N. 390 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2010
Ordinanza del 16 luglio 2010 emessa dal Tribunale di Palermo nel pocedimento civile promosso da Porrovecchio Luisa contro Federico Giuseppe ed altri. Consiglio regionale - Norme della Regione Siciliana - Deputato dell'Assemblea regionale - Incompatibilita' con la carica sopravvenuta di Presidente o Assessore della Provincia regionale - Mancata previsione - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio del libero esercizio delle cariche elettive - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29, come modificata dalla legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2007, n. 22, art. 10-sexies, comma 1-bis, introdotto dall'art. 1 della legge della Regione Siciliana 7 luglio 2009, n. 8. - Costituzione, artt. 3, 51 e 97; Statuto della Regione Siciliana, art. 9 (come modificato dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2). Consiglio regionale - Norme della Regione Siciliana - Incompatibilita' alla carica di deputato regionale - Previsione che, ove l'incompatibilita' sia accertata in sede giudiziale, il termine di dieci giorni per esercitare il diritto di opzione decorra dal passaggio in giudicato della sentenza - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio del libero esercizio delle cariche elettive - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge della Regione Siciliana 7 luglio 2009, n. 8, art. 1. - Costituzione, artt. 3, 51 e 97; Statuto della Regione Siciliana, art. 9 (come modificato dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2).(GU n.52 del 29-12-2010 )
IL TRIBUNALE Nel procedimento n. 7142/2010 RG alla pubblica udienza del 16 luglio 2010 ha emesso la seguente ordinanza. Con ricorso depositato in data 24 maggio 2010, Porrovecchio Luisa ha chiesto venisse accertata la sopravvenuta incompatibilita' di Giuseppe Federico alla carica di deputato regionale, con consequenziale decadenza dello stesso e proclamazione in sua sostituzione di Rossana Interlandi, prima dei non eletti. La ricorrente, elettrice nel collegio della Provincia di Caltanissetta, rilevava come alle elezioni regionali del 13 e 14 aprile 2008 nel collegio provinciale di Caltanissetta e' stata presentata la lista dell'MPA all'interno della quale il piu' votato e' risultato Giuseppe Federico, proclamato eletto, mentre Rossana Interlandi e' risultata prima dei non eletti. Successivamente in data 15 e 16 giugno 2008 si sono svolte le elezioni amministrative per il rinnovo degli organi elettivi della Provincia regionale di Caltanissetta, all'esito delle quali e' stato proclamato eletto alla carica di Presidente Giuseppe Federico, carica tutt'ora ricoperta. La ricorrente sosteneva che la nomina alla carica di Presidente della provincia regionale di Caltanissetta rilevava quale sopravvenuta causa di incompatibilita' che doveva essere rimossa entro il termine di trenta giorni decorrenti dall'inizio dell'esercizio delle funzioni di presidente o dalla notifica del ricorso, a pena di decadenza dalla carica di deputato regionale. In particolare, la ricorrente deduceva come la sussistenza della sopravvenuta causa di incompatibilita' derivava dalla l.r. n. 29/1951, come modificata dalla l.r. n. 22/2007, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 143/2010. Anteriormente alle modifiche introdotte con la l.r. n. 22/2007, la l.r. n. 29/1951 prevedeva all'art. 8, comma 1, alinea 4, che fossero ineleggibili alla carica di deputato regionale «i sindaci e gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 40 mila abitanti o che siano capoluoghi di Provincia regionale o sedi delle attuali amministrazioni straordinarie delle province, nonche' i presidenti e gli assessori di dette amministrazioni». Il comma 3 dell'art. 62 della medesima legge prevedeva che «l'ufficio di deputato regionale e' incompatibile con gli uffici e con gli impieghi» indicati - tra l'altro - nel comma 1 dell'art. 8. La legge regionale n. 22 del 2007 ha modificato le cause di ineleggibilita' previste dall'art. 8 della legge reg. n. 29 del 1951 e ha introdotto un capo capo III concernente specificamente la disciplina delle incompatibilita', mentre ha fatto venir meno il precedente parallelismo tra ipotesi di ineleggibilita' e di incompatibilita', avendo abrogato, tramite l'art. 1, comma 6, lettera a), l'art. 62 della legge regionale n. 29 del 1951. Pertanto, a seguito della modifica di cui alla l.r. n. 22/2007,sono ineleggibili a deputato regionale: «a) i presidenti e gli assessori delle province regionali; b) i sindaci e gli assessori dei comuni, compresi nel territorio della regione, con popolazione superiore a 20 mila abitanti, secondo i dati ufficiali dell'ultimo censimento generale della popolazione». Essendo stato abrogato l'art. 62, la successiva assunzione di questi incarichi amministrativi locali da parte di un deputato regionale non comporta piu' incompatibilita'. La Corte costituzionale con la sentenza n. 143/2010 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 29/1951 - cosi' come modificata dalla l.r. n. 22/2007 -, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' tra l'ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco o assessore di un comune, compreso nel territorio della regione, con popolazione superiore a ventimila abitanti. La ricorrente prospetta una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale normativa alla luce della sentenza n. 143/2010 nel senso di ritenere l'incompatibilita' tra l'ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di Presidente o assessore della provincia regionale. La possibilita' sostenuta dalla ricorrente di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma non pare possibile alla luce del divieto di interpretare in modo estensivo le cause di ineleggibilita' e incompatibilita'. Infatti la pronuncia di illegittimita' della Corte costituzionale e' circoscritta alla incompatibilita' tra l'ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco o assessore comunale - di un comune compreso nel territorio regionale con popolazione superiore a ventimila abitanti -, non consentendo il principio di stretta interpretazione di equiparare la posizione del Presidente o assessore della provincia regionale a quella di sindaco o assessore comunale. Va pertanto sollevata la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale n. 29 del 1951, cosi' come modificata dalla legge regionale n. 22 del 2007, alla luce della sentenza n. 143/2010 della Corte costituzionale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' tra l'ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di Presidente o assessore della provincia regionale. Tale questione e' rilevante ai fini del giudizio, in quanto l'eventuale accoglimento della censura determinerebbe una diversa valutazione del ricorso. La questione di legittimita' costituzionale della predetta legge non e' manifestamente infondata in relazione gli art. 3, 51, 97 e dell'art. 9 dello statuto della Regione Siciliana come modificato dalla legge costituzionale n. 2/2001; Innanzitutto, alla luce del quadro normativo risultante dalla sentenza n. 143/2010 della Corte costituzionale e' ravvisabile una manifesta violazione dell'art. 3 Cost., atteso che, a fronte di cause di ineleggibilita' che presentano la medesima ratio, sostanziando ipotesi di potenziale conflitto tra le funzioni di deputato regionale e l'espletamento di altre cariche elettive - conflitto tale da compromettere il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione nonche' il libero esercizio della carica, come sottolineato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza - mentre l'ineleggibilita' sopravvenuta alla carica di sindaco (o di assessore dei comuni, compresi nel territorio della regione, con popolazione superiore a 20 mila abitanti) sostanzia un'ipotesi di incompatibilita', tale conseguenza non sussiste nell'ipotesi di sopravvenuta elezione a Presidente della provincia regionale o assessore. Inoltre la questione e' non manifestamente infondata alla luce di quei medesimi rilievi che hanno portato alla dichiarazione di incostituzionalita' della normativa siciliana relativamente al sindaco. In particolare come e' stato osservato nella citata sentenza, se la Regione Siciliana non puo' incontrare, nell'esercizio della propria potesta' legislativa primaria, limiti eguali a quelli che, ai sensi dell'art. 122 Cost., si impongono alle regioni a statuto ordinario - cio' di cui si ha conferma nell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - nel contempo la suddetta regione non potra' pero' sottrarsi, se non laddove ricorrano «condizioni peculiari locali», all'applicazione dei principi enunciati dalla L. n. 165 del 2004 che siano espressivi dell'esigenza indefettibile di uniformita' imposta dagli artt. 3 e 51 Cost. Tra tali principi, assume, secondo la Corte, rilievo il vincolo di configurare, a certe condizioni, le ineleggibilita' sopravvenute come cause di incompatibilita'. L'art. 2, comma 1, lettera c) della L. n. 165 del 2004 stabilisce che debba applicarsi la disciplina delle incompatibilita' alle cause di ineleggibilita' sopravvenute alle elezioni, «qualora ricorrano» casi di conflitto fra le funzioni dei consiglieri regionali «e altre situazioni o cariche, comprese quelle elettive, suscettibili, anche in relazione a peculiari condizioni delle regioni, di compromettere il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione ovvero il libero espletamento della carica elettiva» (artt. 2, comma 1, lettera c), e 3, comma 1, lettera a), di detta legge). La Corte ha quindi osservato come cio' che emerge dalla legislazione nazionale relativa alle regioni ordinarie e', dunque, la previsione del parallelismo tra le cause di incompatibilita' e le cause di ineleggibilita' sopravvenute, con riguardo all'esigenza, indicata dalla legge, di preservare la liberta' nell'esercizio della carica di consigliere, o comunque i principi espressi dall'art. 97 Cost. con riguardo all'operato della pubblica amministrazione: non si tratta, pertanto, di applicare un principio fondamentale - tipico di una materia legislativa ripartita - ad una regione dotata di potesta' legislativa primaria, ma di dedurre, anche dalla ripetizione nella L. n. 165 del 2004 del principio secondo cui il consigliere regionale non puo' assumere durante il proprio mandato alcuni uffici che gli avrebbero precluso la eleggibilita', l'esistenza di una situazione contrastante con gli artt. 3 e 51 Cost. Pertanto, sempre secondo la Corte, la Regione Siciliana e' tenuta a prevedere come causa di incompatibilita' la sopravvenienza di una ipotesi gia' costituente ragione di ineleggibilita', ove sussista la condizione prevista dall'art. 3, comma 1, lettera a), della L. n. 165 del 2004. Il cumulo tra l'ufficio regionale e quello di Presidente o assessore provinciale e' contrario all'art. 97 Cost.: sussiste un divieto di cumulo di cariche ove cio' si ripercuota negativamente sull'efficienza e imparzialita' delle funzioni trovando tale principio fondamento costituzionale nell'art. 97 Cost. La Corte ha anche chiarito che dopo la riforma dell'art. 122 Cost. se le regioni possono operare scelte diverse nello svolgimento del principio in questione, nel senso di introdurre anche temperamenti alla radicale esclusione del cumulo tra le due cariche, tale potere discrezionale trova un limite nella necessita' di assicurare il rispetto del principio di divieto del cumulo delle funzioni, con la conseguente incostituzionalita' di previsioni che ne rappresentino una sostanziale elusione E' poi non manifestamente infondata anche la questione di legittimita' costituzionale posta da parte della ricorrente relativamente all'art. 10-sexies, comma 1, della l.r. n. 29/1951, come modificato dalla l.r. n. 8/2009. Anche in questo caso la questione e' rilevante ai fini del presente giudizio, attenendo all'individuazione del termine entro cui esercitare l'opzione nel caso di sopravvenuta incompatibilita', avendo quindi diretta refluenza ai fini della decisione. L'art. 10-sexies della l.r. n. 29/1951, come modificato dalla l.r. n. 22/2007 prevedeva che «I deputati regionali per i quali esista o si determini, nel corso del mandato, qualcuna delle incompatibilita' previste nella Costituzione, nello statuto e negli articoli del presente Capo debbono, nel termine di trenta giorni dall'insediamento o, nel caso di incompatibilita' sopravvenuta, dall'inizio dell'esercizio delle funzioni, optare fra le cariche che ricoprono ed il mandato ricevuto, determinando la cessazione dell'incompatibilita' stessa. Scaduto tale termine senza che l'opzione sia stata esercitata, s'intendono decaduti dalla carica di deputato». L'art. 1 del citato art. 10-sexies e' stato sostituito dalla l.r. n. 8/2009 nei seguenti termini: «I ricorsi o i reclami relativi a cause di ineleggibilita' o di incompatibilita', ove presentati all'assemblea, sono decisi secondo le norme del suo regolamento interno. 1-bis. Nel caso in cui venga accertata l'incompatibilita', dalla definitiva deliberazione adottata dall'assemblea, decorre il termine di dieci giorni entro il quale l'eletto deve esercitare il diritto di opzione a pena di decadenza. Ove l'incompatibilita' sia accertata in sede giudiziale, il termine di dieci giorni per esercitare il diritto di opzione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza. 1-ter. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 1-bis si applicano anche ai giudizi in materia di incompatibilita' in corso al momento di entrata in vigore della presente L. e non ancora definiti con sentenza passata in giudicato». La questione di legittimita' costituzionale relativa a quest'ultima disposizione nella parte in cui prevede un termine di dieci giorni per esercitare il diritto di opzione decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta l'incompatibilita' non pare manifestamente infondata in relazione ai parametri invocati dal ricorrente e specificamente gli art. 3, 51, 97 e dell'art. 9 dello statuto della Regione Siciliana come modificato dalla legge costituzionale n. 2/2001. In particolare, va tenuto conto del fatto che, come e' stato osservato da parte della Corte costituzionale n. 143/2010, se la Regione Siciliana non puo' incontrare, nell'esercizio della propria potesta' legislativa primaria, limiti eguali a quelli che, ai sensi dell'art. 122 Cost., si impongono alle regioni a statuto ordinario - cio' di cui si ha conferma nell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - nel contempo la suddetta regione non potra' pero' sottrarsi, se non laddove ricorrano «condizioni peculiari locali», all'applicazione dei principi enunciati dalla L. n. 165 del 2004 che siano espressivi dell'esigenza indefettibile di uniformita' imposta dagli artt. 3 e 51 Cost. Tra i principi enunciati dalla L. n. 165/2004, l'art. 3, comma 1, lett. g) prevede la «fissazione di un termine dall'accertamento della causa di incompatibilita', non superiore a trenta giorni, entro il quale, a pena di decadenza dalla carica, deve essere esercitata l'opzione o deve cessare la causa che determina l'incompatibilita', ferma restando la tutela del diritto dell'eletto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato». Rilevato che l'ordinamento statale fissa il termine di dieci giorni dalla notifica del ricorso per esercitare l'opzione (art. 7, comma 5, della L. n. 154/1981, come modificata dalla L. n. 265/1999), e' da ricordare come la Corte cost. n. 160/1997 nell'affrontare la questione di legittimita' dell'art.9 bis del d.P.R. n. 570/1960, che prevede la decadenza della qualita' di consigliere in situazione di incompatibilita' senza riconoscimento della facolta' di rimuovere utilmente la causa di incompatibilita', ha osservato come, ferma la concorrenza dei due meccanismi (quello previsto dall'art. 7 della L. n. 154 del 1981 e l'azione diretta al tribunale, contemplata dall'art. 9-bis del d.P.R. n. 570 del 1960), gli artt. 3 e 51 impongano di temperare l'eccessiva severita' del sistema attuale, quale risulta definito dalla giurisprudenza, assicurando la proporzione tra fini perseguiti e mezzi prescelti; bisogna dunque consentire di rimuovere la causa d'incompatibilita' entro un termine ragionevolmente breve, dopo la notifica del ricorso di cui all'art. 9-bis, per assicurare un equilibrio fra la ratio giustificativa della incompatibilita' e la salvaguardia del diritto di elettorato passivo, senza pregiudizio di un futuro intervento del Parlamento e di un'evoluzione giurisprudenziale che diano compiuta razionalita' al sistema. Come si e' osservato la L. n. 165/2004 individua quale principio dell'ordinamento - da applicare nella Regione Siciliana ai sensi dell'art. 9 dello statuto della Regione Siciliana come modificato dalla L. costituzionale n. 2/2001 - la previsione di un termine non superiore a trenta giorni dall'accertamento per l'esercizio dell'opzione, e tale principio va rispettato anche dalla Regione Siciliana per quanto osservato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 143/2010. Precisato che la Corte costituzionale ha rilevato come gli art. 51 e 97 Cost. - nonche' l'art. 3 - impongono un equilibrio tra la ratto giustificativa dell'incompatibilita' e la salvaguardia del diritto di elettorato passivo, equilibrio che si deve sostanziare in un termine ragionevolmente breve entro cui esercitare il diritto di opzione, non pare manifestamente infondata la prospettata questione di legittimita' costituzionale sotto il profilo della violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost. potendo sostanziare la previsione di un termine per l'esercizio del diritto di opzione decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato l'incompatibilita' un termine irragionevolmente lungo, stante i necessari tempi per il passaggio in giudicato dell'accertamento, e tale da determinare una sostanziale non operativita' della causa di incompatibilita', potendo tale accertamento durare quanto il mandato. In senso contrario non pare rilevante il richiamo all'art. 3, lett. e) della L. n. 165/2004, secondo cui, in relazione all'attribuzione ai Consigli regionali della competenza a decidere sulle cause di incompatibilita' dei propri componenti e del Presidente della giunta eletto a suffragio universale e diretto, l'esercizio delle rispettive funzioni e' comunque garantito fino alla pronuncia definitiva sugli stessi ricorsi. Infatti detta disposizione attiene non al ricorso giurisdizionale bensi' a quello in via amministrativa, risultando i tempi del procedimento amministrativo ben inferiori a quelli dell'accertamento giurisdizionale.
P. Q. M. Sospende il procedimento e dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della legge della Regione Siciliana n. 29 del 1951, cosi' come successivamente modificata ed attualmente vigente, per violazione degli artt. 3, 51, 97, e dell'art. 9 dello statuto della Regione Siciliana come modificato dalla legge costituzionale n. 2/2001, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' fra la carica di deputato dell'assemblea regionale e quella sopravvenuta di presidente o assessore della provincia regionale, nonche' della legge della Regione Siciliana n. 8/2009 per violazione degli artt. 3, 51, 97 Cost. e dell'art. 9 dello statuto della Regione Siciliana come modificato dalla legge costituzionale n. 2/2001, nella parte in cui fa decorrere il termine di dieci giorni per l'esercizio dell'opzione dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta l'incompatibilita'. Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ed al presidente della Regione Siciliana, nonche' la comunicazione dello stesso al presidente dell'assemblea Regionale Siciliana, a cura della cancelleria. Palermo, addi' 16 luglio 2010 Il Presidente: Caccamo