Per la difesa regionale, sarebbero «del  tutto  estromesse
le  Regioni  nella  definizione  dei  controlli  di  sicurezza  e  di
radioprotezione», di cui al denunciato art. 25, comma 2, lettera  l),
cosi'  come  una  analoga  estromissione  riguarderebbe  la  campagna
d'informazione  alla  popolazione  italiana  sull'energia   nucleare,
prevista dall'impugnato art. 25, comma 2, lettera q). 
    7.6. - Nel ricorso si contesta, ancora,  che  il  «parere»  della
Conferenza unificata sulle  delibere  CIPE  relative  alle  tipologie
degli impianti per la produzione dell'energia elettrica nucleare  che
possono essere realizzati  sul  territorio  nazionale,  previsto  dal
censurato art. 26, comma 1, sarebbe del tutto inadeguato a soddisfare
l'esigenza compartecipativa delle Regioni a garanzia della competenza
delle medesime in materia di governo del territorio  e  tutela  della
salute. 
    7.7. - L'impugnato art. 27 della legge in oggetto reca una  serie
di misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico.
Secondo la ricorrente, detta disciplina  risulta  riconducibile  alla
materia concorrente  della  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale  dell'energia».  Anche  ad  ammettere   la   «chiamata   in
sussidiarieta'»,   per   la   difesa   regionale   il    «contrappeso
costituzionale e' dato dall'obbligo di prevedere un'intesa  in  senso
forte  fra  gli  organi  statali  e  il   sistema   delle   autonomie
territoriali rappresentato dalla Conferenza unificata [...], o con le
singole Regioni qualora direttamente interessate dal provvedimento». 
    7.7.1. - Nello specifico,  la  previsione  di  cui  al  comma  14
dell'art. 27 - sostitutiva dell'art. 2,  comma  41,  ultimo  periodo,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato -  Legge  finanziaria
2008) - sarebbe illegittima in quanto contempla  soltanto  il  parere
della Conferenza unificata sui criteri per l'erogazione del Fondo  di
sviluppo  delle  isole   minori.   La   disposizione   immediatamente
successiva,  secondo  cui  gli   interventi   ammessi   al   relativo
finanziamento vengono adottati previa  intesa  con  gli  enti  locali
interessati, risulterebbe invece viziata  in  quanto  estrometterebbe
del tutto la Regione. 
    7.7.2. - Il denunciato comma 24, lettera c),  dello  stesso  art.
27, sostituisce il comma 4-bis del decreto-legge n. 239 del  2003,  e
disciplina il procedimento da seguire in caso di mancata  definizione
dell'intesa con la Regione. 
    Per   la   ricorrente,   la    previsione    di    un    Comitato
interistituzionale in composizione paritaria  risponde  al  paradigma
dell'intesa, mentre se ne discosta la soluzione adottata in  caso  di
fallimento nel raggiungimento dell'intesa medesima. Tale soluzione e'
rappresentata da un decreto del Presidente della  Repubblica,  previa
delibera del Consiglio dei ministri, integrato con la  partecipazione
del   Presidente   della   Regione.   La   partecipazione   regionale
risulterebbe,   cosi',   meramente   simbolica,    con    conseguente
assorbimento dell'intero potere decisionale nelle mani  dello  Stato,
ne' varrebbe ricondurre tale procedura ad  una  sorta  di  meccanismo
sostitutivo  previsto  dall'art.  120  Cost.:  tale  richiamo  appare
improponibile in area di competenza «concorrente»  (sentenza  n.  383
del 2005). 
    7.7.3. - L'impugnato  comma  24,  lettera  d),  dell'art.  27  in
questione inserisce l'art. 4-quaterdecies nel  decreto-legge  n.  239
del 2003, articolo con il quale si prevede che le varianti di rilievo
localizzativo interessanti il tracciato  degli  elettrodotti  vengano
approvate dal Ministero dello sviluppo economico di concerto  con  il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti  e  con  il  Ministero
dell'ambiente  e  con  il  consenso  del  Presidente  delle   Regioni
interessate. 
    La   compartecipazione   della   Regione   non   puo'   ritenersi
adeguatamente realizzata attraverso l'intervento del solo  Presidente
della Regione e, comunque, non spetta  allo  Stato  l'identificazione
dell'organo regionale cui affidare il potere decisionale. 
    7.7.4.  -  Il  contestato  comma  28  dell'art.  27  utilizza  il
meccanismo della delega legislativa per la disciplina della ricerca e
coltivazione delle risorse geotermiche pur prevedendo l'intesa con la
Conferenza Stato-Regioni in sede di adozione dei decreti  legislativi
delegati. 
    Al riguardo sono richiamate le medesime argomentazioni addotte in
relazione all'art. 25 (v. supra, par. 7.2.). 
    7.7.5. - La previsione, di cui al censurato  comma  31  dell'art.
27, del modulo della conferenza di servizi per le autorizzazioni alla
costruzione e all'esercizio di terminali di rigassificazione  di  gas
naturale liquefatto mal si concilierebbe con il principio dell'intesa
con la Regione  interessata,  giacche'  mentre  nella  conferenza  la
decisione viene adottata a maggioranza delle amministrazioni  che  vi
partecipano,   nell'intesa   la   partecipazione   delle   parti   e'
necessariamente paritaria. 
    Il successivo punto 2 dello stesso comma 31 risulterebbe, invece,
«incomprensibile»   allorche'   prevede   che   per    il    rilascio
dell'autorizzazione ai fini della conformita' urbanistica  dell'opera
e' fatto obbligo di richiedere il parere motivato degli enti  locali,
dopo aver affermato, nel periodo che precede,  che  l'intesa  con  la
Regione costituisce «variazione» degli strumenti urbanistici vigenti. 
    Secondo   la   difesa   regionale,   la   disposizione    risulta
contraddittoria e, quindi,  inidonea  a  fornire  all'amministrazione
chiamata  ad  attuarla  un  razionale  parametro  di  legalita',  con
conseguente violazione del richiamato art. 97 Cost., anche  sotto  il
profilo del buon andamento della pubblica amministrazione. 
    7.7.6.  -  L'impugnato  comma  34   dell'art.   27   dispone   la
sostituzione dei commi da 77 a 82 dell'art. 1 della legge  23  agosto
2004, n. 239 (Riordino del  settore  energetico,  nonche'  delega  al
Governo per il riassetto delle disposizioni  vigenti  in  materia  di
energia). 
    La  nuova  disciplina  del  comma  78  risulterebbe   illegittima
giacche',  quanto  all'autorizzazione  alla  perforazione  del  pozzo
esplorativo,  alla  costruzione  degli   impianti   e   delle   opere
necessarie,   delle   opere   connesse   e    delle    infrastrutture
indispensabili all'attivita' di perforazione, prevede una  conferenza
di servizi nella quale il ruolo assegnato alla  Regione  e'  soltanto
quello di parteciparvi, accanto agli enti locali. 
    La mera partecipazione  alla  conferenza  non  pare  alla  difesa
regionale soddisfare l'obbligo dell'intesa nella disciplina  di  atti
che rientrano in materie di competenza concorrente. 
    7.8. - Con atto depositato il 9 novembre 2009  si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    7.8.1. - In ordine alla questione di legittimita'  costituzionale
avente per oggetto l'art. 3, comma 9, della legge n. 99 del 2009,  il
resistente  espone  gli  stessi  motivi  di  inammissibilita'  e   di
infondatezza gia' addotti  nell'atto  di  costituzione  nel  giudizio
instaurato con il ricorso  della  Regione  Toscana  (v.  supra,  par.
1.3.1.). 
    7.8.2. - Relativamente alle censure mosse avverso le disposizioni
dettate  dalla  legge  n.  99  del  2009  in  materia   di   energia,
l'Avvocatura espone le principali ragioni  sottese  alla  scelta  del
legislatore statale di reintrodurre l'energia nucleare tra  le  fonti
di approvvigionamento dell'energia (v. supra, par. 1.3.2.). 
    7.8.3. - Quanto  alla  impugnazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 25, commi 1 e 2, lettere f) e g),  della  legge  n.  99  del
2009, la difesa  dello  Stato  sviluppa  le  medesime  argomentazioni
addotte nell'atto di costituzione  nel  giudizio  instaurato  con  il
ricorso della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    7.8.4.  -  Per  la  difesa   dello   Stato,   le   questioni   di
costituzionalita' relative all'art. 25, comma 2,  lettere  l)  e  q),
sarebbero inammissibili in quanto  «generiche  e  prive  di  concreto
riferimento alle norme costituzionali violate». 
    7.8.5. - In ordine alla doglianza relativa all'art. 26, comma  1,
il resistente prospetta i medesimi rilievi gia'  formulati  nell'atto
di costituzione nel giudizio instaurato con il ricorso della  Regione
Umbria (v. supra, par. 2.6.3.). 
    7.8.6. - Infine, sulla impugnazione delle  suindicate  previsioni
contenute nell'art. 27, il resistente  si  riserva  di  ulteriormente
argomentare in ordine alla loro inammissibilita' e non fondatezza. 
    8. - Con ricorso notificato il 29 settembre 2009 e depositato  il
successivo 7 ottobre (iscritto al r.r. n. 77 del  2009),  la  Regione
Calabria ha promosso, in riferimento agli artt.  3,  97,  117,  commi
terzo  e  quarto,  118  e  120  Cost.,  e  al  principio   di   leale
collaborazione, questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
25, comma 2, lettere g) e h), della legge n. 99 del 2009. 
    8.1. - L'art. 25, comma 2, lettera h), e' dalla Regione  Calabria
impugnato nella parte in cui non prevede, nel procedimento unico  ivi
previsto,  la  necessita'  di  una  intesa  «forte»  con  la  Regione
direttamente interessata, con conseguente violazione degli artt. 117,
terzo comma, 118 e 120 Cost., del principio di leale  collaborazione,
nonche' degli artt. 3 e 97 Cost.,  ed  in  particolare  del  generale
canone di ragionevolezza delle leggi. 
    L'impugnata disposizione - sostiene  la  difesa  regionale  -  e'
destinata ad incidere su numerose materie in relazione alle quali  la
Regione ricorrente e' titolare del potere di legislazione concorrente
o  residuale  (governo  del  territorio;  produzione,   trasporto   e
distribuzione  nazionale  dell'energia;  turismo):   ne   deriverebbe
l'ineludibile necessita' per lo Stato di raggiungere una  intesa  con
la  singola  Regione  direttamente  interessata  alla  localizzazione
dell'opera,    nel    corso    del    procedimento    di     rilascio
dell'autorizzazione. 
    A sostegno della doglianza, la  ricorrente  evoca  l'art.  1  del
decreto-legge n. 7 del 2002, «norma dalla quale, con tutta  evidenza,
e' stata ripresa la disposizione impugnata»: in un settore energetico
sicuramente  meno  rischioso  per  la  salute  dei  cittadini  e  per
l'ambiente, il predetto art. 1, comma 2, prevede che l'autorizzazione
unica venga rilasciata a seguito di un procedimento unico,  al  quale
partecipano  le  amministrazioni  statali  e  locali  interessate,  e
«d'intesa con la Regione interessata». 
    Sulla  predetta  previsione  -  ricorda  la   ricorrente   -   e'
intervenuta questa Corte con la  sentenza  n.  6  del  2004,  ove  si
rimarca che l'intesa quivi prevista «va  considerata  come  un'intesa
"forte"». 
    Ancora, la difesa regionale richiama, a proposito del livello  di
coinvolgimento    delle    amministrazioni    periferiche    ritenuto
indispensabile a livello comunitario,  la  Risoluzione  adottata  dal
Comitato delle Regioni su «La  sicurezza  nucleare  e  la  democrazia
locale e regionale» (98/C 251/06). Detto Comitato ritiene  essenziale
che «la decisione relativa al sito degli impianti  nucleari  ed  alla
gestione dei rifiuti nucleari da parte dei responsabili dei  depositi
dovrebbe  coinvolgere  i  cittadini  del  luogo  e  tutti  gli  altri
interessati. Spetta all'ente locale o regionale  decidere  in  ultima
istanza se l'impianto debba o no essere accettato.  Questa  decisione
deve basarsi sulla migliore informazione disponibile. Gli impianti di
produzione di  energia  e  di  gestione  dei  rifiuti  devono  essere
sottoposti  a  una   valutazione   d'impatto   ambientale   che,   se
correttamente utilizzata,  offre  la  possibilita'  di  informare  il
pubblico,  far  aumentare  la   partecipazione   e   considerare   le
alternative». 
    8.2. - Gli stessi parametri costituzionali sono stati evocati  in
relazione all'impugnazione dell'art. 25, comma 2, lettera g). 
    Innanzitutto, per la Regione Calabria la disposizione de qua  non
si  limiterebbe  ad  enunciare  principi  fondamentali   diretti   ad
orientare  il  legislatore  regionale  nell'esercizio  delle  proprie
attribuzioni, ma porrebbe norme di dettaglio rivolte a  delineare  la
delega concessa al Governo ed  intrinsecamente  non  suscettibili  di
essere sostituite dalle Regioni: «scelta peraltro non contemperata da
una   corretta   applicazione   dei   principi   di   sussidiarieta',
differenziazione ed  adeguatezza  nella  allocazione  delle  funzioni
amministrative». 
    Inoltre, nella parte in cui  ritiene  sufficiente  (ai  fini  del
rilascio dell'autorizzazione) l'intesa con la  Conferenza  unificata,
anziche'  con  le  Regioni  interessate,   l'impugnata   disposizione
confliggerebbe con la necessaria previsione di idonee forme di intesa
e collaborazione tra il livello statale ed i livelli regionali.  Come
statuito   da   questa   Corte,   l'accentramento   delle    funzioni
amministrative, ove ritenuto legittimo, deve trovare un  riequilibrio
nel «necessario  coinvolgimento  delle  Regioni  di  volta  in  volta
interessate» (sentenza n. 6 del 2004). 
    8.3. - Con atto depositato il 9 novembre 2009  si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    8.3.1. - In via preliminare, l'Avvocatura  espone  le  principali
ragioni sottese alla scelta del legislatore statale  di  reintrodurre
l'energia nucleare tra le fonti  di  approvvigionamento  dell'energia
(v. supra, par. 1.3.2.). 
    8.3.2. - Quanto  alla  impugnazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 25, comma 2, lettere g) e h), della legge n. 99 del 2009, la
difesa  dello  Stato  sviluppa  le  medesime  argomentazioni  addotte
nell'atto di costituzione nel  giudizio  instaurato  con  il  ricorso
della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    A cio' il  resistente  aggiunge  che  il  menzionato  parere  del
Comitato delle Regioni «non  ha  alcun  valore  cogente,  ne'  alcuna
rilevanza costituzionale nell'ordinamento nazionale». 
    9. - Con ricorso notificato il 29 settembre 2009 e depositato  il
successivo 7 ottobre (iscritto al r.r. n. 82 del  2009),  la  Regione
Marche ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 117, commi  terzo  e
sesto, 118 e 120, secondo comma,  Cost.,  e  al  principio  di  leale
collaborazione, questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.
25, comma 2, lettere a), f), g), h), e 26, comma 1, della legge n. 99
del 2009. 
    9.1. - Quanto alle denunciate disposizioni di cui all'art. 25, la
difesa regionale premette che  si  tratta  di  norme  ascrivibili  ad
ambiti di competenza legislativa concorrente  di  cui  all'art.  117,
terzo comma, Cost., quali la «produzione, trasporto  e  distribuzione
nazionale  dell'energia»  ed  il  «governo  del   territorio».   Tale
incidenza e' - secondo la ricorrente -  ancor  piu'  evidente  se  si
considera  l'ulteriore   estensione   degli   oggetti   affidati   al
legislatore delegato, ad  opera  dell'ultimo  periodo  del  comma  1,
secondo il quale «con i medesimi decreti sono altresi'  stabiliti  le
procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per  lo  svolgimento
delle attivita' di costruzione,  di  esercizio  e  di  disattivazione
degli impianti di cui al primo periodo». 
    Per la Regione Marche, la delega assume la finalita' di riformare
e non semplicemente di riordinare l'ordinamento esistente:  ad  essa,
pertanto, non  puo'  che  essere  riconosciuta  natura  «innovativa».
Invero, da un lato, vi e' l'attribuzione  esplicita  al  Governo  del
compito  di   procedere   al   «riassetto   normativo»,   espressione
pacificamente intesa, a tutti i livelli, come riferita ad  interventi
di «modifica sostanziale» delle discipline vigenti in un  determinato
settore; dall'altro lato,  vi  e'  l'indicazione,  quali  vincoli  di
contenuto imposti al legislatore  delegato,  di  principi  e  criteri
direttivi atti ad orientare una vera e propria opera di riforma delle
normative  esistenti  e  non  una  semplice   loro   ricognizione   e
semplificazione formale. 
    9.2. - A detta della ricorrente, l'art. 25, comma 2, lettera  a),
sarebbe incostituzionale per violazione degli artt. 117, terzo comma,
e 118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. 
    Prevedendo l'attribuzione in capo ad organi dello  Stato  di  una
funzione  amministrativa  nella  materia  di   potesta'   legislativa
concorrente della «produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia», e  consistendo  la  suddetta  funzione  amministrativa
nella dichiarazione dei siti  quali  «aree  di  interesse  strategico
nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e  di  protezione»,
nella materia concorrente del «governo del territorio», la denunciata
disposizione avrebbe configurato  una  «chiamata  in  sussidiarieta'»
senza  prevedere  che  la  suddetta   funzione   amministrativa   sia
esercitata attraverso un meccanismo di codecisione  paritaria,  ossia
mediante l'intesa forte, con le Regioni territorialmente  interessate
(sono richiamate, in particolare, le sentenze n. 383 del  2005  e  n.
303 del 2003). 
    A  detta  della  ricorrente,  l'impugnata  disposizione   sarebbe
incostituzionale anche in relazione  a  quei  siti  che  risultassero
riconducibili ad altri ambiti oggettivi della delega  legislativa  in
questione: in particolare, i «sistemi di stoccaggio del  combustibile
irraggiato e dei rifiuti radioattivi»,  nonche'  i  «sistemi  per  il
deposito definitivo dei  materiali  e  rifiuti  radioattivi»  cui  fa
riferimento il comma 1 dell'art. 25. 
    Invero - ammette la  difesa  regionale  -  in  relazione  a  tali
tipologie di siti, si potrebbe  ritenere  che  l'ambito  di  potesta'
legislativa che fornisce  il  titolo  di  intervento  al  legislatore
statale sia costituito dalla materia di legislazione esclusiva  della
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema». 
    Sennonche' - sostiene la ricorrente - anche in tali  ipotesi,  la
giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto necessaria  la  previsione
di idonee forme  di  partecipazione  al  procedimento  delle  Regioni
interessate (sentenza n. 62 del 2005). 
    Anche per questa parte, dunque, la norma impugnata violerebbe  le
attribuzioni costituzionali che gli artt. 117,  terzo  comma,  e  118
Cost., riconoscono  alle  Regioni,  nonche'  il  principio  di  leale
collaborazione, laddove non prevede che  la  funzione  amministrativa
allocata in capo  ad  organi  dello  Stato  debba  essere  esercitata
mediante adeguate  forme  di  partecipazione  al  procedimento  delle
autonomie regionali. 
    9.3. - Nel ricorso si sostiene che l'art. 25,  comma  2,  lettera
f), della legge in oggetto, viola gli artt. 3, 117, terzo comma,  118
e  120,  secondo  comma,  Cost.,  nonche'  il  principio   di   leale
collaborazione. 
    La disposizione censurata sarebbe, cioe', incostituzionale  nella
parte in cui, trattandosi di «chiamata in sussidiarieta'» di funzioni
amministrative  presso  organi  statali  in  materie  di   competenza
legislativa concorrente,  non  contemplerebbe  la  necessaria  intesa
«forte» (sentenza n. 383 del 2005). 
    Per la difesa regionale, la  contestata  disposizione  violerebbe
anche il disposto dell'art. 120, secondo comma,  Cost.,  dal  momento
che contempla una ipotesi di  potere  sostitutivo  straordinario  del
Governo del tutto al di  fuori  dei  presupposti  costituzionali  ivi
espressamente individuati, per i quali e' sempre necessario il previo
verificarsi di un inadempimento dell'ente sostituito rispetto ad  una
attivita' imposta ad esso come obbligatoria; e tale  non  puo'  certo
ritenersi, per definizione, l'intesa che una Regione sia  chiamata  a
raggiungere per l'esercizio di una funzione amministrativa  posta  in
capo ad organi dello Stato. 
    Anche in forza di tale ultimo rilievo, sarebbe per la  ricorrente
manifesta  l'irragionevolezza  intrinseca   della   disposizione   in
questione,  dal  momento  che  il  legislatore  statale  pretende  di
configurare la possibilita' per il Governo  di  «sostituirsi»  ad  un
atto di intesa con se' medesimo, atto che invece, per sua natura, non
puo' che  essere  il  frutto  del  libero  incontro  tra  l'indirizzo
politico statale e l'autonomia politica della Regione. 
    9.4. - Per la Regione Marche, l'art. 25,  comma  2,  lettera  g),
della legge indicata,  nella  parte  in  cui  si  limita  ad  imporre
l'intesa con la Conferenza unificata  e  non,  invece,  l'intesa  con
ciascuna delle Regioni interessate, violerebbe gli artt.  117,  terzo
comma, e 118 Cost., nonche' il  principio  di  leale  collaborazione,
«dal momento che e' del tutto  evidente  che  l'autorizzazione  unica
attiene alla  costruzione  e  alla  messa  in  esercizio  di  singoli
impianti territorialmente localizzati, cosi'  da  incidere  non  gia'
sugli   interessi   pertinenti   all'intero   sistema   degli    enti
territoriali, bensi' su quelli  specificamente  tutelati  da  singole
Regioni». 
    Secondo  quanto  costantemente  affermato  dalla   giurisprudenza
costituzionale, e' indispensabile la previsione  dell'intesa  con  le
Regioni  direttamente  interessate,  in  posizione   di   codecisione
paritaria, non risultando sufficiente il  coinvolgimento  dell'organo
espressivo  della  posizione  dell'intero  sistema  delle   autonomie
territoriali (sono citate le sentenze n. 383 e n. 62 del 2005). 
    9.5. - Alla stregua di  argomentazioni  dall'analogo  tenore,  e'
censurato, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e  118  Cost.,
nonche' al principio di leale collaborazione,  l'art.  25,  comma  2,
lettera h), nella parte in cui prevede, anziche' l'intesa  forte  con
ciascuna  delle  Regioni  direttamente   interessate,   la   semplice
«partecipazione» della Regione  al  procedimento  unico  di  rilascio
dell'autorizzazione. 
    Gli ambiti oggettivi di riferimento della disciplina in  esame  -
sottolinea la difesa regionale - sono sempre le materie  di  potesta'
legislativa concorrente della «produzione, trasporto e  distribuzione
nazionale  dell'energia»  e  del   «governo   del   territorio».   Il
riferimento ad una «mera partecipazione» non  altrimenti  qualificata
delle amministrazioni interessate, tra  le  quali  e'  senz'altro  da
ricomprendere anche la Regione, determinerebbe un evidente  contrasto
con i parametri  costituzionali  indicati,  cosi'  come  interpretati
dalla    giurisprudenza    costituzionale    sulla    «chiamata    in
sussidiarieta'» di funzioni amministrative presso organi  statali  in
materie di competenza legislativa concorrente. 
    9.6. - La ricorrente si duole della illegittimita' dell'art.  26,
comma 1, per violazione dell'art. 117, terzo e sesto  comma,  ovvero,
in via subordinata, degli  artt.  117,  terzo  comma,  e  118  Cost.,
nonche' del principio di leale collaborazione. 
    Posto che la disposizione in oggetto  appare  riconducibile  alla
materia concorrente  della  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» di cui all'art. 117, terzo comma,  Cost.,  si
delineano - a detta della difesa regionale - due ipotesi alternative. 
    Se si ritiene, come sembrerebbe piu' plausibile in forza del dato
testuale, che la funzione affidata al CIPE abbia natura  propriamente
normativa, in forza del  suo  carattere  di  regolazione  generale  e
astratta, ne discenderebbe la  violazione  della  regola  di  riparto
della potesta' regolamentare di cui all'art. 117, sesto comma,  Cost.
Ne' - insiste la stessa difesa  -  in  una  simile  ipotesi  potrebbe
essere  legittimamente  invocabile  il  titolo  della  «chiamata   in
sussidiarieta'» della predetta potesta'. Sin dalla  sentenza  n.  303
del 2003, questa Corte ha radicalmente escluso che in forza dell'art.
118 Cost. possano essere consentite deroghe al riparto costituzionale
del  potere  regolamentare:  «in   un   riparto   cosi'   rigidamente
strutturato, alla fonte secondaria statale e' inibita  in  radice  la
possibilita' di  vincolare  l'esercizio  della  potesta'  legislativa
regionale  o  di  incidere  su  disposizioni  regionali  preesistenti
(sentenza n. 22 del 2003); e neppure i principi di  sussidiarieta'  e
adeguatezza possono conferire ai regolamenti  statali  una  capacita'
che e' estranea al  loro  valore,  quella  cioe'  di  modificare  gli
ordinamenti regionali a livello primario».  Se,  dunque,  alla  legge
statale e' consentita l'organizzazione e la disciplina delle funzioni
amministrative assunte in sussidiarieta', la legge  stessa  non  puo'
spogliarsi della funzione regolativa affidandola a fonti subordinate,
neppure predeterminando i principi che  orientino  l'esercizio  della
potesta' regolamentare, circoscrivendone la discrezionalita'. 
    Ove, al contrario, si dovesse escludere la natura normativa della
funzione in questione, risulterebbe riproponibile il  fenomeno  della
«chiamata in sussidiarieta'», con la necessita', pero', di  prevedere
un meccanismo di codecisione paritaria, nella forma dell'intesa forte
con il sistema complessivo delle autonomie territoriali. 
    Da questo punto di vista, risulterebbe del  tutto  inadeguata  la
previsione della norma  censurata  che  contempla  lo  strumento  del
semplice parere  della  Conferenza,  ulteriormente  indebolito  dalla
esplicita  previsione  della  possibilita'  di  prescinderne  decorso
l'esiguo termine di sessanta giorni dalla richiesta, e non invece una
intesa forte (e' ancora una volta richiamata la sentenza n.  383  del
2005). 
    9.7. - Con atto depositato il 9 novembre 2009  si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    9.7.1. - In via preliminare, l'Avvocatura  espone  le  principali
ragioni sottese alla scelta del legislatore statale  di  reintrodurre
l'energia nucleare tra le fonti  di  approvvigionamento  dell'energia
(v. supra, par. 1.3.2.). 
    9.7.2. - Quanto  alla  impugnazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 25, comma 2, lettere a), f) g) e h), della legge n.  99  del
2009, la difesa  dello  Stato  sviluppa  le  medesime  argomentazioni
addotte nell'atto di costituzione  nel  giudizio  instaurato  con  il
ricorso della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    9.7.3. - In ordine alla doglianza relativa all'art. 26, comma  1,
il resistente prospetta i medesimi rilievi gia'  formulati  nell'atto
di costituzione nel giudizio instaurato con il ricorso della  Regione
Umbria (v. supra, par. 2.6.3.). 
    10. - Con ricorso notificato il 29 settembre 2009 e depositato il
successivo 7 ottobre (iscritto al r.r. n. 83 del  2009),  la  Regione
Emilia-Romagna ha promosso, in  riferimento  agli  artt.  117,  commi
secondo, terzo, quarto e sesto, 118 e 120, comma secondo, Cost. e  al
principio  di  leale  collaborazione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 25, comma 2, lettere a), f), g), e  h),  e
26, comma 1, della legge n. 99 del 2009. 
    10.1. - In via preliminare,  la  difesa  regionale  riconduce  la
disciplina in contestazione  agli  ambiti  materiali  -  entrambi  di
natura concorrente - della  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale  dell'energia»  e  del  «governo  del  territorio»,   senza
trascurare l'incidenza della stessa sul  piano  della  «tutela  della
salute». 
    Quanto al primo ambito materiale, la  Regione  Emilia-Romagna  ha
adottato  la  legge  23  dicembre  2004,  n.  26  (Disciplina   della
programmazione  energetica  territoriale  ed  altre  disposizioni  in
materia di energia), che inquadra gli interventi di competenza  della
Regione  e  degli  enti  locali  all'interno  di  una  programmazione
energetica   territoriale,   articolata   nei   livelli    regionale,
provinciale, comunale. Il primo Piano Energetico Regionale  (PER)  e'
stato approvato dal Consiglio regionale in  data  14  novembre  2007.
Detto Piano traccia lo  scenario  evolutivo  del  sistema  energetico
regionale e definisce gli obiettivi di sviluppo sostenibile a partire
dalle  azioni  che  la  Regione  ha  sviluppato  negli  ultimi  anni,
soprattutto sul fronte della riqualificazione del sistema elettrico. 
    Per quanto riguarda la materia del «governo del  territorio»,  la
Regione Emilia-Romagna, con legge 24 marzo 2000,  n.  20  (Disciplina
generale sulla tutela e l'uso del territorio), ha perseguito il  fine
di realizzare un efficace ed efficiente sistema di  programmazione  e
pianificazione territoriale che operi per il risparmio delle  risorse
territoriali, ambientali ed energetiche, per il benessere  economico,
sociale e civile della popolazione regionale, senza  pregiudizio  per
la qualita' della vita delle future generazioni. 
    10.2.  -  Il  coinvolgimento  della  Conferenza  unificata  nella
procedura di emanazione dei decreti legislativi, di cui all'art.  25,
comma 1, in quanto limitato ad un parere, e' dalla  difesa  regionale
ritenuta una modalita' che non rappresenta adeguatamente  le  istanze
di partecipazione delle Regioni alle scelte generali.  Nondimeno,  la
Regione Emilia-Romagna non  intende  censurare  questa  disposizione,
atteso che «lo specifico ruolo regionale dovra' [...] necessariamente
essere salvaguardato nella fase successiva della  gestione  attuativa
ed esecutiva». Tale specifico ruolo dovrebbe essere salvaguardato con
riferimento sia alle Regioni  nel  loro  insieme,  sia  alle  Regioni
direttamente interessate dagli insediamenti delle centrali  nucleari.
Ed e'  nell'intento  di  salvaguardare  tale  ruolo  che  la  Regione
Emilia-Romagna impugna l'art.  25,  comma  2,  con  riferimento  alle
previsioni di cui alle lettere a), f), g) e h). 
    La possibilita', di cui all'art. 25,  comma  2,  lettera  a),  di
dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette  a
speciali forme di vigilanza e di protezione, non  e'  subordinata  ad
alcuna partecipazione della Regione interessata, ne' della Conferenza
unificata. 
    Altrettanto  illegittima  appare  la  previsione  di   cui   alla
successiva lettera  f),  in  relazione  alla  disciplina  del  potere
sostitutivo  del  Governo  da   esercitare   in   caso   di   mancato
raggiungimento delle necessarie intese  con  i  diversi  enti  locali
coinvolti. 
    Inoltre, ne' la lettera g) ne' la lettera h) prevedono che  sulla
autorizzazione unica, per i profili attinenti alla  localizzazione  e
alle caratteristiche  dell'impianto,  sia  richiesta  l'intesa  della
Regione interessata, come sarebbe costituzionalmente necessario. 
    Secondo la difesa regionale, il ruolo assegnato alle  Regioni  e'
insufficientemente tutelato sia per quanto riguarda il loro  insieme,
sia - ed ancor piu' - per quanto  riguarda  le  Regioni  direttamente
interessate, il cui consenso non viene mai richiesto. Dal canto  suo,
la Conferenza unificata puo' esprimere  solo  pareri  non  vincolanti
relativamente alle scelte  strategiche  e  di  alta  amministrazione,
mentre  l'intesa  e'  prevista  solo  in  sede  di  procedimento   di
autorizzazione unica, quando ormai la localizzazione dell'impianto e'
gia' stata decisa. 
    10.2.1. - Nello specifico, la  ricorrente  censura  il  carattere
ambiguo dell'impugnato art. 25, comma 2, lettera f), non essendo dato
comprendere  se  nell'espressione  «i   diversi   enti   locali»   il
legislatore  delegante  intendesse  includere  anche  le  Regioni,  o
soltanto le Province ed i Comuni. 
    Ove s'intendesse che le Regioni rientrino tra gli  «enti  locali»
in relazione ai quali debbono essere previsti poteri sostitutivi  per
l'ipotesi  della  mancata   intesa,   la   disposizione   apparirebbe
incostituzionale per violazione  degli  articoli  118  e  120  Cost.,
nonche' del principio di  leale  collaborazione.  Versandosi  in  una
ipotesi di  «chiamata  in  sussidiarieta'»,  secondo  la  consolidata
giurisprudenza  costituzionale,  l'intesa  dovrebbe  essere  «forte».
Prevedere l'intesa e, nel contempo, prevedere l'esercizio del  potere
sostitutivo statale per il caso di mancato raggiungimento dell'intesa
equivarrebbe a  «degradare»  sin  dall'inizio  il  carattere  «forte»
dell'intesa e ad  attribuire  una  posizione  di  debolezza  all'ente
territoriale (sono citate le sentenze n. 383 del  2005  e  n.  6  del
2004). 
    Peraltro  -  prosegue   la   difesa   regionale   -   l'impugnata
disposizione non condiziona il  potere  sostitutivo  ad  una  inerzia
della Regione, bensi' ad ogni  caso  di  dissenso,  anche  pienamente
motivato, con conseguente declassamento dei rapporti  fra  Regioni  e
Stato dal livello delle intese in senso forte a quello  delle  intese
in senso debole. Ne  deriverebbe  anche  un  ridimensionamento  della
motivazione statale a ricercare effettivamente l'intesa. 
    A sostegno di tale lettura, la ricorrente richiama l'art. 8 della
legge  5  giugno  2003,  n.  131  (Disposizioni   per   l'adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge  costituzionale   18
ottobre 2001 n. 3), secondo cui il potere sostitutivo e' esercitabile
se la Regione non adotta «provvedimenti dovuti o necessari». E questo
non e' certo il caso dell'intesa, che e' per definizione un atto  che
puo' essere dato o meno, a seconda  delle  valutazioni  discrezionali
dell'ente coinvolto. 
    Sempre nell'ipotesi che intenda riferirsi anche alle Regioni,  la
contestata disposizione risulterebbe illegittima anche per violazione
dell'art. 120, secondo comma, Cost., in quanto parrebbe prevedere una
ipotesi di potere sostitutivo statale al  di  fuori  dei  presupposti
costituzionali. Infatti, il mancato raggiungimento dell'intesa  nella
materia oggetto dell'art. 25 non  concreta  alcuna  delle  situazioni
indicate tassativamente dalla evocata previsione  costituzionale:  la
mancata realizzazione  di  una  centrale  nucleare  non  implica  una
violazione di norme internazionali o  comunitarie,  ne'  un  pericolo
grave per l'incolumita' pubblica, ne' pregiudica l'unita' giuridica o
economica o i livelli essenziali delle prestazioni. 
    Ad  ogni  modo,  per  la  ricorrente  parimente  incostituzionale
sarebbe la disposizione in oggetto anche nell'ipotesi in cui in  essa
non risultassero incluse le Regioni. 
    In primo luogo, appare illegittimo, per  violazione  degli  artt.
117 e 118 Cost., nonche' del principio di leale  collaborazione,  che
la norma impugnata contempli intese  con  gli  enti  locali  che  non
coinvolgano anche le Regioni, vale a dire con gli enti titolari della
competenza  legislativa  e  del  potere  di  allocare   le   funzioni
amministrative  nelle  materie  dell'energia  e   del   governo   del
territorio. 
    Inoltre,  l'art.  25,  comma  2,  lettera  f),  non  prevede   un
coinvolgimento della  singola  Regione  interessata  nella  procedura
sostitutiva dell'ente locale:  coinvolgimento  necessario  in  virtu'
delle competenze regionali appena indicate e del principio  di  leale
collaborazione. 
    Per entrambe le questioni,  infatti,  e'  impossibile  immaginare
nella materia delle centrali nucleari una «necessaria intesa» con  un
ente locale, il cui mancato raggiungimento richieda addirittura l'uso
di un  potere  sostitutivo,  nella  quale  non  siano  coinvolti  gli
interessi della comunita' regionale, al di la'  di  quelli  meramente
locali. 
    10.2.2. - Quanto alle censurate previsioni di cui alle lettere g)
e  h)  dell'art.  25,  comma  2,  per  la  ricorrente  la  denunciata
illegittimita' discenderebbe dalla mancata previsione del principio e
criterio  direttivo  secondo  cui  la  localizzazione   dell'impianto
richiede, altresi', l'intesa della Regione nel cui ambito  esso  deve
essere realizzato. 
    Il coinvolgimento della  Conferenza  unificata  non  puo'  essere
ritenuto  equivalente  o  sostitutivo   di   quello   della   Regione
interessata, essendo diversi il tipo e l'ambito degli  interessi  che
nelle due sedi sono  esaminati.  La  necessita'  del  consenso  della
Regione in relazione alla localizzazione  di  grandi  opere,  la  cui
realizzazione imprima al territorio una caratterizzazione tanto forte
da incidere  sulla  sua  complessiva  destinazione  e  su  tutti  gli
interessi che in esso insistono, sarebbe  implicita  nel  sistema  di
applicazione del principio di sussidiarieta' sin  dalla  sentenza  n.
303 del 2003, nella quale espressamente si afferma che «per giudicare
se una legge statale che occupi  questo  spazio  sia  invasiva  delle
attribuzioni regionali o  non  costituisca  invece  applicazione  dei
principi di sussidiarieta' e adeguatezza diviene elemento  valutativo
essenziale la previsione di un'intesa  fra  lo  Stato  e  le  Regioni
interessate,  alla  quale  sia   subordinata   l'operativita'   della
disciplina». Principio, in seguito,  ribadito  proprio  in  relazione
alla materia della «produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale
dell'energia elettrica» dalla gia' ricordata sentenza n. 6 del  2004.
Ed in questa occasione la Corte ha sottolineato che si deve  trattare
di un'intesa «forte», nel senso piu' volte chiarito (sono  richiamate
anche le sentenze n. 383 e n. 62 del 2005). 
    Ad avviso della  ricorrente,  la  denunciata  illegittimita'  non
viene meno per il fatto che la  successiva  lettera  h)  prevede  che
«l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di  un  procedimento
unico al quale partecipano le amministrazioni interessate».  A  parte
la genericita' dell'espressione «amministrazioni interessate», e  pur
dando per scontato che tra esse vadano incluse le Regioni, l'istituto
dell'intesa implica uno specifico rapporto bilaterale tra lo Stato  e
la Regione  interessata,  costituito  da  una  altrettanto  specifica
trattativa tra due parti, ed assistito da un  dovere  particolare  di
attenzione e di reciproca collaborazione. Tale rapporto speciale  non
puo' essere diluito e  confuso  in  una  generica  partecipazione  al
procedimento quale «amministrazione interessata». 
    La necessita' del  rapporto  specifico  di  intesa,  quanto  alla
localizzazione delle centrali, appare asseverata,  all'interno  della
stessa legge qui scrutinata,  dal  nuovo  testo  dell'art.  1-sexies,
comma 4-bis, del decreto-legge n. 239 del 2003, introdotto  dall'art.
27, comma 24, lettera c), della stessa  legge  n.  99  del  2009  (al
riguardo, sono formulati gli stessi rilievi di cui supra, par. 2.2.). 
    10.2.3. - Per quanto concerne la doglianza relativa all'art.  25,
comma 2, lettera a), la ricorrente non contesta la necessita'  che  i
siti delle centrali nucleari  siano  soggetti  a  speciali  forme  di
vigilanza e protezione. Essa ritiene di dovere essere  coinvolta  sia
nella  esatta  individuazione  dell'area  da  qualificare  come   «di
interesse strategico  nazionale»,  sia  nella  stessa  individuazione
delle forme di vigilanza e protezione. Cio' nella consapevolezza  che
non si tratti semplicemente di un problema di ordine pubblico, ma che
la qualifica in questione  conferisca  ad  aree  non  necessariamente
coincidenti con quella della centrale  nucleare  strettamente  intesa
uno status territoriale speciale, comportante  uno  specifico  regime
dell'attivita' urbanistica ed edilizia, intrecciandosi cosi'  con  la
materia del governo del territorio e con tutti gli interessi inerenti
a tale vastissima materia. 
    Anche alla luce di quanto previsto  dall'art.  2,  comma  4,  del
decreto-legge n. 90 del 2008, sulla qualificazione di  aree  come  di
interesse strategico nazionale, la  Regione  Emilia-Romagna  sostiene
che debba essere stabilito come vincolo costituzionale  nella  stessa
legge di delega che all'individuazione  dell'area  e  delle  relative
misure di protezione debba procedersi d'intesa con la  Regione  o  le
Regioni direttamente interessate, per  le  medesime  ragioni  per  le
quali  l'intesa  risulta  necessaria   in   relazione   alla   stessa
localizzazione della centrale. 
    10.2.4. - Infine,  quanto  alla  censurata  disposizione  di  cui
all'art. 26, comma 1, sarebbe evidente, ad avviso  della  ricorrente,
la violazione dell'art. 117, sesto comma,  Cost.,  sulla  allocazione
della potesta' regolamentare, atteso  che  la  materia  incisa  dalla
impugnata  previsione  e'  quella,  concorrente,  della  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» (anche in relazione
a questo profilo e' invocata, quale precedente, la  sentenza  n.  303
del 2003). 
    Anche qualora, in subordine, si ritenesse che l'esercizio di tale
competenza da parte del CIPE corrisponda alle esigenze del  principio
di  sussidiarieta',  l'art.  26,   comma   1,   rimarrebbe   comunque
illegittimo per violazione del principio di  leale  collaborazione  e
del dovere di prevedere forme di coordinamento tra Stato e Regioni. 
    Dato l'intreccio tra esigenze unitarie ed interessi territoriali,
appare ragionevole prevedere che lo Stato, d'intesa con la Conferenza
unificata, individui le caratteristiche obbligatorie  e  i  requisiti
minimi che gli  impianti  nucleari  e  di  stoccaggio  e  smaltimento
debbano  avere,  ovunque  essi  siano  localizzati   nel   territorio
nazionale. Sennonche', una volta  individuate  tali  caratteristiche,
non  puo'  che  spettare   alle   Regioni   un   ruolo   determinante
nell'esercizio della competenza amministrativa di scelta tra le varie
tipologie di impianti a  norma  e  rientranti  nelle  caratteristiche
obbligatorie ammesse dallo Stato per tutto il  territorio  nazionale,
che «il mercato» propone, di quelle che appaiano  le  piu'  idonee  e
confacenti,  in  base  ai  requisiti  specifici   di   conformazione,
utilizzazione, ambientamento, vigilanza,  professionalita'  richiesti
per la gestione di costi sia di acquisto che di manutenzione, ai fini
della specifica localizzazione regionale nella  quale  tali  impianti
debbono inserirsi. 
    Al  contrario  -  obietta  la  difesa  regionale  -   l'impugnata
disposizione ha demandato ogni competenza di scelta degli impianti ad
un   organo   amministrativo   dello   Stato.   Quando    l'attivita'
amministrativa  «impatta  nel  cuore   di   materie   di   competenza
concorrente che strettamente ed inscindibilmente si intrecciano,  una
concezione "dinamica" della sussidiarieta' richiede un procedimento e
strumenti idonei a garantire la  leale  collaborazione  tra  Stato  e
Regioni. E  piu'  i  poteri  sono  intrecciati,  piu'  devono  essere
adottate procedure idonee a garantire la leale collaborazione». 
    Ne   conseguirebbe,   dunque,   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 26, comma 1, che richiede  il  solo  «previo  parere  della
Conferenza unificata», anziche' l'intesa. 
    Quando poi si tratti della determinazione della  tipologia  dello
specifico impianto  in  uno  specifico  luogo,  l'esigenza  di  leale
collaborazione e dei relativi meccanismi istituzionali corrisponde al
dovere di istituire un meccanismo di codecisione al  quale  partecipi
la Regione direttamente, mediante lo strumento  dell'intesa  di  tipo
«forte». 
    10.3. - Con atto depositato il 9 novembre 2009 si  e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    10.3.1. - In via preliminare, l'Avvocatura espone  le  principali
ragioni sottese alla scelta del legislatore statale  di  reintrodurre
l'energia nucleare tra le fonti  di  approvvigionamento  dell'energia
(v. supra, par. 1.3.2.). 
    10.3.2. - Quanto alla  impugnazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 25, comma 2, lettere a), f) g) e h), della legge n.  99  del
2009, la difesa  dello  Stato  sviluppa  le  medesime  argomentazioni
addotte nell'atto di costituzione  nel  giudizio  instaurato  con  il
ricorso della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    A  detta   della   parte   resistente,   parrebbe   ulteriormente
inammissibile la questione di  legittimita'  costituzionale  relativa
alla lettera f), nella parte in cui mira a tutelare  le  attribuzioni
degli enti locali, «il che non e' consentito dalla previsione di  cui
all'art. 127 Cost.». 
    10.3.3. - In ordine alla doglianza relativa all'art. 26, comma 1,
il resistente prospetta i medesimi rilievi gia'  formulati  nell'atto
di costituzione nel giudizio instaurato con il ricorso della  Regione
Umbria (v. supra, par. 2.6.3.). 
    11. - Con ricorso notificato il 12 ottobre 2009 e  depositato  il
successivo giorno 16 dello stesso mese (iscritto al r.r.  n.  91  del
2009), la Regione Molise ha promosso, in riferimento agli artt.  117,
terzo comma, e 118 Cost. e  al  principio  di  leale  collaborazione,
questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.  25,  comma  2,
lettera g), e 26, comma 1, della legge n. 99 del 2009. 
    11.1. - Il denunciato art. 25, comma 2, lettera  g),  prevede  la
acquisizione del solo mero parere della Conferenza unificata, «ma non
sono previsti accordi vincolanti tra Governo e territorio». Gli  enti
locali sono chiamati a pronunciarsi al termine di un procedimento  al
quale partecipano le amministrazioni interessate.  Il  Governo  puo',
inoltre, sostituirsi a  Regione  ed  enti  locali  in  caso  di  loro
disaccordo sulla localizzazione scelta per gli impianti. 
    Similmente, il contestato  art.  26,  comma  1,  prevede  che  la
definizione della tipologia  degli  impianti  per  la  produzione  di
energia elettrica nucleare  abbia  luogo  previo  mero  parere  della
Conferenza unificata. 
    Le due denunciate disposizioni  violerebbero  tanto  l'art.  117,
terzo  comma,  Cost.,  avendo   le   Regioni   potesta'   legislativa
concorrente in materia di «governo del territorio» e di  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», quanto l'art.  118
Cost., in relazione al principio di leale collaborazione. Secondo  la
ricorrente, le Regioni vengono escluse dall'iter decisionale relativo
alla localizzazione degli impianti, sia nell'elaborazione dei decreti
attuativi  della   delega,   sia   nei   procedimenti   autorizzativi
immediatamente  efficaci,  laddove,   in   ossequio   alla   costante
giurisprudenza costituzionale, si rivelerebbe necessaria  una  intesa
con le Regioni interessate (sono richiamate, al riguardo, le sentenze
n. 383 e n. 62 del 2005). 
    Peraltro, proprio in relazione alla legge della Regione Molise 27
maggio 2005, n.  22  (Disciplina  regionale  in  materia  di  rifiuti
radioattivi), pur ribadendo la  competenza  statale  esclusiva  sulla
tutela dell'ambiente, questa Corte ha stabilito che,  individuato  il
sito in cui collocare il deposito nazionale dei rifiuti  radioattivi,
al  momento  della  sua   «validazione»,   della   localizzazione   e
realizzazione  del   deposito,   si   deve   dare   adeguata   tutela
costituzionale  all'interesse  territoriale  della  Regione  nel  cui
territorio l'opera e' destinata  ad  essere  ubicata,  il  che  rende
insufficiente il mero parere della Conferenza unificata (sentenza  n.
247 del 2006). 
    11.2. - Con atto depositato il 16 novembre 2009 si e'  costituito
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    11.2.1.  -  In  via  preliminare,   l'Avvocatura   eccepisce   la
tardivita'  del  ricorso,  essendo  stato  consegnato   all'ufficiale
giudiziario per la notifica in una data - il 9  ottobre  2009  -  ben
distante dalla scadenza del prescritto  termine  di  sessanta  giorni
alla pubblicazione della legge n. 99 del 2009. 
    11.2.2. - La  difesa  dello  Stato  espone,  poi,  le  principali
ragioni sottese alla scelta del legislatore statale  di  reintrodurre
l'energia nucleare tra le fonti  di  approvvigionamento  dell'energia
(v. supra, par. 1.3.2.). 
    11.2.3. - Quanto alla  impugnazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 25, comma 2, lettera g), della legge  n.  99  del  2009,  la
difesa  dello  Stato  sviluppa  le  medesime  argomentazioni  addotte
nell'atto di costituzione nel  giudizio  instaurato  con  il  ricorso
della Regione Toscana (v. supra, par. 1.3.3.). 
    11.2.3. - In ordine alla doglianza relativa all'art. 26, comma 1,
il resistente prospetta i medesimi rilievi gia'  formulati  nell'atto
di costituzione nel giudizio instaurato con il ricorso della  Regione
Umbria (v. supra, par. 2.6.3.). 
    12. - In tutti i giudizi ha spiegato  intervento  l'Enel  s.p.a.,
con atti di identico contenuto, depositati il 24 novembre 2009. 
    12.1.  -  La  difesa  dell'Enel  s.p.a.  sostiene,  innanzitutto,
l'ammissibilita'  del  proprio  intervento,   in   quanto   «soggetto
portatore di interessi generali e di natura pubblicistica». 
    A tal fine, la difesa della  societa'  interveniente  allega  non
solo precedenti giurisprudenziali (sentenze n. 344 del 2005 e n.  353
del 2001), bensi' anche elementi  di  sistema  tratti  dalla  riforma
costituzionale del titolo V, Parte seconda,  della  Costituzione.  La
valorizzazione   dei   principi   di    pluralismo,    autonomia    e
sussidiarieta',   avrebbe   reso   il   giudizio   di    legittimita'
costituzionale in via principale «la sede privilegiata  dell'incontro
tra le istanze di soggetti che, a vario titolo, si fanno portatori di
interessi pubblici». 
    Nel presente giudizio e' coinvolto un ambito  materiale  -  quale
quello  della  energia  nucleare  -  «che  pone  questioni  ben  piu'
articolate e complesse di quelle volte all'astratta  soluzione  delle
incertezze  definitorie  in  ordine   ai   confini   tra   competenze
legislative regionali e statali». 
    D'altro canto, l'esercizio della funzione legislativa in un senso
difforme  da  quello  delineato  dalla   legge   n.   99   del   2009
«comprometterebbe, in via irreversibile e definitiva, la possibilita'
di Enel s.p.a. di svolgere regolarmente le funzioni ad essa assegnate
dal quadro normativo nazionale e comunitario di riferimento». 
    Secondo questa linea difensiva, l'Enel s.p.a. sarebbe  portatrice
di interessi che trascendono la sfera meramente privata per assurgere
ad una  «dimensione  spiccatamente  pubblicistica».  Detta  societa',
nonostante  l'intervenuta   privatizzazione,   continua   ad   essere
affidataria  della  cura  di  rilevanti  interessi  pubblici,   senza
trascurare quanto previsto dall'art. 13 del  decreto  legislativo  16
marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante  norme
comuni per il mercato interno dell'energia elettrica),  a  mente  del
quale Enel s.p.a. «assume  le  funzioni  di  indirizzo  strategico  e
coordinamento dell'assetto industriale e delle  attivita'  esercitate
dalle societa' da esse controllate». 
    Quanto, infine, alla possibilita' di  esperire  altre  azioni  di
tutela, la  difesa  di  Enel  s.p.a.  obietta  che,  «trattandosi  di
intervento ad opponendum», l'eventuale accoglimento  delle  questioni
«sarebbe  preclusivo  di  qualsiasi  forma  di   tutela   successiva,
traducendosi  in  una   grave   lesione   del   diritto   di   difesa
dell'interveniente (art. 24 Cost.), che non  avrebbe  piu'  luoghi  e
spazi giudiziari in cui far valere le proprie ragioni». 
    12.2. - Nel merito, osserva la difesa  della  interveniente  che,
soprattutto  alla  luce  della   direttiva   25   giugno   2009,   n.
2009/71/Euratom (Direttiva del Consiglio  che  istituisce  un  quadro
comunitario per la sicurezza nucleare degli  impianti  nucleari),  il
diritto comunitario considera  preminente  il  tema  della  sicurezza
delle centrali nucleari, in  relazione  alle  implicazioni  associate
alla sicurezza delle imprese e, ancor di  piu',  al  benessere  delle
comunita'. Da cio' scaturiscono doveri inderogabili, posti  a  carico
degli Stati membri, a cominciare dalla individuazione delle zone piu'
idonee alla localizzazione  degli  impianti  sino  ad  arrivare  alla
distribuzione  dell'energia   ed   allo   stoccaggio   delle   scorie
radioattive: «si tratta, con tutta evidenza, di operazioni che devono
essere coordinate,  gestite  e  poste  in  essere  alla  luce  di  un
programma unitario che solo lo Stato puo' e deve adottare». 
    In  questo  quadro  si   colloca   l'«opzione   nucleare»   nelle
«equilibrate forme» di cui alla legge in oggetto. 
    12.3. - Passando in rassegna le singole censure, la interveniente
ritiene non fondate le impugnazioni basate sulla asserita  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., giacche' le denunciate  previsioni
appaiono,  in  prevalenza,  espressione  della  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato. 
    In  via  preliminare,  la  difesa   dell'Enel   s.p.a.   contesta
l'inquadramento, accolto nei ricorsi, nella materia concorrente della
«produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia».  In
piu' occasioni questa Corte ha fatto  applicazione  del  criterio  di
prevalenza allorche' sia riscontrabile  un  intreccio  di  molteplici
ambiti oggettivi di intervento. Nel caso di specie, trattandosi della
scelta di valorizzare  l'opzione  dell'approvvigionamento  energetico
attraverso il  ricorso  alla  fonte  nucleare,  rilevano  settori  di
competenza esclusiva  dello  Stato:  la  «tutela  dell'ambiente»  (v.
sentenze n. 282 e n. 166 del 2009; n. 247 e n. 103 del 2006 e  n.  62
del 2005); la «tutela della concorrenza» (v. sentenze n. 88 del  2009
e n. 1 del 2008); la «sicurezza e l'ordine pubblico» (v. sentenza  n.
18 del 2009); i rapporti internazionali dello Stato. 
    Stando cosi' le cose, «sara' il legislatore delegato a  graduare,
nell'ambito della legislazione  delegata,  quanto  spazio  dare  alla
prevalenza o alla  leale  collaborazione»,  nel  rispetto  di  quanto
statuito da questa Corte. 
    12.4. - Quanto al contestato ricorso allo strumento della  delega
legislativa,  ricorda  innanzitutto  la  interveniente  che,  secondo
questa Corte, nei  giudizi  in  via  principale  le  Regioni  possono
evocare  parametri  diversi  da  quelli  relativi   al   riparto   di
attribuzioni solo allorche' la denunciata violazione ridondi  in  una
lesione delle stesse competenze regionali. Nel  caso  in  esame,  una
eventuale lesione potrebbe discendere solo dall'adozione  di  decreti
legislativi recanti  norme  di  dettaglio  in  ambiti  di  competenza
concorrente. 
    In secondo luogo, questa Corte ha piu'  volte  affermato  che  il
confine tra i principi e criteri direttivi  (nel  caso  della  delega
legislativa) ed i principi  fondamentali  (nel  caso  della  potesta'
legislativa concorrente) «non puo' essere  stabilito  una  volta  per
tutte» (sentenza n. 50 del 2005; e' citata anche la sentenza  n.  359
del 1993). Pertanto, ben puo' il  Parlamento  ricorrere  alla  delega
legislativa pur in ambiti di competenza concorrente. 
    12.5. - Per cio' che riguarda le altre doglianze, la difesa della
societa' interveniente  ripercorre  le  tappe  giurisprudenziali  che
hanno condotto alla  edificazione  del  modello  della  «chiamata  in
sussidiarieta'» (v. sentenze n. 76 del 2009 e n. 303  del  2003).  In
questo  quadro  s'inserisce  il  potere  statale   di   sostituzione,
concepito allo  scopo  di  scongiurare  il  sacrificio  di  interessi
essenziali  dell'ordinamento  costituzionale,  che,  secondo   questa
Corte, «fa sistema con le norme costituzionali di  allocazione  delle
competenze» (sentenza n. 236 del 2004; e' citata altresi' la sentenza
n. 371 del 2008). 
    12.6. - Quand'anche questa Corte dovesse ascrivere  la  normativa
in oggetto, anche solo  in  parte,  alla  materia  concorrente  della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale  dell'energia»,  per
la  interveniente  resterebbero,  comunque,  primariamente  rilevanti
esigenze di carattere unitario  tali  da  giustificare  l'allocazione
delle funzioni amministrative presso le autorita' statali. 
    Dalla giurisprudenza costituzionale si evince che e'  allo  Stato
che  «naturalmente  non  sfugge  la   valutazione   complessiva   del
fabbisogno nazionale di energia» (sentenza  n.  383  del  2005;  vedi
anche sentenza n. 6 del 2004). Questa Corte ha, peraltro, escluso  la
possibilita' di autonome previsioni  legislative  regionali  volte  a
definire criteri tecnici in materia energetica (sentenze n.  103  del
2006, n. 336 del 2005 e n. 7 del 2004).  Similmente,  in  materia  di
emissioni elettromagnetiche, e' stata  riconosciuta  la  legittimita'
della  fissazione,  in  ambito  nazionale,   di   valori-soglia   non
derogabili dalle Regioni (sentenza n. 307 del 2003), cosi' come si e'
precisato che i criteri  localizzativi  e  gli  standard  urbanistici
fissati a  livello  locale  debbono  rispettare  «le  esigenze  della
pianificazione nazionale degli impianti» (ancora sentenza n. 307  del
2003). 
    La tendenza, frequente in sede locale, ad  ostacolare  interventi
non graditi «non puo' tradursi in un impedimento insormontabile  alla
realizzazione degli impianti necessari per una corretta gestione  del
territorio e degli insediamenti al servizio di interessi  di  rilievo
ultraregionale» (sentenza n. 62 del 2005). 
    12.7. - Infine, per la interveniente sarebbero inammissibili, per
carenza di  lesione  attuale,  oltre  che  non  fondate,  le  censure
relative al procedimento contemplato  dalle  impugnate  disposizioni,
sotto il profilo della lamentata inosservanza del principio di  leale
collaborazione, atteso che dalla delega «non  si  ricava  ancora  una
scansione  procedimentale   definita,   univoca   e   definitivamente
scolpita». 
    13. - Nei giudizi promossi dalle Regioni Umbria, Liguria, Puglia,
Basilicata e Piemonte (r.r. n. 70, n. 71, n. 72, n. 73 e  n.  75  del
2009), ha depositato, in data 24 novembre 2009, atti  di  intervento,
di identico contenuto, il Codacons - Coordinamento delle associazioni
e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei diritti degli  utenti  e
dei consumatori. 
    13.1. - Sostiene l'interveniente che  la  propria  legittimazione
«ad intervenire nel presente giudizio di legittimita'  costituzionale
e' dovuta al suo costante impegno in materia di tutela  dell'ambiente
e della  salute  dei  cittadini,  come  testimoniato  dalle  numerose
iniziative promosse negli anni». Esso  e'  legittimato  ad  agire  in
giudizio e  ad  intervenire  in  caso  di  pregiudizio  di  interessi
collettivi. 
    13.2. - In merito alle specifiche  impugnazioni,  l'interveniente
denuncia la violazione delle  attribuzioni  regionali  in  un  ambito
materiale, quale quello concorrente della  «produzione,  trasporto  e
distribuzione  nazionale  dell'energia»,  in  cui  e'   precluso   al
legislatore statale emanare norme di dettaglio. 
    Le scelte relative alla localizzazione degli impianti in  oggetto
investono una pluralita' di interessi  tale  da  esigere  una  attiva
collaborazione tra Stato  e  Regioni.  Al  contrario,  le  contestate
disposizioni non configurano adeguate forme di  coinvolgimento  delle
istanze territoriali, contrariamente a quanto piu' volte richiesto da
questa Corte (sentenze n. 62 del 2005; n. 6  del  2004;  n.  303  del
2003). 
    In  particolare,  l'intervento  della  Conferenza  unificata  non
sarebbe sufficiente, posto che la realizzazione di una grande  opera,
quale e' una centrale nucleare, incide fortemente sul  territorio  di
una specifica Regione. Soltanto la previsione di una intesa in  senso
forte consentirebbe di sanare la ravvisata incostituzionalita'. 
    Il  denunciato  art.  27,  comma  27,  precluderebbe  -  a  detta
dell'interveniente - una normazione di dettaglio in ambito  regionale
e impedirebbe alla stessa Regione  di  far  valere,  a  sostegno  del
proprio rifiuto di stipulare l'intesa ivi prevista, ragioni attinenti
alla tutela del territorio e della salute dei cittadini. 
    14. - Nei giudizi instaurati con i ricorsi delle Regioni Toscana,
Umbria,  Basilicata,  Calabria   ed   Emilia-Romagna,   ha   spiegato
intervento l'Associazione italiana per il World Wide Fund for  Nature
Onlus Ong (di  seguito:  WWF  Italia),  con  atti  depositati  il  24
novembre (r.r. n. 69, n. 70 e n. 73 del 2009), il 30  novembre  (r.r.
n. 77 del 2009), ed il 3 dicembre 2009 (r.r. n. 83 del 2009). 
    14.1. - Quanto alla propria  legittimazione  ad  intervenire,  la
difesa  di  WWF  Italia  sostiene   che   l'interesse   alla   tutela
dell'ambiente, ancorche' formalmente estraneo  rispetto  ai  giudizi,
«inerisce immediatamente  al  rapporto  sostanziale»,  in  quanto  la
decisione di questa Corte  «eserciterebbe  un'influenza  diretta  con
effetti rilevanti sulla posizione soggettiva dell'Associazione». 
    14.2. - In merito alla impugnazione dell'art. 3, comma  9,  della
legge n. 99 del 2009,  la  difesa  della  interveniente  denuncia  la
violazione delle competenze regionali nella materia  concorrente  del
«governo del territorio», trattandosi di normativa  di  dettaglio,  e
nella  materia  residuale  del  «turismo»,  soggetta  alla  esclusiva
disciplina del legislatore regionale. 
    14.3. -  Relativamente  alle  doglianze  prospettate  avverso  le
disposizioni in materia di energia  nucleare,  la  interveniente  WWF
Italia  concorda  con  le  ricorrenti  nel  contestare   la   mancata
previsione di adeguate  forme  di  coinvolgimento  delle  istituzioni
regionali, informate al principio di leale collaborazione. 
    La dichiarazione dei siti  quali  aree  di  interesse  strategico
nazionale, anticipando  l'individuazione  dei  contesti  territoriali
entro i quali procedere alla installazione delle  centrali  nucleari,
non puo' prescindere da una intesa in  senso  forte  con  la  singola
Regione interessata. 
    Il  ruolo  della  Conferenza   unificata,   poi,   non   dovrebbe
considerarsi equivalente o sostitutivo del raccordo  con  la  Regione
nel cui territorio si dovra' procedere alle installazioni in oggetto. 
    Sarebbe,  altresi',  illegittima  la  previsione  di  un   potere
sostitutivo  da  attivare   in   caso   di   mancato   raggiungimento
dell'intesa,   dovendo    quest'ultima    concretizzarsi    in    una
codeterminazione  paritaria  tra  soggetti  dotati  di   attribuzioni
costituzionalmente rilevanti. 
    Cosi' pure non sarebbe immune dai lamentati vizi d'illegittimita'
la previsione di cui  all'art.  27,  comma  27,  che  svuoterebbe  di
significato l'intesa prevista dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge
n. 7 del 2002. 
    15. - Con atto di intervento depositato il 1° dicembre  2009,  e'
intervenuta, nel giudizio promosso dalla Regione Lazio  (con  ricorso
iscritto al r.r. n. 76 del 2009), la Terna - Rete Elettrica Nazionale
s.p.a. 
    15.1. - La difesa di Terna  s.p.a.  ritiene  infondate  tutte  le
questioni   prospettate   dalla   ricorrente,   alla    luce    della
giurisprudenza costituzionale che,  in  questi  ambiti  materiali  di
intervento, riconosce la  legittimita'  di  allocazioni  di  funzioni
amministrative allo Stato, anche in settori di competenza  regionale,
sia pure nel rispetto del canone generale della ragionevolezza e  del
principio di leale collaborazione. 
    In particolare, in merito alla impugnazione dell'art.  27,  comma
24, lettera c), della legge in parola, quanto al  potere  sostitutivo
azionabile dallo  Stato  in  caso  di  mancato  raggiungimento  delle
previste intese, la interveniente considera, innanzitutto, congrua la
previsione di membri regionali nel  comitato  interistituzionale.  La
stessa interveniente, poi, reputa adeguata la presenza del Presidente
della Regione interessata in seno al Consiglio dei ministri  chiamato
a deliberare l'autorizzazione quivi contemplata in caso di «stallo». 
    Altrettanto non fondata sarebbe, infine, la  censura  avente  per
oggetto l'art. 27, comma 24, lettera d), giacche' la  necessita'  del
consenso  manifestato  dal  Presidente  della   Regione   interessata
garantirebbe una adeguata partecipazione di tale ente al procedimento
di approvazione della variante. 
    16.  -  La  Regione  Puglia,  in  prossimita'  dell'udienza,   ha
depositato una memoria nella quale, innanzitutto, da' atto  di  avere
impugnato avanti alla Corte il decreto legislativo 15 febbraio  2010,
n.  31  (Disciplina  della  localizzazione,  della  realizzazione   e
dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione  di
energia  elettrica  nucleare,  di  impianti  di   fabbricazione   del
combustibile nucleare, dei sistemi  di  stoccaggio  del  combustibile
irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonche' misure  compensative  e
campagne informative al pubblico,  a  norma  dell'articolo  25  della
legge 23 luglio 2009, n. 99) e segnatamente l'art. 4, l'art. 5, commi
1 e 2, l'art. 8, l'art. 11, commi da 5 a 10 e l'art. 13, commi  10  e
11, per violazione degli artt.  76,  117,  118  e  120  Cost.  e  dei
principi di leale collaborazione e di sussidiarieta'. 
    La ricorrente, quindi, contesta l'ammissibilita'  dell'intervento
di  Enel  s.p.a.  in  quanto  non  sarebbe  portatrice  di  interessi
generali, ne' di interessi diffusi, bensi' di un interesse di impresa
che non potrebbe trovare spazio nel giudizio. 
    In ordine alla contestazione, svolta dall'Avvocatura dello Stato,
circa il difetto di interesse al ricorso per  mancanza  di  immediata
lesivita' dello stesso, la Regione Puglia replica sostenendo  che  la
legge  delega  conterrebbe  principi  e  criteri  direttivi  tali  da
permettere  al  legislatore  delegato  di  violare  i   principi   di
sussidiarieta' e leale collaborazione, come  di  fatto  e'  avvenuto.
Infatti, l'art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 31 del  2010  escluderebbe
dalle decisioni le Regioni in quanto, in caso di mancato accordo  con
la Regione interessata, la decisione  sarebbe  rimessa  all'autorita'
statale. 
    La ricorrente contesta,  poi,  la  fondatezza  dell'eccezione  di
inammissibilita'  del  ricorso,  prospettata  per   genericita'   del
medesimo, dal momento che da questo emergerebbe  chiaramente  come  i
motivi di impugnazione siano stati individuati nella  mancanza  della
previa intesa con la Regione interessata ai fini della localizzazione
degli impianti nucleari. 
    Riguardo alle censure relative all'art. 25, comma 2, lettera  g),
la Regione  osserva  come  il  rispetto  delle  competenze  regionali
avrebbe dovuto comportare la necessita' dell'intesa  «forte»  con  le
Regioni interessate ai fini  del  rilascio  dell'autorizzazione  alla
realizzazione degli impianti, come  affermato  anche  di  recente  da
questa Corte nella  sentenza  n.  121  del  2010.  Al  contrario,  la
disposizione censurata - ritenendo  sufficiente  la  decisione  presa
dalla Conferenza  unificata  -  consentirebbe  il  superamento  delle
scelte delle Regioni  e  degli  enti  locali,  in  contrasto  con  le
esigenze di flessibilita' ispirate al principio di  sussidiarieta'  e
imposte dalla varieta' e complessita' degli obiettivi di tutela. 
    L'incostituzionalita' di un'intesa  generica  con  la  Conferenza
sarebbe dimostrata dal fatto che  essa  non  consentirebbe  di  tener
conto di situazioni particolari delle singole  Regioni.  Ed  infatti,
proprio la Regione Puglia  contribuirebbe  al  fabbisogno  energetico
italiano producendo una quantita' di  energia  superiore  al  proprio
fabbisogno ed avendo investito nella produzione di energia  da  fonti
rinnovabili. 
    Peraltro, conclude la ricorrente, la attinenza  della  disciplina
censurata alla materia della tutela dell'ambiente,  non  escluderebbe
la  competenza  regionale  alla  cura  di  interessi   funzionalmente
collegati con quelli ambientali, come ribadito anche  di  recente  da
questa Corte (sentenza n. 248 del 2009). 
    17. - La Regione Molise, nella memoria depositata in  prossimita'
dell'udienza, dopo aver eccepito  l'inammissibilita'  dell'intervento
in  giudizio  dell'Enel  s.p.a.,  si   sofferma   sull'eccezione   di
tardivita' del proprio ricorso formulata dall'Avvocatura dello Stato. 
    Pur consapevole del consolidato orientamento della giurisprudenza
costituzionale circa la non applicabilita' della sospensione  feriale
dei termini nel giudizio avanti alla  Corte,  la  ricorrente  ritiene
tuttavia che tale istituto potrebbe trovare ingresso  anche  in  tale
giudizio. Cio' in quanto, stante il tenore letterale della  legge  14
luglio 1965, n. 818 (Sospensione dei termini processuali nel  periodo
feriale), esso avrebbe portata generale, mentre  tassative  sarebbero
le ipotesi di non applicabilita', stabilite  dalla  legge  7  ottobre
1969,  n.  742  (Sospensione  dei  termini  processuali  nel  periodo
feriale). In tal  senso  sarebbe  anche  il  diritto  vivente,  quale
risultante dalle decisioni  di  questa  Corte  che  hanno  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1  della  legge  da  ultimo
citata nella parte in cui non prevede l'applicazione dell'istituto ad
una serie di fattispecie, nonche'  dalle  decisioni  della  Corte  di
cassazione. 
    Peraltro, mancando una disposizione che disciplini la sospensione
feriale dei termini nei giudizi  costituzionali,  la  Regione  chiede
alla Corte di  sollevare  avanti  a  se'  questione  di  legittimita'
costituzionale della legge n. 742 del 1969, nella parte  in  cui  non
prevede l'applicazione dell'istituto anche in tali giudizi. 
    La ricorrente,  quindi,  ribadisce  le  censure  prospettate  nel
ricorso  contestando  il   mancato   coinvolgimento   delle   Regioni
interessate nell'iter decisionale relativo alla localizzazione  degli
impianti. 
    18. - Anche la Regione Calabria ha depositato una  memoria  nella
quale, oltre a eccepire l'inammissibilita'  dell'intervento  del  WWF
Italia e dell'Enel s.p.a.  secondo  il  costante  orientamento  della
giurisprudenza costituzionale, afferma che - a differenza  di  quanto
sostenuto dall'Avvocatura dello Stato - la ricorrente non ha invocato
quale parametro interposto il  parere  del  Comitato  delle  Regioni,
avendone solo richiamato il contenuto per  dimostrare  come  anche  a
livello comunitario sia auspicato il coinvolgimento delle Regioni. 
    Con riguardo all'eccepita carenza di  interesse  al  ricorso,  la
Regione richiama la recente sentenza n. 156 del 2010, nella quale  la
Corte ha ritenuto che la doglianza circa la lesione  della  sfera  di
competenza della ricorrente presuppone la sola esistenza della  legge
oggetto di censura a prescindere  dal  fatto  che  essa  abbia  avuto
concreta attuazione. 
    Inoltre,  i  criteri  contenuti  nella  legge  delega   sarebbero
immediatamente lesivi delle prerogative  regionali,  atteso  il  loro
carattere  estremamente   dettagliato.   Cio'   sarebbe   chiaramente
dimostrato dal fatto che il d.lgs. n. 31 del 2010  contiene  la  mera
riproduzione dei principi impugnati. 
    Quanto all'accentramento in capo allo Stato  della  competenza  a
rilasciare l'autorizzazione unica, la ricorrente, pur non contestando
la spettanza al Governo della scelta di riavviare  la  produzione  di
energia nucleare, contesta il mancato adeguato  coinvolgimento  delle
Regioni nel  procedimento.  Tale  coinvolgimento,  infatti,  dovrebbe
avvenire  attraverso  la  previsione  dell'intesa  con   la   Regione
interessata,  la  sola  -  anche  alla  luce   della   giurisprudenza
costituzionale - idonea a costituire  un  adeguato  contrappeso  alla
penetrante invasione delle competenze regionali che  il  procedimento
per il rilascio dell'autorizzazione unica determina. 
    19. - A sua  volta  la  Regione  Marche  ha  depositato  memoria,
insistendo sulle conclusioni gia' formulate,  e  domandando  altresi'
che  siano  dichiarati  inammissibili  gli  interventi  spiegati  nel
giudizio costituzionale. 
    La  ricorrente  ribatte,  in  particolare,  alle   argomentazioni
difensive svolte dall'Avvocatura dello  Stato,  osservando  anzitutto
che tutte le disposizioni censurate determinano una lesione attuale e
concreta  delle  competenze  regionali,  poiche'  non   lasciano   al
legislatore delegato alcuno spazio per attuare  la  delega  in  senso
conforme a Costituzione. 
    A riprova di cio', secondo la Regione, si  porrebbero  le  stesse
disposizioni adottate con il d.lgs. n. 31 del 2010, con le  quali  si
e' «puntualmente occorso nelle  violazioni  di  norme  costituzionali
denunciate» in sede di ricorso. 
    Quanto alla procedura di localizzazione degli impianti,  infatti,
e all'esercizio del potere sostitutivo, gli artt. 11 e 13 del  d.lgs.
n. 31 del 2010, consentendo di  superare  il  mancato  raggiungimento
dell'intesa, disegnano «una procedura che non pone sullo stesso piano
lo Stato e la Regione, ma  che,  viceversa,  consegna  al  primo  una
posizione preminente e tale,  in  definitiva,  da  poter  imporre  il
proprio indirizzo politico alla seconda». 
    Piu' radicalmente, non e' neppure configurabile, a  parere  della
ricorrente, la sostituzione della Regione, con riguardo ad  attivita'
che non siano vincolate nell'an. 
    Parimenti da rigettare, secondo la  Regione,  e'  l'eccezione  di
inammissibilita' delle censure basate su interpretazioni  alternative
delle disposizioni censurate, sia perche' le doglianze sono poste tra
loro «in  rapporto  di  subordinazione»,  sia  poiche'  nel  giudizio
principale  e'  ammessa  la  proposizione  di  questioni  basate   su
interpretazioni meramente possibili. 
    Quanto all'individuazione delle materie cui ricondurre  le  norme
impugnate, la ricorrente  ribadisce  il  carattere  prevalente  della
materia   «produzione,   trasporto   e   distribuzionale    nazionale
dell'energia», in ragione sia dei precedenti  di  questa  Corte,  sia
della autoqualificazione dell'intervento  normativo  contestato,  sia
dell'oggetto su cui incide la delega, che concerne la  procedura  per
realizzare impianti nucleari. La Regione Marche non nega che  vengano
coinvolti altresi' profili connessi  alla  tutela  dell'ambiente,  ma
esclude che essi possano mutare la qualificazione della materia,  cui
conducono gli elementi appena ricordati. 
    Infine, con riguardo alla possibilita' di dichiarare i siti  aree
di  interesse  strategico  nazionale,  il  difetto  di  un   adeguato
coinvolgimento regionale  nella  relativa  procedura  tradirebbe  una
volonta' legislativa tesa ad affermare una «minorita'» dell'indirizzo
politico regionale, rispetto  a  quello  statale,  che  non  e'  piu'
consentita, dopo la  riforma  del  Titolo  V  della  Parte  II  della
Costituzione. 
    20. - Con memoria  depositata  il  1°  giugno  2010,  la  Regione
Liguria ha  formulato  ulteriori  rilievi  in  ordine  alla  asserita
incostituzionalita' delle impugnate disposizioni. 
    Per quanto attiene alle eccezioni  di  inammissibilita'  promosse
dall'Avvocatura  dello  Stato,  per  difetto   di   interesse   della
ricorrente, la difesa regionale replica osservando che le  denunciate
previsioni dell'art. 25, comma 2, lettere g) e h), della legge delega
non sono affatto generiche, atteso che risultano volte a disciplinare
la partecipazione regionale al procedimento di autorizzazione  unica.
Inoltre, il contestato art. 25, comma 2, lettera a), si appalesa gia'
lesivo dal momento che non pone alcun vincolo al  Governo  quanto  al
tipo   ed   all'intensita'   del   coinvolgimento   regionale   nella
individuazione dell'area di interesse strategico  nazionale  e  delle
relative misure di protezione. 
    Nel  merito,  la  difesa   regionale   contesta   l'inquadramento
materiale ipotizzato  dalla  parte  resistente,  sostenendo  che,  in
realta',  le  impugnate  disposizioni  afferirebbero  ad  ambiti   di
competenza  concorrente,  a  cominciare  dall'energia.  La  rilevanza
nazionale degli interessi in gioco e' si' ragione che  giustifica  la
chiamata  in  sussidiarieta',  ma  non  puo'  essere   evocata   «per
disconoscere del tutto il riparto costituzionale delle competenze». 
    Inoltre - prosegue la ricorrente - l'invocazione dell'urgenza  ad
intervenire non e' tale da  impedire  l'attivazione  delle  procedure
collaborative, come dimostrato innanzitutto dallo stesso ricorso allo
strumento  della  delega  legislativa.  Semmai,   sono   proprio   le
peculiarita' caratteristiche della  fonte  energetica  in  oggetto  a
sollecitare la  necessaria  previsione  di  un'intesa  forte  con  la
Regione interessata. 
    L'eccezione di inammissibilita' della questione relativa all'art.
27, comma 27, prospettata dal resistente, per il carattere  ipotetico
della relativa doglianza, sarebbe destituita di fondamento, avendo la
difesa regionale «avanzato una prima censura "certa" e  nient'affatto
ipotetica», per poi ipotizzare «un  significato  ancora  piu'  lesivo
delle competenze  regionali».  La  confutazione,  nel  merito,  della
promossa  questione  in  oggetto  sarebbe,  a  detta  della   Regione
ricorrente, basata su di un argomento apodittico. 
    Seguono, infine,  rilievi  relativi  all'intervento  in  giudizio
dell'Enel s.p.a. 
    21. - Con memoria depositata il 1° giugno 2010, la Regione Umbria
ha ulteriormente argomentato in merito alle prospettate doglianze.  A
tal fine, la difesa regionale ha addotto le  medesime  argomentazioni
sviluppate nella memoria della Regione Liguria (v. supra, par. 20). 
    Quanto,  in  particolare,  alla  questione  di  costituzionalita'
avente   per   oggetto   l'art.   26,   comma   1,   l'eccezione   di
inammissibilita' si baserebbe - a detta della difesa regionale  -  su
di un erroneo presupposto quanto all'asserito carattere ipotetico del
motivo di ricorso. La Regione ha proposto una censura  principale  ed
una subordinata, in armonia con la giurisprudenza costituzionale  che
ammette una simile impostazione.  Nel  merito,  la  difesa  regionale
ribadisce  la  necessita'  di  un   adeguato   coinvolgimento   delle
istituzioni regionali. 
    22. - Con memoria  depositata  il  1°  giugno  2010,  la  Regione
Emilia-Romagna     insiste     nell'invocare     una     declaratoria
d'incostituzionalita' delle impugnate disposizioni. 
    Quanto alla censura dell'art. 25, comma 2, lettere a), g) e h), e
dell'art. 26,  comma  1,  la  difesa  regionale  espone  le  medesime
argomentazioni svolte nelle memorie, rispettivamente,  della  Regione
Liguria e della Regione Umbria (v. supra, parr. 20 e 21). 
    In ordine alla impugnazione dell'art. 25, comma 2, lettera f), la
ricorrente ribadisce di aver  lamentato,  innanzitutto,  quanto  alla
previsione del potere di sostituzione,  l'inclusione  tra  gli  «enti
locali»  della  Regione.  Ove  intesa  diversamente,  la   denunciata
disposizione  sarebbe  comunque  incostituzionale  per   la   mancata
previsione di adeguate forme di coinvolgimento  e  di  partecipazione
delle autorita' regionali. 
    Inoltre, con altra memoria  depositata  il  1°  giugno  2010,  la
Regione Emilia-Romagna lamenta  l'illegittimita'  dell'intervento  in
giudizio dell'Enel s.p.a.,  provvedendo  altresi'  a  confutare,  nel
merito, le tesi da quest'ultima propugnate. 
    23. - Con memoria depositata il 1° giugno 2010, la Regione  Lazio
riafferma  la  fondatezza  di  tutte  le  questioni  prospettate  nel
ricorso. 
    In   via   preliminare,   la   difesa   regionale   sostiene   la
inammissibilita' degli interventi di Terna s.p.a. e di Enel s.p.a. 
    Quanto alla impugnazione dell'art.  3,  comma  9,  la  ricorrente
replica all'inquadramento materiale ipotizzato dall'Avvocatura  dello
Stato osservando che  la  contestata  disposizione  ricadrebbe  nella
materia residuale del turismo. Lo stesso art. 3, comma  9,  peraltro,
sarebbe comunque illegittimo a cagione della  mancata  previsione  di
una qualsiasi forma di coinvolgimento delle Regioni. 
    In ordine alle questioni di costituzionalita' aventi per  oggetto
gli artt. 25 e 26, la difesa regionale e'  ferma  nel  ricondurre  il
contestato  intervento  normativo  alla  materia  concorrente   della
«produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale   di   energia»,
risultando  destituiti  di  fondamento   i   tentativi   di   diversa
collocazione operati dalla controparte. Ove si ammetta  una  chiamata
in sussidiarieta' anche in questo ambito, sarebbe comunque necessaria
la previsione di una intesa forte con le Regioni interessate. 
    E'  ribadita,  poi,  l'illegittimita'  del  ricorso  alla  delega
legislativa, atteso che il conseguente decreto legislativo  «per  sua
natura» e' legittimato a  porre  norme  di  dettaglio  spettanti,  al
contrario, al legislatore regionale. 
    Infine, la ricorrente ribadisce quanto gia' sostenuto  in  merito
alle questioni relative alle impugnate disposizioni di  cui  all'art.
27. 
    24. - L'Avvocatura generale dello Stato  ha  depositato  un'unica
memoria in tutti i ricorsi in oggetto, insistendo  sulle  conclusioni
gia' rassegnate. 
    L'Avvocatura, dopo aver ribadito  quanto  osservato  nel  proprio
atto di costituzione, aggiunge che «la chiave di lettura del  riparto
di  competenze  di  cui  al  Titolo  V  non  puo'  prescindere  dalla
essenziale considerazione [...] della unita' ed indivisibilita' della
Repubblica». 
    In  questa  prospettiva,  «la  considerazione   degli   interessi
coinvolti nella scelta nucleare porta con ogni  ragionevole  certezza
ad affermare  l'assoluta  prevalenza  della  dimensione  generale  ed
unitaria e della necessita' conseguente di una  disciplina  comune  e
uniforme». 
    Per tale ragione, prosegue l'Avvocatura, va affermata  l'inerenza
delle norme impugnate  a  titoli  di  competenza  esclusiva  statale.
Quand'anche si vertesse in materia oggetto di  potesta'  concorrente,
«nella Costituzione non  e'  accordato  certamente  alle  Regioni  un
diritto di veto in ordine alle scelte statali». Non sarebbe,  quindi,
possibile ricorrere all'intesa forte con ciascuna Regione interessata
nel campo dell'energia nucleare, poiche' «non si ha a  che  fare  con
gli interessi di una sola Regione», e si e' dovuto, per tale  motivo,
anche   introdurre   «un   sistema   di   superamento   del   mancato
raggiungimento delle necessarie intese». 
    Con riguardo alle censure relative all'art. 27, comma  27,  della
legge impugnata, la resistente esclude che,  in  via  interpretativa,
tale disposizione possa vanificare le forme di  partecipazione  della
Regione alle intese previste dalla vigente legislazione, in  tema  di
insediamento di impianti energetici. 
    Altresi'  infondate  sarebbero  le  doglianze  mosse  dalla  sola
Regione Lazio, avverso gli impugnati commi del medesimo art. 27. 
    Infine, l'art. 3, comma 9,  della  legge  impugnata  costituisce,
secondo  l'Avvocatura,  una  norma  di  principio,  rispettosa  delle
competenze regionali. 
    25. - Con quattro memorie, tutte depositate il 31 maggio 2010, il
Codacons, Coordinamento delle associazioni e dei comitati  di  tutela
dell'ambiente e dei  diritti  degli  utenti  e  dei  consumatori,  ha
reiterato la propria istanza a vedersi riconoscere la  legittimazione
ad intervenire nei presenti giudizi. A tal fine, e' invocato l'art. 4
delle  Norme  integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
costituzionale, la' dove  si  fa  riferimento  alla  possibilita'  di
intervento di «altri  soggetti».  Se  e'  pur  vero  che  secondo  la
giurisprudenza di questa Corte sono legittimati a costituirsi solo  i
soggetti titolari della  potesta'  legislativa,  sarebbe  altrettanto
vero che al Codacons «non si puo'  non  riconoscere  [...]  un  ruolo
importante nell'iter legislativo in tema di tutela dell'ambiente,  in
quanto associazione che rappresentando l'interesse  dei  cittadini  a
tale bene-vita deve quanto  meno  esser  informata  e  sentita  nelle
scelte legislative». 
    Nel merito,  sono  riproposte  argomentazioni  non  dissimili  da
quelle gia' sviluppate negli atti di intervento. 
    26. - Con  undici  memorie  depositate  il  1°  giugno  2010,  la
interveniente Enel s.p.a. ha ulteriormente argomentato in ordine alle
questioni promosse da tutte le ricorrenti. 
    In  via  preliminare,  la  difesa  di  Enel   s.p.a.   ribadisce:
l'ammissibilita' del proprio  intervento;  la  prevalente  competenza
esclusiva  del  legislatore  statale  nelle  materie  oggetto   delle
impugnate disposizioni; il legittimo ricorso alla delega legislativa;
la  piena  legittimita'  delle  previsioni  concernenti   il   potere
sostitutivo. 
    La interveniente conferma la propria  posizione  in  ordine  alla
denunciata inammissibilita' delle doglianze relative al procedimento,
per  totale  carenza  di  lesione  attuale.  E  cio'  alla  luce  del
sopravvenuto decreto legislativo n. 31 del  2010:  in  considerazione
delle modalita' con le quali tale atto normativo e'  stato  adottato,
si avrebbe conferma del fatto che la «ipotetica temuta  modalita'  di
attuazione» della delega «non si e' rivelata reale». 
    In relazione, poi, alle specifiche censure prospettate,  talvolta
in  modo   diversificato,   dalle   ricorrenti,   la   difesa   della
interveniente ripropone le argomentazioni sviluppate  negli  atti  di
costituzione. 
    27. - Con atto  depositato  il  1°  giugno  2010,  l'Associazione
Italiana per il World Wide  Fund  for  Nature  Onlus  Ong  (WWF),  ha
presentato istanza di rinvio della trattazione del  ricorso  iscritto
al r.r. n. 83 del 2009, al fine di riunirlo a  quelli,  non  fissati,
promossi avverso il d.lgs. n. 31  del  2010  dalle  Regioni  Toscana,
Emilia-Romagna e Puglia, con i ricorsi iscritti, rispettivamente,  ai
nn. 75, 76 e 78 del 2010. 
    28. - La Regione Piemonte, con atto depositato il 15 giugno 2010,
ha  dichiarato  di  rinunciare   alle   questioni   di   legittimita'
costituzionale aventi per oggetto l'art. 25, comma 2, e 26, comma  1,
della legge n.  99  del  2009,  avendo  il  d.lgs.  n.  31  del  2010
«introdotto disposizioni ritenute di effettiva  apertura  sul  fronte
del coinvolgimento degli enti territoriali interessati». 
    29. -  Con  atto  depositato  il  17  giugno  2010,  l'Avvocatura
generale  dello  Stato  ha  presentato  istanza   di   rinvio   della
trattazione, fissata per l'udienza pubblica del 22  giugno  2010,  al
fine di riunire i ricorsi presentati avverso la legge n. 99 del 2009,
ai ricorsi presentati dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e  Puglia
avverso il d.lgs. n. 31 del 2010. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Le Regioni Toscana,  Umbria,  Liguria,  Puglia,  Basilicata,
Piemonte, Lazio,  Calabria,  Marche,  Emilia-Romagna  e  Molise,  con
distinti  ricorsi,   hanno   promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale avverso numerose disposizioni della  legge  23  luglio
2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e  l'internazionalizzazione
delle imprese, nonche' in materia di energia). 
    In particolare, le Regioni Lazio e Toscana hanno censurato l'art.
3,  comma  9,  per  violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, e la sola Regione Lazio  anche  dell'art.  117,  quarto
comma, Cost. 
    Tutte le ricorrenti hanno impugnato  disposizioni  dell'art.  25,
recante «Delega al Governo in materia nucleare», ed in particolare: 
        l'art. 25, comma 1, per violazione  degli  artt.  76  e  117,
terzo comma, Cost. (Regione Lazio), nonche' degli  artt.  117  e  118
Cost.  (Regioni  Lazio  e  Basilicata),  e  del  principio  di  leale
collaborazione (Regione Basilicata); 
        l'art. 25, comma 2, lettera a), per violazione dell'art. 117,
terzo comma, e dell'art. 118 Cost., anche in relazione  al  principio
della leale collaborazione (Regioni Marche, Toscana,  Emilia-Romagna,
Umbria e Liguria), e dell'art.  117,  quarto  comma,  Cost.  (Regioni
Toscana, Emilia-Romagna, Umbria e Liguria); 
        l'art. 25, comma 2, lettera f), per contrasto con  gli  artt.
117, commi terzo (Regioni Toscana, Lazio,  Emilia-Romagna,  Umbria  e
Marche) e quarto (Regioni Toscana, Emilia-Romagna e  Umbria),  118  e
120 Cost. (Regioni Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Umbria e  Marche),
con il principio di leale collaborazione (tutte le ricorrenti,  salvo
la Regione Lazio), nonche' con l'art. 3 Cost. (Regione Marche); 
        l'art. 25, comma 2, lettera g),  (disposizione  impugnata  da
tutte le ricorrenti) e  lettera  h),  (disposizione  impugnata  dalle
Regioni Emilia-Romagna, Marche, Toscana e Calabria),  per  violazione
dell'art. 117, commi secondo (parametro evocato dalle Regioni Puglia,
Umbria, Emilia-Romagna e Liguria), terzo e quarto  (Regioni  Toscana,
Emilia-Romagna, Umbria e Liguria),  dell'art.  118  Cost.,  anche  in
relazione al principio di leale collaborazione (tutte le ricorrenti),
dell'art. 3 Cost. (Regioni Piemonte e Calabria), dell'art.  97  Cost.
(Regione Calabria) e dell'art. 120 Cost. (Regioni  Puglia,  Piemonte,
Calabria); 
        l'art. 25, comma 2, lettere l) e q), per  contrasto  con  gli
artt. 117 e 118 Cost. (Regione Lazio). 
    E' impugnato, altresi', l'art. 26, comma 1, della legge n. 99 del
2009 per  violazione  dell'art.  117,  sesto  comma,  Cost.  (Regioni
Emilia-Romagna, Umbria e Marche), degli artt. 117, terzo  comma,  118
Cost.  e  del  principio  di  leale  collaborazione  (Regioni  Lazio,
Basilicata,  Umbria,  Emilia-Romagna,  Piemonte,  Marche  e  Molise),
nonche' degli artt. 3 e 120 Cost. (Regione Piemonte). 
    La Regione Lazio ha impugnato, inoltre,  taluni  commi  dell'art.
27, ed in particolare: 
        il comma 14 e il comma 24, lettere c) e d), per contrasto con
gli artt. 117 e 118 Cost.; 
        il comma 28 per violazione degli artt. 76 e 117, terzo comma,
Cost.; 
        il comma 31 per lesione degli artt. 117 e 118 Cost.; 
        il comma 31, punto 2, in quanto violerebbe l'art. 97 Cost.  e
il principio del buon andamento della pubblica amministrazione; 
        il comma 34, per contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost. 
    Infine,  e'  impugnato  l'art.  27,  comma  27,  per   violazione
dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  (Regioni  Umbria,  Liguria   e
Piemonte), e degli artt. 118 e 120 Cost. (Regione Piemonte). 
    1.2. - Considerato che i ricorsi  sono  diretti  in  larga  parte
contro le medesime norme e  pongono  questioni  analoghe,  i  giudizi
possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza. 
    2. - Nei presenti giudizi, sopra  specificati,  sono  intervenuti
l'Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature  Onlus  Ong
(WWF), (r.r.  n.  69,  70,  73,  77  e  83  del  2009),  il  Codacons
Coordinamento  delle  associazioni   e   dei   comitati   di   tutela
dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori  (r.r.  n.
70, 71, 72, 73 e 75 del 2009), l' Enel s.p.a. (r.r. n.  69,  70,  71,
72, 73, 75, 76, 77, 82, 83 e 91), Terna -  Rete  Elettrica  Nazionale
s.p.a. (r.r. n. 76 del 2009). 
    Per costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  il  giudizio  di
costituzionalita'   delle   leggi   in   via   d'azione   si   svolge
esclusivamente tra soggetti titolari di potesta'  legislativa,  fermi
restando, per i soggetti privi di tale potesta', i  mezzi  di  tutela
delle  rispettive  posizioni  soggettive,  anche  costituzionali,  di
fronte ad altre istanze giurisdizionali  ed  eventualmente  anche  di
fronte a questa Corte in via incidentale (ex  plurimis,  sentenze  n.
250 e n. 225 del 2009). 
    Dal canto suo, l'art. 4, comma 3, delle Norme integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale,  evocato  dal  Codacons  e
dall'Enel s.p.a., non autorizza a trarre diverse conclusioni, poiche'
tiene  ferma  la  competenza  di  questa  Corte  a   decidere   sulla
ammissibilita' di «eventuali interventi di altri soggetti».  Ad  ogni
modo, pur a prescindere da tale preliminare ed assorbente profilo, le
norme impugnate, di carattere generale ed  astratto,  non  hanno  per
oggetto,  in  modo  immediato  e  diretto,  una  posizione  giuridica
differenziata   delle   parti   intervenienti,   che   possa   venire
irrimediabilmente pregiudicata dall'esito dei presenti giudizi. 
    Per questi motivi, tutti gli interventi sono inammissibili. 
    3. - Il ricorso della Regione Molise (iscritto al r.r. n. 91  del
2009) e' inammissibile in quanto notificato oltre il termine previsto
dall'art. 32, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),
termine stabilito a pena di decadenza,  senza  che  operi  l'istituto
della sospensione feriale (ex plurimis: sentenza n. 318  del  2009  e
ordinanza n. 42 del 2004). La denunciata  legge,  infatti,  e'  stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31  luglio  2009,  mentre  il
ricorso risulta consegnato all'ufficiale giudiziario per la  notifica
solo il 9 ottobre 2009. 
    La  Regione  Molise,  nella  memoria  depositata  in  prossimita'
dell'udienza, ha  peraltro  chiesto  a  questa  Corte  di  sollevare,
d'ufficio, avanti a  se'  questione  di  legittimita'  costituzionale
della  legge  7  ottobre  1969,  n.  742  (Sospensione  dei   termini
processuali nel periodo feriale), nella  parte  in  cui  non  prevede
l'applicazione dell'istituto della sospensione  feriale  dei  termini
anche al processo costituzionale. 
    Al riguardo questa Corte, fin dalla sentenza n. 15 del  1967,  ha
escluso  l'applicabilita'  dell'istituto  in  parola  ai  giudizi  di
costituzionalita'.  Questo  orientamento  e'  stato  ribadito   anche
successivamente all'emanazione della legge n. 742 del  1969  «poiche'
la formulazione letterale dell'art. 1 - molto piu' precisa di  quella
adottata nel corrispondente articolo della legge n. 818  del  1965  -
non lascia ombra di dubbio che il legislatore abbia inteso  escludere
i giudizi di  costituzionalita'  dall'ambito  di  applicazione  della
normativa sulla sospensione dei  termini.  Si  specifica  invero  nel
citato articolo che la  sospensione  si  riferisce  al  "decorso  dei
termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle
amministrative"» (sentenza n. 30 del 1973). 
    La  giurisprudenza  costituzionale  successiva  ha  costantemente
confermato tale interpretazione (sentenze n. 233 del 1993  e  n.  215
del 1986, ordinanza n.  126  del  1997),  motivandola  con  specifico
riguardo alle peculiari esigenze  di  rapidita'  e  certezza  cui  il
processo costituzionale deve rispondere, alla  luce  delle  quali  va
superato il dubbio di  costituzionalita'  avanzato  dalla  ricorrente
(sentenza n. 30 del 1973). 
    4. - Deve darsi atto che la Regione Piemonte, con atto notificato
a tutte le  parti  il  14  giugno  2010,  ha  rinunciato  al  ricorso
limitatamente  all'impugnazione  concernente  l'art.  25,  comma   2,
lettera g), e l'art. 26 comma 1, della  legge  n.  99  del  2009.  La
rinuncia  e'  stata  accettata  dal  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri, di tal  che  il  relativo  processo,  per  tali  parti,  va
dichiarato estinto. 
    5. - Preliminarmente, devono essere dichiarate  inammissibili  le
questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  25,  comma  2,
lettere g) e h), promosse in riferimento agli  artt.  3  e  97  Cost.
dalla Regione Calabria, nonche'  la  questione  di  costituzionalita'
dell'art. 25, comma 2, lettera f), promossa dalla Regione  Marche  in
riferimento all'art. 3 Cost. 
    Trattasi, invero, di doglianze basate su  parametri  estranei  al
riparto delle competenze, rispetto alle quali le ricorrenti non hanno
dimostrato la incidenza sulle attribuzioni  regionali  (tra  le  piu'
recenti, sentenze n. 52 del 2010 e n. 233 del 2009). 
    6.   -   Ugualmente   inammissibili   sono   le   questioni    di
costituzionalita' dell'art. 25, comma 2, lettera g),  promosse  dalle
Regioni Umbria, Liguria, Puglia ed Emilia-Romagna,  e  dell'art.  25,
comma 2, lettera h), promossa dalla sola Emilia-Romagna,  poiche'  le
ricorrenti, indicando  -  quale  parametro  asseritamente  violato  -
l'art. 117, secondo comma,  Cost.,  hanno  evocato  una  disposizione
attributiva di una competenza esclusiva statale (sentenza n. 116  del
2006). 
    7. - Inammissibili sono, inoltre, le  questioni  di  legittimita'
costituzionale, promosse dalla Regione Calabria,  aventi  ad  oggetto
l'art. 25, comma 2, lettere g) e h), e dalla Regione  Puglia,  aventi
ad oggetto l'art. 25, comma  2,  lettera  g),  nonche'  la  questione
promossa dalla Regione Piemonte, in riferimento  all'art.  27,  comma
27, in quanto basate su parametri - l'art. 120  Cost.  e,  quanto  al
solo Piemonte, anche l'art. 118 Cost. - senza alcuna motivazione  che
ne chiarisca la pertinenza. 
    8.  -  Inammissibili  devono  essere,  altresi',  dichiarate   le
questioni  di  legittimita'  costituzionale  promosse  dalla  Regione
Lazio, aventi per oggetto l'art. 27, commi 14, 24, lettere c)  e  d),
28, 31 e 34 della legge n. 99 del 2009, in riferimento agli artt. 76,
97, 117 e 118 Cost. 
    Questa   Corte   ha   piu'   volte   statuito   che,    a    pena
d'inammissibilita', deve sussistere una piena corrispondenza  tra  le
disposizioni impugnate dal  ricorso  e  le  disposizioni  individuate
dalla  delibera  con  cui  la  Giunta  (nell'ipotesi  di   iniziativa
regionale) ne ha autorizzato la proposizione  (sentenza  n.  533  del
2002). 
    Inoltre, si e' precisato che  anche  nelle  delibere  dell'organo
politico che, pur non censurando un'intera legge, ne selezionano  una
parte cospicua, l'indicazione delle disposizioni oggetto  di  censura
deve avere un «necessario grado di determinatezza»,  in  difetto  del
quale la individuazione delle previsioni da impugnare, tra  le  molte
che compongono una disciplina  formalmente  unica,  verrebbe  rimessa
alla difesa tecnica, che e' priva di tale  prerogativa  (sentenza  n.
250 del 2009). 
    La delibera della Giunta della Regione Lazio ha  indicato  l'art.
27, complessivamente considerato, quale oggetto di  impugnazione,  di
tal che' la cernita delle  specifiche  previsioni  da  sottoporre  al
sindacato di questa Corte e'  stata  posta  in  essere  dalla  difesa
tecnica, senza  alcuna  previa  direttiva,  anche  solo  di  massima,
dell'organo politico. Infatti, l'art. 27 della legge n. 99  del  2009
consta di 47 commi, relativi a fattispecie che risultano estremamente
diversificate tra loro quanto  ad  oggetto  di  disciplina.  La  mera
presenza delle disposizioni censurate  in  un  unico  articolo  della
legge,  genericamente  intitolato  «Misure  per  la  sicurezza  e  il
potenziamento del settore energetico», non e' di per se'  sufficiente
a produrre il «necessario grado di determinatezza»  dell'oggetto  del
giudizio di costituzionalita'. 
    Alla  luce  della  richiamata  giurisprudenza  di  questa  Corte,
l'evidente assenza di omogeneita'  tra  le  disposizioni  di  cui  si
compone l'art. 27 determina la inammissibilita' delle  corrispondenti
questioni di costituzionalita'. 
    Opposta, invece, la conclusione per quanto  concerne  le  censure
aventi ad oggetto l'art. 25, anch'esso indicato nella delibera  della
Giunta del Lazio senza ulteriori specificazioni, dal momento  che  le
varie disposizioni in  cui  si  articola  tale  norma  presentano  un
contenuto sostanzialmente omogeneo, attenendo tutte  alla  disciplina
della «materia nucleare». 
    9. - Inammissibili sono le questioni aventi ad oggetto  il  comma
2, lettere l) e q), dell'art.  25.  Le  censure  mosse  avverso  tali
disposizioni dalla  sola  Regione  Lazio  sono,  infatti,  del  tutto
generiche, in quanto non sorrette da alcuna  argomentazione  volta  a
chiarire le competenze regionali asseritamente lese. 
    10. - L'art. 25, comma 1,  della  legge  impugnata  e'  censurato
dalla Regione Lazio, in riferimento agli artt. 76 e 117, terzo comma,
Cost., poiche' non sarebbe consentito conferire delega legislativa in
una materia oggetto di potesta' legislativa concorrente, dal  momento
che le norme statali non possono assumere quel carattere dettagliato,
che, a parere della ricorrente, avrebbero invece  necessariamente  le
norme delegate, in riferimento ai principi  e  ai  criteri  direttivi
adottati ai sensi dell'art. 76 Cost. 
    La questione non e' fondata, come questa Corte ha gia' piu' volte
affermato (sentenze n. 50 del 2005, n. 280 del  2004  e  n.  359  del
1993), poiche'  la  ricorrente  erroneamente  confonde  il  grado  di
determinatezza proprio dei principi e  dei  criteri  direttivi  della
delega  con  quello,  qualitativamente   distinto   e   percio'   non
necessariamente coincidente, dei  principi  fondamentali  di  materia
concorrente. Cio' consente, in linea di  principio,  l'impiego  della
delega  legislativa  anche  nelle  materie  a  potesta'   legislativa
ripartita, come - d'altra parte - confermato dalla sua  utilizzazione
tutt'altro che infrequente anche in passato. 
    Le Regioni Lazio e Basilicata  impugnano  il  medesimo  art.  25,
comma 1, in relazione agli artt. 117 e 118 Cost., e, quanto alla sola
Basilicata, al principio di leale collaborazione, nella parte in  cui
vi si prevede, ai fini dell'esercizio  della  delega,  l'acquisizione
del mero parere della Conferenza unificata  di  cui  all'art.  8  del
decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.   281   (Definizione   ed
ampliamento delle attribuzioni  della  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento  e
Bolzano ed unificazione, per le materie ed  i  compiti  di  interesse
comune delle Regioni, delle province e dei comuni, con la  Conferenza
Stato - citta' ed autonomie locali),  posto  che  si  tratterebbe  di
forma inadeguata di coinvolgimento del sistema regionale. 
    La  questione  non  e'  fondata,  poiche',   come   ripetutamente
affermato da  questa  Corte,  «le  procedure  di  cooperazione  o  di
concertazione  possono  rilevare   ai   fini   dello   scrutinio   di
legittimita' di atti legislativi, solo in quanto  l'osservanza  delle
stesse   sia   imposta,   direttamente   o   indirettamente,    dalla
Costituzione», il che nella specie non si verifica (sentenza  n.  437
del 2001; da ultimo, sentenza n. 225 del 2009). 
    11. - Appare opportuno affrontare, in  primo  luogo,  le  censure
attinenti alla «materia  nucleare»,  ovvero  all'art.  25,  comma  2,
lettere a), f),  g)  e  h)  e  all'art.  26,  comma  1,  della  legge
impugnata. 
    L'art. 25 reca,  in  particolare,  delega  al  Governo,  ai  fini
dell'adozione  di  «uno  o  piu'  decreti  legislativi  di  riassetto
normativo recanti la disciplina della localizzazione  nel  territorio
nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di
impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei  sistemi  di
stoccaggio del combustibile irraggiato  e  dei  rifiuti  radioattivi,
nonche' dei sistemi  per  il  deposito  definitivo  dei  materiali  e
rifiuti radioattivi e per la definizione delle misure compensative da
corrispondere  e  da   realizzare   in   favore   delle   popolazioni
interessate». 
    Questa delega e' stata esercitata con il decreto  legislativo  15
febbraio  2010,  n.  31  (Disciplina  della   localizzazione,   della
realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale  di  impianti
di  produzione  di  energia  elettrica  nucleare,  di   impianti   di
fabbricazione del combustibile nucleare, dei  sistemi  di  stoccaggio
del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonche' misure
compensative  e   campagne   informative   al   pubblico,   a   norma
dell'articolo 25  della  legge  23  luglio  2009,  n.  99),  numerose
disposizioni del  quale  sono  state  oggetto  di  separati  ricorsi,
innanzi a  questa  Corte,  da  parte  delle  Regioni  Emilia-Romagna,
Toscana e Puglia. 
    L'oggetto dell'attuale giudizio  di  legittimita'  costituzionale
resta peraltro circoscritto alle sole disposizioni recate dalla legge
n. 99 del 2009, giacche' nel caso di specie la sopravvenuta normativa
delegata non sarebbe, neppure in linea teorica, idonea a superare  un
eventuale vizio di costituzionalita' che dovesse inficiare  le  norme
di delega: se queste ultime consentono di attuare la delega in  senso
conforme a Costituzione, con ogni evidenza  il  vizio  non  sussiste,
poiche'  ogni  dubbio  in  proposito  puo'  e  deve  essere  superato
attraverso  un'interpretazione  costituzionalmente  orientata   della
legge di delega; se, viceversa, la delega non  rende  in  alcun  modo
praticabile una  soluzione  normativa  costituzionalmente  legittima,
anche l'eventuale esercizio di  essa  in  forma  compatibile  con  il
dettato  costituzionale  sarebbe  contrario  all'art.  76   Cost.   e
certamente non farebbe venir meno l'originario  vizio  in  cui  fosse
incorso il delegante. 
    E' per tale ragione ben possibile procedere  alla  decisione  dei
ricorsi proposti avverso la legge di delega, senza disporre che  essi
siano riuniti alle successive impugnative dirette contro  il  decreto
delegato,  come  invece   richiesto   dall'Avvocatura   dello   Stato
nell'immediata vigilia dell'udienza pubblica. 
    11.1. - Tali considerazioni tornano altresi' utili,  ai  fini  di
vagliare  la  preliminare  eccezione  di  inammissibilita'  formulata
dall'Avvocatura dello Stato, con riguardo alle censure relative  alle
norme di delega che sono state impugnate: a  parere  dell'Avvocatura,
tali disposizioni non  sarebbero  «immediatamente  lesive  di  alcuna
prerogativa   regionale»,   poiche'   eventuali   lacune,   in    se'
pregiudizievoli della posizione  costituzionale  delle  Regioni,  ben
potrebbero venire colmate in sede di esercizio della delega. 
    Questa Corte, fin dalla sentenza n. 224 del  1990,  ha  affermato
che, in linea di principio, la legge di delega, in quanto atto avente
forza di legge, soggiace, ai sensi dell'art. 134 Cost., al  controllo
di costituzionalita' in via principale, di cui, in particolare,  puo'
divenire oggetto, quando sia idonea a «concretare una lesione attuale
dell'autonomia regionale» (sentenze n. 503 del  2000  e  n.  359  del
1993). 
    L'attenzione della Corte deve percio' cadere, in tali  casi,  non
gia' sulla natura dell'atto impugnato, di per se'  inequivocabilmente
capace di integrare l'ordinamento giuridico con  norme  primarie,  ma
sulla ricorrenza dell'interesse  regionale  ad  impugnarlo:  di  tale
interesse andra' esclusa la sussistenza, in particolare,  ogni  volta
che il legislatore delegante abbia  determinato  principi  e  criteri
direttivi tali da consentire al Governo  l'esercizio  della  funzione
legislativa in modo conforme a Costituzione. 
    Va, inoltre, aggiunto che anche la legge di  delega  soggiace  al
fondamentale canone dell'interpretazione costituzionalmente  conforme
(sentenza n. 292 del 2000), la cui osservanza si impone  allo  stesso
Governo, sicche' a radicare  l'interesse  regionale  al  ricorso  non
sara'  sufficiente  che  essa  si  presti  ad  una   lettura   lesiva
dell'autonomia regionale, ma occorrera' che tale lettura sia  l'unica
possibile, pur impegnando ogni strumento interpretativo utile. 
    A maggior ragione, non determinano illegittimita'  costituzionale
della delega eventuali omissioni, da parte del legislatore delegante,
nella configurazione dei principi e dei criteri direttivi, pur in se'
suscettibili di evolvere in un vulnus costituzionale, ove le  carenze
di idonei riferimenti ai principi costituzionali  non  siano  colmate
dalla successiva attivita' di "coerente sviluppo e, se del  caso,  di
completamento" (ex plurimis, sentenza n. 98 del 2008) che compete  al
Governo, ai sensi dell'art. 76 Cost.: infatti, questa Corte  ha  gia'
ritenuto  «indubitabile  che  il  legislatore  delegato,  anche   nel
silenzio della legge di delega, sia tenuto comunque  alla  osservanza
dei  precetti  costituzionali,  indipendentemente,  dunque,  da  ogni
richiamo che di essi faccia la norma delegante» (sentenza n. 401  del
2007, punto 5.3 del Considerato in diritto). 
    Ne   segue   che   l'eccezione   di   inammissibilita'   proposta
dall'Avvocatura dello  Stato  non  puo'  venire  ora  decisa  in  via
generale, ma richiede, invece,  l'esame  del  contenuto  di  ciascuna
disposizione della legge di delega impugnata, al fine di  determinare
se essa abbia, oppure no, realizzato una lesione  attuale  e  diretta
delle competenze regionali, secondo  i  criteri  di  verifica  appena
enunciati. 
    12. - Nei  giudizi  in  via  di  azione  promossi  dalle  Regioni
l'oggetto del contendere verte sulla  individuazione  del  titolo  di
competenza  cui  ascrivere  le   disposizioni   legislative   statali
censurate, nei limiti  dei  motivi  di  ricorso.  A  tale  scopo,  e'
necessario avere riguardo al  «nucleo  essenziale»  delle  norme  (da
ultimo, sentenze n. 52 del 2010 e n. 339 del 2009) da  cui  si  muove
per  identificare  il  fascio   di   interessi   che   viene   inciso
dall'intervento legislativo.  Questa  Corte  ha  avuto  occasione  di
chiarire  che  nel  nuovo  titolo  V  della   Parte   seconda   della
Costituzione non  sussiste  piu'  «l'equazione  elementare  interesse
nazionale ═ competenza statale» e che quindi di per se'  «l'interesse
nazionale non costituisce piu' un limite, ne' di legittimita' ne'  di
merito, alla competenza legislativa regionale» (sentenza n.  303  del
2003, punto  2.2  del  Considerato  in  diritto).  Ne  segue  che  il
riconoscimento del primato di questi interessi si puo' affermare solo
per mezzo dell'esercizio degli specifici poteri legislativi  statali,
che  siano  assegnati  dalle  norme  costituzionali  attributive   di
competenze, di  tipo  sia  concorrente,  sia  esclusivo,  secondo  il
significato che esse hanno nel comune linguaggio  legislativo  e  nel
vigente ordinamento giuridico. 
    E', peraltro, noto che la complessita' dei  fenomeni  sociali  su
cui i legislatori intervengono si esprime, di regola,  in  una  fitta
trama di relazioni, nella quale  ben  difficilmente  sara'  possibile
isolare un singolo interesse: e', piuttosto, la regola opposta che si
ha modo di rinvenire nella concreta  dinamica  normativa,  ovvero  la
confluenza nelle leggi o nelle loro singole disposizioni di interessi
distinti, che ben possono ripartirsi diversamente lungo l'asse  delle
competenze normative di Stato e Regioni. 
    In tali casi, questa Corte non  si  puo'  esimere  dal  valutare,
anzitutto, se una materia si imponga  alle  altre  con  carattere  di
prevalenza (sentenze n. 50 del 2005 e n. 370 del 2003), ove si  tenga
presente che, per  mezzo  di  una  simile  espressione,  si  riassume
sinteticamente il  proprium  del  giudizio,  ovvero  l'individuazione
della competenza di cui la disposizione e' manifestazione. 
    Quando non sia possibile concludere nel senso appena indicato, si
verifica un'ipotesi di «concorrenza di competenze»  (sentenza  n.  50
del 2005),  la  quale  esige  di  adottare  il  «canone  della  leale
collaborazione, che impone alla legge statale di predisporre adeguati
strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle  loro
competenze» (sentenze n. 88 del 2009 e n. 219 del 2005). 
    Su di un livello distinto da quest'ultimo, invece, si colloca  lo
strumento  della  chiamata  in  sussidiarieta',  cui  lo  Stato  puo'
ricorrere  al  fine  di  allocare   e   disciplinare   una   funzione
amministrativa (sentenza n. 303 del  2003)  pur  quando  la  materia,
secondo  un  criterio  di  prevalenza,  appartenga  alla   competenza
regionale concorrente, ovvero residuale: questa Corte ha affermato  a
tal proposito che «perche' nelle materie di cui all'art. 117, terzo e
quarto  comma,  Cost.,  una  legge   statale   possa   legittimamente
attribuire funzioni amministrative a livello  centrale  ed  al  tempo
stesso regolarne l'esercizio, e' necessario che  essa  innanzi  tutto
rispetti  i   principi   di   sussidiarieta',   differenziazione   ed
adeguatezza  nella   allocazione   delle   funzioni   amministrative,
rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di  tali  funzioni.  E'
necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina  logicamente
pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e
che risulti limitata a  quanto  strettamente  indispensabile  a  tale
fine. Da ultimo, essa deve risultare adottata a seguito di  procedure
che assicurino la partecipazione dei  livelli  di  governo  coinvolti
attraverso  strumenti  di  leale  collaborazione  o,  comunque,  deve
prevedere  adeguati  meccanismi  di  cooperazione   per   l'esercizio
concreto delle funzioni amministrative allocate in capo  agli  organi
centrali. Quindi,  con  riferimento  a  quest'ultimo  profilo,  nella
perdurante  assenza   di   una   trasformazione   delle   istituzioni
parlamentari e, piu' in  generale,  dei  procedimenti  legislativi  -
anche solo nei limiti di quanto previsto  dall'art.  11  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione) - la legislazione statale di questo
tipo  puo'  aspirare   a   superare   il   vaglio   di   legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina  che  prefiguri  un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento orizzontale, ovverosia le  intese,  che  devono  essere
condotte in base al principio di lealta'» (sentenza  n.  6  del  2004
punto 7 del Considerato in diritto). 
    Applicando tali principi al  caso  di  specie,  appare  anzitutto
evidente che le disposizioni impugnate incidono essenzialmente  sugli
interessi  relativi  alla  materia   concorrente   della   produzione
dell'energia, poiche' esprimono la scelta del legislatore statale  di
rilanciare  l'importante  forma  di   approvvigionamento   energetico
costituita dalla utilizzazione  dell'energia  nucleare  e  quindi  di
adottare  nuovi  principi  fondamentali,   adeguati   alle   evidenti
specificita' di questo settore. Non merita, invece, accoglimento,  il
rilievo, ampiamente svolto dall'Avvocatura dello Stato,  secondo  cui
le peculiarita' proprie della fonte nucleare, anche con  riguardo  ai
profili    del    «cambiamento     climatico,     della     sicurezza
dell'approvvigionamento   e   della   competitivita'   del    sistema
produttivo», imporrebbero di riconoscere in materia la confluenza  di
una serie di competenze legislative esclusive  dello  Stato,  con  la
conseguente sottrazione della disciplina  del  settore  alla  materia
della produzione dell'energia: infatti, una  scelta  del  genere  non
solo non trova riscontro nell'art. 117, terzo comma, Cost.,  che  non
reca  affatto  tale  distinzione,  ma  viene   anche   smentita   dal
significato  assunto  dall'espressione  «energia»  nell'ambito  della
stessa legislazione ordinaria. 
    Fin dall'art. 1 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione
dell'Ente nazionale per la energia elettrica e trasferimento ad  esso
delle  imprese  esercenti  le  industrie  elettriche),  infatti,   il
legislatore ha disciplinato le attivita' di produzione,  importazione
ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione  e  vendita
dell'energia elettrica «da qualsiasi fonte  prodotta»,  in  tal  modo
evidenziando che l'origine nucleare non valeva a  mutarne  il  comune
genus energetico. Si e', certamente, fatto ricorso ad una  disciplina
speciale che rispondesse  alle  particolari  esigenze  di  protezione
dell'ambiente  e  della  salute  implicate  dalla  scelta   nucleare,
segnatamente dapprima con la legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (Impiego
pacifico dell'energia nucleare) e poi con la legge 2 agosto 1975,  n.
393 (Norme sulla  localizzazione  delle  centrali  elettronucleari  e
sulla produzione e sull'impiego  di  energia  elettrica),  ma  sempre
partendo dal presupposto,  reso  evidente  dal  titolo  stesso  degli
interventi normativi appena  citati,  di  legiferare  in  materia  di
«energia». Piu' recentemente, l'art. 28 del  decreto  legislativo  31
marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del  capo
I della legge 15 marzo 1997, n. 59) ha  stabilito  che  «le  funzioni
amministrative  relative  alla  materia   "energia"   concernono   le
attivita'  di  ricerca,  produzione,  trasporto  e  distribuzione  di
qualunque forma di energia», mentre,  sul  piano  dell'organizzazione
amministrativa, il decreto  legislativo  3  settembre  2003,  n.  257
(Riordino  della  disciplina  dell'Ente  per  le  nuove   tecnologie,
l'energia e l'ambiente - Enea, a norma dell'articolo  1  della  L.  6
luglio 2002, n. 137) ha attribuito all'ormai soppresso Enea, Ente per
le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, compiti  attinenti  allo
stesso settore nucleare, in quanto  normativamente  riconducibile  al
campo delle politiche energetiche. 
    Un tale assetto normativo ha consentito, infine, a  questa  Corte
di affermare che «l'espressione utilizzata nel terzo comma  dell'art.
117 Cost. deve ritenersi  corrispondente  alla  nozione  di  "settore
energetico" di cui alla legge  n.  239  del  2004,  cosi'  come  alla
nozione di "politica energetica nazionale" utilizzata dal legislatore
statale nell'art. 29 del d.lgs.  31  marzo  1998,  n.  112,  che  era
esplicitamente comprensiva di "qualunque forma di energia"» (sentenza
n. 383 del 2005, punto 13 del Considerato in diritto). 
    Da ultimo,  si  e'  ribadita  tale  conclusione  con  riferimento
all'art. 7 del decreto-legge 25 giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008,  n.  133  che,  nel  definire  la  strategia  energetica
nazionale, vi ha significativamente  incluso  la  «realizzazione  nel
territorio nazionale di impianti di produzione di energia  nucleare»:
anche in tal caso,  questa  Corte  ha  ascritto  la  disposizione  al
"settore energetico", vale a  dire  alla  competenza  concorrente  in
materia di energia (sentenza n. 339 del 2009). 
    Ne', infine, puo' omettersi che il comma  1  dell'art.  25  della
legge n. 99 del 2009 si  riferisce  ad  «impianti  di  produzione  di
energia elettrica nucleare» e che nel titolo del  d.lgs.  n.  31  del
2010, il legislatore delegato si esprime analogamente. 
    Non vi e' dubbio,  nel  contempo,  che,  in  linea  generale,  un
organico  intervento  normativo  di  disciplina   del   processo   di
produzione dell'"energia elettrica nucleare" solleciti, unitamente  a
quelli energetici, ulteriori interessi, in parte imputabili a  titoli
di competenza concorrente ed, in parte significativa, anche a  titoli
di competenza esclusiva dello Stato. 
    Quanto al primo profilo  e'  infatti  consolidata  giurisprudenza
costituzionale che «tutto cio' che attiene all'uso del  territorio  e
alla localizzazione di impianti o attivita'» costituisca «governo del
territorio», ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. (sentenza  n.
307 del 2003), mentre va rammentato che la «tutela della  salute»  e'
materia  che  puo'  ricomprendere  norme  idonee  a  preservare   con
carattere  di  uniformita'  un  bene  «che  per  sua  natura  non  si
presterebbe  a  essere  protetto   diversamente   alla   stregua   di
valutazioni differenziate» (sentenza n. 361  del  2003;  in  seguito,
sentenza n. 63 del 2006). 
    Quanto al secondo profilo, emerge  con  particolare  evidenza  la
competenza relativa alla tutela dell'ambiente e  dell'ecosistema,  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  notoriamente
soggetti al rischio di gravi  alterazioni,  al  pari  dell'integrita'
fisica dei consociati, ove si verifichino  incidenti  agli  impianti,
anche  in  ragione  di  errori  nell'attivita'   di   pianificazione,
installazione  e  gestione  delle  centrali  nucleari.  La  rilevanza
dell'interesse ambientale (cosi' come  dell'interesse  relativo  alla
tutela della salute) e', del resto, agevolmente ricavabile, alla luce
della normativa comunitaria ed internazionale  concernente  l'energia
nucleare: si  tratta,  per  ricordare  i  soli  atti  normativi  piu'
significativi, del Trattato 25 marzo 1957 (Trattato che istituisce la
Comunita' europea dell'energia atomica-Euratom), della  direttiva  25
giugno  2009,  n.  2009/71/Euratom  (Direttiva  del   Consiglio   che
istituisce un quadro comunitario  per  la  sicurezza  nucleare  degli
impianti nucleari), della legge 19 gennaio 1998, n. 10  (Ratifica  ed
esecuzione della convenzione sulla sicurezza nucleare, fatta a Vienna
il 20 settembre 1994). 
    Va  subito  chiarito  che,  contrariamente  a   quanto   ritenuto
dall'Avvocatura  dello  Stato,  tale  normativa  non  pregiudica   la
discrezionalita' dello Stato italiano nello «stabilire il proprio mix
energetico in base alle politiche nazionali in materia» (punto 9  del
Considerando della direttiva n. 2009/71/Euratom).  Essa  invece,  per
quanto qui interessa, impone,  solo  una  volta  che  il  legislatore
nazionale abbia optato per l'energia atomica, nella  misura  ritenuta
opportuna, misure e standard di garanzia  «per  la  protezione  della
popolazione e dell'ambiente contro i rischi di contaminazione» (punto
5 dell'appena citato Considerando). Nello  stesso  senso,  l'art.  17
della Convenzione sulla sicurezza nucleare di Vienna, resa  esecutiva
con la gia' menzionata legge n. 10 del 1998, ed alla quale ha aderito
la stessa Comunita' europea dell'energia atomica, esige, in punto  di
localizzazione degli impianti, la valutazione del «probabile  impatto
che un impianto nucleare previsto potrebbe avere dal punto  di  vista
della sicurezza degli individui, sulla societa'  e  sull'ambiente»  e
percio', secondo quanto  ritenuto  dalla  Corte  di  giustizia  nella
sentenza relativa alla causa 29/1999 del 10 dicembre 2002, «comprende
necessariamente la presa in considerazione di fattori  relativi  alla
radioprotezione, come le caratteristiche demografiche del sito». 
    Va detto, tuttavia, che le ricorrenti non hanno censurato  l'art.
25, comma 2, lettera b), della legge impugnata, al quale e'  affidata
la delega in punto di «definizione di elevati  livelli  di  sicurezza
dei siti, che soddisfino le esigenze di  tutela  della  salute  della
popolazione e dell'ambiente», sicche' e' con precipuo  riferimento  a
siffatta disposizione, estranea all'oggetto del  contendere,  che  il
legislatore delegato avra' titolo per introdurre gli adeguati livelli
di garanzia, anche con riferimento alle scelte di  localizzazione  ed
ai criteri di insediamento degli impianti. 
    Sulla base di tali rilievi, si puo'  concludere  che  l'art.  25,
comma  2,  lettere  g)  e  h),  nella  parte  in  cui  disciplina  la
costruzione e l'esercizio di impianti per la  produzione  di  energia
elettrica nucleare; l'art. 25, comma 2, lettera f),  nella  parte  in
cui appronta garanzie di tipo sostitutivo, per  superare  il  mancato
raggiungimento delle necessarie intese con gli enti locali  coinvolti
nel procedimento di autorizzazione unica; ed infine l'art. 26,  comma
1, nella parte in cui reca criteri per la definizione delle tipologie
degli impianti di produzione, siano  disposizioni  attribuibili,  con
carattere di prevalenza, alla materia della produzione  dell'energia,
di cui all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  giacche'  con  esse  il
legislatore ha concretizzato normativamente  l'intento  non  solo  di
riavviare l'approvvigionamento energetico da fonte  nucleare,  ma  al
contempo di favorirne un rapido sviluppo,  attraverso  le  tappe  che
conducono alla autorizzazione unica, da  rilasciare  su  istanza  del
soggetto richiedente. 
    Diversamente si deve ritenere, con riferimento all'art. 25, comma
2, lettere g) e h), nella parte in cui disciplina  la  costruzione  e
l'esercizio di  impianti  per  la  messa  in  sicurezza  dei  rifiuti
radioattivi e per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita:
in tale settore, cessata la preponderanza  degli  interessi  connessi
alla produzione  dell'energia,  si  pone  la  necessita',  dai  primi
distinta,  di  assicurare  un   idoneo   trattamento   delle   scorie
radioattive. Questa Corte ha gia' affermato, in  tal  caso,  che  «la
competenza statale in tema di tutela dell'ambiente, di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  e'  tale  da  offrire  piena
legittimazione ad un intervento legislativo  volto  a  realizzare  un
impianto necessario  per  lo  smaltimento  dei  rifiuti  radioattivi»
(sentenza n. 62 del 2005, punto 15 del Considerato in diritto;  nello
stesso senso, sentenza n. 247 del 2006), purche', nel rispetto  della
convergente competenza concorrente in tema di governo del territorio,
«siano adottate modalita' di attuazione degli interventi medesimi che
coinvolgano, attraverso opportune forme di collaborazione, le Regioni
sul cui territorio  gli  interventi  sono  destinati  a  realizzarsi»
(sentenza n. 62 del 2005, punto 16 del Considerato in diritto). 
    Anche l'art. 25, comma 2, lettera a), recante la previsione della
possibilita' di  dichiarare  i  siti  aree  di  interesse  strategico
nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza  e  di  protezione,
eccede i limiti della  materia  energetica,  per  ricadere  piuttosto
nella sfera  di  competenza  esclusiva  statale  in  tema  di  tutela
dell'ordine pubblico e della sicurezza, di cui all'art. 117,  secondo
comma, lettera h), Cost., poiche', come si precisera' a breve,  viene
in tal caso in gioco la necessita' di  prevenire  la  commissione  di
reati,  dagli  effetti  potenzialmente   esiziali,   in   prossimita'
dell'area ove si produce  l'energia  elettrica  nucleare  o  dove  le
scorie radioattive sono conservate. 
    Cio' detto,  la  riconduzione  delle  disposizioni  impugnate  ai
predetti ambiti di  competenza  consente  di  escludere  che  abbiano
rilievo in causa sia la  potesta'  legislativa  residuale  regionale,
genericamente  invocata  dalle  Regioni  Emilia-Romagna,   Umbria   e
Liguria, e  richiamata  con  riferimento  al  turismo  dalle  Regioni
Toscana  e  Calabria,  sia  la  potesta'  concorrente  relativa  alla
protezione civile (Regione Lazio)  e  alla  valorizzazione  dei  beni
culturali e ambientali (Regioni Toscana e Calabria). 
    Parimenti prive di rilievo sono le competenze  esclusive  statali
indicate dall'Avvocatura dello Stato, in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettere a) e d), Cost. Come si e'  innanzi  rimarcato,
il diritto comunitario e le convenzioni internazionali, cui  l'Italia
ha  aderito,  prescrivono,  con  riferimento  alla  fonte  energetica
nucleare e, per quanto qui interessa,  talune  condizioni  minime  di
sicurezza,  volte  a  proteggere  la  salute  e  l'ambiente,  ma  non
interferiscono con l'assetto delle competenze costituzionali di Stato
e Regioni, in ordine alle procedure specificamente disciplinate dalle
norme impugnate (sentenze n. 398 del 2006, n. 336 del 2005 e  n.  126
del 1996). Tanto meno se ne puo'  ricavare,  come  parrebbe  ritenere
l'Avvocatura dello Stato, un obbligo di contenuto concernente l'an ed
il quando del programma nazionale di produzione dell'energia atomica,
posto che assume, semmai, rilievo, in tale prospettiva, il quomodo di
un siffatto programma. Ne' si vede quale rapporto possa  esservi  tra
la "sicurezza dello Stato",  ovvero  l'area  normativa  che  protegge
sovranita',  integrita'  ed  indipendenza  della  Repubblica,  e   le
procedure di installazione di impianti nucleari aventi  finalita'  di
approvvigionamento energetico. 
    Una volta inquadrate le disposizioni impugnate  negli  ambiti  di
competenza sopra indicati, diviene possibile procedere allo scrutinio
delle specifiche censure mosse dalle ricorrenti. 
    13. - L'art. 25, comma 2, lettere g) e h), della legge  impugnata
reca i seguenti principi e criteri direttivi: 
        «g) previsione che la costruzione e l'esercizio  di  impianti
per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per  la
messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di
impianti nucleari a  fine  vita  e  tutte  le  opere  connesse  siano
considerati attivita' di preminente interesse statale e,  come  tali,
soggette ad autorizzazione unica rilasciata, su istanza del  soggetto
richiedente e previa  intesa  con  la  Conferenza  unificata  di  cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28  agosto  1997,  n.  281,  e
successive modificazioni, con decreto  del  Ministro  dello  sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e  della  tutela
del territorio e del mare e con il Ministro  delle  infrastrutture  e
dei trasporti»; 
        «h) previsione che l'autorizzazione unica  sia  rilasciata  a
seguito  di  un  procedimento   unico   al   quale   partecipano   le
amministrazioni interessate, svolto  nel  rispetto  dei  principi  di
semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7  agosto  1990,
n.  241;  l'autorizzazione  deve  comprendere  la  dichiarazione   di
pubblica  utilita',   indifferibilita'   e   urgenza   delle   opere,
l'eventuale  dichiarazione  di  inamovibilita'  e  l'apposizione  del
vincolo  preordinato  all'esproprio  dei  beni  in   essa   compresi;
l'autorizzazione unica sostituisce ogni provvedimento amministrativo,
autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di  assenso  e
atto  amministrativo,  comunque  denominati,   ad   eccezione   delle
procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione
ambientale   strategica   (VAS)   cui   si   deve   obbligatoriamente
ottemperare, previsti  dalle  norme  vigenti,  costituendo  titolo  a
costruire ed esercire le infrastrutture in conformita'  del  progetto
approvato». 
    La lettera g) e' impugnata da  tutte  le  ricorrenti,  mentre  la
lettera h) e' censurata dalle sole  Regioni  Emilia-Romagna,  Marche,
Toscana e Calabria. 
    La censura svolta da tutte le ricorrenti, in relazione agli artt.
117, terzo comma, Cost. (energia, governo del territorio), 118  Cost.
ed al principio  di  leale  collaborazione  consiste  nel  denunciare
l'accentramento in capo  allo  Stato  della  funzione  amministrativa
relativa al rilascio della autorizzazione unica per mezzo di chiamata
in sussidiarieta', in  assenza  della  cosiddetta  intesa  forte  con
ciascuna Regione interessata. Non sarebbe sufficiente,  infatti,  ne'
la prevista intesa con la Conferenza unificata, il cui intervento non
potrebbe avere carattere surrogatorio rispetto a quello della singola
Regione, ne'  la  partecipazione  dell'amministrazione  regionale  al
procedimento unico previsto dalla lettera  h),  posto  che  esso  non
attribuisce  alla  Regione  la   posizione   differenziata   che   le
spetterebbe in ordine alla scelta sulla localizzazione  dell'impianto
nell'ambito  del  proprio  territorio.  La  Corte  dovrebbe  pertanto
dichiarare l'illegittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
delle lettere g) e h), nella parte in cui non vi si prevede  l'intesa
forte con la Regione interessata. 
    Non viene, pertanto, posta in discussione ne' la  scelta  operata
dal legislatore nazionale di rilancio della fonte nucleare, la  quale
esprime con ogni evidenza un principio fondamentale della  produzione
dell'energia, ne' la sussistenza delle condizioni che legittimano  la
chiamata in sussidiarieta', ma si contesta il difetto  di  un  idoneo
coinvolgimento  regionale,   conseguente   a   tale   attrazione   di
competenza. 
    L'eccezione di inammissibilita' formulata  dall'Avvocatura  dello
Stato,  con  riguardo   al   carattere   prematuro   dell'impugnativa
regionale, e' fondata. 
    Le ricorrenti muovono dalla  erronea  premessa,  secondo  cui  le
disposizioni impugnate, nel prevedere espressamente una duplice forma
di partecipazione del sistema regionale all'esercizio della  funzione
amministrativa chiamata in sussidiarieta', con cio'  imporrebbero  di
escluderne una terza ritenuta costituzionalmente  necessaria,  ovvero
l'intesa con la Regione interessata, ai  fini  della  localizzazione,
nel dettaglio, del sito nucleare. 
    Tuttavia, il silenzio del legislatore delegante in proposito  non
ha,  ne'  puo'  avere  alla  luce  della   doverosa   interpretazione
costituzionalmente conforme della delega, il  significato  impediente
paventato  dalle  ricorrenti.  E'  oramai  principio  acquisito   nel
rapporto  tra  legislazione  statale  e  legislazione  regionale  che
quest'ultima  possa  venire  spogliata  della  propria  capacita'  di
disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarieta', a
condizione che cio' si accompagni alla  previsione  di  un'intesa  in
sede  di  esercizio  della  funzione,  con   cui   poter   recuperare
un'adeguata autonomia, che l'ordinamento riserva non gia' al  sistema
regionale complessivamente inteso, quanto  piuttosto  alla  specifica
Regione che sia stata privata di un proprio potere (sentenze n. 383 e
n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003). 
    Cio' ovviamente a prescindere dalla necessita'  di  una  puntuale
disciplina legislativa delle modalita'  di  esercizio  dell'intesa  e
delle eventuali procedure per ulteriormente  ricercarla  in  caso  di
diniego o comunque per supplire alla sua carenza, come  anche  questa
Corte ha auspicato (sentenza n. 383 del 2005, n. 20  del  Considerato
in diritto). 
    Quindi, in queste  situazioni  il  coinvolgimento  delle  Regioni
interessate si impone con forza immediata e  diretta  al  legislatore
delegato, ove intenda esercitare la funzione legislativa. Certamente,
il  legislatore  e'  poi   libero,   e   talvolta   anche   obbligato
costituzionalmente, nell'attivita' di ulteriore  rafforzamento  delle
istanze partecipative del sistema regionale e degli enti locali,  per
la  quale,  quando  l'interesse   in   gioco   non   sia   accentrato
esclusivamente  in  capo  alla  singola  Regione,   ben   si   presta
l'intervento della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza  Stato
- citta' ed  autonomie  locali.  E'  per  l'appunto  in  tale  ultima
direzione che devono leggersi sia la previsione recata dalla  lettera
g)  impugnata,  con  riguardo  all'intesa  in  sede   di   Conferenza
unificata,  sia  la  prevista  partecipazione  delle  amministrazioni
interessate, tra cui senza dubbio quella regionale,  al  procedimento
unico di cui alla lettera h). 
    Ma, una volta chiarito  in  tal  modo  lo  scopo  perseguito  dal
legislatore delegante, in nessun caso esso  si  rivela  incompatibile
con la doverosa integrazione della delega, in punto di partecipazione
della Regione interessata, per mezzo dell'intesa. 
    Pertanto, le questioni relative all'art. 25, comma 2, lettere  g)
e h), sono inammissibili. 
    14. - L'art. 25, comma 2, lettera f), della legge impugnata  reca
il seguente principio e criterio direttivo: 
        «determinazione  delle  modalita'  di  esercizio  del  potere
sostitutivo del Governo  in  caso  di  mancato  raggiungimento  delle
necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto
previsto dall'articolo 120 della Costituzione». 
    Tale disposizione  e'  impugnata  dalle  Regioni  Emilia-Romagna,
Umbria, Marche, Toscana e Lazio. 
    Le ricorrenti sviluppano analoghe censure: ove la disposizione si
ritenga applicabile alle intese raggiunte  con  la  Regione,  sarebbe
lesiva degli artt. 117, 118 e 120 Cost.  e  del  principio  di  leale
collaborazione (solo  la  Regione  Lazio  non  richiama  quest'ultimo
parametro) la previsione di un potere sostitutivo del Governo atto  a
superare il mancato raggiungimento dell'intesa, non  solo  quando  la
Regione resti inerte, ma anche  quando  abbia  espresso  un  motivato
dissenso.  Ne'  l'adesione  all'intesa  potrebbe  considerarsi   atto
«dovuto o necessario» ai sensi dell'art. 8 della legge 5 giugno 2003,
n.  131  (Disposizioni  per  l'adeguamento   dell'ordinamento   della
Repubblica alla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3), che disciplina in
termini generali l'esercizio del potere di cui all'art. 120,  secondo
comma, Cost.  Tale  ultima  disposizione  sarebbe  altresi'  violata,
poiche'  la  legge  di  delega  introdurrebbe  un'ipotesi  di  potere
sostitutivo ad essa non conforme. 
    Le sole Regioni Emilia-Romagna ed Umbria aggiungono che, se anche
riferita ai soli enti locali, la norma sarebbe comunque lesiva  delle
prerogative regionali, poiche' consentirebbe l'esercizio  del  potere
sostitutivo allo Stato,  senza  alcun  coinvolgimento  della  Regione
interessata, e per di piu' configurerebbe ipotesi di intese tra Stato
ed enti locali, cui la Regione resterebbe estranea. 
    14.1.  -  L'Avvocatura  dello  Stato  avanza  tre  eccezioni   di
inammissibilita', che non sono fondate. 
    Anzitutto,  si  contesta  che  le  ricorrenti   prospettino   una
questione astratta, giacche' non sciolgono il  dubbio  interpretativo
se la norma si applichi anche alle intese con la Regione, o alle sole
intese con gli enti locali propriamente detti: tuttavia, e' noto  che
nel  giudizio  principale  possono  porsi  questioni  cautelative  ed
ipotetiche, purche' non implausibili (da ultimo, ordinanza n. 342 del
2009). Nel caso di specie, i dubbi  interpretativi  delle  ricorrenti
non vanno oltre i margini della plausibilita', poiche' la sola intesa
che la legge di delega espressamente prevede si raggiunge in sede  di
Conferenza unificata, ed attinge in tal modo il sistema regionale. 
    In secondo luogo, si eccepisce  che  le  Regioni  non  potrebbero
attivarsi, per  difendere  l'autonomia  degli  enti  locali.  Ora,  a
prescindere dal fatto che questa Corte ha  affermato  l'opposto,  «in
particolare in materia urbanistica e in tema di finanza  regionale  e
locale» (sentenza n. 196  del  2004,  punto  14  del  Considerato  in
diritto; in seguito, sentenza n. 120 del  2008),  la  sintesi  appena
compiuta delle doglianze delle ricorrenti rende palese  che  esse  si
sono  mosse  a  tutela  non  gia'  dell'ente  locale  sostituito,  ma
esclusivamente delle proprie prerogative costituzionali. 
    Infine,  viene  riproposta   l'eccezione   di   inammissibilita',
concernente il carattere  prematuro  ed  ipotetico  delle  doglianze.
Essa, in tal caso, va disattesa, poiche', ove si  ammettesse  che  la
norma impugnata si applichi alle intese con  le  Regioni,  la  delega
sarebbe gia' del tutto univoca  circa  l'introduzione  di  un  potere
sostitutivo  ai  sensi  dell'art.  120  Cost.,  in  caso  di  mancato
raggiungimento dell'intesa, cio' che  appunto  costituisce  l'oggetto
della questione posta a questa Corte. 
    14.2. - Nel merito, la prima censura non e' fondata,  poiche'  si
basa  sull'erroneo  presupposto  interpretativo,  per  il  quale   la
disposizione impugnata si applicherebbe alle intese con  le  Regioni:
infatti, nel  vigente  assetto  istituzionale  della  Repubblica,  la
Regione   gode   di   una   particolare   posizione   di   autonomia,
costituzionalmente protetta, che la distingue dagli enti locali (art.
114 Cost.), sicche' si deve escludere  che  il  legislatore  delegato
abbia  potuto  includere  le  Regioni  nella  espressione   censurata
(sentenza n. 20 del 2010). 
    14.3. - Quanto, poi, alla  separata  censura,  mossa  dalle  sole
Regioni Emilia-Romagna e  Umbria,  secondo  cui  illegittimamente  la
Regione  sarebbe  esclusa  dall'esercizio  del   potere   sostitutivo
riferito ai soli enti locali che insistono sul territorio  regionale,
essa e' inammissibile dal momento che - analogamente a  quanto  prima
rilevato a proposito delle censure relative alle  lettere  g)  ed  h)
dell'art. 25 - la sommarieta' della delega legislativa sul punto  non
ha,  ne'  puo'  avere,  alla  luce  della  doverosa   interpretazione
costituzionalmente  conforme  della   delega,   il   significato   di
precludere  l'introduzione  di  forme  partecipative  della   Regione
nell'esercizio del potere sostitutivo da  parte  del  Governo,  fermo
restando, altresi', che l'eventuale raggiungimento di  un'intesa  tra
Stato ed enti locali, cui la Regione non abbia preso parte, in nessun
modo potrebbe surrogarsi alle intese  costituzionalmente  dovute  tra
Stato e Regioni, cosi' da ledere le prerogative di queste ultime. 
    14.4. - Pertanto, le questioni relative  all'art.  25,  comma  2,
lettera f), nel primo caso  non  sono  fondate  e  nel  secondo  sono
inammissibili. 
    15. - L'art. 25, comma 2, lettera a), della legge impugnata  reca
il  seguente  principio  e  criterio  direttivo:  «previsione   della
possibilita' di  dichiarare  i  siti  aree  di  interesse  strategico
nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e protezione». 
    Tale disposizione e' impugnata  dalle  Regioni  Toscana,  Marche,
Emilia-Romagna, Umbria e Liguria. 
    L'eccezione  di  inammissibilita'   delle   censure,   riproposta
dall'Avvocatura  dello  Stato  in  ragione  del   preteso   carattere
ipotetico di esse, a prescindere dalla sua fondatezza, merita in  tal
caso  di  essere  superata  dall'assorbente  rilievo  relativo   alla
evidente infondatezza, per tale parte, dei ricorsi. 
    Va detto che le ricorrenti non condividono la  medesima  premessa
interpretativa, in relazione alla disposizione impugnata. Infatti, le
Regioni  Toscana  e  Marche  sostengono  che  essa  costituirebbe  il
fondamento  normativo  della  potesta'  statale  di  localizzare  gli
impianti nucleari, e si porrebbe percio' in contrasto con  gli  artt.
117, terzo comma, e 118 Cost., nonche'  con  il  principio  di  leale
collaborazione, disponendo una chiamata in sussidiarieta', in difetto
di intesa con la Regione interessata. 
    Tale interpretazione dell'art. 25, comma  2,  lettera  a),  della
legge delega non ha fondamento. 
    Appare infatti chiaro, fin dal contenuto letterale  della  norma,
che il legislatore delegato non ha inteso qui disciplinare la fase di
individuazione del sito, della quale si e' invece occupato formulando
le  lettere  g)  e  h)  della  medesima  disposizione,  ma  la   sola
eventualita'  che,  a  sito  prescelto,  esso  possa   acquisire   il
particolare status di area soggetta a vigilanza e protezione. 
    Le Regioni Emilia-Romagna, Umbria e Liguria, pur non condividendo
l'interpretazione cui sono pervenute le  altre  ricorrenti,  stimano,
tuttavia, che la norma impugnata si presterebbe a giustificare misure
protettive eccedenti l'ambito della competenza statale in materia  di
ordine pubblico e sicurezza, per sconfinare sul terreno  del  governo
del territorio. Cio' comporterebbe la violazione dell'art. 117, terzo
comma, Cost., in ragione della mancata  previsione  che  tali  misure
siano  adottate,  previa  intesa  con  le  Regioni   o   la   Regione
interessata, e che l'intesa si estenda fino alla selezione dell'area. 
    Questa Corte  ritiene  privo  di  fondamento  anche  tale  ultimo
presupposto interpretativo. Come si e' gia'  anticipato,  non  vi  e'
dubbio che l'art. 117, secondo, comma, lettera h), Cost.  giustifichi
una disciplina statale finalizzata alla prevenzione dei  reati  e  al
mantenimento dell'ordine pubblico (sentenze n. 383 del 2005  e  n.  6
del 2004), con particolare riferimento ai  siti  ove  viene  trattata
l'energia  nucleare,  ovvero   dove   sono   depositati   i   rifiuti
radioattivi, attesi i gravi rischi che notoriamente conseguono ad  un
indebito trattamento di tali fonti e di tali materiali. In un  simile
contesto,  la  disposizione  impugnata   rimette   allo   svolgimento
normativo di spettanza del  legislatore  delegato  la  piu'  puntuale
determinazione  del  contenuto  delle  misure  necessarie,  le  quali
assumeranno forme corrispondenti alla ragione giustificatrice che  si
e'  appena  evidenziata.  Ove,  invece,  tali  misure   venissero   a
compromettere una sfera di competenza  assegnata  alle  Regioni,  non
mancheranno a quest'ultime  gli  strumenti  giurisdizionali  per  far
valere le proprie prerogative, se del caso  anche  innanzi  a  questa
Corte. 
    Quanto, poi, alla selezione  dell'area  di  interesse  strategico
nazionale, una volta chiarito l'ambito  applicativo  della  norma  di
delega, ed anche ammesso in via meramente ipotetica che essa sia piu'
ampia della porzione di territorio ove l'impianto e' collocato,  deve
ritenersi  che  la  Regione   non   abbia   titolo   per   concorrere
all'esercizio di una funzione corrispondente ad un ambito di potesta'
esclusiva statale, che, nel rispetto dell'art. 118 Cost.,  sia  stata
allocata dalla legge nazionale presso organi centrali (sentenze n. 15
del 2010 e n. 88 del 2009). 
    Le questioni relative all'art. 25, comma  2,  lettera  a),  della
legge impugnata sono, per tali ragioni, non fondate. 
    16. - L'art. 26, comma 1, della legge  impugnata  stabilisce  che
«con delibera del CIPE, da adottare entro  sei  mesi  dalla  data  di
entrata  in  vigore  della  presente  legge  e  previo  parere  della
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, e  successive  modificazioni,  su  proposta  del
Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro  dell'ambiente
e della tutela del territorio e  del  mare,  sentite  le  Commissioni
parlamentari competenti, sono definite le  tipologie  degli  impianti
per la produzione di energia elettrica nucleare  che  possono  essere
realizzati nel  territorio  nazionale.  La  Conferenza  unificata  si
esprime entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i  quali  il
parere si intende acquisito». 
    Tale disposizione e' censurata dalle Regioni Marche,  Basilicata,
Lazio, Emilia-Romagna e Umbria. 
    Le Regioni ritengono che la norma attenga a  materia  oggetto  di
potesta' legislativa ripartita, e, nello specifico,  alla  produzione
dell'energia, secondo Emilia-Romagna, Umbria, Marche; al governo  del
territorio, secondo Emilia-Romagna, Lazio,  Basilicata;  alla  tutela
della  salute,  secondo  Lazio  e  Basilicata:  pertanto,  ove   essa
prevedesse una potesta' di tipo regolamentare, sarebbe violato l'art.
117, sesto  comma,  Cost.,  che  riserva  alle  Regioni  la  potesta'
regolamentare  in  tali   materie,   come   denunciano   le   Regioni
Emilia-Romagna,  Umbria,  Marche.  Se  invece  si  trattasse  di  una
funzione amministrativa chiamata in sussidiarieta', la norma  sarebbe
illegittima, con riferimento agli  artt.  117,  terzo  comma,  e  118
Cost., ed al principio di leale collaborazione, nella  parte  in  cui
prevede il parere, anziche' l'intesa, con  la  Conferenza  unificata,
come paventato dalle Regioni Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Lazio  e
Basilicata, e nella parte in cui non prevede, altresi', l'intesa  con
ciascuna  Regione  interessata  con  riguardo   alla   scelta   della
«tipologia dello specifico impianto in  uno  specifico  luogo»,  come
aggiungono Emilia-Romagna ed Umbria. 
    In via preliminare, va  dichiarata  non  fondata  l'eccezione  di
inammissibilita'   dell'Avvocatura   dello   Stato,   relativa   alla
circostanza per cui talune ricorrenti prospettano due interpretazioni
alternative  della  norma  impugnata,  stante  la   gia'   rammentata
ammissibilita' di questioni  interpretative,  purche'  non  prive  di
plausibilita', nel giudizio principale: nel nostro  caso,  il  dubbio
concernente  la  natura  del  potere  attribuito  al  CIPE,  che   il
legislatore delegante non  risolve  espressamente,  rientra  entro  i
limiti di tolleranza appena enunciati. 
    Esso, peraltro, va sciolto nel senso di escludere  che  la  norma
impugnata abbia conferito al CIPE una potesta' regolamentare.  Attesa
la ripartizione operata dall'art. 117  Cost.  di  tale  potesta'  tra
Stato e Regioni, secondo  un  criterio  obiettivo  di  corrispondenza
delle norme prodotte alle materie ivi indicate,  non  possono  essere
requisiti di carattere formale, quali il nomen iuris e la difformita'
procedimentale rispetto ai modelli di regolamento disciplinati in via
generale dall'ordinamento, a  determinare  di  per  se'  l'esclusione
dell'atto dalla  tipologia  regolamentare,  giacche',  in  tal  caso,
sarebbe  agevole  eludere  la   suddivisione   costituzionale   delle
competenze, introducendo nel tessuto ordinamentale norme  secondarie,
surrettiziamente rivestite di altra forma, laddove cio'  non  sarebbe
consentito. Nel caso di specie, tuttavia,  la  potesta'  affidata  al
CIPE non comporta la produzione di norme generali  ed  astratte,  con
cui si disciplinino i rapporti giuridici,  conformi  alla  previsione
normativa, che possano sorgere nel corso  del  tempo.  Essa,  invece,
esprime una scelta  di  carattere  essenzialmente  tecnico,  con  cui
l'amministrazione persegue la cura degli interessi  pubblici  a  essa
affidati dalla legge, individuando le tipologie di  impianti  idonee,
in concreto e con un atto, la cui sfera di efficacia si  esaurisce  e
si consuma entro  i  limiti,  obiettivi  e  temporali,  della  scelta
stessa. 
    Si  e'  pertanto  in  presenza  dell'esercizio  di  una  funzione
amministrativa, rispetto al quale non e' conferente l'art. 117, sesto
comma, Cost. Viene invece in rilievo, come  anticipato,  l'art.  117,
terzo comma, Cost., con riferimento alla  competenza  concorrente  in
materia di energia: la legge  delega,  in  ragione  di  un  interesse
all'esercizio unitario della funzione che nessuna delle ricorrenti ha
reso  oggetto  di  censura,  ne  ha   disposto   la   attrazione   in
sussidiarieta', limitandosi, tuttavia, a prevedere  il  parere  della
Conferenza unificata, anziche' l'intesa. 
    Il primo profilo da porre in evidenza, a tal proposito,  concerne
l'estraneita' del contenuto precettivo della norma rispetto alla fase
di  realizzazione  del  singolo  impianto,  che  trova   la   propria
disciplina, invece, nelle lettere g) e  h)  dell'art.  25,  comma  2,
della legge impugnata. Sara' dunque in quest'ultima sede che dovranno
trovare soddisfazione le esigenze partecipative di  ciascuna  Regione
interessata, secondo quanto gia' precisato. Le Regioni Emilia-Romagna
ed  Umbria,  in  altri  termini,  attribuiscono   alla   disposizione
impugnata un'applicazione piu' ampia di quanto essa non abbia. L'art.
26,  comma  1,  infatti,  disciplina  la  sola  fase  preliminare  di
selezione,  in  linea   astratta,   delle   tipologie   di   impianti
realizzabili dai soggetti richiedenti, mentre tace con riguardo  alla
scelta dello specifico impianto da realizzare in concreto,  sia  pure
sulla base della delibera del CIPE. Quest'ultima  opzione  rientra  a
tutti gli effetti, come si e' detto, nell'ambito del procedimento  di
autorizzazione unica retto dall'art. 25, comma 2, lettera g) e h), in
relazione alla «istanza del soggetto richiedente», e per tale via  si
offre  alla  codeterminazione  dell'atto  da  parte   della   Regione
interessata, una volta che il legislatore delegato  abbia  provveduto
ad introdurre la relativa intesa. 
    Cio' detto, resta  da  ponderare  l'adeguatezza  dello  strumento
partecipativo  prescelto  dalla  legge  delega,  ovvero  del  parere,
anziche' dell'intesa con la Conferenza unificata. 
    In linea di principio, e' affermazione di  questa  Corte  che  la
chiamata in sussidiarieta' possa «superare il vaglio di  legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina  che  prefiguri  un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento orizzontale, ovverossia le intese,  che  devono  essere
condotte in base al principio di lealta'» (sentenza n. 303 del  2003,
punto 2.2 del Considerato in diritto). 
    Tale principio e' destinato ad  operare  senza  eccezione  alcuna
laddove    l'attrazione    in    sussidiarieta'    della    funzione,
accompagnandosi all'attribuzione alla legge nazionale della  potesta'
di  disciplinare  fattispecie  altrimenti  di  competenza  regionale,
implica  un'alterazione  dell'ordinario  rapporto  tra  processo   di
integrazione politica affidato allo Stato e processo di  integrazione
politica proprio del sistema regionale, con l'effetto che  il  nucleo
fondante di una decisione espressiva di discrezionalita'  legislativa
si  trova  collocato  interamente  entro  la  prima  sfera,  e  viene
sottratto alla seconda. In presenza di un tale effetto, ed al fine di
assicurare l'emersione degli interessi intestati  dalla  Costituzione
all'autonomia  regionale,  la  legge  statale   deve   garantire   la
riespansione delle capacita' decisionali della  Regione  interessata,
per mezzo di una paritaria codeterminazione dell'atto, non superabile
per mezzo di una iniziativa unilaterale di una delle parti  (sentenza
n. 383 del 2005). 
    Altro discorso va invece svolto con riguardo al caso, che ricorre
con riferimento alla disposizione impugnata, in cui la legge statale,
in  materia  di  competenza  concorrente,  attribuisce  la   funzione
amministrativa, di cui va assicurato l'esercizio  unitario  ai  sensi
dell'art.  118  Cost.,  ad  un  organo  centrale,  laddove  essa  sia
caratterizzata da una natura eminentemente  tecnica,  che  esige,  in
quanto  tale,  scelte  improntate  all'osservanza   di   standard   e
metodologie desunte dalle scienze. Per tale evenienza,  questa  Corte
ha  gia'  affermato   che   «il   coinvolgimento   della   Conferenza
Stato-Regioni   puo'   limitarsi   all'espressione   di   un   parere
obbligatorio» (sentenza n. 285 del 2005, punto 9 del  Considerato  in
diritto). 
    L'art. 26, comma 1,  risponde  appunto  alla  necessita'  che  la
selezione  delle  tipologie  ammissibili  di  impianti  nucleari  sia
governata secondo criteri tecnici di efficacia e sicurezza, affinche'
la successiva individuazione della struttura compatibile  con  simile
preliminare scrematura sia svolta (nel corso della fase  di  concreta
allocazione  di  essa,  cui  dovra'  partecipare   ciascuna   Regione
interessata), sulla base di tale comune, e necessaria garanzia.  Tale
disposizione, cosi' interpretata, si sottrae  per  tali  motivi  alle
censure mosse, sicche' le questioni relative all'art.  26,  comma  1,
della legge impugnata vanno dichiarate non fondate. 
    17. -  Esaurita  la  trattazione  delle  censure  concernenti  il
settore  dell'energia  nucleare,  possono  esaminarsi  le   doglianze
relative  all'art.  27,  comma  27,  della  legge   impugnata.   Tale
disposizione stabilisce che «agli impianti di produzione  di  energia
elettrica alimentati con carbon  fossile  di  nuova  generazione,  se
allocati in impianti industriali dismessi, nonche' agli  impianti  di
produzione di energia elettrica a carbon fossile, qualora  sia  stato
richiesto un aumento della capacita' produttiva, si  applicano,  alle
condizioni ivi previste, le disposizioni di  cui  all'articolo  5-bis
del  decreto-legge  10  febbraio  2009,   n.   5,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33».  A  propria  volta,
l'art. 5-bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (Misure urgenti
a sostegno dei settori industriali in crisi, nonche' disposizioni  in
materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore
lattiero-caseario), convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  9
aprile 2009, n. 33, a suo tempo  non  impugnato  in  via  principale,
prevede che «per la riconversione degli  impianti  di  produzione  di
energia elettrica alimentati ad olio combustibile in  esercizio  alla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto, al fine di consentirne l'alimentazione  a  carbone  o  altro
combustibile solido, si procede in deroga alle  vigenti  disposizioni
di legge nazionali e regionali che prevedono limiti di localizzazione
territoriale, purche' la riconversione assicuri l'abbattimento  delle
loro emissioni di almeno il 50 per cento rispetto ai limiti  previsti
per i grandi impianti di combustione di cui alle sezioni  1,  4  e  5
della parte II dell'allegato II alla parte V del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152. La presente disposizione si applica  anche  ai
procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della  legge  di
conversione del presente decreto». 
    Le  Regioni  Piemonte,  Umbria  e  Liguria   ritengono   che   la
disposizione impugnata leda  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  con
riferimento alle materie dell'energia, del governo del territorio  e,
quanto alle sole Umbria e Liguria, della tutela della  salute.  Essa,
infatti,  costituirebbe   norma   dettagliata,   tale   da   impedire
qualsivoglia sviluppo ulteriore da parte del legislatore regionale. 
    Le Regioni Umbria e Liguria aggiungono  che,  derogando  ad  ogni
limite di localizzazione, si produrrebbe l'effetto di  vanificare  il
procedimento  di  intesa  previsto  dall'art.   1,   comma   2,   del
decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure urgenti per garantire  la
sicurezza  del  sistema   elettrico   nazionale),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 9  aprile  2002,  n.  55,  al  fine  della
costruzione e dell'esercizio degli impianti energetici  indicati  dal
comma 1 della medesima disposizione, poiche' la Regione  non  avrebbe
piu' titolo per farvi valere «quei valori di ordine territoriale,  di
tutela della  salute,  ambientali,  turistici,  ecc.»,  ai  quali  e'
preordinata la legislazione. Si tratta di una censura niente  affatto
«ipotetica», come invece ritiene l'Avvocatura dello  Stato,  giacche'
paventa in modo  univoco  la  spoliazione  del  potere  regionale  di
interloquire in sede di  intesa  con  l'Amministrazione  statale,  in
ragione della deroga alla normativa urbanistica regionale. 
    17.1. - La questione non e' fondata, per  le  considerazioni  che
seguono. 
    La disposizione impugnata,  al  fine  di  contenere,  per  quanto
possibile, l'emissione nell'ambiente di sostanze inquinanti, appresta
una disciplina di favore con riguardo all'insediamento sul territorio
degli impianti di produzione  di  energia  elettrica  alimentati  con
carbon fossile, prevedendo che, alla condizione  di  limitare,  nella
misura indicata dall'art. 5-bis del decreto-legge n. 5 del  2009,  il
pregiudizio ambientale connesso a tale fonte di energia, vi si  possa
procedere «in deroga alle vigenti disposizioni di legge  nazionali  e
regionali che prevedono limiti di localizzazione territoriale». 
    Sul piano delle competenze,  la  finalita'  di  contenimento  del
pregiudizio ambientale, comunque correlato agli  impianti  da  carbon
fossile,  si  innesta  su  una  previsione  diretta  ad  incidere  su
interessi attribuibili alle materie concorrenti della  produzione  di
energia e del governo del territorio: si e',  infatti,  compiuta  una
scelta di promozione di una particolare fonte energetica,  per  mezzo
di uno strumento, la deroga ai limiti legislativi di  localizzazione,
che chiaramente fa leva sull'assetto urbanistico del territorio. 
    A concludere per la natura dettagliata della norma, tuttavia, non
aiuta il carattere derogatorio che essa riveste,  poiche',  in  linea
generale, e'  ben  possibile  attribuire  alla  potesta'  legislativa
statale  in  materia  concorrente  l'introduzione  di  un  regime  di
esenzione, rispetto all'osservanza dei principi a partire  dai  quali
si origina la normativa di dettaglio:  la  deroga  al  principio,  in
altri termini, puo' esprimere una scelta  di  sistema,  a  sua  volta
ascrivibile a principio fondamentale della materia. 
    Nel caso di specie, viene in rilievo la deroga relativa ai limiti
di  localizzazione  territoriale  vigenti  nella  sola   legislazione
regionale, giacche'  non  vi  e'  un  interesse  delle  ricorrenti  a
contestare la scelta del legislatore statale di superare, altresi', i
medesimi limiti, se evincibili dalla legislazione nazionale. 
    Su questo piano, si trovano a dover essere conciliate, sulla base
delle   disposizioni   costituzionali   relative   alla    competenza
legislativa, da un  lato  l'esigenza  di  conferire  attuazione  alla
decisione, propria del legislatore statale, di promuovere  un'opzione
energetica, aprendo  ad  essa,  quale  principio  fondamentale  della
materia, l'intero territorio;  dall'altro,  le  prerogative,  proprie
dell' autonomia regionale, di governare lo sviluppo urbanistico. 
    Le une  e  le  altre  godono  di  pari  dignita'  costituzionale,
cosicche' la compressione di un interesse a  vantaggio  di  un  altro
andra' apprezzata su di un piano di necessaria proporzionalita',  nel
senso  che  il  legislatore  statale  potra'  espandere  la   propria
normativa non oltre il  punto  in  cui  essa  si  renda  strettamente
servente rispetto alla finalita' perseguita, preservando, oltre  tale
linea,  la  potesta'  regionale  di   sviluppare   con   la   propria
legislazione i  principi  fondamentali  in  tal  modo  tracciati.  E'
necessario, in altri termini, che le competenze in gioco non assumano
«carattere di esclusivita', dovendo armonizzarsi e coordinarsi con la
disciplina posta a tutela di tali interessi differenziati»  (sentenza
n. 383 del 2005, punto 12 del Considerato in diritto). 
    In tale prospettiva, non e'  certamente  nuovo  il  problema  che
viene oggi posto a questa Corte, la  quale  si  e'  trovata  in  piu'
occasioni a valutare il rapporto tra fonte statale e fonte regionale,
in punto di equilibrio tra l'obiettivo di sviluppo  di  una  rete  di
impianti perseguito dalla  prima  e  l'aspirazione  della  seconda  a
imporre, in proposito, criteri di localizzazione. 
    Fin dalla sentenza n. 307 del 2003, si  e'  posto  in  luce  che,
«quanto alle discipline localizzative e territoriali, e'  logico  che
riprenda pieno vigore l'autonoma capacita' delle Regioni e degli enti
locali di regolare l'uso del proprio territorio, purche', ovviamente,
criteri localizzativi e standard urbanistici rispettino  le  esigenze
della pianificazione  nazionale  degli  impianti  e  non  siano,  nel
merito,  tali   da   impedire   od   ostacolare   ingiustificatamente
l'insediamento degli stessi», mentre la sentenza n. 331 del  2003  ha
aggiunto, pur con riferimento alle disposizioni  recate  dalla  legge
cornice  in  tema   di   protezione   dalla   esposizione   a   campi
elettromagnetici, che la legge regionale, mentre non puo'  introdurre
«limitazioni alla localizzazione», ben puo' somministrare «criteri di
localizzazione», quand'anche  formulati  «in  negativo»,  ovvero  per
mezzo della delimitazione di  aree  ben  identificate,  ove  emergano
interessi  particolarmente   pregnanti   affidati   alle   cure   del
legislatore regionale, e purche' cio' non determini  l'impossibilita'
di una localizzazione alternativa. 
    E' in questo stesso senso che si sono espresse sia la sentenza n.
103 del 2006, sia la sentenza n. 303  del  2007.  Infine,  la  stessa
localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti,  una  volta
assicurata l'osservanza  delle  «soglie  inderogabili  di  protezione
ambientale» proprie della legislazione  statale,  e'  stata  ascritta
alla competenza legislativa regionale (sentenza n. 314 del 2009). 
    Il cuore delle argomentazioni della giurisprudenza costituzionale
sul punto controverso va, percio', individuato nel principio  per  il
quale, in linea generale, e' precluso alla legge regionale ostacolare
gli obiettivi di insediamento sottesi ad interessi  ascrivibili  alla
sfera di competenza legislativa statale, mentre, nello stesso  tempo,
lo Stato e' tenuto a preservare uno spazio alle scelte  normative  di
pertinenza regionale, che puo' essere negato solo  nel  caso  in  cui
esse generino l'impossibilita', o  comunque  l'estrema  ed  oggettiva
difficolta', a conseguire il predetto obiettivo, caso in cui la norma
statale  si  atteggia,  nelle  materie   concorrenti,   a   principio
fondamentale, proprio per la parte in cui detta le  condizioni  ed  i
requisiti necessari allo scopo. 
    La  disposizione  impugnata  puo'  e  deve  essere   interpretata
restrittivamente, in senso conforme a tale principio. 
    Con essa il legislatore statale,  anziche'  indicare  criteri  di
localizzazione  favorevoli  alla  realizzazione  degli  impianti   in
questione, si e' spinto fino all'adozione di  una  generale  clausola
derogatoria della legislazione regionale, per quanto  in  un  settore
ove non emerge la  necessita'  di  costruire  una  rete  di  impianti
collegati gli uni agli altri, e dunque in assenza di un imperativo di
carattere  tecnico  che  imponesse  un'incondizionata  subordinazione
dell'interesse urbanistico ad esigenze di funzionalita'  della  rete.
Tale  tecnica  legislativa,  proprio  in   ragione   per   un   verso
dell'ampiezza   e   per   altro    verso    della    indeterminatezza
dell'intervento   operato   (con    esso,    infatti,    si    deroga
indiscriminatamente  all'intera  legislazione  regionale   indicata),
necessita  di   venire   ricondotta   a   proporzionalita'   in   via
interpretativa,  cio'  che  la  formulazione  letterale  della  norma
consente. 
    Va osservato, infatti,  che  la  disposizione  impugnata  ha  per
oggetto le leggi regionali «che prevedono  limiti  di  localizzazione
territoriale». Questa Corte ritiene che tale espressione  linguistica
sia stata impiegata dal legislatore esattamente  nell'accezione  che,
sia pure con riferimento ad un  caso  peculiare,  gia'  si  e'  visto
ricorrere  nella  sentenza  n.  331  del   2003,   per   distinguerla
dall'ipotesi dei consentiti «criteri di localizzazione»,  ovvero  per
il caso in cui  la  legge  regionale  determini,  qui  con  specifico
riguardo agli impianti di produzione di energia elettrica, un divieto
di    localizzazione    tale    da    determinare    l'impossibilita'
dell'insediamento e non permetta, nel  contempo,  una  localizzazione
alternativa. 
    Non vengono coinvolte dalla deroga,  pertanto,  ne'  la  generale
normativa regionale  di  carattere  urbanistico,  che  non  abbia  ad
oggetto gli impianti in questione, o che comunque non si prefigga  di
impedirne la realizzazione, ne'  tantomeno  le  discipline  regionali
attinenti  alle  materie  di  competenza  legislativa   residuale   o
concorrente, che siano estranee al governo del territorio. 
    Cosi' interpretato, l'art. 27, comma 27, della legge impugnata si
sottrae a censura, anche con  riferimento  al  contenuto  dell'intesa
prevista dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 7 del 2002: va da
se', infatti, che in questa sede la Regione non potra'  opporre  allo
Stato le sole ragioni impeditive desumibili dalla  normativa  oggetto
di deroga, mentre le sara' consentito far valere,  sotto  ogni  altro
aspetto, le proprie prerogative. 
    18. - La Regione Toscana  e  la  Regione  Lazio  hanno  impugnato
l'art. 3, comma 9, della legge n. 99 del 2009,  il  quale  stabilisce
che «al fine di garantire migliori condizioni di  competitivita'  sul
mercato internazionale e dell'offerta  di  servizi  turistici,  nelle
strutture  turistico-ricettive  all'aperto,  le  installazioni  e   i
rimessaggi dei mezzi mobili  di  pernottamento,  anche  se  collocati
permanentemente, per l'esercizio dell'attivita', entro  il  perimetro
delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purche'
ottemperino alle specifiche condizioni  strutturali  e  di  mobilita'
stabilite dagli ordinamenti regionali,  non  costituiscono  in  alcun
caso   attivita'   rilevanti   ai   fini   urbanistici,   edilizi   e
paesaggistici». 
    La Regione Toscana lamenta che tale disposizione sia in contrasto
con  l'art.  117,  terzo   comma,   Cost.   in   quanto   inciderebbe
illegittimamente sulle competenze regionali in materia di governo del
territorio, escludendo a priori che i mezzi mobili  di  pernottamento
costituiscano attivita' rilevante dal  punto  di  vista  urbanistico,
edilizio  e  paesaggistico,  e   consentendone   dunque   la   libera
realizzazione. 
    Inoltre, riconoscendo la possibilita' che i  mezzi  in  questione
siano collocati permanentemente senza la necessita' di  alcun  titolo
abilitativo, ad avviso della  ricorrente  la  disposizione  impugnata
vanificherebbe l'art. 78 della legge della Regione Toscana 3  gennaio
2005,  n.  1  (Norme  per  il  governo  del  territorio),  che,   con
disposizione del tutto analoga a quella statale contenuta nell'art. 3
del d.P.R. 6 giugno 2001, n.  380  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative  e  regolamentari  in  materia  edilizia.  -  Testo   A),
assoggetta  a  permesso  di  costruire  le  strutture  mobili  (quali
prefabbricati, roulottes, campers, ecc.) che  siano  utilizzate  come
abitazioni, depositi, ambienti di lavoro e che non siano destinate  a
soddisfare esigenze meramente temporanee. 
    Anche la Regione Lazio lamenta la violazione dell'art. 117, terzo
comma, Cost. dal  momento  che  l'art.  3,  comma  9,  trascenderebbe
l'ambito di intervento della fonte statale in materia di governo  del
territorio, circoscritto alla fissazione dei  principi  fondamentali.
La  disposizione  impugnata  detterebbe,  infatti,   una   disciplina
analitica  e  puntuale,  precludendo  al  legislatore  regionale   la
possibilita'  di  operare  differenti  valutazioni  in  ordine   alla
rilevanza  ai  fini  urbanistici  ed  edilizi  degli  interventi   in
questione. 
    Ad avviso della Regione Lazio sarebbe, altresi',  violato  l'art.
117, quarto comma, Cost. Infatti, poiche' l'art. 3,  comma  9,  della
legge n. 99 del 2009 si propone l'obiettivo di  migliorare  l'offerta
dei servizi turistici, esso inciderebbe  nella  materia  del  turismo
riservata alla competenza residuale delle Regioni. 
    18.1. - Preliminarmente si osserva che, in quanto dettata per  la
suddetta finalita' di  miglioramento  dell'offerta  turistica  ed  in
quanto concernente talune strutture turistico- ricettive, la norma in
esame certamente interseca la materia del turismo. Tuttavia,  poiche'
l'oggetto  principale,  il  suo  «nucleo  essenziale»  -  secondo  il
consolidato criterio elaborato  dalla  giurisprudenza  costituzionale
(tra le piu' recenti, si vedano le sentenze n. 52 del 2010 e  n.  339
del 2009)  -  e'  costituito  dalla  disciplina  urbanistico-edilizia
relativa alla installazione di mezzi mobili  di  pernottamento,  essa
deve essere ricondotta alla materia del governo del territorio di cui
al terzo comma dell'art. 117 Cost. 
    18.2. - Cio' posto, la questione prospettata in relazione a  tale
ultimo parametro e' fondata. 
    La   realizzazione   di   strutture   mobili   e'   espressamente
disciplinata dal legislatore statale, che, all'art. 3 (L) del  d.P.R.
n. 380 del 2001, qualificando come «interventi di nuova  costruzione»
gli  interventi  di  trasformazione  edilizia   e   urbanistica   del
territorio,  specifica,  al   punto   e.5),   che   comunque   devono
considerarsi  tali  «l'installazione  di  manufatti  leggeri,   anche
prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere,  quali  roulottes,
campers,  case  mobili,  imbarcazioni,  che  siano  utilizzati   come
abitazioni, ambienti di lavoro, oppure  come  depositi,  magazzini  e
simili, e che non  siano  diretti  a  soddisfare  esigenze  meramente
temporanee». La realizzazione di tali interventi  e'  subordinata  al
conseguimento di specifico titolo abilitativo costituito dal permesso
di costruire (salve le ipotesi in cui e' prevista la denuncia  inizio
attivita'; confronta artt. 10 e 22). 
    In sostanza, la normativa statale sancisce il principio  per  cui
ogni trasformazione permanente del  territorio  necessita  di  titolo
abilitativo e cio' anche ove si tratti di strutture mobili  allorche'
esse non abbiano carattere precario. 
    Il discrimine tra necessita' o meno di titolo abilitativo e' data
dal duplice elemento: precarieta' oggettiva dell'intervento, in  base
alle tipologie dei materiali utilizzati, e precarieta' funzionale, in
quanto caratterizzata dalla temporaneita' dello stesso. 
    Tale principio e' stato ribadito da molti  legislatori  regionali
(in particolare si vedano, in  tal  senso,  la  legge  della  Regione
Toscana 3 gennaio 2005, n. 1,  recante  «Norme  per  il  governo  del
territorio», art. 78 e la legge  della  Regione  Lombardia  11  marzo
2005, n. 12 recante «Legge per il governo del territorio»,  art.  27,
comma 1, lettera e5). 
    Il  comma  9  dell'art.  3  in  questione  detta  una  disciplina
concernente   un   ambito   specifico,   in   quanto   si   riferisce
esclusivamente  alle   «strutture   turistico-ricettive   all'aperto»
(campeggi, villaggi turistici - secondo la individuazione fatta dalle
varie leggi regionali). 
    Inoltre,  tale  disposizione  ha   ad   oggetto   unicamente   la
installazione  di  mezzi  mobili  di  pernottamento  e  dei  relativi
rimessaggi (il riferimento e'  a  campers,  roulottes,  case  mobili,
ecc.). 
    In queste ipotesi la disposizione impugnata esclude la  rilevanza
di  tali  attivita'  a  fini  urbanistici  ed  edilizi   (oltre   che
paesaggistici), e,  conseguentemente,  la  necessita'  di  conseguire
apposito titolo abilitativo per la loro realizzazione, sulla base del
mero dato oggettivo, cioe' della precarieta' del  manufatto,  dovendo
trattarsi  di  «mezzi  mobili»   secondo   quanto   stabilito   dagli
ordinamenti regionali. 
    Tale elemento strutturale e' considerato  a  priori  di  per  se'
sufficiente, ed anzi e' espressamente esclusa la rilevanza  del  dato
temporale   e   funzionale   dell'opera,   in   quanto   si   prevede
esplicitamente che possa trattarsi anche  di  opere  permanenti,  sia
pure connesse all'esercizio dell'attivita' turistico-ricettiva. 
    Risulta  pertanto  evidente  che  l'intervento  del   legislatore
statale presenta carattere di norma di dettaglio,  in  quanto  ha  ad
oggetto una disciplina limitata a specifiche tipologie di  interventi
edilizi realizzati in contesti ben definiti e circoscritti. 
    Se, come piu' volte chiarito da questa Corte, alla  normativa  di
principio spetta di prescrivere  criteri  e  obiettivi,  mentre  alla
normativa di dettaglio e' riservata l'individuazione degli  strumenti
concreti da utilizzare per raggiungere tali obiettivi  (ex  plurimis:
sentenze n. 16 del 2010, n. 340 del 2009 e n. 401 del  2007),  l'art.
3, comma 9, introduce una disciplina che si risolve in una  normativa
dettagliata e specifica che non lascia alcuno spazio  al  legislatore
regionale. 
    Essa, pertanto, oltrepassa i confini  delle  competenze  che,  ai
sensi dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  spettano  al  legislatore
statale in materia di governo del territorio. 
    In conclusione, l'art. 3, comma 9, della legge  n.  99  del  2009
deve essere dichiarato  illegittimo  per  violazione  dell'art.  117,
terzo comma, Cost. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi, 
    Dichiara inammissibili gli interventi dell'Associazione  italiana
per il World Wide Fund for Nature  Onlus  Ong  (WWF),  del  Codacons,
Coordinamento  delle  associazioni   e   dei   comitati   di   tutela
dell'ambiente e dei diritti degli utenti  e  dei  consumatori,  dell'
Enel s.p.a. e della Terna - Rete Elettrica Nazionale s.p.a.; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo  3,  comma
9, della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo  e
l'internazionalizzazione  delle  imprese,  nonche'  in   materia   di
energia); 
    Dichiara inammissibile il ricorso indicato in  epigrafe  proposto
dalla Regione Molise avverso gli artt. 25, comma 2, lettera g), e 26,
comma 1, della legge n. 99 del 2009, in riferimento agli  artt.  117,
terzo comma  e  118  della  Costituzione  e  al  principio  di  leale
collaborazione; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera f), della legge  n.  99
del 2009, promossa dalla Regione Marche  in  riferimento  all'art.  3
della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettere g) e h), della legge n.
99 del 2009, promosse,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  97  della
Costituzione, dalla Regione Calabria,  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionalita' dell'art. 25, comma 2, lettera g), della  legge  n.
99 del 2009, promosse dalle Regioni Umbria, Liguria, Emilia-Romagna e
Puglia  in   riferimento   all'art.   117,   secondo   comma,   della
Costituzione, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera g), della legge  n.  99
del 2009, promosse, in riferimento all'art. 120  della  Costituzione,
dalle Regioni Puglia e Calabria, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera h), della legge  n.  99
del 2009, promossa, in riferimento all'art. 117, secondo comma, della
Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna, con il  ricorso  indicato
in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera h), della legge  n.  99
del 2009 promossa, in riferimento all'art.  120  della  Costituzione,
dalla Regione Calabria, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera g), della legge  n.  99
del 2009, promosse dalle Regioni  Lazio,  Toscana,  Umbria,  Liguria,
Emilia-Romagna, Marche, Puglia, Basilicata, Calabria, in  riferimento
agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione  e  al
principio  di  leale  collaborazione,  con  i  ricorsi  indicati   in
epigrafe; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera h), della legge  n.  99
del 2009, promosse dalle  Regioni  Toscana,  Emilia-Romagna,  Marche,
Calabria, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e  118
della Costituzione e al principio  di  leale  collaborazione,  con  i
ricorsi indicati in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettere l) e q), della legge n.
99 del 2009, promosse, in riferimento agli  artt.  117  e  118  della
Costituzione,  dalla  Regione  Lazio,  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 27, comma 27, della legge n.  99  del  2009,
promosse, in riferimento agli artt. 118  e  120  della  Costituzione,
dalla Regione Piemonte, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 27, commi 14, 24, lettere c) e d), 28, 31  e
34 della legge n. 99 del 2009, promosse, in  riferimento  agli  artt.
76, 97, 117 e 118 della Costituzione, dalla  Regione  Lazio,  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 25, comma 1, della legge n. 99  del  2009,  promosse  dalle
Regioni Lazio e Basilicata, in riferimento agli artt. 117 e 118 della
Costituzione, e al principio di leale collaborazione quanto alla sola
Regione Basilicata, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 25, comma 1, della legge n. 99  del  2009,  promossa  dalla
Regione Lazio, in riferimento agli artt. 76 e 117, terzo comma, della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 25, comma 2, lettera  a),  della  legge  n.  99  del  2009,
promosse  dalle  Regioni  Emilia-Romagna,  Umbria,  Liguria,  Marche,
Toscana, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione e  al
principio  di  leale  collaborazione,  con  i  ricorsi  indicati   in
epigrafe; 
    Dichiara inammissibili nella parte  di  cui  al  punto  14.3  del
Considerato in diritto, e non fondate, nella parte di  cui  al  punto
14.2  del  Considerato  in  diritto,  le  questioni  di  legittimita'
costituzionalita' dell'art. 25, comma 2, lettera f), della  legge  n.
99 del 2009, promosse  dalle  Regioni  Umbria  e  Emilia-Romagna,  in
riferimento agli artt. 117,  118  e  120  della  Costituzione,  e  al
principio  di  leale  collaborazione,  con  i  ricorsi  indicati   in
epigrafe; 
    Dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 25, comma 2, lettera  f),  della  legge  n.  99  del  2009,
promosse dalle Regioni Lazio, Toscana e Marche, in  riferimento  agli
artt. 117, 118, 120 della  Costituzione,  e  al  principio  di  leale
collaborazione, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    Dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 26, comma 1, della legge n. 99  del  2009,  promosse  dalle
Regioni  Lazio,  Umbria,  Emilia-Romagna,  Marche  e  Basilicata,  in
riferimento agli  artt.  117,  terzo  e  sesto  comma,  e  118  della
Costituzione e al principio di leale collaborazione,  con  i  ricorsi
indicati in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 27, comma 27, della legge n. 99  del  2009  promossa  dalle
Regioni Umbria, Liguria e  Piemonte,  in  riferimento  all'art.  117,
terzo comma, della Costituzione, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    Dichiara estinto il giudizio promosso dalla Regione Piemonte, con
il ricorso indicato in  epigrafe,  limitatamente  alle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 25,  comma  2,  lettera  g),  e
dell'art. 26, comma 1, della  legge  n.  99  del  2009,  promosse  in
riferimento agli artt. 3, 117, terzo comma e 120 della Costituzione. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: De Siervo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 22 luglio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola