N. 299 SENTENZA 18 - 22 ottobre 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Puglia  per  l'accoglienza,   la
  convivenza civile e l'integrazione degli  immigrati  -  Preliminare
  delimitazione dell'oggetto di scrutinio. 
- Legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, artt. 1, commi 1
  e 3, 2, 3, 4, comma 4, 5, comma 1, lett. a) e b), 6, comma 1, lett.
  b) e c), 10, commi 5 e 6, 13, 14 e 15, comma 3. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett.  a),  b),  h)  ed  l);
  d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 4, 5, 10, 10-bis, 11, 13,  14,
  19 e 35. 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Puglia  per  l'accoglienza,   la
  convivenza civile e  l'integrazione  degli  immigrati  -  Politiche
  regionali finalizzate a garantire la tutela legale, in  particolare
  l'effettivita' del diritto di difesa,  agli  immigrati  presenti  a
  qualunque titolo sul territorio della Regione  -  Violazione  della
  competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato   nella   materia
  «giurisdizione e norme processuali; ordinamento  civile  e  penale;
  giustizia amministrativa» - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, art. 1, comma 3,
  lett. h). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. l). 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Puglia  per  l'accoglienza,   la
  convivenza civile e l'integrazione degli immigrati - Concorso della
  Regione alla tutela dei diritti dei  cittadini  immigrati  presenti
  sul territorio regionale - Definizione dei destinatari della legge,
  degli obiettivi e delle priorita', nonche' dei compiti della Giunta
  regionale,  delle  Province  e  dei  Comuni  -  Interventi  per  la
  formazione professionale  e  l'inserimento  lavorativo  -  Ritenuta
  estensione anche agli immigrati non in regola con  il  permesso  di
  soggiorno - Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della
  competenza legislativa esclusiva dello Stato nelle materie «diritto
  di  asilo  e  condizione  giuridica  dei  cittadini  di  Stati  non
  appartenenti all'Unione europea», «immigrazione», «ordine  pubblico
  e sicurezza» e «ordinamento penale» - Esclusione -  Non  fondatezza
  delle questioni. 
- Legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, artt. 1, commi 1
  e 3, lett. da a) a g) e da i) ad l), 2, 3, 4, comma 4, 5, comma  1,
  lett. a) e b), 6, comma 1, lett. b) e c), 13 e 14. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett.  a),  b),  h)  ed  l);
  d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 4, 5, 10, 10-bis, 11, 13,  14,
  19 e 35. 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Puglia  per  l'accoglienza,   la
  convivenza civile e  l'integrazione  degli  immigrati  -  Cura  dei
  cittadini stranieri temporaneamente presenti (STP)  non  in  regola
  con le norme relative all'ingresso e al soggiorno e  dei  cittadini
  comunitari presenti sul  territorio  regionale  che  non  risultino
  assistiti dallo Stato  di  provenienza,  privi  dei  requisiti  per
  l'iscrizione al SSR e che versino  in  condizioni  di  indigenza  -
  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della  competenza
  legislativa esclusiva dello Stato nelle materie «diritto di asilo e
  condizione  giuridica  dei  cittadini  di  Stati  non  appartenenti
  all'Unione europea» e «immigrazione» - Esclusione - Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, art. 10, commi 5
  e 6. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. a)  e  b);  d.lgs.  25
  luglio 1998, n. 286, art. 35, comma 3. 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Puglia  per  l'accoglienza,   la
  convivenza civile e  l'integrazione  degli  immigrati  -  Cura  dei
  cittadini stranieri temporaneamente presenti (STP)  non  in  regola
  con le norme relative all'ingresso e al soggiorno e  dei  cittadini
  comunitari presenti sul  territorio  regionale  che  non  risultino
  assistiti dallo Stato  di  provenienza,  privi  dei  requisiti  per
  l'iscrizione al SSR e che versino  in  condizioni  di  indigenza  -
  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della  competenza
  legislativa esclusiva dello Stato nelle materie «ordine pubblico  e
  sicurezza» e «ordinamento penale» - Difetto di argomentazione delle
  censure - Inammissibilita' della questione. 
- Legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, art. 10, commi 5
  e 6. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. h) ed  l);  d.lgs.  25
  luglio 1998, n. 286, art. 35, comma 3. 
Straniero - Legge della  Regione  Puglia  4  dicembre  2009,  n.  32,
  recante  norme  per   l'accoglienza,   la   convivenza   civile   e
  l'integrazione degli immigrati - Ricorso del Governo - Questione di
  legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286  del
  1998  proposta  in  via  subordinata  dalla  difesa   regionale   -
  Irrilevanza - Impossibilita' per la Corte di sollevare la questione
  davanti a se'. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis. 
- Costituzione, artt. 3, 25 e 27. 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Puglia  per  l'accoglienza,   la
  convivenza   civile   e   l'integrazione    degli    immigrati    -
  Applicabilita',  qualora  piu'  favorevoli,  anche   ai   cittadini
  neocomunitari - Ricorso del Governo - Denunciata  violazione  della
  competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato   nella   materia
  «rapporti dello Stato con l'Unione  europea»  -  Esclusione  -  Non
  fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, art. 2, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. a); d.lgs.  25  luglio
  1998, n. 286, art. 1, comma 2, sostituito dall'art.  37,  comma  2,
  del d.l. 25 giugno 2008, n.  112,  convertito,  con  modificazioni,
  dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Puglia  per  l'accoglienza,   la
  convivenza   civile   e   l'integrazione    degli    immigrati    -
  Applicabilita',  qualora  piu'  favorevoli,  anche   ai   cittadini
  neocomunitari - Ricorso del Governo - Denunciata  violazione  della
  competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato   nelle   materie
  «immigrazione»,  «ordine  pubblico  e  sicurezza»  e   «ordinamento
  penale»   -   Difetto   di   argomentazione   delle    censure    -
  Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, art. 2, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. b), h) ed  l);  d.lgs.
  25 luglio 1998, n. 286, art. 1, comma 2, sostituito  dall'art.  37,
  comma  2,  del  d.l.  25  giugno  2008,  n.  112,  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 
Straniero - Legge della  Regione  Puglia  4  dicembre  2009,  n.  32,
  recante  norme  per   l'accoglienza,   la   convivenza   civile   e
  l'integrazione degli immigrati - Ricorso del Governo - Questione di
  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 286
  del 1998 proposta in  via  subordinata  dalla  difesa  regionale  -
  Difetto di rilevanza - Impossibilita' per la Corte di sollevare  la
  questione davanti a se'. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 1, comma 2. 
- Costituzione, art. 3. 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Puglia  per  l'accoglienza,   la
  convivenza civile e l'integrazione degli immigrati -  Politiche  di
  inclusione sociale dei detenuti stranieri -  Interventi  diretti  a
  rimuovere  gli  ostacoli  che  limitano  l'accesso  agli   istituti
  previsti dall'ordinamento in alternativa o  in  sostituzione  della
  pena detentiva nonche' ai permessi premio - Ricorso del  Governo  -
  Denunciata violazione della competenza legislativa esclusiva  dello
  Stato  nella  materia  «ordinamento  penale»  -  Esclusione  -  Non
  fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, art.  15,  comma
  3. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. l);  legge  26  luglio
  1975, n. 354. 
Straniero  -  Norme  della  Regione  Puglia  per  l'accoglienza,   la
  convivenza civile e l'integrazione degli immigrati - Concorso della
  Regione all'attuazione  dei  principi  espressi  dalla  Convenzione
  internazionale per la protezione dei diritti di tutti i  lavoratori
  migranti e delle loro famiglie, non ancora ratificata dall'Italia -
  Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella
  materia «politica estera e rapporti internazionali dello  Stato»  -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, art. 1, comma 2,
  lett. h). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. a). 
(GU n.43 del 27-10-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  1,  commi
1, 2, lettera h), e 3; 2; 3; 4, comma 4; 5, comma 1, lettere a) e b);
6, comma 1, lettere b) e c), 10, commi 5 e 6; 13; 14 e 15,  comma  3,
della legge  Regione  Puglia  4  dicembre  2009,  n.  32  (Norme  per
l'accoglienza, la convivenza civile e l'integrazione degli  immigrati
in Puglia), promosso dal Presidente del Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 5/11 febbraio 2010, depositato  in  cancelleria
l'11 febbraio 2010 ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    Udito nell'udienza pubblica del  21  settembre  2010  il  giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Paola Palmieri per il Presidente del
Consiglio dei  ministri  e  gli  avvocati  Giuseppe  Tucci  e  Nicola
Colaianni per la Regione Puglia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il  5/11  febbraio  2010,  depositato
l'11  febbraio  2010,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettere a),
b), h) ed l), della Costituzione, ed in relazione agli articoli 4, 5,
10, 10-bis, 11, 13, 14, 19 e 35 del  decreto  legislativo  25  luglio
1998,  n.  286  (Testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), questioni di legittimita' costituzionale  degli  articoli
1, commi 1, 2, lettera h), e 3; 2; 3; 4, comma 4; 5, comma 1, lettere
a) e b); 6, comma 1, lettere b) e c); 10, commi 5 e 6; 13; 14  e  15,
comma 3, della legge della Regione Puglia  4  dicembre  2009,  n.  32
(Norme per l'accoglienza, la convivenza civile e l'integrazione degli
immigrati in  Puglia),  pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della
Regione Puglia del 7 dicembre 2009, n. 196. 
    2. - Il ricorrente premette che la legge della Regione Puglia  n.
32 del 2009 reca norme per  l'accoglienza,  la  convivenza  civile  e
l'integrazione degli immigrati e, all'art. 1, dispone che la Regione:
«concorre alla tutela dei diritti dei  cittadini  immigrati  presenti
sul territorio regionale, attivandosi per  l'effettiva  realizzazione
dell'uguaglianza formale e sostanziale di tutte  le  persone»  (comma
1); realizza politiche regionali finalizzate a  garantire  i  diritti
inviolabili  degli  stranieri  presenti  a   qualunque   titolo   sul
territorio regionale e, tra l'altro, a «a) garantire i diritti  umani
inviolabili  degli  stranieri  presenti  a   qualunque   titolo   sul
territorio regionale»,  «c)  garantire  l'accoglienza  e  l'effettiva
inclusione  sociale  delle  cittadine  e  dei   cittadini   stranieri
immigrati nel territorio regionale», «d) garantire pari  opportunita'
di   accesso   e   fruibilita'   dei   servizi   socio-assistenziali,
socio-sanitari, di conciliazione e dell'istruzione, per  la  qualita'
della vita», «e) promuovere  la  partecipazione  alla  vita  pubblica
locale»,   «h)   garantire   la   tutela   legale,   in   particolare
l'effettivita' del diritto  di  difesa,  agli  immigrati  presenti  a
qualunque titolo sul territorio della Regione» (comma 3). 
    Il successivo art.  2  prevede,  genericamente,  gli  «immigrati»
quali destinatari degli interventi previsti  dalla  legge  regionale;
l'art. 3 stabilisce che, allo scopo di perseguire le finalita' di cui
all'art. 1, comma 3, la  Regione  promuove  la  realizzazione  di  un
sistema integrato di interventi e servizi per la  piena  integrazione
degli immigrati, orientato  agli  obiettivi  prioritari  indicati  in
detta norma. 
    L'art. 4, comma 4, attribuisce alla Giunta regionale le  funzioni
attinenti, tra l'altro, alla promozione di programmi  in  materia  di
protezione e inclusione  sociale  (lettera  a),  alla  promozione  di
programmi di intervento per l'alfabetizzazione e l'accesso ai servizi
educativi,  per  l'istruzione  e  la  formazione  professionale,  per
l'inserimento  lavorativo  e  il  sostegno  ad   attivita'   autonome
imprenditoriali,  favorendo  la  piena  integrazione   istituzionale,
programmatica, finanziaria e organizzativa per  la  realizzazione  di
tali interventi a livello regionale (lettera c), alla  promozione  di
iniziative di sostegno alla realizzazione dei progetti di vita  degli
immigrati (lettera e). 
    L'art. 5, comma 1, della legge  in  esame  disciplina  i  compiti
delle Province, ai fini  dell'inserimento  sociale  degli  immigrati,
disponendo che esse svolgono le seguenti funzioni:  partecipare  alla
definizione e attuazione dei  piani  di  zona  previsti  dalla  legge
Regione  Puglia  10  luglio  2006,  n.  19  (Disciplina  del  sistema
integrato dei servizi sociali per la dignita' e  il  benessere  delle
donne e degli uomini in Puglia), in  materia  di  interventi  sociali
rivolti  ai   cittadini   stranieri   immigrati,   con   compiti   di
coordinamento, monitoraggio e supporto ai Comuni per  la  definizione
di specifici  interventi  sovra-ambito  di  valenza  provinciale  per
l'integrazione sociale dei cittadini stranieri (lettera a);  favorire
la  consultazione  e  la   partecipazione   alla   vita   sociale   e
istituzionale e l'esercizio  dei  diritti  politici  da  parte  degli
immigrati (lettera b). Analoghi obiettivi sono fissati quali  compiti
dei Comuni dall'art. 6, comma 1, lettere a) e b) (recte: lettere b) e
c), della legge regionale n. 32 del 2009. 
    Il citato art. 10 disciplina l'assistenza  sanitaria  disponendo,
al comma 5, che «la Regione, con  la  presente  legge,  individua  le
modalita' per garantire l'accesso alle cure essenziali e continuative
ai cittadini stranieri temporaneamente presenti (STP) non  in  regola
con le norme relative all'ingresso e al soggiorno». 
    L'art.  13  della  legge  in  esame,  concernente  la  formazione
professionale, dispone che «gli  immigrati,  compresi  i  richiedenti
asilo, hanno diritto alla formazione professionale in  condizioni  di
parita' con  gli  altri  cittadini»,  mentre  l'art.  14  prevedrebbe
analogo diritto in riferimento all'inserimento lavorativo. 
    L'art. 15 della legge regionale n. 32 del 2009, avente ad oggetto
le politiche di inclusione sociale, stabilisce che la Regione  Puglia
«si impegna  a  riservare,  all'interno  del  piano  regionale  delle
politiche sociali, specifica attenzione alle  condizioni  di  vita  e
alle opportunita' di integrazione e di  inclusione  sociale  per  gli
immigrati». 
    Secondo il ricorrente, siffatte  norme  prevedono  una  serie  di
interventi volti, tra l'altro,  a  garantire  l'accesso  ai  servizi,
socio-assistenziali, socio-sanitari, all'abitazione,  all'istruzione,
alla  formazione  professionale,  nonche'  il  diritto   di   difesa,
garantendo altresi' la  partecipazione  alla  vita  pubblica  locale,
indicando  i  destinatari  degli  stessi,  in  modo  generico,  negli
«immigrati» (art.  2,  comma  1),  ovvero  nei  «cittadini  immigrati
presenti sul territorio regionale» (art. 1, comma  1),  oppure  negli
stranieri «presenti a qualunque titolo sul territorio della  regione»
(art. 1, comma 3, lettere a) ed h). 
    La  lettera   delle   disposizioni,   in   considerazione   della
genericita' delle locuzioni adottate e della  circostanza  che  altre
norme della legge regionale in esame (quali, ad  esempio,  gli  artt.
10, commi 2 e  3;  14,  comma  1;  e  17,  comma  1)  si  riferiscono
espressamente ai «cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nella
regione», indurrebbe a ritenere che detti interventi riguardino anche
gli immigrati privi di  regolare  permesso  di  soggiorno.  Tuttavia,
l'ingresso, la permanenza e l'espulsione dei cittadini stranieri sono
stati compiutamente disciplinati  dal  d.lgs.  n.  286  del  1998  e,
quindi, le norme regionali impugnate si porrebbero in contrasto con i
principi fondamentali da  questo  stabiliti,  in  particolare,  negli
artt. 4, 5,  10,  11,  13  e  14,  concernenti  l'illegittimita'  del
soggiorno  degli   immigrati   irregolari   e   la   disciplina   del
respingimento, dell'espulsione  e  della  detenzione  nei  centri  di
identificazione ed espulsione, nonche' con l'art. 10-bis  (introdotto
dall'art. 1, comma 16, della legge 15 luglio  2009,  n.  94,  recante
«Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»), il quale  configura
come reato la condotta dello  straniero  che  faccia  ingresso  o  si
trattenga nel territorio dello Stato, in violazione  delle  norme  di
detto decreto legislativo. 
    Dunque, ad avviso del Presidente del Consiglio dei  ministri,  le
norme regionali impugnate violerebbero  l'art.  117,  secondo  comma,
lettere a) e b), Cost., in relazione alle materie «diritto di asilo e
condizione  giuridica  dei  cittadini  non  appartenenti   all'Unione
Europea» e dell'«immigrazione»,  nonche'  lettere  h)  e  l),  Cost.,
poiche' «disciplinano e in qualche modo agevolano la  permanenza  sul
territorio nazionale di cittadini extracomunitari», i quali «non solo
non avrebbero titolo a  soggiornare  ma,  una  volta  sul  territorio
nazionale, dovrebbero essere perseguiti  penalmente».  Peraltro,  gli
artt. 19 e 35 del d.lgs. n. 286 del 1998 prevedono alcune  deroghe  a
detta  disciplina  che,  costituendo  misure  eccezionali,  sarebbero
tassative ed insuscettibili di applicazione per analogia. 
    Secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la  Regione   non
potrebbe emanare norme in detti  ambiti  e,  comunque,  non  potrebbe
prevedere interventi diretti al riconoscimento, ovvero all'estensione
di diritti  in  favore  dell'immigrato  irregolare  o  in  attesa  di
regolarizzazione e neppure stabilire, mediante «regimi di deroga  non
previsti dalla normativa statale, casi diversi ed  ulteriori  di  non
operativita'  della  regola  generale   ovvero   la   condizione   di
illegittimita' e di autore di reato  dell'immigrato  irregolare».  Il
d.lgs. n. 286 del 1998  attribuisce,  infatti,  alcuni  compiti  alle
Regioni, ferma la competenza esclusiva dello Stato per  tutto  quanto
attiene al controllo dell'ingresso e del  soggiorno  degli  stranieri
sul territorio nazionale, con  la  conseguenza  che  la  Regione  non
potrebbe emanare norme che, agevolando il  soggiorno  sul  territorio
nazionale da parte di  immigrati  irregolari,  influiscono  su  detti
profili. 
    2.1.   -   Il   ricorrente   deduce,   inoltre,    distintamente,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  1,  della  legge
regionale in esame, il quale, disponendo che le  norme  della  stessa
«si  applicano,  qualora  piu'   favorevoli,   anche   ai   cittadini
neocomunitari»,   disciplinerebbe   una   materia   attribuita   alla
competenza dello  Stato,  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettere a) e b), Cost.,  concernente  i  «rapporti  dello  Stato  con
l'Unione europea». 
    La previsione della norma impugnata era, infatti, gia'  contenuta
nell'art. 1,  comma  2,  del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  sostituito
dall'art. 37, comma 2, del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito dalla legge 6  agosto  2008,  n.
133, il quale ora dispone: «Il presente testo unico non si applica ai
cittadini  degli  Stati  membri  dell'Unione  europea,  salvo  quanto
previsto dalle norme di attuazione dell'ordinamento comunitario». 
    2.2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna anche, in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere a), b),  h)  ed  l),
Cost., l'art. 10, commi 5 e 6, della legge regionale in esame, avente
ad oggetto la disciplina dell'assistenza sanitaria, esponendo che  il
comma 5 dispone che «la Regione, con la presente legge, individua  le
modalita' per garantire l'accesso alle cure essenziali e continuative
ai cittadini stranieri temporaneamente presenti (STP) non  in  regola
con le norme relative  all'ingresso  e  al  soggiorno»;  il  comma  6
stabilisce che  «ai  cittadini  comunitari  presenti  sul  territorio
regionale che non risultano assistiti  dallo  Stato  di  provenienza,
privi dei  requisiti  per  l'iscrizione  al  SSR  e  che  versino  in
condizioni di indigenza, sono garantite le cure urgenti, essenziali e
continuative». 
    Ad avviso del ricorrente, siffatta norma si porrebbe in contrasto
con il principio stabilito dall'art. 35, comma 3, del d.lgs.  n.  286
del 1998, in virtu' del quale «ai cittadini  stranieri  presenti  sul
territorio  nazionale,  non  in  regola   con   le   norme   relative
all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate»  unicamente  «le  cure
ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorche'
continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di
medicina  preventiva  a  salvaguardia  della  salute  individuale   e
collettiva». 
    La  disposizione  in  esame  violerebbe,  quindi,  la  competenza
regionale in materia di tutela della salute, nella parte  in  cui  fa
riferimento a  prestazioni  sanitarie  ulteriori  rispetto  a  quelle
strettamente essenziali, indicate dalla disciplina statale, quali, ad
esempio, l'erogazione dell'assistenza farmaceutica con oneri a carico
del Servizio sanitario nazionale (SSN) e la previsione  della  libera
scelta del medico di base (art. 10, comma 5, lettere b) e c). 
    2.3. - Il ricorrente censura, altresi', l'art. 15, comma 3, della
legge regionale in esame, il quale stabilisce che, «d'intesa  con  il
Provveditorato  regionale  dell'amministrazione   penitenziaria,   la
Regione programma interventi diretti a  rimuovere  gli  ostacoli  che
limitano  l'accesso  agli  istituti  previsti   dall'ordinamento   in
alternativa o  in  sostituzione  della  pena  detentiva,  nonche'  ai
permessi premio ex articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354
(Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle  misure
privative e limitative della liberta'), come inserito dall'articolo 9
della  legge  10  ottobre  1986,  n.  663  e  da  ultimo   modificato
dall'articolo 2, comma 27, lettera b), della legge 15 luglio 2009, n.
94». 
    Secondo l'Avvocatura generale dello  Stato,  non  sarebbe  chiaro
cosa debba intendersi per «interventi diretti  alla  rimozione  degli
ostacoli che limitano l'accesso  agli  istituti»  sopra  indicati  e,
comunque,  la  norma   concernerebbe   l'ordinamento   penitenziario,
riconducibile all'ordinamento penale,  materia  di  competenza  dello
Stato, ai sensi dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  1),  Cost.,
disciplinata dalla legge n. 354 del 1975. 
    2.4. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  deduce,  infine,
l'illegittimita' costituzionale del citato art. 1, comma  2,  lettera
h), il quale  dispone  che  la  Regione,  nell'ambito  delle  proprie
competenze, concorre all'attuazione,  in  particolare,  dei  principi
espressi «dalla Convenzione  internazionale  per  la  protezione  dei
diritti di  tutti  i  lavoratori  migranti  e  delle  loro  famiglie,
approvata il 18 dicembre 1990 dall'Assemblea generale  delle  Nazioni
Unite ed entrata in vigore il 1° luglio 2003». 
    A suo avviso,  poiche'  tale  Convenzione  non  e'  stata  ancora
ratificata dallo Stato, detta norma violerebbe  l'art.  117,  secondo
comma, lettera a), Cost., che attribuisce alla  competenza  esclusiva
dello Stato la materia «politica estera e rapporti internazionali». 
    3. - Nel giudizio si e' costituita la Regione Puglia, in  persona
del Presidente della Giunta Regionale pro tempore,  chiedendo,  anche
nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza pubblica, che le
questioni siano dichiarate inammissibili ed infondate. 
    La Regione, dopo avere  sintetizzato  il  contenuto  delle  norme
impugnate e delle censure proposte dal ricorrente,  sostiene  che  la
legge  regionale  in  esame  non  attribuirebbe  agli  stranieri,  in
particolare  a  quelli  irregolarmente  presenti  nel  nostro  Paese,
diritti  incompatibili  con  la  condizione  giuridica  fissata   dal
legislatore statale, ma sarebbe diretta ad agevolare la realizzazione
dei diritti  loro  riconosciuti  dalla  Costituzione  e  dalle  leggi
statali, stabilendo finalita' che concernono  anche  detti  stranieri
«solo se e nella misura in cui [...] possono realizzarsi nel rispetto
della vigente disciplina  migratoria»,  come  e'  reso  chiaro  dalla
clausola di compatibilita' recata dall'art.  2,  comma  4,  di  detta
legge. Le norme impugnate mirano,  quindi,  a  coordinare  interventi
riconducibili a materie di competenza regionale  (istruzione,  tutela
della salute, tutela e sicurezza del lavoro, promozione ed  attivita'
culturale), che possono riguardare anche cittadini non italiani. 
    In riferimento ai richiedenti asilo, dopo avere  sintetizzato  la
relativa disciplina, la Regione deduce  che  gli  interventi  che  li
riguardano concernerebbero esclusivamente quelli  di  essi  che  sono
titolari di un permesso che  permette  lo  svolgimento  di  attivita'
lavorativa, mentre interventi in favore degli stranieri sono previsti
anche dalla legge regionale n. 19 del 2006,  che  non  ha  costituito
oggetto d'impugnazione. 
    Ad avviso della Regione, la competenza dello Stato nelle  materie
«condizione  giuridica  dei  cittadini  di  Stati  non   appartenenti
all'Unione europea» ed  «immigrazione»  non  escluderebbe  il  potere
delle Regioni di emanare norme che, in  ambiti  riservati  alla  loro
competenza, possono  avere  quali  destinatari  anche  cittadini  non
italiani. D'altronde, l'art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 286 del  1998,
stabilendo che nelle materie attribuite alla competenza delle Regioni
le disposizioni di detto decreto legislativo costituiscono  «principi
fondamentali», conforterebbe siffatta conclusione, peraltro affermata
anche da questa Corte (sentenze n. 300 del 2005 e n. 379 del 2004). 
    3.1. - Secondo la resistente, l'esame delle singole censure  deve
tenere conto che la legge regionale  di  cui  si  tratta  richiama  i
diritti inviolabili della  persona  riconosciuti  dalla  Costituzione
(art.  1,  comma  1),   dispone   che   la   Regione   Puglia   opera
nell'osservanza delle proprie competenze (art. 1,  comma  2),  ed  e'
stata emanata all'esito di una lunga ed articolata concertazione  con
le altre istituzioni, con le parti sociali e  con  le  organizzazioni
sindacali. A suo avviso, molte delle attivita' previste  dalle  norme
impugnate, quali «quelle connesse alle prestazioni sanitarie,  quelle
connesse all'area penale esterna,  quelle  afferenti  all'area  della
formazione  professionale»,  sarebbero  strumentali  alle  competenze
regionali, tenuto conto anche che nei centri di  permanenza  e  negli
istituti  penitenziari  sono  svolte  attivita'   non   riconducibili
soltanto all'ordine pubblico o  alla  sicurezza,  in  relazione  alle
quali  sussiste  almeno  un   «interesse   regionale»,   riconosciuto
dall'art. 118, terzo comma, Cost., che demanda  ad  una  legge  dello
Stato la previsione di «forme di coordinamento» per queste materie. 
    La legge regionale in esame costituirebbe  lo  strumento  per  il
recepimento delle modifiche introdotte nel d.lgs. n. 286 del 1998  e,
appunto per questo, l'art. 2, comma 4, della  medesima,  dispone  che
«gli interventi regionali sono attuati in conformita' al testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme  sulla  condizione  dello  straniero,   emanato   con   decreto
legislativo  25  luglio  1998,  n.  286»,  con  previsione  rilevante
nell'interpretazione delle disposizioni in essa contenute. 
    In riferimento alla denunciata violazione dell'art. 117,  secondo
comma,  lettere  h)  ed  l),  Cost.,  l'infondatezza  delle   censure
conseguirebbe  alla   circostanza   che   la   tutela   dei   diritti
fondamentali, sino a quando non  siano  attuati  il  respingimento  o
l'espulsione,   non   comporta   un'agevolazione   della   permanenza
irregolare. 
    La Regione Puglia si sofferma, poi,  ad  esaminare  l'ipotesi  di
reato prevista dall'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998  e  deduce
che «l'obbligo di persecuzione penale non e' affatto indefettibile» e
che la norma prevedrebbe «una pena priva di  effettivita'».  In  ogni
caso, a suo avviso, le misure di tutela previste  dalle  disposizioni
impugnate con il primo motivo «non esonerano dall'obbligo di denuncia
dell'ipotesi  di  reato  e  quindi  non  sono  incompatibili  con  la
persecuzione penale». La resistente  prospetta,  infine,  che  l'art.
10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998 violerebbe gli artt.  3,  25  e  27
Cost., chiedendo che, qualora detta norma sia ritenuta  rilevante  ai
fini della decisione delle censure, la Corte ne sollevi davanti a se'
questione di legittimita' costituzionale,  nella  parte  in  cui,  in
violazione di detti  parametri  costituzionali,  prevede  come  reato
l'ingresso ed il soggiorno illegale dello  straniero  nel  territorio
dello Stato. 
    3.2. - In riferimento alle censure concernenti specificamente  il
comma 1 dell'art. 2 della legge regionale  in  esame,  la  resistente
deduce che detta norma avrebbe  «inteso  evitare  "discriminazioni  a
rovescio"», e la diminuzione delle garanzie in favore  dei  cittadini
comunitari, di cui questi godevano  come  cittadini  extracomunitari,
che sarebbe stata, invece, realizzata  dall'art.  37,  comma  2,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che
ha modificato l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, il quale
ora stabilisce che  «il  presente  testo  unico  non  si  applica  ai
cittadini  degli  Stati  membri  dell'Unione  europea,  salvo  quanto
previsto dalle norme di attuazione dell'ordinamento comunitario»,  ha
abrogato quella che era «una vera e propria clausola di protezione». 
    La Regione Puglia, «in via incidentale e  ad  ulteriore  supporto
della legittimita' costituzionale», della norma regionale  in  esame,
«solleva questione di legittimita' costituzionale»  del  citato  art.
37, comma 2, in riferimento al principio di ragionevolezza»  (art.  3
Cost.). 
    3.3. - La  Regione,  nell'esaminare  le  censure  concernenti  il
citato art. 10, commi 5 e 6,  svolge  un'ampia  esposizione  relativa
anche a norme non impugnate dal ricorrente. 
    In particolare, in relazione ai commi 1 e 2 di  detta  norma,  la
Regione deduce che gli artt. 34 e 35 del d.lgs. n. 286 del 1998 e gli
artt. 42 e 43 del decreto del Presidente della Repubblica  31  agosto
1999, n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6,
del  decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286)   disciplinano
l'assistenza sanitaria in  favore  dei  cittadini  non  italiani  che
soggiornano nel territorio dello Stato - prevista  anche  a  garanzia
della collettivita'  e  dell'incolumita'  dei  cittadini  italiani  -
distinguendo tra quelli iscritti e non iscritti al  SSN,  ovvero  che
fanno ingresso nel nostro Paese per ragioni di cura.  In  riferimento
all'art. 10, comma 3, della  legge  regionale  in  esame,  avente  ad
oggetto  l'iscrizione  volontaria  al  Servizio  sanitario  regionale
(SSR), ricorda che le norme statali prevedono che gli  stranieri  non
obbligatoriamente iscritti al Servizio sanitario nazionale (SSN) sono
tenuti ad assicurarsi contro il rischio di malattia ed  infortunio  e
per la maternita' (art. 34, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, art.
42, comma 6, del d.P.R. n. 394 del 1999). 
    Il citato art. 10, comma 5, individua, invece, «le modalita'  per
garantire l'accesso alle cure essenziali e continuative ai  cittadini
stranieri temporaneamente presenti (STP) non in regola con  le  norme
relative all'ingresso e al soggiorno»; il comma 6,  dispone  che  «ai
cittadini  comunitari  presenti  sul  territorio  regionale  che  non
risultano assistiti dallo Stato di provenienza, privi  dei  requisiti
per l'iscrizione al SSR e che versino  in  condizioni  di  indigenza,
sono garantite le cure urgenti, essenziali e continuative  attraverso
l'attribuzione del codice ENI (europeo non  in  regola)»,  prevedendo
che «le modalita' per l'attribuzione del codice ENI e  per  l'accesso
alle prestazioni, sono le medesime innanzi individuate per gli STP». 
    Gli artt. 35, commi 3, 4, 5 e 6, del d.lgs. n. 286 del 1998 e 43,
commi 2, 3, 4, 5 ed  8  del  d.P.R.  n.  394  del  1999  disciplinano
l'assistenza sanitaria in favore degli stranieri non in regola con le
norme in materia di ingresso e soggiorno, ai  quali  sono,  altresi',
applicabili  le  disposizioni  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia
di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,  prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza). 
    Secondo la Regione Puglia, l'art. 43, comma 3, del d.P.R. n.  394
del 1999 dispone che, in sede di prima erogazione dell'assistenza, la
prescrizione e la registrazione delle  prestazioni  sono  effettuate,
assegnando  un  codice  regionale,  identificato  con  la  sigla  STP
(straniero temporaneamente presente), mentre l'art. 35, comma 5,  del
d.lgs. n. 286 del 1998, stabilisce che l'accesso alle  strutture  del
SSN da parte dello straniero non  in  regola  con  la  disciplina  in
materia di ingresso e soggiorno in Italia non deve comportare nessuna
segnalazione all'autorita' di pubblica sicurezza, salvo  i  casi  nei
quali sia obbligatorio il referto, a parita'  di  condizioni  con  il
cittadino italiano, divieto di segnalazione non  abrogato  a  seguito
dell'introduzione del reato dell'art. 10-bis del d.lgs.  n.  286  del
1998. Infine, a suo avviso, la disposizione relativa all'attribuzione
del codice ENI (europeo non in regola) sarebbe stata  introdotta  per
ottemperare alle indicazioni fornite dal Ministero della  salute  con
nota del 19 febbraio 2008, che richiedeva la  definizione  di  idonee
procedure dirette a garantire le «cure essenziali» anche ai cittadini
europei presenti sul territorio. 
    3.4. - Secondo la resistente, le censure concernenti  l'art.  15,
comma 3, della legge regionale in esame, sarebbero infondate, poiche'
tale norma non interferirebbe nella materia «ordinamento penale»,  ma
prevedrebbe soltanto «che la Regione, nell'ambito dei  propri  poteri
d'indirizzo e nei limiti  delle  proprie  competenze  programmatorie,
individua, d'intesa con le autorita' competenti  sul  territorio,  le
modalita' organizzative piu' idonee alla gestione di  alcuni  servizi
sul territorio». 
    3.5. - La Regione Puglia  deduce,  infine,  l'infondatezza  delle
censure riferite  all'art.  1,  comma  2,  lettera  h),  della  legge
regionale n. 32 del 2009, osservando, in primo luogo, che tale  norma
fa «espresso riferimento al limite della  competenza  regionale»;  in
secondo luogo, che la  Convenzione  oggetto  della  medesima  non  e'
richiamata dettagliatamente, dato che la  disposizione  si  limita  a
fare riferimento ai «principi» nella stessa contenuti, gia'  recepiti
nel  nostro  ordinamento,  sia  in  quanto   compresi   nel   diritto
internazionale consuetudinario, oggetto di adattamento automatico, ai
sensi dell'art.  10  Cost.,  sia  in  quanto  coincidono  «con  altri
obblighi internazionali  convenzionali  e,  in  particolare,  con  la
Convenzione OIL» e con il protocollo  addizionale  della  Convenzione
delle Nazioni Unite contro la criminalita' organizzata transnazionale
per combattere il traffico dei migranti, sottoscritta  a  Palermo  il
12-15 dicembre 2000. In particolare, l'art. 16  di  detto  protocollo
obbliga gli Stati a fornire un'assistenza adeguata ai migranti la cui
vita o incolumita' e' in pericolo, in quanto oggetto  delle  condotte
dell'art. 6. In definitiva,  l'obbligo  di  fornire  tale  assistenza
sarebbe conforme all'art. 117, primo comma, Cost.,  che  impone  alle
Regione di  esercitare  la  potesta'  legislativa  nel  rispetto  dei
vincoli  derivanti  dagli  obblighi  internazionali,   come   sarebbe
accaduto nel caso in esame. 
    3.6. - La Regione Puglia, nella memoria depositata in prossimita'
dell'udienza pubblica ha reiterato le argomentazioni svolte nell'atto
di costituzione,  deducendo,  altresi',  che  questa  Corte,  con  la
sentenza n. 269 del 2010 ha dichiarato  in  parte  inammissibili,  in
parte infondate, le censure aventi  ad  oggetto  alcune  norme  della
legge  della  Regione  Toscana  9  giugno  2009,  n.  29  (Norme  per
l'accoglienza, l'integrazione partecipe e  la  tutela  dei  cittadini
stranieri nella Regione  Toscana),  sostanzialmente  coincidenti  con
quelle in esame. 
    A suo avviso, la legge regionale in esame  non  attribuisce  agli
stranieri, tantomeno a quelli irregolari, diritti  incompatibili  con
la condizione giuridica loro delineata dal  legislatore  statale,  ma
mira  soltanto  ad  agevolare  la  realizzazione  dei  diritti   loro
riconosciuti dalla Costituzione  e  dalle  altre  norme  statali.  Le
finalita' stabilite dalle norme censurate  sono,  quindi,  riferibili
agli stranieri irregolari soltanto nella misura  in  cui  i  relativi
interventi  siano  realizzabili  nel  rispetto  della  disciplina  in
materia di immigrazione, come risulta dall'art.  2,  comma  4,  della
legge regionale, in  esame,  in  virtu'  del  quale  «gli  interventi
regionali  sono  attuati  in  conformita'  al   testo   unico   delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero, emanato con decreto legislativo  25
luglio 1998, n. 286, e successive modifiche». 
    4. - All'udienza pubblica, il ricorrente e  la  resistente  hanno
insistito per l'accoglimento delle conclusioni  svolte  nelle  difese
scritte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 5/11 febbraio 2010, depositato l'11 febbraio 2010, ha promosso, in
riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettere a),  b),  h)  ed
l), della Costituzione, ed in  relazione  agli  articoli  4,  5,  10,
10-bis, 11, 13, 14, 19 e 35 del decreto legislativo 25  luglio  1998,
n. 286 (Testo unico  delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina
dell'immigrazione  e  norme  sulla   condizione   dello   straniero),
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 1,  commi  1,
2, lettera h), e 3; 2; 3; 4, comma 4; 5, comma 1, lettere a) e b); 6,
comma 1, lettere b) e c); 10, commi 5 e 6; 13;  14  e  15,  comma  3,
della legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n.  32  (Norme  per
l'accoglienza, la convivenza civile e l'integrazione degli  immigrati
in Puglia), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione  Puglia
del 7 dicembre 2009, n. 196. 
    2. - Il ricorrente, con un primo gruppo di censure, dubita  della
legittimita' costituzionale degli artt. 1, commi 1  e  3;  2;  3;  4,
comma 4; 5, comma 1, lettere a) e b); 6, comma 1, lettere  b)  e  c);
10, comma 5; 13 e 14 della legge della Regione Puglia n. 32 del  2009
(benche' siano menzionati anche l'art. 10,  comma  5,  e  l'art.  15,
tuttavia, la prima norma, unitamente al comma 6, e'  stata  impugnata
specificamente soltanto  con  le  distinte  censure  sintetizzate  di
seguito nel paragrafo 2.1.; la seconda ha, invece, costituito oggetto
di impugnazione limitatamente al comma 3, con  le  censure  esaminate
infra, nel paragrafo 4.1.). 
    In linea preliminare, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
sintetizza il contenuto delle norme  e  deduce  che,  in  virtu'  del
citato art. 1, la Regione: «concorre  alla  tutela  dei  diritti  dei
cittadini immigrati presenti sul  territorio  regionale,  attivandosi
per l'effettiva realizzazione dell'uguaglianza formale e  sostanziale
di  tutte  le  persone»  (comma  1);  realizza  politiche   regionali
finalizzate  a  garantire  i  diritti  inviolabili  degli   stranieri
presenti a qualunque titolo sul territorio regionale e, tra  l'altro,
a «a) garantire i diritti umani inviolabili degli stranieri  presenti
a  qualunque  titolo  sul  territorio   regionale»,   «c)   garantire
l'accoglienza e l'effettiva inclusione sociale delle cittadine e  dei
cittadini  stranieri  immigrati  nel   territorio   regionale»,   «d)
garantire pari opportunita' di  accesso  e  fruibilita'  dei  servizi
socio-assistenziali,    socio-sanitari,    di     conciliazione     e
dell'istruzione, per la  qualita'  della  vita»,  «e)  promuovere  la
partecipazione alla vita pubblica locale», «h)  garantire  la  tutela
legale, in particolare l'effettivita' del  diritto  di  difesa,  agli
immigrati presenti a qualunque titolo sul territorio  della  Regione»
(comma 3). 
    A suo avviso, l'art.  2  indica  genericamente  gli  «immigrati»,
quali destinatari degli interventi previsti  dalla  legge  regionale,
mentre l'art. 3 stabilisce che, allo scopo di perseguire le finalita'
di cui all'art. 1, comma 3, la Regione promuove «la realizzazione  di
un  sistema  integrato  di  interventi  e  servizi   per   la   piena
integrazione  degli  immigrati  in  Puglia».  L'art.  4,   comma   4,
attribuisce, poi, alla Giunta regionale le  funzioni  attinenti,  tra
l'altro: alla promozione di programmi  in  materia  di  protezione  e
inclusione sociale (lettera  a);  alla  promozione  di  programmi  di
intervento per l'alfabetizzazione e l'accesso ai  servizi  educativi,
per l'istruzione e la  formazione  professionale,  per  l'inserimento
lavorativo e  il  sostegno  ad  attivita'  autonome  imprenditoriali,
favorendo  la  piena   integrazione   istituzionale,   programmatica,
finanziaria e organizzativa per la realizzazione di tali interventi a
livello regionale (lettera  c);  alla  promozione  di  iniziative  di
sostegno alla realizzazione dei  progetti  di  vita  degli  immigrati
(lettera e). 
    Il citato art. 5, comma 1, lettere a) e b), disciplina i  compiti
delle Province, ai fini  dell'inserimento  sociale  degli  immigrati,
disponendo che esse svolgono le seguenti funzioni:  partecipare  alla
definizione e attuazione dei  piani  di  zona  previsti  dalla  legge
Regione  Puglia  10  luglio  2006,  n.  19  (Disciplina  del  sistema
integrato dei servizi sociali per la dignita' e  il  benessere  delle
donne e degli uomini in Puglia), in  materia  di  interventi  sociali
rivolti  ai   cittadini   stranieri   immigrati,   con   compiti   di
coordinamento, monitoraggio e supporto ai Comuni per  la  definizione
di specifici  interventi  sovra-ambito  di  valenza  provinciale  per
l'integrazione sociale dei cittadini stranieri (lettera a);  favorire
la  consultazione  e  la   partecipazione   alla   vita   sociale   e
istituzionale e l'esercizio  dei  diritti  politici  da  parte  degli
immigrati (lettera b). 
    L'art. 6, comma 1, lettere a) e  b)  (recte:  art.  6,  comma  1,
lettere b) e c), giacche',  nonostante  il  riferimento  nella  parte
motiva del ricorso alle lettere a) e b), le prime sono indicate nella
premessa di tale atto ed e' a queste che il ricorrente ha chiaramente
inteso fare riferimento, in armonia con  l'indicazione  contenuta  in
tal senso nella delibera del Consiglio dei ministri, che ha  disposto
l'impugnazione), della legge regionale in esame disciplina i  compiti
affidati ai  Comuni  al  fine  di  favorire  la  consultazione  e  la
partecipazione alla vita sociale e istituzionale  e  l'esercizio  dei
diritti politici,  in  ambito  comunale  o  zonale,  da  parte  degli
immigrati, e di programmare e realizzare progetti di integrazione dei
medesimi. 
    L'impugnato art. 10 disciplina l'assistenza sanitaria disponendo,
al comma 5, che «la Regione, con  la  presente  legge,  individua  le
modalita' per garantire l'accesso alle cure essenziali e continuative
ai cittadini stranieri temporaneamente presenti (STP) non  in  regola
con le norme  relative  all'ingresso  e  al  soggiorno»;  l'art.  13,
concernente la formazione professionale, stabilisce, invece, che «gli
immigrati,  compresi  i  richiedenti  asilo,   hanno   diritto   alla
formazione professionale in  condizioni  di  parita'  con  gli  altri
cittadini» e l'art. 14 prevedrebbe  analogo  diritto  in  riferimento
all'inserimento lavorativo. 
    Il ricorrente deduce, infine, che l'art. 15 della legge regionale
in esame, avente ad  oggetto  le  politiche  di  inclusione  sociale,
dispone che la Regione si impegna a riservare, all'interno del  piano
regionale  delle  politiche  sociali,   specifica   attenzione   alle
condizioni  di  vita  e  alle  opportunita'  di  integrazione  e   di
inclusione sociale per gli immigrati. 
    Secondo il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  dette  norme
violerebbero l'art. 117, secondo comma, lettere a),  b),  h)  ed  l),
Cost., nonche' i principi fondamentali enunciati dagli  artt.  4,  5,
10, 10-bis, 11, 13, 14, 19 e 35, del d.lgs. n. 286 del  1998.  A  suo
avviso, la formula lessicale, in particolare,  dei  citati  artt.  1,
commi 1 e 3, lettere a) ed h), e 2, comma 1, indurrebbe,  infatti,  a
ritenere  che  gli  interventi  ivi  previsti  riguardano  anche  gli
immigrati  privi  di  regolare   permesso   di   soggiorno,   poiche'
«disciplinano  e  in  qualche  modo  agevolano  la   permanenza   sul
territorio nazionale di cittadini extracomunitari», i quali «non solo
non avrebbero titolo a  soggiornare  ma,  una  volta  sul  territorio
nazionale, dovrebbero  essere  perseguiti  penalmente».  Inoltre,  la
Regione non potrebbe predisporre «interventi volti al  riconoscimento
o all'estensione di diritti in favore dell'immigrato irregolare o  in
attesa di regolarizzazione» e neppure stabilire, mediante «regimi  di
deroga  non  previsti  dalla  normativa  statale,  casi  diversi   ed
ulteriori  di  non  operativita'  della  regola  generale  ovvero  la
condizione di illegittimita' e  di  autore  di  reato  dell'immigrato
irregolare». 
    2.1. - Il ricorrente impugna, poi, distintamente anche l'art. 10,
commi 5 e 6, della legge regionale in esame,  svolgendo  censure  che
vanno esaminate congiuntamente con quelle dianzi sintetizzate. 
    Siffatta disposizione ha ad oggetto la disciplina dell'assistenza
sanitaria e stabilisce: «la Regione, con la presente legge, individua
le  modalita'  per  garantire  l'accesso  alle  cure   essenziali   e
continuative ai cittadini stranieri  temporaneamente  presenti  (STP)
non in regola con le norme  relative  all'ingresso  e  al  soggiorno»
(comma 5); «ai cittadini comunitari presenti sul territorio regionale
che non risultano assistiti dallo Stato  di  provenienza,  privi  dei
requisiti per l'iscrizione al SSR e  che  versino  in  condizioni  di
indigenza, sono garantite le cure urgenti, essenziali e continuative»
(comma 6). 
    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato,  la  norma  recherebbe
vulnus all'art. 117, secondo comma, lettere a), b), h) ed l),  Cost.,
ponendosi in contrasto con il principio fissato dall'art.  35,  comma
3, del d.lgs. n. 286 del 1998, in  virtu'  del  quale  «ai  cittadini
stranieri presenti sul territorio nazionale, non  in  regola  con  le
norme  relative  all'ingresso  ed  al  soggiorno,  sono   assicurate»
unicamente «le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti  o  comunque
essenziali, ancorche' continuative, per malattia ed infortunio e sono
estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute
individuale e collettiva». Siffatta disposizione, in violazione della
competenza regionale in materia  di  tutela  della  salute,  farebbe,
infatti, riferimento a prestazioni  sanitarie  ulteriori  rispetto  a
quelle strettamente essenziali, indicate  dalla  disciplina  statale,
quali, ad  esempio,  l'erogazione  dell'assistenza  farmaceutica  con
oneri a carico del Servizio sanitario nazionale e la previsione della
libera scelta del medico di base. 
    2.2. - In via preliminare, la sintesi del primo gruppo di censure
rende palese che il ricorrente, dopo avere trascritto, in  parte,  le
disposizioni  regionali   con   esse   impugnate,   ne   ha   dedotto
l'illegittimita'  costituzionale  esclusivamente  in  quanto,  a  suo
avviso, esse  sarebbero  applicabili  (soprattutto  in  virtu'  della
formula lessicale dei citati artt. 1, commi 1 e 3, lettere a ed  h  e
2, comma 1) «anche ai cittadini stranieri privi di regolare  permesso
di soggiorno», i quali «non solo non avrebbero titolo a  soggiornare,
ma, una volta sul territorio nazionale, dovrebbero essere  perseguiti
penalmente». Secondo l'Avvocatura generale dello Stato,  dette  norme
violerebbero i parametri evocati, poiche' «incidono sulla  disciplina
dell'ingresso  e  del  soggiorno   degli   immigrati»   e   prevedono
«interventi volti al riconoscimento o all'estensione  di  diritti  in
favore dell'immigrato irregolare o in attesa di regolarizzazione». 
    Pertanto, benche' tali norme regolino molteplici e  non  omogenei
interventi - quali,  tra  gli  altri,  quelli  diretti  a  «garantire
l'accoglienza e l'inclusione  sociale»  degli  immigrati  e  la  loro
«partecipazione alla vita pubblica locale (art. 1, comma 3, lettere c
ed e) -  riconducibili  a  differenti  ambiti  materiali,  le  uniche
specifiche   censure   proposte   riguardano    dette    disposizioni
esclusivamente nella parte in cui sarebbero riferibili agli immigrati
non in regola con il permesso di soggiorno, nonche' l'art.  1,  comma
3, lettera h), e cio' in virtu' dell'ampio riferimento  al  parametro
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.; conseguentemente, e'
soltanto  entro  questi  termini  e  limiti  che  esse  possono   qui
costituire oggetto di scrutinio. 
    2.2.1. - Identificato  l'ambito  del  sindacato  al  quale  vanno
sottoposte le disposizioni impugnate, va ricordato  che,  secondo  la
giurisprudenza  di  questa  Corte,  deve   essere   riconosciuta   la
possibilita' di interventi legislativi delle Regioni con riguardo  al
fenomeno dell'immigrazione, per come previsto dall'art. 1,  comma  4,
del d.lgs. n.  286  del  1998,  fermo  restando  che  «tale  potesta'
legislativa non puo' riguardare aspetti che attengono alle  politiche
di  programmazione  dei  flussi  di  ingresso  e  di  soggiorno   nel
territorio nazionale, ma altri ambiti, come il diritto allo studio  o
all'assistenza sociale,  attribuiti  alla  competenza  concorrente  e
residuale delle Regioni» (sentenza n.  134  del  2010).  L'intervento
pubblico concernente gli stranieri non puo',  infatti,  limitarsi  al
controllo dell'ingresso e del soggiorno degli stessi  sul  territorio
nazionale,  ma  deve  necessariamente  considerare  altri  ambiti   -
dall'assistenza sociale all'istruzione, dalla salute all'abitazione -
che coinvolgono molteplici competenze  normative,  alcune  attribuite
allo Stato, altre alle Regioni (sentenze n. 156 del 2006, n. 300  del
2005). 
    Lo straniero e' «titolare di tutti i diritti fondamentali che  la
Costituzione riconosce spettanti alla persona» (sentenza n.  148  del
2008). Inoltre, esiste  «un  nucleo  irriducibile  del  diritto  alla
salute protetto dalla  Costituzione  come  ambito  inviolabile  della
dignita' umana, il  quale  impone  di  impedire  la  costituzione  di
situazioni  prive  di  tutela,  che  possano   appunto   pregiudicare
l'attuazione di quel  diritto».  Quest'ultimo  diritto  deve  percio'
essere riconosciuto «anche agli  stranieri,  qualunque  sia  la  loro
posizione rispetto alle norme che regolano l'ingresso ed il soggiorno
nello Stato, pur potendo il legislatore prevedere  diverse  modalita'
di esercizio dello stesso» (sentenza n. 252 del 2001). 
    Il legislatore statale,  con  il  d.lgs.  n.  286  del  1998,  ha
recepito tale impostazione, statuendo,  in  relazione  all'assistenza
sanitaria, soprattutto  all'art.  35,  comma  3,  che  «ai  cittadini
stranieri presenti sul territorio nazionale, non  in  regola  con  le
norme relative all'ingresso ed al  soggiorno,  sono  assicurate,  nei
presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere
urgenti o comunque essenziali, ancorche' continuative,  per  malattia
ed infortunio e sono estesi i  programmi  di  medicina  preventiva  a
salvaguardia della  salute  individuale  e  collettiva»,  assicurando
altresi' la tutela sociale della gravidanza  e  della  maternita',  a
parita' di trattamento con le cittadine  italiane,  la  tutela  della
salute del minore, le  vaccinazioni,  gli  interventi  di  profilassi
internazionale, la profilassi, la diagnosi e la cura  delle  malattie
infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai. L'art.  43,
commi da 2  ad  8,  del  d.P.R.  n.  394  del  1999,  disciplina,  in
dettaglio, le modalita' di erogazione delle prestazioni previste  dal
citato art. 35, comma 3, disponendo, al  comma  8,  che  «le  regioni
individuano le modalita' piu' opportune per  garantire  che  le  cure
essenziali e continuative previste dall'articolo  35,  comma  3,  del
testo unico, possono essere erogate nell'ambito delle strutture della
medicina del territorio o nei presidi sanitari,  pubblici  e  privati
accreditati, strutturati in forma poliambulatoriale  od  ospedaliera,
eventualmente in collaborazione con organismi di volontariato  aventi
esperienza specifica». 
    Questa Corte, nello scrutinare le norme di  una  legge  regionale
che pure facevano riferimento alla  tutela  di  diritti  fondamentali
degli immigrati, eventualmente non  in  regola  con  il  permesso  di
soggiorno,  ha,  quindi,  escluso  che  esse  rechino   vulnus   alle
competenze legislative  dello  Stato,  poiche',  «in  attuazione  dei
principi fondamentali posti dal legislatore statale in tema di tutela
della salute», esse provvedono «ad assicurare  anche  agli  stranieri
irregolari le fondamentali  prestazioni  sanitarie  ed  assistenziali
atte a garantire il diritto all'assistenza sanitaria,  nell'esercizio
della propria competenza legislativa, nel pieno  rispetto  di  quanto
stabilito dal legislatore statale in tema di ingresso e soggiorno  in
Italia dello straniero, anche con riguardo allo  straniero  dimorante
privo di un valido titolo di ingresso» (sentenza n. 269 del 2010). 
    2.2.2. - Nel quadro di tali principi, la questione concernente il
citato art. 1, comma 3, lettera h), e' fondata. 
    La norma stabilisce, infatti, che le politiche della Regione sono
finalizzate,  tra  l'altro,  «a  garantire  la  tutela   legale,   in
particolare l'effettivita' del  diritto  di  difesa,  agli  immigrati
presenti a qualunque titolo sul territorio della  regione».  Siffatta
disposizione contempla, dunque, un intervento che, in  considerazione
dell'univoco riferimento allo scopo di «garantire la tutela legale» e
«l'effettivita'  del  diritto  di  difesa»,  concerne,  all'evidenza,
aspetti entrambi riconducibili all'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), Cost., parametro evocato in  modo  ampio,  ma  congruamente,  dal
ricorrente.  Peraltro,  questa  conclusione  si   impone   anche   in
riferimento alla disciplina del diritto di difesa dei  non  abbienti,
che le norme statali contemplano in riferimento al  processo  penale,
civile, amministrativo, contabile e  tributario  e  negli  affari  di
volontaria  giurisdizione,  garantendolo  anche  allo   straniero   e
all'apolide residente nello Stato (artt. 74 e  seguenti  del  decreto
del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.  115,  recante  il
«Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia di spese di giustizia»). Pertanto,  neppure  in  relazione  a
questo profilo la norma e' riconducibile ad un  ambito  materiale  di
competenza  regionale  (in  particolare,  a  quello  dei  servizi   e
dell'assistenza    sociale),    con    conseguente     illegittimita'
costituzionale della medesima. 
    2.2.3. - Le questioni  aventi  ad  oggetto  il  primo  gruppo  di
censure e le altre norme indicate nel paragrafo 2 non sono fondate. 
    L'art. 1 della legge della Regione Puglia n. 32 del 2009  (senza,
peraltro, considerare la lettera h), del comma  3,  sopra  esaminata)
e', infatti, la sola di dette disposizioni che,  unitamente  all'art.
10, comma 5 (esaminato di seguito),  contiene  un  generico  richiamo
alla  «tutela  dei  diritti  dei  cittadini  immigrati  presenti  sul
territorio  regionale»  (comma  1)  e  menziona  esplicitamente   gli
stranieri «presenti a  qualunque  titolo  sul  territorio  regionale»
(comma 3, lettera a), quindi,  e'  univocamente  riferibile  anche  a
quelli di essi non in regola con il permesso di soggiorno.  Tuttavia,
la prima norma fa a questi riferimento allo scopo di stabilire che le
politiche della  Regione,  evidentemente  nell'ambito  delle  proprie
competenze, devono «garantire i diritti umani inviolabili»  (art.  1,
comma 3, lettera a), i quali, come sopra  precisato,  spettano  anche
agli stranieri non in regola con il permesso  di  soggiorno,  sino  a
quando nei loro confronti non sia emesso ed eseguito un provvedimento
di espulsione, senza che cio' valga a legittimarne  la  presenza  nel
territorio dello Stato, oppure ad incidere  sull'eventuale  esercizio
dell'azione penale per il reato di cui all'art. 10-bis, del d.lgs. n.
286 del 1998, qualora ne sussistano i presupposti. 
    La circostanza che i citati artt. 1, commi 1 e 3, lettera  a),  e
10, comma 5, sono le uniche disposizioni  impugnate  a  fare  univoco
riferimento  agli  immigrati  non  in  regola  con  il  permesso   di
soggiorno, permette, dunque, di escludere che la generica definizione
di «immigrati» contenuta nelle altre norme impugnate le renda ad essi
riferibili. Inoltre, la previsione contenuta nell'art.  2,  comma  1,
della legge regionale in esame, in virtu' della quale i «destinatari»
della  medesima  «sono   di   seguito   indicati   come   immigrati»,
contrariamente alla deduzione del ricorrente, neppure puo' dare adito
a dubbi. La norma, nello stesso  comma,  nel  periodo  immediatamente
precedente,  esplicita,  infatti,  quali  siano  i  soggetti  cui  e'
riferibile detta  accezione  e  tra  questi  non  sono  compresi  gli
immigrati non in regola con il permesso di soggiorno; i  quali  sono,
invece,   espressamente   contemplati   dalle   disposizioni    sopra
richiamate. Pertanto, e' chiara l'infondatezza della  sola  specifica
censura  proposta  dal  ricorrente  in  relazione  a   dette   norme,
concernente l'asserita applicabilita' degli interventi  dalle  stesse
previsti anche agli immigrati  non  in  regola  con  il  permesso  di
soggiorno, oltre quanto eventualmente reso necessario  per  garantire
la tutela dei diritti fondamentali. 
    2.2.4. - La questione avente ad oggetto l'art. 10, commi 5  e  6,
della legge regionale in esame, proposta in riferimento all'art. 117,
secondo comma, lettere a) e b), Cost., non e' fondata. 
    Il comma 5 garantisce, infatti, «l'accesso alle cure essenziali e
continuative ai cittadini stranieri  temporaneamente  presenti  (STP)
non in regola con le norme  relative  all'ingresso  e  al  soggiorno»
nell'osservanza dei principi sopra indicati e delle norme statali  di
principio; peraltro, la  disposizione  cio'  stabilisce,  richiamando
espressamente l'art. 48, comma 3, del d.P.R. n. 394 del  1999  (comma
5) e chiaramente prevedendo l'erogazione dell'assistenza farmaceutica
in relazione appunto a tali  prestazioni  (lettera  b).  Inoltre,  e'
immune dai vizi denunciati anche la lettera c)  di  tale  comma,  che
contempla la facolta' di scelta del  «medico  di  fiducia»,  poiche',
indipendentemente dalla mancata indicazione da parte  del  ricorrente
del principio fondamentale stabilito dalle norme statali in  tema  di
«tutela della salute» che sarebbe leso dalla disposizione,  essa,  in
coerenza con la previsione contenuta nella prima parte del  comma  5,
deve essere interpretata nel senso che una tale scelta, in ogni caso,
non esclude la limitazione dell'accesso  dello  straniero  alle  sole
cure essenziali e continuative. 
    Ad identica conclusione deve pervenirsi in ordine al comma  6  di
detta norma regionale, il quale  dispone:  «ai  cittadini  comunitari
presenti sul territorio regionale che non risultano  assistiti  dallo
Stato di provenienza, privi dei requisiti per l'iscrizione al  SSR  e
che versino in  condizioni  di  indigenza,  sono  garantite  le  cure
urgenti, essenziali  e  continuative  attraverso  l'attribuzione  del
codice ENI (europeo non in regola). Le modalita'  per  l'attribuzione
del codice ENI e per l'accesso alle  prestazioni,  sono  le  medesime
innanzi individuate per gli STP» (comma 6). Al riguardo, va  altresi'
aggiunto  che  la   previsione   risulta   sostanzialmente   conforme
all'interpretazione offerta dal Ministero della salute, il  quale,  a
chiarificazione della disciplina concernente i cittadini  comunitari,
«che si  trovano  sul  territorio  dello  Stato,  [e]  non  risultano
assistiti dagli Stati di provenienza e  non  hanno  i  requisiti  per
l'iscrizione al SSN», ha indicato che  l'armonizzazione  delle  norme
del decreto legislativo 6 febbraio  2007,  n.  30  (Attuazione  della
direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione  e
dei loro familiari di circolare  e  di  soggiornare  liberamente  nel
territorio  degli  Stati  membri)  «con   le   norme   di   principio
dell'ordinamento italiano che sanciscono la  tutela  della  salute  e
garantiscono cure gratuite agli indigenti (art. 32  Cost.)»  comporta
che  «i  cittadini  comunitari   hanno   diritto   alle   prestazioni
indifferibili ed urgenti» (nota  del  19  febbraio  2008,  avente  ad
oggetto «Precisazioni concernenti l'assistenza sanitaria ai cittadini
comunitari dimoranti in Italia»). 
    In definitiva, la norma impugnata  disciplina  la  materia  della
tutela della salute, per la parte di competenza  della  Regione,  nel
rispetto di quanto stabilito dal legislatore statale in  ordine  alla
situazione dei soggetti sopra indicati. 
    Le censure riferite all'art. 117, secondo comma,  lettere  h)  ed
l), Cost., con riguardo alle materie «ordine pubblico e sicurezza» ed
«ordinamento  penale»,  sono,  infine,   inammissibili,   in   quanto
l'impugnazione, in relazione a tali parametri, non e'  suffragata  da
alcuna argomentazione (tra le  piu'  recenti,  sentenza  n.  200  del
2010). 
    2.2.5. - L'infondatezza delle censure comporta, indipendentemente
da ogni altra considerazione,  l'irrilevanza  nel  presente  giudizio
della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  10-bis  del
d.lgs. n. 286 del 1998 (e cio' anche in relazione alla questione  che
e' stata accolta per la violazione di un parametro rispetto al  quale
tale norma non assume rilievo), proposta in linea  subordinata  dalla
Regione, in  riferimento  agli  artt.  3,  25  e  27  Cost.;  quindi,
difettano i presupposti, perche'  questa  Corte  possa  eventualmente
sollevarla davanti a se stessa. 
    3. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri  dubita,  inoltre,
distintamente, della legittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma
1, della legge della Regione Puglia n. 32 del 2009,  nella  parte  in
cui stabilisce che le norme di detta  legge  «si  applicano,  qualora
piu' favorevoli, anche ai cittadini neocomunitari». A suo avviso,  la
disposizione violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettere a), b), h)
ed l), Cost., poiche' la disciplina della  condizione  giuridica  del
cittadino comunitario sarebbe riconducibile  alla  materia  «rapporti
dello Stato con l'Unione  europea»,  di  competenza  esclusiva  dello
Stato. Inoltre, essa  si  porrebbe  in  contrasto  con  il  principio
stabilito dall'art. 1, comma 2, del d.l.gs. n. 286 del 1998 che,  nel
testo modificato dall'art. 37 del decreto-legge 25  giugno  2008,  n.
112   (Disposizioni   urgenti   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica e la perequazione  tributaria),  convertito  dalla  legge  6
agosto 2008, n.133, stabilisce:  «Il  presente  testo  unico  non  si
applica ai cittadini degli Stati membri  dell'Unione  europea,  salvo
quanto  previsto   dalle   norme   di   attuazione   dell'ordinamento
comunitario». 
    3.1. - La questione proposta in riferimento all'art. 117, secondo
comma, lettera a), Cost., non e' fondata. 
    Il legislatore statale, con il d.lgs. n. 30  del  2007,  ha  dato
attuazione alla direttiva comunitaria 29 aprile 2004,  n.  2004/38/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto
dei cittadini dell'Unione e dei loro  familiari  di  circolare  e  di
soggiornare  liberamente  nel  territorio  degli  Stati  membri,  che
modifica il  regolamento  CEE  n.  1612/68  ed  abroga  le  direttive
64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE,
90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE), concernente il diritto di libera
circolazione e di soggiorno dei cittadini dell'Unione europea  e  dei
loro familiari, stabilendo i criteri relativi al diritto di soggiorno
dei cittadini dell'Unione  europea,  relativi  al  riconoscimento  in
favore dei medesimi di una serie di prestazioni  relative  a  diritti
civili e sociali. Siffatti criteri devono essere armonizzati  con  le
norme dell'ordinamento costituzionale italiano  che  garantiscono  la
tutela  della  salute,  assicurano  cure  gratuite  agli   indigenti,
l'esercizio del diritto all'istruzione, ed  attengono  a  prestazioni
concernenti la tutela di diritti fondamentali, spettanti ai cittadini
neocomunitari in base all'art. 18 del TFUE (gia' art. 12 del Trattato
CE), che impone sia garantita, ai cittadini comunitari che si trovino
in una situazione disciplinata dal diritto  dell'Unione  europea,  la
parita' di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro. 
    Alla luce di detto principio, questa Corte, nello  scrutinare  le
censure mosse ad una norma regionale avente contenuto sostanzialmente
identico a quella in esame, ha, quindi, escluso  che  essa  violi  la
competenza legislativa statale in materia di  rapporti  con  l'Unione
europea (art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.),  in  quanto  si
limita  «ad  assicurare  anche  ai  cittadini  neocomunitari   quelle
prestazioni ad essi dovute nell'osservanza di obblighi  comunitari  e
riguardanti settori di propria competenza, concorrente  o  residuale,
riconducibili al settore sanitario, dell'istruzione, dell'accesso  al
lavoro ed all'edilizia abitativa e  della  formazione  professionale»
(sentenza n. 269 del 2010). 
    La disposizione impugnata e', quindi, immune dai vizi denunciati,
poiche' si inserisce in un quadro normativo volto a favorire la piena
integrazione   anche   dei   cittadini   neocomunitari,   presupposto
imprescindibile per l'attuazione delle  disposizioni  comunitarie  in
materia di cittadinanza europea. 
    Le censure riferite all'art. 117, secondo comma, lettere  b),  h)
ed l), Cost., sono, infine, inammissibili, in quanto, in relazione  a
tali  parametri,  l'impugnazione  non   e'   suffragata   da   alcuna
argomentazione. 
    L'infondatezza delle censure concernenti il citato art. 2,  comma
1, comporta il difetto di rilevanza della questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998,  nel
testo modificato dal d.lgs.  n.  112  del  1998,  proposta  in  linea
subordinata dalla Regione,  in  riferimento  all'art.  3  Cost.,  con
conseguente insussistenza  dei  presupposti  affinche'  questa  Corte
possa eventualmente sollevarla davanti a se stessa. 
    4. - Il ricorrente impugna poi l'art. 15, comma  3,  della  legge
regionale  in  esame,  in  virtu'  del  quale,   «d'intesa   con   il
Provveditorato  regionale  dell'amministrazione   penitenziaria,   la
Regione programma interventi diretti a  rimuovere  gli  ostacoli  che
limitano  l'accesso  agli  istituti  previsti   dall'ordinamento   in
alternativa o  in  sostituzione  della  pena  detentiva,  nonche'  ai
permessi premio ex articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354
(Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle  misure
privative e limitative della liberta'), come inserito dall'articolo 9
della  legge  10  ottobre  1986,  n.  663  e  da  ultimo   modificato
dall'articolo 2, comma 27, lettera b), della legge 15 luglio 2009, n.
94». 
    Secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  detta  norma   si
porrebbe in contrasto con l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  1),
Cost., in  quanto  non  sarebbe  chiaro  cosa  debba  intendersi  per
«interventi  diretti  alla  rimozione  degli  ostacoli  che  limitano
l'accesso agli istituti» sopra indicati e, in  ogni  caso,  la  norma
eccederebbe   le   competenze   regionali,   poiche'    concernerebbe
l'ordinamento penitenziario,  riconducibile  all'ordinamento  penale,
materia di competenza dello Stato, disciplinata dalla  legge  n.  354
del 1975. 
    4.1. - La questione non e' fondata. 
    Il ricorrente desume dall'asserita  oscurita'  dell'inciso  sopra
riportato la possibile incidenza della norma regionale sulla  materia
«ordinamento penale». La formula lessicale del comma impugnato  e  la
considerazione  che  il  citato  art.  15   ha   ad   oggetto,   come
espressamente indicato dalla rubrica,  le  «politiche  di  inclusione
sociale», rendono, invece, palese che  tale  disposizione  prevede  -
univocamente  ed  esclusivamente  -  che  la   Regione,   nell'ambito
dell'assistenza e dei  servizi  sociali,  spettante  alla  competenza
legislativa residuale della medesima (sentenza n. 10 del 2010),  puo'
approntare le misure assistenziali materiali, strumentali a garantire
le   condizioni   necessarie   (quali,    esemplificativamente,    la
disponibilita' di  un  alloggio),  affinche'  gli  immigrati  possano
accedere alle misure alternative alla detenzione che, a seguito della
dichiarazione parziale di illegittimita' costituzionale  degli  artt.
47, 48 e 50 della legge n. 354 del 1975 (sentenza n.  78  del  2007),
possono,  eventualmente,  essere  concesse   anche   agli   stranieri
extracomunitari entrati  illegalmente  nel  territorio  dello  Stato,
ovvero privi del permesso di soggiorno. 
    La norma non interviene in nessun punto e modo sulla disciplina e
sui presupposti di dette misure. Inoltre, stabilisce  che  la  stessa
programmazione degli interventi necessari per rimuovere le condizioni
che  potrebbero  impedire  l'accesso  alle   medesime   deve   essere
effettuata    d'intesa    con     il     Provveditorato     regionale
dell'amministrazione penitenziaria e, quindi, dispone che la  Regione
debba  conformarsi  alle  esigenze  di  tale  organo,  senza  neppure
prevedere alcun onere di collaborazione a carico di quest'ultimo. 
    5. - Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  dubita,  infine,
della illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera h),
della legge Regione Puglia n. 32 del 2009, il quale  dispone  che  la
«Regione   concorre,   nell'ambito    delle    proprie    competenze,
all'attuazione, in particolare, dei principi espressi», tra  l'altro,
«dalla Convenzione internazionale per la protezione  dei  diritti  di
tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie,  approvata  il  18
dicembre 1990 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite ed  entrata
in vigore il 1° luglio 2003». A suo avviso, poiche' detta Convenzione
non e'  stata  ancora  ratificata  dall'Italia,  la  norma  impugnata
violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera  a),  Cost.,  il  quale
attribuisce la materia «politica estera  e  rapporti  internazionali»
alla competenza esclusiva dello Stato. 
    5.1. - La questione e' fondata. 
    Secondo la giurisprudenza  di  questa  Corte,  l'attivita'  delle
Regioni   volta   all'attuazione   ed   all'esecuzione   di   accordi
internazionali  deve  muoversi  all'interno  del   quadro   normativo
contrassegnato dall'art. 117, quinto  comma,  Cost.,  e  dalle  norme
della  legge  5  giugno  2003,  n.  131,  recante  «Disposizioni  per
l'adeguamento   dell'ordinamento   della   Repubblica   alla    legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3»  (sentenza  n.  12  del  2006;
siffatto parametro e' stato implicitamente,  ma  chiaramente  evocato
dal ricorrente). I «rapporti internazionali» e la  «politica  estera»
(art.  117,   secondo   comma,   lettera   a,   Cost.)   sono,   poi,
rispettivamente, «riferibili a singole relazioni, dotate di  elementi
di estraneita' rispetto al nostro  ordinamento»  ed  alla  «attivita'
internazionale dello Stato unitariamente considerata in rapporto alle
sue finalita' ed al suo indirizzo» (sentenze n.  258  e  n.  131  del
2008; n. 211 del 2006). Inoltre, le Regioni, nelle materie di propria
competenza, «provvedono direttamente all'attuazione ed all'esecuzione
degli accordi internazionali», nel rispetto delle norme di  procedura
stabilite dall'art. 3 della legge n. 131 del 2003. 
    Questa Corte ha anche gia' affermato che le Regioni  non  possono
dare esecuzione ad  accordi  internazionali  indipendentemente  dalla
legge di ratifica, quando sia «necessaria ai sensi dell'art. 80 della
Costituzione, anche perche' in tal caso l'accordo  internazionale  e'
certamente privo di efficacia per l'ordinamento italiano», e nel caso
in  cui  non  siano  riconducibili  a  quelli  stipulati   in   forma
semplificata e che intervengano in materia regionale (sentenza n. 379
del 2004), riguardando invece, come nella specie, molteplici  profili
eccedenti le competenze delle Regioni. Ed e' questo quanto stabilisce
la  norma  in  esame,  la  quale,  in  violazione  della   competenza
legislativa esclusiva dello Stato, prevede di  dare  esecuzione  alla
citata Convenzione, benche' non sia stata ancora ratificata. 
    La lettera della disposizione impugnata e l'ampio  -  generico  e
sostanzialmente indefinito - riferimento all'attuazione dei  principi
espressi  dalla  Convenzione,  «alla   luce   del   generale   canone
ermeneutico del "legislatore non ridondante"» (sentenza  n.  226  del
2010), rendono, infine, palese  che,  contrariamente  alla  deduzione
della  Regione,  neppure  e'  possibile  offrirne  un'interpretazione
restrittiva, ritenendo che essa renderebbe applicabili esclusivamente
le norme del diritto internazionale generalmente  riconosciute  (art.
10,   primo   comma,   Cost.),   con    conseguente    illegittimita'
costituzionale della medesima. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo  1,  commi
2, lettera h), e 3, lettera h), della legge della  Regione  Puglia  4
dicembre 2009, n. 32 (Norme per l'accoglienza, la convivenza civile e
l'integrazione degli immigrati in Puglia); 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'articolo 2, comma 1, della  legge  della  Regione
Puglia n. 32 del 2009, proposta,  in  riferimento  all'articolo  117,
secondo  comma,  lettere  b),  h)  ed  l),  della  Costituzione,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'articolo 10, commi  5  e  6,  della  legge  della
Regione Puglia n. 32 del 2009, proposta, in riferimento  all'articolo
117, secondo comma, lettere h) ed  l),  della  Costituzione,  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
degli articoli 1, commi 1 e 3, lettere da a) a g) e da i) ad  l);  2;
3; 4, comma 4; 5, comma 1, lettere a) e b); 6, comma 1, lettere b)  e
c); 13 e 14  della  legge  della  Regione  Puglia  n.  32  del  2009,
proposte, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettere a),
b), h) ed l), della Costituzione, ed in relazione agli articoli 4, 5,
10, 10-bis, 11, 13, 14, 19 e 35 del  decreto  legislativo  25  luglio
1998,  n.  286  (Testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 2, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 32  del
2009, proposta,  in  riferimento  all'articolo  117,  secondo  comma,
lettera a), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 10, commi 5 e 6, della legge della Regione Puglia n. 32
del 2009, proposta, in riferimento all'articolo 117,  secondo  comma,
lettere a) e b), della  Costituzione,  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 15, comma 3, della legge della Regione Puglia n. 32 del
2009, proposta,  in  riferimento  all'articolo  117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                        Il redattore: Tesauro 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 22 ottobre 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola