N. 290 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 febbraio 2010

Ordinanza emessa dal Giudice di  pace  di  Pistoia  nel  procedimento
penale a carico di Cheng Mei Jun. 
 
Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello  Stato
  - Configurazione della fattispecie  come  reato  -  Violazione  del
  principio di ragionevolezza per il perseguimento di  una  finalita'
  gia' realizzabile tramite la procedura di espulsione amministrativa
  - Violazione del  principio  di  uguaglianza  e  del  principio  di
  materialita' - Lesione dei diritti inviolabili dell'uomo. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art.  10-bis,  aggiunto
  dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 2, 3, primo comma, e 25, comma secondo. 
(GU n.40 del 6-10-2010 )
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel procedimento n. 177/09 R.G. a carico dell'imputata Cheng  Mei
Jun all'udienza del 25  febbraio  2010  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza di rimessione alla Corte  costituzionale  dell'art.  10-bis
d.lgs. n. 286/1998 come introdotto dall'art.  l  comma  16  legge  15
luglio 2009 n. 94 in relazione agli artt. 2, 3 comma 1 e 25  comma  2
Cost. 
    Premesso che: 
        la  difesa  dell'imputato  ha  sollevato  la   questione   di
legittimita' costituzionale della norma suddetta  per  contrasto  con
gli  artt.  3,  2,  27  e  10  Cost.,  chiedendo  per  l'effetto   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale  e  la  sospensione
del processo. 
    Ritenuto che: 
        in punto di rilevanza, l'imputata e' stato tratto a  giudizio
per rispondere del reato di soggiorno illegale nel  territorio  dello
Stato italiano, ai sensi dell'art. 10-bis d.lgs. n. 286/98, in quanto
si e' intrattenuta nel nostro paese priva di qualsivoglia  titolo  di
soggiorno, e la questione sollevata e' quindi rilevante ai  fini  del
decidere, in quanto la  condotta  ascritta  alla  Cheng  deve  essere
qualificata giuridicamente come reato p.e.p.  dall'art.  10-bis  cit.
risulta  documentalmente  provata  la  illegittima   presenza   della
straniera nel territorio nazionale. 
    In punto di non manifesta infondatezza, si osserva quanto segue. 
    1) La norma in esame appare in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,
sotto il profilo della irragionevolezza. 
    Pur nel rispetto infatti del potere discrezionale del legislatore
di  regolare  la  materia  dell'immigrazione  tenendo   conto   della
complessita' dei problemi collegati ai flussi migratori,  si  ritiene
che   tale   potere   trovi   comunque   dei   limiti    insuperabili
nell'osservanza  dei  principi  fondamentali   del   sistema   penale
stabiliti dalla Costituzione e nell'adozione di soluzioni orientate a
canoni   di   ragionevolezza   e   razionalitita'   finalistica.   In
particolare, la fattispecie criminosa in oggetto appare irragionevole
in quanto priva di  fondamento  giustificativo  e  dunque  del  tutto
inutile, essendo presenti  nel  nostro  ordinamento  altri  strumenti
normativi idonei al raggiungimento del medesimo scopo. La ratio della
nuova disciplina in esame e' infatti esclusivamente  l'allontanamento
dello straniero clandestino dal nostro  territorio  -  vedi  art.  16
d.lgs. n. 286/98,  in  cui  l'espulsione  e'  prevista  appunto  come
sanzione sostitutiva, nonche' art. 10-bis n. 5 d.lgs. cit., in cui il
giudice deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere una  volta
acquisita  la   notizia   dell'esecuzione   dell'espulsione   o   del
respingimento - sovrapponendosi cosi'  all'espulsione  amministrativa
di cui agli artt. 13 e ss. d.lgs. n.  286/98,  procedimento  tutt'ora
operante, che e' finalizzato appunto a perseguire lo stesso scopo del
nuovo reato de quo. L'ambito di applicazione  dell'art.  10-bis  cit.
appare infatti perfettamente coincidente con la  procedura  demandata
alle   Autorita'   amministrative,   previa   convalida    in    sede
giurisdizionale, in quanto risultano  imputati  i  medesimi  soggetti
che, avendo violato gli artt. 13 e ss. del T.U., sono espulsi tramite
decreto dal Prefetto competente, e allontanati dal nostro  territorio
mediante accompagnamento alla frontiera per opera  del  Questore.  La
sanzione penale dovrebbe invece essere prevista per  una  determinata
fattispecie solo quale extrema ratio, quando cioe' il legislatore non
abbia  potuto   individuare   altri   strumenti   efficaci   per   il
conseguimento della medesima finalita',  e  sia  dunque  costretto  a
ricorrere alla  penalizzazione  di  condotte  in  nessun  altro  modo
prevenibili e sanzionabili. 
    2) L'art. 10-bis cit. appare inoltre in contrasto  con  l'art.  3
Cost. sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza,
e con l'art. 25 comma 2 Cost., sotto il profilo della violazione  del
principio di materialita',  risultando  configurata  una  fattispecie
penale discriminatoria fondata su particolari condizioni personali  e
sociali,  anziche'  su  fatti  e  comportamenti  riconducibili   alla
volonta' del soggetto attivo. 
    L'ingresso o il soggiorno illegali in Italia sono  stati  infatti
gia' regolati dettagliatamente dal T.U.  cit.,  che  ha  disciplinato
tutti  i  presupposti  in  presenza  dei  quali  lo  straniero   puo'
legittimamente trattenersi nel nostro territorio, e tutte le  ipotesi
in cui invece deve essere allontanato, in quanto non in regola con le
norme  che  ne  consentono  la  permanenza.  L'art.  10-bis  cit.  ha
l'effetto quindi di incriminare una condotta di per  se'  irrilevante
agli effetti penalistici e gia' disciplinata in via amministrativa  -
atteso che l'ingresso o il soggiorno irregolari non ledono alcun bene
meritevole di tutela penale, ne'  sono  di  per  se'  sintomatici  di
pericolosita' sociale, come ricordato dalla sentenza n.  78/07  della
Corte  costituzionale  in  tema  di   applicabilita'   delle   misure
alternative  alla  detenzione  agli  stranieri  clandestini  -  e  di
criminalizzare invece lo status dello straniero privo di permesso  di
soggiorno o  di  altro  analogo  titolo,  colpendo  pertanto  la  sua
condizione personale e sociale, comune a tutti i migranti  economici,
che lasciano il proprio stato di appartenenza per reali necessita' di
sopravvivenza. 
    3) Il reato in oggetto appare infine in contrasto  con  l'art.  2
Cost. - che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo  e
richiede  l'adempimento  dei  doveri  inderogabili  di   solidarieta'
politica,  economica  e  sociale  -  poiche',   con   la   previsione
indiscriminata dell'illecita' penale  dell'immigrazione  clandestina,
si provocherebbe il mutamento  dell'atteggiamento  dei  cittadini  in
senso contrario alla societa'  aperta  e  solidale,  costruita  sulla
promozione di coloro  che  versano  in  condizioni  svantaggiate.  In
questo senso si e' peraltro gia'  espressa  la  Corte  costituzionale
nella  sentenza  n.   519/1995,   con   cui   e'   stata   dichiarata
l'incostituzionalita' del reato di mendicita', sottolineando  che  la
mera mendicita' non invasiva, paragonabile ad una richiesta  d'aiuto,
non poneva  in  pericolo  i  beni  giuridici  della  tranquillita'  e
dell'ordine pubblico. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Ritenuta la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione proposta, solleva questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 10-bis d.lgs. n. 286/98 per contrasto con gli  artt.  2,  3
primo comma e 25 comma 2 Cost. 
    Ordina la trasmissione degli atti  alla  Corte  costituzionale  e
sospende il giudizio in corso, con comunicazione  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti delle Camere. 
        Pistoia, addi' 25 febbraio 2010 
 
                    Il Giudice di pace: Guazzelli