N. 1 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 novembre 2010

Ordinanza del 4 novembre 2010 emessa dalla Corte d'appello di Venezia
nel procedimento penale a carico di Deliu Fatos ed altri. 
 
Reati e pene - Prescrizione  -  Modifiche  normative  comportanti  un
  regime  piu'  favorevole  in  tema  di  prescrizione  dei  reati  -
  Disciplina transitoria -  Inapplicabilita'  delle  nuove  norme  ai
  processi gia' pendenti in grado di appello o avanti alla  Corte  di
  cassazione - Lesione del diritto dell'accusato al trattamento  piu'
  lieve,  corollario  del  principio  del  divieto  di   applicazione
  retroattiva della legge penale affermato dall'art.  7  della  CEDU,
  come interpretato dalla Corte europea per  i  diritti  dell'uomo  -
  Violazione del principio della ragionevole durata del processo. 
- Legge 5 dicembre 2005, n. 251, art. 10, comma 3. 
- Costituzione, artt. 111 e  117,  primo  comma,  in  relazione  alla
  Convenzione  per  la  salvaguardia  diritti  dell'uomo  e  liberta'
  fondamentali, art. 7. 
(GU n.3 del 19-1-2011 )
 
                         LA CORTE D'APPELLO 
 
    Nel corso del processo di secondo grado a carico di Deliu  Fatos,
Gripshi Bardhyl Arben e Deliu Alin, il primo appellante ed appellante
il p.g. nei confronti  degli  altri  due,  avverso  la  sentenza  del
Tribunale di Padova in data 15 gennaio  2001  che  ha  giudicato  del
reato di cui agli artt. 110 c.p., 3 n. 8 e 4  nn.  1  e  7  legge  n.
75/1958 ed altro; sentite le parti 
 
                            O s s e r v a 
 
    Va premesso che i fatti  per  cui  e'  processo  sarebbero  stati
commessi nel corso di vari mesi (da ultimo, dicembre) dell'anno 1995:
la predetta sentenza del Tribunale di Padova e' stata emessa nel 2001
per cui, ai sensi del terzo comma dell'art. 10 legge n. 251 del 2005,
anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 393  del
23 ottobre/23 novembre 2006, si applicano le disposizioni in tema  di
prescrizione precedentemente vigenti (15 anni piu' la meta' = 22 anni
e 6 mesi) e  non  le  disposizioni  piu'  favorevoli  previste  dalla
predetta legge 5 dicembre 2005, n. 251(12 anni + un quarto =15 anni). 
    Qualora fossero applicabili tali ultime disposizioni il reato  di
favoreggiamento e  sfruttamento  della  prostituzione  pluriaggravato
sarebbe prossimo (un mese)  all'estinzione  per  prescrizione  e  gli
altri reati su cui questa Corte e' chiamata a decidere sarebbero gia'
prescritti. 
    Pertanto, e' di tutta evidenza  che  l'applicazione  della  legge
mitior riveste decisiva rilevanza in questo processo. 
    Orbene, a parte l'art. 10 Costituzione che si riferisce in genere
alle norme del diritto internazionale generalmente  riconosciute,  il
primo comma dell'art. 117 nell'attuale formulazione, a seguito  della
legge 18 ottobre 2001, n. 3, espressamente stabilisce che la potesta'
legislativa, sia dello Stato che delle Regioni,  e'  subordinata  non
solo alle norme costituzionali ma testualmente ai «vincoli» derivanti
dal diritto comunitario e dagli obblighi internazionali. 
    Conseguentemente, non  vi  possono  piu'  essere  discussioni  al
riguardo:  le  convenzioni  internazionali  ratificate  dallo   Stato
italiano e, soprattutto, le decisioni comunitarie vincolano qualunque
Autorita'  italiana  e  le  norme  devono  essere   interpretate   in
conformita' sia in particolare in quanto le  sentenze  definitive  di
tale Corte sono vincolanti per gli Stati convenuti interessati sia in
generale secondo quanto disposto  dall'art.  117  Costituzione  tanto
piu' che la citata Corte europea  e'  stata  istituita  dalla  stessa
Convenzione. 
    Insomma, esiste un preciso obbligo internazionale, vincolante per
l'Italia (praticamente e' stato normativizzato, al  massimo  livello,
il principio pacta sunt servanda, che gia' aveva  riconoscimento  nel
diritto internazionale). 
    Ed  e'  significativo  che  l'art.  6  del  recente  trattato  di
Maastricht imponga a tutte le istituzioni dell'UE  di  rispettare  la
Convenzione. 
    Come segnalato  dalla  Seconda  Sezione  penale  della  Corte  di
cassazione - che con  ordinanza  n.  22357  del  27  maggio  2010  ha
sollevato analoga questione di legittimita' costituzionale - la Corte
Europea dei  diritti  dell'uomo  ha  affermato  che  l'art.  7  della
Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata
dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848,  sancisce  il  principio
che le disposizioni di legge piu'  favorevoli  devono  sempre  essere
applicate. 
    Appaiono, quindi, fondati  i  rilievi  della  predetta  ordinanza
della  Corte  di  cassazione  in  riferimento  all'art.   117   della
Costituzione, provvedimento alla cui motivazione ci si riporta. 
    Questa Corte, peraltro, ritiene che a questo  punto  si  registri
anche un'altra violazione della Carta costituzionale. 
    Come e' noto, e' stato modificato l'art. 111  della  Costituzione
introducendosi - proprio recependo ed adeguandosi a quanto  stabilito
dalla Convenzione europea - il  principio  del  giusto  processo  che
richiede il  rispetto  delle  regole  della  ragionevole  durata  del
processo oltre che della parita' delle parti. 
    Sia nella Convenzione che nella Costituzione non si precisa quale
debba essere  la  durata  del  processo  perche'  essa  possa  essere
considerata «ragionevole». 
    E' chiaro che viene lasciata -  almeno  per  il  momento  -  alla
discrezionalita'  ed   alle   esigenze   dei   singoli   Stati   tale
determinazione. 
    Nel  caso  dello  Stato  italiano,  tuttavia,  indirettamente  ma
chiaramente vi e' gia' stato un «inizio» di decisione in tal senso. 
    La modifica dei termini di prescrizione e' stata determinata  per
la stragrande  maggioranza  dei  reati  evidentemente  proprio  dalla
volonta' di non  mantenere  per  un  tempo  eccessivamente  lungo  un
imputato nel circuito penale. 
    E tanto si risolve indirettamente in una durata piu' limitata del
processo rispetto a quella che si verificava con i precedenti termini
di prescrizione. 
    Infatti, ai sensi dell'art. 129 c.p.p. il  giudice  ha  l'obbligo
della immediata declaratoria della  estinzione  del  reato  per  cui,
quando e' decorso il termine prescrizionale del  reato,  deve  essere
emessa sentenza di improcedibilita' perche' l'azione penale non  puo'
proseguire per intervenuta prescrizione. 
    La qual cosa determina naturalmente l'estinzione del processo. 
    Da tutti i punti di vista il  delitto  per  cui  e'  processo  in
questa sede si inserisce perfettamente in tale discorso tenuto  conto
che  i  termini  di  prescrizione  previsti   in   precedenza   erano
clamorosamente piu' lunghi di quelli stabiliti attualmente a  seguito
della legge n. 251/2006. 
    Non e' possibile non ritenere  al  riguardo  che  il  legislatore
abbia in definitiva, con la riduzione dei  termini  di  prescrizione,
voluto addivenire a tempi processuali maggiormente equilibrati. 
    A  questo  punto,  il  proseguire   ad   applicare   termini   di
prescrizione molto piu' lunghi di quelli attuali rappresenterebbe  un
chiaro  vulnus  delle  regole  costituzionali,  sia  in   riferimento
all'art. 117 sia in riferimento all'art. 111,  per  cui  le  riferite
questioni non appaiono manifestamente infondate. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Solleva  d'ufficio  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 10 legge 5 dicembre, n. 251 per violazione degli artt.  111
e 117  Costituzione  come  indicato  in  motivazione  e  sospende  il
giudizio in corso. 
    Manda  alla  Cancelleria  di  trasmettere  gli  atti  alla  Corte
costituzionale dopo la  notifica  dell'ordinanza  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri. 
    La  Cancelleria,  altresi',  comunichera'  il  provvedimento   ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Viene  data  lettura  in  udienza  alle  parti   della   presente
ordinanza. 
      Venezia, addi' 4 novembre 2010 
 
                        Il Presidente: Gallo