N. 354 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 giugno 2010
Ordinanza del 9 agosto 2010 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Citro Emanuele contro Ministero della giustizia ed altra. Magistratura - Concorso per uditore giudiziario - Ammissione al concorso per gli abilitati all'esercizio della professione di avvocato iscritti al relativo Albo professionale - Irragionevolezza del richiesto requisito dell'iscrizione all'Albo - Ingiustificato deteriore trattamento degli abilitati all'esercizio della professione di avvocato impossibilitati all'iscrizione per incompatibilita' in quanto dipendenti pubblici o dipendenti di banca - Incidenza sul diritto di accesso ai pubblici impieghi e sull'autonomia ed indipendenza dell'ordine giudiziario. - Decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, art. 2, comma 1, lett. f), sostituito dall'art. 1, comma 3, lett. b), della legge 30 luglio 2007, n. 111. - Costituzione, artt. 3, 51 e 104.(GU n.47 del 24-11-2010 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza, sul ricorso numero di registro generale 2466 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Emanuele Citro, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Lanata' presso il cui studio e' elettivamente domiciliato in Roma, via Primo Acciaresi, 15, contro Ministero della giustizia - Consiglio Superiore della Magistratura, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui ope legis domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12 nei confronti di Cristina Mirti, non costituita per l'annullamento quanto al ricorso introduttivo del giudizio del bando di concorso, per esami, per 350 posti di magistrato ordinario, indetto con d.m. del Ministro della giustizia del 15 dicembre 2009 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 29 dicembre 2009 - 4ª serie speciale - «Concorsi ed esami», nella parte in cui, all'art. 2, non prevede l'ammissione al concorso per coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense ma non si sono iscritti all'albo degli avvocati per ragioni di incompatibilita'; Di ogni altro provvedimento presupposto, connesso o consequenziale quanto ai motivi aggiunti della delibera del Consiglio Superiore della Magistratura del 12 maggio 2010, nella parte in cui ha disposto «di non ammettere al concorso il dott. Emanuele Citro, in quanto benche' avvocato, dichiara di non essere iscritto all'albo professionale come richiesto dal requisito di cui al punto 6, lett. g), dell'art. 2 del bando, comunicata al ricorrente con nota del 19 maggio 2010 prot. n. 1917g/766 del Ministero della giustizia, notificata in data 29 maggio 2010; Di ogni altro provvedimento presupposto, connesso o consequenziale; Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale dello Stato; Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 giugno 2010 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: 1. - Il ricorrente ha chiesto di partecipare al concorso per esami a 350 posti di magistrato ordinario, indetto con bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 29 dicembre 2009. Nella domanda di partecipazione ha fatto presente di essere abilitato all'esercizio della professione forense, ma di non essere iscritto all'albo in quanto giurista d'impresa (lavoratore subordinato). Sostiene che l'art. 2 del bando, nella parte in cui non ammette al concorso coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense, gli causerebbe un ingiusto pregiudizio in quanto non gli consentirebbe di partecipare al predetto concorso. Di talche', ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi: illegittimita' del bando di concorso impugnato per violazione di legge e per eccesso di potere. Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 160/2006 come modificato dalla 1egge n. 111/2007. Illegittimita' costituzionale dell'art. 2 d.lgs. n. 160/2006, come modificato dalla legge n. 111/2007. L'art. 2 del bando di concorso sarebbe illegittimo nella parte in cui non avrebbe previsto l'ammissione al concorso di coloro che, dopo avere conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense, non si sono potuti iscrivere all'ordine degli avvocati per ragioni di incompatibilita'. L'amministrazione, nel redigere il bando, avrebbe dovuto dare un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2 d.lgs. n. 160/2006 come modificato dall'art. 1, legge n. 111/2007. Laddove il bando fosse ritenuto coerente con la normativa di riferimento, tale norma sarebbe incostituzionale per violazione degli artt. 3 e 51 Cost. Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 12 maggio 2010, ha deliberato di non ammettere al concorso alcuni candidati, tra cui il ricorrente, in quanto «benche' avvocati, dichiarano di non essere iscritti all'Albo professionale come richiesto dal requisito di cui al n. 6, lettera g), art. 2, del bando». Il dott. Citro, pertanto, ha impugnato tale provvedimento con motivi aggiunti sostanzialmente reiterativi delle censure dedotte con il ricorso introduttivo del giudizio nonche' per eccesso di potere, difetto di motivazione e carenza di istruttoria in quanto il C.S.M., nel non ammetterlo al concorso, non avrebbe considerato gli argomenti e le deduzioni esposte nella domanda di partecipazione al concorso. L'Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso. Con ordinanza n. 2903 pronunciata da questa sezione nella camera di consiglio del 30 giugno 2010, l'istanza cautelare e' stata accolta e, per l'effetto, il ricorrente e' stato ammesso con riserva al concorso. 2. - La controversia in esame e' del tutto analoga ad altra, concernente l'impugnativa del precedente bando di concorso per l'ammissione in magistratura ordinaria, ed in relazione alla quale la sezione ha gia' sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. f) del d.1gs. n. 160/2006, come modificato dalla legge n. 111/2007 (ordinanza n. 20 dell'11 novembre 2008). La questione, allo stato, non risulta ancora definita dalla Corte costituzionale. Cio' Premesso, deve anzitutto rilevarsi che anche il bando impugnato con il presente ricorso rappresenta, in parte qua, la pedissequa riproduzione delle disposizioni di cui all'art. 2, comma 1, lett. f), del d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, cosi' come modificato dall'art. 1 della legge n. 111 del 30 luglio 2007. Esso non rappresenta, pertanto, il frutto di una scelta discrezionale dell'amministrazione, ma il risultato dell'applicazione di puntuali previsioni legislative, sicche' la sostanza delle censure dedotte si risolve nella questione di legittimita' costituzionale della norma citata, nella parte in cui richiede, per l'ammissione al concorso, che gli abilitati all'esercizio delle professione forense siano anche iscritti all'Albo professionale. Giova, al riguardo, premettere il complessivo quadro normativo in cui si inserisce il ricorso in esame. Con il d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, in attuazione della delega di cui dell'art. 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, e' stata introdotta la «nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonche' in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati». Per quanto qui interessa, il vigente art. 2, comma 1, d.lgs. n. 160/2006 prevede l'ammissione al concorso delle seguenti categorie: a) magistrati amministrativi e contabili; b) procuratori dello Stato che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; c) dipendenti dello Stato, con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro, comparto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianita' nella qualifica, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; d) appartenenti al personale universitario di ruolo docente di materie giuridiche in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; e) dipendenti, con qualifica dirigenziale o appartenenti alla ex area direttiva, della pubblica amministrazione, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, con almeno cinque anni di anzianita' nella qualifica o, comunque, nelle predette carriere e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; f) avvocati iscritti all'albo che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; g) coloro i quali hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno sei anni senza demerito, senza essere stati revocati e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; h) laureati in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e del diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali previste dall'art. 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni; i) laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda laurea, ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche; l) laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda laurea, ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10s marzo 1982, n. 162. Ai sensi del comma 5 della medesima disposizione, inoltre, ai concorsi per l'accesso in magistratura indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'art. 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, sono ammessi, oltre a coloro che sono in possesso dei requisiti per l'ammissione al concorso di cui al presente articolo, anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all'anno accademico 1998-1999. Il raffronto tra le disposizioni teste' riportate evidenzia che, anche con le modifiche apportate dalla legge n. 111/2007, e' stato mantenuto l'impianto di fondo del sistema di accesso della riforma c.d. Castelli, ed in particolare l'opzione in favore del concorso di secondo grado, riservato quindi a soggetti aventi requisiti culturali e professionali specifici. Le origini di tale disegno riformatore risalgono all'art. 17, comma 113, della legge 15 maggio 1997, n. 127, con la quale il Governo e' stato delegato ad emanare uno o piu' decreti legislativi per modificare la disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: «semplificazione delle modalita' di svolgimento del concorso e introduzione graduale, come condizione per l'ammissione al concorso, dell'obbligo di conseguire un diploma esclusivamente presso scuole di specializzazione istituite nelle universita', sedi della facolta' di giurisprudenza». In attuazione della delega e' stato emanato il d.lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Il decreto in questione ha previsto - relativamente agli iscritti al corso di laurea in giurisprudenza a decorrere dall'anno accademico 1998/1999 - la subordinazione dell'ammissione al concorso per uditore giudiziario al possesso del diploma di specializzazione per le professioni legali; esso ha previsto altresi', in via residuale, la possibilita' di ammissione al concorso di candidati in possesso della sola laurea in giurisprudenza (art. 6, che ha novellato l'art. 124 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12). In particolare, detto art. 124 e' stato cosi' modificato: «al concorso sono ammessi i laureati in giurisprudenza in possesso, relativamente agli iscritti al relativo corso di laurea a decorrere dall'anno accademico 1998/1999, del diploma di specializzazione rilasciato da una delle scuole di cui all'art. 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che, alla data della pubblicazione del bando di concorso, risultino di eta' non inferiore agli anni ventuno e non superiore ai quaranta, soddisfino alle condizioni previste dall'art. 8 del presente ordinamento e abbiano gli altri requisiti previsti dalle leggi vigenti» (comma 1); il successivo terzo comma ha previsto peraltro, qualora le domande di partecipazione al concorso presentate dai candidati in possesso del diploma fossero inferiori a cinque volte il numero dei posti per i quali il concorso e' bandito, che fossero ammessi, «previo superamento della prova preliminare di cui all'art. 123-bis ed in misura pari al numero necessario per raggiungere il rapporto anzidetto, anche i candidati in possesso della sola laurea in giurisprudenza» (comma 3). Con la legge 13 febbraio 2001, n. 48, quest'ultima disposizione e' stata modificata eliminando - in armonia con la sua prevista soppressione e con l'introduzione del sistema dei «correttori esterni» - il riferimento alla prova preliminare. In applicazione della previsione relativa all'introduzione graduale del possesso del diploma di specializzazione nelle professioni legali come condizione per l'ammissione al concorso, e' stata quindi prevista, per i laureati in giurisprudenza non in possesso del diploma di specializzazione nelle professioni legali, l'ammissione al concorso subordinatamente al superamento di una prova preliminare da svolgersi con l'ausilio di strumenti informatici e consistente nella risposta ad un questionario. La prova in questione e' stata disciplinata dall'art. 2 del d.lgs. n. 398/1997 che ha introdotto nel r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, l'art. 123-bis. Il sistema e' stato nuovamente modificato per effetto della legge 13 febbraio 2001, n. 48, in particolare con l'eliminazione della prova preliminare, mentre l'obiettivo di semplificazione e di accelerazione dello svolgimento del concorso e' stato affidato ai c.d. «correttori esterni». Il sistema teste' delineato e' stato abrogato dall'art. 54 del d.lgs. n. 106/2006 e sostituito da quello di cui si controverte, nella versione derivante dalle modifiche introdotte dalla legge n. 111/2007. Nella nuova disciplina e' chiaramente venuta meno la preferenza accordata, quale canale privilegiato di accesso alla selezione, alla frequenza delle scuole di specializzazione nelle professioni legali, le quali erano state in origine concepite quale strumento di formazione post universitaria comune a tutti i futuri operatori del diritto. Risulta poi di immediata evidenza - come si ammette anche nella relazione di accompagnamento al d.d.l. poi divenuto legge n. 111/2007 - l'eterogeneita' dei titoli di ammissione al concorso rispetto alla qualificazione tecnico-professionale propria del magistrato («si e' ritenuto opportuno riconoscere un valore di ammissione al concorso anche ad esperienze, se pur in parte eterogenee rispetto alla professione di magistrato, comunque caratterizzate dall'esercizio di specifiche pubbliche funzioni, come per i funzionari della carriera direttiva della p.a. e per i docenti in materie giuridiche tra il personale di ruolo delle universita' [...]»). Relativamente agli avvocati, l'originario progetto governativo richiedeva l'esercizio della professione per almeno tre anni («la considerazione della presenza di un comune humus culturale e' stata ritenuta condizione necessaria e sufficiente per una previsione analoga in favore degli avvocati con almeno tre anni di iscrizione all'albo professionale»), in adesione alle osservazioni svolte dal C.S.M., nel parere reso, ai sensi dell'art. 10, comma 2, della legge n. 195 del 1958, in data 31 maggio 2007. Nel corso dell'iter parlamentare, il requisito relativo all'esercizio della professione per almeno tre anni e' stato soppresso in quanto ritenuto non coerente con l'ampio ventaglio dei titoli di accesso contestualmente previsti, tra i quali ve ne sono alcuni che rappresentano indubbiamente un quid minus rispetto all'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. Nel testo definitivamente licenziato e' stato pero' inserito il requisito dell'iscrizione all'Albo, del quale e' invero arduo comprendere la finalita', avendo esso valenza puramente formale. La mera iscrizione all'Albo, infatti, non aggiunge alcunche' alla particolare qualificazione o esperienza richiesta agli aspiranti magistrati ordinari che hanno conseguito l'abilitazione, atteso che l'iscrizione medesima non e' subordinata all'effettivo esercizio della professione di avvocato e non postula, quindi, nemmeno l'attualita' dell'esperienza dalla stessa derivante. L'irragionevolezza di siffatta previsione emerge anche ove si consideri che la peculiare formazione giuridica degli abilitati all'esercizio della professione forense e' omogenea o comunque affine a quella richiesta al magistrato, laddove, viceversa, l'accesso al concorso e' consentito anche ai possessori di titoli che non necessariamente denotano il possesso di peculiari competenze tecniche (come i funzionari e dirigenti amministrativi aventi l'anzianita' prescritta) ovvero ancora hanno natura prettamente scientifica (come i dottori di ricerca). Se, quindi, il criterio ispiratore della riforma e' di stampo pluralistico, al punto da valorizzare anche il possesso di esperienze pregresse sicuramente «eterogenee rispetto alla professione di magistrato», l'estromissione degli abilitati all'esercizio della professione forense che non possono iscriversi all'Albo, appare irrazionale ed arbitraria. Significativo, al riguardo, risulta il raffronto con l'accesso consentito ai diplomati presso le scuole di specializzazione delle professioni legali. E' sufficiente richiamare in proposito quanto gia' osservato da questa stessa sezione, in relazione al precedente sistema di accesso introdotto con la legge n. 48/2001, la cui originaria formulazione, come noto, non prevedeva l'esonero dal test preliminare per gli abilitati all'esercizio della professione forense. In tale occasione, il Tribunale ha rilevato che, secondo la previsione del d.m. 11 dicembre 2001, n. 475 (tuttora vigente), il diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione per le professioni legali e' valutato ai fini del compimento della pratica per l'accesso alla professione (oltre che di notaio) per il periodo di un anno. La circostanza che i diplomati in questione accedano direttamente al concorso di uditore giudiziario, mentre sono comunque tenuti a compiere un anno di tirocinio per l'ammissione all'esame di avvocato, lascerebbe intendere che il superamento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato costituisca un quid pluris rispetto al diploma, con la conseguenza che appare irrazionale che i diplomati siano ammessi direttamente al concorso ad uditore giudiziario e che lo stesso non sia previsto per coloro che abbiano conseguito l'abilitazione alla professione di avvocato (in tal senso, le ordinanze di rimessione emanate tra il 30 luglio e il 7 ottobre 2004). La disposizione in questione attua, del resto, la specifica previsione dell'art. 17, comma 114, della legge n. 127 del 1997, secondo cui «anche in deroga alle vigenti disposizioni relative all'accesso alla professione di avvocato e notaio, il diploma di specializzazione di cui al comma 113 costituisce, nei termini che saranno definiti con decreto del Ministro di grazia e giustizia, adottato di concerto con il Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, titolo valutabile ai fini del compimento del relativo periodo di pratica». Le considerazioni allora svolte (sulle quali, per inciso, la Corte costituzionale non ha avuto modo di esprimersi in quanto il legislatore con d.l. 7 settembre 2004, n. 234, convertito in legge 5 novembre 2004, n. 262, ha incluso, tra i candidati esonerati dalla prova preliminare, anche i laureati in giurisprudenza in possesso dell'abilitazione all'esercizio della professione forense), assumono ben maggiore pregnanza nel mutato sistema di accesso alla magistratura ordinaria, in cui il possesso dei titoli prescritti non esonera semplicemente dalla prova preliminare ma condiziona, in quanto requisito di ammissione, la stessa possibilita' di competere per assumere siffatta elevata e delicata funzione «in condizioni di uguaglianza», secondo i canoni dettati dalla Carta fondamentale. Non deve, altresi', essere dimenticato che la disciplina dell'accesso alla magistratura ordinaria ha incidenza diretta sui valori costituzionali dell'autonomia e dell'indipendenza dell'Ordine giudiziario. Il sistema congegnato dal legislatore appare ispirato dalla necessita' di trovare un punto di equilibrio tra il perseguimento di una composizione pluralistica e paritaria del potere giudiziario e la creazione di un corpo magistratuale altamente qualificato e professionale. Alla ricerca di siffatto punto di equilibrio, nel caso oggi in rilievo, non sembra rispondere la previsione di un requisito di ordine meramente formale il quale costituisce, in definitiva, soltanto una incomprensibile, e ingiusta, barriera frapposta a soggetti i quali posseggono una formazione tecnica omogenea a quella richiesta per l'esercizio della funzione cui aspirano. Ad essi viene cioe' preclusa in radice la chance di pianificare un nuovo percorso di vita e professionale solo perche', allo stato, si trovano ad esercitare attivita' per le quali e' stabilita l'incompatibilita' con l'esercizio della professione di avvocato (cfr. l'art. 3 del r.d.l. n. 1578 del 1933) e cioe' per una ragione del tutto estrinseca al concorso in magistratura. 3. - Le considerazioni esposte giustificano la valutazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3, 51 e 104 della Costituzione, dell'art. 2, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 160/2006, cosi' come modificato dalla legge n. 111/2007, nella parte in cui richiede, ai fini dell'ammissione al concorso per magistrato ordinario, che gli abilitati all'esercizio della professione di avvocato siano anche iscritti al relativo Albo professionale. Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale affinche' si pronunci sulla questione.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - Prima sezione di Roma, interlocutoriamente pronunciando sul ricorso in epigrafe cosi' dispone: a) dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 51 e 104 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 160/2006, cosi' come modificata dalla legge n. 111/2007, nella parte in cui richiede, ai fini dell'ammissione al concorso per magistrato ordinario, che gli abilitati all'esercizio della professione di avvocato siano anche iscritti al relativo Albo professionale; b) dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; c) ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 giugno 2010 con l'intervento dei magistrati: Giorgio Giovannini, presidente; Roberto Politi, consigliere; Roberto Caponigro, consigliere-estensore. Il presidente: Giovannini L'estensore: Caponigro