N. 379 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 marzo 2010

Ordinanza del 12 aprile 2010 emessa  dal  Tribunale  di  Rossano  nei
procedimenti civili riuniti  promossi  da  Pometti  Rosina  ed  altri
contro I.N.P.S.. 
 
Previdenza - Braccianti agricoli a tempo determinato - Calcolo  della
  retribuzione  media  convenzionale  giornaliera   ai   fini   della
  determinazione delle prestazioni pensionistiche -  Previsione,  con
  norma autoqualificata di interpretazione autentica, che il  termine
  del 30 ottobre previsto dal terzo comma dell'art. 3 della  legge  8
  agosto 1972, n. 457, e' lo stesso di quello  previsto  dal  secondo
  comma dell'art. 3 della stessa legge, per  gli  operai  agricoli  a
  tempo indeterminato - Violazione del  principio  di  uguaglianza  -
  Lesione delle garanzie previdenziali - Violazione del principio  di
  capacita' contributiva - Lesione del principio del giusto  processo
  - Violazione degli obblighi internazionali determinati dalla CEDU. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 5. 
- Costituzione artt. 3, 38, comma secondo, 53,  111,  commi  primo  e
  secondo, e 117, primo comma, in relazione agli artt. 6 e  14  della
  Convenzione  per  la  salvaguardia  diritti  dell'uomo  e  liberta'
  fondamentali. 
(GU n.50 del 15-12-2010 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Il  Giudice  di  Rossano  dott.  Paolo  Coppola,  definitivamente
sciogliendo la riserva posta alla udienza del  23  febbraio  2010  ha
pronunciato  la  seguente  ordinanza,  nel  procedimento  n.  1438/09
R.G.A.C., ivi riunito il n. 1524/09 R.G.A.C. tra Pometti Rosina, nata
a Longobucco (Cosenza) il 22 giugno 1939, rapp.ta e difesa  in  forza
di procura a  margine  del  ricorso  introduttivo  dall'avv.  Roberto
Parise ed elett.te dom.ta presso  lo  studio  di  questi  in  Cariati
(Cosenza), via Salvo D'Acquisto, ricorrente e Zanfino Ada, nata a San
Giorgio Albanese (Cosenza) il 30 luglio 1949,  rapp.ta  e  difesa  in
forza  di  procura  a  margine  del  ricorso  introduttivo  dall'avv.
Patrizia Pistola ed elett.te dom.ta presso lo studio della stessa  in
Corigliano Calabro (Cosenza), via Nazionale n. 59, ricorrente. 
    Contro Istituto Nazionale della Previdenza  Sociale,  in  persona
del Presidente pro  tempore,  rapp.to  e  difeso  dall'avv.  Marcello
Camovale ed elett.te dom.to presso la sede di Rossano in via Acqua di
Vale resistente. 
    Per il riconoscimento del diritto  al  ricalcolo  dei  contributi
accreditati quali operai agricoli a tempo determinato. 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 
 
                              F a t t o 
 
    Con analoghi  ricorsi,  depositati  rispettivamente  in  data  23
aprile 2009 ed in data 4 maggio  2009,  gli  istanti  convenivano  in
giudizio l'INPS esponendo: 
        che erano  titolari  di  pensione  categoria  VO  dopo  avere
lavorato come operai agricoli a tempo determinato; 
        che l'INPS, nel  determinare  la  pensione,  aveva  applicato
erroneamente l'art. 28 del d.P.R. n. 488/1968; 
        che infatti, nel calcolare la pensione dovuta  agli  istanti,
l'istituto aveva fatto riferimento al salario medio convenzionale non
gia' dell'anno in cui il lavoro era  stato  prestato,  ma  di  quello
antecedente. 
    Tanto Premesso convenivano in giudizio  l'I.N.P.S.  chiedendo  la
declaratoria del loro diritto ad  ottenere  la  riliquidazione  della
pensione di vecchiaia in  godimento  sulla  base  del  salario  medio
convenzionale vigente per l'anno in cui il lavoro era stato prestato,
nonche' la condanna dell'INPS alla ricostruzione  della  pensione  ed
alla corresponsione delle differenze mensili. 
    Instauratosi il contraddittorio,  l'istituto,  si  costituiva  in
giudizio allegando nel merito la correttezza del proprio  operato  in
applicazione dell'art. 4 d.lgs. n. 146/1997. 
    Tanto Premesso  concludeva  per  l'accoglimento  delle  eccezioni
preliminari e, nel merito, per il rigetto della domanda, con vittoria
spese. 
    Questo giudice, riuniva i ricorsi per identita' di materia. 
 
                            D i r i t t o 
 
    Questo giudice dubita della legittimita' costituzionale dell'art.
2, comma 5, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 che ha previsto  che
il terzo comma dell'art. 3 della legge 8  agosto  1972,  n.  457,  si
interpreta nel senso che il termine ivi previsto del 30  ottobre  per
la rilevazione  della  media  tra  le  retribuzioni  per  le  diverse
qualifiche previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro ai
fini della determinazione della retribuzione media  convenzionale  da
porre a base per le prestazioni pensionistiche e per il calcolo della
contribuzione  degli  operai  agricoli  a  tempo  determinato  e'  il
medesimo di quello previsto al secondo comma dell'art. 3 della citata
legge n. 457 del 1972 per gli operai a tempo indeterminato. 
Rilevanza. 
    La  questione  e'  rilevante,  considerato  che  la  disposizione
indicata  viene  a   disciplinare,   con   chiara   efficacia   sulla
controversia in esame, il sistema di  accredito  contributivo  ed  il
calcolo consequenziale della pensione. 
    In particolare questo giudice ha costantemente  ritenuto  che  la
questione di cui e' causa e' stata oggetto  di  plurime  pronunce  da
parte della Corte di cassazione,  Sezione  Lavoro,  che  costituivano
orientamento costante  (cfr.  Seni.  nn.  2377/07,  2378/07,  2643/07
3212/07, 3472/07); le conclusioni  cui  e'  giunta  con  le  sentenze
indicate meritano integrale condivisione per la intrinseca  logicita'
della motivazione adottata. 
    La  pensione  di  vecchiaia  degli  operai   agricoli   a   tempo
determinato deve essere determinata, ex art. 28  d.P.R.  n.  488  del
1968 («Aumento e nuovo sistema di calcolo  delle  pensioni  a  carico
dell'assicurazione  generale   obbligatoria»),   sulla   base   delle
retribuzioni medie vigenti  per  ciascun  anno,  («in  rapporto  alle
retribuzioni medie da determinarsi annualmente per provincia»),  come
peraltro confermato dall'art. 3, terzo comma, della legge n. 457  del
1972 che espressamente statuisce che «per i giornalieri  di  campagna
l'ammontare della retribuzione.... ..... e'  costituito  dalla  media
tra le retribuzioni .... ..... vigenti al 30 ottobre di ogni anno»  e
non dell'anno precedente (disposizione  la  cui  efficacia  e'  stata
prorogata dal d.l. 1° luglio 1972,  n.  287,  come  convertito  dalla
legge 8 agosto 1972, n. 459, art. 8. Detta  disposizione  costituisce
applicazione della regola generale di cui all'art. 5,  comma  6,  che
prevedeva che, «quando la contribuzione si effettua su salari medi  o
convenzionali, la retribuzione pensionabile si determina  sulla  base
delle retribuzioni medie o convenzionali medesime» (Cass.  Civ.  sez.
lav. n. 2377/07). 
    «I decreti  ministeriali  di  determinazione  delle  retribuzioni
medie giornaliere, emanati annualmente e vincolanti per gli  istituti
previdenziali, hanno  sempre  fatto  riferimento  ai  dati  salariali
relativi all'anno precedente alla loro  emanazione  per  entrambe  le
categorie  sopra  indicate  (dipendenti  a  tempo   indeterminato   e
dipendenti a tempo determinato),  adottando  cosi',  sostanzialmente,
come  criterio  unico  di  rilevazione  quello  (meno  favorevole  al
beneficiario)  previsto  per  gli  operai  a   tempo   indeterminato,
intendendo cosi' verosimilmente assicurare un trattamento omogeneo  a
soggetti operanti  nell'ambito  dello  stesso  settore  lavorativo  e
realizzare una piu' semplice e rapida procedura di  liquidazione,  in
via definitiva, dell'indennita' di  malattia»  (cosi'  la  cassazione
nelle sentenze  citate),  ma  detta  prassi  e'  stata  costantemente
giudicata dalla cassazione illegittima, se non seguita da  conguaglio
per i salariati a tempo determinato (Cass. 14 gennaio 1978,  n.  187,
15 maggio 1981, n. 3212 e 22 maggio 1980, n. 3394). 
    Su detto disposto normativo e', in relazione alle  indennita'  di
cui sopra, intervenuto l'art. 45, comma 21, legge  n.  144/1999,  che
con norma di interpretazione autentica, ha parificato  con  efficacia
retroattiva  i  due  diversi  metodi  di  calcolo  delle   indennita'
temporanee. In ogni caso anche a valere ritenere  detta  disposizione
operante per il calcolo della retribuzione utile  per  il  diritto  a
pensione, deve rilevarsi che l'art. 3, terzo comma,  della  legge  n.
457 del 1972 espressamente statuisce in relazione alle  pensioni  che
«per i giornalieri di campagna  l'ammontare  della  retribuzione.....
.... e' costituito  dalla  media  tra  le  retribuzioni  .....  .....
vigenti al 30 ottobre di ogni anno» e non dell'anno  precedente.  Non
e' di ostacolo alla operativita' dell'art. 3, comma 3, nel  senso  di
cui alla indicata interpretazione, l'art. 45, comma 21 della legge n.
144/1999 che espressamente trova  limitata  la  propria  operativita'
alla «determinazione della retribuzione media da porre a base per  la
liquidazione  delle  prestazioni   temporanee»   e   non   ad   altri
effetti........ 
    Recentemente la Cassazione civile sezione lavoro  e'  intervenuta
in subiecta materia con la Sentenza n. 2531/2009; la stessa ad avviso
di questo giudice non e' condivisibile nelle sue conclusioni, opposte
al precedente orientamento, perche' contiene un errore interpretativo
nel seguente passo:  «e'  pacifico  che  i  decreti  ministeriali  di
determinazione  delle   retribuzioni   medie   giornaliere,   emanati
annualmente e vincolanti per gli istituti previdenziali, hanno sempre
fatto riferimento ai dati dei  salari  relativi  all'anno  precedente
alla loro emanazione. Il decreto ministeriale non  puo'  infatti  che
intervenire nell'anno successivo a  quello  della  rilevazione  delle
retribuzioni stabilite dalla contrattazione collettiva di categoria a
livello provinciale». 
    Che sia pacifico che «i decreti  ministeriali  di  determinazione
delle retribuzioni medie giornaliere hanno sempre  fatto  riferimento
ai dati dei salari relativi all'anno precedente alla loro emanazione»
non comporta necessariamente la sua legittimita'. Non e' vero infatti
che  «il  decreto  ministeriale  non  puo'  infatti  che  intervenire
nell'anno successivo a quello della  rilevazione  delle  retribuzioni
stabilite dalla contrattazione  collettiva  di  categoria  a  livello
provinciale» perche' la contrattazione e' normalmente  precedente  il
30 ottobre, scadendo i contratti il 31 dicembre di ciascun  anno.  Al
primo gennaio e' possibile  nella  ordinaria  dinamica  contrattuale,
conoscere quale sara' la retribuzione media rilevabile al 30  ottobre
successivo ed anzi detta rilevazione e' sovente possibile anche  anni
prima, come  sara'  dato  vedere  in  prosieguo.  Viene  meno  quindi
l'argomento  asseritamene  dirimente  della  indicata   Sentenza   n.
2531/2009. 
    L'art. 3, terzo comma, della legge n. 457 del 1972  espressamente
statuisce, in relazione alle pensioni,  che  «per  i  giornalieri  di
campagna l'ammontare della  retribuzione......  .....  e'  costituito
dalla media tra le retribuzioni ..... ..... vigenti al 30 ottobre  di
ogni anno»; considerato che quale sara' la retribuzione «vigente»  e'
possibile verificarlo da parte del Ministro preposto gia' ben  prima,
deve rilevarsi che, se del caso, si tratta di una tardiva rilevazione
che non puo' riverberarsi  in  danno  dell'istante,  in  mancanza  di
disposizione normativa in tal senso. 
    La disposizione indicata, conclusivamente, pone il criterio della
vigenza della retribuzione al 30  ottobre,  la  stessa  si  determina
sulla base di un contratto di durata quadriennale, e che e' in vigore
dal 1°  gennaio  dell'anno,  per  cui  e'  possibile  determinare  le
retribuzioni  vigenti  al  30  ottobre  da  ben  prima,  non  essendo
necessarie complesse operazioni,  ma  solo  effettuare  una  semplice
media tra le retribuzioni basate su contratti che disciplinano  anche
la data del 30 ottobre. 
    Si deve osservare che solitamente la retribuzione media di cui ai
contratti provinciali, al 30 ottobre, e' rilevabile anche anni prima,
visto  il  normale  periodo  di  durata  dei  contratti   integrativi
provinciali. E' possibile quindi adottare il criterio  in  parola  ed
anzi lo stesso e'  l'unico  conforme  al  dettato  normativo  di  cui
all'art. 3, terzo comma, legge n. 457/1972. 
    Inoltre deve darsi atto come il riferimento al 30 ottobre per  il
rilevamento delle retribuzioni  depone  chiaramente  per  l'accredito
delle contribuzioni sulle retribuzioni effettive dell'anno in  corso.
Infatti il riferimento al 30 ottobre e' correlato al primo periodo di
paga  nel  quale  la  occupazione  agricola  tocca   l'apice   (causa
stagionalita'). Da qui la evidente conclusione che il legislatore  ha
voluto agganciare  la  retribuzione  da  considerare  al  dato  reale
annuale (reale perche' numericamente  piu'  imponente).  Detta  ovvia
considerazione depone  nel  senso  che  appare  non  solo  contro  la
lettera, ma anche contro le  finalita'  della  norma  il  riferimento
nell'accredito contributivo alle retribuzioni dell'anno precedente. 
    Detto criterio e' altresi' conforme al disposto di  cui  all'art.
28 del d.P.R. n. 488/1968 che espressamente afferma (comma 1) che  «i
contributi  base   dell'assicurazione   generale   obbligatoria   per
l'invalidita', la vecchiaia ed i  superstiti,  sono  dovuti  rapporto
alle retribuzioni medie da determinarsi  annualmente  per  provincia,
con decreto del Ministro per il lavoro  e  la  previdenza  sociale...
....  sulla  base  delle  retribuzioni   risultanti   dai   contratti
collettivi  di  lavoro  stipulati  per  le  suddette   categorie   di
lavoratori   dalle   organizzazioni   sindacali   interessate».    Le
retribuzioni  risultanti  sono  tali  dalla  data  di  stipula  della
contrattazione e tali rimangono per l'intero periodo di  vigenza  del
contratto  cui  si  riferiscono:  ben  possono  essere   «determinati
annualmente.... ..... sulla base delle  retribuzioni  risultanti  dai
contratti collettivi di lavoro», dalla data di stipula degli stessi. 
    Neppure e' di ostacolo a siffatta interpretazione la  circostanza
che potrebbe esservi una vacanza  contrattuale  piu'  o  meno  lunga,
considerata la ultra attivita' della contrattazione che determina che
al 1° gennaio dell'anno in cui il  contratto  venga  a  scadere,  sia
ultra attivo questo, fino alla stipula del nuovo. Conclusivamente  al
1° gennaio di ciascun anno e' possibile rilevare la retribuzione  del
30 ottobre successivo sulla scorta del CCNL vigente o «naturalmente»,
perche' non scaduto, o in forza della sua  ultra  attivita'.  Invero,
proprio perche' si devono rilevare le retribuzioni da porre come base
di calcolo dei contributi da accreditare  e  pagare,  la  rilevazione
delle retribuzioni medie che saranno  in  vigore  al  30  ottobre  di
ciascun anno dovrebbe essere effettuata appena possibile, considerato
che il «rilevamento» in alcuni  casi  e'  consentito  addirittura  da
oltre tre anni. 
    Nulla prova il punto 8 della Sentenza in esame che e' assiomatico
(«se  cosi'  non  fosse  il  sistema  non   sarebbe   in   grado   di
funzionare....... non vi sarebbe la  possibilita'  di  effettuare  il
rilevamento sulla base di un parametro non ancora rilevato,  come  la
media delle retribuzioni contrattuali dell'anno in  corso....  vi  e'
quindi simmetria  tra  pensioni  e  contributi  da  versare.....  non
sarebbe possibile differenziare....... condurrebbe sicuramente ad uno
squilibrio economico»), perche' da un lato la mancata rilevazione del
parametro e' una attivita' non espletata  per  ragioni,  come  detto,
a-giuridiche e dall'altro che la divergenza  potrebbe  essere  insita
nel sistema, considerato che lo scostamento e' limitato.  Inoltre  ad
avviso di questo giudicante non vi e' alcuna divergenza giuridica, ma
la stessa e' il frutto di una mera mancata ed ingiustificata verifica
tempestiva del disposto dei contratti e di effettuazione della  media
delle retribuzioni ivi stabilite (detta terminologia ad avviso  dello
scrivente meglio si adatta alla attivita' da  effettuare  rispetto  a
«rilevazione» che evoca una attivita' di chissa' quale  complessita',
non evincibile in concreto). 
    Quanto al punto 9 della Sentenza della  Corte  di  cassazione  n.
2531/2009, deve semplicemente osservarsi che non  sarebbe  necessaria
una liquidazione provvisoria ove le retribuzioni, la cui  vigenza  e'
pattuita sin dalla data  di  firma  della  contrattazione,  venissero
indicate tempestivamente dal Ministero del lavoro e della  previdenza
sociale. 
    Sulla scora di  queste  argomentazioni  e  sostanzialmente  della
applicabilita' alla fattispecie de qua dell'art.  28  del  d.P.R.  n.
488/1968  le  questioni  sono   state   accolte.   La   c.d.   «legge
interpretativa», della cui legittimita' costituzionale questo giudice
dubita,  ha  modificato  la  norma  di  riferimento,  con   efficacia
retroattiva, quindi applicabile alle controversie di  cui  e'  causa.
Infatti nel prevedere che il terzo comma dell'art. 3  della  legge  8
agosto 1972, n. 457, si interpreta  nel  senso  che  il  termine  ivi
previsto del 30  ottobre  per  la  rilevazione  della  media  tra  le
retribuzioni  per  le  diverse  qualifiche  previste  dai   contratti
collettivi provinciali di lavoro ai fini della  determinazione  della
retribuzione media convenzionale da porre a base per  le  prestazioni
pensionistiche, impone di ritenere  applicabile  non  l'art.  28  del
d.P.R. n. 488/1968, ma il terzo  comma  dell'art.  3  della  legge  8
agosto 1972, n. 457, come interpretato: detta disposizione impone  il
rigetto della domanda poiche' il  secondo  comma  dell'art.  3  della
legge 8 agosto 1972, n.  457  si  riferisce  alle  retribuzioni  come
rilevate l'anno precedente (media  della  retribuzione  prevista  per
ciascuna qualifica dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30
ottobre dell'anno precedente), ovvero come accreditate dall'INPS. 
Non manifesta infondatezza. 
    Quanto alla non  manifesta  infondatezza  deve  rilevarsi  quanto
segue. 
    Non vi  era  contrasto  interpretativo  circa  il  fatto  che  la
disposizione   interpretata   disciplinasse   solo   le   prestazioni
temporanee  in  agricoltura  e  non   l'accredito   contributivo   e,
conseguenzialmente, la misura della pensione  (Corte  di  cassazione,
sez. Lavoro, Sent. nn. 2377/07, 2378/07, 2643/07, 3212/07, 3472/07  e
nn. 2531/09, 2596/09, 4355/09). In particolare il primo  orientamento
ha rafforzato la opzione  interpretativa  a  favore  dei  pensionati,
anche  alla  luce  della  disposizione  poi   oggetto   di   asserita
interpretazione autentica, ma la circostanza che la legge n. 257  del
1972,  art.  3  si  riferisce  solo  al  calcolo  delle   prestazioni
temporanee, costituisce argomento ultroneo, autonomo ed  indipendente
(La tesi e' fondata, in considerazione di una pluralita' di  ragioni,
che pur partendo da diversi  presupposti  interpretativi,  convergono
tutte in tal senso. In primo luogo, la legge n. 257 del 1972, art.  3
si presta ad una duplice interpretazione: o nel  senso  che  esso  si
riferisca solo al calcolo delle prestazioni temporanee  (come  sembra
piu' corretto), ovvero nel senso  che  esso  si  riferisca  anche  al
calcolo della pensione. Con la prima opzione, ritenendo che  esso  si
riferisce  esclusivamente  ai   criteri   di   determinazione   della
retribuzione ai fini della indennita' di malattia, di maternita' e di
disoccupazione, dovrebbe concludersi che invece nulla e' cambiato per
il calcolo della pensione: la retribuzione  pensionabile  di  ciascun
anno si conferma quella di cui al d.P.R. n. 488 del  1968,  art.  28,
derivante dal  calcolo  delle  «retribuzioni  medie  da  determinarsi
annualmente  per  provincia»;  occorre  quindi  prendere  come   base
pensionabile la media delle retribuzioni rilevate per ciascun anno  e
quindi,  se  i  decreti  ministeriali  registrano  la   media   delle
retribuzioni dell'anno precedente alla  loro  emanazione,  occorrera'
prendere a base le medie di cui  al  decreto  ministeriale  dell'anno
successivo). 
    Detta  tesi  e'  assolutamente  riscontrata  anche  dal   secondo
orientamento (contrario agli istanti (cfr. in particolare punti 6 e 7
della Sentenza n. 2531/09: Si sottolinea  con  il  ricorso  di  primo
grado che, se questo e' il sistema, la retribuzione  pensionabile  da
prendere  in  considerazione  e'  si  quella  fissata   nei   decreti
ministeriali emanati ai sensi del d.P.R. n. 488 del  1968,  art.  28,
ma, per ogni  anno,  dovrebbe  farsi  riferimento  al  salario  medio
convenzionale risultante - non  gia'  del  decreto  emanato  in  quel
medesimo  anno,   perche'   questo   determina   il   salario   medio
convenzionale dell'anno precedente  -  ma  a  quello  risultante  dal
decreto ministeriale emanato nell'anno successivo,  perche'  solo  in
tal  modo  vi  sarebbe  la  corrispondenza,  per  ciascun  anno,  tra
retribuzione pensionabile e retribuzione riferita al lavoro prestato.
La tesi non e' condivisibile.  7.  Ed  infatti  il  d.P.R.  del  1968
rimanda  direttamente,  per  la  determinazione  della   retribuzione
pensionabile, ai decreti ministeriali, i quali, inevitabilmente,  non
possono che rilevare le medie sulla base delle  retribuzioni  fissate
dai contratti collettivi  provinciali  dell'anno  precedente.  Vi  e'
quindi sicuramente una discrasia tra i  dati  del  decreto  e  quelli
concernenti i dati retributivi provinciali,  ma  detta  discrasia  e'
insita nel sistema e quindi la sua legittimita'  e'  presupposta.  Se
non  e'  possibile  determinare,   con   sufficiente   precisione   e
semplicita' di calcolo, la retribuzione pensionabile  sulla  base  di
quella effettivamente percepita o comunque dovuta -  perche'  non  lo
consente la  frammentazione  dei  rapporti  di  lavoro  degli  operai
agricoli a tempo determinato, che  non  percepiscono,  nel  corso  di
ciascun  anno,  retribuzioni  in  misura  costante  -  e'  giocoforza
ricorrere ad un sistema di conteggio in  qualche  modo  forfetizzato,
che pero', al pari di  quanto  avviene  per  le  altre  categorie  di
lavoratori, sia commisurato  alle  retribuzioni  spettanti  e  quindi
percepite, dal momento che il parametro da usare e' pur sempre quello
determinato   dalla   contrattazione   collettiva   provinciale.   La
impossibilita' di adottare un sistema di conteggio diverso giustifica
invero la discrasia che sopra si e' rilevata tra il decreto e  l'anno
cui si riferisce la contrattazione collettiva provinciale). 
    Ne deriva che il legislatore ha interpretato  autenticamente  una
disposizione in relazione alla quale non sussisteva  alcun  contrasto
interpretativo   circa   la   sua    inapplicabilita'    al    regime
pensionistico/contributivo: non vi era  alcun  dubbio  interpretativo
circa il fatto che la disposizione poi interpretata  non  riguardasse
la materia de qua. 
    Il legislatore di contro, con norma asseritamente interpretativa,
ha esteso l'ambito di operativita' dell'art. 3, comma 3, della  legge
n. 457/1970, cosi' innovando, con efficacia retroattiva,  al  sistema
normativo   preesistente,   che   vedeva   l'accredito   contributivo
disciplinato esclusivamente dall'art.  28  del  d.P.R.  n.  488/1968,
incidendo direttamente su crediti pensionistici gia'  nel  patrimonio
degli istanti. Ne deriva che la disposizione in esame appare  violare
numerose disposizioni della Costituzione, quali gli artt. 3, 38,  53,
111 e 117. 
Art. 3 della Costituzione. 
    Appaiono esservi dubbi di legittimita' costituzionale  in  ordine
agli art. 3 della Costituzione apparendo la  disposizione  sospettata
irragionevole ed in evidente contrasto con lo scopo manifestato. 
    Sul  punto  deve  darsi  atto  che  il   legislatore,   con   una
disposizione asseritamente interpretativa, ha esteso  la  portata  di
una disposizione normativa,  per  quanto  gia'  detto,  pacificamente
inapplicabile alla fattispecie, al fine di non adeguare  le  pensioni
degli operai agricoli a tempo determinato, cosi' evitando la condanna
in un contenzioso seriale. Lo scopo reale della  disposizione  appare
ancor  piu'  evidente,   ove   si   osservi   che   la   disposizione
interpretativa  avrebbe  dovuto   operare   sull'unica   disposizione
disciplinante la materia, il predetto art. 28 del d.P.R. n. 488/1968.
In tal modo il legislatore non si  sarebbe  pero'  sottratto  ad  una
chiara  censura  sub  specie  di  violazione   dell'art.   76   della
Costituzione, visti gli evidenti limiti  della  delega  sulla  scorta
della quale e' stato adottato il  d.P.R.  (art.  39  della  legge  21
luglio 1965, n. 903). L'art. 2, comma  5,  della  legge  23  dicembre
2009, n. 191 doveva quindi necessariamente operare  sul  terzo  comma
dell'art. 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457, al fine di raggiungere
lo scopo di evitare possibili condanne e sottrarsi a  detta  censura.
Appare  quindi  evidente  il  sospetto  di   irragionevolezza   della
disposizione. Invero la irragionevolezza appare ancora piu' grave ove
si osservi che in realta' la  disposizione  in  esame  determina  una
discriminazione basata sulle condizioni  sociali  degli  istanti.  E'
fatto notorio che i braccianti agricoli solitamente provengono  dalle
categoria socialmente ed economicamente piu'  basse  della  societa':
considerato che solo per detta categoria di lavoratori si valuta,  al
fine della determinazione della  base  pensionabile,  il  piu'  basso
salario dell'anno precedente, appare evidente una discriminazione  in
sfavore di categorie deboli. 
Artt. 111 e 117, comma 1, della Costituzione. 
    Sotto altro profilo sussistono dubbi di un contrasto diretto  con
l'art.  117  della  Costituzione,  per  violazione   degli   obblighi
internazionali ed in particolare dell'art 6 della Convenzione per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
firmata a Roma il 4 novembre 1950 (infra  CEDU),  ratificata  e  resa
esecutiva con la legge n. 848/1955. Infatti, con riferimento  all'art
6  CEDU,  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  ha   costantemente
affermato (Corte europea dei diritti dell'uomo quinta Sezione  UNEDIC
c. Francia, ricorso n. 20153/2004, Sentenza 18 dicembre 2008) che se,
in principio, al potere legislativo non e' impedito regolamentare  in
materia civile, con  nuove  disposizioni  a  portata  retroattiva,  i
diritti derivanti da leggi in vigore, il principio  della  prevalenza
del diritto e la  nozione  del  processo  equo  sanciti  dall'art.  6
vengono si oppongono, salvo che nel  caso  di  motivi  imperativi  di
interesse   generale,   all'ingerenza    del    potere    legislativo
nell'amministrazione nella giustizia allo  scopo  di  influire  sulla
conclusione giudiziaria della causa (sentenze Raffinerie greche Stran
e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994,  §  49,  serie  A  n.
301-B,  National  &  Provincial  Building  Society,  Leeds  Permanent
Building Society e Yorkshire Building  Society  c.  Regno  Unito,  23
ottobre 1997, § 112, Raccolta delle sentenze e decisioni  1997-VIL  e
Zielinski e Pradal e Gonzalez et c. Francia [GC], nn. 24846/94  e  da
34165/96 a 34173/96, § 57, CEDH 1999-VIL). 
    Nel caso di specie non appaiono sussistere motivi  imperativi  di
interesse   generale,   all'ingerenza    del    potere    legislativo
nell'amministrazione nella giustizia allo  scopo  di  influire  sulla
conclusione  giudiziaria  della  presente  causa,  gia'  pendente  al
momento   della    adozione    della    disposizione    asseritamente
interpretativa: l'unico motivo espressamente paventato, che invero in
ogni caso non appare imperativo, come detto non sussiste. 
    Inoltre, detta disposizione appare porsi in contrasto  anche  con
l'art. 111, primo e secondo  comma,  Cost.,  interpretato  alla  luce
dell'art. 6 della CEDU (Corte costituzionale,  sentenza  n.  505  del
1995, ordinanza n. 305 del 2001, sentenza n. 231 del  2004),  poiche'
la previsione della sua applicabilita' ai giudizi in corso  viola  il
principio del giusto processo, in particolare sotto il profilo  della
parita'  delle  parti,  da  ritenersi  leso  da  un  intervento   del
legislatore diretto ad  imporre  una  determinata  soluzione  ad  una
circoscritta e specifica categoria di controversie. 
    Questo giudice conosce l'orientamento della Corte  costituzionale
in merito ai  limiti  della  ingerenza  del  potere  legislativo  con
riferimento agli artt. 24 della  Costituzione,  ma  ritiene  che  non
siano conferenti alla ratio  della  presente  remissione,  in  quanto
fondata anche sull'art. 117  della  Costituzione  in  relazione  alla
portata precettiva della Convenzione europea dei  diritti  dell'uomo,
come interpretata dalla preposta Corte di  Strasburgo  (nello  stesso
senso Corte costituzionale, Sentenza n. 349/07). 
    Ancora sussiste possibile violazione dell'art 117, comma 1  della
Costituzione  per  violazione  dell'art.  14  della  CEDU  che  vieta
discriminazioni per l'origine sociale e per la ricchezza  nell'ambito
di  applicazione  della  convenzione.   Si   verte   nell'ambito   di
applicazione  della  convenzione  ed  in  particolare,  come   visto,
dell'art. 6. La disposizione sospettata interviene nei  confronti  di
(contro) una sola categoria di soggetti che si  caratterizza  in  via
generale (fatto notorio) per appartenere  a  settori  della  societa'
socialmente (per estrazione sociale e  culturale)  ed  economicamente
deboli. Gli stessi sono peraltro  addirittura  lavoratori  dipendenti
precari, con contratti di lavoro  non  stabili  ed  anzi  stagionali,
quindi  in   situazione   di   sfavore   da   un   punto   di   vista
economico/lavorativo rispetto ad ogni altra categoria  di  lavoratori
(precari con retribuzioni tra le piu' basse riscontrabili).  Ai  fini
dell'art. 14, una  differenza  di  trattamento  tra  persone  che  si
trovano in situazioni analoghe o molto simili e'  discriminatoria  se
non ha una giustificazione oggettiva  e  ragionevole,  cioe'  se  non
persegue uno scopo legittimo o se non esiste un ragionevole legame di
proporzionalita' tra i mezzi impiegati e  l'obiettivo  che  si  vuole
realizzare  (Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  quarta  sezione
ricorso n. 23800/06 John Shelley contro il Regno Unito). Nel caso che
interessa appare una possibile doppia discriminazione: da un  lato  i
precari della agricoltura rispetto al resto del precariato, che  vede
la  propria  contribuzione  correlata  alla  retribuzione  reale,  e,
dall'altro,  gli  operai  agricoli  rispetto  agli  altri  lavoratori
dipendenti,  che  vedono  le  loro   contribuzioni   correlate   alla
retribuzione reale (la contribuzione  e'  versata  sulla  base  della
retribuzione reale ex art. 12, legge  n.  153/1969;  la  pensione  e'
calcolata sulla base dei contributi versati  e/o  della  retribuzione
percepita, ex legge n. 355/1995) e non a quello del'anno antecedente:
ne deriva un possibile contrasto con l'art. 117 della Costituzione. 
Artt. 3, 38 e 53 della Costituzione. 
    Ancora appaiono esservi dubbi di legittimita'  costituzionale  in
ordine agli artt. 3,  38,  comma  2,  e  53  della  Costituzione.  La
sentenza conclusiva dei procedimenti di cui e' causa e'  sentenza  di
condanna che accerta un credito gia' nel patrimonio  giuridico  degli
istanti   e   conseguenzialmente,   eventualmente,   condanna   parte
convenuta. Cosi' posta la questione, e' evidente che la  disposizione
sospettata  incide  su  un  rapporto  di  credito/debito.   L'effetto
determinato dall'art. 2, comma 5, della legge 23  dicembre  2009,  n.
191 e' quindi quello  di  determinare  l'estinzione  del  diritto  di
credito del pensionato anche alle differenze dei  ratei  di  pensione
infratemporalmente maturati. A fronte di cio' l'estinzione del debito
in forza di disposizione legislativa. 
    La  disposizione  in   esame   priva   una   parte,   ovvero   il
pensionato/assistito, anche di parte  della  pensione  gia'  maturata
(differenze nei ratei), con violazione degli artt. 3 e 38,  comma  2,
della  Costituzione,  avendo  il  legislatore,  con  la  disposizione
sospettata, previsto l'elisione di questo diritto, gia' presente  nel
patrimonio delle posizioni giuridiche degli istanti,  in  assenza  di
apprezzabile  giustificazione,  essendo  quella   esplicitata   dalla
disposizione  in  esame,  ovvero  l'interpretazione  di  disposizione
normativa, inesistente. 
    La Carta costituzionale prevede poche e circoscritte  ipotesi  in
cui una persona possa essere privata di diritti, ovvero  obbligata  a
prestazioni e cio' sempre in favore dello Stato (art. 53, obbligo  di
concorrere alle spese pubbliche), ovvero anche di privati (artt. 42 e
43), ma sempre a fronte di specifici motivi d'interesse generale. Nel
caso di specie invece  la  disposizione  in  esame,  per  determinati
soggetti,  in  condizioni  deboli  (pensionati  con  redditi  minimi,
trattandosi di  pensioni  agricole)  ha  previsto  che  questi  siano
privati di diritti gia' entrati nel loro patrimonio. 
    Si tratta  quindi  di  una  disposizione  latu  sensu  ablatoria,
adottata al di fuori delle ipotesi previste dalla  Costituzione,  che
impone un sacrificio ad una sola categoria di  soggetti,  deboli,  in
favore dell'INPS. L'effetto e' quindi quello di una disposizione  con
efficacia retroattiva che viola un fondamentale  valore  di  civilta'
giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui  il  legislatore
deve, in linea di  principio,  attenersi,  che,  pur  non  elevato  a
dignita' costituzionale,  salva  la  previsione  dell'art.  25  Cost.
relativo alla  materia  penale,  consente  al  legislatore  ordinario
emanare  norme   retroattive   solo   ove   esse   trovino   adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza e non  si  pongano  in
contrasto con altri valori e  interessi  costituzionalmente  protetti
cosi' da incidere arbitrariamente sulle situazioni sostanziali  poste
in essere da leggi precedenti (Corte costituzionale, sent. n. 229 del
1999, 432 del 1997, 153 e 6 del 1994, 283 del 1993, 419 del 2000). 
    Tanto premesso gli atti vanno rimessi al Giudice delle leggi  per
le sue valutazioni in merito. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara
rilevante e non manifestamente  infondata,  nei  termini  di  cui  in
motivazione, la questione di costituzionalita' dell'art. 2, comma  5,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 per violazione  degli  artt.  3,
38, 53, 111 e 117 della Costituzione. 
    Sospende il giudizio in corso e  dispone  la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
Consiglio dei ministri ed alle parti in causa. 
        Cosi' deciso in Rossano il 25 marzo 2010. 
 
                         Il Giudice: Coppola