N. 326 SENTENZA 3 - 17 novembre 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ricorso  delle  Regioni  Calabria,  Toscana,  Liguria  e  Campania  -
  Impugnazione di numerose disposizioni della legge n. 191 del 2009 -
  Trattazione delle sole questioni concernenti l'art. art.  2,  commi
  186, lett. a) ed e),  e  187  -  Decisione  sulle  altre  questioni
  rinviata a separate pronunce. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, commi 186, lett. a) ed  e),
  e 187. 
- Costituzione, artt. 3, 97, 114, 117, 118, 119, 123, 136 e 137. 
Finanza regionale - Enti locali - Obbligo per i comuni di  sopprimere
  il  difensore  civico  -  Ricorso  della  Regione  Toscana  -   Ius
  superveniens   comportante   un   sostanziale    mutamento    della
  disposizione denunciata medio tempore non  attuata  -  Sopravvenuto
  difetto di  interesse  all'impugnazione  -  Inammissibilita'  della
  questione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 186, lett.  a),  come
  modificato dall'art. 1, comma 1-sexies, del d.l. 25  gennaio  2010,
  n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010,  n.
  42. 
- Costituzione, artt. 114, 117 e 119. 
Finanza regionale - Enti locali - Obbligo per i comuni di  sopprimere
  i consorzi di funzioni, con  conseguente  successione  ai  medesimi
  consorzi in tutti i rapporti giuridici ed a ogni  altro  effetto  -
  Ricorso  delle  Regioni  Toscana  e  Campania  -  Ius  superveniens
  comportante un sostanziale mutamento della disposizione  denunciata
  medio tempore non  attuata  -  Sopravvenuto  difetto  di  interesse
  all'impugnazione - Inammissibilita' della questione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 186, lett.  e),  come
  modificato dall'art. 1, comma 1-sexies, del d.l. 25  gennaio  2010,
  n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010,  n.
  42. 
- Costituzione, artt. 3, 97, 114, 117, 118 e 119. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Determinazione dei requisiti per la qualificazione dei comuni  come
  "montani" - Ricorso delle Regioni Calabria, Liguria  e  Campania  -
  Ius  superveniens  comportante  un  sostanziale   mutamento   della
  disposizione denunciata medio tempore non  attuata  -  Sopravvenuto
  difetto di  interesse  all'impugnazione  -  Inammissibilita'  della
  questione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187, come  modificato
  dall'art. 1, comma 1-sexies,  del  d.l.  25  gennaio  2010,  n.  2,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42. 
- Costituzione, artt. 3, 97, 114, 117, 118, 119, 123, 136 e 137. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Soppressione  del  concorso  dello  Stato  al  finanziamento  delle
  comunita'  montane  a  carico  delle  risorse  finanziarie  di  cui
  all'articolo 34 del decreto legislativo n. 504 del 1992 e ad "altre
  disposizioni  di  legge  relative   alle   comunita'   montane"   -
  Devoluzione ai comuni, gia' facenti parte delle comunita'  montane,
  del 30 per cento delle risorse finanziarie predette - Ricorso delle
  Regioni  Calabria,  Liguria  e  Campania  -  Ius  superveniens  non
  comportante un sostanziale mutamento della disposizione  denunciata
  - Trasferimento della questione sul testo novellato. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187, come  modificato
  dall'art. 1, comma 1-sexies,  del  d.l.  25  gennaio  2010,  n.  2,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42. 
- Costituzione, artt. 3, 97, 114, 117, 118, 119, 123, 136 e 137. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Soppressione  del  concorso  dello  Stato  al  finanziamento  delle
  comunita'  montane  a  carico  delle  risorse  finanziarie  di  cui
  all'articolo 34 del decreto legislativo n. 504 del 1992 e ad "altre
  disposizioni  di  legge  relative   alle   comunita'   montane"   -
  Devoluzione ai comuni, gia' facenti parte delle comunita'  montane,
  del 30 per cento delle risorse finanziarie predette - Ricorso delle
  Regioni Calabria e Campania  -  Ritenuta  violazione  di  giudicato
  costituzionale - Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187, come  modificato
  dall'art. 1, comma 1-sexies,  del  d.l.  25  gennaio  2010,  n.  2,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42. 
- Costituzione, artt. 136 e 137. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Soppressione  del  concorso  dello  Stato  al  finanziamento  delle
  comunita'  montane  a  carico  delle  risorse  finanziarie  di  cui
  all'articolo 34 del decreto legislativo n. 504 del 1992 e ad "altre
  disposizioni  di  legge  relative   alle   comunita'   montane"   -
  Devoluzione ai comuni, gia' facenti parte delle comunita'  montane,
  del 30 per cento delle risorse finanziarie predette - Ricorso delle
  Regioni Calabria, Liguria e Campania -  Ritenuta  violazione  della
  competenza legislativa residuale regionale in materia di  comunita'
  montane - Riconducibilita' delle disposizioni denunciate al  potere
  dello  Stato  di  fissare  principi  fondamentali   della   materia
  "coordinamento della  finanza  pubblica"  -  Non  fondatezza  della
  questione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187, come  modificato
  dall'art. 1, comma 1-sexies,  del  d.l.  25  gennaio  2010,  n.  2,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42. 
- Costituzione, artt. 117, quarto comma, 118 e 123. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Soppressione  del  concorso  dello  Stato  al  finanziamento  delle
  comunita'  montane  a  carico  delle  risorse  finanziarie  di  cui
  all'articolo 34 del decreto legislativo n. 504 del 1992 e ad "altre
  disposizioni di legge relative alle comunita' montane"- Devoluzione
  ai comuni, gia' facenti parte delle comunita' montane, del  30  per
  cento delle risorse finanziarie predette -  Ricorso  delle  Regioni
  Calabria, Liguria e Campania - Ritenuta  violazione  dell'autonomia
  finanziaria regionale a seguito dell'eliminazione del finanziamento
  delle  comunita'  montane  -  Riconducibilita'  delle  disposizioni
  denunciate al potere dello Stato di fissare  principi  fondamentali
  della  materia  "coordinamento  della  finanza  pubblica"   -   Non
  fondatezza della questione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187, come  modificato
  dall'art. 1, comma 1-sexies,  del  d.l.  25  gennaio  2010,  n.  2,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42. 
- Costituzione, artt. 119 e 114. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Soppressione  del  concorso  dello  Stato  al  finanziamento  delle
  comunita'  montane  a  carico  delle  risorse  finanziarie  di  cui
  all'articolo 34 del decreto legislativo n. 504 del 1992 e ad "altre
  disposizioni  di  legge  relative   alle   comunita'   montane"   -
  Devoluzione ai comuni, gia' facenti parte delle comunita'  montane,
  del 30 per cento delle risorse finanziarie predette - Ricorso delle
  Regioni Calabria, Liguria e  Campania  -  Ritenuta  violazione  del
  principio di leale collaborazione -  Esclusione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187, come  modificato
  dall'art. 1, comma 1-sexies,  del  d.l.  25  gennaio  2010,  n.  2,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Soppressione  del  concorso  dello  Stato  al  finanziamento  delle
  comunita' montane  previsto  con  il  ricorso  al  fondo  nazionale
  ordinario per gli investimenti (di cui all'articolo 34 del  decreto
  legislativo n. 504 del 1992) - Violazione del limite generale della
  ragionevolezza  all'esercizio  della  potesta'   legislativa,   con
  indebita  incidenza  sull'autonomia  finanziaria  delle  Regioni  e
  lesione del principio di copertura  finanziaria  degli  oneri  gia'
  assunti  dalle  comunita'  montane  per  l'ammortamento  di   mutui
  pluriennali originariamente garantiti dal finanziamento  statale  -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187,  primo  periodo,
  come modificato dall'art. 1, comma 1-sexies, del  d.l.  25  gennaio
  2010, n. 2, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  26  marzo
  2010, n. 42. 
- Costituzione, artt. 3 e 119. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Soppressione  del  concorso  dello  Stato  al  finanziamento  delle
  comunita' montane  previsto  "dalle  altre  disposizioni  di  legge
  relative alle comunita' montane" - Irragionevolezza della normativa
  impugnata, con indebita incidenza sull'autonomia finanziaria  delle
  Regioni per violazione dei principi di certezza delle  entrate,  di
  affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni pubbliche  -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187,  primo  periodo,
  come modificato dall'art. 1, comma 1-sexies, del  d.l.  25  gennaio
  2010, n. 2, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  26  marzo
  2010, n. 42. 
- Costituzione, artt. 3 e 119. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Devoluzione ai comuni, gia' facenti parte delle comunita'  montane,
  del 30 per cento delle risorse finanziarie statali  gia'  destinate
  alle comunita' montane con il ricorso al fondo nazionale  ordinario
  per  gli  investimenti  e  ad  "altre  disposizioni  di  legge"   -
  Disposizioni  strettamente  connesse  ad  altre  gia'  oggetto   di
  parziale  declaratoria  di  incostituzionalita'  -   Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187, secondo periodo,
  come modificato dall'art. 1, comma 1-sexies, del  d.l.  25  gennaio
  2010, n. 2, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  26  marzo
  2010, n. 42. 
- Costituzione, artt. 3 e 119. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Soppressione  del  concorso  dello  Stato  al  finanziamento  delle
  comunita'  montane  a  carico  delle  risorse  finanziarie  di  cui
  all'articolo 34 del decreto legislativo n. 504  del  1992  e  delle
  "altre disposizioni di legge relative  alle  comunita'  montane"  -
  Devoluzione ai comuni, gia' facenti parte delle comunita'  montane,
  del 30 per cento delle risorse finanziarie predette - Ricorso della
  Regione Campania - Ritenuta irragionevolezza nonche' violazione del
  principio del buon andamento - Esclusione - Inammissibilita'  della
  questione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 187, come  modificato
  dall'art. 1, comma 1-sexies,  del  d.l.  25  gennaio  2010,  n.  2,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42. 
- Costituzione, artt. 3 e 97. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali - Comunita' montane  -
  Impugnazione dell'art. 2, commi 186, lett. e), e 187,  della  legge
  n. 191 del 2009 - Ricorso della Regione  Campania  -  Richiesta  di
  sospensione   dell'efficacia   delle   disposizioni   impugnate   -
  Assorbimento  della  richiesta  in   conseguenza   dell'intervenuta
  decisione del ricorso. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, commi 186, lett. e), e 187,
  nel testo originario. 
- Costituzione, artt. 3, 97, 114, 117, 119, 123, 136 e 137. 
(GU n.47 del 24-11-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  2,  commi
186, lettere a) ed e), e 187 della legge 23  dicembre  2009,  n.  191
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2010), promossi, nel  complesso,  con
ricorsi  delle  Regioni  Calabria,  Toscana,  Liguria   e   Campania,
rispettivamente notificati il 19 e il 26 febbraio, il 1° marzo  2010,
depositati in cancelleria il 26 febbraio, il 3 ed il  5  marzo  2010,
iscritti ai numeri 28, 31, 32 e 36 del registro ricorsi 2010. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  19  ottobre  2010  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi gli avvocati Vincenzo  Cocozza  per  la  Regione  Campania,
Nicoletta Gervasi per la Regione  Toscana,  Gigliola  Benghi  per  la
Regione Liguria, Massimo Luciani per la Regione Calabria e l'avvocato
dello Stato Carlo Sica per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il  19  febbraio  2010  e  depositato
presso la cancelleria della  Corte  il  successivo  26  febbraio,  la
Regione Calabria ha impugnato l'articolo 2, comma 187, della legge 23
dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria  2010),  nel
testo  anteriore  alle  modifiche  introdotte  dal  decreto-legge  25
gennaio 2010, n. 2 (Interventi  urgenti  concernenti  enti  locali  e
regioni),  come  convertito  dalla  legge  26  marzo  2010,   n.   42
(Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del  decreto-legge  25
gennaio 2010, n.  2,  recante  interventi  urgenti  concernenti  enti
locali e regioni). 
    La norma in questione prevede che, «a  decorrere  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge, lo Stato cessa di  concorrere
al finanziamento delle comunita' montane  previsto  dall'articolo  34
del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.  504,  e  dalle  altre
disposizioni di legge relative alle  comunita'  montane.  Nelle  more
dell'attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42,  il  30  per  cento
delle risorse finanziarie di cui al citato articolo  34  del  decreto
legislativo n. 504 del 1992  e  alle  citate  disposizioni  di  legge
relative alle comunita' montane e'  assegnato  ai  comuni  montani  e
ripartito tra gli stessi con decreto del Ministero  dell'interno.  Ai
fini di cui al secondo periodo  sono  considerati  comuni  montani  i
comuni in cui almeno il 75 per cento del territorio si  trovi  al  di
sopra dei 600 metri sopra il livello del mare». 
    2. - La ricorrente premette una breve  ricostruzione  del  quadro
normativo, nel quale si inserisce la norma sottoposta  al  vaglio  di
legittimita' costituzionale, e ricorda  che  sulle  disposizioni  che
hanno interessato le comunita' montane sono intervenute,  da  ultimo,
le sentenze di questa Corte n. 237 del 2009 e n. 27 del 2010. 
    3. - Tanto premesso, la Regione  Calabria  prospetta  i  seguenti
motivi di censura. 
    3.1. - Quale primo  profilo  di  illegittimita',  e'  dedotta  la
lesione della potesta'  legislativa  residuale  della  Regione  nella
materia delle comunita'  montane,  ex  articolo  117,  quarto  comma,
Cost., come enunciato nelle sentenze n. 27 del 2010, n. 237 del 2009,
n. 397 del 2006 e numeri 456 e 244 del 2005. 
    L'eliminazione del finanziamento statale, senza la previsione  di
alcuna    compensazione,    infatti,    determinerebbe    l'indiretta
soppressione dei suddetti enti, o comunque la riduzione del numero  e
delle competenze degli  stessi,  incidendo  sulla  relativa  potesta'
legislativa. 
    La norma impugnata determinerebbe, inoltre,  una  situazione  non
sostenibile   per    le    Regioni    che,    per    la    condizione
economico-finanziaria in cui si trovano, non sono in  grado  di  fare
fronte  alla  sottrazione  di  risorse;  cio',  in  particolare,   si
verificherebbe per la stessa ricorrente, tenuta ad attuare  il  piano
di rientro dal disavanzo in materia sanitaria. 
    La Regione Calabria deduce,  altresi',  che  la  finalita'  della
norma di sopprimere le comunita'  montane  si  puo'  ravvisare  anche
nella devoluzione ai comuni montani, «definiti, oltretutto,  in  modo
arbitrario in base a quelle caratteristiche altimetriche che la Corte
ha gia' dichiarato incongrue con la sentenza  n.  27  del  2010»,  di
parte delle risorse in questione. 
    Lo  Stato,  quindi,  avrebbe  effettuato  una  precisa   opzione,
preferendo i  comuni  alle  comunita'  montane,  con  cio'  invadendo
l'ambito competenziale attributo dalla Costituzione alle Regioni. Ne'
la norma censurata potrebbe essere ascritta ai principi  fondamentali
in materia di coordinamento della  finanza  pubblica,  in  quanto  la
stessa non prevede un contenimento  della  spesa  secondo  i  criteri
affermati dalla  sentenza  n.  237  del  2009,  ma  cancellerebbe  il
finanziamento  statale,  scegliendo  direttamente  le  modalita'   di
riduzione della spesa. 
    3.2. - Altra censura e' prospettata con riguardo alla  violazione
degli articoli 117, terzo  comma,  e  119  Cost.,  sotto  un  duplice
profilo. 
    Innanzitutto, si osserva che il quarto comma dell'art. 119 Cost.,
come modificato dalla legge costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), nello
stabilire che «le risorse derivanti  dalle  fonti  di  cui  ai  commi
precedenti  consentono  ai  Comuni,  alle   Province,   alle   Citta'
metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le  funzioni
pubbliche loro attribuite», contiene una disposizione di salvaguardia
che  tende  ad  impedire  che   il   processo   di   federalizzazione
dell'ordinamento determini la compromissione del pubblico  interesse,
ostacolando l'assolvimento delle funzioni di  competenza  degli  enti
territoriali per ragioni puramente economico-finanziarie. 
    Pertanto, lo Stato non puo' ex abrupto cancellare  le  risorse  e
prevedere un'erogazione alternativa in favore dei comuni montani,  in
tal modo violando lo spazio di autonomia riservato alle Regioni. 
    Ne'  tale  intervento  puo'   essere   ascritto   alla   potesta'
legislativa esclusiva dello  Stato,  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera p), Cost., che attiene agli organi di governo ed  alle
funzioni fondamentali degli enti locali, tenuto conto, altresi',  che
l'art. 118, secondo comma,  Cost.,  distingue  precisamente  l'ambito
della legge statale e di quella regionale  in  ordine  alle  funzioni
amministrative dei comuni. 
    Il secondo profilo di  illegittimita'  prospettato  attiene  alla
violazione del combinato disposto degli artt. «117,  terzo  comma,  e
119, secondo comma», Cost. 
    Da tale  ultima  disposizione  costituzionale,  ad  avviso  della
ricorrente, discende il principio della certezza delle entrate  (sono
richiamate le sentenze n. 37 e n. 423 del 2004), che «e'  in  stretta
connessione con  le  norme  costituzionali  relative  al  riparto  di
competenze tra Stato e Regioni, e  in  particolare  con  l'art.  117,
quarto comma, Cost.». 
    3.3.  -  La  disposizione  sottoposta  al  vaglio   della   Corte
lederebbe, altresi', gli articoli 3 e 117, quarto  comma,  Cost.  per
l'irragionevolezza   e    la    contraddittorieta'    dell'intervento
legislativo  in  questione.  Ricorda  la  Regione  Calabria  come  il
legislatore  statale,  con  la  legge  24  dicembre  2007,   n.   244
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  2008),  sia  intervenuto   sulle
comunita' montane dettando una serie di disposizioni per il  riordino
delle  stesse.  Tale  intervento  normativo  costituisce  indice  del
rilievo attribuito ai suddetti enti. 
    La scelta di finanziare i comuni e non le  comunita'  montane  e'
poi pregiudizievole per la spesa pubblica e  l'efficacia  dell'azione
amministrativa, e dunque irragionevole ai sensi dell'art.  97  Cost.,
in quanto disperde le gia' ridotte risorse. 
    3.4. - Altro profilo di censura e' ravvisato nella violazione del
principio di leale collaborazione. La norma impugnata,  infatti,  non
prevede alcun coinvolgimento della Regione Ne', nel caso  di  specie,
puo' trovare applicazione l'affermazione che  il  suddetto  principio
non si applica all'attivita' legislativa. 
    3.5. - Infine, e' prospettata  la  violazione  dell'articolo  136
Cost., in combinato disposto con  l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.
Ritiene la difesa regionale che la norma impugnata ponga nel nulla le
statuizioni contenute nella sentenza n. 237 del  2009;  ne'  potrebbe
ritenersi che la successiva sentenza n. 27 del 2010 abbia  consentito
il disimpegno finanziario dello Stato. 
    4. - In data 29 marzo  2010  si  e'  costituito  in  giudizio  il
Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura
Generale dello Stato, ed ha chiesto il rigetto della questione. 
    Deduce la difesa dello Stato che la norma  impugnata,  rientrando
nell'ambito d'intervento della legge finanziaria per l'anno 2010,  e'
finalizzata al contenimento della spesa pubblica. Pertanto,  essa  e'
ascrivibile alla materia del coordinamento della finanza pubblica  di
cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Inoltre, poiche' non sussiste alcun obbligo costituzionale  dello
Stato  di  finanziare  le  comunita'  montane,  non  vi  sarebbe   la
violazione dell'art. 119 Cost. 
    Infine, si rileva come nel testo del decreto-legge n. 2 del 2010,
quale risultante in sede di conversione dalla legge n. 42  del  2010,
il secondo periodo della disposizione impugnata sia stato modificato,
prevedendosi che la quota di spettanza di  ciascuna  comunita'  debba
intendersi  trasferita  «ai  comuni   appartenenti   alle   comunita'
montane». 
    5. - Con ricorso notificato il 26 febbraio 2010 e  depositato  il
successivo 3 marzo, la Regione Toscana  ha  impugnato  l'articolo  2,
comma 186, lettere a) ed e), della legge n. 191 del 2009,  nel  testo
originario, precedente cioe' alle modificazioni disposte  dal  citato
decreto-legge n. 2 del 2010. 
    Le disposizioni impugnate prevedono, nell'ambito della  riduzione
del contributo ordinario spettante agli enti  locali,  stabilita  dal
comma 183 del citato art. 2, la soppressione da parte dei comuni  del
difensore civico e dei consorzi di funzioni. 
    In particolare, le lettere a) ed  e),  dell'art.  2,  comma  186,
cosi' dispongono, in  relazione  alle  misure  che  i  comuni  devono
adottare in ragione della riduzione del contributo ordinario  di  cui
al comma 183: 
        «a) soppressione della figura del  difensore  civico  di  cui
all'articolo 11 del testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli
enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267»; 
        «e) soppressione  dei  consorzi  di  funzioni  tra  gli  enti
locali, facendo salvi i rapporti  di  lavoro  a  tempo  indeterminato
esistenti, con assunzione» da parte dei comuni «delle  funzioni  gia'
esercitate dai consorzi soppressi e  delle  relative  risorse  e  con
successione ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici  e  ad
ogni altro effetto». 
    Le norme in questione  lederebbero  le  prerogative  regionali  e
degli enti locali in materia di  organizzazione  e  funzionamento  di
questi ultimi. 
    5.1. - La Regione ricorrente deduce, in generale,  la  violazione
degli articoli 114, 117, commi secondo, terzo, quarto e sesto, e  119
Cost. 
    5.2. - Con riguardo all'art. 2, comma 186, lettera a), la  difesa
regionale assume la lesione degli artt. 114  e  117,  commi  secondo,
quarto e sesto,  Cost.,  in  quanto  le  disposizioni  in  esame  non
disciplinerebbero ne' le funzioni fondamentali,  ne'  gli  organi  di
governo dei comuni, sicche' esse non potrebbero essere ascritte  alla
potesta' legislativa statale di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera p), Cost. 
    Il difensore civico non rientrerebbe tra gli organi dell'ente  ed
allo  stesso  la  Corte  costituzionale   avrebbe   riconosciuto   la
titolarita' di funzioni non politiche, di tutela  della  legalita'  e
della regolarita' amministrativa (sono richiamate le sentenze n.  167
del 2005  e  n.  313  del  2003).  Lo  Stato,  quindi,  non  potrebbe
sopprimere una figura la cui  disciplina  e'  rimessa  alla  potesta'
statutaria  e  regolamentare  degli  enti  locali,  con   conseguente
violazione dell'autonomia di detti enti sancita dall'art. 114  Cost.,
che puo' essere  fatta  valere  dalla  Regione  (sono  richiamate  le
sentenze n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004). 
    In ogni caso, la norma  in  esame  lederebbe  anche  la  potesta'
legislativa regionale di tipo residuale in materia di  organizzazione
dell'esercizio delle funzioni pubbliche locali. 
    Lo  statuto  della  Regione  Toscana,  all'art.  56,  ha  infatti
stabilito che la legge promuove l'istituzione della  rete  di  difesa
civica locale. 
    E' poi intervenuta la legge della Regione Toscana 27 aprile 2009,
n. 19 (Disciplina del difensore civico regionale), che all'art. 20 ha
istituito la conferenza permanente dei difensori civici locali. 
    Tale  disciplina,  legittimamente  emanata  nell'esercizio  delle
attribuzioni regionali, verrebbe vanificata dalla  norma  oggetto  di
impugnativa. 
    5.3. - In ordine all'art. 2, comma 186, lettera e),  della  legge
n. 191 del 2009, la Regione Toscana  prospetta  la  violazione  degli
artt. 114, 117, commi secondo, terzo, quarto e sesto, e 119 Cost. 
    Innanzitutto, sarebbe lesa l'autonomia statutaria e regolamentare
dei comuni, ai sensi degli artt. 117, sesto comma, e 114 Cost. 
    Inoltre,  la  disposizione  lederebbe  direttamente  la  potesta'
legislativa residuale delle Regioni. 
    In particolare, la ricorrente ricorda che  questa  Corte  con  la
sentenza n. 237 del 2009, con riferimento alle  comunita'  montane  -
identificate quali unioni di comuni montani -  ha  affermato  che  le
comunita'  montane  «contribuiscono  a  comporre  il  sistema   delle
autonomie    sub-regionali,    pur    senza    assurgere    a    enti
costituzionalmente o statutariamente necessari» e che esse «non  sono
enti necessari sulla base di norme  costituzionali,  sicche'  rientra
nella   potesta'   legislativa   delle   Regioni   disporne    anche,
eventualmente, la soppressione». 
    Tali principi, ad avviso della Regione, possono  essere  invocati
anche con riferimento al  comma  186,  lettera  e),  in  ordine  alla
prevista soppressione di consorzi tra enti locali, ove la  norma  sia
interpretata nel senso della sua  applicabilita'  anche  ai  consorzi
obbligatori costituiti in base alle previsioni della legge regionale. 
    E' quindi evidente che prevedere un obbligo puntuale per i comuni
in ordine alla soppressione dei consorzi di funzioni si traduce in un
inammissibile intervento dello  Stato  nell'ambito  della  disciplina
dell'organizzazione  locale,  ben  oltre  i  limiti  previsti   dalla
Costituzione. 
    La  scelta  di  esercizio  delle  funzioni  degli   enti   locali
attraverso la forma del consorzio non rientra  ne'  nella  disciplina
dell'organizzazione degli enti di cui all'art.  117,  secondo  comma,
lettera  g),  Cost.,  in  quanto  detta  disposizione  si   riferisce
esclusivamente alla organizzazione degli enti  nazionali,  ne'  nella
disciplina, pure riservata in via esclusiva allo Stato, relativa agli
«organi di governo e funzioni  fondamentali  di  Comuni,  Province  e
Citta' metropolitane», di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera
p), Cost. 
    Inoltre, il comma in esame contiene una puntuale disciplina degli
effetti  della  disposta  soppressione  dei  consorzi,   illegittima,
perche' non lascia alcuno spazio al legislatore regionale. 
    Neppure  possono  invocarsi,  a   sostegno   della   legittimita'
dell'intervento  legislativo  statale   in   esame,   la   competenza
concorrente in materia di coordinamento della  finanza  pubblica,  ai
sensi dell'art. 117, terzo comma e dell'art. 119 Cost.,  in  funzione
dell'obiettivo di riduzione della spesa corrente. 
    Al contrario, la disposizione  in  esame,  imponendo  un  obbligo
preciso e puntuale di soppressione dei consorzi, interviene  con  una
disciplina di dettaglio, vincolante e per cio'  stesso  lesiva  delle
prerogative regionali, costituzionalmente garantite, in  ordine  alla
potesta'  di  disciplinare  l'esercizio  in  forma  associata   delle
funzioni degli enti locali. 
    La Regione deduce che tale violazione  permane  anche  alla  luce
dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 2 del 2010, ai  sensi  del
quale le disposizioni di cui ai commi 184, 185 e 186 dell'articolo  2
della legge n. 191 del 2009 «si applicano a  decorrere  dal  2011  ai
singoli  enti  per  i  quali  ha  luogo  il  rinnovo  del  rispettivo
consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo». 
    La norma, infatti, ha solo l'effetto di posticipare  gli  effetti
della disposizione in esame,  che  tuttavia  risulta  confermata  dal
punto di vista contenutistico. 
    5.4. - In data 6 aprile 2010 si  e'  costituito  in  giudizio  il
Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura
Generale dello Stato, chiedendo il rigetto della questione. 
    La difesa dello Stato,  in  primo  luogo,  rileva  che  le  norme
impugnate sono state modificate dal decreto-legge n. 2 del 2010, come
convertito nella legge n. 42 del 2010, in modo significativo, con  la
conseguenza che non puo' procedersi al trasferimento della  questione
sul nuovo testo delle medesime, ma la questione  stessa  deve  essere
dichiarata inammissibile. 
    Nel merito, l'Avvocatura dello Stato osserva che le  disposizioni
censurate si inseriscono in un contesto normativo avente finalita' di
coordinamento finanziario per il contenimento  della  spesa  pubblica
degli enti locali. 
    La prevista soppressione della figura del difensore civico e  dei
consorzi di funzioni e' volta sostanzialmente a garantire, attraverso
una  riorganizzazione  delle  strutture  attualmente  esistenti   sul
territorio nazionale, il contenimento della spesa degli enti  locali,
nell'ambito delle misure di razionalizzazione  della  spesa  pubblica
nel concorso  di  tutti  gli  enti  territoriali,  nel  rispetto  dei
principi di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  dei  vincoli
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea. 
    Poiche' tali finalita' sono da considerarsi  prevalenti  rispetto
alla potesta' legislativa delle Regioni,  la  disposizione  impugnata
non puo' considerarsi lesiva delle prerogative regionali. 
    6. - Con ricorso notificato il 1°  marzo  2010  e  depositato  il
successivo 3 marzo, la Regione Liguria ha impugnato l'art.  2,  comma
187, della legge n. 191 del 2009, nel  testo  originario.  Dopo  aver
premesso una breve ricostruzione normativa del  quadro  ordinamentale
delle comunita' montane, la  Regione  ha  prospettato  la  violazione
degli artt. 3, 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost. 
    6.1. - In primo luogo, la norma impugnata violerebbe la  potesta'
legislativa residuale delle Regioni in ordine alle comunita' montane.
Pertanto, pur ritenendo che la disposizione censurata sia ispirata da
ragioni di contenimento  della  spesa  pubblica,  la  stessa  sarebbe
illegittima in quanto invaderebbe un ambito rimesso alle Regioni  (e'
richiamata la sentenza n. 237 del 2009). 
    Il  legislatore  statale  avrebbe  utilizzato  in   maniera   non
proporzionata il titolo legittimante la competenza  statale  relativo
all'armonizzazione dei bilanci  pubblici  e  al  coordinamento  della
finanza pubblica, in tal modo violando tanto l'art. 117, terzo comma,
quanto l'art. 3 Cost. 
    6.2. - La norma in  questione  lederebbe,  altresi',  l'art.  119
Cost., nonche' l'art. 3 Cost., sotto il profilo  della  certezza  del
diritto. 
    La soppressione dei  trasferimenti  statali  in  esame  rompe  il
meccanismo  imposto   dall'art.   119   Cost.,   laddove   presuppone
l'equilibrio tra funzioni ed entrate, ed obbliga lo Stato a dotare le
Regioni dei mezzi per far fronte  ai  propri  compiti,  sia  mediante
trasferimenti di tributi erariali, sia mediante entrate proprie. 
    Pertanto, sarebbe costituzionalmente  illegittima  una  riduzione
dei  trasferimenti  statali  in   termini   tali   da   compromettere
l'esercizio delle funzioni e senza prevedere strumenti con i quali le
Regioni  possano   supplire   alle   riduzioni   stesse,   anche   in
considerazione dei mutui accesi dalle comunita'  montane  in  ragione
della copertura finanziaria dell'articolo 28 del decreto  legislativo
30  dicembre  1992,  n.  504  (Riordino  della  finanza  degli   enti
territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n.
421). 
    6.3.  -  Sarebbe,  altresi',   leso   il   principio   di   leale
collaborazione, in quanto non e' previsto lo strumento dell'intesa in
Conferenza Stato-Regioni o Conferenza unificata. 
    6.4. - Infine, specifiche censure sono mosse in ordine al secondo
periodo del comma 187, che renderebbe palese il  disegno  statale  di
sopprimere le comunita' montane, considerando quali interlocutori per
le politiche  della  montagna  i  soli  comuni  montani.  Lo  stesso,
infatti, nella parte in cui priva di mezzi  finanziari  le  comunita'
montane, decretandone l'estinzione, viola gli'artt. 117 e 119  Cost.,
mentre, per la parte in cui  omette  qualsiasi  coinvolgimento  della
Regione nella individuazione dei criteri per la riduzione, al 30  per
cento, dei fondi di cui al citato art. 34 del d.lgs. 504 del 1992, si
espone  alla  censura  di   violazione   del   principio   di   leale
collaborazione. 
    Infine, per la parte  in  cui  la  norma  offre  una  definizione
unilaterale della «mondanita'», includendovi i  soli  comuni  il  cui
territorio e' situato per almeno il 75 per cento al di sopra dei  600
metri sopra il livello del mare, si porrebbe in contrasto  tanto  con
il principio di leale collaborazione, quanto con gli artt.  117  e  3
Cost. 
    7. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  per  il  tramite  dell'Avvocatura  Generale  dello  Stato,
chiedendo il rigetto della questione  sulla  base  di  argomentazioni
analoghe a quelle dedotte con  riguardo  al  ricorso  proposto  dalla
Regione Calabria. 
    8. - Con ricorso notificato il 1°  marzo  2010  e  depositato  il
successivo 5 marzo, la Regione Campania ha impugnato l'art. 2,  commi
186, lettera e), e 187, della  legge  n.  191  del  2009,  nel  testo
originario, deducendo la violazione degli artt. 3, 97, 114, 117,  119
e 123 Cost., del principio di leale collaborazione, degli artt. 136 e
137 Cost., nonche' del criterio di ragionevolezza. 
    Anche la Regione Campania premette  una  ricostruzione  normativa
del settore in  esame,  rilevando  che  con  la  legge  regionale  30
settembre 2008, n. 12 (Nuovo ordinamento e disciplina delle Comunita'
montane) si e' provveduto ad  adottare  un  nuovo  ordinamento  delle
comunita' montane, in attuazione di quanto previsto  dalla  legge  n.
244 del 2007. 
    Specifico ruolo e' stato riconosciuto, altresi',  alle  comunita'
montane dallo statuto  della  Regione  Campania  e,  in  particolare,
dall'art. 22 che disciplina il consiglio delle autonomie locali. 
    8.1. - In ordine all'impugnato comma 187, la  Regione  ricorrente
prospetta la violazione dell'art. 117, quarto comma,  Cost.,  in  uno
con i principi di leale cooperazione, oltre che di  ragionevolezza  e
di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza. 
    La norma impugnata non  presenterebbe  in  alcun  modo  i  tratti
caratterizzanti  i  principi  fondamentali  di  coordinamento   della
finanza pubblica. 
    Sarebbe evidente, quindi, l'invasione della competenza regionale.
Cosi' operando, infatti, la legge statale  vanificherebbe  la  scelta
politica che una legge regionale ha compiuto, per  di  piu',  tenendo
conto delle indicazioni dello Stato. 
    Ancora, si osserva che la norma impugnata  non  utilizzerebbe  le
risorse tolte alla  Regione  per  il  contenimento  della  spesa,  ma
opererebbe uno spostamento delle stesse da un fondo ad un altro. 
    8.2. - Inoltre, una parte di tale fondo (il 30  per  cento  delle
risorse finanziarie  eliminate  per  le  comunita'  montane)  sarebbe
devoluto direttamente a favore dei comuni montani. 
    Sotto questo profilo si manifesterebbe un  ulteriore  aspetto  di
illegittimita' per  la  violazione  delle  norme  costituzionali  che
garantiscono  l'autonomia  regionale,  soprattutto  in   materia   di
organizzazione degli enti locali e di autonomia degli stessi enti. 
    La norma precisa  che  i  destinatari  di  tali  risorse  residue
possono essere solo  i  comuni  montani  con  il  75  per  cento  del
territorio al di sopra dei 600 metri sul livello del mare. 
    La illegittimita' di tale previsione si evincerebbe  anche  dalla
sentenza n. 27 del 2010 di questa Corte,  che  ha  stabilito  che  un
criterio altimetrico rigido e' illegittimo, dal  momento  che,  nella
materia in esame, e'  possibile  individuare  indicatori  in  maniera
generica e non vincolante. 
    8.3. - Sotto questo punto di vista, si deduce anche la violazione
del  giudicato  costituzionale,  giacche'  si  tratterebbe   di   una
fattispecie assolutamente identica a quella decisa dalla  Corte,  con
la  sentenza  da  ultimo  citata,  riferibile  alla  stessa  materia,
all'identico criterio  utilizzato  dal  legislatore  statale  e  allo
stesso ambito di intervento dello Stato. 
    8.4. -  In  definitiva,  dunque,  non  vi  sarebbe  alcuna  norma
costituzionale che attribuisca allo Stato una competenza generale  in
materia di enti locali,  in  quanto  l'unica  norma  esistente  nella
Costituzione (art. 117, secondo comma, lettera p), limita la potesta'
legislativa statale in relazione al tipo di ente  locale,  nonche'  a
determinati aspetti del loro  ordinamento  (legislazione  elettorale,
organi di governo e funzioni fondamentali). 
    8.5. - In ordine all'impugnazione dell'art. 2, comma 186, lettera
e), la Regione Campania deduce che i consorzi  previsti  dalla  norma
impugnata costituiscono modalita' organizzative dell'ente e,  dunque,
vengono  attratti  nell'ambito  della  materia  organizzazione  degli
uffici regionali e degli enti locali. 
    Ne' alcun rilievo puo' avere il richiamo alla competenza  statale
nell'ambito della funzione di coordinamento della finanza pubblica. 
    Gli interventi legislativi nazionali possono,  infatti,  superare
il vaglio di costituzionalita' soltanto se la  normativa  statale  si
propone esclusivamente un obiettivo  di  riequilibrio  della  finanza
pubblica,  inteso  nel   senso   di   un   transitorio   contenimento
complessivo, anche se  non  generale,  della  spesa  corrente,  senza
prevedere  in  modo  esaustivo   strumenti   o   modalita'   per   il
perseguimento di detto obiettivo. 
    Infine,  la  norma  impugnata  appare  irragionevole  nella   sua
applicazione indifferenziata, rispetto alle esigenze  necessariamente
variegate del territorio,  nonche'  illegittima  per  violazione  del
principio di leale cooperazione, laddove nella  scelta  relativa  non
prevede alcuna partecipazione delle Regioni e degli enti locali. 
    8.6. - La Regione Campania ha formulato  istanza  di  sospensione
delle norme impugnate ai sensi degli artt. 35 e  40  della  legge  11
marzo 1953, n. 87. 
    9. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  per  il  tramite  dell'Avvocatura  Generale  dello  Stato,
chiedendo il rigetto della questione con  argomentazioni  analoghe  a
quelle formulate con riguardo agli altri ricorsi sopra richiamati. 
    10.  -  In  data  23  settembre  2010,  la  Regione  Campania  ha
depositato memoria. 
    La ricorrente deduce che, medio tempore, il citato comma  187  e'
stato  modificato  dall'art.1,  comma  1-quater,  lettera   a),   del
decreto-legge n. 2 del 2010, convertito dalla legge 26 marzo 2010, n.
42. In ragione della novella, in primo luogo, il 30 per  cento  delle
risorse statali soppresse, non e' piu' assegnato ai  comuni  montani,
ma ai comuni facenti parte delle  comunita'  montane  e  la  relativa
ripartizione  deve  essere  effettuata  previa  intesa  in  sede   di
Conferenza unificata. In secondo luogo, l'ultimo  periodo  del  comma
187, che definiva i comuni montani, e' stato soppresso. 
    Alla luce del ius superveniens, la difesa regionale  dichiara  di
ritenere  cessata  la  materia  del   contendere   in   ordine   alla
disposizione   soppressa,   mentre,   a   proprio   avviso,   permane
l'illegittimita' delle altre norme impugnate. 
    Per contrastare le deduzioni dello Stato,  la  ricorrente  rileva
che   persiste   la   violazione   della   potesta'   legislativa   e
dell'autonomia finanziaria regionale, ad  opera  del  comma  187,  in
quanto le risorse  soppresse  sono  destinate  a  «spese  ed  impegni
economici voluti dallo Stato»,  ora  posti  indirettamente  a  carico
della Regione, e ai quali  la  stessa  non  puo'  sottrarsi.  Ne'  la
previsione  dell'intesa  sana  la  lesione  del  principio  di  leale
collaborazione, dal momento che e' prevista in via transitoria per la
prima applicazione della legge e riguarda solo il riparto  del  fondo
da effettuarsi attraverso un decreto ministeriale. 
    In ordine al comma 186,  lettera  e),  la  Regione  ribadisce  le
difese svolte e deduce, in particolare, l'infondatezza dell'eccezione
di inammissibilita' della questione  per  genericita'  delle  censure
prospettata dall'Avvocatura dello Stato. 
    11. - Anche la Regione Calabria, in prossimita' dell'udienza,  ha
depositato memoria, con la quale  ha  ribadito  le  conclusioni  gia'
rassegnate, ritenendo non rilevante il citato ius superveniens. 
    La ricorrente osserva come la difesa statale si fondi su due sole
argomentazioni: da un  lato,  l'ascrivibilita'  della  disciplina  in
questione alla materia  del  coordinamento  della  finanza  pubblica;
dall'altro, l'assenza di un obbligo  costituzionale  dello  Stato  di
finanziare le comunita' montane. 
    Ad avviso della Regione,  la  prima  argomentazione  non  sarebbe
sufficiente a sostanziare la legittimita' della norma che sopprime il
finanziamento  statale  delle  comunita'  montane,   in   quanto   il
contenimento   della   spesa   pubblica   non   puo'   ridondare   in
compromissione di «interessi  costituzionalmente  pregevoli»,  e,  in
ogni caso, puo' porre solo obiettivi di  riequilibrio,  ma  non  puo'
imporre gli strumenti per perseguire  tale  finalita'  (in  proposito
sono richiamate diverse pronunce di questa Corte: sentenze n.  156  e
n. 149 del 2010, n. 94 del 2009). 
    La riduzione delle risorse  sarebbe,  altresi',  illegittima,  in
quanto darebbe luogo tout court  alla  eliminazione  delle  comunita'
montane, che e' prerogativa esclusiva delle Regioni, come sembrerebbe
evincersi, aliunde, dall'art. 14,  comma  28,  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria e di competitivita' economica), convertito dalla legge 30
luglio 2010, n. 122, secondo il quale «le funzioni  fondamentali  dei
comuni, previste dall'articolo 21, comma 3, della citata legge n.  42
del 2009,  sono  obbligatoriamente  esercitate  in  forma  associata,
attraverso convenzione o unione, da parte dei comuni con  popolazione
fino a 5.000 abitanti, esclusi le isole monocomune ed  il  comune  di
Campione d'Italia. Tali funzioni sono obbligatoriamente esercitate in
forma associata,  attraverso  convenzione  o  unione,  da  parte  dei
comuni, appartenenti o gia'  appartenuti  a  comunita'  montane,  con
popolazione stabilita dalla legge regionale e  comunque  inferiore  a
3.000 abitanti». 
    D'altro canto, che la spesa pubblica  per  le  comunita'  montane
possa essere soltanto limitata e non soppressa, e che quindi la norma
sia viziata da illogicita' rispetto allo  scopo  dichiarato,  sarebbe
dimostrato dal fatto che parte  del  finanziamento  e'  destinato  ai
comuni montani. 
    La  Regione  Calabria  ribadisce,  altresi',  che  il   combinato
disposto degli  artt.  117,  terzo  comma,  e  119  Cost.,  vieta  il
disimpegno dello Stato dal dovere di assicurare la sufficienza  delle
fonti  di  finanziamento  delle   funzioni   pubbliche   degli   enti
territoriali e impone la logica  della  proporzione  tra  funzioni  e
risorse,  che  e'  disattesa  dalla   disposizione   impugnata,   con
violazione anche del principio di certezza delle entrate. 
    La ricorrente, quindi, rinnova la censura di  irragionevolezza  e
contraddittorieta', proposta in ordine alla norma impugnata alla luce
delle disposizioni contenute nell'art. 2041,  comma  3,  del  decreto
legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare) e
dell'art. 5, comma 7, del decreto-legge n. 78  del  2010,  convertito
dalla legge n. 122 del 2010. Ed infatti, la prima delle citate  norme
dispone la concedibilita' di licenza illimitata  per  i  militari  di
leva che rivestano la carica di presidente delle  comunita'  montane;
la seconda prevede che agli amministratori di comunita'  montane  non
possono  essere   attribuiti   retribuzioni,   gettoni,   indennita',
emolumenti, in qualsiasi forma percepiti. 
    Infine,  poiche'  la  norma  censurata   avrebbe   un   contenuto
sostanzialmente  provvedimentale,  assumerebbe   rilievo   anche   il
principio di leale collaborazione  che,  nella  specie,  risulterebbe
violato. 
    12. - In data 28 settembre 2010 la Regione Liguria ha  depositato
memoria con la quale, nel rinnovare le  difese  svolte,  osserva,  in
particolare, che la normativa in esame sarebbe iniqua ed irrazionale,
in quanto, nella sua onnicomprensivita', fa si' che  debba  ritenersi
incluso  tra  le  fonti  di  finanziamento  delle  comunita'  montane
soppresse anche il Fondo sviluppo investimenti di cui all'art. 28 del
d.lgs.  n.  504  del  1992,  destinato  alla  copertura  degli  oneri
derivanti dai mutui posti in essere per spese di investimento,  senza
che siano indicati i mezzi alternativi per farvi fronte. 
    Di conseguenza, sarebbero lesi i  principi  della  sicurezza  dei
rapporti giuridici e  della  tutela  dell'affidamento  con  manifesta
irragionevolezza della norma. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con autonomi ricorsi le Regioni Calabria, Toscana, Liguria e
Campania hanno sottoposto al vaglio di costituzionalita',  nel  testo
originario, tra le altre, alcune disposizioni contenute nell'articolo
2, commi 186, lettere a) ed e), e 187 della legge 23  dicembre  2009,
n. 191  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria  2010),  le  quali  -  in
ragione della intervenuta riduzione  del  contributo  ordinario  base
spettante agli enti locali a valere sul fondo statale  ordinario  per
il finanziamento dei bilanci delle amministrazioni provinciali e  dei
comuni, ad opera dell'art. 2, comma 183, della stessa legge  -  hanno
stabilito una serie di misure di contenimento della spesa pubblica. 
    1.1.  -  Le  impugnazioni  di  cui   innanzi   vengono   trattate
separatamente rispetto alle altre questioni proposte con  i  medesimi
atti introduttivi e,  per  omogeneita'  di  materia,  considerata  la
parziale  identita'  delle  norme   censurate   e   delle   questioni
prospettate, devono essere decise, previa riunione in parte  qua  dei
relativi ricorsi, con la medesima sentenza. 
    1.2. - Quanto alle questioni concernenti il presente giudizio, va
osservato  che  la  Regione  Calabria  e  la  Regione  Liguria  hanno
impugnato il solo art. 2, comma 187, della  citata  legge,  il  quale
stabilisce che, a decorrere dalla data della sua entrata  in  vigore,
«lo Stato  cessa  di  concorrere  al  finanziamento  delle  comunita'
montane previsto dall'articolo 34 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 504 e  dalle  altre  disposizioni  di  legge  relative  alle
comunita' montane». Dispone, inoltre che «nelle more  dell'attuazione
della legge 5 maggio 2009, n. 42,  il  30  per  cento  delle  risorse
finanziarie di cui al citato articolo 34 del decreto  legislativo  n.
504 del 1992 e  alle  citate  disposizioni  di  legge  relative  alle
comunita' montane e' assegnato ai comuni montani e ripartito tra  gli
stessi con decreto del Ministero dell'interno.  Ai  fini  di  cui  al
secondo periodo sono considerati  comuni  montani  i  comuni  in  cui
almeno il 75 per cento del territorio si trovi al di  sopra  dei  600
metri sopra il livello del mare». 
    La Regione Toscana ha dedotto  la  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 186, lettere a) ed e), della suddetta legge, nella
parte in cui prevede, in  relazione  alle  riduzioni  del  contributo
ordinario di cui al comma 183, che i comuni devono altresi'  adottare
le seguenti misure: 
        «a) soppressione della figura del  difensore  civico  di  cui
all'articolo 11 del testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli
enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267»; 
    omissis 
        «e) soppressione  dei  consorzi  di  funzioni  tra  gli  enti
locali, facendo salvi i rapporti  di  lavoro  a  tempo  indeterminato
esistenti, con assunzione», da parte dei comuni, «delle funzioni gia'
esercitate dai consorzi soppressi e  delle  relative  risorse  e  con
successione ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici  e  ad
ogni altro effetto». 
    Infine, la Regione Campania ha sottoposto  allo  scrutinio  della
Corte sia il comma 186, lettera e), che  il  comma  187  dell'art.  2
della medesima legge finanziaria. 
    1.3.  -  I  profili   di   illegittimita'   costituzionale   sono
prospettati dalle suddette Regioni  in  riferimento,  nel  complesso,
agli artt. 3, 97, 114, 117, secondo, terzo,  quarto  e  sesto  comma,
118, 119, 123, 136 e 137 della Costituzione, nonche' ai  principi  di
leale collaborazione, di ragionevolezza, di certezza delle entrate  e
di affidamento. 
    2. - Le Regioni Calabria, Liguria e Campania, con  argomentazioni
in gran parte coincidenti, deducendo la lesione, nell'insieme,  degli
artt. 3, 97, 114, 117, 118, 119, 123, 136 e 137 Cost.,  dei  principi
di ragionevolezza, di leale collaborazione, di certezza delle entrate
e di affidamento, hanno articolato, in ordine all'art. 2, comma  187,
della legge n. 191 del 2009, le seguenti censure. 
    Punto di partenza comune all'iter argomentativo sviluppato  dalle
ricorrenti a fondamento delle proprie  doglianze  e'  la  sussistenza
della potesta' legislativa  residuale  della  Regione  nella  materia
delle comunita' montane, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.,
come precisato dalla sentenza n. 237 del 2009 di questa Corte. 
    L'intervento  legislativo  in  questione,  quindi,  da  un  lato,
sopprimendo  la  provvista  finanziaria  statale  per  le   comunita'
montane,  dall'altro,  destinando  le  relative  risorse  ai   comuni
montani, ridefinendo le caratteristiche degli stessi e demandando  la
ripartizione delle risorse ad un decreto ministeriale,  lederebbe  la
suddetta potesta' normativa, nonche' l'art. 3 Cost. ed  il  principio
di leale  collaborazione,  con  ricadute,  ad  avviso  della  Regione
Campania, anche sulla autonomia amministrativa di  cui  all'art.  118
Cost. 
    La disposizione impugnata non sarebbe, inoltre,  riferibile  alla
materia del coordinamento della finanza pubblica  o,  comunque,  come
precisato dalla Regione Liguria, esorbiterebbe dai canoni in  cui  la
competenza in tale  materia  legittimamente  spetta  allo  Stato,  in
ragione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale. 
    Un ulteriore profilo di illegittimita' della norma  e'  ravvisato
dalle ricorrenti nella lesione dell'art. 119 Cost., sotto un  duplice
profilo. La impugnata normativa statale, per  un  verso,  sarebbe  in
contrasto con la necessaria proporzionalita' tra funzioni degli  enti
locali e risorse agli stessi destinate, con  la  conseguente  lesione
dei  principi  della  certezza  delle  entrate   e   dell'affidamento
giuridico; per altro  verso,  non  sarebbero  indicate  le  fonti  di
finanziamento che dovrebbero consentire la sostituzione delle risorse
soppresse. 
    Ad avviso delle Regioni  Calabria,  Liguria  e  Campania  sarebbe
evidente la violazione del principio  di  leale  collaborazione,  non
essendo previsto, tra l'altro, alcun raccordo con il Consiglio  delle
autonomie  locali  -  soprattutto  quando  le  Regioni  abbiano  gia'
legiferato in materia, secondo i principi  fondamentali  dettati  dal
legislatore con la legge 24 dicembre 2007, n. 244  (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge
finanziaria 2008) e successive modifiche - per  ridelineare,  in  una
prospettiva di  contenimento  della  spesa  pubblica,  l'assetto  dei
suddetti enti. 
    Proprio in riferimento alla legislazione statale  precedente,  la
normativa impugnata, secondo le Regioni Calabria e Campania,  sarebbe
irragionevole e contraddittoria, oltre che lesiva  del  principio  di
buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. 
    Le Regioni Calabria e Campania, infine,  deducono  la  violazione
del  giudicato  costituzionale,  in  quanto  la  normativa  impugnata
vanificherebbe quanto statuito dalle sentenze di questa Corte n.  237
del 2009 e n. 27 del 2010 sui limiti del potere statale di intervento
sulla riduzione della spesa delle comunita' montane, oltre che  sulla
fissazione  dei  requisiti  necessari  per  la   costituzione   delle
comunita' stesse. 
    3. - Come si e' prima  precisato,  la  sola  Regione  Toscana  ha
impugnato l'art. 2, comma 186, lettera a), della  legge  n.  191  del
2009, il quale prevede per i comuni  la  soppressione  del  difensore
civico, deducendo la violazione degli artt. 114, 117, secondo, terzo,
quarto e sesto comma, 119 Cost.,  in  base  alle  argomentazioni  che
seguono. 
    Poiche' il difensore  civico  non  rientra  tra  gli  organi  del
comune, la disciplina di  tale  figura  e  la  previsione  della  sua
eventuale  soppressione  esulerebbero  dalla   potesta'   legislativa
esclusiva dello  Stato  nella  materia  concernente  la  legislazione
elettorale, gli organi di  governo  e  le  funzioni  fondamentali  di
comuni, province e citta' metropolitane, di cui all'art. 117, secondo
comma,  lettera  p),  essendo  rimesse  alla  potesta'  statutaria  e
regolamentare degli enti locali, in  forza  di  quanto  disposto  dal
citato secondo comma, lettera p), dell'art. 117 Cost.,  e  del  sesto
comma del medesimo articolo. 
    La norma impugnata, quindi, violerebbe l'autonomia di detti  enti
sancita  dall'art.  114  Cost.,  nonche'  la   potesta'   legislativa
residuale della Regione in materia di  organizzazione  dell'esercizio
delle sue funzioni. 
    La ricorrente  ricorda  di  avere  gia'  legiferato  in  materia,
promuovendo, in sede statutaria, l'istituzione della rete  di  difesa
civica locale e adottando, successivamente, la legge regionale n.  27
aprile 2009, n. 19 (Disciplina del difensore civico regionale). 
    4. - Sia  la  Regione  Toscana  sia  la  Regione  Campania  hanno
impugnato, infine, l'art. 2, comma 186, lettera e),  della  legge  n.
191 del 2009, il  quale  dispone  la  soppressione  dei  consorzi  di
funzioni tra gli enti locali (da individuare nei comuni,  in  ragione
dei  destinatari  della  disposizione)  e   contiene   una   puntuale
disciplina degli effetti della disposta soppressione, deducendo,  nel
complesso, la violazione degli artt. 3,  97,  114,  117,  118  e  119
Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. 
    La norma impugnata, ad avviso della Regione Toscana, non  sarebbe
ascrivibile alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato  ex  art.
117, secondo comma, lettere g),  e  p),  Cost.  e  determinerebbe  la
lesione dell'autonomia statutaria e regolamentare dei comuni ex artt.
114 e 117, sesto comma, Cost., nonche' della potesta' residuale della
Regione,  nella  quale  rientrerebbe  la   disciplina   delle   forme
associative degli enti locali. Ne',  per  l'estremo  dettaglio  delle
disposizioni  in  essa  contenute,   quest'ultima   potrebbe   essere
qualificata alla stregua di un principio fondamentale  nella  materia
del coordinamento della finanza pubblica. 
    La  Regione  Toscana  deduce,  infine,  l'irrilevanza  di  quanto
stabilito dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n.
2 (Interventi urgenti concernenti enti locali  e  regioni),  nel  suo
testo originario, secondo il quale «le disposizioni di cui  ai  commi
184, 185 e 186 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n.  191,
e successive modificazioni, si applicano  a  decorrere  dal  2011  ai
singoli  enti  per  i  quali  ha  luogo  il  rinnovo  del  rispettivo
consiglio, con efficacia dalla  data  del  medesimo  rinnovo».  Detta
previsione,  infatti,  posticiperebbe  soltanto   gli   effetti,   ma
confermerebbe il contenuto sostanziale della norma censurata. 
    Anche la Regione Campania prospetta la violazione della  potesta'
legislativa regionale nella materia degli uffici  regionali  e  degli
enti locali, nonche' dell'autonomia costituzionalmente  garantita  di
questi ultimi. La disposizione, ad avviso della  ricorrente,  sarebbe
altresi'  irragionevole  nella   sua   applicazione   indifferenziata
rispetto alle esigenze del territorio e sarebbe, quindi, illegittima,
in quanto non e' prevista alcuna partecipazione della Regione e degli
enti locali alle relative scelte. 
    La Regione Campania ha chiesto,  infine  la  sospensione  in  via
cautelare delle norme impugnate. 
    5.  -  In  via  preliminare,  devono  essere  affrontate   alcune
questioni pregiudiziali  attinenti  alla  individuazione  dell'ambito
entro il quale procedere all'esame di merito delle censure  sollevate
dalle ricorrenti. 
    Vengono in rilievo, a questo riguardo, le  modifiche  legislative
che, successivamente alla proposizione dei ricorsi, hanno interessato
le norme impugnate, nonche' quelle, come si vedra', a  queste  ultime
connesse. 
    5.1. - Il decreto-legge n. 2 del  2010  ha  introdotto  la  norma
transitoria richiamata,  ma  non  impugnata  dalla  Regione  Toscana,
relativa ai termini di applicazione dell'art. 2,  commi  184,  185  e
186, della legge n. 191 del 2009. 
    In sede di conversione in  legge  del  citato  decreto-legge,  ad
opera della legge 26 marzo 2010, n. 42  (Conversione  in  legge,  con
modificazioni, del decreto-legge  25  gennaio  2010,  n.  2,  recante
interventi urgenti concernenti enti locali e  regioni),  la  suddetta
disposizione e' stata modificata e sono stati, altresi', innovati  il
comma 186, lettere a) ed  e),  e  il  comma  187  dell'art.  2  della
suddetta legge finanziaria per il 2010. 
    Nel nuovo testo dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 2  del
2010 permane la decorrenza dell'applicazione dell'art. 2, comma  186,
lettera e), dal 2011, mentre quella dell'art. 2, comma  186,  lettera
a), e' stata fissata, in  ogni  comune  interessato,  dalla  data  di
scadenza dei singoli incarichi dei difensori civici e  dei  direttori
generali in servizio al momento di entrata in vigore della  legge  di
conversione del suddetto decreto-legge. 
    5.2. - In  particolare,  il  comma  186,  lettera  a),  e'  stato
modificato  nel  senso  che  la  previsione  della  soppressione  del
difensore civico, di cui al testo unico degli enti  locali,  riguarda
il solo  difensore  civico  comunale,  le  cui  funzioni  sono  state
attribuite ora a quello della provincia nel cui territorio rientra il
relativo comune, mediante anche ridefinizione della sua denominazione
in «difensore civico territoriale». 
    5.3. - Il comma 186, lettera e), del  medesimo  articolo,  a  sua
volta, e' stato modificato nel senso di escludere dalla  soppressione
ivi prevista i bacini imbriferi montani (BIM),  costituiti  ai  sensi
dell'art. 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959 (Norme modificatrici
del T.U. delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici).  Rimane
fermo il trasferimento ai comuni delle funzioni gia'  esercitate  dai
consorzi soppressi. 
    E' poi intervenuto l'articolo 14, comma 28, del decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria e di competitivita' economica), convertito nella legge 30
luglio 2010, n. 122, che ha dettato, come si dira' in seguito,  nuove
disposizioni sull'esercizio in forma  associata  delle  funzioni  dei
comuni. 
    5.4. - Anche il successivo comma 187 e' stato modificato. 
    Come sara' precisato in prosieguo, da un  lato,  si  e'  previsto
che, nelle more dell'attuazione della legge  5  maggio  2009,  n.  42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,  in  attuazione
dell'articolo 119 della  Costituzione),  parte  delle  risorse,  gia'
prima attribuite alle comunita' montane, sono devolute  non  piu'  ai
comuni  montani,  ma  ai  comuni  gia'  appartenenti  alle  comunita'
montane,  previa  intesa  da  raggiungere  in  sede   di   Conferenza
unificata;  dall'altro,  si  e'  soppresso  l'inciso  relativo   alla
definizione dei requisiti per  la  qualificazione  come  montani  dei
comuni. 
    5.5. - Tutte le suddette disposizioni sopravvenute,  come  si  e'
rilevato, non hanno costituito oggetto di impugnazione da parte delle
ricorrenti. 
    6. - Orbene, la novellazione sopra richiamata integra una ipotesi
di ius superveniens che incide sulle disposizioni statali oggetto  di
impugnazione con i ricorsi in via principale proposti dalle  Regioni.
E  secondo  la  giurisprudenza  di  questa   Corte,   qualora   dalla
disposizione  legislativa  sopravvenuta  sia  desumibile  una   norma
sostanzialmente coincidente con quella impugnata, la questione  -  in
forza del principio di effettivita' della tutela costituzionale delle
parti nei giudizi in via d'azione - deve intendersi trasferita  sulla
nuova norma (tra le molte, sentenza n. 40 del 2010). 
    Diversamente,  quando  la  norma  modificata  non   abbia   avuto
attuazione medio tempore, si  puo'  avere  un  effetto  satisfattorio
delle pretese della parte ricorrente, che da' luogo ad una  pronuncia
di cessazione della materia del contendere. Del pari, nelle  medesime
condizioni di inattuazione, la sopravvenuta modifica legislativa puo'
incidere a tal  punto  sulla  originaria  norma  da  determinare,  in
mancanza di  una  nuova  impugnazione,  il  sopravvenuto  difetto  di
interesse a proseguire nel giudizio.  Ed  e'  chiaro  come  in  detta
ipotesi sia onere della parte ricorrente, ove  voglia  contestare  la
legittimita'   costituzionale   della   norma   sopravvenuta,   anche
eventualmente in connessione con quella originaria, di  proporre  una
nuova impugnazione. 
    6.1. - Cio' premesso, va osservato che, con riguardo all'art.  2,
comma 186, lettera a), la  novellazione  intervenuta  successivamente
alla legge n. 191 del 2009 comporta un  sostanziale  mutamento  della
disposizione  sottoposta  al  vaglio  di  questa   Corte,   tale   da
determinare, attesa la mancanza di una specifica  impugnazione  della
nuova norma, il  sopravvenuto  difetto  di  interesse  della  Regione
Toscana e, dunque, l'inammissibilita' della questione. 
    Ed infatti, rimane ferma la  soppressione  del  difensore  civico
comunale come soggetto incardinato nella struttura organizzativa  del
comune, ma, in ragione del ius superveniens, le sue funzioni  possono
essere attribuite, mediante apposita convenzione tra piu' comuni,  al
difensore civico della provincia,  nel  cui  territorio  rientrano  i
relativi comuni, che assume la  denominazione  di  «difensore  civico
territoriale».  Non  puo',  quindi,  affermarsi,  dopo  le  modifiche
introdotte dalle disposizioni sopravvenute, che sono state  soppresse
le funzioni precedentemente attribuite al difensore civico  comunale.
E' vero, invece, che per effetto di queste ultime norme, si e' inciso
soltanto sulla titolarita' delle funzioni di difesa civica  comunale,
prevedendosi che queste siano esercitate ad un  livello  territoriale
piu' ampio, vale a dire quello provinciale; di qui anche la  modifica
della  formale  denominazione  del  soggetto  che  e'  incaricato  di
svolgerle, come si e' accennato, in «difensore civico territoriale». 
    6.2. - A conclusioni analoghe deve pervenirsi per quanto riguarda
l'art. 2, comma 186, lettera e), della legge n. 191 del 2009. 
    Ed infatti, anche in  ordine  a  tale  disposizione  deve  essere
dichiarata   l'inammissibilita'   della   relativa    questione    di
costituzionalita', promossa dalle Regioni  Toscana  e  Campania,  per
sopravvenuto difetto di interesse all'impugnazione. 
    E' pur vero che  la  sopravvenienza  normativa  costituita  dalla
novellazione introdotta dal decreto-legge n. 2 del  2010,  nel  testo
risultante dalla legge di conversione n. 42 del 2010, si e'  limitata
ad escludere dalla soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti
locali i bacini imbriferi montani,  ma  nella  ricognizione  del  ius
novorum, che ha  interessato  la  disposizione  impugnata,  non  puo'
omettersi di considerare l'art. 14, comma 28, del decreto-legge n. 78
del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010. 
    La  sopra  citata  disposizione  stabilisce  che   «le   funzioni
fondamentali dei comuni, previste dall'articolo 21, comma  3»,  della
legge n. 42 del 2009, «sono  obbligatoriamente  esercitate  in  forma
associata, attraverso convenzione o unione, da parte dei  comuni  con
popolazione fino a 5.000 abitanti, esclusi le isole monocomune ed  il
comune di Campione d'Italia». Il citato articolo prosegue  disponendo
che  «tali  funzioni  sono  obbligatoriamente  esercitate  in   forma
associata, attraverso convenzione o  unione,  da  parte  dei  comuni,
appartenenti o gia' appartenuti a comunita' montane, con  popolazione
stabilita  dalla  legge  regionale  e  comunque  inferiore  a   3.000
abitanti». 
    E'   evidente,   quindi,   che   la    sopravvenuta    previsione
dell'esercizio obbligatorio da parte dei comuni, in forma  associata,
di  importanti  funzioni  e  l'espresso  riferimento  alle  comunita'
montane  contenuto  nel  citato  art.  14,  comma  28,   privano   di
effettivita' ed attualita' la doglianza delle Regioni ricorrenti, con
la conseguenza che deve essere dichiarata inammissibile  la  relativa
questione di costituzionalita' sollevata con i  ricorsi  introduttivi
del presente giudizio. 
    6.3. - A conclusioni parzialmente diverse da quelle  relative  al
comma 186, lettere a) ed e), deve pervenirsi in ordine al  successivo
comma 187. 
    Le nuove disposizioni introdotte nella legge n. 191 del 2009  dal
legislatore (che - come si e' gia' detto - non hanno formato  oggetto
di impugnazione da parte  delle  ricorrenti)  hanno  inciso  in  modo
rilevante sul tessuto normativo specifico, oggetto dei ricorsi ora in
esame. 
    Al  riguardo,  va  rilevato  che  nel  comma  187,  prima   delle
modificazioni ad esso apportate dal decreto-legge n. 2 del 2010, come
convertito dalla legge n. 42 del 2010, erano contenute  tre  distinte
disposizioni, tutte oggetto di censure da parte delle ricorrenti: 
        a) la prima stabiliva che - a decorrere dalla data di entrata
in vigore della stessa legge -  lo  Stato  «cessa  di  concorrere  al
finanziamento delle  comunita'  montane  previsto  dall'art.  34  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  504,  e  dalle   altre
disposizioni di legge relative alle comunita' montane»; 
        b) la seconda  stabiliva  che,  «nelle  more  dell'attuazione
della legge 5 maggio 2009, n. 42,  il  30  per  cento  delle  risorse
finanziarie di cui al citato articolo 34 del decreto  legislativo  n.
504 del 1992 e  alle  citate  disposizioni  di  legge  relative  alle
comunita' montane e' assegnato ai comuni montani e ripartito tra  gli
stessi con decreto del Ministero dell'interno»; 
        c) la terza stabiliva che ai suddetti fini «sono  considerati
comuni montani i comuni in cui almeno il 75 per cento del  territorio
si trovi al di sopra dei 600 metri sopra il livello del mare». 
    Il successivo decreto-legge n. 2 del 2010, nel  testo  risultante
dalla relativa legge  di  conversione,  con  il  comma  1-sexies  del
medesimo art. 1 ha inciso sulle  citate  disposizioni  nel  modo  che
segue: 
        a)  e'  rimasta  inalterata  la  prima   disposizione   sopra
riportata, relativa alla  cessazione  del  finanziamento  statale  in
favore delle comunita' montane di cui all'art. 34 del d.lgs.  n.  504
del 1992 e alle altre disposizioni di legge  relative  alle  medesime
comunita'; 
        b) le parole «ai comuni montani»  sono  state  sostituite  da
quelle: «ai comuni appartenenti alle comunita' montane»; 
        c) sono state aggiunte al  comma  187,  secondo  periodo,  le
parole «previa intesa sancita in  sede  di  Conferenza  unificata  ai
sensi dell'articolo 3 del decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.
281»; 
        d) e' stata soppressa, infine, la disposizione relativa  alla
fissazione del requisito, per la qualificazione  di  comune  montano,
concernente il limite di 600 metri sopra il livello del mare  in  cui
dovrebbe trovarsi almeno il 75 per cento del territorio comunale. 
    Orbene, tenuto conto dell'entita' delle  modificazioni  apportate
al comma 187 in esame e della circostanza  che  esse  -  come  si  e'
ricordato - non hanno formato oggetto di  impugnazione  da  parte  di
nessuna delle ricorrenti, deve ritenersi − al di  la'  del  carattere
piu' o meno satisfattivo delle pretese di queste ultime fatte  valere
con i rispettivi ricorsi − che  e'  obbiettivamente  sopravvenuto  il
difetto di interesse all'impugnazione  in  ordine  alla  disposizione
relativa alla determinazione dei requisiti per la qualificazione come
"montani" dei comuni. A cio' consegue,  pertanto,  l'inammissibilita'
della relativa questione. 
    Nessuna  modificazione  e',  invece,  intervenuta   quanto   alla
disposizione, contenuta nella prima parte  del  comma  187,  relativa
alla cessazione del finanziamento statale stabilito in  favore  delle
comunita' montane dall'art. 34 del decreto  legislativo  30  dicembre
1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma
dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421)  e  dalle  altre
disposizioni di legge recanti  finanziamenti  dello  Stato  a  favore
delle comunita' medesime; nonche' a quella relativa  allo  strumento,
il decreto ministeriale appunto, previsto per la ripartizione, in via
transitoria, delle risorse pari al 30  per  cento  del  finanziamento
statale al quale si riferisce la norma di soppressione. 
    Per  questa  parte,  dunque,  non  puo'  ritenersi  che  si   sia
determinata ne' la cessazione della materia del  contendere,  ne'  la
inammissibilita' dei ricorsi per sopravvenuto difetto  di  interesse,
tenuto conto della autonomia delle disposizioni stesse rispetto  alle
altre sulle quali il legislatore dello Stato e'  intervenuto  con  la
normativa di modificazione della legge n. 191 del 2009. 
    In tale situazione, tenuto conto della sostanziale  identita'  di
contenuto tra la originaria disposizione della prima parte del  comma
187 e quella introdotta dalla novella disposta dal decreto-legge n. 2
del 2010, in conformita' all'indirizzo  giurisprudenziale  di  questa
Corte cui si e' fatto prima riferimento, la questione di legittimita'
costituzionale sollevata dalle ricorrenti in ordine alla disposizione
di  cui  al  comma  187,  nella  sua  formulazione  originaria,  deve
intendersi trasferita,  nei  termini  sopra  indicati,  sul  medesimo
comma, quale risulta dal citato decreto-legge  n.  2  del  2010,  nel
testo integrato dalla relativa legge di conversione. 
    7. - Nel merito, la questione e' parzialmente fondata. 
    8. - Come si e' innanzi precisato,  la  parte  del  citato  comma
ritualmente oggetto di censura ad opera delle  ricorrenti  e'  quella
concernente  la  soppressione  del  finanziamento  statale   previsto
dall'art. 34 del d.lgs. n.  504  del  1992,  nonche'  da  ogni  altra
disposizione dello Stato che abbia stabilito finanziamenti in  favore
delle comunita' montane. 
    Tale previsione  e'  connessa  a  quanto  sancito  da  una  norma
contenuta nel comma 183, secondo la quale  «il  contributo  ordinario
base spettante agli enti locali a valere sul fondo ordinario» di  cui
al citato art. 34, comma 1, lettera  a),  «e'  ridotto  per  ciascuno
degli anni 2010, 2011 e 2012, rispettivamente di 1 milione  di  euro,
di 5 milioni di euro e di 7 milioni di euro per le province e  di  12
milioni di euro, di 86 milioni di euro e di 118 milioni di euro per i
comuni». 
    E'  chiaro,  pertanto,  che  le  disposizioni  qui  censurate  si
inquadrano in una complessa manovra di contenimento della  spesa  nel
settore pubblico allargato, con particolare  riferimento  alla  spesa
per gli enti locali. 
    8.1. - A questo riguardo, deve essere,  innanzitutto,  richiamato
il contenuto specifico del  citato  art.  34,  il  quale  concorre  a
disciplinare, in generale, i trasferimenti erariali in  favore  degli
enti in questione, nonche' delle comunita' montane. 
    Il comma 1 del suddetto articolo individua nel  fondo  ordinario,
nel fondo consolidato e nel  fondo  perequativo  degli  squilibri  di
fiscalita' locale le principali fonti del finanziamento  statale  dei
bilanci delle province e dei comuni. 
    Il comma 2 prevede, poi, che lo Stato concorre  al  finanziamento
delle opere pubbliche  degli  enti  locali  con  il  fondo  nazionale
speciale per gli investimenti. 
    Il comma 3, a sua volta, stabilisce che lo Stato puo'  concorrere
al finanziamento dei bilanci  delle  province,  dei  comuni  e  delle
comunita' montane, anche con un fondo  nazionale  ordinario  per  gli
investimenti, la cui quantificazione e' demandata alle annuali  leggi
finanziarie. 
    Il comma 4 prevede, infine, che per le comunita' montane lo Stato
concorra al finanziamento dei bilanci, ai  sensi  del  comma  1,  con
assegnazioni a valere sul fondo ordinario e sul fondo consolidato. 
    In particolare, dal combinato disposto dei commi sopracitati,  si
evince, dunque, che per i bilanci delle comunita'  montane  lo  Stato
concorre al finanziamento della spesa  corrente  con  assegnazioni  a
valere sul fondo ordinario e sul  fondo  consolidato,  mentre  per  i
trasferimenti in conto capitale assume  rilievo  il  fondo  nazionale
ordinario  per  gli  investimenti,  che  trova  specifica  disciplina
nell'art. 28, comma 1, lettera c), del medesimo  d.lgs.  n.  504  del
1992.  Si  tratta  di   un   fondo   diretto,   sostanzialmente,   al
finanziamento della spesa per il pagamento delle rate di ammortamento
dei mutui stipulati anteriormente all'entrata in  vigore  del  citato
decreto legislativo. 
    8.2.  -  Ulteriori   disposizioni   al   riguardo,   per   quanto
specificamente  concerne  il  finanziamento  di  opere  pubbliche  di
preminente interesse  sociale  ed  economico  anche  delle  comunita'
montane,  si  rinvengono  nel  successivo  art.   41   dello   stesso
provvedimento  legislativo,  il  quale  prevede,  al  comma  1,   che
l'assegnazione dei contributi e' effettuata con proiezione  triennale
e, al comma 4, che,  quanto  alle  comunita'  montane,  il  fondo  e'
distribuito alle Regioni per il successivo  riparto  tra  i  suddetti
organismi. 
    8.3. - Cio' chiarito in via generale, deve osservarsi  che  priva
di rilievo e', innanzitutto, la censura di violazione  del  giudicato
costituzionale prospettata da alcune delle ricorrenti. 
    Come questa Corte ha piu' volte affermato (ex multis, sentenza n.
262 del 2009), perche' vi sia violazione del giudicato costituzionale
e' necessario  che  una  norma  sopravvenuta  ripristini  o  preservi
l'efficacia di una norma gia' dichiarata incostituzionale. 
    Nel caso di specie, il legislatore ha adottato  una  disposizione
che  non  ne  riproduce  un'altra  gia'  dichiarata  non  conforme  a
Costituzione, ne' fa a quest'ultima rinvio. Di  qui  la  infondatezza
della censura in esame. 
    8.4. - Tanto premesso, ai fini  della  disamina  delle  questioni
concernenti la dedotta violazione dei parametri costituzionali di cui
al combinato disposto degli artt. 3, 114, 117 e  119  Cost.,  occorre
preliminarmente rammentare come, ai fini  dell'identificazione  della
materia nella quale si colloca la normativa impugnata, sia necessario
fare riferimento all'oggetto della disciplina medesima, tenendo conto
della sua ratio, tralasciando gli aspetti  marginali  e  gli  effetti
riflessi, cosi' da identificare correttamente e  compiutamente  anche
l'interesse tutelato (ex multis, sentenza n. 430 del 2007). 
    Facendo applicazione del suddetto criterio, e'  evidente  che  le
disposizioni   impugnate   trovano   collocazione    nella    materia
dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e  del  coordinamento  della
finanza pubblica,  prevista  tra  quelle  di  competenza  concorrente
dall'art. 117, terzo comma, Cost. 
    8.5. - Nella giurisprudenza di questa Corte e' ormai  consolidato
l'orientamento secondo cui norme  statali  che  fissano  limiti  alla
spesa delle Regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi
fondamentali di coordinamento della finanza  pubblica  alla  seguente
duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi
di riequilibrio della medesima, intesi nel senso  di  un  transitorio
contenimento  complessivo,  anche  se  non  generale,   della   spesa
corrente; in secondo luogo,  che  non  prevedano  in  modo  esaustivo
strumenti o modalita' per il  perseguimento  dei  suddetti  obiettivi
(tra le molte, sentenza n. 237 del 2009). 
    Peraltro, come la stessa giurisprudenza costituzionale  ha  avuto
modo di affermare proprio con riguardo alle comunita' montane (citata
sentenza n. 237 del 2009),  non  costituisce  ostacolo  all'esercizio
della  potesta'  legislativa  statale  concorrente  in   materia   di
coordinamento della finanza pubblica, attraverso  la  fissazione  dei
relativi principi fondamentali, la circostanza che si  incida  su  un
ambito materiale,  quale  quello  relativo  alle  comunita'  montane,
rimesso alla potesta' legislativa residuale delle Regioni. 
    D'altronde, in un contesto di  carattere  piu'  generale,  questa
Corte ha posto in rilievo che limiti finanziari per le Regioni e  gli
enti locali, volti al perseguimento  degli  obiettivi  della  finanza
pubblica e del contenimento della spesa, sono in linea  con  la  piu'
recente interpretazione della nozione di «coordinamento della finanza
pubblica» fatta propria dalla  giurisprudenza  costituzionale,  ormai
«costante nel ritenere che norme  statali  che  fissano  limiti  alla
spesa di enti pubblici regionali sono espressione della finalita'  di
coordinamento finanziario»,  per  cui  il  legislatore  statale  puo'
«legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente  per
assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica  complessiva,
in  connessione  con  il  perseguimento   di   obiettivi   nazionali,
condizionati anche da obblighi comunitari» (cosi' sentenza n. 52  del
2010, nonche' sentenze n. 237 e n. 139 del 2009). 
    Naturalmente, pero', la disciplina dettata  dal  legislatore  non
deve   ledere   il   generale   canone   della    ragionevolezza    e
proporzionalita'  dell'intervento  normativo  rispetto  all'obiettivo
prefissato. 
    8.6. - Orbene, la normativa in esame e'  chiaramente  finalizzata
al contenimento della spesa pubblica degli enti locali e, per il  suo
contenuto  oggettivo,  al  pari  di  disposizioni  simili  recate  da
precedenti,   analoghi   provvedimenti   legislativi   dello   Stato,
costituisce espressione del potere dello Stato di fissare i  principi
fondamentali nella materia sopra indicata. Essa, in quanto  tale,  e'
idonea ad incidere, come si  e'  accennato,  su  una  materia,  quale
quella concernente la disciplina  delle  comunita'  montane,  rimessa
alla potesta' legislativa residuale delle Regioni e, di  conseguenza,
a superare  il  vaglio  di  costituzionalita'  con  riferimento  alla
prospettata  lesione  dei  citati  parametri  costituzionali  e,   in
particolare, quello di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. 
    Ne' e' senza significato  che  la  stessa  normativa  preveda  un
regime transitorio proprio per consentire la graduale riallocazione a
livello locale della spesa per le comunita' montane in questione. Non
senza aggiungere che questa Corte, in  fattispecie  per  molti  versi
analoghe, ha gia' avuto modo di affermare,  sul  presupposto  che  la
disciplina delle comunita' montane rientra nella competenza residuale
delle Regioni, che spetta a  queste  ultime,  in  base  all'art.  119
Cost., «provvedere al loro finanziamento insieme  ai  Comuni  di  cui
costituiscono la "proiezione"».  Da  tale  affermazione,  costituente
ormai ius  receptum,  «consegue  che  la  progressiva  riduzione  del
finanziamento statale relativo alle suddette  comunita'  montane  non
contrasta con  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  in  materia  di
autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali» (sentenza n.
27 del 2010). 
    E' pur  vero  che  numerose  leggi  statali,  come  osservato  in
particolare  dalla  Regione  Calabria,  hanno  disposto   nel   tempo
finanziamenti  a  favore  delle  comunita'  montane;   tuttavia,   le
sopravvenute esigenze di  contenimento  della  spesa  pubblica  nella
finanza  locale  possono  giustificare  interventi   legislativi   di
riduzione e razionalizzazione delle erogazioni dello Stato in  favore
delle Regioni e degli enti locali, nel medesimo settore, nel segno di
una diversa allocazione delle  risorse  in  vista  di  un  equilibrio
unitario della finanza pubblica complessiva, in  connessione  con  il
perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da  obblighi
comunitari (citata sentenza  n.  237  del  2009),  nonche'  del  buon
andamento delle pubbliche amministrazioni. 
    8.7. - Neppure puo' dirsi che si sia in presenza  di  una  totale
soppressione del finanziamento statale previsto  dall'art.  34  sopra
citato, in quanto il medesimo comma 187 ha previsto il  trasferimento
ai  comuni  facenti  parte  delle  comunita'  montane,   nelle   more
dell'attuazione del federalismo  fiscale,  del  30  per  cento  delle
risorse finanziarie oggetto dell'intervento apparentemente di  totale
soppressione. Del pari, assume rilievo, nel quadro della  manovra  di
finanza pubblica effettuata con la legge finanziaria per il 2010,  la
circostanza che, a norma del precedente comma 23 del medesimo art.  2
della legge n. 191 del 2009,  il  legislatore  ha  -  in  sostanza  -
rimodulato gli interventi finanziari a favore degli enti locali,  per
il triennio 2010-2012, con risorse «a valere sul fondo  ordinario  di
cui all'art. 34, comma 1, lettera  a),  del  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 504»;  vale  a  dire  anche  con  riferimento  alle
risorse statali oggetto di parziale soppressione da parte  del  comma
187. 
    8.8. - Ne', infine, puo' essere condivisa, nella sua assolutezza,
l'affermazione  secondo  la  quale  la  normativa  impugnata  avrebbe
disposto  la   totale   cancellazione   del   finanziamento   statale
precedentemente disposto a favore delle comunita' montane, nel palese
intento di procedere  surrettiziamente  alla  soppressione  di  detti
organismi. Cio' in quanto, da un lato, in una  parte  consistente  il
predetto finanziamento non risulta eliminato, anche per effetto della
presente pronuncia come risultera' nel prosieguo e,  dall'altro,  non
e'  senza  significato  che  talune  disposizioni  legislative,  pure
richiamate dalle ricorrenti, hanno  confermato  la  permanenza  delle
comunita' montane  nell'ordinamento,  dal  momento  che  ad  esse  la
normativa  statale  continua  a  fare  riferimento.  Del  resto,   la
giurisprudenza costituzionale ha chiarito che  le  comunita'  montane
non sono previste dall'art. 114 Cost.  come  enti  costituzionalmente
necessari (sentenza n. 229 del 2001). 
    In realta', in linea generale, le misure ora in esame,  contenute
in una legge finanziaria, perseguono  la  finalita'  di  contenimento
della spesa pubblica corrente nel settore degli  enti  locali.  Esse,
pertanto, devono essere ascritte, nel catalogo fissato dall'art.  117
Cost., alla materia del coordinamento della finanza pubblica. 
    8.9. - Sotto altro aspetto,  la  Regione  Campania  lamenta,  tra
l'altro,  che  sarebbe  stato   violato   il   principio   di   leale
collaborazione per il fatto che per la soppressione del finanziamento
statale, con specifico riferimento agli investimenti,  sarebbe  stato
indispensabile il coinvolgimento della  Regione,  quanto  meno  nella
determinazione di modalita' e tempi di attuazione della riduzione del
finanziamento. 
    La censura  non  e'  fondata,  in  quanto,  secondo  la  costante
giurisprudenza costituzionale, il principio di  leale  collaborazione
non trova applicazione nelle procedure di formazione delle leggi.  E,
d'altronde, detto principio ha trovato  concreta  applicazione  nella
specie, in seguito alle modifiche operate  all'originario  testo  dal
comma 187 dal decreto-legge n. 2 del 2010, nella successiva  fase  di
adozione  del  decreto  ministeriale  di  riparto,   tra   i   comuni
interessati, in fase transitoria, del  30  per  cento  delle  risorse
previste dall'art. 34 del d.lgs. n. 504 del 1992. 
    8.10.  -  Alla  luce  delle  considerazioni  che  precedono,   in
sostanza, l'autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti  locali,
anche quale garanzia di risorse per il finanziamento  delle  funzioni
pubbliche loro attribuite, non puo' ritenersi violata dall'intervento
statale in questione, per la parte relativa, appunto, all'art. 34 del
citato d.lgs. n. 504 del 1992. 
    In  realta',  la  destinazione  ai  comuni  facenti  parte  delle
comunita' montane di parte delle risorse in questione,  sia  pure  in
via transitoria, connota l'intervento  dello  Stato  come  "riduzione
progressiva", con i temperamenti derivanti dalla  presente  pronuncia
come qui di seguito sara' precisato, del finanziamento  statale,  nel
quadro di una complessiva manovra di finanza pubblica. 
    8.11. - Le disposizioni contenute nella prima parte del comma  in
questione,  tuttavia,  solo  in   parte   superano   il   vaglio   di
ragionevolezza, che, come si e' detto,  costituisce  limite  generale
all'esercizio della potesta' legislativa. 
    A questo riguardo, infatti, va osservato che il comma  in  esame,
per quanto attiene al fondo nazionale ordinario per gli  investimenti
non contiene alcuna indicazione, che pure sarebbe  stata  necessaria,
in  ordine  al  pagamento  delle  rate  di  ammortamento  sui   mutui
pluriennali ancora in essere, stipulati dalle comunita'  montane  con
il concorso dello Stato, che ha fatto sorgere in capo a queste ultime
un legittimo affidamento. 
    La  norma,  quindi,  nello  stabilire  anche  la  cessazione  del
finanziamento statale delle comunita' in questione tramite  il  fondo
nazionale ordinario per gli investimenti (cui fa espresso riferimento
l'art. 34,  comma  3,  del  d.lgs.  n.  504  del  1992),  palesa  una
irragionevolezza che si riverbera sulla autonomia  finanziaria  delle
Regioni e degli enti locali come ridisegnata dall'art.  119  Cost.  e
come operante  nelle  more  dell'attuazione  del  c.  d.  federalismo
fiscale, lasciando privo di copertura finanziaria e, comunque, di una
regolamentazione sia pure transitoria, un settore di rilievo, qual e'
quello  degli  investimenti  strutturali  a  medio  e  lungo  termine
effettuati  mediante  la  stipulazione   di   mutui   originariamente
"garantiti" dal finanziamento statale. 
    8.12.  -  Sotto  altro   aspetto,   viziato   da   illegittimita'
costituzionale e' anche il  generico  ed  indeterminato  riferimento,
contenuto nel primo periodo del comma 187 in esame,  alla  cessazione
dei finanziamenti statali di cui alle «altre  disposizioni  di  legge
relative alle  comunita'  montane».  La  disposizione  in  questione,
poiche' non consente di verificare la fonte e la  destinazione  delle
risorse  statali  soppresse,  viola  i  principi  di  certezza  delle
entrate, di affidamento e di corrispondenza tra  risorse  e  funzioni
pubbliche all'esercizio delle quali esse sono preordinate,  palesando
un'intrinseca irragionevolezza della normativa  impugnata,  oltre  ad
impedire una realistica valutazione  degli  effetti  della  normativa
stessa sull'autonomia finanziaria delle Regioni. 
    Risulta palese, pertanto, la violazione dell'art. 119  Cost.,  in
quanto la rilevata genericita' della norma e' tale da  impedire  alle
Regioni,  nell'esercizio  della  loro   autonomia   finanziaria,   di
riorganizzare,  in  modo  razionale,  l'allocazione   delle   risorse
disponibili e pianificare la spesa in sede locale. 
    8.13.  -  Non  va,  infatti,  sottaciuto  che   i   provvedimenti
finanziari adottati  dallo  Stato  allo  scopo  di  razionalizzare  e
contenere la spesa nel settore pubblico allargato, pur dovendo  avere
un carattere di assoluta generalita' e lo scopo di porre un freno  al
dilagare di tale spesa - anche  mediante  la  fissazione  di  criteri
d'ordine  generale,  appunto  costituenti  espressione  di   principi
fondamentali  della  materia,  che  lasciano,  in  sede  applicativa,
specifici ambiti di autonomia alle Regioni e agli enti locali  minori
- non possono, tuttavia, prescindere dalla individuazione certa delle
fonti di finanziamento delle spese degli enti locali  territoriali  e
dunque anche delle comunita' montane e dei comuni che di  esse  fanne
parte. Diversamente, ne verrebbe compromessa la  certezza  sia  delle
fonti di finanziamento della spesa degli enti interessati, sia  delle
risorse economiche effettivamente disponibili per gli enti stessi, da
impiegare  per   il   raggiungimento   delle   rispettive   finalita'
istituzionali. 
    8.14. - Alla luce delle considerazioni che precedono, deve essere
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  187,
primo periodo, della legge n. 191 del 2009, nella parte in  cui,  nel
richiamare l'articolo 34 del d.lgs. n. 504 del 1992, viene  soppresso
il concorso dello Stato al finanziamento delle comunita' montane  con
il  fondo  nazionale  ordinario   per   gli   investimenti,   nonche'
nell'inciso «e  dalle  altre  disposizioni  di  legge  relative  alle
comunita' montane». 
    8.15. - Deve, altresi', essere dichiarata, per  consequenzialita'
logica, l'illegittimita' costituzionale della  previsione,  contenuta
nel  successivo  secondo   periodo,   della   devoluzione,   in   via
transitoria, ai comuni gia' facenti parte  delle  comunita'  montane,
del trenta per cento delle risorse sia derivanti dal fondo  ordinario
nazionale per gli investimenti, sia spettanti agli  stessi  organismi
in applicazione  delle  altre  «disposizioni  di  legge»  come  sopra
specificato,  in  quanto  si  tratta  di  disposizioni   strettamente
connesse al primo periodo del comma 187,  di  cui  e'  dichiarata  la
parziale illegittimita' costituzionale. 
    9. - Quanto alle censure relative alla dedotta  violazione  degli
artt. 3 e 97 Cost., la ricorrente Regione  Campania  non  adduce  una
sufficiente motivazione circa il modo in cui l'asserita violazione di
tali parametri costituzionali ridondi in una  lesione  delle  proprie
competenze legislative, amministrative o finanziarie. 
    Cio'  comporta  che  deve  essere  dichiarata  inammissibile   la
questione promossa dalla Regione stessa con riferimento  ai  suddetti
parametri costituzionali. 
    10. - In conseguenza di quanto innanzi, deve  essere  considerata
assorbita la richiesta, avanzata  dalla  sola  Regione  Campania,  di
sospensione dell'efficacia delle disposizioni impugnate. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i ricorsi, 
    Riservata a separate pronunce la decisione sulle altre  questioni
con essi sollevate; 
    1)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  2,
comma 187, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per  la
formazione del bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato -  legge
finanziaria 2010), nella parte in cui: 
        a) nel  primo  periodo,  nel  richiamare  l'articolo  34  del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della  finanza
degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge  23  ottobre
1992, n. 421), sopprime il  concorso  dello  Stato  al  finanziamento
delle comunita' montane con il  fondo  nazionale  ordinario  per  gli
investimenti, 
        b) nel medesimo primo periodo,  contiene  l'inciso  «e  dalle
altre disposizioni di legge relative alle comunita' montane», 
        c) nel secondo periodo, prevede  la  devoluzione  ai  comuni,
gia' facenti parte delle comunita'  montane,  del  trenta  per  cento
delle risorse provenienti  dal  fondo  ordinario  nazionale  per  gli
investimenti, 
        d) nel secondo periodo,  contiene  l'inciso  «e  alle  citate
disposizioni di legge relative alle comunita' montane»; 
    2) dichiara inammissibili le residue  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 187, della legge n. 191  del  2009,
promosse dalle Regioni Calabria, Liguria e Campania  in  riferimento,
nel complesso, agli artt. 3, 97, 114, 117, 118, 119, 123, 136  e  137
della  Costituzione,  ai  principi  di   ragionevolezza,   di   leale
collaborazione, di certezza delle entrate e  di  affidamento,  con  i
ricorsi indicati in epigrafe; 
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 186, lettera a), della legge n. 191
del 2009 (testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  n.  302  del  30
dicembre 2009, n. 302 - supplemento ordinario n. 243), promossa dalla
Regione Toscana in riferimento  agli  artt.  114,  117  e  119  della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    4)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 186, lettera e), della legge n. 191
del 2009 (testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  n.  302  del  30
dicembre 2009 - supplemento ordinario n. 243), promosse dalle Regioni
Toscana e Campania in riferimento, nel complesso, agli artt.  3,  97,
114, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonche' al principio di leale
collaborazione, con i ricorsi indicati in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Quaranta 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 17 novembre 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola