N. 301 SENTENZA 18 - 22 ottobre 2010

Giudizio per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato. 
 
Parlamento - Immunita' parlamentari  -  Procedimento  penale  per  il
  reato di diffamazione aggravata a  mezzo  stampa  a  carico  di  un
  senatore - Deliberazione di  insindacabilita'  delle  opinioni  del
  parlamentare adottata dal Senato della  Repubblica  -  Ricorso  per
  conflitto di  attribuzione  promosso  dal  Tribunale  di  Milano  -
  Insussistenza del nesso funzionale  tra  dichiarazioni  rese  extra
  moenia  dal  parlamentare  ed   espletamento   delle   funzioni   -
  Inesistenza di atti parlamentari tipici, anteriori  o  contestuali,
  ai  quali  riferire  le  dichiarazioni  -  Insufficienza  del  mero
  riferimento all'attivita' parlamentare - Non  spettanza  al  Senato
  della Repubblica del potere esercitato -  Conseguente  annullamento
  della deliberazione di insindacabilita' 
- Delibera della Camera dei deputati 19 febbraio 2009  (Doc.  IV-ter,
  n. 6). 
- Costituzione, art. 68, primo comma; legge 11 maggio  1953,  n.  87,
  artt. 37 e 38. 
(GU n.43 del 27-10-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della  Repubblica  del
19 febbraio 2009 relativa all'insindacabilita',  ai  sensi  dell'art.
68, primo comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse  da
Raffaele Iannuzzi, senatore all'epoca dei fatti,  nei  confronti  del
dott. Giancarlo Caselli ed altri, promosso dal Tribunale ordinario di
Milano - sezione VIII penale, con ricorso notificato il  18  novembre
2009, depositato in cancelleria il 7 dicembre 2009 ed iscritto al  n.
5 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2009, fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica; 
    Udito nell'udienza pubblica del  21  settembre  2010  il  giudice
relatore Paolo Maddalena; 
    Udito  l'avvocato  Giovanni  Pitruzzella  per  il  Senato   della
Repubblica. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.  -  Il  Tribunale  ordinario  di  Milano,  nel  corso  di   un
procedimento penale per il reato di diffamazione  aggravata  a  mezzo
stampa a carico di Raffaele Iannuzzi, senatore all'epoca  dei  fatti,
con ricorso del 7 aprile 2009, pervenuto nella cancelleria di  questa
Corte il 16 aprile 2009, ha sollevato conflitto di  attribuzione  tra
poteri dello Stato nei confronti  del  Senato  della  Repubblica,  in
relazione alla deliberazione  adottata  il  19  febbraio  2009  (doc.
IV-ter, n. 6), con la quale e' stato dichiarato, su conforme proposta
della Giunta delle elezioni e delle  immunita'  parlamentari,  che  i
fatti per  i  quali  e'  in  corso  l'indicato  procedimento  debbono
ritenersi insindacabili ai sensi dell'articolo 68 della Costituzione,
costituendo  opinioni  espresse  nell'esercizio  delle  funzioni   di
parlamentare. 
    Il ricorrente, nel riportare in premessa i capi  di  imputazione,
rileva che il procedimento penale e' sorto a  seguito  delle  querele
proposte dai magistrati Giancarlo Caselli, Guido Lo Forte, Gioacchino
Natoli e Roberto Scarpinato nei confronti dello Iannuzzi, il quale  -
con due articoli di stampa pubblicati sul quotidiano  «Il  Giornale»,
l'uno, del 2 novembre 2003, dal titolo «Genesi di una persecuzione  -
Buscetta rinnego' il verbale che apri' il caso  Pecorelli»,  l'altro,
del 19 settembre 2004, dal titolo «Gli intoccabili in toga» - avrebbe
offeso la reputazione dei querelanti, affermando: che il processo  al
senatore Giulio Andreotti  sarebbe  stato  instaurato  per  finalita'
politiche; e che i predetti magistrati avrebbero strumentalizzato  le
dichiarazioni del pentito Buscetta, avrebbero  posto  in  essere  una
serie di  atti  tali  da  determinare  il  suicidio  del  maresciallo
Lombardo  ed  avrebbero,  in  sostanza,  abusato   delle   rispettive
posizioni per impedire  che  fossero  scoperte  le  tracce  del  loro
operato, anche  attraverso  un'indebita  interferenza  nel  dibattito
parlamentare conseguente all'esito del processo Andreotti. 
    Il Tribunale esclude che, nella specie,  vi  sia  alcun  elemento
concreto  da  cui  si  possa   desumere   la   sussistenza   di   una
corrispondenza sostanziale tra i  contenuti  degli  articoli  oggetto
delle querele e le opinioni gia' espresse dal senatore  in  specifici
atti parlamentari, non essendo  sufficiente  una  mera  comunanza  di
tematiche  e  un  generico  riferimento  alla  rilevanza  dei   fatti
pubblici. 
    Il giudice ricorrente osserva che  tale  correlazione  funzionale
non  puo'  derivare  dall'interesse  costantemente  manifestato   dal
senatore Iannuzzi, nello svolgimento della  sua  attivita'  politica,
per le tematiche della politica giudiziaria in  ambito  di  contrasto
all'attivita' mafiosa. 
    A suo avviso, l'interpretazione prospettata  dalla  deliberazione
da cui e' sorto il conflitto comporterebbe, di fatto, che  l'istituto
della   insindacabilita',   previsto   dall'art.   68    Cost.,    si
trasformerebbe da esenzione di responsabilita' legata  alla  funzione
in privilegio personale, con la conseguenza  che  le  opinioni  e  le
dichiarazioni manifestate da  un  parlamentare  sarebbero,  sempre  e
comunque, sottratte alla verifica giurisdizionale. 
    La   condotta   addebitabile   all'allora   senatore    Iannuzzi,
astrattamente idonea, nella sua specificita' e gravita', ad integrare
un illecito, esulerebbe dall'esercizio delle funzioni parlamentari  e
non presenterebbe oggettivamente alcun legame con  atti  parlamentari
neppure nell'accezione piu' ampia e, come  tale,  dovrebbe  rientrare
nella cognizione riservata al sindacato giurisdizionale. 
    Stante la dedotta carenza  del  nesso  funzionale,  il  Tribunale
chiede che questa Corte, previa declaratoria  di  ammissibilita'  del
conflitto, dichiari che non spettava al Senato  della  Repubblica  la
valutazione della condotta  addebitabile  allo  Iannuzzi,  in  quanto
estranea alla previsione di cui all'art. 68, primo comma,  Cost.,  e,
per l'effetto, annulli la deliberazione del Senato  della  Repubblica
in data  19  febbraio  2009,  in  quanto  lesiva  della  sfera  delle
attribuzioni giurisdizionali. 
    2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile da questa Corte
con ordinanza n. 288 del 6 novembre 2009. 
    A seguito di essa,  il  Tribunale  di  Milano  ha  notificato  il
ricorso e l'ordinanza al Senato della Repubblica in data 18  novembre
2009 ed il successivo 7 dicembre 2009 ha depositato tali atti, con la
prova dell'avvenuta notificazione. 
    3. - Si e' costituito in giudizio  il  Senato  della  Repubblica,
chiedendo la reiezione del ricorso, con conseguente dichiarazione  di
spettanza allo stesso Senato di dichiarare insindacabili le  opinioni
espresse dal senatore Iannuzzi, ai sensi dell'art. 68,  primo  comma,
Cost. 
    Si sostiene che legittimamente  il  Senato  ha  ritenuto  che  la
vicenda e le opinioni espresse  dall'allora  senatore  Iannuzzi  sono
riconducibili alla situazione di non sindacabilita' di  cui  all'art.
68, primo comma, Cost., in quanto l'intervento che lo stesso fece con
gli  articoli  di  denunzia  politica  pubblicati  da  «Il  Giornale»
presentava quel  nesso  funzionale  con  le  attivita'  svolte  nella
qualita' di senatore, presupposto dell'insindacabilita'. 
    Ad  avviso  del  Senato  della  Repubblica,  il   conflitto   di'
attribuzione fra i poteri dello Stato che si  articoli  intorno  alla
previsione di cui all'art. 68, primo  comma,  Cost.  postula  che  il
confine tra i due distinti valori confliggenti  -  l'autonomia  delle
Camere e la legalita'  della  giurisdizione  -  sia  posto  sotto  il
controllo della Corte costituzionale, la quale puo' essere adita  dal
potere che si ritenga leso o menomato dall'attivita'  dell'altro,  in
quanto garante di un equilibrio razionale e misurato tra  le  istanze
dello Stato di diritto, che tendono ad  esaltare  i  valori  connessi
all'esercizio della giurisdizione, e la  salvaguardia  di  ambiti  di
autonomia parlamentari sottratti al  diritto  comune  che  valgono  a
conservare alla rappresentanza politica un suo  indefettibile  spazio
di liberta' (sono citate le sentenze n. 379 del 1996  e  n.  329  del
1999). 
    4. - Nella memoria depositata  in  prossimita'  dell'udienza,  il
Senato della Repubblica osserva che il mandato elettorale si  esplica
in tutte le occasioni in cui il parlamentare raggiunga  il  cittadino
illustrando la propria posizione - quand'anche  cio'  avvenga  al  di
fuori dei luoghi deputati all'attivita' legislativa in senso  stretto
- attraverso i mezzi di informazione di massa, gli organi di stampa e
la televisione. 
    La vicenda in esame, costituita dalla redazione  e  pubblicazione
di articoli «tematici»,  rispecchierebbe  le  predette  modalita'  di
esercizio  delle  funzioni  di   parlamentare.   Da   tali   articoli
trasparirebbe   il   chiaro   intento   divulgativo    di    opinioni
indissolubilmente connesse al  mandato  parlamentare  e,  quindi,  di
queste ultime espressione, in relazione sia all'oggetto degli  stessi
articoli, sia alla testata giornalistica all'interno della  quale  e'
avvenuta  la   suddetta   pubblicazione,   notoriamente   indirizzata
all'approfondimento di problematiche politico-sociali e giudiziarie. 
    La difesa del Senato della Repubblica sollecita questa  Corte  ad
accedere ad una nozione di  «nesso  funzionale»  piu'  conferente  al
mutato quadro socio-politico di  riferimento  e  a  ritenere  coperta
dalla  garanzia  di  insindacabilita'  qualunque  attivita'   -   sia
soggettivamente, sia oggettivamente -  riconducibile  alla  obiettiva
esplicazione  del  mandato  parlamentare,  anche  in  relazione  agli
specifici interessi del parlamentare stesso. 
    Nella memoria si ricorda che,  secondo  la  giurisprudenza  della
Corte europea per i diritti dell'uomo, la  liberta'  di  espressione,
sancita dall'art. 10 della Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  del  4  novembre
1950, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848,  rappresenta
uno dei valori essenziali di ogni societa' democratica  e  una  delle
condizioni primarie del progresso sociale e del pieno sviluppo  delle
persone. 
    Anche in considerazione dello speciale rilievo  attribuito  dalla
Corte europea ai limiti della «critica lecita», la difesa del  Senato
rileva l'opportunita' di elaborare una nozione di «nesso  funzionale»
frutto di una lettura coordinata del primo comma dell'art.  68  Cost.
con l'art. 10 della Cedu. L'esercizio delle funzioni di  parlamentare
- cui e' connessa la  prerogativa  dell'insindacabilita'  -  dovrebbe
essere interpretato alla luce tanto della tutela del  valore  supremo
della  autonomia  ed  indipendenza  del  Parlamento,   quanto   della
salvaguardia della libera manifestazione del  pensiero,  nei  modi  e
nelle forme che si possono ricavare anche dalla giurisprudenza  della
Corte di Strasburgo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale di Milano  contesta  che  spettasse  al  Senato
della Repubblica deliberare, nella seduta del 19 febbraio 2009  (doc.
IV-ter, n. 6), che i fatti per i quali e' in corso il processo penale
nei confronti di Raffaele Iannuzzi,  senatore  all'epoca  dei  fatti,
imputato del reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa in  danno
dei magistrati Giancarlo Caselli, Guido Lo Forte, Gioacchino Natoli e
Roberto Scarpinato, riguardavano opinioni espresse da un  membro  del
Parlamento  nell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari  ed   erano
pertanto insindacabili ai sensi del primo comma  dell'art.  68  della
Costituzione. 
    2. - Deve, preliminarmente, essere ribadita l'ammissibilita'  del
conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi,  come
gia' ritenuto da questa Corte con l'ordinanza n. 288 del 2009. 
    3. - Nel merito, il ricorso e' fondato. 
    Secondo  la  costante  giurisprudenza  di   questa   Corte,   per
l'esistenza di un nesso funzionale tra le  dichiarazioni  rese  extra
moenia da un parlamentare e  l'espletamento  delle  sue  funzioni  di
membro del Parlamento  -  al  quale  e'  subordinata  la  prerogativa
dell'insindacabilita' di cui all'art. 68, primo  comma,  Cost.  -  e'
necessario che tali dichiarazioni possano  essere  identificate  come
espressione dell'esercizio di attivita' parlamentare (tra  le  molte,
sentenze n. 420, n. 410, n. 134 e n. 171 del 2008, n. 11 e n. 10  del
2000). 
    Nella specie, la relazione della Giunta delle  elezioni  e  delle
immunita' parlamentari non indica atti parlamentari tipici  anteriori
o contestuali alle dichiarazioni  in  esame,  compiuti  dallo  stesso
senatore, ai quali, per il loro contenuto, possano essere riferite le
opinioni oggetto di conflitto. 
    La  difesa  del  Senato  della  Repubblica  sottolinea  come   il
parlamentare   abbia   sempre   incentrato   la   propria   attivita'
parlamentare principalmente sull'analisi delle questioni giudiziarie,
dell'attivita'  della  criminalita'  organizzata,  delle   forme   di
contrasto alla stessa e delle relative vicende processuali,  offrendo
il proprio contributo sia alla ricostruzione storica di tali vicende,
sia all'adozione di iniziative parlamentari di contrasto al  fenomeno
mafioso tout court; rileva che dalla pubblicazione degli articoli  di
stampa in oggetto trasparirebbe  il  chiaro  intento  divulgativo  di
opinioni   connesse   al   mandato   parlamentare;    e    sottolinea
l'opportunita'  di  una  rielaborazione  della  nozione   di   «nesso
funzionale» anche in ragione dei confini o dei limiti che la Corte di
Strasburgo ha tracciato in ordine alla liberta' di manifestazione del
pensiero. 
    Sul punto e' sufficiente richiamare la giurisprudenza  di  questa
Corte,  secondo  la   quale   il   mero   riferimento   all'attivita'
parlamentare o comunque all'inerenza a temi di rilievo generale  (pur
anche dibattuti in Parlamento), entro cui le dichiarazioni si possano
collocare, non vale  in  se'  a  connotarle  quali  espressive  della
funzione, in quanto esse, non costituendo la sostanziale riproduzione
di specifiche opinioni manifestate  dal  parlamentare  nell'esercizio
delle proprie attribuzioni, sono non gia' il riflesso  del  peculiare
contributo che ciascun deputato e ciascun senatore apporta alla  vita
parlamentare mediante le proprie opinioni e i propri voti (come  tale
coperto dall'insindacabilita', a  garanzia  delle  prerogative  delle
Camere e non di un «privilegio personale [...] conseguente alla  mera
"qualita'" di  parlamentare»:  sentenza  n.  120  del  2004),  bensi'
un'ulteriore  e  diversa  articolazione   di   siffatto   contributo,
elaborata ed offerta  alla  pubblica  opinione  nell'esercizio  della
libera manifestazione del pensiero assicurata a  tutti  dall'art.  21
Cost. (sentenze n. 330 del 2008 e n. 135 del 2008, n. 302, n.  166  e
n. 152 del 2007). 
    Conclusivamente, la  delibera  del  Senato  della  Repubblica  ha
violato l'art.  68,  primo  comma,  Cost.,  ledendo  le  attribuzioni
dell'autorita' giudiziaria ricorrente, e deve essere annullata. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara che non spettava al Senato  della  Repubblica  affermare
che le dichiarazioni rese da Raffaele  Jannuzzi,  senatore  all'epoca
dei fatti, per le quali pende un processo penale dinanzi al Tribunale
di Milano, di cui al  ricorso  in  epigrafe,  costituiscono  opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; 
    Annulla, per l'effetto, la delibera di insindacabilita'  adottata
dal Senato della Repubblica nella seduta del 19 febbraio  2009  (doc.
IV-ter, n. 6). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Maddalena 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 22 ottobre 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola