N. 352 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 luglio 2010
Ordinanza del 28 luglio 2010 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia sul ricorso proposto dal Centro Ambulatoriale di Emodialisi «Aurora» s.r.l. ed altri contro Assessorato della sanita' della regione Lazio. Sanita' pubblica - Possibilita' per le Regioni di individuare prestazioni (nella specie: dialisi) o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell'azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati - Limitazione territoriale all'esercizio del diritto fondamentale ai livelli essenziali di assistenza - Violazione del diritto di azione e del principio di tutela giurisdizionale - Lesione del diritto alla salute - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8-quinquies, comma 2, lett. b), ultimo periodo, introdotto dall'art. 79, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133. - Costituzione, artt. 3, 24, 32, 97, 113 e 117, comma secondo, lett. m).(GU n.47 del 24-11-2010 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1589 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da Centro Ambulatoriale di Emodialisi «Aurora» S.r.l., Centro Emodialisi Ippocrate' S.r.l., Studio medico di nefrologia e dialisi S.r.l., San Filippo Dial Center S.r.l., Paterno' Dial Center S.r.l., Acireale Dial Center S.r.l., Adrano Dial Center S.r.l., Ybes S.r.l., C.E.R. S.r.l., Madonie Dialisi S.r.l., Catania Sud S.r.l., Sirena S.r.l. (P.Iva:, Sparviero S.r.l., Eurodial S.r.l., Etna Dialisi S.r.l., Galeno Soc. Coop. A.r.l., Tirrenia S.r.l., Ippocrate S.r.l., C.E.A. S.r.l., Iblea Medica S.r.l., Delta S.r.l., Nefrologico Etneo S.r.l., S. Luca S.r.l. (P.Iva:, Ippocrate S.r.l., Centro Emodialisi Mazarese S.r.l., Azzurra Ambulatorio Medico S.r.l., Servizi Sanitari Alcamesi S.r.l., Igea S.r.l., M. Malpighi S.r.l., Ambulatorio di Emodialisi Klotho S.r.l., Centro Dialisi S. Giovanni S.r.l., Ambulatorio di Emodialisi Floridiano S.r.l., Omega Centro Dialisi S.r.l., Dialisi Aretusea, Nephron S.r.l., Emodialisi Palermo S.r.l., Centro Dialisi del Mediterraneo S.r.l., Kamarina Medica S.r.l., Archimed S.r.l., Sirnephros S.r.l., Nefral S.r.l., Centro Siciliano di Nefrologia e Dialisi S.r.l., Centro Emodialitico Meridionale S.r.l., Day Hospital «Le Terrazze» S.r.l., Le Ciminiere S.r.l., Centro Rene «Smeraldo» S.r.l., Sun Dial S.r.l., Ambulatorio Dialisi e Terapia Renale S.r.l., Medical Center S.r.l., Centro Medico Nefrologico S.r.l., Ambulatorio Specialistico Renato Traina Sri, Centro di Nefrologia e Dialisi S.r.l., Ambulatorio Nisseno di Emodialisi Srl, C.E.B. S.r.l., Centro Diagnostico Terapeutico, R Z R S.r.l., Centro Ambulatoriale di Nefrologia e Dialisi «Galeno» S.r.l., Diaverum S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentati e difesi dall'Avv. Salvatore Pensabene Lionti, con domicilio eletto presso il suo studio sito in Palermo, via Giusti n. 45; Contro Regione Sicilia Assessorato Regionale Sanita', in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia per legge in Palermo, via A. De Gasperi n. 81; e con l'intervento di ad adiuvandum, A.Di.P. (Associazione Dialisi Privata), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Pensabene Lionti, con domicilio eletto presso il predetto difensore, in Palermo, via Giusti 45. Per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia: quanto al ricorso introduttivo: del decreto dell'Assessore della sanita' della Regione siciliana 20 agosto 2009, pubblicato nella G.U.R.S., n. 42, parte prima, dell'11 settembre 2009, concernente «Interventi per la riorganizzazione, la riqualificazione e il riequilibrio economico dell'assistenza sanitaria ai pazienti con uremia terminale»; nonche' degli Allegati e degli schemi di convenzione connessi e di ogni altro atto connesso (sia prodromico che conseguenziale) che possa risultare comunque lesivo per i ricorrenti... quanto al ricorso per motivi aggiunti: del decreto dell'Assessore della Sanita' della regione Siciliana 17 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Regione Sicilia n. 4, parte prima, del 29 gennaio 2010, intitolato «Modifica del decreto 20 agosto 2009, concernente interventi per la riorganizzazione, la riqualificazione e il riequilibrio economico dell'assistenza sanitaria ai pazienti con uremia terminale». Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Sicilia Assessorato Regionale Sanita'; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2010 il dott. Giovanni Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Il ricorso in esame ha ad oggetto il decreto 20 agosto 2009, n. 1676, dell'Assessore per la Sanita' della regione Sicilia. Con le ordinanze cautelari numeri 965, 966 e 967, rese a seguito di impugnazione del predetto decreto, questa Sezione ha ritenuto fondato il profilo di censura dedotto in ordine alla violazione dell'art. 8-quinques del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (introdotto dall'art. 8, comma 4, d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229). In particolare, si e' osservato nelle citate ordinanza che ai sensi della predetta disposizione normativa, «l'Amministrazione competente deve essere individuata unicamente nelle singole Aziende Sanitarie Locali, cui corrispondono in Sicilia (ai sensi della L.R. n. 5/09) le neoistitutite Aziende Sanitarie Provinciali». Successivamente a tali provvedimenti, con decreto 17 dicembre 2009 e' stato modificato l'art. 1, comma 1, del decreto 20 agosto 2009, nel senso che «l'ammissione alla fruizione del trattamento sostitutivo della funzione renale presso centri di dialisi privati accreditati deve essere preventivamente autorizzata dall'azienda sanitaria provinciale di appartenenza, sulla base di una certificazione rilasciata da un medico specialista nefrologo da essa dipendente o convenzionato, che attesti l'insufficienza renale cronica terminale e la necessita' del trattamento sostitutivo». Il decreto 17 dicembre 2009 precisa poi che risultano confermate «tutte le altre disposizioni del decreto n. 1676/09». Vengono pertanto ora all'esame del collegio le censure rivolte avverso il contenuto dispositivo del decreto impugnato, superata - con l'anzidetta modifica - quella relativa alla competenza. Il decreto in esame ha, in particolare, previsto che «L'ammissione alla fruizione del trattamento sostitutivo della funzione renale presso centri di dialisi privati accreditati deve essere preventivamente autorizzata, dall'azienda sanitaria provinciale di appartenenza, sulla base di una certificazione rilasciata da un medico specialista nefrologo da essa dipendente o convenzionato, che attesti l'insufficienza renale cronica terminale e la necessita' del trattamento sostitutivo». Nel preambolo del Decreto impugnato viene indicato, come base normativa dello stesso, l'art. 8-quinquies, comma 2, lett. b), ultimo periodo, del predetto decreto legislativo n. 502/1992, introdotto dall'art. 79, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (aggiunto dalla relativa legge di conversione), ai sensi del quale «le regioni possono individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell'azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati». La predetta norma attributiva del potere e' stata inserita nel corpo di una disposizione (il citato art. 8-quinquies, comma 2, d. lgs. n. 502/1992) che disciplina: a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi; b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell'ambito territoriale della medesima unita' sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalita' di assistenza. In entrambi i casi, si tratta di dati ed obiettivi da stabilire con accordi e con contratti fra le regioni e gli operatori pubblici e privati della sanita', e non con atti unilaterali. In questo contesto, relativo alla disciplina di un'attivita' di definizione concordata dei predetti obiettivi, il comma l-quinquies dell'art. 79, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ha introdotto la previsione di un potere autorizzatorio che le regioni possono prevedere in relazione ad alcune tipologie di prestazioni. Detto potere e' stato esercitato dalla Regione Sicilia con il Decreto impugnato. Preliminarmente, osserva il collegio che la disposizione in esame e' assolutamente chiara nell'impedire una interpretazione che consenta di ricondurre l'individuazione dei gruppi di prestazioni da sottoporre ad autorizzazione ad un'attivita' consensuale (nel qual caso il decreto impugnato sarebbe senz'altro illegittimo, per il sol fatto di aver provveduto in via unilaterale): sotto questo profilo il soggetto ed il verbo utilizzati dal legislatore («Le regioni possono individuare....») si differenziano nettamente, al punto da proporsi in chiave necessariamente derogatoria, rispetto all'analoga previsione di portata generale contenuta nella prima parte del secondo comma («La regione e le unita' sanitarie locali (.....) definiscono accordi (.....) e stipulano contratti (....)». Data la superiore premessa interpretativa, ad avviso del collegio, non appare manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale di tale disposizione (art. 8-quinquies, comma 2, lett. b), ultimo periodo, del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502) per violazione del principio di legalita' sostanziale (il cui fondamento costituzionale e' ricondotto agli artt. 24, 97 e 113 della Costituzione). Non si contesta, ovviamente, la previsione dell'attribuzione alle regioni del potere di introdurre una procedura autorizzatoria nel contesto della disciplina dell'accesso alla fruizione di prestazioni sanitarie presso strutture private accreditate (se non per il fatto che detta individuazione avvenga per atto unilaterale): cio' che appare non conforme al principio di legalita' sostanziale e' la mancata previsione dei criteri alla stregua dei quali detto potere dovrebbe essere disciplinato su base regionale, e conseguentemente esercitato dalle aziende sanitarie locali (trattandosi peraltro di un potere autorizzatorio il cui esercizio condiziona la fruizione di prestazioni salvavita). Nei motivi di ricorso si deduce anzitutto la violazione dell'art. 32 della Costituzione, e del principio generale dell'autonomia professionale del medico. Si deduce inoltre il vizio di incompetenza, avendo l'atto amministrativo in questione inciso - con fonte non legislativa - sul principio di libera scelta del medico da parte del cittadino. A tale ultima censura replica l'Avvocatura dello Stato, escludendo l'esistenza in materia di una «riserva di legge regionale», «in presenza di una norma legislativa statale chiaramente di per se' applicabile (...) in tutte le regioni italiane». Il problema legato alla base legale dell'atto sarebbe pertanto non formale, ma sostanziale. In effetti non e' dato comprendere quale sia la funzione dell'esercizio del potere autorizzatorio in esame: se di accertamento della sussistenza della patologia, e di necessarieta' della terapia, quali presupposti per l'accesso alla fruizione della prestazione; ovvero di contenimento del ricorso a strutture private, per ragioni legate alla finanza regionale (profili, entrambi, che gia' costituiscono oggetto di altri e distinti momenti di verifica pubblicistica). Lo scrutinio di dette censure, alla stregua del parametro normativo invocato dalla parte ricorrente (la norma attributiva del potere autorizzatorio), suppone la valutazione dell'esercizio del potere in conformita' o meno con i criteri che la norma stessa detta per l'esercizio del potere autorizzatorio. L'ampiezza e l'indeterminatezza di quest'ultima, tuttavia, fa si che detti criteri non siano indicati - ne' sono ricavabili aliunde, ricorrendo ad uno dei tradizionali criteri di interpretazione giuridica - dalla citata disposizione normativa. Ritiene il collegio che nel caso in esame ricorra la «assoluta indeterminatezza» del potere demandato alla pubblica amministrazione «senza l'indicazione di alcun criterio da parte della legge» in violazione del principio di legalita' sostanziale (sentenze n. 307 del 2003, 32 del 2009, 200 del 2009, della Corte costituzionale). Come accennato, non possono trarsi elementi - se non nel senso, come si dira', di un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale - dalla interpretazione sistematica della disposizione, giacche' essa e' stata calata ex abrupto nel contesto della disciplina della definizione concordata (e, dunque, non unilaterale, ex latere auctoritatis) delle prestazioni fruibili presso strutture private. L'inserimento della previsione di un potere autoritativo, non altrimenti disciplinato quanto ai presupposti e ai criteri del suo esercizio, nel contesto di una fattispecie consensuale, oltre a vanificare i risultati di quest'ultima, non soltanto non consente di individuare al di fuori dell'enunciato normativo gli eventuali criteri implicitamente regolanti l'esercizio di detto potere, ma rappresenta altresi' un elemento di irragionevolezza della disciplina introdotta, con conseguente violazione anche dell'art. 3, primo comma, della Costituzione. In effetti, secondo il complessivo disegno legislativo, e' solo nel contesto di tali accordi con gli erogatori privati del servizio o con le loro organizzazioni rappresentative, che si collocano a monte dell'accreditamento, e non gia' mediante un provvedimento autoritativo unilaterale, la Regione potrebbe individuare prestazioni o gruppi di prestazioni suscettibili di essere preventivamente autorizzati dalle unita' sanitarie locali. A fronte della esistenza nel sistema di altri momenti di verifica, in chiave autorizzatoria, dell'accesso alla fruizione presso strutture private (autorizzazione per la realizzazione e l'esercizio della struttura sanitaria; procedura di accreditamento istituzionale; stipulazione degli accordi contrattuali di cui all'art. 8-quinquies cit.; fissazione del limite massimo di budget per ciascuna struttura), funzionali alla tutela dei diversi interessi pubblici che legittimamente limitano il principio di parita' fra pubblico e privato ed il principio di libera scelta del medico, l'inserimento di un ulteriore condizionamento autorizzatorio, la cui connotazione funzionale non e' affatto chiara, privo di una adeguata disciplina dei presupposti e dei criteri di esercizio, come tale irragionevolmente limitativo dei principi sopra richiamati, non pare conforme al parametro costituzionale della ragionevolezza. Una cosi' ampia e generica prescrizione normativa, ha del resto prodotto, in sede applicativa, una previsione altrettanto generica e poco perspicua: nel preambolo del Decreto impugnato si legge infatti che «Visto, in particolare, l'art. 8-quinquies, comma 2, lett. b), del predetto decreto legislativo n. 502/92, come modificato, in ultimo, dall'art. 79 del decreto-legge n. 112/2008, ai sensi del quale «le regioni possono individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell'azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati», e ritenuto, conseguentemente, che le prescrizioni mediche ben possono essere sottoposte a controllo, indirizzo e verifica da parte della competente struttura sanitaria pubblica». In argomento e' appena il caso di osservare che non e' lecito revocare in dubbio il fatto che le prescrizioni mediche possano «essere sottoposte a controllo, indirizzo e verifica da parte della competente struttura sanitaria pubblica» (con qualche riserva, peraltro, sul preteso potere di «indirizzo»): ma, a fronte di una serie articolata di momenti di verifica e di controllo - propedeutici alla fruizione della prestazione - gia' determinati, funzionali ad altrettanti interessi pubblici, l'introduzione di un ulteriore controllo preventivo, condizionante la fruizione di una prestazione salvavita, presenta un elevato livello di conflittualita' con i valori e gl'interessi antagonisti, anch'essi dotati di rango costituzionale, che non appare giustificato da alcuna ragionevole esigenza. Il collegio rileva infine l'esistenza di un terzo profilo di contrasto fra la disposizione in esame e gli articoli 3 e 117, comma 2, lett. m) della Costituzione. La disposizione in esame non avrebbe potuto consentire alle singole regioni di «individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell'azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati», quando si tratti di prestazioni o gruppi di prestazioni afferenti i livelli essenziali di assistenza, stabiliti con d.P.C.M. 29 novembre 2001, all. 1 (che include le prestazioni da fornire ai «nefropatici cronici in trattamento dialitico», e ai «pazienti nella fase terminale»). La disposizione in esame contrasta pertanto coni richiamati parametri costituzionali, nella parte in cui non esclude i predetti livelli dal suo altrimenti indiscriminato ambito di operativita' (derivante dalla sua formulazione attuale). Attraverso la previsione di un simile potere si rende infatti maggiormente difficoltoso, su base regionale, l'accesso ad una prestazione inclusa fra i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie che invece non devono patire una differenziazione territoriale. Del resto, anche laddove le prestazioni da fornire ai nefropatici cronici in trattamento dialitico non rientrassero fra i livelli essenziali di assistenza, la previsione del potere regionale in parola violerebbe gli artt. 3 e 32 della Costituzione, ponendo una limitazione ulteriore, differenziata territorialmente, all'esercizio di un diritto fondamentale. E' appena il caso di aggiungere che la rilevanza della questione discende dal fatto che il vizio si appunta non sulla modalita' con cui il potere e' stato esercitato dal Decreto impugnato (il cui oggetto specifico e' peraltro costituito dalla «assistenza sanitaria ai pazienti con uremia terminale», ed il cui articolo 1 disciplina l'erogazione di prestazioni in materia di «insufficienza renale cronica terminale»), ma sulla norma attributiva del potere medesimo, alla cui stregua dovrebbero scrutinarsi le censure rivolte contro il ridetto Decreto. In sede di esame di tali censure, pertanto, il collegio dovrebbe utilizzare come parametro di legittimita' una disposizione normativa della cui legittimita' costituzionale dubita (e che per l'ampiezza della sua previsione, e' tale da fornire, allo stato, copertura legale al Decreto impugnato). Come gia' osservato, in conseguenza della formulazione di tale disposizione, non appare al collegio possibile praticare una interpretazione della stessa che consenta di superare i denunciati profili di illegittimita' costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1; 23 legge 11 marzo 1953, n. 87: dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale - in relazione agli art. 3, 24, 32, 97, 113 e 117 della Costituzione - dell'art. 8-quinquies, comma 2, lett. b), ultimo periodo, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'art. 79, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (aggiunto dalla relativa legge di conversione); dispone la sospensione del presente giudizio; ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; ordina che a cura della Segreteria della Sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, ed ai Presidenti della Regione Siciliana e dell'Assemblea regionale Siciliana. Cosi' deciso in Palermo nelle camere di consiglio del 4 giugno e del 18 giugno 2010. Il Presidente: Giallombardo L'estensore - Primo referendario: Tulumello