N. 398 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 ottobre 2009
Ordinanza del 19 ottobre 2009 emessa dal Giudice di pace di Sondrio nel procedimento penale a carico di Ali Sherif ed altro.. Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Configurazione della fattispecie come reato - Violazione del principio di ragionevolezza sotto diversi profili, anche sotto il profilo sanzionatorio - Disparita' di trattamento rispetto al reato di indebito trattenimento nel territorio dello Stato di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 - Violazione del principio di uguaglianza e del principio di materialita' del reato - Lesione dei diritti inviolabili dell'uomo - Contrasto con gli obblighi internazionali in materia di trattamento dei migranti. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. - Costituzione, artt. 2, 3, primo comma, 25, comma secondo, e 117, primo comma, in relazione all'art. 5 del Protocollo addizionale della Convenzione Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, ratificata e resa esecutiva dalla legge 16 marzo 2006, n. 146.(GU n.1 del 5-1-2011 )
IL GIUDICE DI PACE DI SONDRIO Visti gli atti del procedimento penale n. 82/09 R.G. G.d.P. (n. 545/09 R. n. e. P.M.). Contro: 1) ALI Sherif, nato a Fayum (Egitto) il 5 giugno 1988, domiciliato in Milano, Via Padova. 2) AWD Salh, nato a Fayum (Egitto) il 1° novembre 1981, domiciliato in Milano, Via Venosta n. 85. Entrambi assistiti e difesi dall'Avv. Marco Del Curto, difensore d'ufficio, del Foro di Sondrio, procuratore domiciliatario; imputati entrambi del reato di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 286/1998, perche' si trattenevano nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione. Reati accertati in Sondrio in data 17 settembre 2009. Osserva 1. L'art. 10-bis del d.lgs. 286/1998, introdotto dell'art. 1, comma 16, della legge 15 luglio 2009 n. 94 ha introdotto nell'ordinamento italiano il nuovo reato contravvenzionale di «ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato», punito con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, che si configura quando lo straniero «fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del presente testo unico nonche' di quelle di cui all'art. 1 della legge 28 maggio 2007 n. 68». Pertanto dall'8 agosto 2009 tutti gli stranieri che varcano i confini dello Stato senza rispettare le norme in materia di ingresso nel territorio italiano ovvero che sono presenti sul territorio nazionale senza essere autorizzati alla permanenza, non saranno piu' destinatari di provvedimenti amministrativi di espulsione o di respingimento, come avveniva prima di tale data, ma saranno denunciati in base alla nuova ipotesi di reato. La criminalizzazione di questo «status» da parte del legislatore appare in contrasto con alcuni fondamentali principi della Carta costituzionale, sicche' non puo' dirsi infondata la questione di costituzionalita' della citata norma sotto vari profili. 2. Violazione dell'art. 3 Costituzione sotto il profilo della irragionevolezza di criminalizzare l'ingresso e la permanenza clandestina nel territorio dello Stato italiano. Sebbene e' riconosciuto al legislatore il potere di regolare la materia dell'immigrazione facendo uso del potere discrezionale che gli e' proprio nell'interesse pubblico e di controllo dei flussi migratori, la sua azione trova limiti nei principi fondamentali del sistema penale stabiliti dalla Costituzione e nell'osservanza di soluzioni ispirate a canoni di ragionevolezza e di razionalita' finalistica. Sotto questo profilo, l'irragionevolezza della nuova fattispecie criminosa resta acclarata dal fatto che con essa si intende perseguire l'allontanamento dal territorio italiano dello straniero irregolare ricorrendo alla sua criminalizzazione. Cio' e' chiaramente desumibile dalle disposizioni accessorie alla fattispecie incriminatrice aventi ad oggetto proprio l'espulsione, come prova la sanzione sostitutiva irrogabile dal Giudice di pace ai sensi dell'art. 16 d.lgs. 286/98, appositamente modificato per comprendervi: a) la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 10-bis, b) la causa di improcedibilita' dell'azione penale in presenza di espulsione dello straniero in via amministrativa e, infine, c) la mancata previsione della necessita' di richiedere il nulla osta dell'Autorita' Giudiziaria per l'esecuzione dell'espulsione in via amministrativa. Pertanto, stante la vera evidente finalita' perseguita dal legislatore con l'introdotta norma penale, la stessa appare priva di una ratio giustificatrice poiche' il sottaciuto obiettivo, quello dell'espulsione dell'extracomunitario, era gia' perseguibile con l'applicazione del disposto dell'art. 13, comma 4, d.lgs. 286/98. Ma la evidenziata irragionevolezza che ammanta la nuova norma penale e' ulteriormente emergente dal complessivo profilo sanzionatorio comprensivo non solo della pena dell'ammenda, ma anche dal divieto di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena per effetto dell'attribuzione della competenza al Giudice di pace ex art. 4, comma 2, lett. s-bis) d.lgs. 274/2000, e dalla facolta' concessa al Giudice onorario di sostituire la pena principale con sostitutiva, quella dell'espulsione dallo Stato, per un periodo non inferiore a cinque anni, che oggettivamente e' piu' grave della sanzione principale. 3. Violazione dell'art. 3 Cost per irragionevole disparita' di trattamento tra il reato di cui all'art. 10-bis e la fattispecie di cui all'art. 14, co. 5-ter, d.lgs. 286/98 in relazione alla punibilita' dello straniero che non ottempera all'ordine di allontanamento del Questore solo ove costui si trattiene sul territorio italiano «oltre il termine stabilito» e «senza giustificato motivo». Nella nuova fattispecie criminosa, introdotta dall'art. 10-bis d.lgs. 286/81, queste due condizione non sono presenti; qui basta che all'interessato viene meno per qualsivoglia motivo il permesso di soggiorno per concretizzarsi la fattispecie criminosa, senza possibilita' alcuna per l'interessato di far valere una qualche causa di giustificazione. 4. Violazione dell'art. 3 e 25, co. 2, Cost. da parte dell'art. 10-bis d.lgs. 286/98 in relazione alla punibilita' collegata a condizioni personali del soggetto attivo anziche' su fatti e comportamenti riconducibili alla volonta' dello stesso. La nuova fattispecie criminosa introdotta con l'art. 10-bis colpisce una mera condizione personale dello straniero: cioe' a dire la condizione di migrante. A costui infatti si imputa il reato per il sol fatto che e' privo di un titolo abilitativo all'ingresso e/o alla permanenza nel territorio dello Stato. Tale situazione, che non implica di per se' pericolosita' sociale, non sempre e' riconducibile ad una condotta volontaria dello straniero, il quale spesso e' costretto a fuggire dal suo Paese per ragioni di sopravvivenza. E tanta e' la sua disperazione che non esita ad affrontare viaggi estremamente pericolosi, spesso con esiti mortali, ovvero a mettersi nelle mani di criminali senza scrupoli. Sul punto e' stato osservato che, «l'ingresso o la permanenza illegale del singolo straniero non rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela, ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato discriminatorio catione subiecti contrastante non solo col principio di eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali». 5. Violazione dell'art. 2 Cost che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale. Gia' dal 1995 la Corte Costituzionale con la sentenza n. 519 affermava che «Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu' avanzate producono condizioni di estrema emarginazione e ...l'affiorare di tendenze, anche soltanto tentazioni, volte a nascondere la miseria e a considerare le persone in condizione di poverta' come pericolosi colpevoli». Soggiungeva la Corte che «la coscienza sociale ha compiuto un ripensamento a fronte di comportamenti un tempo ritenuti pericolo incombente per una ordinata convivenza e la societa' civile - consapevole dell'insufficienza dell'azione dello Stato - ha attivato autonome risposte, come testimoniano le organizzazioni di volontariato che hanno tratto la loro ragion d'essere, e la loro regola, dal valore costituzionale della solidarieta'». Ora, sebbene quei concetti furono evocati dalla Corte per concludere per l'incostituzionalita' del reato di mendicita', essi restano pietre miliari per la tutela dei nuovi poveri di oggi, gli stranieri migranti appunto, che con la loro condotta non invasiva, risolvendosi essa in una richiesta di aiuto per una aspettativa di una vita migliore, non pongono seriamente in pericolo i beni giuridici della tranquillita' pubblica e dell'ordine pubblico. Ne consegue che il fenomeno dell'immigrazione di massa non puo' essere affrontato con lo strumento penale. 6. Violazione dell'art. 117 Cost con riferimento agli obblighi internazionali assunti dall'Italia in materia di trattamento dei migranti. La richiamata norma costituzionale e' violata ogni qualvolta il legislatore ordinario non rispetti le norme poste dai trattati e dalle convenzioni internazionali. Sotto questo profilo viene in rilievo il «Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalita' organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti» sottoscritto nel corso della conferenza di Palermo del 12-15 dicembre 2000. In particolare l'art. 6 del Protocollo prevede che ogni Stato Parte adotti misure legislative per conferire il carattere di reato ad alcune condotte, quali ad esempio il traffico di migranti, fabbricazione di falsi documenti di viaggio, ma l'art. 5 detto Protocollo stabilisce che i migranti non diventano assoggettati all'azione penale fondata sul presente Protocollo per il fatto di essere stati oggetto delle condotte di cui all'art. 6, articolo questo che impone pure agli Stati di adottare le misure legislative atte a preservare e tutelare i diritti delle persone che sono state oggetto di quelle condotte criminose e di fornire «un'assistenza adeguata ai migranti la cui vita, o incolumita', e' in pericolo dal fatto di essere stati oggetto delle condotte di cui all'art. 6». Ne consegue che, siccome il nuovo reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato persegue i migranti che si trovano in una condizione rispetto alla quale lo Stato si e' assunto l'impegno ad assisterli e proteggerli, l'art. 10-bis d.lgs. 286/98 in contrasto con gli obblighi internazionali assunto dall'Italia e quindi viola il precetto costituzionale dell'art. 117 Costituzione.
P.Q.M. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis d.lgs. n. 286/98, come modificato dall'art. 1 comma 16, legge 15 luglio 2009, n. 94 per contrasto con gli artt. 2, 3 co. l, 25 co. 2, e 117, co. 1, Cost., Ordina la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il processo in epigrafe indicato. Sondrio, addi' 5 ottobre 2009 Il Giudice di pace: Maggipinto